Giovanni Cammareri La processione dei Misteri a Trapani ISBN by Dario Flaccovio Editore s.r.l. - tel.

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2 Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà del nostro giudizio; e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato e rispettato. In altre parole: per poter criticare si dovrebbe avere un amorevole capacità, una chiara intuizione e un assoluta tolleranza. Gandhi

3 Giovanni Cammareri La processione dei Misteri a Trapani ISBN by Dario Flaccovio Editore s.r.l. - tel info@darioflaccovio.it Prima edizione: marzo 2015 Cammareri, Giovanni <1956-> La processione dei Misteri a Trapani : dinamiche evolutive e frammenti di tradizione / Giovanni Cammareri. - Palermo : D. Flaccovio, ISBN Processione dei Misteri <Trapani> CDD-22 SBN PAL CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace Tutte le immagini sono proprietà dei rispettivi soggetti citati. La fotocopiatura dei libri è un reato. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall editore.

4 SOMMARIO Premessa... pag. 7 Prima parte Ai tempi del Mondello...» 35 Processionanti di oggi...» 46 La musica viene prima...» 54 Volontari, questua, cerimonie religiose e altre innovazioni...» 62 L Unione Maestranze...» 78 La Confraternita...» 88 Ciack, si gira...» 95 Seconda parte I Misteri...» 107 Restauri...» 114 La chiesa di S. Michele: mito e rimpianto...» 123 A scinnuta ru misteri...» 132 Percorsi misteriosi...» 138 Il » 152 L alternanza...» 157 Cala il sipario...» 164 Bibliografia...» 175

5 Premessa La proposta di una processione estiva dei Misteri fu una boutade. Lo affermò lo stesso ideatore, Enzo Tartamella, noto giornalista trapanese che nel numero del 5 aprile 2013 di Nuova Città l ebbe a lanciare alla stregua di una libera raccolta di opinioni. Con grande libertà, senza ostilità preconcette, ma con il piacere della dialettica, aveva scritto, tratteggiando tuttavia con approssimata acribia i contorni di qualcosa che pareva ben distante dalle provocazioni. L edizione sarebbe stata notturna, magari ridotta, con soli dieci gruppi e con la benedizione dell autorità ecclesiastica che avrebbe apprezzato una riedizione fedele e liturgica: sebbene non si riesca a comprendere cosa egli intendesse per fedeltà della riedizione e cosa c entrasse la liturgia. Il dibattito seguì davvero. Bastò che uscisse il numero successivo del giornale. Il parlamentare Michele Rallo definì l idea brillante, il parere del notaio Rosanna Figlioli fu abbastanza favorevole, mentre l architetto Giovanni D Aleo, ex presidente dell Unione Maestranze la struttura deputata all organizzazione della processione la definì addirittura congeniale con la cultura e la fede dei trapanesi. E visto che c era, giocò al raddoppio della decontestualizzazione: all edizione estiva aggiunse la rivisitazione storica della processione, da svolgersi però nella città nuova! A mantenersi nei ranghi fu lo studioso Salvatore Accardi, razionalmente contrario e semmai propositivo verso una promozione turistica, sempre estiva, da realizzare con l ausilio di supporti video. Ora, se davvero quello fu uno scherzo e non un arguta correzione di rotta scaturita da un rendersi conto della grossolanità della 7

6 proposta, rimane ai limiti del grottesco la serietà con la quale gli ignari intervistati, vittime pubbliche dello scherzo, si prestarono ad affrontare l argomento. In tal caso Tartamella riuscì pienamente nell intento di provocare. A lui vanno i miei complimenti e i più sentiti ringraziamenti per aver fatto scoccare la scintilla ispiratrice di questo lavoro che non può assolutamente esimersi da un paio di ragionevoli quesiti iniziali. Se qualcuno, infatti, per burla o reale convinzione ebbe l acume di avanzare quella proposta, qualcosa, a questa processione, sarà pure accaduto. La risposta potrebbe provenire da certe frange di puristi della tradizione e da nostalgici a vario titolo, quando parlano di un vero e proprio disastro culturale. Necessiterebbe dare contenuti a questa manifestazione, affermò monsignor Alessandro Plotti in un intervista rilasciatami per un articolo uscito su Il Monitor del 18 ottobre 2013, contestualmente alla conclusione del suo mandato di amministratore apostolico della Diocesi di Trapani. Interessante notare come l arcivescovo preferisca definirla manifestazione e non processione e che a un certo punto, con apparente riferimento ad altre processioni cittadine, concluda: Non c è messaggio che viene percepito, per cui talvolta diventano solo folclore un po kitsch. Eppure, tanta altra gente, unitamente alla maggior parte dei media locali, non si è accorta di nulla. Al massimo, i commenti più critici sulla riuscita della manifestazione perché di manifestazione sembrerebbe più giusto parlare non vanno oltre alle più o meno evidenti scollature del corteo, cioè alle distanze, ai distacchi che vengono a crearsi nell arco della sua lunga durata fra un gruppo sacro e il successivo. Per il resto, routine: le buone o cattive condizioni climatiche, l affluenza della gente. 8

