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1 Advice Energy knowledge and consulting for power and gas Rassegna Stampa del

2 INDICE AXOPOWER 16/03/2015 Nuova Energia Leggo con stupore che... cè sempre di mezzo la Costante K 4 ENERGIA 17/03/2015 Il Sole 24 Ore Il Wti ai minimi da oltre sei anni 17/03/2015 La Repubblica - Nazionale Piano europeo per evitare il black-out da eclissi 17/03/2015 La Repubblica - Nazionale Prezzi in crescita per l'elettricità a febbraio +6,2% rispetto al /03/2015 ItaliaOggi Elettricità, cresce il prezzo in Borsa a febbraio 17/03/2015 MF - Nazionale Il gruppo Eni torna a crescere in Libia ma in borsa paga il taglio alla cedola 17/03/2015 MF - Nazionale Guadagnare col petrolio low cost 16/03/2015 Nuova Energia The evolving world of ernegy economics 16/03/2015 Nuova Energia La fuel costo costo dell`energia e disagio sociale

3 AXOPOWER 1 articolo

4 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 34 (diffusione:6500) Leggo con stupore che... cè sempre di mezzo la Costante K Energia il pezzo (Dialogo su Popper e il riscaldamento globale), dove la tesi della non scientificità dei Rapporti dell'ipcc è sostenuta sulla base di una insufficiente conoscenza in materia (non voglio parlare di malafede). Evidentemente l'autore non sa che la climatologia è una scienza osservativa, il cui obiettivo è derivare le leggi che regolano un sistema complesso, non replicabile in un classico esperimento, dall'osservazione sempre più accurata dei fenomeni che in esso avvengono (è il compito, appunto, dei Rapporti IPCC, che si sono succeduti dagli Anni 'go a oggi). Non è una definizione mia, ma di due fisici italiani, il professor Ferdinando Amman dell'università di Pavia e il professor Lucio Braicovich del Politecnico di Milano, e risale a qualche decennio or sono. Inoltre, per sminuire il lavoro dell'ipcc si citano, senza fare distinzione fra i due, il Summary for Policymakers e il Synthesis Report. Ora è noto che del V Rapporto (The Physical Science Basis), di Leggo con stupore sul numero di Nuova il primo, scritto in un linguaggio per non addetti ai lavori, è un riassunto, nel caso del Quinto rapporto di sole ventotto pagine, necessariamente stringate ed è il risultato di una mediazione politica all'onu fra i rappresentanti di tutti gli Stati membri dell'organizzazione. Scientificamente non fa quindi testo. Il Synthesis Report consta di un centinaio di pagine, dove si sintetizzano, necessariamente in modo stringato, diverse migliaia di pagine, di cui, sotto il profilo strettamente scientifico, fa testo la prima parte pagine, piene di tabelle, diagrammi, analisi accurate, che si occupa degli aspetti scientifici del cambiamento climatico, ed è frutto del lavoro di 859 scienziati, facenti parte di un apposito gruppo di lavoro, che hanno esaminato g.200 pubblicazioni scientifiche di ricercatori esterni all'ipcc. La bozza finale è stata sottoposta a una revisione, in due fasi successive, da parte di esperti esterni e da revisori selezionati dai Paesi membri dell'ipcc. Insomma, un lavoro serio, che solo chi non ne è al corrente può trattare in modo superficiale e impreciso. Quando poi si fa dell'ironia su giudizi come estremamente improbabile, molto improbabile, eccetera, ancora una volta si ignora che in un dettagliato documento del 2010 (Guiàance Note for Lead Authors o/ipcc Ft/tfi Assessment Report on Consistent Treatment ofuncertainties), l'ipcc precisa come valutare sotto il profilo probabilistico ogni conclusione di tipo quantitativo e come riportare sinteticamente il risultato acquisito all'interno dei documenti resi pubblici: si va da virtually certain (probabilità: per cento) a very likely (go-100 per cento), likely ( per cento), about as likely as not (33-66 per cento), unlikely (0-33 per cento), very unlikely (0-10 per cento), exceptionally unlikely (0-1 per cento). Contrariamente alla vulgata, le considerazioni contenute nei Rapporti dell'ipcc sono infine ispirate alla massima prudenza. Secondo il Terzo Rapporto, del 2001, la soglia inferiore della probabilità che il cambiamento climatico fosse provocato dalle attività umane era il 66 per cento, salita al 90 per cento solo nel 2007 (Quarto Rapporto). Insomma, tutto induce a prendere sul serio le conclusioni del Quinto rapporto dell'ipcc, là dove definisce virtually certain (cioè con una probabilità tra 99 e 100 per cento, praticamente la certezza matematica) che il cambiamento climatico sia la conseguenza del nostro modo di produrre e di consumare. Il rapporto riporta anche il dato relativo alla variazione dell'irraggiamento solare che, secondo una parte dei negazionisti, sarebbe la vera responsabile del cambiamento climatico: ebbene, pesa meno del 2 per cento. Per arrivare a queste conclusioni, bisogna però avere letto con attenzione le pagine della prima parte del V Rapporto, come detta la deontologia scientifica. G.B. Zorzoli Cortese Redazione, vi ringrazio, innanzitutto, per l'attenzione che mi presterete con riferimento a quanto accaduto ad una società (municipalizzata) che, a distanza di oltre tre anni si è vista recapitare, per conoscenza, da Enel Distribuzione una richiesta di conguagli per svariate decine di migliaia di euro a causa di errata valorizzazione della costante di trasformazione K (triennio luglio luglio 2014). La predetta richiesta veniva avanzata alle società che, nel triennio, hanno fornito energia elettrica. A seguito di ricerche sull'argomento, ho avuto modo di leggere e apprezzare l'articolo a firma del dottor Massimo Protti dal AXOPOWER - Rassegna Stampa 17/03/2015 4

