ATS DET IL PAO NEI PRODOTTI COSMETICI: PROTOCOLLI DI ANALISI

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1 Documento Informativo nr. 106 Data di emissione: Revisione n. 0 Allegati: 0 ATS DET IL PAO NEI PRODOTTI COSMETICI: PROTOCOLLI DI ANALISI Riferimenti interni: dr.ssa Tiziana Rea - Resp. ATS Non Food, CHELAB s.r.l. ( t.rea@chelab.it) dr. Andrea Boscolo - Vice resp. ATS Non Food, CHELAB s.r.l. ( a.boscolo@chelab.it) Destinatari: Aziende produttrici di cosmetici Aziende di distribuzione organizzata (GD e GDO) Pagina 1 di 6

2 Abstract 1. Campo di applicazione 2. Introduzione 3. Determinazione del PAO 4. Protocolli indicativi 5. Conclusioni INDICE ABSTRACT Con la Direttiva 2003/15/CE del (più nota come settimo emendamento ) è stata introdotta un importante novità per quanto riguarda la data di scadenza nei prodotti cosmetici. Mentre infatti finora era necessario indicare tale data solo per i prodotti di durata inferiore a 30 mesi, tale direttiva ha previsto che venga riportata anche un indicazione relativa al periodo di tempo in cui il prodotto, una volta aperto, può essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore. Tale informazione è indicata mediante il simbolo raffigurato nell allegato VIII bis, seguito dal periodo (mese, anno) [nella versione inglese: in months and/or years]»; [omissis] che rappresenta un vasetto di crema aperto. La Commissione. stabilisce tale simbolo entro l Si attendeva quindi la pubblicazione di questo simbolo, che è stato adottato in data dalla Commissione Europea e che i produttori dovranno obbligatoriamente apporre sulle etichette di tutti i cosmetici dall'11 marzo Non esistono metodi scientifici specifici per determinare il PAO per i prodotti cosmetici. La valutazione deve tener conto delle caratteristiche fisico-chimiche dei prodotti e delle normali o ragionevolmente prevedibili condizioni d uso. Considerando le difficoltà che indicazioni così generiche possono creare ai produttori di cosmetici, abbiamo individuato una serie di protocolli di massima, adattabili alle diverse tipologie di cosmetici. 1. CAMPO DI APPLICAZIONE Questo documento informativo descrive i protocolli proposti alla clientela per la valutazione del PAO dei prodotti cosmetici (scadenza post apertura). 2. INTRODUZIONE L obbligo di indicare la durata post apertura dei cosmetici con durata superiore ai 30 mesi rappresenta una novità rilevante per i responsabili dell immissione sul mercato di prodotti cosmetici, sia perché la maggior parte di questi prodotti (l'80-90% secondo le stime delle industrie) rientra in quest ambito, sia perché si tratta di una novità anche dal punto di vista tecnico-scientifico. Non esistono infatti protocolli standardizzati né riferimenti bibliografici che documentino con precisione protocolli di questo genere. L unico aspetto certo che definisce questo parametro è che il Periodo dopo l apertura (PAO, Period After Opening) è definito come il tempo dopo l apertura del prodotto cosmetico durante il quale questo può essere usato senza effetti nocivi per il consumatore. I parametri di stabilità su cui si fonda la determinazione del PAO sono quindi relativi alla sicurezza del consumatore e non alla performance tecnica del prodotto. Pagina 2 di 6

