LA DISCIPLINA DEI RAPPORTI DI LAVORO NEL TRASFERIMENTO D AZIENDA

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1 LA DISCIPLINA DEI RAPPORTI DI LAVORO NEL TRASFERIMENTO D AZIENDA Elisabetta Cristallini Servizio Risorse Umane Relazioni Industriali

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3 Prefazione Le operazioni di natura societaria rilevanti dal punto di vista giuslavoristico sono quelle che attuano un mutamento nella titolarità dell impresa e dei rapporti di lavoro, così come avviene nel trasferimento d azienda. Oggetto del presente studio sarà l esame e l approfondimento di tale istituto, tenendo conto dei numerosi interventi normativi che si sono succeduti nel tempo e che hanno modificato, anche in modo sostanziale, la sua disciplina. Mi riferisco, in particolare, al D.Lgs. n. 18/2001, in attuazione della Direttiva Comunitaria 98/50/CE del 29 giugno 1998, che ha introdotto rilevanti novità, riscrivendo interamente l'art c.c. e modificando l'art. 47 della Legge n. 428/1990. Ulteriori correzioni all'art c.c. sono state poi apportate dall'art. 32 del D.Lgs. n. 276/2003 che ha ridefinito la nozione di trasferimento d'azienda e di ramo d'azienda, così come l art. 47 della Legge n. 428/1990, di nuovo modificato dall art. 19 quater del D.L. n. 135/2009 e, ancora, dall art. 46 bis, comma 2 del D.L. n. 83/2012 per ciò che concerne il trasferimento delle aziende in crisi. Questo lavoro è articolato in due parti: nella prima parte, dopo aver brevemente illustrato la nozione di trasferimento d azienda/ramo d azienda, verrà presa in esame la procedura di informazione e consultazione sindacale che deve essere seguita quando l impresa, oggetto del trasferimento, occupa più di 15 dipendenti, nonché gli effetti e i riflessi dell istituto in questione sul piano dei rapporti di lavoro. La seconda parte è, invece, dedicata alla speciale ipotesi di trasferimento delle aziende in crisi o sottoposte a procedure concorsuali, per le quali è prevista l applicazione, nei confronti del personale dipendente, di una speciale disciplina che, attraverso appositi accordi stipulati in sede sindacale, consente di derogare, in tutto o in parte, alle disposizioni di legge. Elisabetta Cristallini

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5 Indice PARTE PRIMA 1.1. Nozione di trasferimento d azienda Ipotesi di trasferimento d azienda La procedura di informazione e consultazione sindacale Determinazione dell organico aziendale Obbligo di informazione alle RSU e alle Organizzazioni Sindacali Esame congiunto Gli effetti del trasferimento d azienda sui rapporti di lavoro Trasferimento d azienda e Fondo di Tesoreria INPS Trasferimento d azienda e accesso ai benefici contributivi della mobilità. 31 PARTE SECONDA 2.1. Il trasferimento delle aziende in crisi Evoluzione normativa Accordo sindacale Articolo 47, comma 4 bis, Legge n. 428/ Contenuto della deroga all art c.c Articolo 47, comma 5, Legge n. 428/ Contenuto della deroga all art c.c Art. 104-bis Legge Fallimentare e Affitto d Azienda Art. 105 Legge Fallimentare e Cessione d Azienda Fondo di Garanzia INPS, TFR e Trasferimento d Azienda Jobs Act: D.Lgs. n. 148/ CIGS e Cessione d azienda 50

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7 PARTE PRIMA 1.1. Nozione di trasferimento d azienda La definizione giuslavoristica di trasferimento d azienda è contenuta nel comma 5 dell art c.c., come modificato dall art. 32 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Legge Biagi), il quale afferma che per trasferimento d'azienda si intende qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Elementi costitutivi ed essenziali del trasferimento d azienda sono dunque: trasferimento di un attività economica organizzata in maniera stabile (con o senza scopo di lucro), idonea alla produzione o allo scambio di beni o di servizi; preesistenza, rispetto al trasferimento, di tale attività; perdurare, dopo il trasferimento, dell identità dell attività economica organizzata, che deve quindi conservare il proprio valore economico e produttivo; 7

8 mutamento nella titolarità dell attività economica organizzata, a prescindere dalla tipologia negoziale con cui tale mutamento viene realizzato. Le disposizioni dell art c.c. si applicano non solo quando oggetto del trasferimento è l intero complesso dei beni aziendali, ma anche quando il trasferimento riguarda una parte dell azienda (c.d. ramo d azienda) definita, sempre dal 5 comma dell art c.c., come articolazione funzionalmente autonoma di un attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Ai fini della configurabilità di un legittimo trasferimento di un ramo d azienda sono, pertanto, necessari i seguenti requisiti: cessione di un entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, caratterizzata da una stabile organizzazione di mezzi e personale, destinata alla realizzazione e allo svolgimento di un attività economica; identificazione dell entità ceduta, da parte sia del cedente che del cessionario, come articolazione dotata di autonomia funzionale, cioè come parte di azienda separabile dal complesso aziendale ed in grado di avere una vita propria ; identificazione di tale articolazione al momento del suo trasferimento. 8