7 Alla fine, soprattutto i media insistono sulla grandiosità, sulla straordinarietà dell evento annuale, riassumendo il tutto nella durata complessiva, in qualche ritardo sulla tabella di marcia, nel numero delle bande, nei fiori costosi degli addobbi o ponendo, nel corso di certe trasmissioni televisive, domande del tipo: Cosa fate per rendere la processione più appetibile ai turisti? Ossia, l amara conferma delle gravi motivazioni che in Sicilia hanno guastato molte feste religiose, ritenendo di doverle organizzare proprio per i turisti. Quindi, il conduttore passa ad altre domande: Quanto è lungo il corteo? È il più lungo d Europa? E la risposta compiaciuta: È un fatto oggettivo. Senza sapere che esistono cortei più lunghi. Sempre se la cosa possa essere di rilevante importanza. Soprattutto però, in questi programmi faziosi non si vede gente che abbia studiato davvero la processione, storici veri, opinionisti liberi (di mente), antropologi, cultori di tradizioni popolari, magari semplici appassionati, comuni cittadini ai quali venga permesso di dire la loro. Lasciando affermare liberamente a un presidente qualsiasi dell Unione Maestranze che gli itinerari devono tenere conto degli assi commerciali e contestualmente aggiungere: Siamo i custodi della tradizione! I custodi di cosa? Uno si chiede tra sé e sé, pensando di aver capito male. Che sia stato il maestro cerimoniere, la tradizione? Riassumendo, i loro parametri sono altri rispetto a chi seriamente studia e indaga davvero questi fenomeni. Di fatto, non si riesce soprattutto a comprendere quanto male faccia alla stessa processione questa continua esaltazione dei numeri. Perché la gente poi ci crede veramente. E si confonde. Ci crede in Quaresima, durante la lunga vigilia che accompagna le chiacchiere sterili attorno ai numeri, appunto, annoiandosi il Venerdì Santo quando, guardandola passare, si annoia e si stanca; si spazientisce, non comprende, e molte volte va via. 9

8 Ne avevano parlato così bene! Pure nei libri: una ricca, mai esaurita produzione scaturita da un interesse, secolare anch esso, per i Misteri. La loro lunga storia, la loro originalità artistica, gli aspetti etno-antropologici, religiosi, di una processione davvero antichissima e storica. Dibattiti riguardanti i presunti o reali autori di tali sculture vengono addirittura ancora alimentati. Certezze e incertezze su tutto. La Confraternita del Preziosissimo Sangue (comunemente detta di S. Michele), le maestranze, gli atti notarili che a ciascuna di esse vennero rogati per l assegnazione di un mistero, per non parlare delle dispute giuridiche sulla proprietà delle sculture. Tribunali civili ed ecclesiastici furono tenuti in moto per decenni, quasi ad acuire ulteriormente l importanza del contendere. Per fortuna, la processione dei Misteri abbiamo fatto in tempo a vederla. Quelli della mia generazione hanno avuto l occasione di spingersi oltre un presente che ancora offriva qualche possibilità di raffronto con il passato. Sottoponendo l immaginazione a uno sforzo non tanto gravoso potevamo farci una buona idea di com era stata. I raffronti con vecchi filmati, fotografie e descrizioni ancora più antiche ci confortavano. L immaginazione non tradiva l aspetto estetico della processione ch era stata, nella constatazione della metamorfosi, comunque costante. Prima lentissima, quindi lenta e poi rapidissima, devastante come un ciclone. Ma qui occorre fermarsi un attimo su un nuovo quesito. Una festa in genere, nella sua accezione precisa, con chiaro riferimento alla tradizione, va cambiata o deve essere mantenuta immutabile nei secoli? Risposta: va cambiata. O meglio, si cambia da sola. In relazione ai tempi che mutano, ai valori e al sociale che si trasformano, all economia che trasforma le proprie regole, va modificata pure la festa. Pensare di poterla mantenere negli stessi, identici schemi, nei medesimi aspetti dei secoli pregressi, se non pura follia è quantomeno utopia o idea grossolana. Diciamolo chiaramente: una 10

