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1 ISSN Scienze SR e Ricerche MENSILE - SUPPLEMENTO 1 AL N. 7 - MAGGIO 2015 STORIA. 1

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3 5 10 Storia CONTRIBUTI E INTERVENTI ROBERTO SCIARRONE Reportage e giornalismo italiano nel corso della Grande Guerra pag. 5 ROBERTO SCIARRONE Lo scoppio della Grande Guerra attreverso La Voce di Prezzolini pag. 10 STEFANO OSSICINI Marie Curie, Hertha Ayrton e le altre. Donne e scienziate pag. 19 AGNESE VISCONTI Da Londra 1851 a Milano Riflessioni sulle grandi esposizioni universali pag. 31 CHIARA D AURIA La donna cinese nel Nuovo Millennio pag. 36 GAETANO OLIVA Il ruolo dei militari nella crisi di un regime. Cile pag. 44 LUCIANA PETRACCA Il monachus miles. La legittimità della guerra nell ideologia degli ordini religioso-militari: il caso dei Templari pag. 78 ROSSANO PAZZAGLI Gli alberi lungo le strade. Una questione storica e ambientale pag COMUNICAZIONI Al via l edizione 2015 del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica bandito dall Associazione Italiana del Libro pag. 92 RICERCHE CHIARA D AURIA La spedizione di Sapri nelle carte dell Archivio Segreto Vaticano pag. 95 ANIDA SOKOL Lingua e identità nazionale in Bosnia-Erzegovina. Dal multiculturalismo all esclusivismo linguistico pag. 104 supplemento 1 al n. 7, maggio

4 SUPPL. 1 - N. 7 - MAGGIO 2015 ISSN Scienze e Ricerche suppl. 2 - n. 7, maggio 2015 Coordinamento Scienze matematiche, fisiche e naturali: Vincenzo Brandolini, Claudio Cassardo, Alberto Facchini, Savino Longo, Paola Magnaghi-Delfino, Giuseppe Morello, Annamaria Muoio, Andrea Natali, Marcello Pelillo, Marco Rigoli, Carmela Saturnino, Roberto Scandone, Franco Taggi, Benedetto Tirozzi, Pietro Ursino Scienze biologiche e della salute: Riccardo N. Barbagallo, Cesario Bellantuono, Antonio Brunetti, Davide Festi, Maurizio Giuliani, Caterina La Porta, Alessandra Mazzeo, Antonio Miceli, Letizia Polito, Marco Zaffanello, Nicola Zambrano Scienze dell ingegneria e dell architettura: Orazio Carpenzano, Federico Cheli, Massimo Guarnieri, Giuliana Guazzaroni, Giovanna La Fianza, Angela Giovanna Leuzzi, Luciano Mescia, Maria Ines Pascariello, Vincenzo Sapienza, Maria Grazia Turco, Silvano Vergura Scienze dell uomo, filosofiche, storiche e letterarie: Enrico Acquaro, Angelo Ariemma, Carlo Beltrame, Marta Bertolaso, Sergio Bonetti, Emanuele Ferrari, Antonio Lucio Giannone, Domenico Ienna, Rosa Lombardi, Gianna Marrone, Stefania Giulia Mazzone, Antonella Nuzzaci, Claudio Palumbo, Francesco Randazzo, Luca Refrigeri, Franco Riva, Mariagrazia Russo, Domenico Russo, Domenico Tafuri, Alessandro Teatini, Patrizia Torricelli, Agnese Visconti Scienze giuridiche, economiche e sociali: Giovanni Borriello, Marco Cilento, Luigi Colaianni, Riccardo Gallo, Agostina Latino, Elisa Pintus, Erica Varese, Alberto Virgilio, Maria Rosaria Viviano Abbonamenti in formato elettronico (pdf HD a colori): annuale (12 numeri + supplementi, numeri monografici e annali): 42,00 euro (per sconti e tariffe particolari si rinvia alle informazioni contenute nel sito) Supplemento per ricevere anche la rivista in versione cartacea (HD copertina a colori, interno in b/n): 12 numeri: 96,00 euro 6 numeri: 49,00 euro Una copia in formato elettronico: 11,00 euro Una copia in formato cartaceo: 13,00 euro Il versamento può essere effettuato: con carta di credito, utilizzando il servizio PayPal accessibile dal sito: versamento sul conto corrente postale n intestato a Scienze e Ricerche, Via Giuseppe Rosso 1/a, Roma bonifico sul conto corrente postale n intestato a Scienze e Ricerche, Via Giuseppe Rosso 1/a, Roma IBAN: IT 97 W Gli articoli pubblicati su Scienze e Ricerche sono disponibili anche online sul sito in modalità open access, cioè a libera lettura, a meno che l autore non ritenga di inibire tale possibilità. La rivista ospita essenzialmente due tipologie di contributi: interventi, analisi, recensioni, comunicazioni e articoli di divulgazione scientifica (solitamente in italiano). ricerche e articoli scientifici (in italiano, in inglese o in altre lingue). Gli articoli scientifici seguono le regole della peer review. La direzione editoriale non è obbligata a motivare l eventuale rifiuto opposto alla pubblicazione di articoli, ricerche, contributi o interventi. Non è previsto l invio di copie omaggio agli autori. Scienze e Ricerche è anche una pubblicazione peer reviewed. Le ricerche e gli articoli scientifici inviati per la pubblicazione sono sottoposti a una procedura di revisione paritaria che prevede il giudizio in forma anonima di almeno due blind referees. I referees non conoscono l identità dell autore e l autore non conosce l identità dei colleghi chiamati a giudicare il suo contributo. Gli articoli scientifici inviati per la pubblicazione vengono resi anonimi, protetti e linkati in un apposita sezione del sito. Ciascuno dei referees chiamati a valutarli potrà accedervi esclusivamente mediante password, fornendo alla direzione il suo parere e suggerendo eventuali modifiche o integrazioni. Il raccordo con gli autori sarà garantito dalla redazione. Il parere dei referees non è vincolante per la direzione editoriale, cui spetta da ultimo - in raccordo con il coordinamento e il comitato scientifico - ogni decisione in caso di divergenza di opinioni tra i vari referees. L elenco dei referees impegnati nella valutazione degli articoli scientifici viene pubblicato con cadenza annuale. Chiunque può richiedere di far parte del collegio dei referees di Scienze e Ricerche allegando alla richiesta il proprio curriculum, comprensivo della data di nascita, e l indicazione del settore scientifico-disciplinare di propria particolare competenza. Scienze e Ricerche sede legale: Via Giuseppe Rosso 1/a, Roma Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 19/2015 del 2/2/2015 Gestione editoriale: Agra Editrice Srl, Roma Tipografia: Andersen Spa, Boca Direttore responsabile: Giancarlo Dosi info@scienze-ricerche.com 4

5 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA Reportage e giornalismo italiano nel corso della Grande Guerra ROBERTO SCIARRONE Assegnista di ricerca, Dipartimento di Storia Culture Religioni, Sapienza Università di Roma Dopo William H. Russel, reporter irlandese del Times di Londra e Ferdinando Petruccelli della Gattina, anticipatore del reportage all americana e corrispondente per La Presse - definito da Indro Montanelli il «più brillante giornalista italiano dell Ottocento» - il XX secolo vede protagonisti Luigi Barzini e Arnaldo Fraccaroli, entrambi inviati di guerra per il Corriere della Sera. Proprio dei due corrispondenti si occupa questo studio che cerca di tracciare il percorso professionale, lo stile e l accuratezza descrittiva dei più importanti reporter italiani in quella terribile occasione. Barzini, già testimone di alcuni conflitti dal 1899 per il giornale di via Solferino - e che proseguirà a raccontare le guerre sino al è dotato di una grande capacità lavorativa che gli consente di scrivere di notte, dopo un intera giornata trascorsa al fronte, i suoi articoli. I reportage, ricchi di particolari e ammantati da un aurea descrittiva senza paragoni, ne fanno un giornalista d eccezione, il cui valore viene confermato dalle principali potenze europee dell epoca attraverso riconoscimenti e titoli onorifici. Nel corso della guerra Barzini pubblica diversi saggi e memoriali fra i quali Scene della grande guerra (1915), Al Fronte (1915) e La guerra d Italia. Dal Trentino al Carso (1917). L intenzione di questo contributo è quella di fornire, attraverso i racconti di Barzini e Fraccaroli, l intensità dell impegno dei giornalisti italiani presenti, riconosciuto tra i più puntuali e brillanti. Luigi Barzini è considerato il più grande inviato di guerra italiano, uno dei pochi la cui fama superò i confini nazionali, Nuovo articolo di Barzini! era l urlo con cui gli strilloni del Corriere della Sera richiamavano l attenzione nella Milano dei primi anni del Novecento. La sua copertura della guerra russo-giapponese ( ) suscitò ammirazione in tutto il mondo, fu il primo ad arrivare nelle terre dove si svolse il conflitto e l unico a seguirlo fino alla fine. 1 Ad una prima lettura i suoi articoli potrebbero apparire simili a quelli di William Russel, ma un esame più approfondito dimostra differenze profonde. Il giornalismo era entrato in una nuova era, mentre il Times di Russel apparteneva ancora all orizzonte culturale del giornalismo ottocentesco, il Corriere della Sera di Barzini era ormai proiettato nel nuovo secolo, nel pieno dispiegarsi della rivoluzione industriale e il diffondersi di innovazioni tecnologiche cruciali nel settore editoriale. La più importante era la rotativa, nuova macchina a stampa che aveva centuplicato le tirature giornaliere dei quotidiani, l uso di una carta più economica e la composizione a caldo tramite la Linotype favorì la stampa di massa e giornali a basso prezzo rivolti a un vasto pubblico appartenente non più all élite, ma alle classi 1 A. Biagini, La guerra russo-giapponese, Nuova Cultura, Roma, 2011, pp