5 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 34 (diffusione:6500) titolo Costante K ed errori di trasformazione: l'annoso problema dei conguagli, pubblicato sul numero di Nuova Energia. Giustamente, il dottor Protti riteneva tale questione annosa e insostenibile, e tale da far sorgere molte domande sulla possibilità, che alcuni operatori hanno, di poter scaricare tutti i costi generati dagli errori da loro stessi commessi su altri soggetti della filiera. Inoltre, evidenziava che tale situazione di disagio era stata segnalata anche all'autorità per l'energia Elettrica e il Gas, chiedendo di rivedere le attuali procedure di gestione degli errori di misura. Vi sarei grato se mi potrete informare su eventuali decisioni nel frattempo adottate dagli organi competenti. La società municipalizzata, in piena buona fede (i consumi nel triennio per cui si chiedono conguagli erano perfettamente in linea con quelli precedenti e, pertanto, non avrebbe potuto accorgersi di alcuna stranezza), nel triennio sopra indicato ha applicato ai propri clienti tariffe che ora si rivelano incongrue, con perdite economiche praticamente pari ai conguagli richiesti e con il rischio di dover paralizzare l'obiettivo di migliorare la produttività. Concludo segnalando che Enel Distribuzione, ad oggi, non ha mostrato alcun interesse alla vicenda, rifiutando la proposta di addivenire ad un componimento bonario della controversia. Resto in attesa di cortese riscontro e vi ringrazio nuovamente per la disponibilità Carlo Amoruso, avvocato La questione, come già detto nell'articolo, è sicuramente un caso lampante di abuso di posizione dominante: chi sbaglia è supertutelato, addirittura su due livelli; chi invece subisce lo sbaglio è vessato. Entrando nel merito della specifica richiesta di Amoruso, vorrei fare una precisazione. Quando mi riferisco ai due livelli di supertutela, intendo che il distributore è protetto in primis dal grossista e poi dal cliente finale. Infatti il primo a doversi fare carico dell'inefficienza del distributore è il grossista, che avendo di fatto una contabilità costantemente aperta con lo stesso deve fare subito fronte alla richiesta di pagamento e poi rivalersi sul cliente finale, spesso dopo un contenzioso. Nel mio articolo, ovviamente mi lamentavo come grossista. Infatti è assolutamente ingiusto che noi che siamo solo dei passacarte siamo caricati del rischio default del cliente finale, oltre al tema dell'immagine. Infatti quando andiamo a battere cassa dal cliente finale, per un'inefficienza non nostra, lo stesso ci accomuna col distributore, si arrabbia con noi, rischiando anche di rovinare un rapporto commerciale (se poi non si finisce in tribunale...). Tornando al tema default, se infatti nei famosi - e aggiungerei immorali - tre anni di tempo che il distributore ha per accorgersi dei propri errori, il cliente finale andasse in default, sarebbe il grossista a pagare per poi accollarsi la perdita, oltre ai costi legali per seguire concordato 0 fallimento. Aggiungo che esimi studi legali ci hanno confortato dicendo che qualora si verificasse un caso di questo tipo, se il grossista portasse in tribunale il distributore chiedendo il rimborso della perdita le possibilità di vincere sarebbero altissime. Ma queste sempre dopo una causa pluriennale. Rispondendo ad Amoruso, posso affermare che per ora, nonostante i grossisti stiano portando avanti una battaglia per modificare queste regole distorte, nulla è cambiato. Qualora dovessero anche ottenere soddisfazione, questo non significherebbe automaticamente un risvolto positivo anche per il cliente finale. Infatti oggi noi stiamo chiedendo di essere esonerati dalla solidarietà col cliente finale e se questo fosse ottenuto, risolverebbe sicuramente il problema del grossista, ma non quello del cliente finale e delle brutte sorprese recapitate tre anni dopo per colpe non sue. Massimo Protti Presidente Axopower AXOPOWER - Rassegna Stampa 17/03/2015 5

6 ENERGIA 8 articoli

7 17/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) Petrolio. Anche il Brent in forte ribasso - Pesa sulle quotazioni del greggio la prospettiva di un ritorno dell'iran sul mercato in caso di accordo sul nucleare Il Wti ai minimi da oltre sei anni Sissi Bellomo LA VARIABILE AMERICANA Negli Usa la produzione di shale oil continua a crescere. Le scorte sono a livelli che non raggiungevano dagli anni '30 Una vasca col rubinetto dimenticato aperto. Il mercato del petrolio oggi è così e il timore di un "allagamento" si è appena risvegliato, facendo crollare le quotazioni del Wti ai minimi da oltre sei anni: 42,85 dollari al barile. Anche il Brent, che era risalito oltre 60 $ in febbraio, sta di nuovo rapidamente perdendo quota: ieri ha chiuso in ribasso di oltre il 2% a 53,44 $, dopo essere scivolato fino a 52,50 $. Nell'immensa vasca dei mercati petroliferi non solo nessuno chiude il rubinetto, ma c'è qualcuno che minaccia di aprirlo ulteriormente. E la domanda - lo scarico, per restare nella metafora - non è ancora così ampia da permetterlo. Molti investitori sono stati gettati nel panico dagli sviluppi positivi dei negoziati delle potenze occidentati con l'iran. Gli Stati Uniti vorrebbero arrivare a un accordo entro fine mese e da Teheran il ministro del Petrolio Bijan Zanganeh ha già fatto sapere che l'iran è pronto a tornare in forze sul mercato: «Se le sanzioni saranno cancellate possiamo aumentare le nostre esportazioni di un milione di barili al giorno nel giro di pochi mesi». Molti analisti ritengono che il processo di pacificazione con Teheran sarà molto graduale: difficile che da un giorno all'altro il suo export, oggi ridotto a 1,2 mbg, possa tornare ai livelli di un tempo. Ma la prospettiva ha comunque aggiunto un ulteriore elemento ribassista allo scenario, in un momento in cui sul mercato era già riaffiorato il nervosismo. Negli Stati Uniti la produzione di shale oil continua a crescere, nonostante le compagnie petrolifere abbiano annunciato pesanti tagli agli investimenti e nonostante il numero delle trivelle sia quasi dimezzato rispetto al picco di ottobre. Le scorte americane sono arrivate a livelli che non raggiungevano dagli anni '30 e la settimana scorsa l'agenzia internazionale dell'energia ha rilanciato con forza l'allarme sulla possibilità che ben presto possa non esserci più spazio nei serbatoi di stoccaggio: la vasca potrebbe insomma traboccare, a meno che Washington non decida di rimuovere il divieto di esportazione di greggio in vigore dagli anni '70, come chiedono a gran voce le compagnie petrolifere. Anche se questo accadesse, non sarebbe comunque una panacea. Perché il petrolio Usa resterebbe comunque sul mercato. Anche l'opec non sembra intenzionata a fare un passo indietro. Nel suo bollettino mensile l'organizzazione ha affermato di prevedere una frenata dello shale oil verso fine anno: una visione più pessimista rispetto a qualche mese fa, che ha spinto a supporre che il Cartello non taglierà la produzione neppure al vertice di giugno, per non compromettere i risultati delle politiche adottate finora. Lo scontento sta comunque crescendo. Dopo Venezuela e Nigeria, adesso è l'algeria ad aver preso le redini di una possibile "rivolta" all'interno dell'opec. Il ministro dell'energia Youcef Yousfi ha ricevuto il suo omologo angolano e fatto sapere di aver già steso un'ampia rete di contatti, per cercare di reagire «alla drastica caduta del prezzo del petrolio, che ha avuto un impatto estremamente negativo sull'economia di tutti i paesi esportatori, che siano o meno membri dell'opec»..@sissibellomo RIPRODUZIONE RISERVATA Nymex, 1^ posizione. $/bbl ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015 7