9 festa, così come trovava svolgimento nel 700, risulterebbe anacronistica, fuori dal tempo, dal nostro tempo. Fatima Giallombardo 1 la definirebbe festa archeologica. E l archeologia è una scienza che guardiamo con stupore mentre fornisce l affascinante traccia di qualcosa che viveva, che respirava, pulsava. Ma al momento irrimediabilmente morta e testimoniata da resti bellissimi che però non ci appartengono. Allo stesso modo di certi dipinti, di taluni manufatti eccezionali esposti nei musei e che non metteremmo mai nelle nostre case. Beni culturali, insomma, che riscuotono la nostra grande ammirazione, ma solo quella. Sono cambiati i gusti negli arredi e le funzionalità delle cose. Del resto sono trascorsi anni e perfino epoche. Avrebbero ragione, per questo, gli innovatori di tutto e a tutti i costi e i giornalisti avvezzi a ravvisare perfino nelle processioni la corsa al guinness dei primati. Senonché, esiste il concetto di tradizione. E della memoria che deve rinnovarsi in essa. Tradizione proviene dal latino tradere. Significa: consegnare. Rinnovare la tradizione vuol dire trasmettere, riconsegnare integro quanto si è ricevuto, trasmettere di generazione in generazione un patrimonio culturale accumulato e custodito nei secoli. Questo patrimonio non è proprietà del singolo ma della collettività, la stessa che si identifica in una comunità. Nessuno ne può fare scempio, significherebbe tradire un testamento. Scrisse un vescovo 2 : Tanto più ricco è il patrimonio che si riceve, che si conserva con cura, che si riesce a trasmettere, tanto più grande e bella è la tradizione. Che rinnova quindi la memoria, cosa ben diversa dai ricordi. Pure la memoria appartiene a tutti. Al singolo appartengono i ricordi e il personalissimo modo di serbarli. E ogni singola 1 È stata ricercatrice presso l Istituto di Scienze Antropologiche e Geografiche della Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università di Palermo. 2 Alfredo M. Garsia, già vescovo di Caltanissetta. 11

10 anamnesi è assolutamente filtrata dalle proprie emozioni, da propri stati d animo e dal proprio vissuto. Per tale ragione nessun singolo può permettersi di abolire un qualsiasi simbolo, un certo elemento in uso in una tradizione solo perché a essa non si confanno i suoi gusti. Nessun singolo può inventarsi di punto in bianco soluzioni assolutamente alternative in merito al proprio, personalissimo modo di vedere una certa tradizione che invece non può mai avere chiavi di lettura individualizzate. Cambiamenti di percorsi, di insegne, di stendardi, di modalità (perfino) rituali non possono risultare condivisibili se vanno a modificare situazioni esistenti e vive. Che fanno ancora parte della tradizione, che appartengono alla memoria di un popolo. Nella processione dei Misteri di Trapani dovremmo allora, per esempio, vestire quanto rimarrebbe (poco o niente) delle antiche maestranze (oggi categorie economiche) con abiti settecenteschi? Il quesito nasce da ulteriori proposte che di tanto in tanto si affacciano in questo variegato universo, come l allestimento di una processione storica e rievocativa (non estiva) di cui qualche altro parlò agli inizi degli anni 90 dello scorso secolo. Tuttavia, il quesito di prima aiuta a comprendere meglio altri ragionamenti inerenti al vissuto festivo in generale. Dunque, la risposta alla domanda precedente è: no. Gli abiti indossati nel 700 non erano costumi, ma il normale abbigliamento di una certa epoca. Nessuna forma di folclore, nell accezione più ampia e degenerativa del significato, veniva perpetrata a fini spettacolarizzanti e, in un certo senso, speculativi. Ovviamente però, il problema di questa processione non sarà solo il vestiario. Quello voleva essere semplicemente un esempio. Ci chiediamo invece se determinate invenzioni, migliorative della vita dell uomo, possano essere trasferite all interno di una cerimonia al fine di esemplificarne, migliorarne, praticizzarne le modalità rituali. Per la verità ciò mi sembra un nonsenso. Ele- 12

11 menti dettati dall esigenza di far prima, di essere moderni, di adeguarsi ai tempi, appaiono già in partenza in antitesi con il più profondo significato di rito. A Trapani, i sacri gruppi dei Misteri percorrevano certe strade per la precisa ragione di dover fare ingresso nelle parrocchie e nelle rettorie, nelle chiese dei monasteri e dei conventi. La processione durava in origine intorno alle cinque-sei ore e prima dell avvento delle bande musicali i cantori ne accompagnavano il cammino cantando lo Stabat Mater, il Miserere e altri canti di circostanza, fuori e all interno delle numerose chiese visitate. Durante il tragitto le vare venivano adagiate sulle forcelle che, poste nell intercapedine delle aste, dovevano essere tenute dai portatori affinché il gruppo non precipitasse per terra. Fino a quando non si divulgò l uso del gas, prima, e dell elettricità, poi, l illuminazione sui fercoli fu mantenuta rigidamente a cera. Le candele erano alte e sottili, proporzionate alla grandezza delle statue. Più ridotte erano quelle che venivano collocate all interno di artistici lampioncini in ferro battuto indorato, generalmente installati agli angoli delle vare, che completavano così l aspetto visivo (estetico) reso sacrale proprio dal naturale uso della cera posta nei candelabri e nelle lanterne; oggetti, cioè, piuttosto consoni all idea di sacro in genere. I singoli gruppi erano preceduti dalle maestranze cittadine. I rappresentanti di ognuna di esse, generalmente in numero di venti, nel rispetto di quanto statuito dagli atti notarili, conducevano un cero ciascuno e indossavano giacca, pantaloni, cravatta e guanti neri, trovando diversificazione attraverso il cosiddetto abbitinu, una piastra lavorata d argento e velluto che, tenuta all altezza del petto da un elegante cordicella al collo, riproduceva il Mistero di appartenenza. Lo stendardo condotto da ciascuna maestranza era unico e ufficiale, ossia quello con l effigie del proprio santo protettore, ma 13

