Il Decreto Legislativo 231/2001 Modelli di organizzazione e di gestione

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1 Il Decreto Legislativo 231/2001 Modelli di organizzazione e di gestione D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Un modello di organizzazione e di gestione è: un complesso di regole, strumenti e condotte funzionale a dotare l Ente: di un efficace sistema organizzativo e di gestione; (ragionevolmente) idoneo a individuare e prevenire le condotte penalmente rilevanti poste in essere dall Ente stesso o dai soggetti sottoposti alla sua direzione e/o vigilanza. In definitiva, è uno strumento teso alla ragionevole esclusione della colpa organizzativa dell Ente per omessa attività preventiva. Il Modello organizzativo e di gestione è adottato dall organo dirigente dell Ente. 2 1

2 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Il Decreto prevede l esimente dalla responsabilità dell ente se si è in grado di provare che: ha preventivamente adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; ha affidato ad un proprio organismo - dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo - il compito di vigilare sul funzionamento e l osservanza dei Modelli e di curarne il loro aggiornamento; la violazione fraudolenta dei Modelli da parte degli autori del reato; la diligenza dell organismo di vigilanza e dei soggetti incaricati della gestione e del controllo. 3 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione La sua adozione è facoltativa, tuttavia: il valore del modello come esimente della responsabilità dell azienda, nonché l esposizione dell organo dirigente a eventuali azioni di responsabilità da parte dei soci per le potenziali conseguenze derivanti dal non aver adottato il Modello fanno propendere per una sua tempestiva adozione. 4 2

3 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione L adozione del Modello: in via preventiva (prima della commissione del fatto) consente l esenzione di responsabilità dell ente; successivamente alla commissione del fatto, ma prima dell apertura del dibattimento di primo grado, consente (a certe condizioni) di evitare l applicazione delle sanzioni interdittive e la riduzione della sanzione pecuniaria; nei 20 giorni dalla notifica dell estratto della sentenza di condanna, consente di richiedere la conversione delle sanzioni interdittive in sanzioni pecuniarie. 5 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Efficace attuazione del Modello 231 Il Modello deve essere ragionevolmente idoneo alla prevenzione dei reati previsti ex D. Lgs. 231/2001; la commissione di un reato, tuttavia, non comporta di per sé l inefficacia del Modello. Il Modello potrebbe essere considerato efficace nonostante la commissione di un reato ogni qualvolta il comportamento fraudolento tenuto dal reo (per aggirare il Modello con artifizi o raggiri) non fosse stato prevedibile/prevenibile dall Ente utilizzando la dovuta diligenza. 6 3

4 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Efficace attuazione del Modello 231 L art. 6 del Decreto prevede che i Modelli: siano specifici per ciascuna attività aziendale a rischio di reato (focus su attività di risk assessment ai fini 231/01); contengano protocolli diretti a programmare la formazione e l attuazione delle decisioni dell ente; constino di un sistema informativo (reporting) in favore dell organismo di vigilanza e di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure adottate; fissino modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di irregolarità. 7 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Elementi minimi del Modello 231 Vengono di seguito brevemente descritti alcuni aspetti di ordine pratico evidenziati dalle prime pronunce giurisprudenziali in tema di responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001 ed, in particolare, di idoneità dei modelli di organizzazione, gestione e controllo a prevenire la commissione dei reati. Aree di interesse Mappatura dei rischi di reato e del 9 novembre 2004 e Trib. Roma ordinanza del 4 aprile 2003) Adozione del Modello (Trib. Roma ordinanza del 4 aprile 2003) Indicazioni pratiche La mappatura dev essere specifica ed esaustiva e non meramente descrittiva o ripetitiva del dettato normativo Nei modelli predisposti successivamente alla commissione del reato, la mappatura deve essere specifica ed attenta ai profili dell attività aziendale nei quali si è verificata la commissione del reato, definendo il contenuto programmatico dell attività dell ente in modo mirato e calibrato sulle carenze organizzative La delibera dell organo amministrativo della società è considerata mezzo di adozione corretto dei modelli di gestione, organizzazione e controllo 8 4

