Definizione. Dati due interi a e b, si dice che b divide a e si scrive. b a. a = bq.

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1 MULTIPLI E DIVISORI Definizione. Dati due interi a e b, si dice che b divide a e si scrive b a se esiste un numero intero q tale che a = bq. Se b a, si dice anche che a è un multiplo di b oppure che a è divisibile per b. Se b non divide a, si usa la notazione b a. ESERCIZIO PER CASA: 0 è l unico intero divisibile per ogni altro intero; 1 e -1 sono gli unici interi che dividono ogni altro intero. 0 divide solo se stesso.

2 Proposizione Siano a e b due interi. Se a b e b a, allora b = ±a. Dimostrazione: Siano a e b tali che a b e b a. Osserviamo che se a = 0, l unica possibilità compatibile con l ipotesi è che anche b = 0. Quindi in tal caso a = b = 0. Consideriamo quindi il caso in cui a 0. Per ipotesi, esistono due interi q e q tali che b = qa e a = q b. Da queste relazioni segue che a = q b = q (qa) = (q q)a. Poiché a 0 è necessariamente q q = 1 e quindi q = q = 1 oppure q = q = 1. Nel primo caso concludiamo che a = b, mentre nel secondo caso otteniamo che b = a.

3 Def. Siano a, b Z. Si dice combinazione lineare di a e b ogni numero intero della forma con s, t Z. sa + tb Proposizione Se c a e c b allora c divide ogni combinazione lineare di a e b. Dimostrazione: Consideriamo una combinazione lineare del tipo z = sa + tb. Tesi: c z Per ipotesi: a = qc e b = q c dove q e q sono opportuni interi. Allora sa + tb = s(qc) + t(q c) = (sq + tq )c con (sq + tq ) Z e quindi per definizione c z.

4 DIVISIONE IN Z Definizione. Si definisce valore assoluto di un numero intero a il mumero intero positivo a tale che: a = { a se a 0 a se a < 0. Se a e b sono due interi qualsiasi, allora valgono le seguenti: a b = a b a + b a + b. Teorema (Divisione Euclidea) Siano a e b elementi di Z con b 0. Esistono e sono univocamente determinati due interi q ed r tali che a = bq + r e 0 r < b. Gli interi q ed r sono detti rispettivamnte il quoziente ed il resto della divisione di a per b.

5 DIMOSTRAZIONE DELL ESISTENZA DEL QUOZIENTE E DEL RESTO Caso a 0, b > 0: Se a è multiplo di b allora Il quoziente è q ed il resto è 0. a = qb con q N. Se a non è multiplo di b allora sia qb il più grande 1 multiplo di b minore di a: qb < a < (q + 1) b. ( ) Poniamo r := a qb. Quindi a = qb + r. La prima delle disuguaglianze (*) dà r > 0. La seconda delle disuguaglianze (*) dà: r < b. 1 Tale multiplo eiste in forza del principio del buon ordinamento: ogni sottoinsieme non vuoto A di N è dotato di minimo.

6 DIMOSTRAZIONE DELL ESISTENZA DEL QUOZIENTE E DEL RESTO Sappiamo che Se a 0: che possiamo riscrivere Caso generale: a = q b + r con 0 r < b. a = q b + r con 0 r < b. a = (±1)qb + r. Il quoziente che si ottiene è ±q a seconda del segno di b. Il resto è r. Se a < 0: da cui a = q b + r con 0 r < b. a = ( q) b r aggiungendo e sottraendo b : Poniamo e otteniamo: a = ( q) b b + b r. r := b r a = ( q 1) b + r a = ±(q + 1) b + r Il resto ottenuto è r = b r. con 0 r < b.

7 REGOLA GENERALE: Il resto della divisione di a per b è: uguale al resto r della divisione di a per b, se a 0 uguale a b r, se a < 0. Esercizio: Determinare il quoziente ed il resto della divisione di a per b nei seguenti casi: a = 36, b = 5 a = 7, b = 49.

8 MASSIMO COMUN DIVISORE Definizione. Si dice divisore comune di due interi a e b ogni intero c Z tale che c a e c b. Definizione. Siano a e b elementi di Z. Si dice massimo comun divisore di a e b ogni intero d che soddisfi le condizioni seguenti: i) d è divisore comune di a e b: d a e d b; ii) Se c è un divisore comune di a e b, allora c d. In altri termini, un massimo comune divisore è ogni divisore comune di a e b che è multiplo di tutti gli altri divisori comuni. Osservazione. Se a = b = 0 allora l unico MCD è 0. Per questo motivo, tratteremo il caso in cui a e b non sono entrambi nulli. In tal caso 0 non è mai MCD tra a e b. ESERCIZIO PER CASA: 1) Se b a, allora b è un massimo comune divisore di a e b. 2) Per ogni a Z con a 0, a è un MCD tra 0 ed a. 3) Se d è un MCD tra a e b, anche d lo è.