6 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 a cavallo del Novecento, momento in cui la carriera di Luigi Barzini vedeva la consacrazione internazionale. La guerra era ormai cambiata rispetto all epoca napoleonica, e anche rispetto ai tempi della guerra di Crimea, la rivoluzione industriale aveva assorbito il mondo militare. Ferrovie, navi a vapore e telegrafo rendevano possibile trasportare truppe molto più numerose, su distanze molto più lunghe e in tempi molto più brevi. Le armi divennero distruttive e micidiali, attorno alla metà del secolo, a partire dai modelli messi a punto dal francese Minié, si diffuse il fucile a canna rigata a retrocarica e con proiettile ogivale. Un arma di cui tutti gli eserciti occidentali si dotarono in pochi anni, che poteva sparare con precisione e uccidere a diverse centinaia di metri di distanza. Luigi Barzini nacque a Orvieto nel 1874, poco più che ventenne iniziò a collaborare con il giornale satirico Fanfulla di Roma e qui lo conobbe Luigi Albertini il direttore che stava trasformando il Corriere delle Sera in un quotidiano di levatura europea. Albertini rimase esterrefatto dalle doti di quel giovane e, nonostante l inesperienza, lo assunse inviandolo prima a Londra e poco dopo in Cina per seguire la repressione dei Boxer. Barzini si dimostrò subito un grandissimo cronista, dotato di senso della notizia, energia, tenacia, uno stile di scrittura asciutto e incisivo, lontano dalla retorica che dominava il giornalismo italiano. Le corrispondenze da Pechino sull intervento dei contingenti internazionali che schiacciarono i Boxer ebbero grande successo. Il giovane inviato rivelò una eccezionale capacità di racconto, unita a serietà e rigore nella raccolta e verifica delle informazioni. Diventato una delle firme più conosciute del Corriere della Sera, Barzini contribuì al sorpasso del quotidiano concorrente Il Secolo. Ma l impresa giornalistica che lo rese famoso a livello internazionale arrivò nel 1904 allorché, in maniera del tutto fortuita, si trovò a seguire alcune manovre militari in Italia, a cui partecipava come osservatore un alto ufficiale dell esercito giapponese. Anche se questi non gli fornì alcuna informazione diretta, alcuni discorsi bellicosi nei confronti della Russia persuasero Barzini che la crescente tensione tra Tokyo e Mosca stava per toccare l apice. Il giornalista italiano partì quindi per la remota regione all estremo est del territomedie, medio-basse e anche popolari. Tale fenomeno si inseriva nella più ampia e graduale trasformazione delle strutture sociali, economiche, culturali e politiche dei paesi occidentali, distinti dalla diffusione dell istruzione elementare, dalla crescita di istituzioni più democratiche e da nuove dinamiche politiche. Con l inizio delle pubblicazioni del Daily Mail (1896) in Gran Bretagna era comparsa una stampa apertamente popular che si differenziava dalla stampa di qualità rappresentata dal Times e dal Guardian. L ascesa della popular press, detta anche tabloid, caratterizzò soprattutto la Gran Bretagna, ma in tutta Europa e negli Stati Uniti il periodo tra il 1870 e il 1914 vide la nascita della stampa di massa. A inizio Novecento il Daily Mail raggiungeva il milione di copie, a Parigi i quattro quotidiani più venduti superavano i quattro milioni di stampe giornaliere. Negli Stati Uniti si ebbe l ascesa della yellow press, guidata dai quotidiani sensazionalistici di Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst, in Italia nel 1913 il Corriere della Sera giunse a oltre 350mila copie. In questo periodo i giornali raggiunsero i massimi livelli di diffusione e monopolizzarono la formazione dell opinione pubblica, un ruolo importante, in questo senso, fu interpretato dalle tecnologie della comunicazione e dalle ripercussioni che le loro trasformazioni ebbero sulle modalità di raccolta e distribuzione delle informazioni. La diffusione delle ferrovie e della navigazione a vapore facilitò l accesso ad aree prima difficili da raggiungere e ridusse i tempi di viaggio. L innovazione più importante fu quella del telegrafo che introdusse la possibilità di trasmettere una notizia in tempi brevi, ciò provocò l esigenza di velocizzare il lavoro del reporter. È in questo periodo che nacque la frenesia dello scoop, che assicurava un immediata impennata alle vendite del giornale, la nota regola delle cinque W le cinque domande a cui si deve rispondere già nel primo paragrafo di ogni servizio: What, Where, When, Who, Why e l affermazione delle agenzie di stampa. Nel 1848 cinque quotidiani newyorchesi fondarono la Associated Press proprio per condividere le spese telegrafiche, successivamente nacquero l inglese Reuters, la tedesca Wolff e la francese Havas. I nuovi giornali di massa erano imprese solide con enormi giri d affari e in tutte le metropoli occidentali, da Fleet Street a Londra a Via Solferino a Milano, nuovi palazzi vennero costruiti per ospitarle. Si legittimò il principio dell obiettività, dell imparzialità, della separazione tra fatti e opinioni, in realtà la forte competizione per l interesse del pubblico stimolò anche il sensazionalismo, forzando sovente le notizie per attirare l attenzione del lettore. Nell età dell oro dei quotidiani il giornalismo di guerra ebbe una posizione di primo piano, la figura principe era quella dell inviato speciale che rischiava la vita per testimoniare combattimenti e operazioni militari. Furono numerosi gli inviati di guerra che affrontarono gravi pericoli e disagi per produrre brillanti corrispondenze su conflitti sparsi nel mondo. Del resto in occasione dei conflitti le tirature aumentavano, in particolar modo se il giornale poteva offrire ai lettori resoconti esclusivi dei propri corrispondenti. Il giornalismo di guerra conobbe l apice della sua importanza proprio nel trentennio 6

7 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA Una pagina del Calendario Storico dei Carabinieri, 2013 rio russo (Manchuria, Yellow Sea, Korean Peninsula), dove i due imperi si sarebbero potuti scontrare. Con un viaggio lungo e avventuroso vi giunse prima di qualsiasi altro reporter, seguendo le operazioni militari dalla parte giapponese. Le capacità del grande inviato possono quindi essere riassunte dall esperienza di Barzini in quegli anni: resistenza fisica per sopportare condizioni di vita e fatiche a volte durissime, determinazione e lungimiranza per venire a conoscenza dei luoghi in cui si svolgono gli eventi salienti e riuscire a raggiungerli, coraggio per esserne testimone fino in fondo. Il più noto reporter italiano dell epoca le possedeva tutte. Con ostinata determinazione rimase per mesi nella zona dei combattimenti, muovendosi su tutto il fronte a piedi, a cavallo e con mezzi di fortuna, resistendo a condizioni ambientali terribili (gelo, tormente, disagi, mancanza di cibo), intervistando soldati e ufficiali, esaminando ogni cosa in prima persona, esponendosi durante gli scontri a fuoco, sfuggendo a ripetuti tentativi di limitare la sua testimonianza giornalistica. Finì con l essere il reporter che di quel grande conflitto traman- dò il resoconto più completo, organico e brillante. Le sue corrispondenze, lette e ammirate in tutto il mondo, vennero raccolte in un volume così ricco di informazioni, commenti, cartine e fotografie, da lui disegnate e scattate, da diventare testo di studio nelle accademie militari. Barzini possedeva una caratteristica innata di comprendere il significato storico degli eventi di cui era testimone e il loro spessore epocale, forte di questa esperienza affrontò il conflitto più imponente e sanguinoso della storia: la Prima guerra mondiale. Questa non è guerra, esclamò terrorizzato un generale inglese di fronte ai massacri della gigantesca battaglia di Verdun (France, 21 february 20 december 1916). La prima guerra mondiale superò e stravolse qualsiasi idea di guerra esistita fino a quel momento, Eric Hobsbawm lo ha preso come punto di inizio del The Short Twentieth Century del Novecento 2 e dell età contemporanea, per quat- 2 E. Hobsbawm, The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, , Michael Joseph, London, 1994, pp

8 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 tro anni ( ) la guerra coinvolse tutti i paesi europei, dalla Francia all Impero asburgico, dall Italia alla Gran Bretagna, dal Reich tedesco alla Russia e dal 1917 anche gli Stati Uniti, su fronti di migliaia di chilometri e sulle trincee. Complessivamente vi parteciparono circa 65 milioni di soldati, i morti furono 15 milioni e i feriti 21 milioni. La guerra costrinse le nazioni partecipanti a mobilitare intere generazioni di cittadini per riempire i ranghi degli eserciti di massa attraverso la coscrizione obbligatoria. Di fronte a questo terribile evento il giornalismo diede prova assolutamente deludente, gli storici infatti sono concordi nel condividere il duro giudizio espresso nel 1928 da Arthur Ponsonby: When war is declared, Truth is the first casualty.. 3 Le cause di questa débâcle furono diverse, ma una spicca su ogni altra: tutti i paesi, per la prima volta, crearono strutture capillari ed efficienti per controllare e manipolare i mezzi di informazione, cercando di addomesticare i resoconti giornalistici e produrre una poderosa ondata di propaganda patriottico-bellicistica che alimentasse la volontà di combattere delle popolazioni. L evoluzione degli stati nazionali e il loro sviluppo in senso democratico (suffragio) si era tradotta in quello che Georg Mosse ha definito la nazionalizzazione delle masse. 4 Le sorti dei governi dipendevano molto di più che in passato dal voto dei cittadini e dal favore dell opinione pubblica; la coscrizione obbligatoria trascinava direttamente nell esperienza bellica milioni di cittadini. In tutti i paesi vi era una stampa a grande diffusione capace d influenzare l opinione pubblica e un problema tipico delle società democratiche era quello di giustificare la guerra, di spiegare ai cittadini il motivo per cui essi avrebbero dovuto sopportare sacrifici così gravi. Emblematico è l esempio dell Italia, dove tra il 1914 e il 1915 si sviluppò un intenso dibattito sull intervento del conflitto già in corso, gli storici affermano che la popolazione del paese fosse in maggioranza favorevole alla neutralità, il governo, comunque, finì con l allearsi con la Francia e Gran Bretagna ed entrare nel più sanguinoso conflitto della sua storia che costò circa 600mila morti. Questo orientamento fu dovuto, in parte, all atteggiamento della stampa, il Corriere della Sera ad esempio amplificò le manifestazioni degli interventisti, contribuendo a creare la sensazione che esse rappresentassero i sentimenti della maggior parte della popolazione. Questa linea, a prescindere dalla straordinaria testimonianza di reporter alla Barzini, rispecchiava gli interessi della borghesia industriale di cui la testata era l espressione. Un caso ancora più evidente fu quello del Popolo d Italia, il nuovo giornale fondato da Benito Mussolini che aveva diretto in precedenza il giornale del Partito Socialista l Avanti!. Il Popolo d Italia nacque con l intenzione di perorare l intervento italiano nella guerra, a finanziarlo infatti furono alcuni gruppi di industriali italiani che fiutarono affari 3 A. Ponsonby, Falsehood in Wartime: Containing an Assortment of Lies Circulated Throughout the Nations During the Great War, George Allen & Unwin, London, 1928, p G.L. Mosse, The Nationalization of the Masses: Political Symbolism and Mass Movements in Germany from the Napoleonic Wars through the Third Reich, Howard Fertig, New York, 2001, p. 25. economici ed esponenti del governo francese che da tempo si adoperavano perché l Italia scendesse in campo contro Austria e Germania. Dopo lo scoppio delle ostilità i giornali italiani stabilirono una linea patriottica e di sostegno allo sforzo bellico, ma fu determinante la censura e la propaganda prodotta dalle autorità civili e militari, già il 23 maggio 1915, poche ore prima dell entrata in guerra, un decreto vietò ai giornali di diffondere notizie che andassero al di là dei comunicati ufficiali su materie quali l andamento delle operazioni militari, le nomine di comando, il numero di morti e feriti. Il giorno dopo venne attivato un Ufficio Stampa del Comando militare supremo, con sezioni distaccate in diverse città. Con poche eccezioni l accesso ai cronisti al fronte venne vietato e in tutti i paesi si costituirono apparati di censura e propaganda. Uno dei più organizzati fu allestito dalla Gran Bretagna che istituì presso il governo un Press Bureau, poi un War Propaganda Bureau e quindi il Ministry of Information, cui vennero chiamati a collaborare alcuni dei maggiori scrittori dell epoca come Rudyard Kipling, Herbert G. Wells e Arthur Conan Doyle. I giornali si riempirono di racconti delle atrocities compiute dalle truppe del Reich che avevano invaso il Belgio. Quasi tutte queste notizie erano in realtà forzate, distorte e alle volte inventate, tra i casi più clamorosi ci fu la storia falsa - dei soldati tedeschi che mozzavano le mani ai bambini belgi. In Francia i cronisti che si avventuravano tra le linee venivano arrestati accadde anche a Barzini e quando il quotidiano Homme Libre di Georges Clemenceau osò denunciare l inefficienza del servizio sanitario militare le autorità di Parigi ne bloccarono subito le pubblicazioni. In un primo momento anche i generali inglesi impedirono l accesso ai giornalisti alle zone di combattimento, questa politica fu poi modificata in parte perché i tedeschi offrivano ai reporter stranieri un ospitalità generosa. Un eccezione parziale fu offerta solo dalla stampa statunitense anche se non mancarono alcuni esempi di giornalismo brillante e a tratti straordinario come le opere di Barzini lo testimoniano, pubblicazioni come Scene della grande guerra (1915), Al Fronte (1915) e La guerra d Italia, Dal Trentino al Carso (1917) rimangono tra i racconti più fulgidi della Grande Guerra. Morale altissimo dicono i bollettini ufficiali. Lo Stato Maggiore, laconico e pacato, non dedica che una parola all anima dell esercito. Il Paese deve averne avuto un impressione di baldanza. Ma nulla può conferire il senso della realtà quale si è rivelata a noi, subitamente, già nel primo giorno della guerra nel quale sentimmo passare sulle nostre schiere un magico soffio di esultanza, la folata di vento d un colpo di ala immane, invisibile, favolosa. [ ] E per la strada maestra che questa volta mi avvicino alla guerra. Nelle regioni della frontiera la ferrovia, tutta intenta a trasportare soldati e munizioni, lascia i viaggiatori sui binari morti. La vera, la grande arteria della guerra è la ferrovia. 5 Barzini, nei suoi resoconti, descrive il continuo passaggio dei treni e le truppe, ferme in stazione, che aspettavano l ora della partenza, durante lunghe soste al sole. Si combatteva 5 Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea (BSMC, Roma), L. Barzini, Al Fronte (maggio-ottobre 1915), Fratelli Treves Editori, Milano, 1915, pp

