LA FAMIGLIA NEL MAGISTERO DI GIOVANNI PAOLO II

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1 PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA SAN BONAVENTURA SERAPHICUM ROMA LA FAMIGLIA NEL MAGISTERO DI GIOVANNI PAOLO II Candidato: GIUSEPPE DI PIETRO Docente: RAFFAELE DI MURO Elaborato per il Grado Accademico del Baccalaureato in Sacra Teologia Anno Accademico 2010/11

2 INTRODUZIONE Immaginiamo un giovane che a 18 anni ha già perso tutti i suoi affetti più cari: il padre, la madre e l unico fratello ancora in vita. Se aggiungiamo che egli vive in un paese militarmente occupato da una potenza straniera, in una situazione sociale ed economica drammatica aggravata dal clima di una guerra mondiale, ce n è abbastanza per non invidiare questa persona. Stiamo parlando di Karol Josef Wojtyla, nato a Wadowice nel 1920: a 9 anni perde la madre per insufficienza renale, a 12, il fratello medico, muore per scarlattina, a 18, il padre per infarto. Eppure, questo giovane polacco non lascerà che le sue ferite si trasformino in amarezza, ma, anzi, trasformerà il suo lutto in un impegno tutto teso a promuovere l istituzione della famiglia. Prima da prete, poi da vescovo, quindi da cardinale e infine da Papa, egli produrrà una serie di iniziative volte a valorizzare proprio la dignità e il valore della famiglia. Non a caso nel 1981, cioè 3 anni dopo la sua elezione a Pontefice, crea (attraverso il motu proprio Familia a Deo Instituta) un nuovo dicastero all interno della Curia Romana, il Pontificio Consiglio per la Famiglia, responsabile per la promozione dell apostolato e della tutela della famiglia, affinché le famiglie cristiane siano aiutate a compiere la propria missione educativa nella Chiesa e nella società contemporanea. Il presente elaborato, finalizzato all esame finale per il conseguimento del grado di Baccalaureato in Teologia, desidera passare in rassegna i principali interventi di Giovanni Paolo II sulla famiglia appunto, tentando di delineare un profilo di teologia spirituale inerente il magistero in questione. In tal senso, si è diviso il lavoro in due parti per meglio esprimere e risaltare da un alto, la dimensione orizzontale della famiglia, cioè il suo rapporto con il mondo e dall altro lato, la dimensione verticale riguardante il suo rapporto con Dio. Non si tratta di una cesura netta poiché l uno e l altro aspetto, all interno dell elaborato medesimo, si sono alcune volte fusi insieme, né di una divisione temporale come se una dimensione venisse prima dell altra, quanto piuttosto di un riflesso teologico che volendo mostrare il valore naturale, antropologico e sociale della famiglia può far meglio comprendere il suo fondamento soprannaturale, il suo aspetto trascendente nonché la sua meta finale.

3 2 1. LA FAMIGLIA E IL MONDO 1.1 Premessa L esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio del 1981 costituisce, senza dubbio, la magna charta del magistero di Giovanni Paolo II sulla famiglia. In essa sono analizzate le varie situazioni in cui versava la famiglia nella società degli anni ottanta, ma le cui conclusioni sono attualissime ancora oggi. In essa il Pontefice evidenzia gli aspetti positivi e negativi che la famiglia lascia trasparire nel contesto della società contemporanea, ma questa istituzione (che il Papa ha più volte definito «cellula primaria della società» 1 ) viene analizzata al di là di una prospettiva puramente antropologica e sociologica, quanto soprattutto secondo un ottica squisitamente teologico-spirituale, riconducendo, infatti, luci ed ombre della stessa all accoglienza o al rifiuto che l essere umano, in ultima analisi, manifesta davanti al mistero di Cristo. Tra gli aspetti positivi il Papa segnala una consapevolezza più profonda della libertà a livello individuale, all interno della famiglia, che conduce anche a una maggiore valorizzazione delle relazioni interpersonali tra i suoi membri, e che comporta due conseguenze: una qualità maggiore della dignità della donna rispetto al passato assieme a una educazione più responsabile dei figli. E ancora: la riscoperta in tante comunità cristiane di una autentica relazione amicale tra le famiglie, che si traduce spesso in un reciproco aiuto spirituale e materiale. Inoltre, non bisogna trascurare il rilancio positivo, finalizzato all annuncio del Vangelo (registratosi dopo il Concilio Vaticano II), della missionarietà ecclesiale della famiglia stessa all interno della Chiesa e che si traduce spesso in un impegno teso a promuoverne i valori di giustizia e di pace nella società. Tuttavia non mancano gli aspetti negativi: «Una errata concezione teorica e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete, 1 GIOVANNI PAOLO II, Angelus, 19 Giugno 1994, in La Famiglia nel cuore e nelle parole di Giovanni Paolo II, Paoline, Milano 2006, p.243