9 Il momento identificativo del ramo d azienda è senz altro una delle questioni più dibattute a livello giurisprudenziale. Un orientamento (prevalente) ritiene che la nozione di ramo d azienda presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente. Per cui non costituisce, ad esempio, cessione di ramo d azienda la cessione di una struttura produttiva creata "ad hoc" in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti nel negozio traslativo (Cass. 4 settembre 2014, n ; Cass. 15 aprile 2014 n. 8756; Cass. 21 novembre 2012, n ; Cass. 29 dicembre 2011 n ; Cass. 8 aprile 2011 n. 8066). Un altro orientamento (minoritario) ritiene, invece, che, a seguito delle modifiche operate nel corpus dell art c.c. dall art. 32 del D.Lgs. n. 276/2003, che ha eliminato dal dettato normativo qualsiasi riferimento al requisito della preesistenza, l autonomia non debba essere preesistente, ma solo effettivamente sussistente al momento del trasferimento (Cass. 30 gennaio 2013, n. 2151; Trib. Milano, 17 aprile 2007; Trib. Milano, 7 marzo 2007, n. 1231; Trib. Padova, 5 febbraio 2007, n. 1079; Trib. Milano, 19 gennaio 2006; Trib. Torino, 17 dicembre 2005). In caso di trasferimento di ramo d azienda, la disciplina di cui all art c.c. si applica solo ai lavoratori addetti stabilmente al ramo trasferito (Cassazione, 10 settembre 2010 n ). Tuttavia, nel caso in cui vi siano lavoratori che svolgano contemporaneamente attività in favore di più rami della stessa azienda, la giurisprudenza ritiene che la disciplina del codice civile vada applicata 9

10 non solo ai dipendenti che prestano la loro attività esclusivamente per la produzione di beni e servizi del ramo trasferito, ma anche a quelli che prestano un attività lavorativa prevalente in favore di detto ramo (Cass. 6 dicembre 2005, n ) Ipotesi di trasferimento d azienda Il trasferimento d azienda o di ramo d azienda può essere attuato attraverso le più diverse fattispecie traslative, così come anche mediante una pluralità di negozi di cessione. Rientrano tra le ipotesi tipiche di trasferimento d azienda: la cessione; la fusione (per incorporazione o con creazione di una nuova società); la scissione; l usufrutto; l affitto d azienda; la successione ereditaria che trovi fondamento in un testamento e nelle norme sulle successioni legittime (Cass. 29 agosto 2005, n ); in alcuni casi il franchising (Cass. 27 febbraio 1998, n. 2220). Non costituisce, invece, trasferimento di azienda, l ipotesi della cessione del pacchetto (azionario o di quote) di maggioranza di controllo di una società, in quanto tale operazione societaria, pur incidendo sugli assetti azionari (o delle quote) interni ad una società sotto il profilo della loro titolarità, non incidono sull autonoma soggettività giuridica delle 10

11 società interessate ed i rapporti di lavoro continuano ad avere corso e ad imputarsi alle singole aziende (Cass. 12 marzo 2013, n. 6131; Cass. 18 aprile 2007, n. 9251). Parimenti, deve escludersi l ipotesi di trasformazione di una società da uno ad altro tipo (anche se si tratti di trasformazione di una società di persone in società di capitali), poichè la modificazione dell atto costitutivo non determina il mutamento del soggetto imprenditore, ma implica solamente una modifica della sua forma giuridica (Cass. 16 aprile 1986, n. 2697). A maggior ragione non rientra nel campo di applicazione del trasferimento di azienda la modifica della denominazione sociale, in quanto, anche in questo caso, non avviene il mutamento del soggetto titolare dell impresa La procedura di informazione e consultazione sindacale Se l impresa interessata al trasferimento in qualità di cedente occupa complessivamente più di 15 dipendenti, l operazione societaria deve essere effettuata nel rispetto di una preventiva procedura di informazione e consultazione con le rappresentanze sindacali, i cui passaggi sono dettagliatamente indicati nell art. 47 della Legge 29 dicembre 1990, n La procedura sindacale deve essere svolta anche nel caso in cui viene trasferita una parte d azienda (anche se i lavoratori trasferiti, nel complesso di un azienda con più di 15 dipendenti, sono in numero 11

12 inferiore a 15), così come nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento venga assunta da altra impresa controllante Determinazione dell organico aziendale Nella determinazione dell organico aziendale, in presenza del quale sorge l obbligo di adottare la procedura sindacale, è opportuno approfondire tre specifici aspetti. 1. E innanzitutto necessario verificare se il dato occupazionale debba essere determinato con riferimento all impresa cedente nel suo complesso o alla singola unità produttiva. Al riguardo, si ritiene che il dato occupazionale (più di 15 dipendenti) debba essere riferito all impresa cedente nel suo complesso e non alla singola unità produttiva: ciò è chiaramente confermato dal tenore letterale del comma 1 dell art. 47 della Legge n. 428/1990 che precisa che l informazione sindacale deve essere effettuata nelle imprese in cui sono complessivamente occupati più di 15 dipendenti; 2. La seconda osservazione riguarda il momento in cui deve essere verificato il dato occupazionale ai fini dell applicazione o meno della procedura sindacale. In assenza di specifiche disposizioni normative, in mancanza di significativi orientamenti giurisprudenziali e tenuto conto di precisazioni normative analoghe, si ritiene opportuno e 12

13 prudente calcolare il dato occupazionale non al momento preciso del trasferimento, ma piuttosto tenendo conto dell occupazione media dell ultimo semestre che precede l inizio della procedura di trasferimento; 3. La terza ed ultima osservazione riguarda, infine, l individuazione dei lavoratori che devono essere computati nell organico aziendale. Al riguardo, in attuazione dei principi generali, si ritiene che debbano essere computati: - gli operai, impiegati, quadri e dirigenti, anche con contratto a termine; - i lavoratori con contratto intermittente; - i lavoratori con contratto ripartito; - i lavoratori con rapporto di telelavoro; - i lavoratori part-time in proporzione all orario svolto. Non vanno, invece, computati: - i lavoratori a domicilio (salvo il caso in cui sia dimostrata la sostanziale stabilità del rapporto con gli stessi); - i lavoratori con contratto di inserimento e reinserimento; - gli apprendisti; - i lavoratori somministrati a termine o a tempo indeterminato; - i co.co.co. ed i co.co.pro.; 13

