UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN FILOSOFIA UMANITÀ E AMBIENTE:

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN FILOSOFIA UMANITÀ E AMBIENTE: PROSPETTIVE DI FILOSOFIA AMBIENTALE PER UN'ETICA PRESENTE RIVOLTA AL FUTURO RELATORE: Prof. Giuliano Sansonetti CORRELATORE: Prof. Marco Bresadola LAUREANDA: Silvia Riberti Matr. N ANNO ACCADEMICO 2009 / 2010

2 INDICE INTRODUZIONE LA CRISI AMBIENTALE: LE EMERGENZE PLANETARIE Insostenibilità della crescita perpetua , Anno Internazionale per la Biodiversità Inquinamento, effetto serra, riscaldamento globale, mutamenti climatici Interesse mondiale per la crisi ambientale: una periodizzazione del dibattito LA CRISI AMBIENTALE COME PROBLEMA FILOSOFICO Le cause della crisi ambientale L uomo dominatore della natura: cenni storici di un epistemologia di dominio La crescita del potere tecnologico e la fallacia tecnicistica Le filosofie dell ambiente: una proposta di classificazione Filosofie antropocentriche Filosofie non-antropocentriche Ecologia profonda deep ecology FILOSOFIE NON ANTROPOCENTRICHE Filosofie individualistiche: la questione animalista tra utilitarismo e teoria dei diritti Utilitarismo: Jeremy Bentham e Peter Singer Oltre il sensio-centrismo: la teoria dei diritti di Tom Regan Filosofie biocentriche: Albert Schweitzer, Paul Taylor, Kenneth Goodpaster Albert Schweitzer: il rispetto per la vita Paul Taylor e Kenneth Goodpaster: il rispetto per la natura e il principio di vita Filosofie olistiche: Aldo Leopold, John Baird Callicott e Holmes Rolston III L etica della terra di Aldo Leopold La land ethics nella filosofia di John Baird Callicott I valori selvaggi di Holmes Rolston III L ECOLOGIA PROFONDA DEEP ECOLOGY Arne Naess e l ecosofia T Ecologia profonda e attivismo Alcuni punti critici della deep ecology

3 5. FILOSOFIE DEBOLMENTE ANTROPOCENTRICHE John Passmore: un etica moderatamente antropocentrica per un dominio responsabile Bryan G. Norton e il valore trasformativo della natura Murray Bookchin e l ecologia sociale LA FILOSOFIA DI HANS JONAS Il filosofo dalle molte vite Dallo gnosticismo antico al nichilismo moderno: il dualismo tra uomo e natura La filosofia della biologia: un ponte tra uomo e natura Essere e dover essere Il primo imperativo: che ci sia un umanità L ETICA DELLA RESPONSABILITÀ NELLA SOCIETÀ DEL RISCHIO La società del rischio L euristica della paura: quale rischio non possiamo correre La teoria della responsabilità Valori per il futuro Alcune critiche Conclusioni BIBLIOGRAFIA

4 INTRODUZIONE Negli ultimi cinquant anni la rapida crescita economica dei paesi industrializzati, e la relativa corsa all accumulo di ricchezza e di sempre maggior benessere, sta imponendo al nostro pianeta una pressione insostenibile. Mantenere i nostri stili di vita, peraltro volti al raggiungimento di un opulenza continuamente superiore, causa una sempre maggiore domanda delle risorse necessarie per alimentazione, energia, trasporti, prodotti elettronici, spazi in cui vivere e in cui smaltire rifiuti, soprattutto il biossido di carbonio derivante dai combustibili fossili. 1 Il problema si accentua, inoltre, a causa della necessità di soddisfare le crescenti richieste di una popolazione umana mondiale in continuo aumento, fino a raggiungere livelli di vera e propria sovrappopolazione: sulla Terra siamo ormai circa sette miliardi di persone. Per quanto riguarda l impronta ecologica dell umanità ovvero la superficie planetaria necessaria alla produzione delle risorse e all assorbimento dell anidride carbonica immessa nell atmosfera dalle attività antropiche si rileva un preoccupante trend di crescita costante: dagli anni 60 l impronta ecologica è raddoppiata, e oggi supera la biocapacità della Terra del 50%. Questo significa che, attualmente, stiamo sfruttando le risorse e le capacità planetarie come se avessimo a disposizione un pianeta Terra e mezzo. Inoltre, se il trend non dovesse invertirsi, entro il 2030 il genere umano avrà bisogno della capacità di due pianeti Terra per assorbire l anidride carbonica immessa e fare fronte il consumo delle risorse mondiali. È evidente che, se è impensabile esportare il modello economico occidentale alle popolazioni in via di sviluppo, altrettanto inverosimile è che le nazioni ricche continuino a mantenere lo stesso stile e tenore di vita. Inquinamento di suolo, aria e acqua; buco nell ozono; piogge acide; mutamenti climatici; calo drastico e continuo di biodiversità; riduzione della disponibilità mondiale di acqua dolce: sono solo alcuni dei sintomi del cattivo stato di salute del nostro pianeta, derivante dal nostro sconsiderato sovra sfruttamento, e delineano il quadro di una grave e complessa patologia, che oggi chiamiamo crisi ecologica. Tale crisi si configura come un inestricabile intreccio di cattivo uso dei beni naturali e particolari rappresentazioni del benessere individuale e sociale, 2 e per affrontarla è necessario che ogni disciplina umana, per quanto le compete, contribuisca e collabori con 1 James P. Leape, Direttore Generale WWF Internazionale, Living planet report 2010, p L. Pellizzoni, G. Osti, 2003, p