3 3. DETERMINAZIONE DEL PAO Un cosmetico andrà considerato aperto quando il consumatore lo usa per la prima volta. Rispetto al ciclo di vita di un prodotto, quindi, il PAO si riferisce esclusivamente alla parte relativa alla sua fase di utilizzo da parte del consumatore La decisione finale sull adeguatezza di un PAO, pur richiedendo opportuna documentazione, risulta a carico del responsabile dell Azienda che immette il prodotto sul mercato. L indisponibilità di metodi scientifici validati per la determinazione del PAO per i prodotti cosmetici crea indubbiamente non poche difficoltà a chi deve assumersi la responsabilità di tale dichiarazione: infatti non solo mancano protocolli che individuino la tipologia di analisi più idonea per i diversi prodotti, ma addirittura mancano riferimenti bibliografici riconosciuti riguardo l effettiva corrispondenza tra il tempo di permanenza nella camera termostatata a temperatura e umidità controllate (T 40 C, umidità 75%) e l effettivo invecchiamento del prodotto. Le corrispondenze individuate vanno infatti da 1 mese = 4 mesi, utilizzata da alcune aziende leader nel settore, a 1 mese = 6 mesi, che viene invece adoperato dal settore farmaceutico, a 1 mese = 10 o addirittura 12 mesi, che viene frequentemente utilizzato come riferimento da numerose industrie produttrici. Le prime due mettono sicuramente al riparo dal rischio di sovrastimare la durata reale del prodotto, ma d altro canto presentano il duplice svantaggio di una durata d esecuzione particolarmente lunga e di un indicazione di durata in etichetta che sarà sicuramente inferiore rispetto a quella indicata da chi, invece, utilizzi i secondi due criteri. In mancanza quindi di una normativa che stabilisca le modalità e la durata di questo tipo di prove, sarà necessario affidarsi alla conoscenza delle caratteristiche del prodotto, applicando criteri più o meno restrittivi a seconda del maggiore o minore rischio di contaminazioni e/o degradazioni chimiche. Chi deve determinare il PAO si dovrà basare su dati di tipo quantitativo e/o qualitativo, facendo anche ricorso all esperienza personale ed aziendale. La valutazione deve tenere in considerazione la complessità dell insieme dei prodotti cosmetici e le normali o ragionevolmente prevedibili condizioni in cui i consumatori li utilizzano. In generale i principali fattori che possono influenzare la stabilità chimica e fisica sono: 1. Suscettibilità a contaminazione microbica. Sotto questo aspetto la stabilità dopo l apertura è principalmente dovuta al perdurare dell efficacia del sistema conservante dopo l esposizione all ambiente esterno, e il rischio di contaminazione del prodotto è soprattutto correlato al contatto fisico con il consumatore. Alcuni prodotti per loro natura non sono esposti alla contaminazione batterica per cui è inutile indagare sulla stabilità microbiologica ad es. prodotti in confezioni che assicurano protezione specifica al contenuto ed impediscono qualsiasi contaminazione (aerosol, confezioni che evitano il contatto del prodotto con l esterno) e prodotti le cui caratteristiche intrinseche li rendono ostili alla crescita di microrganismi (prodotti con alto contenuto di alcool, con bassa presenza di acqua libera, con ph superiori a 8 o inferiori a 4,5). Una tipologia di prodotti per i quali non è necessaria la determinazione del PAO è ovviamente, quella dei monouso. 2. Modalità e destinazione d uso (es. verrà utilizzato da consumatori privati o da professionisti? In quanto tempo verrà ragionevolmente consumato? È un prodotto a risciacquo oppure no? Quante volte al giorno e con che modalità viene applicato?) Un altro aspetto da valutare è la tempistica di esecuzione dei controlli: una volta stabilito la durata ipotetica del prodotto dopo apertura (es. 6 mesi) e la corrispondenza più opportuna tra invecchiamento accelerato ed effettivo (es. 1 mese = 6 mesi), infatti, sarà più opportuno fare un unico controllo a scadenza, o eseguire più controlli scaglionati (es. una volta la settimana)? Anche in questo caso l approccio migliore dipende strettamente dalle caratteristiche del campione: ovviamente più queste caratteristiche sono tali da rendere il prodotto a rischio e maggiore è l opportunità di eseguire il controllo a intervalli regolari. Mentre, ad Pagina 3 di 6

4 esempio, per un prodotto che venga a contatto tutti i giorni con l esterno e con le mani dell utilizzatore sarà essenziale un test del tipo a insulto ripetuto, con controlli da eseguire ad intervalli di una settimana l uno dall altro, per un prodotto che sia confezionato in un contenitore con erogatore pump, e che venga utilizzato una volta la settimana (es. uno scrub) potrà invece essere sufficiente un challenge all ipotetica scadenza. 4. PROTOCOLLI INDICATIVI I protocolli di seguito suggeriti vanno intesi come proposte di massima, da adattare di volta in volta a seconda delle specifiche caratteristiche del prodotto. Si presuppone ovviamente che, poiché la valutazione della sicurezza di un prodotto cosmetico è un obbligo previsto da tempo dalla vigente legislazione, siano state eseguite tutte le analisi del caso per ottemperarvi, e che di conseguenza l unica incognita possa essere non la sicurezza del prodotto in sé, ma quella dello stesso sottoposto a stress d uso. Le macrocategorie elencate raggruppano prodotti il cui livello di rischio sia simile, e comprendono i cosmetici più comunemente utilizzati. Tutte le analisi proposte si intendono eseguite dopo stazionamento in camera termostatata a 40 C con umidità pari a 75%. La durata della permanenza e la frequenza nell esecuzione dei controlli andrà definita di volta in volta. 1) tinture per capelli, deodoranti alcolici, lozioni alcoliche, dopobarba, smalti questi prodotti hanno caratteristiche chimico-fisiche, tipologia di contenitore e modalità d utilizzo tali da non renderli suscettibili ad aggressioni batteriche. Non vi sono neppure motivi ragionevoli per presupporre una degradazione chimica. Si tratta infatti o di prodotti stabili, o di monodose (es. tinture per capellli per uso domestico) o di prodotti che hanno un tempo di utilizzo estremamente rapido (es. tinture per capelli ad uso professionale). A proposito di quest ultime, poi, si deve ricordare che si tratta di prodotti già di per sé a rischio, in quanto spesso contengono materie prime sensibilizzanti e/o irritanti, e di conseguenza devono essere sottoposte a controlli particolarmente severi che ne garantiscano l innocuità prima di essere immesse sul mercato. Non sarà quindi necessario eseguire determinazioni particolarmente elaborate per individuarne il PAO. Saranno sufficienti le conoscenze del produttore sul proprio prodotto, e il PAO che potrà essere riportato in etichetta sarà pari a quello ragionevolmente prevedibile d impiego del prodotto (eccezion fatta per i monouso). Le possibili criticità per questi prodotti sono legate alla cessione di formaldeide da parte di resine fenoliche che possono essere contenute negli smalti per unghie, e l evaporazione dell etanolo per i composti alcolici, che potrebbe compromettere la conservazione del prodotto. Per valutare queste possibilità si consiglia il semplice controllo della formaldeide nel primo caso e del peso nel secondo, dopo stazionamento in camera termostatata. Nel caso non vengano rilevate variazioni apprezzabili non sarà necessario procedere con ulteriori indagini, in caso contrario verranno concordati gli approfondimenti del caso. 2) prodotti solari questa tipologia di prodotti si colloca all estremo opposto rispetto ai precedenti: sono infatti suscettibili, per le loro caratteristiche, e per l utilizzo che di norma ne viene fatto, sia ad aggressioni microbiologiche che a degradazioni chimiche, che possono portare sia alla perdita del potere protettivo dai raggi UV, che al formarsi di composti tossici di degradazione. Challenge test o In Use test Quantificazione dei filtri UV SPF in vitro Pagina 4 di 6