9 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA per la conquista di picchi sassosi, sui quali non si potevano scavare trincee. La parola Carso, per lui, significava roccia. La montagna con le sue stratificazioni calcaree, con le sue vallette verdi, con i suoi crepacci ricordava un po la montagna di Derna. La natura offriva alla difesa delle formidabili posizioni naturali, complete e fortificate. Il nemico si nascondeva dietro queste formazioni naturali. Se l opinione pubblica austriaca si mostrò sorpresa dall entrata in guerra dell Italia, sul campo di battaglia tutto fa pensare che in realtà essa avesse già organizzato una strategia da tempo preparata. Dalle parole di Lugi Barzini, tratte dai suoi resoconti pubblicati nel 1915, emergono lo stile unico e la cura dei dettagli che il reporter italiano amava regalare ai propri lettori. Egli non si soffermava solamente alla cronaca dei fatti ma, con grande acutezza, interpretava le azioni dei contendenti alla luce degli eventi di politica estera, come nel caso dell Austria. Inoltre, la grande capacità descrittiva della natura e del territorio, in cui si trovarono i soldati italiani, catapultavano il lettore sul teatro di guerra, eccitando l immaginazione di milioni di lettori. Ma al di là di questi articoli di grande pregio, nel complesso i resoconti giornalistici sulle operazioni militari della Prima guerra mondiale risultarono reticenti e fuorvianti, lo stile spesso era fortemente retorico, gli articoli generici e poco documentati. I contenuti finivano così col ridursi alle scarne notizie fornite dai comunicati ufficiali, alternate a descrizioni generiche o a racconti di episodi astratti. La battaglia vastissima procede con titanica potenza. Non è una battaglia d impeto, con pronti risultati brillanti e limitati: è una battaglia colossale, di costanza, di saldezza, di ostinazione, di tenacia. [ ] Le speranze più radiose illuminano gli occhi del gigante che la scrolla. 6 Pur considerando importante l opera di un altro protagonista del giornalismo di guerra italiano, Arnaldo Fraccaroli, non si può non ravvisare l influsso dell estetica nazionalistafuturista nei suoi resoconti. La guerra, infatti, giungeva ad essere rappresentata come una successione di eventi quasi fantasmagorici, onirici, descritti con uno stile quasi espressionistico. E come spesso accade nel giornalismo spesso si omettevano fatti importanti, come ad esempio la vita nelle trincee, le carneficine, la sofferenza fisica dovuta al freddo, alla fame, ai parassiti, alla pioggia e al fango. Non solo. Fu passato sotto silenzio l uso generalizzato dei gas, nuovo strumento di morte, poco fu detto degli errori degli ufficiali, della logistica e della sanità militare, nulla sui favoritismi e le ingiustizie che si consumarono all interno delle forze armate in materia di rifornimenti, distribuzione dei compiti e licenze. La tragica disfatta di Caporetto (Kobarid Slovenia) del novembre 1917, sul fronte italiano, fu riportata dai giornali della penisola in modo generico, frammentato e dilatato. I giornali nascosero anche le manifestazioni di dissenso che si moltiplicarono sia tra le truppe sia tra la popolazione civile, i numerosi casi di diserzione e insubordinazione, con le conseguenti repressioni sanguinose; i non rari episodi di fraternizzazione con il nemico ad esempio tra i soldati in trincea e gli scioperi e le proteste che scoppiarono in molte città contro le dure condizioni di vita imposte dalla guerra. Specialmente tra le truppe al fronte si sviluppò la diffusione di false notizie e, parallelamente, la comparsa dei giornali di trincea, fogli pubblicati per iniziativa delle autorità militari che dovevano servire a tenere alto il morale delle truppe come La Tradotta, La Ghirba, La Trincea e Il Piave. Questi giornali furono un interessante esempio di para-giornalismo popolare, scritto con linguaggio elementare, ricco di illustrazioni, cui collaborarono i migliori artisti italiani dell epoca. La propaganda fu il fenomeno nuovo più evidente della Prima guerra mondiale, i mezzi di comunicazione erano ormai rivolti a grandi masse di cittadini, chiamati in prima persona a partecipare al conflitto, e divennero quindi una nuova arma a disposizione degli Stati Maggiori. Non a caso il giornalista Walter Lipmann scrisse dopo la fine del conflitto il suo celebre saggio Public Opinion (1922), prendendo spunto dalle manipolazioni delle verità cui egli stesso aveva assistito lavorando presso il Committee on public Information. Il suo testo offrì un analisi estesa del rapporto tra potere politico, mass media e opinione pubblica. La conclusione di Lippmann era pessimista poiché credeva che indeformabili limiti di tempo, di energie psicologiche e di cultura portavano le persone comuni a ragionare per stereotipi semplificati, e la massa non era quindi consapevole della verità. BIBLIOGRAFIA L. Barzini, Al Fronte (maggio-ottobre 1915), Milano, 1915; L. Barzini, Scene della grande guerra, Milano, 1915; L. Barzini, La guerra d Italia. Sui monti, nel cielo e nel mare, Milano, 1916; L. Barzini, La guerra d Italia. Dal Trentino al Carso, Milano, 1917; A. Ponsonby, Falsehood in Wartime: Containing an Assortment of Lies Circulated Throughout the Nations During the Great War, London, 1928; E. Hobsbawm, The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, , Michael Joseph, London, 1994; D. Corucci, Luigi Barzini. Un inviato speciale, Perugia, 1994; G.L. Mosse, The Nationalization of the Masses: Political Symbolism and Mass Movements in Germany from the Napoleonic Wars through the Third Reich, New York, 2001; E. Magrì, Luigi Barzini. Una vita da inviato, Firenze, 2008; O. Bergamini, Specchi di Guerra. Giornalismo e conflitti armati da Napoleone ad oggi, Bari-Roma, 2009; A. Biagini, La guerra russo-giapponese, Roma, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (BNCR), Arnaldo Fraccaroli, Corriere della Sera, 23 agosto

10 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 Lo scoppio della Grande Guerra attraverso La Voce di Prezzolini ROBERTO SCIARRONE Dipartimento di Storia, Culture, Religioni, Università degli Studi di Roma La Sapienza La guerra del fu la prima guerra ghilterra furono vicine allo scontro a Fascioda, in Sudan mondiale e di massa nella storia dell umanità, per la prima volta coinvolse una poparono aspre tensioni in conseguenza dell occupazione fran- (1898), mentre la stessa Repubblica francese e l Italia sviluptenza non europea, gli Stati Uniti d America, che nel 1917 col suo intervento decisero il conflitto a vantaggio dell Intesa, riducendone successivamente l autonomia dei Paesi europei, mutandone gli equilibri continentali sedimentati nel corso del Lungo XIX secolo. 1 Dilagarono su ogni fronte e in ogni esercito gli ammutinamenti, le diserzioni e ogni forma di fuga, collettiva o individuale, dall obbligo di uccidere o essere uccisi, sino alla soluzione di porre fine alla guerra dandosi prigionieri al nemico o, nella peggiore delle ipotesi, procurandosi provvidenziali ferite e automutilazioni. La guerra arrivò al termine di un processo apertosi nella seconda parte dell Ottocento e risoltosi in pochi decenni con la spartizione del pianeta da parte delle potenze europee. 2 La Russia e l Inghilterra erano contrapposte nel grande gioco asiatico, tra India, Prezzolini in un disegno di Luciano Guarnieri Persia e Afghanistan, oltre a cercare di dirimere la strisciante crisi dell Impero ottomano. 3 Francia e In- 1 Il termine fu coniato dallo storico britannico di origine ebraica e di formazione marxista Eric Hobsbawm. Lo studioso indicò l Ottocento come un secolo che si estese, almeno dal punto di vista storiografico, tra il 1789 e il Sviluppò la sua teoria in tre saggi distinti: Le rivoluzioni borghesi ( ), Il trionfo della borghesia ( ) e L età degli imperi ( ). Nel corso del primo conflitto mondiale molti degli accordi politici internazionali furono sospesi fino a disegnare uno scenario nuovo nel secolo XX che, secondo lo storico britannico, si sarebbe rivelato tanto breve quanto denso di mutamenti, sia sul piano politico e sociale sia su quello economico e delle scoperte scientifiche. Cfr. E. Hobsbawm, Il Secolo breve, Rizzoli, Milano, Per una sintesi storiografica accurata sull imperialismo europeo ottocentesco vedi R.F. Betts, L alba illusoria, L imperialismo europeo nell Ottocento, Il Mulino, Bologna, Grande gioco è la definizione attribuita tradizionalmente dagli storici alla competizione scatenatasi, nel XIX secolo, tra Impero britannico e Impero russo per il controllo della regione centro-asiatica e del subcontinente indiano. Successivamente, nell ambito del contesto regionale post- cese della Tunisia. Sempre a causa della corsa imperialista Francia, Inghilterra e Germania sfiorarono la guerra in Marocco (1905 e 1911), la corsa tedesca al riarmo navale rappresentò, sul finire del secolo XIX, il più forte motivo di frizione con l Impero britannico. 4 Parallelamente Stati Uniti e Giappone seguirono la logica imperialistica europea: così la bipolare, un numero crescente di analisti ha ripreso la denominazione di Grande gioco per indicare la competizione tra Russia e Stati Uniti per l influenza sullo spazio meridionale della ex Unione Sovietica - dal Caucaso sino all Asia centrale. 4 L ammiraglio, e Segretario di Stato per il ministero della Marina imperiale tedesca, Alfred von Tirpitz aumentò nel 1900 la forza navale tedesca tramite un progetto di legge che mise in allarme l ammiragliato inglese. Nelle motivazioni della legge suddetta si specificò che la flotta tedesca avrebbe dovuto essere tanto forte da rivaleggiare alla pari con le più grandi potenze. Cit. in R. Sciarrone, Strategie militari franco-tedesche a confronto ( ), Nuova Cultura, Roma, 2013, p