14 - i soci lavoratori; - gli associati in partecipazione; - i lavoratori dell impresa familiare; - i tirocinanti e gli stagisti Obbligo di informazione alle RSU e alle Organizzazioni Sindacali Prima di attuare un trasferimento d azienda (o di ramo d azienda), il cedente ed il cessionario sono tenuti a darne comunicazione scritta, almeno 25 giorni prima che sia perfezionato l atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un intesa vincolante tra le parti, se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali in azienda (RSU ovvero RSA) costituite nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza di RSU o RSA, resta, comunque, fermo l obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, obbligo che il cedente ed il cessionario possono assolvere anche per il tramite dell associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. In ordine al termine entro il quale devono essere adempiuti gli obblighi di informativa sindacale da parte del cedente e del cessionario, il Ministero del Lavoro, con nota prot. N. 5/26570/70 del 31 maggio 2001, in risposta ad alcuni quesiti di Confindustria, ha precisato che: 14

15 per la prima fattispecie giuridica ( 25 giorni prima che sia perfezionato l atto da cui derivi il trasferimento ), il dies a quo (da cui a ritroso decorrono i 25 giorni) è da individuare nella data in cui viene effettuata l iscrizione del contratto traslativo nel registro delle imprese, in quanto con tale iscrizione si dà pubblicità ai terzi dell avvenuto trasferimento d azienda (ai sensi e per gli effetti dell art e ss. c.c.); per la seconda fattispecie giuridica ( intesa vincolante tra le parti, se precedente ), il Ministero del Lavoro ritiene che il termine "vincolante" sia stato voluto dal legislatore per individuare l atto conclusivo del processo circolatorio da cui, a ritroso, decorrono i venticinque giorni per informare i soggetti sindacali. Di conseguenza, secondo l interpretazione ministeriale, sono da ricondurre alla predetta formulazione ( intesa vincolante ) unicamente quegli atti "definitivi" o "stabili" nel tempo per includere la manifestazione di volontà ormai "immodificabile" o "irretrattabile" del cedente e del cessionario e come tali idonei a produrre effetti reali traslativi. In ultima analisi, nell ambito della suddetta intesa, preliminare e prodromica all iscrizione nel registro delle imprese, rientra il solo negozio giuridico con cui l azienda - mediante atto pubblico - viene alienata o concessa in affitto o in usufrutto. Conseguentemente, si può ritenere che né l'eventuale contratto preliminare di cessione d azienda, né gli atti interni della società 15

16 cedente o di quella cessionaria (come le delibere assembleari) rientrino nelle fattispecie individuate dal legislatore, giacchè il contratto preliminare potrebbe pur sempre essere sostituito da un contratto successivo e le delibere delle assemblee potrebbero essere successivamente modificate o impugnate, ad esempio, dai soci di minoranza. Le informazioni che cedente e cessionario debbono fornire sono quelle finalizzate alla tutela dei lavoratori e, quindi, strettamente inerenti alla materia del lavoro. Pertanto, la comunicazione deve contenere indicazioni circa: la data prevista o la data proposta, del trasferimento. Al riguardo, il Ministero del Lavoro, sempre con nota prot. N. 5/26570/70 del 31 maggio 2001, ha chiarito che in ragione delle complesse procedure societarie insite nella traslazione di un azienda non è da escludere la possibilità di modificazione della data proposta del trasferimento se alla vincolatività dell intesa conseguita (tra il cedente ed il cessionario) non seguano tempestivi effetti di pubblicità ai terzi e, pertanto, di efficacia del trasferimento ; i motivi del programmato trasferimento; le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori (ad es. l eventuale modificazione del settore merceologico di attività o la sostituzione del CCNL applicato dal cedente con quello applicato dal cesssionario, etc.); 16

17 le eventuali misure previste nei confronti dei lavoratori (ad es. licenziamenti individuali o collettivi, richieste di interventi di cassa integrazione, etc.) Esame congiunto Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, da effettuarsi entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione di trasferimento, il cedente ed il cessionario, nei successivi 7 giorni dal ricevimento della predetta richiesta, sono tenuti ad avviare un esame congiunto al quale devono partecipare l azienda cedente, l azienda cessionaria (eventualmente assistite dalle associazioni imprenditoriali cui aderiscono o conferiscono mandato) e, naturalmente, i soggetti sindacali interessati. Il comma 3 dell art. 47 della Legge n. 428/90 stabilisce che il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi di informazione e consultazione, costituisce condotta antisindacale sanzionabile ai sensi dell'art. 28 della Legge n. 300/70 (Statuto dei Lavoratori), ma per la dottrina e la giurisprudenza prevalente, non influisce sulla validità ed efficacia del trasferimento d azienda in quanto il rispetto della procedura non costituisce presupposto di legittimità del negozio di trasferimento (Cass. 22 agosto 2005, n ; Cass. 6 giugno 2003, n. 9130; Cass. 4 gennaio 2000, n. 23). 17

18 La consultazione si intende esaurita anche qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. L'incontro, difatti, ha carattere esclusivamente informativo e non implica l'obbligo di raggiungere un'intesa. In tal caso, le parti contraenti potranno dare corso al trasferimento senza incorrere nella violazione dell art. 28 della Legge n. 300/70 sopracitato Gli effetti del trasferimento d azienda sui rapporti di lavoro Ai sensi dell art. 2112, 1 comma, cod.civ., In caso di trasferimento d azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. L effetto principale del trasferimento d azienda, per quanto attiene ai rapporti di lavoro, è quello di garantire al lavoratore ceduto la continuità del proprio rapporto di lavoro, mantenendo tutti i diritti e le condizioni economiche già acquisite presso il cedente al momento della cessione dell'azienda: riconoscimento del livello retributivo raggiunto, diritto al mantenimento dell anzianità di servizio maturata, diritti connessi alla qualifica e alle mansioni svolte, etc. In altri termini, nell ipotesi disciplinata dall art. 2112, 1 comma c.c., muta il titolare dell azienda senza però che la modificazione soggettiva del datore di lavoro incida sulla tutela della stabilità del rapporto di lavoro e comporti alterazioni al rapporto di lavoro stesso. 18