5 le altre: non solo scienza, politica ed economia (che finora, da sole, si sono rivelate tutto sommato inadeguate nel fare fronte alla crisi), ma anche sociologia, diritto, filosofia. Proprio a quest ultima il grande filosofo contemporaneo della scienza Karl Popper rivolge la sua pesante accusa: A mio parere il più grande scandalo della filosofia è che, mentre tutto intorno a noi il mondo della natura perisce e non solo il mondo della natura i filosofi continuano a discutere, a volte acutamente a volte no, sulla questione se il mondo esiste. 3 Eppure, mentre Popper formula quest accusa (è il 1983), già da tempo diversi filosofi hanno rivolto la loro attenzione al rapporto uomo-natura, e quindi anche alla crisi ecologica, interpretata come scorretto approccio del genere umano all ambiente naturale. Una delle prime espressioni di un nuovo germe di pensiero eco-filosofico risale all Ottocento, ad opera del naturalista americano Henry David Thoreau: egli pubblica Walden, o Vita nei boschi (1854), ove sostiene la necessità di un riavvicinamento dell uomo con la natura, bisogno maturato anche alla luce dell irruente industrializzazione e dell emergente e frenetica ricerca del progresso e del benessere materiale. Nella seconda metà dell Ottocento il diplomatico George Marsh pubblica poi Man and Nature (1864), forse la prima opera dedicata alla denuncia della distruttività dell intervento umano sull ambiente. Ma è nel Novecento che la crisi ecologica e il rapporto uomo-natura diventano centrali nel dibattito filosofico: nascono e fioriscono vere e proprie filosofie dell ambiente, che accompagnano alla critica dell attuale approccio umano alla natura, proposte originali e diversificate per una nuova etica e una diversa concezione della relazione tra umanità e natura. La riflessione filosofica formula una dettagliata analisi della crisi, secondo la quale le attuali emergenze ecologiche planetarie sono da ricondursi a due cause: l epistemologia del dominio, quell atteggiamento che permette e legittima uno sfruttamento dispotico della natura da parte dell uomo dominatore, e un incremento imponente del potere tecnologico, in grado di influenzare in modo radicale il corso della vita sul pianeta. Oggi l uomo dispone di tecnologie in grado non solo di distruggere e modificare profondamente l ambiente naturale, ma anche di alterare la stessa natura umana. Ciò che è più inquietante è che tali strumenti sembrano non essere del tutto controllabili dall uomo, e il loro impiego non è dettato solo da scelte razionalmente 3 K. Popper, 1983, p. 58 5

6 fondate, ma anche da un pericoloso delirio di onnipotenza. Per questo Hans Jonas può sostenere che le promesse della tecnica moderna si sono trasformate in minaccia, o che questa si è indissolubilmente congiunta a quelle. 4 Uno dei lati maggiormente allarmanti della crisi ecologica che oggi ci affligge, è la sua inusitata estensione spaziale e temporale: essa è globale e coinvolge inesorabilmente la dimensione futura della Terra, e con essa anche il destino delle nuove generazioni. Con preoccupazione, John Passmore osserva che le emergenze odierne impongono all umanità un onere enorme: Agli uomini di oggi si richiede di salvare il futuro ( ). Nessuna generazione si era mai prefissata un compito così erculeo. 5 Può la filosofia aiutare l umanità presente a sostenere questo sforzo erculeo? Qual è il compito del filosofo di fronte alla crisi ecologica? Ora che siamo sull orlo dell abisso, secondo Jonas: La filosofia può contribuire a far sì che nell educazione venga sviluppato un senso che faccia prevedere gli effetti a lunga scadenza dell agire umano sul delicatissimo equilibrio fra pretese umane ed efficienza della natura. Essa può contribuire a far nascere, attraverso la sua riflessione e articolazione, iniziative per salvare e conservare l ambiente. 6 Nella mia tesi ho dunque esposto i maggiori contributi dati dalla filosofia sul tema della crisi ambientale e del rapporto uomo-natura. Il dibattito ambientale è tra i più vivaci nell attuale panorama filosofico e presenta una stimolante varietà di prospettive originali, articolate e sfaccettate. Vedremo quindi, in particolare nei capitoli terzo, quarto e quinto, le principali filosofie dell ambiente formulate finora; per quanto siano difficilmente classificabili, ho reputato opportuno distinguerle in tre orientamenti di pensiero, a seconda che difendano un punto di vista non-antropocentrico, eco-centrico o debolmente antropocentrico. Le posizioni non-antropocentriche ritengono che la crisi ecologica sia superabile soltanto abbandonando la tradizionale impostazione antropocentrica, che vuole l uomo come unico soggetto morale nella realtà, impostazione dalla quale è indiscutibilmente discesa l epistemologia del dominio. Secondo le posizioni non-antropocentriche l uomo 4 H. Jonas, Prefazione, 1990, p. XXVII. 5 J. Passmore, 1986, p H. Jonas, 2000, p