5 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Elementi minimi del Modello 231 Segue Aree di interesse Organismo di Vigilanza e del 9 novembre 2004) Obblighi di riferire all OdV (Trib. Roma ordinanza del 4 aprile 2003) Indicazioni pratiche I componenti dell organismo di vigilanza devono essere nominati in modo da garantire l autonomia, l indipendenza e la professionalità dell OdV I componenti dell OdV devono possedere capacità specifiche in tema di attività ispettiva e consulenziale Devono essere previste delle cause di non eleggibilità relative ai componenti dell OdV (ad es. sentenza di condanna anche non ancora divenuta irrevocabile) Si deve prevedere un obbligo di riferire all OdV notizie rilevanti relative alla vita dell ente, a violazioni del modello o alla consumazione di reati per i dipendenti, i direttori, gli amministratori della società Devono essere fornite nel modello concrete indicazioni, non generiche, sulle modalità attraverso le quali tali soggetti possono riferire all OdV 9 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Elementi minimi del Modello 231 Segue Aree di interesse Protocolli di prevenzione e del 9 novembre 2004) Controllo e Monitoraggio e del 9 novembre 2004) del personale e del 9 novembre 2004) Indicazioni pratiche I protocolli e le procedure previsti nel modello devono essere specifici e concreti Devono essere previste procedure di ricerca ed identificazione dei rischi da parte dell Odv, e comunque dei controlli di routine e a sorpresa La formazione deve essere differenziata a seconda di soggetti cui si rivolge e nel modello deve essere previsto il contenuto dei corsi, la loro frequenza, l obbligatorietà della partecipazione ai programmi di formazione Devono essere previsti dei controlli circa la frequenza e la qualità sul contenuto dei programmi di formazione 10 5

6 D. Lgs. 231/2001: modelli di organizzazione e di gestione Elementi minimi del Modello 231 Segue Aree di interesse Sistema disciplinare e del 9 novembre 2004) Indicazioni pratiche Si deve prevedere espressamente la comminazione di sanzioni disciplinari nei confronti di amministratori, direttori generali e componenti OdV che per negligenza o imperizia non abbiano saputo individuare ed eliminare le violazioni del modello e nei casi più gravi la perpetrazione di reati La circostanza che l Ente debba provare di essersi dotato di un sistema organizzativo idoneo alla prevenzione dei reati suggerisce la necessità di operare nei modi e nelle forme più utili a precostituirsi la prova delle circostanze di tempo e di luogo e delle modalità di esecuzione delle iniziative intraprese. In tale ottica, è opportuno che siano documentate le diverse fasi seguite per la decisione e per la predisposizione del Modello e quelle successive della verifica sistematica e delle eventuali modifiche al Modello medesimo. 11 L approccio adottato è improntato al rispetto del D. Lgs 231/2001 e delle altre norme e regolamenti applicabili e, per gli aspetti non regolamentati, al rispetto: delle linee guida emanate dalla Confindustria in tema di Modelli organizzativi e di gestione e di altre associazioni di categoria; dei principi di best practice nazionale e internazionale elaborati da varie istituzioni, ad esempio, CoSO Report (Committee of Sponsoring Organizations), Standard Professionali IIA (Institute of Internal Auditors), Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e Ragionieri e dalla KPMG stessa. 12 6

7 Il Modello di Integrity Risk Management, utilizzato da KPMG come riferimento per l analisi e la valutazione di adeguatezza dei sistemi di controllo interno finalizzati a prevenire la commissione dei reati previsti nel D. Lgs. 231, include una metodologia di identificazione di processi e procedure di controllo per la prevenzione delle irregolarità classificati e valutati in base ad otto componenti: * OdV (Organismo di Vigilanza) Sistema Disciplinare * Risorse umane e valutazione performance 13 In questo ambito sono esaminate le modalità di attribuzione delle competenze degli organi interessati alla gestione dei sistemi di controllo interno: chi è responsabile dell approvazione del Modello; chi attribuisce le funzioni apicali all interno della Società e con quali modalità; chi è responsabile dello sviluppo di procedure operative idonee alla prevenzione di irregolarità per la Società ed all interno di ciascun processo; chi ha la responsabilità di compliance normativa del Modello; chi ha la responsabilità di assicurare l applicazione operativa del Modello all interno delle funzioni/processi a rischio; chi ha la responsabilità di svolgere i controlli sull osservanza e sull idoneità del Modello in generale (c.d. compliance program ); chi ha la responsabilità di gestione delle violazioni del Modello; chi ha la responsabilità di un idonea gestione delle risorse umane; chi ha la responsabilità di un idonea gestione delle risorse finanziarie. 14 7

8 Si riferiscono alla definizione (formale e sostanziale) e all adeguatezza di: principi e presupposti etici e legali del codice di condotta; procedure operative coerenti con i processi di risk assessment di potenziali irregolarità (reati, funzioni e processi coinvolti, monitoraggio segnali premonitori, ecc.), con riferimento a: contributo fornito dalle funzioni operative e dai responsabili di processo; contributo fornito dall Internal Audit e dagli altri organi di controllo; contributo fornito dalla gestione delle risorse umane; aggiornamento delle procedure operative (violazioni, quadro giuridico, scorpori, acquisizioni, sviluppo mercati, partnership, etc.); Compliance normativa delle procedure operative. 15 In tale ambito è esaminato il sistema di comunicazione interna in relazione agli elementi del modello e, in particolare, all adeguatezza di: contenuti e sufficienza delle comunicazioni inerenti al Modello (principi e presupposti etici e legali, metodologia di risk assessment, procedure operative, principi di reporting e di salvaguardia della confidenzialità, etc.); canali di comunicazione utilizzati e loro adeguatezza ( codice etico, bilancio sociale, bilancio d esercizio, training, booklet, newsletter, manuali, meeting, circolari, help-line, etc.); linguaggio usato e sua comprensibilità ed adeguatezza; frequenza e diffusione interna ed esterna; adeguata differenziazione per tipologia di controparte esterna e gerarchia, funzione e livelli di rischio interni. 16 8