4 3 che la famiglia spesso sperimenta, nella trasmissione dei valori; il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva.» L apertura alla vita Anzitutto, è interessante notare la differenza e il contrasto che il Papa sottolinea circa la situazione in cui versano tante famiglie nei paesi del così detto terzo mondo dove esse, pur essendo prive sia dei mezzi più comuni per sopravvivere come cibo, lavoro, casa, farmaci e dei più fondamentali diritti come la stessa libertà, offrono un quadro quantitativamente numeroso di figli all attivo, mentre al contrario nei paesi più sviluppati, dove il benessere materiale e il consumismo dilagante sembra farla da padrone, gli sposi fanno fatica ad aprirsi alla generazione di nuove vite umane. E ciò porta il Papa ad una amara costatazione: «così la vita è spesso percepita non come una benedizione, ma come un pericolo da cui difendersi.» 3 E proprio sul tema della vita Giovanni Paolo II ha insistito molto nella Familiaris Consortio dove afferma, in modo esplicito, che Dio desidera fortemente come gli sposi, uomo e donna, partecipino alla sua prerogativa creatrice divina attraverso la loro attiva collaborazione a trasmettere il dono della vita, poiché la missione più importante della famiglia è appunto il servizio alla vita. Anzi, proprio la fecondità appare, secondo il Papa, il frutto più bello dell amore coniugale perché testimonianza autentica della donazione reciproca dei genitori, i quali con il dono dei figli sono chiamati a una altissima responsabilità: far sì che il proprio amore sponsale insieme a quello paterno e materno divenga per la prole il segno inequivocabile di un altro amore, quello di Dio stesso. E nell enciclica Evangelium Vitae del 1995, Karol Wojtyla precisa ancora meglio che proprio a partire dell atto sessuale, mediante la comunicazione della vita dai genitori al figlio, si trasmette, grazie alla creazione dell'anima immortale, 2 Idem, Familiaris Consortio, Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 Novembre 1981, in EF, n.6 3 Ibidem, n.6

5 4 l'immagine e la somiglianza di Dio stesso. Così la grandezza dei coniugi consiste esattamente in questo essere collaboratori di Dio, il quale (grazie ad essi) trasmette la Sua immagine alla nuova creatura. «Affermando che i coniugi, come genitori, sono collaboratori di Dio Creatore nel concepimento e nella generazione di un nuovo essere umano non ci riferiamo solo alle leggi della biologia; intendiamo sottolineare piuttosto che nella paternità e maternità umane Dio stesso è presente in modo diverso da come avviene in ogni altra generazione "sulla terra". Infatti soltanto da Dio può provenire quella "immagine e somiglianza" che è propria dell'essere umano, così come è avvenuto nella creazione. La generazione è, infatti, la continuazione della creazione» 4 Ed è proprio a partire da questo presupposto teologico importantissimo che il Papa afferma, nella medesima enciclica, con molto chiarezza che la vita umana è sacra sin dal suo concepimento, proprio perché essa comporta l azione creatrice di Dio sin dall inizio e cioè si trova in una speciale relazione con Lui. Quindi, essa non può essere violata senza commettere un grave peccato. Ovviamente, non per questo sono trascurate nell insegnamento del Pontefice tutte quelle coppie che, per motivi oggettivi e naturali, purtroppo non possono avere figli e a cui, sempre, egli rivolge un affettuoso pensiero, nel suo magistero, sottolineando la dignità del valore coniugale di cui essi godono dinanzi a Dio e verso il quale conservano comunque dei doveri. Infatti, l impossibilità di una procreazione fisica non li esime dall apertura alla vita: «La sterilità fisica infatti può essere occasione per gli sposi di altri servizi importanti alla vita della persona umana, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati.» 5 Ma il Papa, come già accennato, denuncia anche un'altra sterilità non dovuta a cause naturali, ma voluta e pre-determinata a tavolino dall essere umano stesso. Essa può esprimersi in forme estremamente gravi, quando sono addirittura le autorità 4 Idem, Evangelium Vitae, Lettera enciclica sul valore e l inviolabilità della vita umana, 25 Marzo 1995, in EF, n.43 5 Idem, Familiaris Consortio, Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 Novembre 1981, in EF, n.14

6 5 governative di alcune Stati a limitare, attraverso leggi specifiche, la facoltà degli sposi nel decidere la procreazione dei figli mediante contraccezione obbligatoria, sterilizzazione forzata o aborto procurato. Ma si può esprimere anche attraverso la libera scelta dei coniugi i quali volontariamente si chiudono al dono della vita divenendo di fatto arbitri del progetto di Dio e manipolatori della sessualità umana sminuendone, quindi, il valore di donazione reciproca totale come la definisce il Pontefice stesso: «Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale.» 6 In tal senso Giovanni Paolo II, sulla scia di un magistero già consolidato dai precedenti pontefici e in particolare da Paolo VI attraverso l enciclica Humanae Vitae, ha più volte ribadito che le due dimensioni dell unione coniugale, quella unitiva e quella procreativa non possono e non devono mai essere separate, altrimenti la dignità più profonda dell atto sessuale viene svuotata di qualsiasi riferimento al trascendente. Ma non solo al trascendente. Infatti, nella lettera alle famiglie Gratissimam Sane del 1994 (pubblicata in occasione de L anno della Famiglia stabilito per la Chiesa dallo stesso Pontefice), l atto sessuale, per il Papa, può essere compreso in pienezza soltanto ricorrendo alle categorie valoriali di persona e dono. Cioè: «Ogni uomo ed ogni donna si realizzano in pienezza mediante il dono sincero di sé e, per i coniugi, il momento dell'unione coniugale costituisce di ciò un'esperienza particolarissima. È allora che l'uomo e la donna, nella verità della loro mascolinità e femminilità, diventano reciproco dono. Tutta la vita nel matrimonio è dono; ma ciò si rende singolarmente evidente quando i coniugi, offrendosi reciprocamente nell'amore, realizzano quell'incontro che fa dei due una sola carne (Gn 2, 24).» 7 Ovviamente il Papa non chiude gli occhi di fronte al tema della procreazione responsabile, anzi parla esplicitamente del ricorso lecito da parte dei coniugi ai cosiddetti periodi naturali di infecondità, che rispettano l unità inseparabile dei significati unitivo e procreativo della sessualità umana. In questo modo gli sposi godono della sessualità secondo l'originario dinamismo della donazione totale, senza 6 Ibidem, n.32 7 Idem, Gratissimam Sane, Lettera alla Famiglie, 2 Febbraio 1994, in EF, n.12