19 Ciò sta a significare che il lavoratore conserva le prestazioni soggettive che trovano fondamento nell originario contratto di lavoro, i diritti soggettivi acquisiti facenti parte del proprio patrimonio e il complessivo regolamento negoziale del rapporto di lavoro, senza che i motivi che hanno spinto l impresa al trasferimento influiscano negativamente su di esso. Per dottrina e giurisprudenza prevalente, nel trasferimento d azienda, in deroga all art c.c. in virtù del quale la cessione del contratto richiede il consenso del contraente ceduto, è irrilevante il consenso da parte del lavoratore trasferito in quanto trattasi di una successione legale di contratto, quale che sia lo strumento tecnico-giuridico attraverso il quale viene realizzato il trasferimento (Cass. 30 luglio 2004, n ; Cass. 25 ottobre 2002, n ). Ai sensi dell art. 2112, 2 comma, cod. civ., Il cedente ed il cessionario restano obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure previste dagli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Rispetto ai crediti che il lavoratore aveva già maturato al momento del trasferimento, in ragione del rapporto di lavoro con l impresa cedente, sussiste tra cedente e cessionario una responsabilità solidale. 19

20 Ciò significa che al primo debitore (il cedente) si aggiunge un secondo debitore (il cessionario) ed il lavoratore può agire indifferentemente, per i suddetti crediti, tanto nei confronti dell uno che dell altro. La solidarietà di cui al comma 2 dell art. 2112, c.c. è, tuttavia, limitata ai crediti del lavoratore il cui rapporto non sia cessato prima del trasferimento. Non rientrano, invece, nell ambito del suddetto regime i crediti dei lavoratori che, al momento del trasferimento d azienda, erano già cessati e, dunque, non più in forza. In tal senso, significativa è la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n del 29 marzo 2010 che afferma: La disciplina posta dal secondo comma dell'art. 2112, cod. civ., che prevede la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d'azienda, a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario, presuppone - al pari di quella prevista dal primo e terzo comma della medesima disposizione quanto alla garanzia della continuazione del rapporto e dei trattamenti economici e normativi applicabili - la vigenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento d'azienda, con la conseguenza che non è applicabile ai crediti relativi ai rapporti di lavoro esauritisi o non ancora costituitisi a tale momento, salva in ogni caso l'applicabilità dell'art. 2560, cod. civ. che contempla, in generale, la responsabilità dell'acquirente per i debiti dell'azienda ceduta, ove risultino dai libri contabili obbligatori. 20

21 Pertanto, per la tutela dei crediti dei lavoratori maturati prima della cessione dell azienda e riguardanti rapporti risoltisi anteriormente alla cessione stessa, è necessario far riferimento alla disposizione dell art c.c., secondo la quale il cessionario risponde solidalmente per i debiti dell azienda ceduta, solo se questi risultano da libri contabili obbligatori. In tale contesto, è d obbligo precisare che il regime legale della responsabilità solidale tra cedente e cessionario non è una norma inderogabile, in quanto lo stesso comma 2 dell art c.c. ne prevede la derogabilità attraverso le procedure di conciliazione di cui agli articoli 410 e 411 c.p.c., con le quali il lavoratore interessato può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. A differenza dei diritti di credito del lavoratore di natura retributiva per i quali si applica il regime della responsabilità solidale appena descritto, i crediti contributivi nei confronti degli istituti previdenziali ed il Trattamento di Fine Rapporto, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, sono, invece, soggetti ad altra disciplina e precisamente: Contributi obbligatori previdenziali omessi. La giurisprudenza di legittimità esclude dal regime di solidarietà previsto dall art. 2112, comma 2, c.c. i crediti contributivi collegati ai crediti retributivi del lavoratore ceduto. 21

22 La ragione di tale interpretazione, tendenzialmente restrittiva, sta nel fatto che il creditore del debito contributivo non è il lavoratore, bensì l ente previdenziale, il quale, dunque, si pone, rispetto al trasferimento d azienda, come terzo creditore, in posizione diversa da quella tutelata dall art c.c., la cui funzione è quella di garanzia dei crediti dei lavoratori ceduti e non di quelli di altri soggetti. Al riguardo, nella sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n del 16 giugno 2001, si legge: in caso di trasferimento di azienda, i debiti contratti dall'alienante nei confronti degli istituti previdenziali per l'omesso versamento dei contributi obbligatori, esistenti al momento del trasferimento, costituiscono debiti inerenti all'esercizio dell'azienda e restano soggetti alla disciplina dettata dall'art cod. civ., senza che possa operare l'automatica estensione di responsabilità all'acquirente ex art. 2112, 2 comma c.c., sia perché la solidarietà è limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e non è estesa ai crediti di terzi, quali devono ritenersi gli enti previdenziali, sia perché il lavoratore non ha diritti di credito verso il datore di lavoro per l'omesso versamento dei contributi obbligatori (oltre al diritto al risarcimento dei danni nell'ipotesi prevista dall'art. 2116, secondo comma, cod. civ.), restando estraneo al c.d. rapporto contributivo, che intercorre fra l'ente previdenziale e il datore di lavoro. 22