9 In tale ambito sono esaminate le procedure utilizzate per la formazione del personale sull applicazione del modello nel quadro di: programmi di training generale e loro adeguatezza; programmi di training dedicati ai temi etici e loro adeguatezza; programmi di training specifici per gli addetti alle aree di rischio e loro adeguatezza; programmi di training specifici ai responsabili della vigilanza sul Modello e loro adeguatezza; frequenza e qualità dei programmi di training e loro programmazione; controlli di frequenza e di qualità della partecipazione ai programmi di training; controlli sul livello qualitativo ( assessment, test, dilemmi etici, etc.). 17 Risorse Umane (e Valutazione delle performance) In tale ambito sono esaminate le procedure utilizzate per la gestione delle risorse umane nel regolare i principali aspetti del rapporto di lavoro dipendente: esistenza di procedure di selezione e di dismissal del personale focalizzate alla riduzione dei rischi di irregolarità e la loro efficacia; esistenza di sistemi d incentivazione allo sviluppo del Modello e al comportamento coerente, proprio e dei sottoposti, e la loro efficacia; esistenza di sistemi disciplinari per i mancati contributi attivi e per le violazioni, proprie e dei sottoposti, e la loro efficacia; esistenza di una procedura di gestione delle segnalazioni e di allontanamento del personale a rischio e la loro efficacia. 18 9

10 Controllo e Monitoraggio In tale ambito sono esaminate le procedure utilizzate per le attività di controllo e/o internal audit di monitoraggio delle performance degli elementi del modello: programmi di controllo sui processi di mappatura delle aree di rischio e dei segnali premonitori di potenziali irregolarità ( risk assessment ); programmi di revisione operativa interna od esterna su segnalazione o su segnali premonitori (audit di processo); programmi di revisione operativa interna od esterna periodica o a sorpresa sulle aree o processi a rischio (audit di performance); programmi di revisione operativa interna ed esterna di compliance al modello organizzativo (audit del modello o compliance program ). 19 In tale ambito sono esaminate le caratteristiche e le modalità di generazione, accesso e reporting direzionale delle informazioni necessarie per una efficace vigilanza sui rischi da parte degli organismi interessati e, in primo luogo, da parte dell Organismo di Vigilanza. Pertanto sarà analizzata: la disponibilità dei dati necessari per l esercizio di un efficace vigilanza preventiva e successiva sulle attività a rischio; l esistenza di canali di comunicazione preferenziali per la segnalazione di operazioni esposte a rischio, sia da parte di terzi che da parte del personale (c.d. help line ); la tempestiva segnalazione del cambiamento dei profili dei rischi (es. nuove normative, acquisizioni di nuove attività, violazioni del sistema dei controlli interni, accessi ed ispezioni da parte di enti supervisori, etc.); la regolare registrazione e reporting degli eventi sopradescritti, con le relative azioni successive implementate e l esito dei controlli svolti

11 La composizione dell OdV La disciplina non fornisce indicazioni circa la composizione dell O.d.V. Le Linee Guida Confindustria in materia menzionano la possibilità di optare per una composizione dell O.d.V. sia mono che plurisoggettiva (purchè ciascun soggetto, sia interno che esterno all azienda possegga i requisiti previsti). La scelta tra l una o l atra soluzione deve tenere conto delle finalità perseguite dalla legge e, quindi, assicurare il profilo di effettività dei controlli in relazione: alla dimensione e alla complessità organizzativa dell azienda. 21 Sistema Disciplinare In questo ambito: sono analizzate le caratteristiche e le modalità di effettuazione delle attività di audit e/o di investigazione interna ed esterna, al fine di verificarne l efficacia sia in termini di standard professionali e/o qualitativi, sia in termini di effetto sull aggiornamento degli elementi del sistema di controllo interno e di corporate governance ; è valutata l efficacia delle procedure in essere di fronte a situazioni di rischio conclamato o possibile, come, ad esempio, investigazioni da parte della Magistratura o da parte di altri organi di controllo, segnalazioni di gravi irregolarità, azioni legali da parte di terzi o casi analoghi; si valuteranno se le attuali procedure di gestione dei casi di crisi permettono la formazione di prove valide nei confronti dei dipendenti e degli organi di controllo

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