7 6 manipolazioni e alterazioni artificiali. Molte esplicite, a tal proposito, le parole di Wojtyla nella Familiaris Consortio: «La scelta dei ritmi naturali comporta l'accettazione del tempo della persona, cioè della donna, e con ciò l'accettazione del dialogo, del rispetto reciproco, della comune responsabilità, del dominio di sé. Accogliere poi il tempo e il dialogo significa riconoscere il carattere spirituale e corporeo della comunione coniugale, come pure vivere l'amore personale nella sua esigenza di fedeltà. In questo contesto la comunione coniugale viene arricchita di quei valori di tenerezza e di affettività, i quali costituiscono l'anima profonda della sessualità umana, anche nella sua dimensione fisica. In tal modo la sessualità viene rispettata e promossa nella sua dimensione pienamente umana, non mai invece usata come un oggetto» 8 Ma c è un altro pericolo, ben più sottile e nascosto, che il Papa intravede anche in quelle coppie che fisicamente si sono aperte al dono della vita, ma di fatto si sono chiuse spiritualmente a tale dono. Non basta infatti volere un figlio, ma occorre anche volerlo amare gratuitamente affinché non venga strumentalizzato per i propri interessi e la propria egoistica gratificazione, poiché i genitori sono chiamati a imitare l amore gratuito di Dio, accettando il figlio come un autentico dono nel pieno rispetto della sua autonomia, originalità e dignità. Tale tema è soprattutto sviluppato nella già citata Evangelium Vitae, ma più volte, in tante omelie e discorsi ufficiali, Giovanni Paolo II ha denunciato sintomi preoccupanti di una cultura tutt altro che ispirata da vero amore e che si esprime, ad esempio, nel ricorso sempre più frequente ad alcune forme deviate di ingegneria genetica che finiscono col danneggiare la dignità della famiglia stessa: «Ciò appare con evidenza quando si pretende la vita ad ogni costo utilizzando a tal fine mezzi moralmente disordinati. Si diffondono, infatti, a ritmo crescente tecnologie della generazione umana, come la fecondazione artificiale o l affitto della madre gestante e simili, che pongono seri problemi di disordine etico. Basti ricordare che in simili procedimenti l essere umano viene defraudato del diritto a nascere da un atto d amore vero e secondo i normali processi biologici, restando in tal modo segnato fin dall inizio da problemi di ordine psicologico, giuridico e sociale che lo accompagneranno per tutta la vita.» 9 8 Idem, Familiaris Consortio, Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 Novembre 1981, in EF, n.32 9 Idem, Angelus, 31 Luglio 1994, in La Famiglia nel cuore e nelle parole di Giovanni Paolo II, Paoline, Milano 2006, p.114

8 7 Per Giovanni Paolo II, infatti, aprirsi alla vita non è soltanto un fattore biologico poiché in tal senso nulla differenzierebbe l uomo dall animale, ma si tratta piuttosto di aprirsi a una profondità di prospettive e di obiettivi che devono contraddistinguere la società in generale e la famiglia in particolare. Si tratta, cioè, di aprirsi alla cultura della vita che la famiglia è chiamata a promuovere, difendere e coltivare con una spiritualità ad hoc. In tal senso, è molto significativa l omelia pronunciata nel 2001 da Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi dove viene sottolineata l apertura alla vita di cui furono protagonisti questi coniugi, i quali ebbero la grazia non solo di generare quattro figli, ma di offrine tre al Signore per un cammino di speciale consacrazione. «Questi coniugi hanno vissuto, nella luce del Vangelo e con grande densità umana, l amore coniugale e il servizio alla vita. Hanno assunto con piena responsabilità il compito di collaborare con Dio nella procreazione, dedicandosi generosamente ai figli per educarli, orientarli, guidarli alla scoperta del suo disegno d amore. Da questo terreno spirituale così fertile sono scaturite vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, che dimostrano quanto il matrimonio e la verginità, a partire dal comune radicamento nell amore sponsale del Signore siano intimamente collegati e si illuminano a vicenda.» 10 Andando, poi, contro una certa cultura patriarcale mai del tutto sopita nella società moderna, è da sottolineare l originale accento che il Papa pone, nella lettera apostolica Mulieris Dignitatem del 1988, sulla maternità femminile considerata, per certi aspetti, superiore a quella maschile: «Anche se tutti e due insieme sono genitori del loro bambino, la maternità della donna costituisce una parte speciale di questo comune essere genitori, nonché la parte più impegnativa. L'essere genitori - anche se appartiene ad ambedue - si realizza infatti molto più nella donna, specialmente nel periodo prenatale. È la donna a pagare direttamente per questo comune generare, che letteralmente assorbe le energie del suo corpo e della sua anima. Bisogna, pertanto, che l'uomo sia pienamente consapevole di contrarre, in questo loro comune essere genitori, uno speciale debito verso la donna.» Idem, Omelia, 21 Ottobre 2001, in Ibidem, p Idem, Mulieris Dignitatem, Lettera apostolica sulla dignità e la vocazione della donna, 15 Agosto 1988, in EF, n.18