5 SPF in vivo qualora il test precedente abbia buon esito Patch test qualora il test precedente abbia buon esito Test di sensibilizzazione in vitro N di perossidi (ovviamente solo per i prodotti nei quali la componente grassa sia significativa). 3) Creme per la pelle, lozioni non alcoliche, deodoranti non alcolici, gel corpo e capelli non alcolici, shampoo, bagnoschiuma, saponi liquidi e fondotinta questa tipologia di prodotti ha di norma un elevata Aw e non contiene principi attivi che possano di per sé inibire la proliferazione batterica, di conseguenza forma un substrato ideale per i microrganismi. Per ovviare a questa eventualità vengono, generalmente, impiegati conservanti, anche in quantità significative. Tipicamente i sistemi di confezionamento più diffusi si suddividono in: Flaconi con ugello Vasetti a bocca larga Stick e roll on (per i deodoranti) Contenitori con erogatore È evidente che le prima tipologia di prodotto è meno sottoposta al contatto con l esterno e con le mani dell utilizzatore, ma d altra parte la quantità è, di norma, ben superiore a quella contenuta nei famigerati vasetti o in stick e roll on. L ultima categoria è sicuramente la meno a rischio. Challenge test o In Use test Patch test qualora il test precedente abbia buon esito 4) Ombretti, matite per le labbra e ciprie Questi prodotti hanno in comune un Aw molto bassa controbilanciata da un frequente contatto con l esterno. Sono quindi meno a rischio delle creme, ma non può essere esclusa a priori la possibilità di contaminazione. In Use test Test di irritazione oculare in vitro 5) Dentifrici, mascara ed eye liner Questa tipologia di prodotti ha di norma un elevata Aw e non contiene principi attivi che possano di per sé inibire la proliferazione batterica, inoltre vengono utilizzati frequentemente (come minimo una volta al giorno). Di conseguenza formano un substrato ideale per i microrganismi. Per ovviare a questa eventualità vengono, generalmente, impiegati conservanti, anche in quantità significative. Inoltre è inevitabile il contatto con le mucose. Per la loro tipologia di confezionamento, inoltre, queste tipologie di prodotti sono frequentemente sottoposte al contatto con l esterno. Challenge test o In Use test Patch test qualora il test precedente abbia buon esito Test di irritazione oculare in vitro Test di sensibilizzazione in vitro Pagina 5 di 6

6 6) Rossetti, matite per occhi, saponette Questi prodotti hanno in comune un Aw molto bassa controbilanciata da un frequente contatto con l esterno. Sono quindi meno a rischio delle creme, ma non può essere esclusa a priori la possibilità di contaminazione. Inoltre contengono un elevata percentuale di materie prime grasse e vengono inevitabilmente a contatto con le mucose. In Use test Test di irritazione oculare in vitro Test di sensibilizzazione in vitro N di perossidi 5. CONCLUSIONI Chelab srl dispone: a) di personale con esperienza e competenza nel settore specifico, in grado di consigliare le analisi più idonee per un adeguata valutazione della sicurezza del prodotto post apertura b) di laboratori in grado di portare a termine con efficienza, precisione e rapidità le analisi chimiche, microbiologiche e i test di efficacia necessari a supportare l indicazione di shelf life apposta sul prodotto, c) di apposite camere climatizzate atte ad accelerare artificialmente l invecchiamento del prodotto e/o a riprodurre condizioni di stress termico, luminoso etc, simulando le reali condizioni d uso. Grazie alle strutture e alle competenze professionali disponibili, è in grado di collaborare con la clientela nell immissione sul mercato di prodotti sicuri. Pagina 6 di 6

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