11 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA competizione in Manciuria portò alla guerra russo-giapponese (1905), che vide l inaspettata vittoria degli asiatici, e la White House mosse guerra alla Spagna a Cuba (1898). L odierna storiografia è d accordo però nell asserire che la causa principale del conflitto non vada ricercata nella competizione coloniale in sé. Lo studio dello storico tedesco Fritz Fischer sugli obiettivi di guerra dell Impero tedesco mostra come questo, frustrato nelle sue aspirazioni coloniali, abbia trasferito la sua pressione imperialistica sull Europa orientale. 5 Fischer dopo avere analizzato nelle linee essenziali lo sviluppo economico-sociale della Germania dagli anni 90 al 1914, mostrò senza pregiudizi le precise responsabilità dei maggiori capi politici e militari tedeschi per spingere l Austria-Ungheria a un conflitto dal quale si ripromettevano il coronamento dei loro sogni imperialistici. Il progressivo sistema di dominazione politica ed economica del Reich era regolato in forma diretta e indiretta: dalle limitate annessioni ai confini occidentali e orientali (province polacche e lituane, francesi, belghe e olandesi), attraverso la creazione di Stati-cuscinetto vassalli (Belgio e Romania, Polonia, Finlandia, Ucraina), si doveva giungere a una Mitteleuropa sotto direzione tedesca, che avrebbe dovuto allargare la sua sfera d influenza a gran parte d Europa, Asia e Africa. Fischer dimostrò la coerenza e la praticità di questo programma, rincorso dagli uomini di governo con l appoggio di industriali, finanzieri e personalità legate alla cultura tedesca: le varie fasi del conflitto, le principali operazioni belliche, le stesse trattative segrete e i sondaggi per la pace fanno da sfondo a quest importante ricostruzione del più ambizioso piano di conquista elaborato prima della tragica avventura hitleriana. Un altro studio, dello statunitense Richard Webster, individuò nei Balcani del primo quindicennio del XX secolo un area di crescente conflittualità tra le potenze per il controllo, ancora una volta, di spazi e risorse, di influenze e affari, nella crisi sempre più forte dell Impero ottomano da cui sorsero nuovi Stati nazione come la Bulgaria, la Romania, la Serbia e la stessa Turchia rinnovata dalla rivoluzione dei giovani turchi (1908). 6 Quali ragioni possono aver spinto un Paese dalle tradizioni non imperialiste e non capitalistiche come l Italia, a esporsi in due guerre mondiali e in tre campagne coloniali? Webster, nel suo studio, cercò di ipotizzare le cause di tale fenomeno nel decollo economico del periodo giolittiano, analizzando la realtà politico-economica italiana dagli inizi del secolo alla crisi del Ad ogni modo le guerre balcaniche, che opposero gli Stati dell area tra loro, coinvolgendo anche la Grecia, tra il 1912 e il 1913, evidenziarono la difficoltà di raggiungere un equilibrio, seppur approssimativo, nell area. Uno degli ultimi lavori dello storico italiano Antonello Biagini né tratteggia le fasi più salienti attraverso i documenti prodotti dagli ufficiali italiani impegnati, a vario titolo, nell area balcanica. 7 L Italia rappresentò per le élites politi- 5 Cfr. F. Fischer, Assalto al potere mondiale, La Germania nella guerra , Einaudi Editore, Milano, Cfr. R. Webster, L imperialismo industriale italiano , Einaudi Editore, Milano, Cfr. A. Biagini, L Italia e le guerre balcaniche, Edizioni Nuova Cul- che balcaniche un modello per la realizzazione dell unità nazionale, un esempio da imitare e da seguire per gli emergenti Stati nazionali. Nel periodo compreso tra il Congresso di Berlino (1878) alla Prima guerra mondiale, gli ufficiali italiani addetti militari, membri delle commissioni per la delimitazione dei confini, esperti e delegati ai convegni internazionali, personale in servizio presso gli eserciti stranieri furono infatti attivi nella regione, offrendo la loro esperienza tecnica e organizzativa nel processo di ridefinizione politica dell area, resa problematica dagli accesi contrasti fra nazionalità. La Grande guerra non deflagrò così sui lontani confini tra gli imperi coloniali, ma a Sarajevo, in una delle tante periferie del continente europeo, dove le spinte espansioniste ed egemoniche di tutte le potenze continentali si sovrapposero alle micce innescate dai micro-nazionalismi, nuovi popoli desiderosi di emanciparsi non solo dall Impero ottomano ma anche da quello austro-ungarico. Tornado a occidente non può essere sottovalutata la querelle franco-tedesca, risalente al 1870 (conflitto franco-prussiano), che esasperò i rapporti tra le due potenze vicine e produsse il sistema di blocchi d alleanze contrapposti, Triplice Alleanza e Intesa, che si confrontarono poi nel corso della Prima guerra mondiale. L Italia entrò in guerra nel maggio del 1915, allorché il conflitto era già iniziato da dieci mesi, schierandosi a fianco dell Intesa contro l Impero austro-ungarico fin allora suo alleato. La scelta di interrompere l alleanza con gli imperi centrali fu certamente sofferta da parte dell Italia, classe politica e opinione pubblica si spaccarono in due fronti contrapposti. Il 2 agosto 1914, a guerra appena scoppiata, il governo di Antonio Salandra dichiarò la ferma neutralità italiana, la decisone, giustificata dal carattere difensivo della Triplice (l Austria- Ungheria non era stata attaccata, né aveva consultato l Italia prima d intraprendere l azione offensiva contro la Serbia), trovò unanimi tutte le principali forze politiche. Ma, una volta scartata l ipotesi di un intervento a fianco degli imperi centrali iniziò a paventarsi l eventualità opposta: quella di una guerra contro l Austria che, qualora fosse stata vinta, avrebbe potuto completare il processo risorgimentale (Trento e Trieste) apertosi e mai chiusosi mezzo secolo prima. Portavoce di questa linea interventista furono in primis gruppi e partiti della sinistra democratica: i repubblicani, guardiani della tradizione garibaldina; i radicali e i socialriformisti di Leonida Bissolati, molto legati alla politica transalpina; e naturalmente le associazioni irredentiste, ricche di fuoriusciti dall Impero austro-ungarico come Cesare Battisti leader dei socialisti trentini. Ad essi si unirono esponenti delle frange estremiste ed eretiche del movimento operaio, come ad esempio i capi del sindacalismo rivoluzionario Alceste De Ambris e Filippo Corridoni, convertitisi alla causa della guerra preventiva. Sull opposto versante dello schieramento politico, promotori attivi dell intervento erano i nazionalisti mentre più prudente e graduale fu l adesione alla causa dell intervento dei gruppi liberal-conservatori, rappresentati maggiormente dal «Corriere della Sera» di Luigi Albertitura, Roma,

12 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 ni e i loro riferimenti politici in Antonio Salandra e Sidney Sonnino, allora ministro degli Esteri. L ala più forte dello schieramento liberale, con a capo Giovanni Giolitti, si schierò su una linea più neutralista, poiché si pensò che l Italia non sarebbe stata preparata ad affrontare una guerra lunga e logorante. Giolitti era certo che Roma avrebbe potuto ottenere dagli imperi centrali, come compenso per la sua neutralità, buona parte dei territori rivendicati. 8 Avverso e ostile in maniera alquanto decisa all intervento era il mondo cattolico italiano, il nuovo papa Benedetto XV, salito al soglio pontificio nel settembre 1914, si fece portavoce dell atteggiamento pacifista tormentato dall ipotesi di una guerra dell Italia accanto la Francia anticlericale contro la cattolica Austria-Ungheria. Netta infine fu la condanna alla guerra da parte del Partito Socialista Italiano (Psi) e dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro (Cgl), in aperto contrasto con la scelta patriottica dei maggiori partiti socialisti europei. L unica, fragorosa, defezione importante fu quella del direttore dell «Avanti!» Benito Mussolini il quale, dopo aver orchestrato dalle prime pagine del suo giornale una forte campagna per la neutralità assoluta, si schierò improvvisamente a favore dell intervento. 9 Destituito ed espulso dal partito Mussolini fondò un nuovo quotidiano «Il Popolo d Italia» (novembre 1914), principale tribuna dell interventismo italiano. In termini di forza parlamentare e di peso nella società i neutralisti erano dunque in netta prevalenza, ma non costituivano uno schieramento omogeneo, capace di trasformarsi in alleanza politica, il partito della guerra poteva contare sui settori più dinamici della società, quelli che sostanzialmente contribuivano a formare l opinione pubblica. Erano infatti interventisti gli studenti, gli insegnanti, i professionisti, la piccola e media borghesia colta, probabilmente più sensibile ai valori patriottici. Gli intellettuali di maggior prestigio, a parte Benedetto Croce, scelsero la linea interventista: Giovanni Gentile, Giuseppe Prezzolini, Lugi Einaudi e Gaetano Salvemini. Il caso più tipico fu quello dello scrittore Gabriele D Annunzio che s improvvisò per l occasione capopopolo ricoprendo un ruolo di rilievo nelle manifestazioni di piazza a favore dell intervento. Ma ciò che in definitiva decise l esito dello scontro fra neutralisti e interventisti fu l atteggiamento del capo del governo, del ministro degli Esteri e del re. Salandra e Sonnino strinsero rapporti segreti con le potenze dell Intesa infine decisero, di comune accordo con il re Vittorio Emanuele III, senza informare il 8 Vedi l esaustiva opera di M. Isneghi, G. Rochat, La grande guerra , La Nuova Italia, Firenze, Si veda R. De Felice, Mussolini: il rivoluzionario, , Einaudi Editore, Milano, parlamento di accettare le proposte anglo-russo-francesi firmando il Patto di Londra il 26 aprile Le clausole principali definivano che l Italia avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il Trentino, il Sud Tirolo fino al confine naturale del Brennero, la Venezia Giulia e l intera penisola istriana, a parte la città di Fiume, una parte della Dalmazia e numerose isole adriatiche. Isolati e disorientati i socialisti non riuscirono ad organizzare una efficace opposizione e ribadirono la loro ostilità alla guerra e la loro fedeltà all internazionalismo proletario. La crisi dell intervento lasciò un segno tangibile nella vita politica e sociale italiana, mostrando tra l altro che larga parte delle masse popolari rimaneva estranea ai valori patriottici. In questo contesto s innestano gli articoli e le opinioni pubblicate da «La Voce» di Giuseppe Prezzolini nel 1914, che di seguito analizzo alla luce degli eventi dei primi sei mesi di guerra. La rivista culturale, fondata a Firenze nel 1908, fu pubblicata dapprima con periodicità settimanale, poi dal 1914 la cadenza fu quindicinale e la direzione passò esclusivamente a Prezzolini, a parte un breve periodo tra l aprile e l ottobre 1912 in cui la direzione passò a Giovanni Papini. Alla rivista si affiancò la Libreria della Voce che pubblicò volumi e quaderni di natura critico-storica. Nata durante il fervore culturale all inizio del Novecento prese posizione contro il tardo positivismo, bersaglio del cristianesimo e dell idealismo in genere. I nomi che contribuirono a rendere importante la rivista testimoniano la varietà e le correnti di diversa origine presenti: Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Gaetano Salvemini, Giovanni Amendola, per citarne alcuni. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Prezzolini schieratosi apertamente per l intervento dell Italia lasciò «La Voce» che, sotto la direzione di Giuseppe De Robertis (dicembre 1914-dicembre 1916) si trasformò in rivista esclusivamente letteraria, infine per otto mesi, dal maggio al dicembre 1915, apparve in 14 numeri una seconda Voce, edizione politica edita a Roma e detta gialla per il colore della copertina, diretta dallo stesso Prezzolini. I primi sei mesi di guerra coincidono però con la presenza di numerosi articoli ed editoriali sul conflitto, da cui traspare la netta tendenza della rivista a commentare circa le scelte di politica estera dell Italia. Ripercorriamo il lungo dibattito, tra interventisti e neutralisti, che si svolse sulle pagine de «La Voce» nei mesi precedenti e, soprattutto, all indomani dell assassinio dell arciduca Francesco Ferdinando d Asburgo, ucciso a Sarajevo il 28 giugno 1914 dal nazionalista serbo Gavrilo Princip. L editoriale del 13 gennaio aprì la rivista soffermandosi sul concetto di libertà : 12