9 Proposizione Siano a e b interi non entrambi nulli. Allora se d è un MCD tra a e b, allora è anche un MCD tra a e b. Dimostrazione: Infatti, un qualunque intero c è divisore comune di a e b se e solo se è divisore comune di a e b. Conseguenza: Nel determinare un MCD tra due interi, li si può sempre supporre entrambi positivi (a meno di sostituirli con i valori assoluti).

10 Questioni: dati a, b Z, esiste un loro MCD? Quanti MCD tra a e b vi sono? Risposta alla seconda domanda: Teorema Siano a e b interi non entrambi nulli e sia d un loro massimo comune divisore. Allora oltre d vi è solo un altro massimo comune divisore tra a e b, che è d. Dimostrazione: Sia d un MCD tra a e b. È immediato verificare che anche d è un massimo comune divisore. Si tratta di provare che non ve ne sono altri. Infatti, sia d un altro MCD; applicando la proprietà ii) di d: d d. D altra parte, applicando la stessa proprietà di d : Concludiamo che d = ±d. d d. Conseguenza: per due qualunque elementi a e b di Z, non entrambi nulli, si può parlare di un massimo comun divisore e non del massimo comun divisore. Per il massimo comun divisore di a e b si intenderà quello positivo. Il massimo comun divisore positivo verrà denotato con MCD(a, b).

11 Teorema (Esistenza di un massimo comun divisore) Se a e b sono numeri interi non entrambi nulli, esiste un massimo comun divisore di a e b. Inoltre esistono due interi s e t tali che d = sa + tb. (1) Un espressione del tipo (1) si dice identità di Bézout. Possiamo limitarci al caso a 0 e b > 0 e alla determinazione del massimo comun divisore positivo. La dimostrazione consiste nell algoritmo di Euclide, che è basato sui fatti seguenti: A) se b a allora b = MCD(a, b) B) Dati due interi a, b con b 0 si ha dove MCD(a, b) = MCD(b, r) r= resto della divisione di a per b. Dimostrazione di B): si verifica che i divisori comuni di a e b sono tutti e soli i divisori comuni di b e di r.

12 Si eseguono le seguenti divisioni successive: a = bq + r 0 r < b se r 0 : b = rq o + r 1 0 r 1 < r se r 1 0 : r = r 1 q 1 + r 2. 0 r 2 < r 1 se r i+1 0 r i = r i+1 q i+1 + r i+2. 0 r i+2 < r i+1 se r n 2 0 : r n 3 = r n 2 q n 2 + r n 1. 0 r n 1 < r n 2 se r n 1 0 : r n 2 = r n 1 q n 1 + r n 0 r n < r n 1 se r n 0 : r n 1 = r n q n + 0. La successione termina quando si determina un resto nullo. Notiamo che: la successione delle divisioni termina dopo un numero finito di passi r n = MCD(a, b) dove Dimostrazione di Per costruzione: r n è l ultimo resto non nullo. b > r > r 1 > r 2 > ovvero r, r 1,... è una successione strettamente decrescente di numeri naturali. Dimostrazione di MCD(a, b) = MCD(b, r) = MCD(r, r 1 ) = = = MCD(r i, r i+1 ) = = MCD(r n 1, r n ) = r n.

13 Dimostrazione dell identità di Bèzout: Per costruzione r è combinazione lineare di a e b: r = a qb mentre, stante la seconda divisione, r 1 è combinazione lineare di b e di r; segue che anche r 1 è combinazione lineare di a e b: r 1 = b rq o = b (a qb)q o = q o a + (qq o + 1)b. In generale, ciascun resto r i, i 2 è una combinazione lineare dei due resti precedenti r i 1 e r i 2. Questo comporta che ciascun resto è a sua volta combinazione lineare di a e b. In particolare questo vale per l ultimo resto non nullo r n = MCD(a, b). Osservazione: L identità di Bézout dà la seguente interpretazione del MCD tra due numeri a, b Z: esso è il minimo tra tutte le combinazioni lineari positive di a e b.

14 Esercizio Determinare il massimo comun divisore d tra 212 e 148 ed una identità di Bézout d = s(212) + t(148), s, t Z. Applicando l algoritmo, si ottiene la seguente sequenza di 4 divisioni: 212 = = = = Si ha quindi d = 4 (ultimo resto non nullo). Ricavando ora i resti: 64 = = (148) 2 64 = (148) 2 ( ) = 3 (148) 2 (212) 4 = = (148 2 (212)) = = ( 10) 148. e quindi 4 = 7 (212) + ( 10) 148. che è l identità voluta (con s = 7 e t = 10.)