9 8 Dionigi Tettamanzi, commentando la Mulieris Dignitatem all atto della sua pubblicazione, ha ben sottolineato come tutta la teologia di Giovanni Paolo II, presente in questa lettera apostolica, esalti molto la figura femminile della donna all interno del nucleo familiare non per un discorso fine a se stesso poiché, dietro l amore del Papa nei confronti della figura materna e nuziale della donna, appare un modello teologico mariano ben preciso: la donna è figura della Chiesa perché Maria Santissima ne è tale. E ciò porta a una conseguenza importante sul piano ecclesiale. Infatti scrive Tettamanzi: «Nella gerarchia della santità è la donna a essere figura della Chiesa. Di qui la necessità, se si vuole cogliere adeguatamente il Mysterium Ecclesiae, di riferirsi insieme all elemento apostolico-petrino e all elemento mariano della Chiesa. Insieme: e l uno e l altro elemento come coordinati e come essenziali[ ]perché Maria è più di Pietro. Pietro è un peccatore e un servitore. Maria è la sposa. La mariologia, quindi, è il punto in cui la dignità della donna è più salvata. 12 Quella che a prima vista può sembrare una forzatura, è in realtà un lucido esame di un profondo teologo, come l attuale porporato e arcivescovo di Milano, che partendo da una prospettiva apparentemente antropologica delle parole del Papa riesce a cogliere una lettura squisitamente teologica in cui la maternità della donna è esaltata alla luce della maternità di Maria perché, secondo il commento del cardinale al Papa, mediante la maternità di Maria si può cogliere la verità intera della maternità femminile. E ancora, a proposito delle parole del Pontefice riguardo il prezzo che la donna è chiamata a pagare a causa del suo generare, e che la pone in una posizione di credito nei confronti della parte genitoriale maschile, così commenta Tettamanzi: «La sofferenza è sì quella di ogni donna che partorisce, ma anche e soprattutto la sofferenza di Maria, la cui maternità sotto la croce - come risposta alla sua umiliazione riceve in dono tutti gli uomini quali suoi figli. È anche la sofferenza di tutte le donne del mondo, afflitte per le più diverse ragioni: fisiche morali e spirituali. La gioia, poi, è sì quella per la nascita di un uomo nuovo nel mondo, ma anche è soprattutto per la nascita di una nuova umanità, quella dei credenti in Cristo.» 13 La donna cioè, come Maria, è chiamata a partorire nuovi figli nella fede; per questo ella è figura della Chiesa come Maria Santissima, genitrice dei cristiani, e di conseguenza si comprende bene come il Papa ne esalti la dignità sublime e il compito decisivo nella società e nella chiesa. 12 TETTAMANZI Dionigi, Grandi cose ha fatto in me l Onnipotente, ANCORA, Milano 1988, p Ibidem, p.141

10 9 1.3 Il compito educativo Nella Familiaris Consortio, la missione educativa degli genitori nei confronti della prole, viene immediatamente vista in chiave teologica, cioè trova la sua ragion d essere direttamente in una chiamata divina. È Dio che chiama il padre e la madre a partecipare della sua opera creatrice e quindi li investe del compito di principali educatori dei figli in vista di una loro realizzazione pienamente umana e spirituale. I genitori cioè, per il Papa, godono di una speciale prerogativa educativa sulla prole che non può assolutamente essere volontariamente sostituita o trasferita in toto ad altre persone o istituzioni senza causare danni di ordine affettivo, psicologico, sociale e spirituale ai figli stessi. «Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come essenziale, connesso com'è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato.» 14 Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, a proposito del compito educativo della famiglia e del pericolo che la famiglia deleghi ad altre istituzioni tale missione, commentando il magistero di Giovanni Paolo II durante il XIII Convegno del Forum delle Associazioni Familiari svoltosi a Matera nel 2006, ha ben evidenziato come gli insegnamenti del Papa sull argomento non pongono neppure la Chiesa (come istituzione) al di sopra della famiglia stessa nel campo educativo poiché essa non agisce mai come agente solitario. La Chiesa, infatti, è chiamata a operare sempre in dialogo profondo con quella responsabilità educativa fondamentale che appartiene prima di tutto ai genitori, la cui paternità e maternità si esprimono in maniera compiuta proprio nella capacità di educazione dei figli. Dice Mons. Negri: «Ecco allora come il Papa ha ripreso questa identità della famiglia: l educazione dei cristiani non è responsabilità diretta e immediata della Chiesa, ma è responsabilità che si aggiunge a quella educativa dei genitori che non li sostituisce, ma li supporta e li integra, dalla catechesi fino a tutti i momenti di passaggio dell educazione dei cristiani» GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Consortio, Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 Novembre 1981, in EF, n AA.VV. Famiglia, diventa ciò che sei! CANTAGALLI, Siena 2007, p.55

11 10 Nel 1986, poi, in un discorso ufficiale tenuto per i partecipanti all Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Papa ha sottolineato in modo molto vigoroso due aspetti: da un lato non esiste spiritualità coniugale se non si assume coscientemente il compito educativo nei confronti dei figli, dall altro lato non è lecito neppure affermare il valore dei figli se i genitori non riconoscono a se stessi la loro autorità educativa. Il motivo di questo insegnamento lo richiama lo stesso Pontefice rifacendosi al Concilio Vaticano II che ha definito, tra le altre cose, la famiglia «la prima scuola di virtù di cui hanno bisogno tutte le società» 16, un tema ripreso e approfondito nel discorso citato: «Ancor più per una specie di osmosi, i bambini integrano nella loro vita e nella loro personalità ciò che respirano nell ambiente familiare e che è il frutto delle virtù che i genitori hanno attuato nella loro vita. Per questo il miglior mezzo per plasmare queste virtù nel cuore dei bambini è di presentar loro degli esempi nella vita dei genitori. Virtù umane e virtù cristiane, armoniosamente e saldamente unite, rendono desiderabile l ideale percepito nei genitori e stimolano i figli ad intraprenderne la conquista.» 17 Tale è la stima che Giovanni Paolo II nutre del ruolo educativo dei genitori che nella lettera alle famiglie, Gratissimam Sane, parla di questa missione come un vero e proprio apostolato capace di generare per la seconda volta i figli e stabilire con loro un rapporto d amore così profondo da assimilare la famiglia stessa al mistero di comunione d amore che lega il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Se infatti la famiglia già per il semplice fatto di esistere è teologicamente icona della SS. Trinità, ancora di più lo diventa quando i genitori svolgono al meglio il loro ruolo di educatori poiché in tale ruolo si realizza il dono sincero di sé. E in questo dono sincero di sé, ancora una volta il Papa accentua il ruolo educativo femminile della donna in quanto madre: «Ciò è quanto mai evidente nella madre quando concepisce un nuovo essere umano. I primi mesi della sua presenza nel grembo materno creano un particolare legame, che già riveste un suo valore educativo. La madre, già nel periodo prenatale, struttura non soltanto l'organismo del figlio, ma indirettamente tutta la sua umanità. Anche se si tratta di un processo che si dirige dalla madre verso il figlio, non va dimenticata l'influenza specifica che il nascituro esercita sulla madre.» CONCILIO VATICANO II, Gravissimum Educationis, Dichiarazione Conciliare sull educazione cristiana, 28 Ottobre 1965, in EV 1, n.3 17 GIOVANNI PAOLO II, Discorso Ufficiale, Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 10 Ottobre 1986, in EF p Idem, Gratissimam Sane, Lettera alla Famiglie, 2 Febbraio 1994, in EF, n.16