12 nell occasione abbrunato, ricoperto cioè da un velo nero in segno di lutto, e per questo tenuto abbassato. Uno stendardo rosso, con impresso sui due lembi il Mondo con le ali all interno del quale la scritta S.P.Q.R. da un lato, Quis ut Deus dall altro era invece il vessillo della confraternita, che il Venerdì Santo vi annodava un nastro nero in cima, in segno di lutto. In testa al corteo, precedeva dunque i confratelli del Preziosissimo Sangue di Cristo sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, in sacco rosso e visiera e mantello bianchi, colori assunti dopo la fusione tra il primo e il secondo sodalizio. I confrati portavano inoltre in spalla il simulacro di Gesù nel Sepolcro o, meglio, u Signuri n Monumentu, come era anticamente e normalmente chiamato. Il medesimo abito confraternale fu indossato dai nobili della città nella conduzione della statua dell Addolorata fino a quando la cultura post-unitaria non fece demandare tale compito, assieme all abito, ai camerieri, cuochi e cocchieri che presso le famiglie nobiliari prestavano servizio. Notizie tramandateci da autori di libri e diaristi del tempo ci informano che dietro l Addolorata seguivano infine le rappresentanze civiche del Senato, il Capitano di Giustizia e il sindaco, assieme al governatore della confraternita. Ciascuno recava un cero acceso. In origine, l antica Casazza Magna del Venerdì Santo registra la naturale presenza, per l epoca e per le origini penitenziali del rito, di battitori dediti alla pubblica fustigazione a sangue, presenza definitivamente proibita con decreto del 2 gennaio 1856, a firma di monsignor Ciccolo Rinaldi, vescovo di Trapani. In un documento del 1614 conservato presso la curia di Mazara del Vallo si legge: Ogni Venerdì Santo, dopo mangiari, si fa la cercha con 180 battenti in circa et portandosi in processione tutti li misterii della SS. Passione di Gesù X.to nostro et il X.to nel monumento con grandissima devotione et pietà et sua musica. 14

13 Ciaccule, foto di Giuseppe Fortunato Ma una figura ho voluto tralasciare, proprio per porla in ultimo: giusto quella che era la prima di tutte. Occorre sapere che antica consuetudine della Confraternita di S. Michele era quella di farsi precedere dal personaggio dell Arcangelo. Ciò accadeva nelle processioni organizzate dalla stessa confraternita, ossia il Risorto e San Michele, e in quelle a cui semplicemente interveniva: l Immacolata 3, Sant Alberto (patrono della città), Corpus Domini, eccezionali trasporti della Madonna di Trapani, dal Santuario in città e ritorno. Il personaggio simbolo compariva dunque con la spada sguainata verso l alto, impugnata con una mano, e lo scudo con l epigrafe Quis ut Deus retto dall altra. Ma il Venerdì Santo, il suo aspetto solito e trionfale mutava in lutto. Coprendo il suo viso con un velo nero e reggendo tra le mani una croce astile anch essa nera, dalla quale pendeva il 3 Si teneva la domenica in Albis. 15

14 bianco sudario con impressi i simboli del Mondo con le ali, era il primo a giungere in strada, varcato il cancello del cortile della chiesa. Dietro di lui, il resto della sacra comitiva. Una tromba monotona e un tamburo velato ne annunciavano il passaggio. Se era un giorno di festa avvolto nel lutto, o un giorno di lutto vissuto in festa, non necessita stabilirlo. Penso però dovette essere un giorno speciale. 16

15 Il manifesto del celebre disegnatore Filippo Romoli (Savona Genova 1968) che, utilizzato per quasi un trentennio a partire dal 1957, era divenuto un vero e proprio logo promozionale della processione