13 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA Io credo che noi italiani abbiam bisogno, più che i tedeschi e gli inglesi, di libertà interiore, morale, religiosa, scientifica, filosofica, per poter essere liberi politicamente, all aria aperta. Ne abbiam bisogno, perché andiamo in casa, come casa o persona nostra, il nostro più grande nemico, il nemico dello spirito libero, l autorità spirituale, infallibile (Papa Pio, Papa Mazzini)! Quando si pensa a quest originale di spirito umano, che per esaltare se stesso (per celebrare la sua natura, diceva il nostro Don Giambattista) arriva fino a farsi il tiranno di se stesso, ci è da diventar matti davvero! E quando si pensa che nell occidente l Italia fu destinata a fare da portatrice per sé e per altri, ed educare eunuchi per tutti i serragli del vecchio e del nuovo mondo, ci è da diventar due volte matti! 10 Ben più calzante con gli eventi di natura militare, che di lì a poco avrebbero occupato le prime pagine della stampa europea, l articolo di Prezzolini su «La Voce» del 28 gennaio Il direttore si scaglia contro i nuovi barbari, percorrendo il dibattito, tutto italiano, in auge negli ambienti eruditi: Una civiltà che minaccia di stancarsi ha bisogno d una guerra o d una rivolta per riprender vigore, vi muore o si rialza, perché ciò che distingue un fuoco da una candela è che il primo, sotto il vento, cresce, la seconda si spenge. L Italia in questi ultimi anni godeva di troppa pace e civiltà intellettuali. Positivismo, misticismo, modernismo, metodo storico, dannunzianismo erano stati seppelliti [ ]. L idealismo militante era finito per far posto all idealismo trionfante: c era ora l idealismo riposante. La Critica diventava più storica, recensiva e riempiva di fonti e imitazioni quel che dava un tempo a scomposizioni di idee e a polemiche. Ci voleva qualche minaccia, una guerra o una rivolta, per restituirci l energia combattiva; una provincia ancora barbara da incivilire, il nemico alle porte, che so io? Ci vengono sotto il naso i nuovi barbari a ricordarci che si deve ancora combattere. Fan prudere le mani. Li abbiamo lasciati scorrazzare sul nostro territorio per un anno quand era più facile ricacciarli. Ma ora basta. Bisogna difendere l intelligenza dalla nuova barbarie. 11 Gli eventi che portano alla primo conflitto mondiale ci aiutano, inoltre, a definire quali furono i problemi e le prospettive che l apparato militare italiano dovette affrontare nel corso del suo faticoso processo di riforme. Le alleanze militari, le trame diplomatiche, le convenzioni e i trattati s inserirono pienamente nell intricato dedalo di provvedimenti che lo Stato Maggiore italiano produsse dal 1871 al Le influenze, degli uni e degli altri, mutarono il volto dell esercito italiano che da anello debole dell alleanza con gli Imperi centrali divenne quanto mai l ago della bilancia nello scontro che si andava a profilare tra i due blocchi di potenze contrapposti. Alla vigilia dello scoppio del primo conflitto mondiale l Italia aveva migliorato il proprio apparato militare e dato una fisionomia più dinamica e vicina agli eserciti delle maggiori potenze continentali dell epoca. Il modello di esercito prussiano fu preso quale punto di riferimento iniziale e successivamente adattato alle possibilità di bilancio dei vari governi a cavallo del XIX e XX secolo. Diversi eventi, come la sconfitta patita in Etiopia (1895) e la guerra in Libia ( ), modificarono le priorità dei vari ministri della Guerra e dei capi di Stato Maggiore in termini di spesa e chiaramente di rapporti con le altre poten- 10 Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea (BSMC), R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 13 gennaio 1914, p Ivi, 28 gennaio 1914, pp ze. La necessità di prendere parte al tavolo delle decisioni continentali spinse i vertici politico-militari ad aggiungere nel corso degli anni sempre più peso alla diplomazia italiana che, seppur mai considerata alla pari, mostrò tutta la sua incidenza allorché l assassinio dell arciduca Francesco Ferdinando palesò l importanza di averla come alleata. Dal punto di vista economico, fu fatto il massimo per migliorare le condizioni dell apparato militare post-unitario, la storiografia italiana ed europea ha poi a lungo dibattuto sulla necessità o meno dell alleanza con gli Imperi centrali poi rovesciata nel Va riconosciuto il grande merito ai dirigenti politici e militari dell epoca di aver affrancato il Paese, seppur tra mille difficoltà, dalle ingerenze delle potenze europee e di aver mantenuto unito uno Stato che subito dopo il 1861 sembrava avesse tutti i sintomi di una repentina disgregazione. Ma nell aprile 1914 i possibili scenari di guerra destarono parecchia contraddizione sulla stampa italiana. Ancora una volta il direttore de «La Voce» Giuseppe Prezzolini entrò nel dibattito con il suo stile pacato ma deciso: La forza è l ultimo rifugio dei deboli e degli oppressi. Combattere la guerra è voler impedire a chi è schiacciato dalla lettera della legge e della consuetudine, dall inganno o dalla prepotenza, di potersi almeno sfogare, di cadere e di subir l oppressione con la rivolta, di correre l alea della lotta brutale. Coloro che fanno la propaganda del pacifismo dimenticano che vi sono ancora ingiustizie legali, e finché queste ingiustizie legali esisteranno, il togliere ai privati e ai popoli l uso della forza, la speranza di rendersi forti, è chiudere l uomo in un mondo più nero e più orrido di quello che qualsiasi atroce guerra può fare. Io capisco coloro che negano la guerra, assolutamente; e che negano allora qualunque resistenza al male. Capisco Tolstoj. E stupido, infantile, degno di contadini. Ma è logico chiaro, diritto. Non capisco coloro che fanno distinzioni fra guerra e guerra, fra guerra e rivoluzione, fra guerra e rivolta. E obliquo, insincero, falso [ ]. Chi combatte contro la guerra deve combattere ogni violenza, anche lo sciopero, il boicottaggio, la concorrenza commerciale. Chi è rivoluzionario non dovrebbe gridare contro la guerra. Chi dice viva la Comune non dovrebbe dire abbasso Adua. Si dice che la guerra non è civile. Eppure la guerra è per certe persone l unica forma possibile di partecipazione alla civiltà umana. Finché sarà necessario cementare le costituzioni, le leggi, i confini, le proprietà, i diritti, d una forza, e di una forza determinata a difendere quelle costituzioni e quelle leggi, quei confini e quelle proprietà, quei diritti, con l estremo, del sangue e della morte, fino ad allora migliaia di persone che si dicono uomini soltanto in quanto s incamminano verso l umanità, non potranno mostrare questo loro avviamento che sacrificandosi e morendo. Oh certo che la persona colta e intelligente, l europeo di cui parla Nietzsche potrebbe benissimo esser superiore al campo di battaglia; come potrebbe essere superiore al letto matrimoniale, se crea altre cose che figli, cioè opere immortali. Ma alla grande maggioranza non è data immortalità che quella concessa da un seme fecondo ed altro eroismo che quello concesso da una trincea [ ]. Aboliremo la guerra quando non ci saranno più vincitori e vinti nella vita. Fino ad allora la guerra sarà una garanzia di considerazione anche per i vinti tale che nessuno vorrà togliersi questa prova di valore di fronte al nemico. Chi si è difeso bene si conquista la stima del vincitore. Chi cade vigliaccamente ha la sconfitta e il disprezzo. Un vinto che si è difeso fa sempre paura, perciò lo si tratta bene. Il vinto che si è battuto, insomma, riesce a entrare nella nuova condizione di cose che il vincitore crea [ ]. Io capisco benissimo l internazionalismo. Sento con perfetta sicurezza che si avvia a una civiltà mondiale, che l Europa è destinata a europeizzare l universo. Ma un vero internazionalista dovrebbe capire che a quel capolavoro di civiltà mondiale non si può giungere che a traverso la concorrenza e la lotta fra le civiltà e le nazioni. Niente civiltà mondiale senza lotte e senza guerre. E il dovere di tutte le nazioni, di tutti i popoli, di tutte le civiltà è di tener duro, ciascuno nel suo campo, di cercare di vincere, od essendo vinti di costringere il vincitore ad uno sforzo più grande. 13

14 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 Non si collabora al mondo coll abbracciamento ma con la polemica. Il libero scambio in economia politica, vuol dire guerra in politica internazionale e polemica nella coltura. Gli storici di oggi vedono la causa delle guerre nei maneggi delle case Krupp, Terni, Schneider ecc. mi ricordano quegli storici dell antichità che le vedevano nei capricci delle cortigiane e mantenute regali. Ma il naso di Cleopatra resterà sempre un immagine della miopia degli storici e non della vanità della storia. Le teste son piccole non il mondo. 12 L articolo ci mostra chiaramente l idea che sulla guerra aveva Prezzolini. L edizione del 28 aprile 1914 si chiude con un annuncio commerciale: A chiunque comprerà per LIRE DIECI di nostre edizioni manderemo gratis LA VOCE fino al 31 dicembre Di li a poco sarebbe scoppiata la guerra e annunci come questo avrebbero, per molti, perso ogni importanza. L assassinio dell arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo provocò l inizio della catena di eventi che diedero inizio allo scoppio della Prima guerra mondiale (28 giugno 1914). Per il partito interventista austriaco si presentava quindi l occasione di vendicare la morte dell arciduca attaccando la Serbia, come da tempo Conrad professava, i vertici militari della duplice monarchia non avevano intenzione però di scatenare un conflitto di dimensioni europee. A Vienna si era certi che nel caso di un fermo atteggiamento della Germania la Russia non si sarebbe mossa come avvenuto nel corso delle due crisi albanesi dell anno precedente. Per quanto concerneva l Italia, dagli eventi del luglio 1913, gli austriaci credevano che essa non si sarebbe intromessa nella questione serba. Per ottenere l appoggio italiano sarebbe stato di primaria importanza promettere compensi territoriali, cosa che i politici austriaci non avevano alcuna intenzione di fare, vi era poi il pericolo che l Italia si opponesse all azione mettendo in allarme l Intesa. L appoggio italiano fu valutato però come non indispensabile dall establishment austro-ungarico, mentre i tedeschi probabilmente non riuscirono a valutare con la necessaria lucidità la situazione che si venne a creare nell estate del Da parte italiana la morte del generale Pollio privò l esercito in un momento alquanto cruciale di una figura estremamente importante. Luigi Cadorna, nuovo Capo di Stato Maggiore, si trovò a fronteggiare una situazione d emergenza, del resto soltanto pronte garanzie austriache circa la questione dei compensi avrebbero potuto indurre l Italia a partecipare a un conflitto causato da un azione offensiva della duplice monarchia, diretta a tutelare interessi esclusivamente propri e non rientrante in alcun modo tra quelle previste per il casus foederis del trattato della Triplice. Se quindi l Austria avesse consentito all Italia la cessione del Trentino e l autonomia di Trieste e se: «Noi nel contempo avessimo loro dato affidamenti per Tunisi e Nizza, avremmo avuto l Italia dalla nostra», così affermò il principe von Bülow nelle sue Memorie. 14 Mentre i dirigenti politici degli Imperi centrali non capirono l importanza che siffatte concessioni avrebbero potuto rappresentare di lì a poco, il Capo di S.M. germanico von Moltke avviò diversi colloqui con l Austria-Ungheria 12 Ivi, 28 aprile 1914, pp Ibidem. 14 B. von Bülow, Memorie, Mondadori, Milano, 1931, p affinché accettasse le condizioni italiane. Fu infatti su pressione di von Moltke che il 26 luglio il cancelliere tedesco spedì a Vienna un telegramma d appoggio alle richieste italiane. 15 Forse l atteggiamento del Capo di S.M. imperiale era dovuto al fatto che a differenza della classe politica di allora egli non era sicuro che il conflitto austro-serbo potesse restare localizzato. Oltre a ciò la scomparsa del generale Pollio rendeva la situazione ancora più incerta. Nonostante ciò dopo aver assunto la sua nuova carica Cadorna indirizzò due dispacci ai pari grado degli eserciti alleati, ribadendo l appoggio e i sentimenti di amicizia che legavano l Italia alle altre due potenze della Triplice. E proprio il 28 giugno «La Voce» pubblica il numero 12 aprendo un dibattito sul delicato tema dell uso della forza, da parte del governo, influenzata dai fatti di Ancona: Perché in Italia la polizia è antipatica alla popolazione? Perché In Italia ciò che rappresenta l autorità non è simpatico alla popolazione? Perché, in qualunque conflitto la gran maggioranza, soprattutto la maggioranza dei poveri, è portata a simpatizzare con chi si rivolta e non appoggia chi difende la legge? Cinquant anni di storia italiana son lì per rispondere. Governo oppressivo; gruppi d interessi particolari prevalenti a danno dell interesse generale; tasse sproporzionate alle forze del Paese; deficienza nelle opere di educazione e di istruzione; tradizioni di ostilità al governo; reclutamento pessimo delle guardie di sicurezza; relazioni della pubblica sicurezza con la camorra per scopi elettorali; relazioni della pubblica sicurezza con la mala vita sotto pretesto dei buoni costumi; coscienza pubblica elevantesi a poco alla volta a cognizione di questo stato di cose. [ ] Ogni avvenimento è uno spiraglio che apre la visione di tutta la vita nazionale. Perché la grande maggioranza fosse convinta che alcuni carabinieri ed una guardia sparassero senza bisogno il giorno 7 giugno (salvo errore) uccidendo un cittadino e ferendone altri, erano necessari e sufficienti tutti i cinquant anni della nostra unità. 16 Lucida fotografia della società italiana, da parte di Prezzolini, che non lesina critiche nei confronti dei partiti liberali. Il malessere economico, che l Italia stava faticosamente affrontando, provocarono secondo il direttore de «La Voce» uno stato di irritazione più grave di quello scaturito dalle ultime elezioni politiche: Oggi i partiti liberali scontano il peccato di non essersi opposti in tempo alla infatuazione nazionalista per la conquista libica; scontano il peccato di non aver esposto al pubblico italiano per mezzo dei loro organi le difficoltà dell impresa e soprattutto il peso economico che avrebbe provocato; scontano il peccato di non avere fatto quello che, presso che solo nei partiti liberali, l on. Mosca fece. Il socialismo, il repubblicanesimo non sono cresciuti in Italia. Coloro che hanno ravvicinato gli avvenimenti recenti a quelli del 1908 hanno perfettamente ragione. Non manca al paragone neppure la guerra d Africa che ne fu la causa: con questa differenza che allora, siccome fummo battuti e costretti a fare una politica casalinga, restaurar le finanze fu relativamente facile, ora invece che siamo vincitori non possiamo tornare indietro e il peso finanziario durerà molto più tempo. I responsabili dei fatti del giugno 1914 sono dunque i responsabili dell impresa libica: gli stessi. [ ] Noi abbiamo un popolo magnifico, e una borghesia bassa. Le nostre classi dirigenti sono sempre pronte quando si tratta di godere i piacere del potere, sono sempre lontane quando si tratta di pagare gli oneri Ibidem. 16 BSMC, R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 28 giugno 1914, p Ivi, 28 giugno 1914, pp