12 11 Ovviamente, Giovanni Paolo II nel suo magistero non dimentica di sottolineare anche l importanza del ruolo educativo maschile del padre. In un Angelus del 2001, ad esempio, in coincidenza con la ricorrenza della festa di San Giuseppe, gli è offerta l occasione di potersi soffermare abbondantemente su questa figura fondamentale della famiglia che deve essere modellata per i figli sull esempio del padre putativo di Cristo, modello di semplicità, di pazienza, di rispetto e di ricerca amorevole della volontà di Dio verso la prole: «San Giuseppe visse al servizio della sua Sposa e del Figlio diventando così per i credenti eloquente testimonianza di come regnare sia servire. A lui possono guardare, per un utile ammaestramento di vita, specialmente coloro che nella famiglia, nella scuola e nella Chiesa hanno il compito di essere padri e guide. E penso soprattutto ai papà che proprio nel giorno dedicato a San Giuseppe celebrano la loro festa.» 19 E proprio dalla Santa Famiglia di Nazareth scaturisce per Wojtyla la luce per educare bene i propri figli perché è tra le mura del focolare domestico con Maria e Giuseppe che Gesù bambino ha sviluppato la sua infanzia crescendo in «sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52) per cui, come lo stesso Papa ha affermato nel 1998, in un altro Angelus, la casa di Nazareth, famiglia unita in Dio, è modello educativo per ogni famiglia. Infatti: «È nella famiglia unita che i figli portano a maturazione la loro esistenza, vivendo l esperienza più significativa e ricca dell amore gratuito, della fedeltà, del rispetto reciproco e della difesa della vita.» 20 E se, da un lato, il Papa ha un occhio attento ai genitori, dall altro lato non dimentica neppure il positivo influsso educativo che svolgono i nonni all interno delle famiglie nei confronti soprattutto dei propri nipoti. Nella Lettera agli anziani del 1999, il Papa, parlando di coloro che sono avanti nell età, li considera, in quanto custodi di una memoria collettiva, testimoni autentici di ideali e valori comuni che reggono la convivenza sociale e, nel loro ruolo di nonni, capaci di proporre ai nipoti consigli e ammaestramenti preziosi grazie alla loro matura esperienza. 19 Idem, Angelus, 19 Marzo 2001, in La Famiglia nel cuore e nelle parole di Giovanni Paolo II, Paoline, Milano 2006, p Idem, Angelus, 27 Dicembre 1998, in Ibidem, p.156

13 12 «La comunità cristiana può ricevere molto dalla serena presenza di chi è avanti negli anni. In quante famiglie i nipotini ricevono dai nonni i primi rudimenti della fede! Lo Spirito agisce come e dove vuole, servendosi non di rado di vie umane che agli occhi del mondo appaiono di poco conto. Proprio mentre vengono meno le energie e si riducono le capacità operative, questi nostri fratelli e sorelle diventano più preziosi nel disegno misterioso della Provvidenza.» 21 Ritornando al ruolo educativo dei genitori è interessante notare come il Papa se sul tema dell apertura alla vita (come abbiamo già visto) insiste sul concetto della partecipazione dei genitori all opera creatrice di Dio, invece sul tema dell educazione amplia tale concetto parlando, nella Gratissimam Sane, di una partecipazione alla stessa pedagogia paterna e materna di Dio. Cioè la paternità divina rappresenta il modello della paternità e della maternità nel mondo. E qui si inserisce la pedagogia divina. Infatti, Wojtyla guarda in tal senso all incarnazione del Verbo che facendosi uomo ha mostrato la sua più autentica vocazione, quella della figliolanza divina. Manifestando in questo modo qual è il significato più profondo dell educazione dell uomo: «Per mezzo di Cristo ogni educazione, in famiglia e fuori, viene inserita nella dimensione salvifica della pedagogia divina, che è rivolta agli uomini e alle famiglie e che culmina nel mistero pasquale della morte e risurrezione del Signore. Da questo cuore della nostra redenzione prende il via ogni processo di educazione cristiana, che al tempo stesso è sempre educazione alla piena umanità.» 22 E sempre nella Gratissimam Sane, il Papa evidenzia in modo molto chiaro, che è proprio a partire dal mistero dell Incarnazione che si sviluppa uno dei campi in cui la famiglia è senza dubbio insostituibile: il campo dell educazione religiosa grazie alla quale, secondo le stesse parole di Giovanni Paolo II, «la famiglia cresce come chiesa domestica». 23 Infatti, l educazione religiosa della famiglia, in questo documento magisteriale, sembra collocare i genitori cristiani nell ambito della Chiesa come dei veri soggetti di evangelizzazione e di apostolato. Non solo: «Ma anche quando essi affidano tali compiti ad istituzioni ecclesiastiche o a scuole gestite da personale religioso, è necessario che la loro presenza educativa continui ad essere costante ed attiva.» GIOVANNI PAOLO II, Lettera agli anziani, 1 Ottobre 1999, in EF, n Idem, Gratissimam Sane, Lettera alla Famiglie, 2 Febbraio 1994, in EF, n Ibidem, n Ibidem, n.16