23 Discorso a parte per quanto riguarda i debiti riferiti ai premi assicurativi nei confronti dell INAIL. In questo caso esiste una norma specifica, l articolo 15 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, la quale stabilisce che in caso di trasferimento di un azienda da un datore di lavoro all altro, quest ultimo è solidalmente obbligato con il primo, salvo l eventuale diritto di regresso del nuovo datore di lavoro verso il precedente, per i premi Inail e i relativi costi accessori relativi all anno in corso e ai due precedenti. Trattamento di Fine Rapporto. Gli orientamenti giurisprudenziali sono essenzialmente due, di cui il secondo divenuto oramai prevalente: 1. Il primo afferma che il cessionario è da considerarsi unico debitore del trattamento di fine rapporto, anche per il periodo passato alle dipendenze del precedente datore di lavoro, atteso che solo al momento della risoluzione del rapporto matura il diritto del lavoratore al suddetto trattamento, del quale la cessazione del rapporto è fatto costitutivo del diritto stesso. Una cosa è, infatti, il diritto del lavoratore ad ottenere le necessarie informazioni sulle quote (e sulle componenti) del trattamento accantonate, altra cosa è il diritto del medesimo lavoratore a conseguire la liquidazione dell emolumento (o parte dello stesso, nei casi previsti dal comma 6 e ss. dell art c.c.), dal 23

24 momento che l accantonamento delle quote opportunamente rivalutate, è uno strumento solo contabile che non vale a mettere a disposizione del dipendente la somma relativa (Cass. 9 agosto 2004, n ; Cass. 13 dicembre 2000, n ; Cass. 14 dicembre 1998, n ; Cass. 27 agosto 1991, n. 9189); 2. Il secondo, sostenendo la natura di retribuzione differita del TFR, il quale sorge con la costituzione del rapporto di lavoro, matura in ragione dello svolgimento della prestazione lavorativa (attraverso il meccanismo dell accantonamento e della rivalutazione) e diventa esigibile solo al momento della risoluzione del rapporto di lavoro stesso, afferma che il datore di lavoro cedente è obbligato, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, successivo al trasferimento stesso, al pagamento delle quote di t.f.r. maturate fino alla data del trasferimento d azienda. Per tale credito del lavoratore sussiste, inoltre, il vincolo di solidarietà tra cedente e cessionario previsto dall art. 2112, 2 comma, c.c.. Quanto alla quota di t.f.r. maturata nel periodo del rapporto successivo al trasferimento d azienda, unico obbligato è, invece, il datore di lavoro cessionario (App. Milano n. 618/2014; Cass. 11 settembre 2013, n ; Cass. 14 maggio 2013, n ; Cass. 22 settembre 2011, n ). 24

25 Ai sensi dell art. 2112, 3 comma, cod. civ., Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all impresa del cessionario. L effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello. Tale previsione, finalizzata a tutelare i lavoratori trasferiti garantendo loro la conservazione del trattamento economico-normativo che regolava il rapporto di lavoro presso l azienda ceduta, impone al cessionario il rispetto dei contratti collettivi (nazionali, territoriali ed aziendali) applicati dal cedente e vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza. Naturalmente ciò avverrà nel caso in cui l azienda cessionaria non applichi alcun contratto collettivo. Difatti, se il cessionario dispone ed applica, a sua volta, contratti collettivi dello stesso livello, il suddetto obbligo viene meno. Questo significa che il cessionario, fermo restando l onere di conservare i c.d. diritti quesiti del lavoratore trasferito, potrà sostituire, immediatamente ed in toto, la contrattazione collettiva dell impresa cedente con quella applicata presso la propria impresa, anche se più sfavorevole (Cass. 13 maggio 2011, n ; Cass. 12 giugno 2007, n ). 25

26 Il comma 3 dell art c.c. comporta, infatti, l inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con l applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (Cass. 13 settembre 2006, n ). Tuttavia è opportuno precisare che, nella prassi, la sostituzione della disciplina collettiva del cedente con quella del cessionario è, di frequente, oggetto di c.d. Accordi di armonizzazione da conseguire in sede di procedura sindacale ex art. 47, Legge n. 428/1990. Tali accordi hanno, difatti, la funzione di rendere meno traumatico il passaggio dalle condizioni contrattuali applicate ai dipendenti ceduti a quelle applicate ai dipendenti del cessionario, stabilendo, ad esempio, particolari modalità oppure particolari tempistiche circa gli effetti della sostituzione contrattuale. Ai sensi dell art. 2112, 4 comma, cod. civ., Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma. Il trasferimento d azienda, comportando un mutamento nella titolarità dell azienda e non nella struttura produttiva e organizzativa, non costituisce, di per sé, legittimo motivo di licenziamento, né per il cedente, né per il cessionario. 26

27 Pertanto, in caso di licenziamento (illegittimo) intimato dal cedente e basato unicamente sul fatto del trasferimento, deve riconoscersi la nullità del recesso per violazione della norma imperativa contenuta nell'art. 2112, 4 comma c.c.. Tale nullità comporta la prosecuzione, ope legis, del rapporto di lavoro con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che aveva verso il cedente (Cass. 28 febbraio 2012, n. 3041). Se è vero, quindi, che il trasferimento d azienda, di per sé, non può costituire motivo legittimo di risoluzione del rapporto, non si esclude, tuttavia, la possibilità, sia in capo al cedente che in capo al cessionario, di attuare licenziamenti, in forma individuale o collettiva, qualora sussista un giustificato motivo oggettivo e nel rispetto della disciplina e delle procedure previste dalla normativa vigente in materia. Significativa, al riguardo, è la sentenza della Corte di Cassazione 11 giugno 2008, n nella quale si legge:. Il potere di licenziamento, che il datore conserva per l'art. 47 della L. 29 dicembre 1990, n. 428, ha fondamento non nel trasferimento d'azienda, bensì nella generale (preesistente) normativa; e fondamento è anche il giustificato motivo oggettivo. A ragione del suo stesso fondamento, questa oggettività può tuttavia avere giustificazione solo nello spazio della struttura aziendale, autonomamente considerata; non nella connessione con il trasferimento (come finalità di agevolare il trasferimento stesso).. 27