15 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA L editoriale di Prezzolini, ben strutturato, faceva riferimento ai fatti accaduti l 8 giugno ad Ancona, definiti successivamente dalla storiografia settimana rossa. All alba di lunedì 8 giugno 1914, l Italia fu attraversata dalla rivolta: per le strade delle principali città della penisola infuriarono violenti scontri tra forza pubblica e scioperanti. Il profondo disagio economico e sociale esasperò i disordini, alla vigilia della Prima guerra mondiale, dando vita a una vera e propria insurrezione antimonarchica e antimilitarista, che mise in luce le debolezze del governo e della corona sabauda. L episodio costituì uno dei primi esempi di protesta pacifista che si susseguiranno nel Novecento, ma anche una preoccupante esacerbazione dei conflitti sociali che annunciarono le crisi del primo dopoguerra. La scintilla deflagrò ad Ancona, città portuale già particolarmente calda durante altri episodi di sollevazione, dove in occasione del 7 giugno, festa dello Statuto Albertino, ebbe luogo una manifestazione di protesta opposta alla parata ufficiale. Dopo la morte di tre dimostranti, la reazione esplose in un aperta rivolta generale: dalla città occupata l insurrezione si estese, attraverso le Marche, in tutta la Romagna e si accesero focolai in tutti i più importanti centri italiani. Dopo giorni di combattimenti e barricate, con l intervento dell esercito il 10 giugno 1914, la Confederazione Generale del Lavoro revocò lo sciopero e il 13 giugno, di fatto, la rivolta cessò. Nel frattempo il generale von Moltke ricevette la comunicazione di neutralità, da parte italiana, allorché la situazione stava precipitando, infatti il 25 luglio la Serbia aveva mobilitato, l Austria aveva indetto una mobilitazione parziale e la Russia (26 luglio) aveva iniziato a preparare il proprio esercito. Il 29 fu inoltre indetta la mobilitazione generale in Montenegro e l Inghilterra diramò il telegramma d avviso per l esercito e per la flotta e la Russia ordinò la mobilitazione parziale contro l Austria-Ungheria. Ai primi di agosto l imperatore tedesco Guglielmo II si rivolgeva direttamene al re d Italia Vittorio Emanuele III e von Moltke affermava al cancelliere Theobald von Bethmann Hollweg: «Non m importa se l Italia non invierà in Germania un notevole contingente di truppe. Mi basta che invii a causa della situazione politica, poche forze, fosse anche una sola divisione di cavalleria. L importante è che l Italia entri in guerra a fianco degli alleati. A ciò è sufficiente il minimo contributo militare». 18 L arrivo della 3ª armata era atteso 18 W. Foerster, Aus der Gedankenwerkstatt des Deutschen Generalstabes, Berlin, 1931, p comunque a Strasburgo a partire dal 6 agosto, lo scarico si sarebbe dovuto concludere secondo i piani dell ufficio trasporti dello Stato Maggiore germanico entro giorno 15. Il generale Cadorna, conscio degli oneri della carica che andò a ricoprire, si era reso perfettamente conto della gravità della situazione provocata dagli eventi internazionali di quei giorni. Il Capo di S.M. proponeva quindi la cancellazione di Genova dall elenco delle fortezze e lo smantellamento delle sue batterie i cui pezzi, abbastanza antiquati, avrebbero dovuto essere trasferiti in Appennino per realizzarvi un ridotto, ma non solo. Disponeva di provvedere subito all occupazione avanzata e al presidio delle fortezze sulla frontiera nord-ovest, far rientrare le truppe sospendendo i campi, mettere in preallarme le grandi unità destinate a operare sulle Alpi o a essere inviate in Germania, far rientrare dalla Cirenaica quattro battaglioni alpini e rinforzare gli organici, completando il richiamo della classe La macchina organizzativa dell apparato militare italiano si era quindi messa in moto. Inoltre veniva disposto lo sgombero delle risorse concentrate presso il porto di Genova, il trasporto dell artiglieria atta a completare l armamento delle fortezze dalla frontiera nordorientale a quella nordoccidentale e bisognava preparare l opinione pubblica all eventualità di una guerra. Ai provvedimenti più importanti il ministro della Guerra dava esecuzione immediata, il 31 luglio quindi si provvedeva alla difesa avanzata della frontiera con la Francia, disposto il trasferimento da fortezza da est a ovest, e ordinato il rimpatrio dalla Libia di parecchie unità ufficiali e sottufficiali. Lo stesso Cadorna sollecitò il ministro della Guerra alla messa in stato di difesa delle piazze di Messina e della Maddalena, inviando al re una memoria sintetica sulla radunata nord-ovest e sul trasporto in Germania della maggior forza possibile. Il nuovo Capo di S.M. illustrava poi a Vittorio Emanuele III la storia degli accordi italo-tedeschi e chiariva la sua posizione in merito: L intima persuasione mia in proposito è che la vitale questione non sia suscettibile di diversa soluzione. [ ] Ma è altresì mio convincimento che la soluzione prospettata non corrisponderà compiutamente agli interessi della Patria se non quando avrà raggiunta la maggiore estensione cui essa è capace. [ ] Ritengo in altri termini che si debba non soltanto tornare ad assegnare 5 corpi d Armata (oltre alle divisioni di cavalleria) all Armata da inviare in Germania, ma che si debba tendere ad inviare su quello che, nel conflitto, rappresenterà il teatro principale della guerra. [ ] L interesse nostro non può non collimare con l interesse generale del gruppo di alleanza al quale partecipiamo. [ ] Il non compiere da parte nostra il massimo sforzo per concorrere a ridargli stabilità tornerebbe esiziale all interesse generale ed a quello nostro in particolare. [ ] L interesse strategico consiglia e comanda 15

16 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 di considerare le forze armate della triplice come se appartenessero ad un unico esercito e ripartirle con un concetto direttivo unico. E poiché il teatro principale delle operazioni è quello settentrionale dovranno convergere le masse preponderanti delle forze dei collegati. 19 Nel leggere la memoria si comprende che Cadorna doveva essere stato informato della posizione del re, contraria all impiego delle truppe italiane in un settore in cui il Comando Supremo italiano non ne avrebbe avuto il pieno controllo. Intanto anche la Marina italiana aveva iniziato le operazioni di mobilitazione con grande rapidità, i vertici militari francesi stavano iniziando a prendere misure cautelative, infatti l addetto militare italiano a Parigi, colonnello di Breganze, confermò che le truppe erano state richiamate nelle guarnigioni e le piazzeforti erano stato messe in stato di difesa. Breganze ebbe modo di ravvisare che l opinione pubblica francese era ben disposta verso l Italia e che predominava la convinzione della neutralità italiana. La stampa si mostrava incline a un atteggiamento conciliante nei confronti dell Italia e le misure prese al confine con la penisola erano state, fino a quel momento, pochissime. 20 Il 2 agosto una lettera di Conrad indirizzata a Cadorna esortava il Capo di Stato Maggiore italiano ad appoggiare l esercito austroungarico tramite l invio di alcune truppe, questa lettera sorprese i vertici militari italiani poiché anche durante la direzione di Pollio non vi era stata alcuna trattativa al riguardo. Questo atteggiamento rappresentava la situazione che si era venuta a creare a Vienna, la classe politica austriaca infatti aveva visto svanire negli anni precedenti ogni speranza di espansione nella penisola balcanica, avevano inoltre sopportato le azioni provocatorie serbe e montenegrine e cercato di evitare il precipitare della situazione. Dopo l assassinio dell arciduca tutto mutò, l Austria-Ungheria mise in preventivo un azione offensiva contro la Serbia poiché era comune convinzione che l appoggio tedesco avrebbe frenato l attivismo russo e il conflitto sarebbe rimasto circoscritto. Allorché questi piani si rivelarono errati, e le pressioni francesi provocarono l intervento russo, il governo viennese fu sorpreso e sopraffatto dall incedere degli eventi. La duplice 19 M. Mazzetti, L esercito italiano nella triplice alleanza, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1974, p Ivi, p monarchia non si rese conto né dell importanza dell intervento italiano né del fatto che sarebbero state necessarie importanti concessioni all Italia per averla dalla propria parte. Si credette probabilmente che l Italia non avrebbe osato abbandonare la Germania, i calcoli austriaci si rivelarono del tutto errati. Il 3 agosto Cadorna consegnava all addetto militare austriaco la sua personale risposta a Conrad, senza entrare nel merito della richiesta, il Capo di S.M. italiano fece valere la dichiarazione di neutralità del Regno d Italia chiudendo la scambio di note. Secondo parte della storiografia il mancato intervento italiano sarebbe da attribuirsi a ragioni militari, secondo l addetto militare austriaco a Roma la vera ragione della neutralità italiana era da ricercarsi nell impreparazione dell esercito regio oltre a forti carenze di ordine finanziario, queste debolezze sarebbero state mascherate motivando la neutralità col pretesto di una guerra offensiva. Nel 1914 l Italia, seppur tra varie difficoltà, aveva sotto le armi le due classi 1892 e 1893, quasi 235mila uomini, oltre 41mila tra raffermati e carabinieri, inoltre furono richiamati per esigenza di pubblica sicurezza 76mila uomini della classe 1891 da poco congedati, in totale 352mila uomini di truppa perfettamente istruiti, 50mila dei quali in Libia. Numeri importanti. Vi erano poi sotto le armi 33mila reclute della 2ª categoria del Le carenze non mancavano, come ad esempio le 200mila serie di vestiario, ma queste erano più contenute rispetto le previsioni di parte della stampa neutralista dell epoca. Escluse in parte le ragioni militari, non rimasero che quelle politiche e in primis la questione dei compensi. Anche dopo la proclamazione della neutralità, per la quale si adottò una formula che lasciava aperta ogni possibilità, fu più volte avanzata l ipotesi di un intervento italiano a fianco degli Imperi centrali. Del resto dopo la proclamazione della neutralità (1 agosto) fu ordinato il richiamo degli ufficiali dall estero, fu disposto l armamento con materiale a deformazione per tutte le batterie dell artiglieria da campagna ordinandole su 4 pezzi, fu ordinata la formazione di un altro battaglione per ogni reggimento formato da uno e istruito che i richiamati esuberanti ai centri di cavalleria fossero spostati all artiglieria. Tutte queste misure furono adottate dai vertici militari in completa sintonia con il governo. Salandra optò per la neutralità già sul finire di luglio, data la mobilitazione della Marina e quella occulta dell esercito si era pronti a ogni soluzione, ma quella prevista era che l Italia prendesse parte al conflitto assieme ai suoi alleati. L annuncio dell intervento inglese, poi, fece svanire del tutto la possibilità di un azione italiana a breve termine (5 agosto), ma influì parallelamente l atteggiamento di Vienna teso a non aprire alcuna trattativa riguardante il Trentino. In siffatta situazione in cui, è bene ricordarlo, mancava il casus foederis previsto dalla Triplice, la neutralità italiana prendeva consistenza sempre più. 16