14 13 Infatti, come si evince già dalla Familiaris Consortio, dal sacramento del matrimonio discende sul compito educativo dei genitori la dignità e la chiamata a un autentico ministero in seno alla Chiesa finalizzato all edificazione dei suoi membri. In questo modo la famiglia viene assimilata in tutto alla grande Chiesa nel suo ruolo di maestra e madre. In tal senso il Papa, citando San Tommaso D Aquino, esalta la dignità del compito educativo dei genitori cristiani assimilandolo appunto a un vero e proprio ministero capace di trasmettere e irradiare il Vangelo alla stregua del ministero sacerdotale: «Tale è la grandezza e lo splendore del ministero educativo dei genitori cristiani, che san Tommaso non esita a paragonarlo al ministero dei sacerdoti: Alcuni propagano e conservano la vita spirituale con un ministero unicamente spirituale, e questo spetta al sacramento dell'ordine; altri lo fanno quanto alla vita ad un tempo corporale e spirituale e ciò avviene col sacramento del matrimonio, nel quale l'uomo e la donna si uniscono per generare la prole ed educarla al culto di Dio (Summa contra Gentiles, IV, 58).» 25 Nella medesima esortazione apostolica, il Papa presenta il compito educativo dei coniugi cristiani come un esigenza per la Chiesa stessa legata alla trasmissione verso i bambini e gli adolescenti di tutti i contenuti necessari per la progressiva crescita della loro fede personale, presupposto fondamentale per una successiva responsabilità da adulti circa l edificazione ecclesiale. Inoltre, la coscienza che Dio concede ai genitori sulla possibilità di portare a maturazione un figlio, che di fatto appartiene a Gesù Cristo, è tempio dello Spirito Santo ed è un membro della Chiesa, deve aiutare gli stessi coniugi cristiani a rafforzare nella prole il dono della grazia divina al punto tale che all interno della stessa vita di famiglia si deve strutturare un vero e proprio cammino spirituale in tutto simile a una vera e propria iniziazione cristiana. Infatti: «In forza del mistero dell'educazione i genitori mediante la testimonianza della vita, sono i primi araldi del Vangelo presso i figli. Di più, pregando con i figli, dedicandosi con essi alla lettura della Parola di Dio ed inserendoli nell'intimo del Corpo - eucaristico ed ecclesiale - di Cristo mediante l'iniziazione cristiana, diventano pienamente genitori e generatori cioè non solo della vita carnale, ma anche 25 Idem, Familiaris Consortio, Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 Novembre 1981, in EF, n.38

15 14 di quella che, mediante la rinnovazione dello Spirito, scaturisce dalla Croce e risurrezione di Cristo.» 26 Il Papa, inoltre, nel suo magistero sulla famiglia si mostra attento anche alla delicata tematica dell educazione sessuale che affronta in modo ampio nella stessa Familiaris Consortio. Wojtyla è, infatti, consapevole che di fronte ad una mentalità consumistica che sminuisce anche la sessualità umana, riducendola unicamente al piacere venereo, i genitori sono chiamati al contrario a plasmare nei figli una cultura sessuale che sia autenticamente personale nella sua totalità. Cioè la sessualità, per il Papa, rappresenta un valore che abbraccia la persona nella sua globalità, non soltanto il suo corpo, ma anche i suoi sentimenti e la sua anima affinché sia testimoniato il suo senso più profondo che è quello di condurre l essere umano al dono di sé nell'amore. In tal senso egli scrive: «In questo contesto è del tutto irrinunciabile l'educazione alla castità, come virtù che sviluppa l'autentica maturità della persona e la rende capace di rispettare e promuovere il significato sponsale del corpo. Anzi, i genitori cristiani riserveranno una particolare attenzione e cura, discernendo i segni della chiamata di Dio, per l'educazione alla verginità, come forma suprema di quel dono di sé che costituisce il senso stesso della sessualità umana.» 27 E nel 1994, durante l anno internazionale della famiglia, nel 1994 il Papa conia, durante l Angelus domenicale, due nuove definizioni di famiglia, chiamandola «grande laboratorio d amore» e «scuola permanente di educazione all amore.» 28 Giovanni Paolo II, infatti, in quella occasione si lanciò in una profonda catechesi sull amore che deve avere come protagonisti tutti i componenti del nucleo familiare poiché per il Pontefice l'amore autentico non è vago sentimento né cieca passione ma un atteggiamento interiore che deve impegnare tutto l'essere umano specialmente chi è legato reciprocamente da vincoli parentali. In tal senso, per Wojtyla, non c è educazione familiare che tenga, senza questo dono di sé all altro e tutta la missione educativa dei genitori può racchiudersi esattamente nel comandamento dell amore. 26 Ibidem, n Ibidem, n Idem, Angelus 13 Febbraio 1994, in La Famiglia nel cuore e nelle parole di Giovanni Paolo II, Paoline, Milano 2006, p.84