8 17/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) Foto: PETROLIO WTI ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015 8

9 17/03/2015 La Repubblica Pag. 26 (diffusione:556325, tiratura:710716) IL CASO/ SENZA SOLE SPARIRANNO 35MILA MW DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI. TERNA: ESCLUDIAMO DISAGI Piano europeo per evitare il black-out da eclissi LUCA IEZZI ROMA. C'è chi venerdì mattina tiferà per la pioggia o almeno un cielo coperto. Da quasi un anno Terna e gli altri gestori di rete elettrica europei si stanno preparando all'eclissi solare del 20 marzo per evitare che insieme al sole si spengano anche parecchie lampadine. Il mondo è cambiato: nel 1999 quando ci fu un evento simile, gli impianti fotovoltaici rappresentavano lo 0,1% dell'energiaelettrica prodotta, quota ora cento volte superiore. Se venerdì il cielo fosse terso, l'oscuramento del sole farebbe sparire circa MW in tutto il continente con conseguente rischio blackout. È come se si spegnessero 30 centrali nucleari. «Uno dei problemi è la velocità - spiega Pier Francesco Zanuzzi direttore dispacciamento nazionale di Terna- rispetto ad una normale alba o tramonto, l'illuminazione solare cambierà 4 volte più velocemente». Il che significa che a fine mattinata l'equivalente delle 30 centrali nucleari rientrerebbe di colpo in linea. La strategia europea sarà quella di anticipare gli effetti dell'eclissi anziché cercare di compensarli. Innanzitutto gli operatori di rete hanno stimato quale sarà l'apporto mancante delle rinnovabili in quelle ore. Guida la Germania (stimata perdita di 17 mila MW) poi l'italia (7 mila MW), Francia (poco più di 2 mila MW), Belgio e Spagna (entrambe con circa MW). Va ricordato che in situazione normale queste fonti "non programmabili" hanno la precedenza su tutto il resto, significa che chi usa sole e vento produce sempre al massimo delle possibilità e le centrali tradizionali vengono chiamatea completare l'offerta. Venerdì sarà meno vero, proprio perché una centralea gas o a carbone ha bisogno di ore per entrare a regime, saranno chiamate a produrre prima, anche l'eolico potrebbe essere contingentato in modo da rendere tutto molto più prevedibile. L'Italia, ha 19mila Mw installati, al massimo se ne utilizzano 14 mila, durante le ore dell'eclissi (dalla9 alle 13) non si andrà oltre gli Mw. È probabile che in questo frangente un po' di energia verde andrà sprecata in nome della stabilità. «Dopo mesi di studio - sottolinea Zanuzzi - ci sentiamo di escludere disservizi agli utenti, anche se sarà decisivo il coordinamento in tutta Europa, perché gli effetti saranno diversi nelle varie zone e nei vari momenti». Un'ulteriore complicazione è data dal fatto che l'oscuramento del sole sarà più forte (all'80%) in Germania dove sono anche installati il 50% di tuttii pannelli del continente, creando "un buco" che gli altri Paesi dovranno contribuire a compensare. Domani i tecnici dell'entso-e, l'associazione dei Gestori di rete europei, completeranno le ultime analisi, soprattutto per capire le condizioni meteo. Se venerdì mattina il cielo fosse coperto la quota da solare dell'offerta giornaliera sarebbe ridotta e quindi "il buco" da coprire a causa dell'eclissi diventerebbe gestibile. Questo significherebbe rovinare l'evento a milioni di appassionati, ma almeno darebbe tempo per prepararsi al prossimo appuntamento del ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015 9

10 17/03/2015 La Repubblica Pag. 27 (diffusione:556325, tiratura:710716) L' ENERGIA Prezzi in crescita per l'elettricità a febbraio +6,2% rispetto al 2014 ROMA. Dopo più di un anno di ribassi consecutivi torna a crescere il prezzo dell'elettricità. Dal bollettino del Gestore del mercato elettrico si rileva che il prezzo di Borsa a 54,5 euro di Febbraio è del 6,7% su gennaio 2015 e del 6,2% su febbraio Altra novità "storica" arriva dai prezzi di vendita zonali che sono oscillati tra i 52,01 euro/mwh del Sud ed i 55,58 euro/mwh della Sicilia che, per effetto dell'intervento dell'autorità dell'energia, quasi azzera lo storico divario con Nord, Centro e Sud. Finora la pessima interconnessione produceva prezzi medi anche doppi rispetto al resto d'italia. ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

11 17/03/2015 ItaliaOggi Pag. 20 (diffusione:88538, tiratura:156000) Elettricità, cresce il prezzo in Borsa a febbraio Cresce il prezzo dell'elettricità in Borsa a febbraio, con un +6,7% su gennaio 2015 e un +6,2% sul febbraio Il prezzo medio di acquisto, informa la newsletter del Gme, dopo più di un anno di ribassi su base annua si porta così a 54,50 euro/mwh, con la liquidità del mercato che sale a 66,8%, ai massimi da luglio Le vendite da impianti a fonte rinnovabile segnano anche a febbraio una battuta d'arresto, con una essione del 10,5% sullo stesso mese del ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