17 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA Questa decisione non mancò di scatenare la sorpresa degli Imperi centrali che con il passare del tempo si trasformò in aperta indignazione. La Triplice era arrivata alla sua naturale fine. La durezza dell atteggiamento tedesco, dopo l annuncio della neutralità italiana, fu una diretta conseguenza della totale convinzione circa l intervento sicuro italiano a fianco degli alleati. Se all inizio dell alleanza i rapporti non si erano mai ammantati di incondizionata fiducia, nel corso degli anni, soprattutto l ultimo anno e mezzo, si verificò un cambiamento d opinione in quanto la personalità del generale Pollio e i suoi sforzi per raggiungere accordi sicuri suscitarono una giustificata fiducia nella sua fedeltà all alleanza e una seria predisposizione ad aiutare gli alleati. Von Moltke cercò di indirizzare questi buoni rapporti per consolidare i trattati militari e le convenzioni, tuttavia senza mai pienamente contare sulla cooperazione italiana, stretta com era tra problemi di ordine finanziario e carenze di livello logistico, derivanti, in parte, dalla logorante guerra in Libia. La realtà dei fatti, una volta conosciuta la neutralità italiana, mostrava come per il Capo di Stato Maggiore tedesco contasse molto l aiuto dell esercito italiano. D altra parte se von Moltke non avesse creduto all invio della 3ª armata non avrebbe manifestato tutta la sua incredulità allorché Salandra affermava la neutralità dell Italia. Nel novembre 1914 il generale tedesco scrisse: Da anni l intesa prendeva una posizione contraria alla Triplice. Solo un anno prima della guerra furono rivisti e rinnovati gli accordi tra Italia e Germania, nella primavera del 1914 questi accordi furono stabiliti in modo impegnativo. L Italia si era impegnata a mettere a disposizione, in caso di guerra tra la Germania e la Francia, due divisioni di cavalleria e tre corpi d armata. [ ] Nello stesso modo fu concluso un accordo navale tra Germania, Italia e Austria secondo il quale doveva avere luogo un azione comune della marina austriaca e italiana, a cui avrebbero preso parte le navi tedesche che si trovassero nel Mediterraneo allo scoppio della guerra. Tutti questi accordi furono presi in maniera così chiara e impegnativa da non lasciare dubbi sulla fedeltà dell Italia alla Triplice. Ciò nonostante l Italia ha mancato alla sua parola. Dichiarò la sua neutralità passando sopra, con indifferenza, a tutti gli accordi. Un tradimento più oltraggioso forse non si trova nella storia. 21 A due mesi dall assassinio dell arciduca Francesco Ferdinando, Prezzolini aprì l edizione del 28 agosto inserendosi nell acceso dibattito tra neutralisti e interventisti con queste parole: Il mistero della generazione di un nuovo mondo europeo si compie. Forze oscure scaturite dalla profondità dell essere sono al travaglio ed il parto avviene tra rivi mostruosi di sangue e gemiti che fanno fremere. Noi non guardiamo soltanto al dolore. Salute al mondo nuovo! Ci darà la guerra quello che molti delle nostre generazioni hanno atteso da una rivoluzione? L animo è calmo di fronte alla totalità del fatto che si compie e non possiamo dubitar di domani. La civiltà non muore! Indietreggia per prendere un nuovo slancio. Si tuffa nella barbarie per rinvigorirsi. Vincesse per quella che ci sembra barbarie, non sarà mai che l albero selvatico sul quale s annesta il ramo dolce, domestico e tenero. Non esiste un monopolio della civiltà. Nessun popolo ha il possesso esclusivo dell ideale. Tutti i popoli hanno una sola missione, alla quale più o meno ritrarsi agli occhi di chi domina. [ ] L Italia ha scelto la parte più grande e più bella. Ma troppo difficile. Non siamo abbastanza alti per essere neutrali. Il nostro pensiero si arresta davanti alla carezzevole visione di un Italia abbastanza superiore, abbastanza riconosciuta, abbastanza imparziale, per giudicare; così forte da far rispettare il proprio giudizio; tanto rispettata ed amata, da non avere bisogno di forza. E la visione si annebbia di fronte all indiscutibile fatto che non possiamo essere neutrali, non siamo abbastanza forti, non ci amano. Ma intanto la neutralità è stata un bene perché ha affermato una cosa: l autonomia dell Italia, che in questo conflitto l Italia ha degli interessi propri, degli interessi che non sono quelli delle nazioni alla coda delle quali ci vorrebbero portare. Il primo dovere di un paese è l autonomia. Il miglior modo di collaborare alla civiltà umana è quello di portarvi intatta la propria libertà e la propria natura. Noi non siamo né la Francia, né la Germania. Sia pure uno di questi paesi più civile dell altro noi tradiremmo la civiltà ponendoci al suo servizio. Noi renderemo il massimo servizio alla sua civiltà mostrando la nostra autonomia. E dal punto di vista politico noi non vediamo per l Italia alcuna ragione di decidere fra la Francia e la Germania ma piuttosto parecchie di decidere fra l Inghilterra e l Austria. La neutralità è stata dunque un bene, in quanto ha dichiarato la nostra indipendenza dalle altre nazioni ma in modo attivo. La neutralità è stata eccellente ma come transizione e preparazione alla guerra. Non possiamo essere imparziali quando tutti i nostri interessi sono in gioco. E il principale interesse è questo che l Italia è fatta ma non è compiuta. E soprattutto che l Italia non essendosi fatta da sola aspetta finalmente l atto che la dimostrerà capace di fare da sé. Il 59 fu con la l aiuto della Francia, il 60 con la protezione dell Inghilterra, il 66 con le forze della Prussia, il 70 per l assenza dei francesi. Il 1914 sarà una data di più o una data nuova? La Libia ha cancellato Adua. Quale nome cancellerà quelli di Lissa e Custoza? Il primo interesse dell Italia è di dimostrare al mondo che essa ha dei propri interessi. 22 Prezzolini descrive con lucida chiarezza gli eventi di politica estera più importanti, per l Italia, degli ultimi sessant anni, chiedendosi quale fosse la scelta migliore da compire per il Paese in quel delicato momento. Non ha dubbi. La neutralità, almeno all inizio delle ostilità, gli sembrò la soluzione più saggia. Neutralità, però, vista in chiave di preparazione alla guerra, resa necessaria, secondo il direttore de «La Voce», dagli innumerevoli interessi in gioco per cui inevitabile. Nei passi successivi Prezzolini specifica quali fossero gli elementi da prendere in considerazione nel caso si dovesse abbandonare l iniziale neutralità dichiarata dal governo italiano: Come per la guerra di Libia noi volemmo, contro il facilismo e la leggerezza nazionalista, presentare quegli elementi di previsione che dal lato economico, strategico, internazionale purtroppo la realtà si è incaricata di dichiarare fondati così anche per questa guerra vogliamo opporci al facinolismo ed alla letteratura che già han gettato i loro rami parassitari allo sfruttamento dell intuizione popolare, riconfermando i nostri convincimenti. La guerra non sarà e, specialmente non augurabile sia, troppo facile; non deve essere fatta per aiutare nessuno, ma per nostri fini autonomi, soprattutto per poterci presentare, il giorno della pace, con il possesso effettivo, l unico che oggi conti, di quanto sta a cuore agli italiani. Una delle maggiori disgrazie della guerra libica fu la convinzione che essa sarebbe stata facilissima e breve. Anche per la nostra non occorrono illusioni: non può, non è augurabile sia facile; difficilmente sarà breve. Ma gli italiani danno oggi maggiori speranze. Si sente nel paese un accordo più serio perché non v è cupidigia di terre da fruttare di pingui raccolti da mietere, di oro zolfo diamanti da raccogliere. Si tratta di passare il nostro esame. Fummo, finora, una nazione aspirante al grado di grande. Oggi non si tratta neppur di questo ma di ben altro. Si tratta di sapere se siamo una nazione H. von Moltke, Erinnerungen, Briefe, Dockumente, , Stuttgart, 1922, pp BSMC, R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 28 agosto 1914, p Ivi, 28 agosto 1914, pp