28 La cessione di azienda può, ad esempio, concorrere a costituire giustificato motivo di licenziamento del lavoratore da parte dell imprenditore cedente, qualora quest ultimo possa dimostrare la sussistenza della necessità di provvedere, al fine di attuare la cessione, ad un ridimensionamento dell aspetto organizzativo dell azienda, afferente al personale occupato, avendo il cessionario accettato l operazione solo a condizione di una preventiva e drastica riduzione dei dipendenti dell azienda medesima, non potendosi in tal caso sindacare la volontà del cessionario di organizzare l attività produttiva della propria impresa secondo modelli ritenuti più opportuni (Cass. 9 settembre 1991, n. 9462). Così come in caso di licenziamento del lavoratore da parte del cedente ed immediata sua riassunzione da parte del cessionario, il datore di lavoro deve dimostrare l assenza di relazione tra licenziamento e trasferimento, nonchè la mancanza di qualsiasi intento fraudolento, oppure deve provare l effettivo, esplicito ed anteriore consenso del lavoratore alla risoluzione immediata, altrimenti il rapporto di lavoro si considera come unico e continuo, nonostante la sostituzione di uno dei contraenti e l'intervento di un recesso eventualmente anche formalizzato (Cass. 16 maggio 1998, n. 4944). Da ultimo, il comma 4 dell art c.c. stabilisce che il lavoratore passato alle dipendenze del cessionario ha la facoltà di rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa (con gli effetti di cui al 1 comma dell art c.c.) qualora, nei tre mesi successivi al trasferimento, le sue condizioni di lavoro abbiano subito sostanziali modifiche. 28

29 Al riguardo, il Ministero del Lavoro, con nota prot. N. 5/26570/70 del 31 maggio 2001, condividendo l orientamento di Confindustria, interpreta la locuzione sostanziale modifica che legittima, in caso di trasferimento d azienda, le dimissioni del dipendente per giusta causa, la sola circostanza che il trasferimento d'azienda abbia comportato un complessivo peggioramento delle condizioni di lavoro del dipendente stesso (come, del resto, previsto anche dalla Direttiva Comunitaria 98/50/CE). L'art. 47, comma 6, della Legge n. 428/1990 prevede, infine, che i lavoratori del cedente che non passano alle dipendenze dell acquirente, dell affittuario o del subentrante hanno un diritto di precedenza nelle assunzioni che quest ultimo effettui entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il maggior periodo stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti dei suddetti lavoratori, che vengono assunti dall acquirente, dall affittuario o dal subentrante in un momento successivo al trasferimento d azienda, non trova applicazione la disciplina (garantistica) di cui all art c.c., instaurandosi, a tutti gli effetti, un nuovo rapporto di lavoro. A meno che non si sia, in tal modo, voluto eludere l'applicazione dell articolo in questione e, in questo caso, il rapporto è da ritenersi proseguito senza soluzione di continuità presso l'acquirente o subentrante. 29

30 1.5. Trasferimento d azienda e Fondo di Tesoreria INPS In caso di operazioni societarie che comportano, ai sensi dell art c.c., il passaggio dei dipendenti da un datore di lavoro all altro, senza interruzione del rapporto di lavoro, l Inps, con circolare n. 70 del 3 aprile 2007 e con successivo messaggio n del 23 settembre 2009, ha fornito precise indicazioni per ciò che riguarda la gestione del TFR nel Fondo di Tesoreria INPS. In proposito, si ricorda che dal 1 gennaio 2007 confluiscono in detto Fondo le quote di TFR dei lavoratori di imprese con almeno 50 addetti che hanno scelto di non aderire alla previdenza complementare. L Istituto, nel caso di specie, afferma che: qualora, a seguito di operazione societaria (es. acquisizione di ramo d'azienda, incorporazione, ecc.) o di cessione di contratto, si realizzi il passaggio di personale da un datore di lavoro non obbligato al versamento del TFR ad altro che è soggetto all obbligo, il nuovo datore di lavoro sarà tenuto al versamento delle quote mensili di TFR anche per tale personale a partire dal periodo di paga in corso alla data dell'acquisizione del dipendente; qualora, sempre a seguito di operazione societaria o cessione di contratto, si realizzi il passaggio di personale da un datore di lavoro tenuto al versamento del TFR ad altro non soggetto 30

31 all obbligo, il nuovo datore di lavoro sarà tenuto ad effettuare il versamento del contributo, anche in assenza del requisito occupazionale previsto dalla norma (almeno 50 addetti), con esclusivo riguardo al personale transitato. In questa seconda ipotesi la rivalutazione delle quote di TFR dovrà essere effettuata dal datore di lavoro subentrante e dovrà riguardare anche quanto versato al Fondo di Tesoreria dall azienda cedente. La continuità nei versamenti al Fondo di Tesoreria fa sì che, alla cessazione del rapporto, il datore di lavoro subentrante liquidi al lavoratore, rivalutandolo, tutto il TFR e cioè: - quello fisicamente trasferitogli dalla cedente; - quello da quest'ultima versato al Fondo di Tesoreria; - quello connesso ai versamenti dallo stesso effettuati al medesimo Fondo. All'atto della liquidazione, il datore di lavoro subentrante dovrà provvedere a recuperare dalla Tesoreria le quote globalmente versate per i lavoratori cessati, in sede di conguaglio con i contributi dovuti Trasferimento d azienda e accesso ai benefici contributivi della mobilità La questione dei benefici della mobilità nell ambito di un acquisizione di azienda o di ramo d azienda è stata, e lo è ancora, una delle problematiche più dibattute, sia a livello giurisprudenziale che di prassi 31