12 17/03/2015 MF Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) NUOVI POZZI Il gruppo Eni torna a crescere in Libia ma in borsa paga il taglio alla cedola Angela Zoppo (Zoppo a pagina 11) Mentre in borsa il titolo (ieri -2,18% a 15,24 euro) continua a scontare il taglio del dividendo deciso per il 2015 (agli azionisti andranno 80 centesimi per azione), il gruppo Eni ieri ha annunciato altri due successi esplorativi in Libia e in Indonesia. Il primo fa certamente più rumore perché la situazione nel Paese nordafricano resta critica per molte compagnie petrolifere a causa del difficile scenario politico. Eni sta cercando di riportarsi sui livelli produttivi pre-guerra civile e ora si attesta su una media di circa 350 mila barili al giorno. Attraverso Eni North Africa BV il gruppo è operatore (100%) dell'area D. Durante il test di produzione nel prospetto esplorativo offshore di Bahr Essalam Sud il pozzo ha prodotto circa 1 milione di metri cubi al giorno di gas e oltre 600 barili al giorno di condensati. Si stima che a regime il pozzo possa erogare oltre 1,5 milioni di metri cubi al giorno di gas e mille barili giornalieri di condensato. La vicinanza con un impianto Eni, ossia il sito infrastrutturale di Bahr Essalam, potrà accelerarne lo sviluppo. I successi esplorativi in q u e s t ' a r e a hanno una valenza politica oltre che industriale. Nei piani dell'eni lo sviluppo futuro delle risorse di gas naturale libiche «cons e n t i r à d i supportare la crescita dei consumi e dell'industria domestici, permettendo al Paese di mantenere il ruolo di fornitore strategico per l'italia e l'europa». Nell'Area D si trovano i campi di Wafa e Bahr Essalam, che dal 2004 riforniscono di gas il mercato domestico e l'italia attraverso il gasdotto Greenstream. Le forniture di gas di Eni al mercato libico sono cresciute da circa un miliardo di metri cubi nel 2009 a 4,3 miliardi di metri cubi nel 2014, con il potenziale di raggiungere i 6,2 miliardi nel La seconda scoperta annunciata ieri, come accennato, riguarda invece l'indonesia, dove Eni ha completato l'attività di perforazione esplorativa sulla scoperta a gas di Merakes 1 nel blocco offshore East Sepinngan, con un incremento del potenziale delle risorse. Gli studi portano il potenziale del campo di Merakes a oltre 56 miliardi di metri cubi di gas in posto rispetto alle stime precedenti. A fine ottobre scorso, infatti, le riserve erano indicate in circa 36 miliardi di metri cubi. A questo punto Eni, che è operatore con una quota dell'85%, sta considerando la possibilità di sviluppo accelerato della scoperta, grazie anche alla vicinanza col campo offshore di Jangkrik, a sua volta operato dal gruppo italiano, che dista appena 35 chilometri. Jangkrik è tra gli start up indicati nel piano, con avvio previsto nella prima metà del Relativamente vicino al blocco East Sepinggan si trova anche il centro di liquefazione del gas naturale di Bontang. Eni è presente in Indonesia dal Attualmente la produzione in quota Eni nel Paese è di circa 17 mila barili di olio equivalente al giorno. L'exploration & production è il pilastro del piano presentato venerdì scorso da Eni alla City di Londra, con un tasso di crescita del 3,5% grazie al contributo dei 16 principali start up produttivi che, insieme ai ramp up programmati, aggiungeranno oltre 650 mila barili di olio equivalente al giorno al Ne deriverà un cash flow operativo addizionale di 19 miliardi di euro. (riproduzione riservata) ENI 16 dic '14 16 mar '15 Quotazioni in euro 15,2-2,18% IERI Foto: Claudio Descalzi Quotazioni, altre news e analisi su ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

13 17/03/2015 MF Pag. 25 (diffusione:104189, tiratura:173386) ECCO LE RAGIONI DI RIBASSISTI E RIALZISTI SUL FUTURO DEL GREGGIO, ORA SUI MINIMI Guadagnare col petrolio low cost Secondo gli esperti, per scoprire dove andrà l'oro nero occorre guardare al dollaro Usa contro quello canadese e la resistenza a 1,28. Bastano meno di 5 mila euro per operare con un contratto standard Giuseppe Di Vittorio Nuovi minimi segnati dal petrolio e nuovi scenari che si aprono all'orizzonte. Quali è presto detto. Intanto in molti si chiedono se si tratta di una trappola per orsi o se ci verranno effettivamente segnati nuovi record negativi. Per capirlo gli operatori professionali si avvalgono di adeguate correlazioni, cioè vanno a caccia delle attività finanziarie che più si muovono all'unisono con l'oro nero. In quest'ambito rientra per esempio la relazione tra petrolio e tasso di cambio tra dollaro Usa e dollaro canadese (cross usd/ cad). Gli andamenti delle due grandezze sono speculari, cioè quando il primo scende il secondo tende a salire e viceversa. Ma come si spiega questa correlazione? Il petrolio è quotato in dollari, quindi quando il biglietto verde si apprezza i produttori sono disposti a vendere l'oil anche a prezzi più bassi. La correlazione diventa però ancora più forte quando nella partita entra anche il dollaro canadese. Il Canada è uno dei più importanti produttori di greggio: un indebolimento del prezzo del petrolio peggiora quindi bilancia commerciale, prospettive di crescita, inflazione e tassi di interesse del Paese. Gli spunti operativi. Ma, una volta visti i fondamentali relativi alla correlazione negativa fra petrolio e loonie (definizione in gergo del tasso di cambio usd/cad), occorre capire quali sono gli spunti operativi che offre in questo momento. Nelle ultime sedute il cross usdcad sta testando l'importante resistenza a 1,2800 dopo una significativa salita di medio periodo. Allo stesso modo il petrolio sta puntando sul supporto psicologico a 45 dollari, dopo una congestione sul breve e una tendenza molto marcata al ribasso sul medio periodo. Sempre in ottica di analisi, il petrolio ha battuto un minimo a 43,58 alla fine del mese di gennaio. Da un punto di vista operativo, se il loonie (usd/ cad) dovesse superare 1,2800 di slancio, il petrolio ha buone chance di portarsi al di sotto dei 45 dollari al barile. Quanto agli stop loss, quota 1,25 per il cambio usd/cad e i 50 dollari al barile sono le due soglie che se violate, rispettivamente verso il basso e verso l'alto, costringerebbero a rivedere le posizioni opposte. Le ragioni fondamentali. Il trend ribassista è alimentato da due importanti fattori sul piano dei fondamentali, e cioè l'aumento molto consistente delle scorte e la caduta del dollaro americano. Il primo è determinato dal calo della domanda cinese, in quanto il Paese non ha più i ritmi di crescita degli anni passati, e dalla nuova tecnica di estrazione del petrolio dalla roccia, il cosiddetto fracking, che nelle scorse settimane ha fatto registrare i massimi produttivi degli ultimi 80 anni. L'investimento nel petrolio non passa solo attraverso i future perché esistono valide alternative come gli etp a leva. Sul petrolio esistono due contratti, il brent e il Wti. Il contratto più vulnerabile al ribasso al momento è il Wti perché più esposto alla concorrenza del fracking. Quanto ai margini, per poter operare sul petrolio esistono due tipi di contratti. Il primo è la versione online mini, il secondo è quella standard. Nel primo caso i margini in media sono pari a euro, mentre nel secondo si sale a valori nettamente superiori, pari a euro. È evidente che anche i tick sono nettamente diversi. Nel primo caso la variazione minima di prezzo, pari a 0,0025, vale 12,50 dollari, nel secondo 0,01 che vale 10 dollari. Chi va in controtendenza. Nonostante la caduta del prezzo del petrolio degli ultimi mesi, in realtà c'è ancora chi sta comprando, spinti dall'ipervenduto ma anche da altre motivazioni. Una di queste è che i prezzi sono scivolati troppo in basso rispetto alle necessità di conto economico di alcuni Paesi, procurando loro delle perdite. Sulle scrivanie di premier e ministri delle finanze di mezzo mondo campeggiano monitor con le ultime quotazioni del petrolio: la finalità non è il trading, ma l'impostazione del bilancio dell'anno. Molti Paesi hanno entrate fiscali indissolubilmente legate al prezzo del greggio e ai corsi attuali i conti saltano. Più in dettaglio, secondo una ricerca targata Fitch e Market Data Group, ai prezzi attuali del Brent (56,53 dollari) molti dei Paesi produttori sarebbero fuori mercato. Di indiscrezioni del genere ne erano già circolate, ma il pregio di questa ricerca è di fissare una volta per tutte i punti di pareggio per ciascun Paese. Il risultato è sconcertante: al momento solo due paesi, e cioè il Kuwait e la Norvegia, stanno producendo con un margine positivo. Il primo molto risicato, ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