18 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 L edizione di settembre vede protagonista la «La Voce» del dibattito che interessò partiti politici e associazioni culturali italiane di fronte alla guerra. Il partito liberale, secondo Prezzolini, si mostrò quello più sfuggente e obbediente in maniera passiva alle decisioni imposte dal governo. 24 Il giornalismo borghese: Ha almeno un pensiero. Pensa per la borghesia che non saprebbe altrimenti che cosa pensare. 25 In grave imbarazzo, secondo il direttore, si trovavano i nazionalisti, dopo le feroci campagne contro la Francia, la democrazia, l anticlericalismo e le pubbliche dichiarazioni: Perché si marciasse assieme ai tirolesi e agli ulani. 26 I clericali temevano invece il seme anti clericale che una vittoria della Francia avrebbe potuto seminare, mentre i repubblicani avrebbero voluto attaccare sin da subito l Austria, rappresentando in pieno le ideologie irredentiste. I pacifisti responsabili in parte della debolezza delle nazioni che alle loro lusinghe hanno dato più retta, come la Francia, la quale, se si salverà dal militarismo tedesco lo dovrà al militarismo russo - cercano di riparare al disastro delle loro idee, dicendo che da questa guerra così immane nascerà un salutare amore per la pace. E certo che, per risollevarsi dalla catastrofe economica, parecchie nazioni vorranno godere lunghi anni di pace, e che, se questa guerra darà soluzione a molte questioni si avrà la probabilità di un periodo di riposo assai lungo. Ma basta guardare la carta del mondo per capire che nessuna nazione vorrà rinunziare a prevedere i più aspri conflitti venturi, ai quali saranno chiamati mezzi di distruzione più potenti, leghe di stati più vaste, eserciti più numerosi. Basti pensare all inevitabile conflitto dell occidente con gli slavi, a quello tra Stati Uniti e Giappone, alle risoluzioni delle questioni dell Asia Minore e della Cina, per capire che, quanto spetta ad occhio umano guardare, vi saranno ancora guerre e più micidiali. Invece di propaganda pacifista credo che le nazioni si prepareranno a guerre più grandiose, per le quali, poiché oggi la massa è tutt altro che resa indifferente dall impiego di mezzi distruttivi efficacissimi, occorrerà che il tutto il popolo sia preparato, in modo da offrire con uno sforzo organico e ordinato, il massimo della potenza. 27 L edizione del 28 settembre si aprì con il consueto editoriale del direttore Prezzolini, dal titolo La guerra tradita, che torna sul tema della neutralità: Nel momento in cui scrivo è opinione diffusa che ogni possibilità di azione immediata sia scomparsa. Il governo evidentemente, si riserva di tutelare i nostri interessi appena siano compromessi e forse vuole aspettare l autorevole esempio e la spinta della Rumenia, che ha dato prove certo non comuni di destrezza e di tempismo. Agli uomini che sono al governo è già parso un atto eroico dichiarare la neutralità [ ], comunque sia mi pare ormai certo, che il tempo di un atto eroico è passato. Ormai la fortuna ha ceduto la sua chioma e volto la sua ruota. Non v è chi ragioni che non sappia a chi, presto o tardi, arriderà la vittoria. E anche se noi agiremo con la massima buona fede del mondo, saremo sempre veduti come gente che s è volta alla forza, alla fortuna, alla opportunità, al ricatto. [ ] Il nostro paese ne risente sempre, rivoluzionario in principio, conservatore in fine, ma né l una cosa né l altra nettamente. Lo stato, che doveva realizzare l antitesi del cattolicismo, complotta, mercanteggia, tratta, tollera i cattolici. La chiesa vive a spese e con tolleranza di un regime che dovrebbe condannare come empio. Il socialismo patteggia con i borghesi per averne favori di riforme. I borghesi si assicurano contro la rivoluzione cedendo i posti grassi ai socialisti. L Italia soffre di questa perpetua finzione, in cui nessuno è al suo posto. La guerra sarà abolita nel mondo il giorno in cui nel mondo ci sarà giustizia: non prima! 28 Il 13 novembre Prezzolini firmò il consueto editoriale che annunciava le novità della rivista per il 1915, ma anche la sua uscita di scena da direttore de «La Voce», lasciando a Giuseppe De Robertis la direzione, quest ultimo nominato dallo stesso Prezzolini. Ecco le sue ultime parole: Sarebbe stato un mio vivo desiderio dedicarmi tutto a la Voce, lasciando ogni altra collaborazione ma questo non è possibile. Del resto ho sempre sperato ed atteso in questi anni, fin dal primo anno de La Voce, qualcuno, un giovane, che mi sostituisse. La Voce è fatta per i giovani!. 29 NOTA BIBLIOGRAFICA B. von Bülow, Memorie, Mondadori, Milano, 1931; F. Fischer, Assalto al potere mondiale, La Germania nella guerra , Einaudi Editore, Milano, 1965; M. Mazzetti, L esercito italiano nella triplice alleanza, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1974; R. Webster, L imperialismo industriale italiano , Einaudi Editore, Milano, 1974; M. Isneghi, G. Rochat, La grande guerra , La Nuova Italia, Firenze, 1999; R. De Felice, Mussolini: il rivoluzionario, , Einaudi Editore, Milano, 2005; E. Hobsbawm, Il Secolo breve, Rizzoli, Milano, 2006; R.F. Betts, L alba illusoria, L imperialismo europeo nell Ottocento, Il Mulino, Bologna, 2008; A. Biagini, L Italia e le guerre balcaniche, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2012; R. Sciarrone, Strategie militari franco-tedesche a confronto ( ), Nuova Cultura, Roma, FONTI Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea (BSMC), R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 13 gennaio 1914; 28 gennaio 1914; 28 aprile 1914; 28 giugno 1914; 28 agosto 1914; 13 settembre 1914; 28 settembre 1914; 13 novembre BSMC, R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 13 settembre 1914, p Ivi, 13 settembre, p Ibidem. 27 Ivi, 13 settembre, p BSMC, R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 28 settembre 1914, pp BSMC, R.I. 101/1, «La Voce», Firenze, 13 novembre 1914, p

19 SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO 1 STORIA Marie Curie, Hertha Ayrton e le altre. Donne e scienziate STEFANO OSSICINI Dipartimento di Scienze e Metodi dell Ingegneria e Centro Interdipartimentale En&Tech, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia È il 7 novembre 1911, le agenzie di stampa di tutto il mondo rilanciano l annuncio dell Accademia delle Scienze di Svezia: Marie Sklodowska-Curie ( ) è stata insignita del suo secondo premio Nobel, questa volta per la chimica. Premio Nobel che segue quello del 1903, per la fisica, ottenuto assieme al marito Pierre Curie ( ) e a Henri Becquerel ( ). Marie è la/il prima/o scienziata/o a ricevere un secondo premio Nobel. A tutt oggi è l unica/o ricercatrice/ore ad aver ottenuto due premi Nobel in due discipline scientifiche diverse, fisica e chimica. Gli altri pluripremiati sono lo statunitense John Bardeen ( ) due volte premio Nobel per la fisica, nel 1956 per la scoperta del transistor e nel 1973 per la spiegazione della superconduttività; l inglese Frederick Sanger ( ) due volte premio Nobel per la chimica, nel 1958 per lo studio della struttura dell insulina, e, nel 1980 per i suoi studi sul DNA e lo RNA; infine Linus Pauling ( ), premio Nobel per la chimica nel 1954 per le sue ricerche sul legame chimico e premio Nobel per la pace, nel 1962, per la sua battaglia contro la proliferazione delle armi nucleari. Marie Curie è abituata ad arrivare per prima [1]. Prima alla laurea in fisica alla Sorbona di Parigi nel 1893, prima al concorso per l insegnamento della fisica nel 1896, prima donna a ottenere il dottorato in fisica in Francia nel Della commissione per la sua tesi di dottorato facevano parte due futuri premi Nobel, Gabriel Lippmann Marie Curie ( ), premio per la fisica 1908 per lo sviluppo della fotografia a colori, e Henri Moissan ( ), premio per la chimica nel 1906 per aver isolato il fluoro e per l invenzione del forno a arco elettrico. La commissione concluse i suoi lavori giudicando le scoperte presentate come il più grande contributo scientifico mai fatto in una tesi di dottorato. Prima donna a essere ricevuta, nel 1903, alla Royal Institution di Londra. Prima donna a ottenere il premio Nobel, nel Prima donna docente alla Sorbona nel Prima donna a essere accolta nell Accademia Francese di Medicina nel E dopo la morte, prima donna sepolta, per i suoi meriti scientifici, nel Panthéon a Parigi, nel Risultati non da poco, basti pensare che ad oggi sono solo 47 (di cui 18 a partire dal 2000, e ben 5 nel solo 2009) le donne che hanno ricevuto il premio Nobel, a fronte di circa 19

20 STORIA SCIENZE E RICERCHE N. 7 MAGGIO 2015 SUPPLEMENTO uomini. In fisica le donne premiate, in oltre un secolo, sono solo 2 (su un totale di 199 laureati): Marie Curie e la tedesca Marie Goeppert-Mayer ( ), nel 1963, per gli studi sulla struttura del nucleo atomico. In chimica 4 (su 169 laureati): di nuovo Marie Curie, sua figlia Irène Joliot- Curie ( ), nel 1935, per la scoperta della radioattività artificiale, Dorothy Crowfoot-Hodgkin ( ), nel 1964, per la determinazione attraverso i raggi x della struttura delle biomolecole, Ada Yonath ( ), nel 2009, per gli studi sulla struttura e la funzione dei ribosomi. In medicina in tutto 11 (su 207 laureati), fra cui Rita Levi-Montalcini ( ), nel 1986, per la scoperta dei fattori di crescita. Una sola per l economia (su 75 laureati), Elinor Ostrom, nel 2009, per gli studi sulla governance. 13 per la letteratura (su 111 laureati), compresa Grazia Deledda ( ), nel 1926, e 16 (su 127 laureati) per la pace. Oltretutto, questa volta, il premio Nobel del 1911 è solo e tutto suo, di Marie. Nel 1903 il premio ottenuto per la fisica era stato condiviso con il marito Pierre Curie e con Henri Becquerel, per la scoperta e le ricerche sulla radioattività. E molti, sia in Francia, che all estero, l avevano considerata come una mera appendice del marito, un assistente e nulla di più. In una lettera del 1903, indirizzata a Stoccolma e firmata da diversi membri dell Accademia delle scienze di Francia, solo Henri Becquerel e Pierre Curie erano stati proposti per il Nobel di quell anno. Fu Gösta Mittag-Leffler ( ), famoso matematico e membro dell Accademia reale svedese, che considerava profondamente ingiusta quella scelta, ad avvertire Pierre Curie che il nome di Marie non era stato menzionato per il premio. Nell agosto 1903 Pierre rispose evidenziando in dettaglio il contributo di Marie e proponendo un riconoscimento contemporaneo. Mittag-Leffler approfittò del fatto che Marie era stata proposta da altri l anno prima e così si arrivò al riconoscimento anche per lei [2]. Eppure riguardo al ruolo dei due Curie, la storia era andata esattamente all opposto. Henri Becquerel, nel marzo 1896, aveva osservato l emissione di radiazione ionizzante da parte di certi sali di uranio. Raggiunto all inizio del 1896 dalla notizia della scoperta dei raggi x da parte del tedesco Wilhelm Röntgen ( ), futuro primo premio Nobel per la fisica nel 1901, Becquerel si mise ad indagare se i materiali fosforescenti, materiali che, esposti per qualche tempo ad una sorgente luminosa, emettono una debole luce dopo che la sorgente è stata eliminata, fossero in grado di produrre oltre alla luce anche raggi x [3]. Prese allora una scheggia di sol- fato di uranio e potassio, fosforescente una volta esposta alla luce solare, e la pose su di una lastra fotografica avvolta in strati di carta nera. Sviluppata, la lastra mostrò la forma della scheggia fosforescente. Un effetto paragonabile a quello dei raggi x. Ma ecco che, il 26 febbraio 1896, il caso intervenne. Becquerel preparò il sale di uranio e la lastra fotografica, ma il tempo era incerto e lasciò il tutto in un cassetto. Il sole non si fece vedere per alcuni giorni, ed il 1 marzo Becquerel sviluppò lo stesso la lastra fotografica sicuro di trovare al più una debole traccia della scheggia. Con sorpresa, invece, la forma della scheggia era particolarmente intensa. Era la scoperta della radioattività. Ed era stata proprio Marie a scegliere, nel 1897, come tema della sua tesi di dottorato la scoperta di Becquerel. Era stata lei a intuire l esistenza di altri materiali radioattivi, diversi dall uranio, intuizione che portò alla scoperta del polonio e del radio. Era stata lei a scegliere il nome di radioattività per questi fenomeni. Pierre era intervenuto solo successivamente, quando si era reso necessario utilizzare un metodo fine, quantitativo, per la misura dell intensità della radioattività [4]. La scelta era caduta sugli strumenti basati sull effetto piezoelettrico (quell effetto per cui alcuni cristalli sono in grado di generare una differenza di potenziale elettrico quando sono soggetti ad una deformazione meccanica), effetto e strumenti scoperti e costruiti, a partire dal 1880, da Pierre a da suo fratello Jacques Curie ( ) [5,6]. Per cui il premio Nobel ad entrambi i coniugi Curie fu una decisione sacrosanta [7-10]. Anche se molti continuavano a vedere in Pierre il vero artefice e in Marie un semplice aiuto. Ancora nel 1909, Hertha Ayrton, una fisica inglese di cui parleremo più a lungo nel seguito, stanca di leggere continuamente sui giornali inglesi il solo nome di Pierre quale scopritore del radio, mandò una lettera alla Westminster Gazette: Si sa che è molto difficile eliminare gli errori, ma sembra che l errore che attribuisce ad un uomo i meriti di una donna abbia più vite di un gatto. Nel 1906 Pierre era morto, investito da una carrozza trainata da cavalli. Marie aveva preso il suo posto di professore alla Sorbona ed era riuscita a isolare per la prima volta, nel 1910, il radio nella sua forma pura, metallica. Un impresa ragguardevole, che accanto alla precisa determinazione del numero atomico del radio stesso, allo studio dei suoi composti, alla scoperta del polonio, al lavoro per la scelta e la determinazione di un unità di misura per la radioattività (su proposta di Marie, nel 1909, a tale unità fu dato il nome di curie, in onore di Pierre) [11] le era valso questo secondo 20

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