7 deve invece essere riconsiderato come parte integrante della natura, privo di qualsiasi privilegio rispetto alle altre specie viventi. È interessare notare come nell ambito di queste proposte si trovino filosofie radicalmente diverse e contrastanti, quali il liberazionismo animale di Peter Singer e l olismo di John Baird Callicott. Ecocentrismo si riferisce invece a quelle particolari riflessioni che si collocano, in un qualche modo, al di là della distinzione tra antropocentrismo e non-antropocentrismo. La proposta ecocentrica per eccellenza è formulata dal movimento dell ecologia profonda, il cui padre fondatore è il norvegese Arne Naess. L ecologia profonda (o deep ecology) è connotata da una forte componente attivistica e da alcuni risvolti di tipo quasi religioso. Le etiche debolmente antropocentriche puntano invece al riformare l attuale dominio sulla natura che l uomo esercita dispoticamente, per volgerlo in un tipo di governo responsabile, rispettoso e in un amministrazione saggia delle risorse planetarie. In quest ambito di riflessione filosofica, spiccano i due principi della conservazione e preservazione dell ambiente, ampiamente discussi dal filosofo John Passmore. L idea della saggia amministrazione trova poi una validissima base etica nella teoria della responsabilità formulata da Jonas. Come avremo modo di vedere, ogni filosofia dell ambiente non è esente da critiche, limiti e punti deboli. Nonostante ciò, la mia tesi è che, nel fronteggiare la crisi del rapporto uomo-natura, nonostante alcune prospettive non-antropocentriche risultino particolarmente affascinanti, le proposte oggi più sostenibili e praticabili restino quelle debolmente antropocentriche. In particolare, trovo che la proposta jonasiana di un principio responsabilità, per orientare l agire umano in una civiltà fortemente tecnologica, sia attualmente il progetto filosofico più valido, completo e fondato di un etica presente rivolta al futuro. Mentre molti hanno decretato la morte della filosofia e del suo ruolo pubblico, Jonas ripropone coraggiosamente il compito fondamentale della filosofia nella moderna società tecnologica. Ovvero riafferma l insostituibilità del pensare metafisico, come forma essenziale allo sviluppo critico del sapere e dell agire dell uomo nel mondo. 7 Concludo quindi quest introduzione con un passo di Jonas, al quale dedico gli ultimi due capitoli, e che costituisce l intero intento di questo mio lavoro. Secondo il filosofo, il mondo di domani ci imporrà rinunce anche 7 M. L. Furiosi, 2003, p

8 ( ) alla libertà, che divengono necessarie in proporzione al crescere del nostro potere e ai suoi rischi di autodistruzione. I controlli che tale potere esige, messo com è in mani così poco fidate come le nostre, non possono evitare di porre all arbitrio limiti più severi anche nell ambito individuale; insieme ai libertinaggi non più leciti di un capitalismo sfrenato e ei suoi eccessi di consumo, anche alcune libertà per noi preziose, personali e collettive, possono diventare vittime dell aggravantesi condition humaine. ( ) Consideriamo però che in alternativa alla disciplina imposta c è l autodisciplina. ( ) Sacrifici volontari di libertà adesso possono salvare i tratti essenziali di essa per il futuro. ( ) In ultima analisi la questione dell umanità si risolve dal basso e non dall alto. Le grandi decisioni visibili, per il bene o per il male, avvengono (oppure ci sfuggono) sul piano politico. Ma noi tutti possiamo preparare in modo invisibile il terreno cominciando da noi stessi. L inizio, come tutto ciò che è buono e giusto, è ora e qui. 8 8 H. Jonas, 1997, p

9 1. LA CRISI AMBIENTALE: LE EMERGENZE PLANETARIE Attorno all ampia e complessa questione della crisi ambientale è fiorito, ormai da vari decenni, un vivacissimo dibattito che chiama in causa molteplici discipline: non solo scienza e filosofia, ma anche politica, diritto, economia, sociologia e perfino teologia. Ci troviamo di fronte a un problema che è insieme scientifico, filosofico, politico, giuridico, sociale ed economico, e per una determinata fetta di intellettuali, esso si radica nella tradizione teologica ebraico-cristiana. Trattandosi di una questione talmente articolata, trovo importante fornire anzitutto alcune informazioni per capire in cosa consista concretamente questa crisi, e come essa investa l intero pianeta. Una volta tratteggiata una problematica ecologica di proporzioni vastissime, che pare in grado di minacciare sotto aspetti diversi la qualità della nostra vita e soprattutto quella delle generazioni future, 9 ci accosteremo alle varie e innovative filosofie dell ambiente, capendo meglio in che senso l uomo venga denunciato come usurpatore della natura, o su quali basi venga affermato che la sua stessa tecnica l abbia reso schiavo, mettendo a rischio il futuro dell umanità. Le diverse prospettive filosofiche sull ambiente mirano non solo a indirizzare l atteggiamento umano inclusa l azione politica, più spesso influenzata da regole economiche al fine di risolvere le emergenze ecologiche, ma si propongono primariamente di ripristinare (o di innovare completamente) un equilibrio oggi scomparso: quello tra l uomo e la natura. Nel famosissimo e controverso articolo The historical roots of our ecological crisis (1967), Lynn White definiva infatti la crisi ambientale come problema culturale, perché riguarda il modo in cui l uomo si rapporta con l ambiente inteso come sistema. 10 Se dal punto di vista scientifico il problema ambientale è considerato come uno stato patologico del pianeta sovra-sfruttato, filosoficamente la crisi ecologica è crisi del rapporto tra uomo e natura. Mariachiara Tallacchini propone questa definizione di crisi ambientale: La questione ecologica è stata definita «globale» secondo tre significati: nel senso che essa concerne l uomo nella sua totalità, nel senso che possiede dimensioni planetarie e, infine, nel senso che può essere risolta solo attraverso la cooperazione tra tutte le discipline scientifiche e umanistiche P. Pozzati, F. Palmieri, 2007, p L. White, The historical roots of our ecological crisis, 1967, cit. da ibidem. 11 M. Tallacchini, 1996, p.1. 9