14 17/03/2015 MF Pag. 25 (diffusione:104189, tiratura:173386) il secondo più significativo. La Norvegia ha un punto di pareggio poco sopra i 35 dollari, mentre il Kuwait è poco sopra i 50. Sul fronte opposto, il Paese in condizioni più drammatiche risulta la Libia. Grazie a questa analisi si comprendono anche i guasti geopolitici in corso nel Paese. Il punto di pareggio per la Libia è a 180 dollari. Fuori in maniera significativa sono anche Iran e Algeria con break even a 125 dollari. Per Nigeria, Arabia Saudita, e Venezuela occorrerebbe invece una quotazione del greggio sopra i 100 dollari. La ricerca fa emergere quindi un elemento di novità che vede il punto di pareggio per l'arabia Saudita sopra i 100 dollari; qualcuno parlava di valori molto più bassi. E lo stesso vale per la Russia che sotto 100 dollari è già fuori budget. Interessante in quest'ottica è capire anche il peso delle entrate fiscali derivanti dal petrolio sul totale del gettito tributario. Il 90% del gettito in Iraq è legato al petrolio, e lo stesso vale per il Bahrain. Algeria, Arabia Saudita, Oman, Kuwait e più in generale tutti i Paesi del Golfo sono invece vicini all'80%, mentre Quatar, Russia, Venezuela e Kazakistan scendono intorno al 50%. (riproduzione riservata) ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

15 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 42 (diffusione:6500) Dossier innovazion e ricerca The evolving world of ernegy economics Cecilia Camporeale e Ugo Farinelli Lo scorso ottobre l'associazione Italiana Economisti dell'energia ha ospitato a Roma il congresso internazionale della IAEE, l'international Association for Energy Economics (vedi Nuova Energia ). Questo prestigioso appuntamento si è svolto a due soli anni di distanza dal precedente, che era andato in scena a Venezia nel Un confronto tra le memorie scientifiche presentate nelle due occasioni (304 a Venezia e 374 a Roma) ha confermato come il mondo dell'energia sia in rapida e profonda evoluzione; con qualche sorpresa davvero inaspettata! Prima di tutto si segnala una minore attenzione nei confronti delle singole tecnologie (prese come elemento di riferimento della discussione) in favore di un approccio più olistico. Altro elemento interessante riguarda le fonti fossili non convenzionali. Sebbene rappresentino, per larga parte degli addetti ai lavori, la vera novità degli ultimi anni, nell'agenda di Roma hanno avuto meno spazio di quanto ci si potesse attendere. Scetticismo sugli effettivi margini di sviluppo? Realismo sulle opportunità di diffusione, per lo meno in Europa, per le possibili opposizioni in ambito locale e i timori di impatto ambientale? Comunque sia, tra i presenti al simposio di Roma sembra aver prevalso la posizione: Stiamo alla finestra e poi si vedrà. La geopolitica si conferma un tema di assoluto rilievo. Il vecchio concetto di Stati canaglia sembra comunque essere superato, e si ampliano le zone ritenute ad alto tasso di influenza (almeno potenziale): Paesi MENA, l'area del Caspio, alcune nazioni del Centro Africa... Sul carbone le posizioni restano aperte. La necessità di contenere le emissioni di anidride carbonica è tenuta in grande e crescente considerazione. Ma i due principali utilizzatori europei, la Germania e la Gran Bretagna, non sembrano voler rinunciare a questa opzione e spingono quindi nella direzione della carbon capture and Storage. Su questo aspetto Roma non è stata comunque in grado di lanciare un messaggio incoraggiante: l'attuale sviluppo tecnologico non è tale da poter garantire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla road map sulla CCS per il In netto calo appaiono le quotazioni dell'energianucleare: a Roma ci sono state solo due presentazioni rispetto alle otto di Venezia. Al contrario, le fonti rinnovabili continuano ad animare il dibattito. Anche per questo tema, però, si rileva un significativo cambio di orizzonte tra l'approccio di Venezia e quello di Roma. Nel 2012 ancora ci si domandava se fosse possibile concepire dei sistemi elettrici alimentati da grandi quantitativi di energie rinnovabili non programmabili. Oggi abbiamo la risposta: sì, è possibile ed esistono già esempi concreti di realizzazione. La questione si sposta, dunque, da se a come. Restando in tema, va segnalato lo spazio decisamente maggiore dedicato alle rinnovabili elettriche rispetto a quelle termiche, la netta prevalenza dell'eolico e del fotovoltaico, il modesto entusiasmo espresso nei confronti del geotermico, la marginale attenzione dedicata alle biomasse. Grande rilevanza, naturalmente, è stata destinata all'efficienza energetica in ambito industriale e nell'edilizia. E qui valgono le stesse notazioni fatte all'inizio di questo commento: più che sulle singole tecnologie, Roma ha acceso i riflettori su aspetti generali e di sistema (il quadro regolatorio e degli incentivi). Infine, i trasporti. Si tratta di un settore strategico, in Europa responsabile di circa il 30 per cento della domanda complessiva di energia. La Conferenza di Roma ne ha parlato, ma probabilmente la questione meriterebbe maggiore attenzione. Inoltre, spesso, quando si affronta il tema si tende a indugiare su singoli aspetti molto specifici (ad esempio, i sistemi di carica delle batterie dei veicoli elettrici), perdendo un po' di vista il quadro generale e i macro problemi. A comparison of thè papers presented at thè IAEE European Conferences of Venice (2012) and Rome (2014) indicates in a strict sense thè evolution of thè interests and thè priorities of thè European energy economists, but also - in a broader way - thè changes of thè world energy situation. In order to make such a comparison we have considered ali thè contributed papers approved in thè peer review for presentation in thè concurrent sessions; thè overall numbers are pretty similar (80 concurrent sessions both in Venice and in Rome; 304 papers presented in Venice versus 374 in Rome). First of ali, a very generai impression concerns thè decreasing role of technological issues in thè discussion. The originai break-down of thè subject matters in ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