16 Itinerario 700 fine Uscita dalla chiesa di S. Michele Via S. Michele, largo Franchì, Buscaino, Cuba, Barone Sieri Pepoli, Carreca, Orfani, vicolo Itria, Garibaldi, piazza Cavour, XXX Gennaio, Serraglio S. Pietro, S. Pietro, S. Elisabetta, largo Franchì, Orfeo, p.zza S. Agostino, p.tta Saturno, Torrearsa, Casina delle Palme, p.zza Lucadelli, Turretta, N. Nasi, Tartaglia, largo S. Franc. d Assisi, Corallai, c.so Vitt. Emanuele, Torrearsa, Garibaldi, Badia Nuova, delle Arti, Barone Sieri Pepoli, Cuba, Buscaino, largo Franchì, S. Michele. Sono state utilizzate le denominazioni attuali delle vie. Aggiunte e modifiche successive Chiese 1

17 Itinerario fine 800 prime decadi Uscita dalla chiesa di S. Michele Via S. Michele, largo Franchì, Buscaino, Cuba, Barone Sieri Pepoli, delle Arti, Torrearsa, Garibaldi, Barone Sieri Pepoli, Carreca, Orfani, XXX Gennaio, Mercè, piazza S. Francesco di Paola, vico Todaro, S. Eligio - Carrara (già via Gurga), Giudecca, Apì, c.so Italia (tratto già via e largo Tardia), Serraglio S. Pietro, S. Pietro, S. Elisabetta - S. Pietro (in quanto la processione faceva ingresso dalla porta laterale della chiesa di S. Maria di Gesù, uscendone dalla principale posta sulla via S. Elisabetta, per poi tornare sulla via S. Pietro), S. Agostino, p.tta Saturno, Torrearsa, C.na delle Palme, p.zza Lucadelli, Turretta, N. Nasi, Tartaglia, largo S. Francesco d Assisi, Corallai, c.so Vittorio Emanuele, Arco dell Orologio, p.tta Notai, Balì Cavarretta, largo Franchì, S. Michele. Sono state utilizzate le denominazioni attuali delle vie. Aggiunte successive Chiese 2

18 Itinerario fine anni 20 fino al Uscita dalla chiesa di S. Michele Via S. Michele, largo Franchì, Buscaino, Cuba, Barone Sieri Pepoli, delle Arti, Torrearsa, c.so Vittorio Emanuele, Roma, Libertà, Garibaldi, Barone Sieri Pepoli, Carreca, Orfani, XXX Gennaio, Mercè, piazza S. Francesco di Paola, vico Todaro, S. Eligio - Carrara (già via Gurga), Giudecca, Apì, c.so Italia (tratto già via e largo Tardia), Serraglio S. Pietro, S. Pietro, S. Elisabetta - S. Pietro (fino a quando la processione non fece più ingresso in S. Maria di Gesù; successivamente, eliminato il breve tratto di via S. Elisabetta), S. Agostino, p.tta Saturno, Torrearsa, Casina delle Palme, p.zza Lucadelli, Turretta, N. Nasi, Tartaglia, largo S. Francesco d Assisi, Corallai, c.so Vitt. Emanuele, piazza Gen Scio, c.so Vitt. Emanuele, Arco dell Orologio, p.tta Notai, Cuba, Buscaino, largo Franchì, S. Michele. Sono state utilizzate le denominazioni attuali delle vie. N.B. Nel 1946 il percorso conserva, almeno nelle intenzioni, la presente struttura, sebbene la processione venga avviata e conclusa alla Badia Grande e talune vie devono essere sostituite a causa delle macerie che le rendevano inaccessibili (vedi cap., Percorsi misteriosi). Chiese 3

19 La spartenza (Orefici), foto di Angelo Guarnotta La lavanda dei piedi (Pescatori), foto di Angelo Guarnotta

20 Gesù nell orto (Ortolani), foto di Angelo Guarnotta L arresto (Metallurgici), foto di Angelo Guarnotta

21 Prima parte

22 Ai tempi del Mondello Nel 1992 diedi alle stampe un manoscritto datato 1901 (con qualche nota aggiuntiva fino al 1903) che l autore, il canonico Fortunato Mondello 4, non riuscì a pubblicare. La processione del Venerdì Santo in Trapani, titolo dell opera, incentra i suoi contenuti principalmente attorno all arte, innestando in essa ragionamenti di natura religiosa e perfino teologica. Attraverso i suoi studi, Mondello concorda con talune paternità artistiche riguardanti ovviamente i Misteri, tentando di smentirne qualcuna e proponendone di nuove. Nell insieme finisce col confermare il XVIII secolo quale periodo in cui furono realizzate le sculture e venne completata definitivamente la collezione, rimanendo molto più antica la processione. Fu infatti a partire dal 1602, anno in cui viene ufficialmente fondata a Trapani la Compagnia del Preziosissimo Sangue di Cristo, che la processione dei Misteri cominciò a muovere i suoi primi passi. Probabilmente con personaggi (nel significato più arcaico e teatrale di misteri ), di sicuro con penitenti e con sculture di scarso pregio artistico. Non a caso, l autore ripetutamente mette a confronto le date delle concessioni notarili da parte della Compagnia alle maestranze cittadine con le date di nascita degli autori degli attuali gruppi, i vari Pisciotta, Milanti, Nolfo, ecc., nati abbastanza posteriormente agli anni delle concessioni, cui va aggiunto il tempo affinché 4 Al secolo Giuseppe Mondello, nasce a Trapani il 28 dicembre 1834, dove muore il 12 luglio Autore di una vasta produzione libraria, ricoprì numerose e rilevanti cariche in ambito ecclesiastico ricevendo parecchi riconoscimenti, nazionali e internazionali, nel campo della cultura. Fu cantore della Cattedrale e direttore della locale Biblioteca Fardelliana. 35