10 Prima di occuparmi della questione ambientale come problema filosofico-culturale, ritengo possa essere utile esaminare alcune delle odierne emergenze ecologiche che possono leggersi, senza eccessivi catastrofismi, come i sintomi tangibili del suddetto squilibrio nel rapporto uomo-natura. Mi riferirò, nei limiti delle mie conoscenze, a tre grandi questioni in particolare; per prima cosa considererò il problema della sovrappopolazione, che non solo esemplifica bene la fallacia del mito della crescita perpetua, ma rende anche l idea del reale impatto ambientale dell umanità sulla Terra. In secondo luogo mi servirò del discorso sulla biodiversità (e sul suo progressivo impoverimento) per chiarire come l esistenza dell umanità sia fortemente dipendente dalla vita e dagli equilibri ecologici del resto del pianeta. Infine, cercherò di prendere spunto dalla complessa questione che lega inquinamento umano, effetto serra e mutamenti climatici, per illustrare non solo le dimensioni planetarie dell azione antropica, ma anche il margine di incertezza e l incontrollabilità che riguardano i processi ambientali che si innescano a seguito l intervento umano. Hans Jonas descrive la distruzione dell ambiente come una minaccia apocalittica e strisciante 12, ovvero non improvvisa come l olocausto atomico, ma ugualmente devastante. Come difendersi da un processo [che] avanza per cento sentieri e in mille piccoli passi, ovunque pieno di incognite rispetto ai valori-soglia critici? 13 Oggi, soprattutto leggendo i rapporti scientifici sulla situazione del pianeta, si ha l impressione che di questi mille piccoli passi ne siano stati fatti già troppi, la strada fin qui percorsa ormai molto lunga, e che i sentieri sui quali la crisi ambientale sta continuando ad avanzare, siano grovigli avviluppati che l uomo non sa districare. La crisi ambientale si è aggravata ogni anno di più a causa dei mezzi in sé innocenti, utili alla vita, divenuti addirittura necessari ad essa della tecnica globale, incessante, della nostra produzione di beni, che alimenta il consumo mondiale. 14 Il dominio tecnico dell uomo sul mondo ha prodotto effetti che sono sfuggiti alla comprensione e quindi al controllo della scienza umana, la quale non è più né ancora in grado di gestirli. A questo punto il rispetto e la prudenza ( ) devono trattenerci nel senso più generale da una rovinosa leggerezza e far crescere in noi uno spirito di nuova moderazione 15 : questa proposta di Jonas, come vedremo, è stata accolta e sintetizzata nei principi di responsabilità e di precauzione 12 H. Jonas, 1997, p Ibidem. 14 Ibidem. 15 Ivi, p

11 che si ritrovano largamente sullo sfondo giuridico-politico del dibattito ambientale internazionale Insostenibilità della crescita perpetua La crescita perpetua è il credo della cellula cancerosa. 16 Nel 1750 l umanità sul pianeta constava di circa ottocento milioni di persone, cifra raggiunta in migliaia di anni. Dai decenni successivi fino ad oggi, la popolazione mondiale è cresciuta a un ritmo senza precedenti, grazie a conquiste scientifiche, mirabili progressi medico-sanitari, e in generale sull onda di sviluppi sociali derivati da stretti rapporti tra scienza, tecnica ed economia. Raggiunto il miliardo già nel 1804, siamo arrivati nel 2005 a superare la soglia dei sei miliardi e mezzo di persone, e le previsioni del Dipartimento demografico delle Nazioni Unite stimano che entro il 2050 arriveremo a una cifra che oscilla tra i 7,9 (proiezione cauta) e i 10, 9 miliardi (proiezioni limite) di persone. 17 Questo boom demografico, che a prima vista sembra affermare una piena vittoria evolutiva del genere umano, capace di proliferare, di adattarsi bene e sempre meglio all ambiente 18, è oggi visto con grande preoccupazione per una serie di motivi. Anzitutto, l odierna crescita demografica tende ad interessare sostanzialmente solo i paesi in via di sviluppo, nazioni che contano ad oggi circa l 80% della popolazione mondiale. La popolazione dei paesi ricchi, oltre ad essere tendenzialmente stabile 19, rappresenta il residuo 20% della popolazione mondiale. I dati sull incremento demografico non sono confortanti se si considera l abissale divario socio-economico tra nord e sud del mondo: gli abitanti dei paesi ricchi dispongono dell 87% del reddito globale, lasciando sopravvivere il resto della popolazione mondiale (appunto l 80% degli abitanti del pianeta) con il restante 13%. Nel descrivere la crisi ambientale come ingiustizia sociale 20, i sociologi Luigi Pellizzoni e Giorgio Osti giustamente vi includono questa sproporzionata distribuzione delle risorse naturali rispetto alla popolazione. 16 Edward Abbey, cit. da M. Spinetti, 2008, p P. Pozzati, F. Palmieri, 2007, p L. Pellizzoni, G. Osti, 2003, p Il tasso di crescita annuo nei paesi dell OCSE è dello 0,5-0,6% (dati del Worldwatch Institute 2000). 20 L. Pellizzoni, G. Osti, 2003, p