16 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 42 (diffusione:6500) these IAEE European Conferences followed closely a classifìcation by technology (e.g. fossil fuel vs. renewable energy, PV versus wind, silicon versus multi-junction, etcetera) and then considered thè instruments (incentives, regulations, etcetera) necessary to open thè way to thè desired technologies. The classifìcation by technology has widely disappeared, replaced by a more holistic approach or by a classifìcation by type of instrument. This shift away from a technologic approach is in our opinion positive, in that it diversifies thè IAEE Conferences from other events where thè technological approach is more in order, and it corresponds more closely to thè approach generally followed by energy economists. There is of course thè awareness that fossil fuels dominate thè energy market, and they will continue to do so in thè next two or three decades. However, thè single most relevant change in thè last years at thè world level has been thè rapid and widely unforeseen role taken up by unconventional fossil fuels, shale oil and gas in particular. These new developments have widely changed some of thè tenets on security of supply and on competitive markets, with huge consequences on thè import dependence of thè United States in particular, on thè verge of turning from net energy importer to net exporter. Who reasonably expected this new development to be adequately reflected in thè agenda of thè Rome meeting may remain unappeased. Apart from thè overall increase in unconventional hydrocarbon resources duly taken into account in world-wide scenarios, such as those developed by international agencies and multinational corporations, very few papers dealt with thè specific role of these new energy sources in Europe. Pessimism about their perspectives? Or realism about thè more fragile environmental conditions and even more thè widespread public opposition met in thè first approaches and evidenced specifically for instance in France and in Poland? Whichever thè reasons, for thè time being, thè prevailing attitude seems to be one of wait-and-see. Geopolitics of course remains of great importance and of increasing difficulty. The attention is now shifting to thè MENA (Middle East and North Africa) countries, to thè Caspian region, to some Central Africa situations. Even thè old-time concept of rogne countries is more blurred (think of Iran or Syria) and fmer distinctions become essential (in listening in to some of thè very instructive lectures delivered at thè Roma conference one wonders whether a degree in theology is more relevant to procure oil and gas than one in geology)within fossil fuels, oil is losing some of its centrality. Gas prices are less linked to oil prices, and tend to obey their own rules. Market analyses (mostly following classical economie approaches but some employing novel approaches) continue to be carried out at various scales. Liquefied naturai gas (LNG) is now part of thè picture, including its direct utilisation in final energy uses for some applications. The position of coal is somewhat ambiguous. The necessity of reducing greenhouse gas (GHG) emissions is taken very seriously by ali European countries, thè most common response being thè substitution of some GTCC power plants for coal plants. However, thè two larger energy consumers in thè EU, Germany and thè UK, also envisage a greater role for coal, coupled with carbon capture and Storage (CCS). However, thè evolution of thè CCS technology in Europe, as appeared in thè Rome meeting (as already before, in thè Venice meeting, one concurrent session devoted to CCS in each) does not seem to respect thè roadmap which would be required to make this solution widely available and not prohibitively expensive by The set of demonstrations that was considered necessary for such a solution appears to lag behind and for several options not to have moved thè flrst step. One might suspect that where coal-based electricity produetion is really going to proceed on a very large scale - i.e. in thè emerging economies like China, India or Indonesia - there appears to be no special hurry to introduce CCS, while thè market for efficient and clean (except for CO2) power plants is extremely attractive. Further declining appears thè interest for nuclear power (eight papers in Venice, only two in Rome). Huge delays and increasing prices affect thè few nuclear power stations whose construetion is stili planned or on-going in Europe (not counting Russia). Here, too, some potential for new nuclear power is seen in emerging economies and even in developing countries. But this potential market does not seem to be overly advertised in our events, possibly in response to negative public attitudes or in connection with proliferation preoccupations. Renewable energy sources (RES) for electricity produetion, seen in their systems aspeets, provided thè single most important subject of discussion for thè Rome meeting, much beyond their impact in ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