23 essi crescessero e raggiungessero una certa maturità artistica. Il presente volume, però, non ha pretese di imbastire disamine artistiche. Né storiche o addirittura di natura teologica. L intento principale rimane l analisi della dinamica evolutiva della processione. Tutto qua. Rimane semmai da chiarire al lettore il riferimento a Mondello e alla sua opera: l interesse suscitato in me non fu tanto legato alle Canonico Fortunato Mondello questioni, per così dire, artistiche, ma da certe rare e preziose pennellate che qua e là lasciano intravedere l aspetto popolare della processione e non solo. È un aspetto che intriga e affascina, ossia quell afflato tra la gente (fedeli, appassionati, semplici curiosi, turisti) e la processione. Un raffronto tra ieri e oggi reso possibile da pochi, succinti ma preziosi riferimenti a questo momento che move a festa cittadini e forestieri, scrisse. Tuttavia, ciò che maggiormente mi colpì a una prima lettura fu il suo atteggiamento critico nei confronti di situazioni che biasimava. Il manoscritto, non dimentichiamolo, è datato 1901, ma a conti fatti è la processione di fine 800 che Mondello conosce, descrive e commenta. Lo colpiscono la rumorosità in particolare quella dei facchini, ossia i portatori il reiterato grido Avanti! delle guardie municipali al fine di sollecitare l incedere del corteo, le grida assordanti de venditori e l atteggiamento della gente: il brulichio della fitta popolazione, lo spasso riprovevole di tutta la notte. La gente, insomma, molto propensa a distrarsi, non saziandosi di vedere i Misteri, unico oggetto di curiosità e mai di devozione; la gente che magari mangia calia, o il ghiotto dolciume dei bambini, ascoltando le bande musicali. Diverse musiche, venute dalla Provincia con le loro marce funebri, invece di ridestare migliori senti- 36

24 menti nell animo, atteso lo spirito indifferente de tempi, divagano l immensa folla, che spensierata rivolge altrove la mente. Sebbene si compiaccia di coloro, che con religioso contegno, riparano alla gazzarra della plebe. È il solito contrasto, tipico delle feste, insito nelle espressioni della pietà popolare, da sempre oggetto di critiche ma che si traduce in un elemento fondamentale atto a dar linfa a sopravvivenze plurisecolari. Proprio per tale ragione le nostre feste religiose si traducono in fenomeni da studiare, in cose da vedere. Ecco: la rinomanza dell evento, una popolarità che già allora varcava i confini della città sebbene il termine turista non fosse stato ancora coniato. Allora, quelli che arrivavano qui erano semplicemente forestieri che, non avendo la possibilità di fotografare, prendevano nota ne loro taccuini. Dalle vaghe ma utilissime descrizioni dal sapore contemporaneo, ci rendiamo conto che da un certo punto di vista poco è cambiato. Ma il Mondello ci informa pure, inconsapevolmente, di taluni aspetti tipici e caratterizzanti della processione. Primo fra tutti, la presenza di ciascuna maestranza innanzi al gruppo sacro di appartenenza. Sebbene occorra comunque ricordare che all epoca, già da tempo, le maestranze non godevano più di riconoscimento sul piano giuridico. Ciò da quando il vento della rivoluzione francese si propagò in tutta Europa e i moti del 20 condussero alla legge del 23 ottobre 1821 che le soppresse. Le Maestranze, scrive però ugualmente l autore, precedono il proprio Misterio con ceri accesi e vi si associano tutta la notte. È indubbio l uso degli abiti neri: Non si affrettano che a darsi briga per fornirsi di abiti neri, e preparare i ceri, ardenti per tutta la notte: Gelosi de loro antichi usi. E più avanti, quando descrive il corteo che precede Gesù dinanzi ad Hanna, ritorna sull argomento: Essendo, in tutti i Misteri, conforme l accompagnamento con ceri accesi, rilevando inoltre la brillante comparsa de giovinetti, figli de venditori splendendo i loro petti di catenelle d oro e preziosi monili. Prima di ribadire ancora 37