12 La crisi ecologica, sempre secondo Pellizzoni e Osti, si definisce anche come insostenibilità, in riferimento appunto ad una crescita (di popolazione e di consumi) continua. Fin dagli anni 70 dello scorso secolo il mito della crescita economica e demografica illimitata trova una forte battuta di arresto grazie a diversi studi e pubblicazioni, tra cui l ormai famosissimo rapporto su I limiti dello sviluppo (1972), commissionato dal Club di Roma ai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology. La tesi qui propugnata è che occorre contenere drasticamente l incremento della popolazione e la crescita industriale 21, pena il collasso dell intero pianeta, incapace di sostenere la pressione che la specie umana gli impone in termini di sfruttamento delle risorse naturali e di assorbimento delle emissioni di materiali derivanti dall azione antropica. Per valutare fino a che punto il pianeta può sostenere le attività umane è interessante considerare l impronta ecologica, parametro introdotto nel 1996 da Mathis Wackernagel e William Rees. Essa calcola la superficie corrispondente alla porzione di territorio produttivo e di ecosistema acquatico necessaria per produrre le risorse richieste e assorbire i rifiuti scartati da una data popolazione con un dato tenore di vita 22. Secondo l ultimo Living planet report del WWF, pubblicato nell ottobre 2010, l umanità ha un impronta ecologica del 50% superiore alla capacità del pianeta di rigenerarsi. Il dato è tanto più preoccupante quanto più si considera che il superamento dei limiti ecologici terrestri non ha fatto altro che aumentare progressivamente negli ultimi cinquant anni, come si evince dal grafico seguente: Andamento dell impronta ecologica mondiale secondo il Living Planet Report 2010 del WWF. 21 Ivi, p W. Rees, L impronta ecologica. Come ridurre l impatto dell uomo sulla terra (1996), cit. da S. George, 2003, p

13 L eccedenza del 50% sta ad indicare che la nostra impronta ecologica complessiva è tale da richiedere gli ettari equivalenti a 1,5 pianeti Terra, e se l impronta dovesse crescere con lo stesso trend degli ultimi cinquant anni, entro il 2030 necessiteremmo di due pianeti per mantenere il nostro stile di vita. Com è ovvio, non abbiamo né avremo mai a disposizione due pianeti Terra: se l umanità non cambia direzione, è destinata a crollare impietosamente e inesorabilmente assieme al pianeta sul quale (e del quale) vive. L eccessiva impronta ecologica mondiale non si deve solamente a un problema generico di sovrappopolamento (non siamo solo troppi rispetto alle risorse planetarie disponibili), bensì anche ai tipi di modelli economici-culturali e stili di vita diffusi tra la popolazione. A questo proposito è interessante confrontare le impronte ecologiche nazionali: viene così alla luce una disparità notevole tra i paesi dell emisfero boreale e di quello australe in termini di esigenze di consumo-smaltimento. L impronta ecologica statunitense risulta valere quasi venti volte quella del Bangladesh. Un abitante medio di una nazione del nord consuma una quantità di risorse naturali circa dieci volte superiore a quella di un abitante medio del sud. Inoltre, il primo ha bisogno di molto più spazio per smaltire i residui dei propri consumi. 23 Superare la biocapacità mondiale comporta gravi conseguenze a livello planetario: le risorse sono in via di esaurimento; l acqua è sempre più inquinata e incapace di autodepurarsi, cosa che comporta un calo della disponibilità mondiale di acqua dolce; l aria e il suolo sono altrettanto soggetti a un tasso d inquinamento che incide sulla salute delle popolazioni; diminuisce drasticamente la biodiversità; le alterazioni del clima minacciano sempre più concretamente il benessere e lo sviluppo delle nazioni. Già nel 1992, la dichiarazione della Union of Concerned Scientist, sottoscritta da un eccezionale numero di esperti, tra i quali molti premi Nobel, descriveva così lo scenario mondiale: Gli esseri umani e la natura si trovano in rotta di collisione. La capacità della Terra di provvedere a quantità crescenti di persone ha un limite ( ) e ci stiamo velocemente avvicinando a molti limiti della Terra ( ). Non rimangono che pochi decenni prima 23 L. Pellizzoni, G. Osti, 2003, p