32 amministrativa. In proposito, molteplici, nel corso degli anni, sono state le sentenze della giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, così come gli interventi dell Inps e del Ministero del Lavoro. L argomento continua a sollevare diatribe giudiziarie e, con interpello n. 18 del 20 marzo 2009, il Ministero del Lavoro ha risposto ad un quesito da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti in merito alla spettanza dei benefici contributivi ed economici previsti dalla Legge n. 223/1991, relativamente alle imprese cessionarie di aziende che abbiano proceduto a riduzioni di personale. In particolare, al Ministero è stato chiesto se la società cessionaria di azienda che abbia collocato in mobilità il proprio personale, ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n. 223/1991, abbia titolo alle agevolazioni contributive di cui all art. 8, commi 2 e 4, della stessa legge, ove assuma tale personale posto in mobilità, decorso il termine di sei mesi dall intimazione di licenziamento. Il Ministero, preliminarmente, ricorda che i benefici previsti dal sopracitato art. 8, spettano al datore di lavoro che riassuma lavoratori posti in mobilità senza esservi tenuto e sottolinea come la giurisprudenza prevalente si sia espressa affermando che le assunzioni debbano essere dettate da effettive esigenze economiche e non a fini elusivi esclusivamente per usufruire degli incentivi di legge mediante fittizie interruzioni dei rapporti lavorativi (e successive riassunzioni). In tal senso, il legislatore ha previsto un termine temporale di sei mesi (durata del periodo in cui vige il diritto di precedenza nelle riassunzioni di 32

33 quegli stessi lavoratori posti in mobilità), considerato sufficientemente ampio per contrastare possibili operazioni in frode alla legge che potrebbero essere poste da azienda alienante ed azienda subentrante. Anche la Suprema Corte ha precisato, più volte, che il riconoscimento di eventuali agevolazioni contributive presuppone l effettiva cessazione dell azienda originaria e la sussistenza, in caso di nuove assunzioni da parte di altra impresa, di reali esigenze economiche. Ne consegue che, ove l azienda originaria, intesa nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare, a prescindere se la titolarità aziendale sia cambiata e a prescindere dal negozio giuridico utilizzato per la cessione, la prosecuzione del rapporto o la sua riattivazione presso la nuova impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge (art c.c., e succ. mod.), come tale non meritevole dei benefici della decontribuzione (ex multis Cass. 9 marzo 2007 n. 5554; Cass. 20 gennaio 2005 n. 1113; Cass. 28 ottobre 2002 n ). Il Ministero del Lavoro conclude ribadendo che il diritto a godere delle misure agevolative connesse alla riassunzione dei lavoratori collocati in mobilità da parte della medesima azienda che ne aveva disposto il licenziamento o, come nella fattispecie oggetto di interpello, da parte della società cessionaria, può avvenire solo una volta trascorsi sei mesi dal licenziamento (ossia una volta cessata l operatività del limite temporale previsto dall art. 8, comma 4-bis della Legge n. 223/1991). 33

34 PARTE SECONDA 2.1. Il trasferimento delle aziende in crisi Nell ambito del trasferimento d azienda, va rilevato come la disciplina lavoristica nazionale, all interno dell art. 47 della Legge n. 428/1990, ha introdotto una possibile deroga alle garanzie individuali dei lavoratori di cui all art c.c., con lo specifico fine ribadito, come vedremo, ai commi 4 bis e 5, di un mantenimento, almeno parziale, dei livelli occupazionali in relazione a situazioni di crisi aziendali difficilmente recuperabili. Tali situazioni sono espressamente esplicitate dal Legislatore attraverso il riferimento a fattispecie già normate e certificate, ossia fattispecie per le quali, ad esempio, sia stato accertato lo stato di crisi aziendale o per le quali intervenga una procedura concorsuale. Al di fuori di tali specifiche ipotesi e condizioni, non vi sono altre possibilità di non applicare o applicare parzialmente, in caso di trasferimento d azienda, l art c.c., a meno che non si ricorra a definizioni e rinunce individuali con i lavoratori nelle forme di cui agli accordi ex artt. 410 e 411 c.p.c. 34

35 2.2. Evoluzione normativa Con sentenza C-561/2007 dell 11 giugno 2009, la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto in contrasto con la direttiva 2001/23/CE l art. 47, commi 5 e 6, della Legge n. 428/1990 che consentiva, in presenza di trasferimenti riguardanti aziende o unità produttive in crisi ai sensi dell accertamento del CIPI, a norma dell art. 2, comma 5, lettera c) della Legge n. 675/1977, la deroga in toto delle tutele individuali previste dall art c.c.. A seguito della sentenza di condanna sopra richiamata, il legislatore italiano è intervenuto sul testo dell art. 47 della Legge n. 428/1990 con il D.L. n. 135/2009, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 166/2009 recante Disposizioni urgenti per l attuazione di obblighi comunitari e per l esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. In particolare, l art. 19-quater ha disposto la soppressione, al comma 5, del riferimento alle aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell art. 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n Pertanto, il nuovo testo dell art. 47, comma 5, depurato dall ipotesi di crisi aziendale, così recita: Qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di 35

36 sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'articolo 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell'alienante. Sempre l art. 19-quater ha poi introdotto il comma 4-bis che stabilisce: Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell occupazione, l art del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende: a) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell art. 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675; b) per le quali sia stata disposta l amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto legislativo 8 luglio, n. 270, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell attività. Ulteriori modifiche all art. 47 sono state, infine, apportate dall art. 46-bis, comma 2, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modifiche, nella Legge 7 agosto 2012, n. 134 recante Misure urgenti per la crescita del 36