25 una volta che nel Venerdì della Settimana Santa vi è la comparsa di abiti neri indossati da processionanti. Credo possa bastare. Fortunato Mondello rammenta inoltre il tempo in cui erano gli stessi maestri artigiani a condurre in spalla il proprio gruppo e, dato significativo, nel loro ruolo di portatori non indossavano l abito scuro ma una livrea (che egli chiama sacco) diversa per ciascuna maestranza, distinguo poi mantenuto quando il trasporto passò ai massari, i facchini, ossia i portatori remunerati. Le antiche Maestranze nell accompagnamento processionale del Misterio vestivano il sacco proprio, lasciando ora ai facchini, che lo conducono in spalla con la divisa dell arte. Oltre alle sparute foto d epoca, a confermarlo saranno successivi opuscoli e manifesti divulgativi prodotti fino all anteguerra. In essi è riportata la seguente dicitura: Tutti i portatori dei Misteri avranno la tenuta di prescrizione, con le insegne delle varie Arti. L eccezione, lo sappiamo, riguardava l Addolorata: Portano la bara e il baldacchino uomini con il tradizionale abito dei Fratelli dell Arcangelo e pure L Urna con il Cristo morto fino a quando la Confraternita non lo cedette ai Pastai. Così il Mondello, ma in un precedente lavoro edito nel 1882: Questa Compagnia, dopo tutte le Maestranze, conduce anch essa, il decimonono Mistero che rappresenta G. Cristo nel Sepolcro, ed è l unico corpo chiesastico che ha luogo nella divisata secolare comparsa (in Spettacoli e Feste popolari in Trapani, pag. 20). Lo studioso ci conferma infine, essendo ai suoi tempi ancora in uso da parte degli Ortolani condurre in spalla il proprio gruppo, che fu esattamente questa l ultima categoria ad affidarne il trasporto ai cosiddetti massari, termine con il quale a Trapani si fa riferimento ai portatori retribuiti: Vien potato in spalla dagli stessi ortolani, scrive nella sua opera. Apprendiamo inoltre di una consueta offerta elargita dai Pescatori una volta arrivati alla chiesa di S. Pietro: Quattro sacerdoti, beneficiati, si associano loro nella processione dalla porta latera- 38

26 L antico Monumento appena fuori dal cortile di S. Michele nel 1901 le della chiesa sino alla porta maggiore da dove esce il gruppo della Lavanda. E nello stesso tempo la forte e radicata usanza del continuo entrare e uscire dalle chiese cittadine, dello Stabat Mater che vi si cantava e dei musici che erano spesati dal Municipio. L Addolorata sostava innanzi all abside un po più degli altri. Pochi strumenti musicali accompagnavano le note del Mercadante, e più spesso di Tommaso Lombardo. Mi permetto di aggiungere che pure lo Stabat Mater di Pergolesi, più raramente quello di Rossini, venivano eseguiti. Piace infine evidenziare altre due cose: la dinamicità che dovette ruotare attorno alla processione e la sua durata, già intorno alle dodici ore. Niente di più esaustivo delle parole del canonico. Mi divago alle continue fermate dei facchini, i quali si affaticano ad accendere le torce, a cambiar la cera Passasi in questo modo la santa notte, aspettando gli ostinati sonnicchiosi che il chiaror dell alba venga a movere i tardi facchini, in livrea, saturi di pane e di vino, e rientrare finalmente, a sole spiegato, nella chiesa di San Michele. Ecco, la processione di fine 800 che rientra con il sole del Sabato di Gloria che aveva cominciato ad allungare i suoi raggi sopra i Misteri. Eppure, nel suddetto periodo, la conclusione ufficiale rimaneva fissata verso le tre della notte o poco più tardi. Oltre ai documenti ufficiali, un articolo a firma di Pasquale Gianno, apparso sul Corriere Trapanese del 5 aprile 1896, lo ribadisce implicitamente, riferendo di un immancabile incidente. 39

27 Sosta e funzione religiosa in piazza Vittorio Emanuele con luna park; anno 1981, archivio Paolo Grimaudo to si ebbe l impressione che i Misteri uscissero proprio in funzione dell entrata, momento mediatico in cui poter dare sfoggio a variegate performance. Un rapido salto in avanti fino ai nostri giorni segnala l arrivo di altri volontari, questa volta portatori diurni. Per distinguersi indossano giacca e cravatta. Contestualmente anche le tenute dei portatori sono diventate un optional. Chi le mette e chi no, chi indossa solo il cappellino, chi solamente la tunica. Eppure la visione omogenea di portatori con tuniche e cappellini col pon pon aveva avuto un suo fascino, una sua bellezza, un suo ordine mentale e visivo. Ma partiamo da più lontano. Abbiamo visto che quando le antiche maestranze conducevano il Mistero, indossavano le livree. Diverse da una maestranza all altra, il Mondello le considerò divise dell Arte. Tali restarono quando il trasporto passò a persone 75