16 15 «È quest'amore che le famiglie sono specialmente invitate a riscoprire nell'anno a loro dedicato. La famiglia, grande laboratorio di amore, è la prima scuola, anzi, una scuola permanente, in cui l'educazione all'amore avviene non con aride nozioni, ma con la forza incisiva dell'esperienza. Possa ogni famiglia riscoprire veramente la propria vocazione all'amore! Amore che è rispetto assoluto del disegno di Dio, amore che è scelta e dono reciproco di sé all'interno del nucleo familiare.» La famiglia nel tessuto della società Nell Esortazione Apostolica del 1988 Christefideles Laici sulla vocazione e la missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo, Giovanni Paolo II analizza anzitutto la strutturale dimensione sociale della persona umana chiamata per natura alla comunione con gli altri uomini. La società è, cioè, segno della socialità dell'uomo. E il Papa, in questo documento, sottolinea la reciprocità tra persona e società in base a cui ogni iniziativa svolta a favore della persona è di per sé anche un servizio reso alla società, così come è vero anche il contrario e cioè che ogni iniziativa svolta in favore della società è a sua volta un servizio reso alla persona. E poiché la prime espressioni della dimensione sociale della persona sono la coppia e la famiglia, allora esse diventano anche il luogo privilegiato per l impegno sociale dei cristiani. Infatti: «La coppia e la famiglia costituiscono il primo spazio per l'impegno sociale dei fedeli laici. E' un impegno che può essere assolto adeguatamente solo nella convinzione del valore unico e insostituibile della famiglia per lo sviluppo della società e della stessa Chiesa. Culla della vita e dell'amore, nella quale l'uomo nasce e cresce, la famiglia è la cellula fondamentale della società.» 30 Per il Pontefice, quindi, il compito dei fedeli laici è, anzitutto, quello di rendere la famiglia consapevole della propria identità di primo nucleo sociale e vitale di base e del suo originale ruolo all interno della società, affinché cosciente della sua capitale importanza, partecipi attivamente alla costruzione del tessuto sociale stesso. «In tal modo la famiglia potrà e dovrà esigere da tutti, a cominciare dalle autorità pubbliche, il rispetto di quei diritti che, salvando la famiglia, salvano la società stessa.» Ibidem, p Idem, Christifideles Laici, Esortazione apostolica post-sinodale sulla vocazione e la missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo, 30 Dicembre 1988, in EV 11, n Ibidem, n.40

17 16 Nella Familiaris Consortio, poi, il Papa sottolinea che la famiglia a partire dalla speciale relazione che lega i rapporti tra i membri della stessa, è di fatto l istituzione più congeniale a guidare la società verso la legge della gratuità poiché, se favorisce al suo interno la dignità personale come valore da promuovere e rispettare, allora diventa per la comunità sociale un esempio di accoglienza, dialogo, disponibilità e servizio, cioè un modello di valore capace di ispirare la solidarietà a un livello più grande che è appunto quello della società tutta. «Così la promozione di un'autentica e matura comunione di persone nella famiglia diventa prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell'amore.» 32 Ecco perché, per Wojtyla, la missione sociale della famiglia non può arrestarsi all'opera procreativa e neppure solo a quella educativa, ma deve altresì concretizzarsi in molteplici opere di servizio sociale, specialmente a favore dei più svantaggiati, e di tutte quelle persone che l'organizzazione assistenziale dell autorità statale non riesce a raggiungere. Ciò, infatti, che il Papa vuole sollevare è la cosiddetta questione dell ospitalità che sembra stargli particolarmente a cuore: «In particolare è da rilevare l'importanza sempre più grande che nella nostra società assume l'ospitalità, in tutte le sue forme, dall'aprire la porta della propria casa e ancor più del proprio cuore alle richieste dei fratelli, all'impegno concreto di assicurare ad ogni famiglia la sua casa, come ambiente naturale che la conserva e la fa crescere. Soprattutto la famiglia cristiana è chiamata ad ascoltare la raccomandazione dell'apostolo: Siate premurosi nell'ospitalità (Rm 12,13), e quindi ad attuare, imitando l'esempio e condividendo la carità di Cristo, l'accoglienza del fratello bisognoso.» 33 E naturalmente Giovanni Paolo II nel suo insegnamento sulla famiglia non trascura un altro aspetto fondamentale, cioè quello politico. Infatti, per il Pontefice la missione sociale della famiglia è chiamata a concretizzarsi anche in forma di intervento politico. Cioè, tutto il nucleo familiare a seconda il grado di maturità, competenza e responsabilità di ciascuno dei componenti ha l obbligo morale di adoperarsi affinché le leggi statali e le istituzioni governative non soltanto non 32 Idem, Familiaris Consortio, Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22 Novembre 1981, in EF, n Ibidem, n.44

18 17 offendano, ma soprattutto promuovano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. Nella Familiaris Consortio il Papa chiama, quindi, le famiglie a diventare protagoniste della cosiddetta politica familiare e assumersi il compito di cambiare il tessuto sociale poiché, se così non accadesse il Papa denuncia un grave pericolo: «Diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali, che si sono limitate ad osservare con indifferenza. L'appello del Concilio Vaticano II a superare l'etica individualistica ha perciò valore anche per la famiglia come tale» 34 E il Pontefice specifica ulteriormente che a fondare la responsabilità sociale e politica della famiglia è proprio la missione regale o di servizio, alla quale i coniugi cristiani partecipano in virtù del sacramento del matrimonio dal quale discende da un lato un imperativo morale al quale non possono fuggire e dall altro lato una grazia speciale proveniente da Dio che li guida in questa direzione. Solo così, per il Papa, le famiglie cristiane possono testimoniare una dedizione generosa e disinteressata ai problemi sociali, attraverso soprattutto un opzione preferenziale in favore dei poveri e degli emarginati. «Perciò essa, progredendo nella sequela del Signore mediante una speciale dilezione verso tutti i poveri, deve avere a cuore specialmente gli affamati, gli indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza famiglia.» 35 Interessante è, poi, evidenziare il legame che il Pontefice sottolinea, nella lettera alle Famiglie Gratissimam Sane, tra la famiglia e la nazione a cui si appartiene. E per nazione Wojtyla non intende necessariamente i confini del proprio stato poiché egli parla anche di gruppi etnici che, pur non essendo vere e proprie nazioni, di fatto però, per gli usi e i costumi che li contraddistinguono, si possono considerare come delle «macro-società». In ogni caso, per Giovanni Paolo II, ciò che lega la famiglia col gruppo etnico o con la nazione di appartenenza si fonda principalmente sulla partecipazione alla cultura e, allora, qui si inserisce il contributo della famiglia: «I genitori generano i figli, in un certo senso, anche per la nazione, perché ne siano membri e partecipino del suo patrimonio storico e culturale. Sin dall'inizio l'identità 34 Ibidem, n Ibidem, n.44