17 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 42 (diffusione:6500) thè Venice event. This perhaps requires some words of comment. The main question, not yet fully answered at thè time of thè Venice conference was - is it possible to have a sizeable and consistent share of electricity produced in a country starting from RES and in particular from non-programmable energy sources, such as solar or wind? Now we have an answer, it is possible and it has been done. It is expensive, it may not be desirable and it certainly is not easy: nevertheless it can be done and it has been done. Even recent studies concluded that it would not be feasible to use (partly) unpredictable RES in excess of io per cent; while field experience has shown much higher shares (20 per cent or even more) and cases have been reported of large-scale systems being fed for some consisterà time by RES only. No technological breakthrough is required, but an intelligent combination of reinforcement of transmission and distribution lines, some electricity Storage (or Storage of other forms of energy), a smart management of distributed electricity production and consumption (thè presumere). A consistent share of thè papers presented tried to explain thè results that have been obtained, many others explored possible ways of further improvement. When specific RES were mentioned, thè most common case concerned wind energy, followed by solar photovoltaics. Little enthusiasm was gathered for geothermal energy, and very little attention was devoted to thè applications of biomass (but here there may be a partial explanation in thè large international congress on this subject held in Hamburg a few weeks before thè Rome IAEE Conference). Relatively less interest was expressed in thè subject of thermal applications of RES. Even if heat production by solar collectors or by burning biomass is in many cases closer to economie competition than electricity production (or just because of that?), these applications appear less trendy or appealing. Energy efflciency in industry and in buildings was explored in a number of papers. As was thè case for thè energy supply, and as we discussed at thè beginning, less attention was devoted to thè different technologies for energy saving, and more to thè instruments employed, such as comparisons of thè results obtained by regulatory instruments vis-à-vis incentives, tax reductions, eteetera. Adequate, client-friendly fmancial instruments are indicated as priorities in industriai and buildings energy saving; training and adequate infrastructures are receiving due attention. As indicated by thè EC directives, public buildings are seen as an occasion for testing, demonstration and show-casing of demand-side management interventions. Much of this activity can be found in thè initiatives stemming from thè Covencmt of Mayors, thè engagement of several thousand cities in a number of co-ordinated energy saving projeets dating back to Agenda 21, but just now fully flourishing. One of thè positive results of this initiative is that systems aspeets are often taken into consideration in projeets that span beyond energy aspeets alone. We have not mentioned so far thè energy uses in transportation. This sector of final energy utilisation would in our opinion deserve more attention than it has received until now in our Conferences, if one considers that in Europe transport accounts for about 30 per cent of energy consumption, that this sector is often thè only one in which energy use is increasing, and that transport is not flexible in terms of primary energy utilisation, relying today nearly entirely on oil produets. The Rome Conference included two concurrent sessions devoted to energy in transport, one dealing with increasing fuel economy in transport and thè other with electric and hybrid vehicles. It is interesting to note that thè aspect of main interest concerning electric vehicles was thè role that charging batteries could have on electricity dentaria, creating an important opportunity for energy Storage and of flexibility in thè electricity demand side: a most interesting consideration, but somewhat marginai in terms of transport. The substitution of new fuels for petroleum derivatives, or thè development of new transport systems for passengers and/ or goods remain mostly under- or nonexplored. The investigation of thè links between energy availability, energy prices and economie development is a subject which is punctually revisited at each major energy economics conference and this was thè case also for thè Rome meeting. However, interesting as thè new points of view may be, there seems to be a gap between theoretical considerations and thè reality of thè economie crisis. The transition to a green economy of which thè new energy paradigm should be a fundamental building block remains mostly as an inviting catchword with little content so far. More concrete is thè investigation on thè access to energy in developing countries (a subject only skirted in our European conferences) or on energy poverty, which is present in many sectors of ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

18 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 42 (diffusione:6500) industrialised countries and was discussed in a session in Rome. ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

19 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 68 (diffusione:6500) ss dossier innovazioneericerca La fuel costo costo dell` energia e disagio sociale Serena Rugiero* e Giuseppe Travaglini Nella prolungata fase di recessione economica che l'italia attraversa da oltre un decennio tendono ad allargarsi le disuguaglianze del reddito e della ricchezza che da sempre caratterizzano il nostro tessuto economico e sociale. Si affermano inoltre inedite forme di povertà. Le statistiche ufficiali testimoniano la caduta del PIL procapite, della produttività e dell'occupazione. Ed è questo quadro che fa da sfondo al preoccupante aggravarsi del fenomeno della povertà e del disagio sociale. Oggi, quasi due milioni di famiglie italiane, per un totale di circa cinque milioni di persone, risultano essere in condizioni di povertà assoluta, e tre milioni e mezzo di famiglie, pari a quasi dieci milioni di individui, in povertà relativa. Secondo l'istat il 29,2 per cento della popolazione (con un incremento percentuale rispetto al passato senza precedenti) è oramai a rischio di povertà ed esclusione sociale. Per queste famiglie è difficile potersi assicurare un pasto adeguato ogni due giorni, riscaldare in maniera adeguata l'abitazione e pagare le bollette di energia e gas. Con il perdurare della crisi economica si assiste, da una parte, al riacutizzarsi delle vecchie povertà, con un riflusso verso lo stato di povertà tradizionale dei ceti sociali che ne erano fuoriusciti nei decenni precedenti e di individui - attivi nel mercato del lavoro e qualificati che in passato non versavano in questa condizione (nuovi poveri tradizionali). Dall'altro, si registra una trasformazione della natura stessa della povertà con l'affermarsi di nuove forme di disagio economico e sociale tipiche delle economie avanzate, che rendono il fenomeno della povertà sempre più difficile da analizzare e da contrastare con le tradizionali politiche di intervento. Tra queste inedite forme di povertà sta diventando sempre più rilevante la cosiddetta fuel poverty, ossia la povertà energetica causata dalla difficoltà per i singoli individui e per le famiglie di accedere alle fonti di energia per usufruire dei servizi essenziali come il riscaldamento adeguato del proprio appartamento, la possibilità di cucinare i cibi e il funzionamento ordinario degli elettrodomestici di base. Riguardando principalmente le spese associate all'abitazione, la fuel poverty riflette maggiormente la condizione di povertà in termini di qualità della vita e di spese che incidono sul disagio economico. In linea con la definizione adottata dal Regno Unito, Paese che già da anni è impegnato nella misurazione del fenomeno della fuel poverty e nell'individuazione degli opportuni strumenti di contrasto, si possono considerare nello stato di povertà energetica tutte quelle famiglie che spendono più del io per cento del proprio reddito per poter consumare energia. La fuel poverty colpisce le fasce di popolazione più deboli (pensionati, lavoratori precari, cassaintegrati, giovani disoccupati, famiglie monoreddito) e le aree territoriali più svantaggiate come il Mezzogiorno. Perciò, la povertà energetica è un fenomeno con caratteristiche multidimensionali che non si esaurisce nel solo confronto tra i livelli di reddito e tra diseguaglianze nel consumo, ma dipende anche da variabili geografiche e strutturali, come l'inefficienza energetica del patrimonio abitativo, la collocazione dell'abitazione (nel Nord o Sud del Paese) e le corrispondenti differenze climatiche. La multidimensionalità del disagio richiede, pertanto, politiche d'intervento integrate. In questa prospettiva, assumono un ruolo di primo piano le politiche di salvaguardia delle fasce deboli della popolazione. Tuttavia, assumono anche rilievo gli interventi volti ad abbassare i costi medi dell'energia, attraverso il rafforzamento e la creazione di mercati energetici concorrenziali, e quelli finalizzati a ridurre la spesa energetica delle famiglie, innalzando il grado di efficienza energetica degli edifici. Misura, quest'ultima, che consente di agire sulle cause del fenomeno (abbattendo il fabbisogno energetico dei consumatori con bassi redditi), oltre che di diminuire il peso del settore edile sulle emissioni e di creare nuova occupazione legata ai greenjob. I numeri In Italia, secondo l'autorità per l'energia, il gas e il sistema idrico, sono quasi cinque milioni le famiglie in stato di fuel poverty, vale, a dire che avrebbero diritto al bonus per l'energiaelettrica e il gas che è concesso alle famiglie in stato di disagio economico (2,9 milioni le famiglie potenzialmente interessate dal bonus elettricità e 2,3 quelle che potrebbero ottenerlo per il gas). Secondo l'indagine condotta dall'authority (2013), la platea dei potenziali beneficiari del bonus elettrico e gas ha un reddito netto equivalente medio pari al 40 per cento della media ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