28 retribuite. Sopravvissute fino all immediato Dopoguerra, pure queste divise subirono nel tempo delle modifiche. Una prima uniformità si ebbe con la realizzazione di tuniche grigie uguali per tutti, con cappellino di analogo colore; colletti, maniche e pon pon celesti e la scritta del ceto di appartenenza sui bordi dei cappellini. Nel 1956 l Ente Provinciale per il Turismo confeziona tuniche ormai sempre uguali per tutti (fatta eccezione per i portatori dell Addolorata). Sono di colore blu come i cappellini, il cui pon pon è di un rosso scuro analogamente a un ovale bordato d oro sul petto, con una scritta dello stesso colore riferita alla scena portata in spalla da ciascuna ciurma. Le diciture erano: Partenza, Lavanda, All Orto, Arresto, Caduta, Hanna, Negazione, Erode, Flagellazione, Coronazione, Ecce Homo, Sentenza, Calvario, Spogliazione, Sollevazione, Ferita, Deposizione, Trasporto, Sepolcro. Nel 1969 vengono accantonate per essere sostituite da analoghe tenute, ma con una differenza sostanziale: sul petto di tutti i portatori spicca uno stemma con la scritta Ente Provinciale per il Turismo. I tempi delle visibilità e degli sponsor ante litteram diventano maturi. Quando arrivano gli anni 90 e le livree vengono spesate dall Unione Maestranze (di cui si dirà nel paragrafo seguente), la scritta per tutti non può non essere che quella dell associazione organizzatrice. Solo che il colore della tenuta diventa più scuro e, quasi per un inconscia e ormai avviata paura per il colore (quello autentico), i pon pon sono neri. Quindi, i volontari. Che per distinguersi dai portatori, diciamo ufficiali, indossano dunque abito e cravatta, inducendo anche alcuni portatori a fare lo stesso. Poco, evidentemente, sanno delle Maestranze che mettevano la divisa dell Arte, in questa odierna, discutibile e confusa diversificazione con il portatore retribuito. Cresciuto a dismisura il numero di persone da porre sotto le aste, l allungamento di queste ultime diventa necessario. Occorre accontentare tutti. Portatori e volontari. Poco interessa se i gruppi sembrano diventare sempre più piccoli sotto un numero incredibile di portatori a vario titolo che dominano la scena. 76

29 Anno 1948: L arresto nell originaria disposizione delle aste; sono visibili i cavalletti non essendo ancora stati ideati i drappi neri, foto proprietà famiglia Asta E pensare che erano quattro, arrivando col tempo a un ragionevole numero di dieci-dodici al massimo se la pesantezza del Mistero era eccessiva e ora è diventato abnorme a causa pure delle spugne imbevute d acqua collocate sulle vare dai fioristi al fine di garantire il mantenimento della freschezza dei fiori. In barba all acqua assorbita dalle statue. E alla fatica dei portatori, naturalmente. 77

30 L Unione Maestranze L anno 1975 fu il primo in cui la processione venne organizzata da una struttura associativa. Il 23 giugno 1974 era nata l Unione Maestranze. Di fatto, però, fu nel giorno dell Immacolata dello stesso anno che venne convocata la prima assemblea, ratificato lo Statuto e dato luogo alle prime votazioni per la distribuzione delle cariche. La neo associazione ebbe immediatamente la possibilità di riunirsi in quella che fu la sua prima sede di via Poeta Calvino, dove rimase fino al I locali furono ricavati da un area dell ex convento domenicano, nella parte esattamente ad angolo con la Scalinata S. Domenico. Di quella Unione vanno ricordati i signori Paolino Romano (all epoca gestore de La Casa del Vino e ultimo console vinattiere de L ascesa al Calvario), Giuseppe Savona, Pio Romeo, Vito D Aleo, Giuseppe Taormina, Michele Sansica, Salvatore Anastasi, Pietro Lipari, Benvenuto Lantillo, Antonio Nocitra, Francesco Cognata, Gaetano Garuccio, Pierino Bellomo, Salvatore Bellomo, il comandante Francesco Bosco (tra i promotori principali del sodalizio) e il cavaliere Nicola Impellizzeri, secondo presidente 16 della storia e primo di lunga durata. Questi uomini, e ovviamente altri, rappresentarono l anello di congiunzione fra il passato e l inedito presente che apriva nuove prospettive dal punto di vista soprattutto economico: questua e contributi erogati dagli enti pubblici. Tale struttura, insomma, nasce e momentaneamente necessita 16 Cronologia dei presidenti: Francesco Bosco, ; Nicola Impellizzeri, ; Mario Canino, ; Giovanni D Aleo, ; Leonardo Buscaino, ; Ignazio Bruno, novembre 2014 (dimissionario); dal 21 dicembre 2014, Vito Dolce. 78

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