14 che vada perduta l opportunità di allontanare le minacce che incombono su di noi e che venga compromessa oltremisura la prospettiva per l umanità. 24 Dieci anni più tardi Christopher Flavin, presidente del Worldwatch Institute, riaffermava: Rispondere ai più elementari bisogni umani, rallentare una crescita della popolazione senza precedenti, proteggere risorse naturali vitali, le acque potabili, le foreste, le risorse ittiche, sono tutti prerequisiti di una società sana e stabile. Costruire un mondo più sostenibile e sicuro e che sia basato su valori umani universali e sulla solidarietà non potrebbe essere più urgente , Anno Internazionale per la Biodiversità I dati a nostra disposizione parlano chiaro: il ritmo di scomparsa delle specie selvatiche per causa umana è paragonabile alle cinque grandi estinzioni del passato. Molte specie si sono già estinte e migliaia, forse milioni, faranno presto la stessa fine. Inoltre questo processo rischia di mettere a repentaglio la stessa società umana. 26 Volendo tracciare un breve quadro della crisi ecologica nei suoi aspetti più urgenti e globali, traggo un felice spunto di riflessione proprio da questo 2010, che l ONU ha proclamato Anno Internazionale della Biodiversità per sottoporre all attenzione mondiale la grave emergenza dell impoverimento della diversità biologica, a causa dello sfruttamento incontrollato degli ecosistemi. Sono passati ben diciotto anni dalla Convenzione sulla diversità biologica, firmata nel corso della conferenza a Rio de Janeiro delle Nazioni Unite ( ), quando già ci si impegnava nel preservare e difendere la biodiversità, ovvero la varietà degli esseri viventi che popolano il pianeta, misurabile non solo a livello di specie e di popolazioni, ma anche a livello di geni e di ecosistemi. Dalla biodiversità dipende, in modi non sempre ben compresi e considerati, la stessa esistenza del genere umano: sono le relazioni ecologiche che si instaurano tra le diverse specie a 24 Dalla dichiarazione della Union of Concerned Scientist (1992) cit. da P. Pozzati, F. Palmieri, 2007, p C. Flavin, in Worldwatch Institute 2002, cit. da ivi, pp P. Pagano, 2006, p La Convenzione è però entrata in vigore effettivo nel dicembre del

15 sostenere lo sviluppo e la permanenza della vita sul pianeta. Secondo il dossier del WWF Effetto biodiversità: il lavoro costante e nascosto della natura a servizio di tutti (2008) sono cinque i principali servizi naturali di cui beneficiamo (e di cui spesso abusiamo): 1. Capacità dell atmosfera di immagazzinare il carbonio, contribuendo a mantenere un equilibrio climatico mondiale. Nel momento in cui si interviene irresponsabilmente con interventi di deforestazione e con un inquinamento atmosferico eccessivo rispetto alle capacità di assorbimento dell atmosfera, si destabilizza l intero clima globale. 2. Nutrimento: il fatto che il pianeta ci fornisca nutrimento sembra un fatto scontato e, in ogni caso, un fenomeno ormai pienamente controllato dall uomo tramite i progressi tecnico-scientifici applicati all agricoltura e all allevamento. Allora dovrebbe sorprendere sapere che circa un terzo dell alimentazione umana proviene da piante impollinate da oltre centomila specie di impollinatori selvatici (pipistrelli, api, mosche, farfalle, coleotteri e uccelli). Oggi questi impollinatori sono a rischio poiché disturbati dalle attività umane: uso di pesticidi e fitofarmaci, largo impiego di monocolture che destabilizzano l habitat di questi animali. Si pensi alla crescente mortalità delle api: oggi in Europa e Nord America si stima che lo spopolamento degli alveari sia del 20-50% all anno. Altri dati che ci inducono a riflettere riguardano il consumo globale di pesce, per il quale ci affidiamo all acquacoltura solo per un 45%: il restante 55% deriva dalla pesca in mare. Nel 2003 il 52% degli stock ittici è risultato sfruttato all estremo della sua capacità, ossia il livello di pescato corrisponde anche al massimo livello di riproduttività biologica della specie. 3. Risorse da impiegare in medicina: la natura offre all 80% della popolazione mondiale prodotti medicinali naturali e dei centocinquanta medicinali più prescritti negli USA, centodiciotto sono derivati da piante, funghi, batteri, serpenti. 4. Il nostro pianeta azzurro è ricco di acqua, elemento fondamentale per la vita e necessaria anche nella stragrande maggioranza delle attività umane: agricoltura e allevamento, generazione di energia, industria, settore dei trasporti, turismo. Sulla Terra sono presenti circa 1,4 miliardi di chilometri cubi d acqua, di cui il 97,5% sono acque marine e solo il residuo 2,5% è acqua dolce. Ogni essere umano per soddisfare i bisogni primari (bere e cucinare) necessita di cinque litri al giorno di acqua, ma i litri giornalieri diventano ottanta pro-capite per raggiungere una qualità di vita ragionevole e un adeguato livello sanitario. Attualmente i consumi idrici dei paesi industrializzati sono altissimi (si pensi che solo per produrre una tazzina di caffè sono necessari 15