20 16/03/2015 Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015 Pag. 68 (diffusione:6500) nazionale; tra queste famiglie oltre il 70 per cento è a rischio di povertà, e il 40 per cento in stato di povertà assoluta. Le maggiori difficoltà delle persone in stato di povertà energetica nascono dal non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione, pagare gli affitti, i mutui e le utenze domestiche, fare fronte a spese impreviste (anche al di sotto dei 200 euro). Per queste famiglie, l'incidenza delle spese per energiaelettrica sul reddito è più che doppia rispetto alla totalità delle famiglie sul territorio nazionale, mentre l'incidenza della spesa per gas è del 60 per cento più alta. In Italia, lo strumento principale per contrastare il fenomeno della fuel poverty è il bonus energiaelettrica e gas che consiste in uno sconto praticato alla platea di famiglie in stato di disagio economico stimato attraverso il valore dell'indice ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente). I fondi stanziati per il periodo dal 2008 al 2012 (le somme confluite nei conti della Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico - CCSE) utilizzati per il pagamento dei bonus elettrico e gas e per il funzionamento del sistema ammontano a poco più di 1 miliardo di euro. Tuttavia, l'aiuto alle famiglie attraverso i bonus non ha sortito i risultati sperati, poiché l'entità complessiva dei bonus elettrico e gas erogati ai clienti finali, nello stesso periodo , è stata pari a 554,9 milioni di euro; dunque solo la metà (circa) dell'entità complessiva del bonus è stata erogata alla platea delle potenziali famiglie aventi diritto. In pratica, solo il 34 per cento degli aventi diritto al bonus elettrico e il 27 per cento degli aventi diritto al bonus gas ne hanno effettivamente goduto. Inoltre, molte delle famiglie che nel corso degli ultimi cinque anni hanno almeno una volta ottenuto il bonus per elettricità e/o gas hanno deciso di non rinnovare la richiesta. Perché il bonus non ha funzionato? Il mancato successo del bonus sembrerebbe quindi derivare non dalla mancanza di fondi a disposizione, ma dalla mancanza di richieste, pur in un periodo di crisi economica come questo. Un'analisi in profondità mette in luce i motivi di fondo di questo insuccesso nella effettiva erogazione del sussidio. Su questi è necessario intervenire, per non penalizzare l'esercizio di un diritto riconosciuto. In primo luogo, si tratta di una procedura di richiesta ed erogazione estremamente complessa che vede operare insieme soggetti pubblici e privati - i Comuni, i Caf, le Asl, i distributori di energiaelettrica e gas, i venditori, l'inps, le Poste italiane - con conseguenti elevati costi di gestione del sistema dei bonus. Influiscono poi una scarsa informazione a favore dei cittadini-consumatori e il limitato valore del bonus (il 20 per cento della spesa media per l'elettricità e il 15 per cento per il gas). Un recente studio dell'associazione Bruno Trentin per il nostro Paese (2014) propone, dunque, una serie di misure correttive di questo importante strumento a tutela delle famiglie vulnerabili. Il primo passo è quello di intervenire sulle procedure, per rendere più snello il processo di richiesta dei bonus e ridurre i costi di gestione attraverso la semplificazione del complesso iter amministrativo; occorre poi allargare la platea degli aventi diritto a una fascia di popolazione che attualmente, secondo i dati ISTAT, rientra comunque nel gruppo della popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale, in modo da garantire a tutte le famiglie che sono in stato di povertà energetica di usufruire dei servizi essenziali elettricità e gas. Si dovrebbe inoltre valutare l'opportunità di ampliare il valore economico del bonus che è attualmente insufficiente, senza che questo però comporti un ulteriore aggravio per i cittadini. A tal fine l'associazione Bruno Trentin propone di semplificare le procedure di domanda e di rivedere le fasce ISEE di reddito istituendo una ulteriore fascia da a 10 mila euro, con uno sconto differenziato rispetto alla prima fascia e istituendo un meccanismo di rivalutazione automatica annuale delle soglie minime applicabili. Si avanza anche l'ipotesi di aumentare fino a tre volte il costo del finanziamento in bolletta, senza eccessivo aggravio per l'utente medio, che dovrebbe sostenere sull'intero anno una spesa non superiore ai due euro per l'elettricità (tabelle 1 e 2) e a cinque euro per il gas. Appare altresì opportuna l'estensione del bonus anche alle utenze che impiegano gas diversi da quello naturale distribuito sulle reti urbane e gli utenti del servizio di teleriscaldamento, ora esclusi. In ultimo, come sostenuto anche dall'autorità, si suggerisce di effettuare il calcolo del bonus al lordo delle imposte, invece che al netto come accade attualmente, cosa che consentirebbe una rivalutazione dell'ammontare del bonus del 15 per cento per la bolletta elettrica e del 30 per cento per il bonus del gas. L'insieme di questi interventi potrebbe facilitare l'accesso ai servizi essenziali di elettricità e gas da parte delle famiglie in difficoltà rafforzando uno dei principali strumenti di contrasto al disagio economico e sociale e all'esigenza di protezione. In thè advanced economies is in act a worsening of ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/

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