19 18 della famiglia si delinea in certa misura sulla base di quella della nazione a cui appartiene. La famiglia, partecipando al patrimonio culturale della nazione, contribuisce a quella specifica sovranità, che scaturisce dalla propria cultura e lingua.» 36 Ciò che il Papa vuole dire, in questa parte del documento, è che proprio attraverso la cultura e la lingua, non solo la nazione, ma «ogni famiglia può ritrovare la sua sovranità spirituale» 37. Infatti secondo il Pontefice, molti eventi storici passati o recenti, sia essi tristi o lieti, legati ai popoli, fanno emergere quanto la famiglia sia unita in modo intrinseco alle vicende della nazione, e la nazione alle vicende della famiglia. Mentre, per Giovanni Paolo II è da distinguere, il rapporto della famiglia nei confronti dell autorità governativa statale, perché quest ultima non va confusa con il concetto di nazione o etnia, a causa della sua struttura non-familiare, organizzata com'è in base a un sistema politico che di fatto è burocratico. il Papa stesso: E quale deve essere, dunque, il rapporto tra autorità statale e famiglia? Lo dice «Nondimeno anche il sistema statale possiede, in certo senso, una sua anima, nella misura in cui risponde alla sua natura di comunità politica giuridicamente ordinata in funzione del bene comune. Con quest'anima è strettamente connessa la famiglia, legata allo Stato proprio in forza del principio di sussidiarietà. La famiglia, infatti, è realtà sociale che non dispone di ogni mezzo necessario per realizzare i propri fini, anche nel campo dell'istruzione e dell'educazione.» 38 Il Pontefice richiama cioè il principio di sussidiarietà in base al quale i governi devono intervenire non là dove la famiglia si mostra autosufficiente e può agire autonomamente, ma solo quando essa non basta realmente a se stessa, altrimenti l autorità statale mostrerebbe una inopportuna invadenza che, anzi, costituirebbe una ingiusta violazione dei diritti della famiglia stessa. E tra i punti deboli in cui la famiglia non riesce a bastare a se stessa, vi è il peso economico molto spesso addossato, secondo il Papa, solo alla parte lavoratrice maschile della coppia, mentre egli richiama con forza l'importanza che, deve essere rivalutata dalle autorità governative, dell'attività casalinga, altamente meritoria, delle donne-madri all'interno del nucleo familiare. 36 Idem, Gratissimam Sane, Lettera alla Famiglie, 2 Febbraio 1994, in EF, n Ibidem n Ibidem n.17

20 19 «La fatica della donna, che dopo aver dato alla luce un figlio, lo nutre, lo cura e si occupa della sua educazione, specialmente nei primi anni, è così grande da non temere il confronto con nessun lavoro professionale. Ciò va chiaramente affermato, non meno di come va rivendicato ogni altro diritto connesso col lavoro. La maternità, con tutto quello che essa comporta di fatica, deve ottenere un riconoscimento anche economico almeno pari a quello degli altri lavori, affrontati per mantenere la famiglia in una fase così delicata della sua esistenza.» 39 Ma per arrivare a fare ciò, occorre, per il Papa, che alla famiglia, in quanto istituzione primordiale della società, gli sia riconosciuta dalla politica una certa «sovranità» intesa come un riconoscimento generale del suo ruolo chiave nella soluzione di tutte le problematiche della convivenza sociale. «Relegarla ad un ruolo subalterno e secondario, escludendola dalla posizione che le spetta nella società, significa recare un grave danno all'autentica crescita dell'intero corpo sociale.» 40 Infine, va segnalato anche il rapporto tra famiglia e mezzi di comunicazione sociale, tema che è stato oggetto di tanti interventi importanti da parte di Giovanni Paolo II. Analizzando, ad esempio, i suoi numerosi discorsi ufficiali proferiti in occasione della tradizionale annuale Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali si evince la stima del Papa per tutti i tipi di mass-media e l incoraggiamento nei confronti della famiglia stessa circa un utilizzo proficuo di questi mezzi. Egli è infatti cosciente che, negli ultimi decenni, i mass-media hanno non solo rivoluzionato le comunicazioni ma hanno, di fatto, influenzato profondamente la vita familiare da un lato arricchendola, unendo cioè tra loro più strettamente i membri della famiglia e accrescendo in loro la cultura generale e anche quella religiosa, ma dall altro lato anche danneggiandola, diffondendo cioè valori e modelli di comportamento spesso falsi e meschini, attraverso la pornografia, la violenza e comunicando un certo relativismo morale. Inoltre, per il Pontefice, accade molte volte che un uso sbagliato dei mezzi mass-mediatici può far ripiegare i membri della famiglia stessa a un certo isolamento dal mondo circostante, estraniandoli dalle relazioni interpersonali, in particolare allontanando i genitori dai figli e i figli dai genitori. Cosa, dunque, può fare la famiglia di concreto affinché i mezzi di 39 Ibidem n Ibidem n.17

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