37 Paese che ha aggiunto al sopracitato comma 4-bis le lettere b-bis) e b- ter), ossia: b-bis) per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo; b-ter) per le quali vi sia stata l omologazione dell accordo di ristrutturazione dei debiti Accordo sindacale Quale che sia la disciplina derogatoria applicata, ossia l art. 47, comma 4 bis o comma 5 della Legge n. 428/1990, presupposto indispensabile per poter ricorrere all una o all altra fattispecie normativa è rappresentato dalla conclusione di un accordo collettivo tra cedente, cessionario e organizzazioni sindacali. Il venir meno di tale requisito comporterà, necessariamente, l applicazione della disciplina generale ex art c.c.. Per maggior completezza si riporta, di seguito, uno stralcio della sentenza della Corte di Cassazione 4 novembre 2014, n dal quale si evince chiaramente che, per poter operare la deroga delle tutele individuali, è necessario rispettare la procedura di consultazione sindacale: la derogabilità, laddove prevista, anche peggiorativa del trattamento dei lavoratori, si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali, quando venga trasferita l'azienda di un'impresa insolvente e si legittima con la garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie (Cass. 22 settembre 2011, n ; Cass. 5 marzo 2008, n. 5929). Appare evidente come la priorità 37

38 di tutela dal piano del singolo lavoratore (cui risponde l'esclusiva applicazione dell'art. 2112, cod. civ.) si sia spostata al piano dell'interesse collettivo al perseguimento dell'agevolazione della circolazione dell'azienda quale strumento di salvaguardia della massima occupazione, in una condizione di obiettiva crisi imprenditoriale, anche al prezzo del sacrificio di alcuni diritti garantiti dall'art. 2112, cod. civ., pur sempre in un ambito tutelato di consultazione sindacale Articolo 47, comma 4 bis, Legge n. 428/1990 Il primo percorso derogatorio in caso di trasferimento di aziende in crisi è contenuto nell art. 47, comma 4 bis della Legge n. 428/1990, il quale prevede che, attraverso un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell occupazione, possano essere operate limitazioni alle previsioni di cui all art c.c. rispetto alle tutele individuali dei lavoratori. In particolare, la norma in questione consente di azionare il meccanismo della deroga parziale nei confronti di: aziende dichiarate in stato di crisi aziendale, ai sensi dell art. 2, comma 5, lettera c) della Legge n. 675/1977; aziende poste in amministrazione straordinaria in caso di continuazione o di mancata cessazione dell attività; aziende per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo; aziende per le quali vi sia stata l omologazione dell accordo di ristrutturazione dei debiti. 38

39 Tralasciando le prime due ipotesi, è interessante evidenziare che la legittima applicazione della disciplina derogatoria in caso di trasferimento d azienda richiede, rispetto al concordato preventivo, che l accordo sindacale si realizzi anche prima dell omologa, ma comunque dopo l avvenuta dichiarazione di apertura della procedura, mentre nel caso dell accordo di ristrutturazione dei debiti, l opzione derogatoria può essere attivata solo dopo l atto di omologazione da parte del Tribunale, in quanto solo con il provvedimento di omologa viene soddisfatto il requisito del controllo giudiziario. Quanto al concordato preventivo è da sottolineare, altresì, che l applicazione dell art. 47, comma 4 bis, interessa le imprese che ricorrono alla suddetta procedura concorsuale non nella versione meramente liquidatoria (a cui, come vedremo in seguito, si applicherà la deroga totale delle garanzie individuali ai sensi dell art. 47, comma 5, bensì in quella, per così dire, conservativa, ossia volta al risanamento e al salvataggio dell impresa. E proprio in questo contesto che si inserisce la nuova fattispecie concordataria nella modalità in continuità aziendale introdotta nella Legge Fallimentare (art. 186-bis) dal D.L. n. 83/2012 (c.d. Decreto Sviluppo ) alla quale è possibile applicare l art. 47, comma 4 bis. Si tratta di una tipologia di concordato preventivo finalizzata a definire positivamente situazioni di crisi aziendale, in ragione della quale la prosecuzione dell attività d impresa potrà avvenire sia attraverso la 39

40 fattispecie della continuità diretta dell attività in capo allo stesso imprenditore (cd. concordato di ristrutturazione o di risanamento ), sia attraverso quella della continuità indiretta (cd. concordato con cessione ), attuata mediante cessione o conferimento a terzi dell azienda in esercizio. In tale prospettiva di continuità aziendale, il legislatore, in caso di trasferimento d azienda, ha messo a disposizione degli organi concorsuali una disciplina legislativa derogatoria rispetto alle garanzie codicistiche riconosciute ai dipendenti, quale possibile strategia finalizzata alla salvaguardia, quantomeno parziale, dell occupazione Contenuto della deroga all art c.c. Circa il possibile contenuto della deroga all art c.c. consentito dal comma 4 bis dell art. 47, la legge demanda all accordo sindacale i termini e i limiti di applicazione delle garanzie legali, non individuando in alcun modo gli spazi operativi entro cui le parti coinvolte possono (o non possono) intervenire per modulare l applicazione delle tutele previste dall art. 2112, c.c.. Al riguardo, c è chi sostiene la possibilità di ammettere solo interventi marginali, concernenti voci retributive particolari, ovvero interventi su materia disponibile, come sembra essere, ad esempio, quella della progressiva sostituzione dei trattamenti collettivi e non; altri sostengono la fattibilità di disporre circa l anzianità di servizio dei lavoratori trasferiti o la modifica dell inquadramento. Infine, c è chi si spinge fino a 40

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