16 centoquaranta litri di acqua), e si profila all orizzonte una riduzione critica della disponibilità mondiale di acqua dolce. 5. La Terra ci fornisce anche materie prime, come legno e materiali inerti. Un prelievo incontrollato ed eccessivo di materie prime causa uno sconvolgimento degli equilibri ambientali. L attuale situazione della biodiversità è grave secondo il Living planet report 2010 del WWF: si osservi il grafico dell indice del pianeta vivente, ovvero il grado di diversità biologica globale, misurato attraverso l analisi di popolazioni di specie di vertebrati nelle regioni del mondo, che risulta essere diminuito di circa il 30% tra il 1970 e il Fonte: Living Planet Report 2010 del WWF Inquinamento, effetto serra, riscaldamento globale, mutamenti climatici Nell ormai lontano 1988, alla conferenza di Toronto su L atmosfera in evoluzione, implicazioni per la sicurezza del globo, si rilevava che l atmosfera terrestre si modifica a un ritmo senza precedenti per effetto degli agenti inquinanti provenienti dalle attività umane. Tali modificazioni costituiscono una grave minaccia per la sicurezza mondiale e hanno già conseguenze nefaste in molte parti del mondo. 28 Le emissioni umane di anidride carbonica e di metano, dovute principalmente a un vertiginoso incremento del 28 Dichiarazione finale della conferenza di Toronto L atmosfera in evoluzione, implicazioni per la sicurezza del globo (1988), cit. da P. Pozzati, F. Palmieri, 2007, p

17 consumo di combustibili fossili e di scorretti stili di vita consumistici 29 nei paesi industrializzati, sono letteralmente senza precedenti ; si considerino infatti i seguenti dati: In epoca preindustriale la concentrazione di anidride carbonica [nell atmosfera] si è sempre mantenuta al di sotto delle 290 ppmv e quella del metano al di sotto delle 0,7 ppmv. Per cui provoca grave allarme il confronto tra questi valori, rappresentativi di due soglie limite mai superate in circa anni, con quelli rilevati oggi: infatti, allo stato attuale la concentrazione di CO2 (prossima alle 380 ppmv) attesta uno sfondamento di oltre il 30% della soglia limite ( ). Mentre, sempre allo stato attuale, la concentrazione di metano, oggi prossima alle 1,7 ppmv, attesta uno sfondamento di circa il 140% della corrispondente soglia limite ( ). 30 Una delle conseguenze dannose dell inquinamento atmosferico è l accentuazione nociva dell effetto serra, fenomeno naturale che permette al pianeta di trattenere nell atmosfera terrestre parte del calore proveniente dal Sole. È solo grazie all effetto serra che la temperatura superficiale media terrestre può aggirarsi sui 15 C, cosa che consente lo sviluppo della vita. Nel momento in cui si parla di effetto serra come emergenza planetaria ci si riferisce quindi non tanto al fenomeno in sé, indispensabile per la vita sulla Terra, bensì a una sua dannosa intensificazione. L effetto serra naturale si deve a particolari sostanze presenti nell atmosfera in grado di catturare il calore solare: vapore acqueo, anidride carbonica, ozono, metano e protossido di azoto. Vapore acqueo a parte, le altre sostanze sono presenti nell atmosfera in percentuali ridottissime: ecco perché, per quanto minima possa essere l incidenza umana su queste concentrazioni, ogni variazione risulta avere un impatto notevole sull effetto serra, che provoca a sua volta un aumento della temperatura media del pianeta e un conseguente disordine climatico globale. È importante sottolineare che al momento le ricerche scientifiche non riescono a chiarire in modo assoluto il rapporto di causa-effetto che lega inquinamento ed accentuazione dell effetto serra, per quanto la correlazione di andamento non lascia spazio a dubbi sul fatto che, se per una qualsiasi ragione varia uno dei due parametri, 29 A questo proposito si pensi alla produzione mondiale di carne, il cui consumo pro-capite nei paesi industrializzati aumenta di anno in anno fino all eccesso, che causa il 18% delle emissioni totali di anidride carbonica attribuibili alle attività umane (dati dal dossier FAO Livestock's long shadow, 2006). 30 P. Pozzati, P. Palmieri, 2007, pp

18 inevitabilmente si innesca una serie di feedback negativi o positivi che porta a massimizzare o minimizzare entrambi i parametri. 31 Come si può osservare dal seguente grafico, dal 1880 al 2004 è stato registrato un graduale incremento della temperatura media terrestre: Media delle temperature globali della superficie terrestre, Fonte: Goddard Institute for Space Studies, NASA ( A questo trend di aumento della temperatura media terrestre si accompagna una situazione planetaria in rapidissima e spesso imprevedibile evoluzione, segnata da: - Disordini climatici e aumento degli eventi meteorologici estremi (caldo torrido, alluvioni, inondazioni, uragani): l Organizzazione Meteorologica Mondiale ha registrato nell arco di un decennio un raddoppiarsi degli eventi meteorologicamente estremi: da trecentosessanta eventi nel 1992, a più di settecento nel Scioglimento dei ghiacci: il rapporto Climate Change 2007 dell IPCC (Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici) indica che fin dal 1978 l estensione media dei ghiacci artici si è ridotta del 2, 7% per decade. Un esempio a noi vicino per capire l andamento dello scioglimento dei ghiacci è il seguente: dal 1850 al 2000 si è registrata sulle Alpi una diminuzione del volume dei ghiacciai superiore al 50%. - Innalzamento del livello dei mari: sempre il rapporto sul clima del 2007 dell IPCC presenta una crescita del livello di 1,8 mm annui dal 1961 al 2003, con un trend di 31 Ivi, p

19 crescita raddoppiato da una decina d anni a questa parte. È preoccupante osservare che il 65% delle grandi città con più di 2,5 milioni di abitanti sono localizzate lungo fasce costiere, esposte perciò a seri rischi di inondazioni, senza contare il pericolo che corrono arcipelaghi e piccole isole. La complessità e la vastità del discorso che lega inquinamento umano, effetto serra e equilibrio climatico planetario sono emblematiche nel mettere a nudo come la scienza non riesca attualmente a fornire risposte esaurienti e decisive per risolvere le correnti emergenze ambientali. Pozzati e Palmieri osservano a questo proposito: La previsione dei futuri andamenti dell effetto serra e della futura evoluzione degli andamenti climatici rientra certamente tra le principali sfide scientifiche contemporanee. ( ) Non conosciamo ancora in modo sufficiente i numerosi meccanismi di feedback che governano la fisiologia del sistema clima ( ) ma è pur vero che il rischio di una significativa destabilizzazione climatica si fa sempre maggiore man mano che la nostra interferenza sulla natura si fa più consistente. 32 Alla luce di ciò, nel dibattito internazionale riguardante l ambiente, e in particolar modo le problematiche climatiche derivanti dall influenza umana sul pianeta, si è fatto strada il principio di precauzione. Secondo questo, in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l adozione di misura adeguate ed effettive (Art. 15 della Dichiarazione internazionale di Rio del 1992). Inoltre si legge nella Convenzione quadro sui cambiamenti climatici dell ONU (1992) all Art. 3 (il corsivo è mio): Le parti devono proteggere il sistema climatico, a beneficio della presente e delle future generazioni, su una base di equità e in rapporto alle loro comuni ma differenziate responsabilità e alle rispettive capacità. ( ) Le parti devono adottare misure precauzionali per rilevare in anticipo, prevenire o ridurre al minimo le cause dei cambiamenti climatici e per mitigarne gli effetti negativi. I principi di responsabilità e di precauzione, che ho voluto sottolineare nel passo precedente, sono ormai protagonisti nel dibattito internazionale sull ambiente, che si è sviluppato a partire dagli anni 60, per continuare vivacemente tuttora. L interesse mondiale per questo tema è scaturito quando i problemi ambientali hanno raggiunto una 32 Ivi, p

20 sufficiente drammaticità per divenire oggetto di preoccupazione pubblica e interventi istituzionali 33. Nel prossimo paragrafo vedremo come si è dipanata la questione ambientale e come la società contemporanea è diventata società del rischio (Ulrich Beck), dove l esponenziale produzione sociale di ricchezza (conoscenze, beni e servizi) è sempre più associata a un progressivo aggravamento della natura e della portata dei rischi Interesse mondiale per la crisi ambientale: una periodizzazione del dibattito Nel delineare come sia scaturito e si sia sviluppato l interesse internazionale per la questione ambientale, mi servirò di una schematizzazione proposta dai sociologi Bruna De Marchi, Luigi Pellizzoni e Daniele Ungaro, secondo cui è possibile suddividere in varie epoche lo svolgersi del dibattito. Concordemente con diverse altre analisi (ad esempio: H. Jonas; P. Pozzati, F. Palmieri), la grande svolta storica che ha posto sotto i riflettori dell attenzione mondiale il problema del rapporto tra umanità e natura, e tra tecnica ed etica, è il lancio della bomba atomica. È sotto la plumbea nube atomica di Hiroshima e Nagasaki che viene alla luce la società del rischio, assieme al graduale configurarsi di questioni di ordine planetario delle quali è necessario rispondere. Hiroshima mostra ( ) che la potenza e la distruttività della tecnologia vanno oltre i confini degli interessi. Lo scontro sulla legittimità degli scopi, sul modo di valutare le azioni, ( ) perde di senso, taglia trasversalmente gruppi, classi, nazioni. Non cancella distinzioni e fratture (tra occidente e oriente, nord e sud, ricchi e poveri), ma in qualche modo le trascende, coinvolge tutti ( ) gli esseri viventi del pianeta. 35 La sola scienza non è in grado di orientare le coscienze, e al termine della seconda guerra mondiale nasce un nuovo ordine planetario fondato su precari equilibri politici, caratterizzato dalla serrata corsa agli armamenti nucleari e dall inarrestabile sperimentazione e produzione di nuove e sempre più terrificanti armi di distruzione di massa. Le stesse conseguenze degli svariati test nucleari condotti nell atmosfera e il 33 L. Pellizzoni, G. Osti, 2003, p P. Pozzati, F. Palmieri, 2007, p B. De Marchi, L. Pellizzoni, D. Ungaro, 2001, pp

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