15 Esercizio per casa: Determinare d = M CD(300, 368) e due interi s, t tali che d = s t( 368).

16 Def. se NUMERI PRIMI TRA LORO Due numeri interi a, b Z si dicono primi tra loro MCD(a, b) = 1. In tal caso esistono sempre due interi s, t Z tali che 1 = sa + tb. ( ) Proposizione Siano a e b interi non entrambi nulli. Posto d = MCD(a, b), allora gli interi ā := a b e b := d d sono primi tra loro. Dimostrazione: esercizio per casa! Proposizione Siano a, b Z interi primi tra loro e si supponga che a bk per un certo k Z. Allora a k. Dimostrazione: basta provare che k è combinazione lineare di a e di bk. Infatti, per (*), motiplicando per k ambo i membri: k = (sk)a + t(bk).

17 EQUAZIONI DIOFANTEE Dicesi equazione diofantea lineare un equazione della forma ax + by = c (1) dove i termini noti a, b, c e le incognite x, y sono tutti numeri interi. Una soluzione di (1) è ogni coppia (x 0, y 0 ) di numeri interi tale che ax 0 + by 0 = c. Teorema L equazione diofantea (1) ha almeno una soluzione se e solo se M CD(a, b) c. In tal caso, vi sono infinite soluzioni. Precisamente, posto d = MCD(a, b), se (x o, y o ) è una soluzione qualsiasi, allora tutte le soluzioni sono al variare di t Z. (x o + t b d, y o t a d )

18 METODO RISOLUTIVO Per risolvere l equazione ax + by = c (1) nell ipotesi M CD(a, b) c, si determina un indentità di Bézout d = sa + tb ( ) per d = MCD(a, b). Supposto ora che c = kd moltiplicando ambo i membri di (*) per k: c = (sk)a + (tk)b e si ottiene la soluzione (sk, tk).

19 Esempio: Risolvere l equazione diofantea: 7x + 11y = 3 Determinare inoltre una soluzione (α, β) con β > 0. Applicando l algoritmo euclideo: 11 = = = = otteniamo d = M CD(7, 11) = 1 e quindi l equazione ha soluzioni. Ricaviamo l identità di Bèzout: 4 = = 7 4 = 7 (11 7) = (2) = 4 3 = (11 7) (2 7 11) = = Dall identità di Bèzout, moltiplicando per 3: 3 = 9(7) + 6(11) per cui una soluzione è ( 9, 6). Tutte le soluzioni sono ( t, 6 7t) Per t=1 (ad es.) otteniamo la soluzione (2, 1) la cui seconda coordinata è negativa, come richiesto.

20 Determinare una soluzione dell equazione dio- Esercizio: fantea 14x + 26y = 64 Stablire poi che, se (x, y) è una soluzione con x pari, allora anche y è pari.

21 MINIMO COMUNE MULTIPLO Definizione. Siano a e b elementi di Z. Si dice minimo comune multiplo tra a e b e si denota con mcm(a, b) ogni intero m che soddisfi le condizioni seguenti: i) a m e b m; ii) Se c Z è tale che a c e b c, allora m c. In altri termini un minimo comune multiplo è ogni multiplo comune di a e b che è divisore di tutti gli altri multipli comuni. In modo analogo a quanto visto per il massimo comun divisore tra interi, sussistono i seguenti risultati: se a e b sono due interi non entrambi nulli, allora: esiste un minimo comune multiplo di a e b; esistono esattamente due mcm(a,b), l uno opposto dell altro. Quindi anche il tal caso vi è un unico minimo comune multiplo positivo, denotato con mcm(a, b).

22 Siano a, b due numeri interi non entrambi nulli. La relazione che intercorre tra i numeri MCD(a, b) e mcm(a, b) è la seguente: mcm(a, b) = a b MCD(a, b). ( ) Quindi: per calcolare mcm(a, b) conviene calcolare prima M CD(a, b) tramite l algoritmo di Euclide e quindi utilizzare la (*). Corollario: Se a e b sono interi coprimi, allora mcm(a, b) = ab. Dimostrazione della formula (*). Supponiamo al solito che a e b siano entrambi positivi. Posto d = MCD(a, b) e m = ab d proviamo che m soddisfa le due proprietà i) e ii) di minimo comune multiplo. Prova di i): è sufficiente osservare che Ponendo possiamo scrivere con ā e b entrambi interi. m = a d b, m = b d a ā = a d, b = b d m = (ā)b = ( b)a

23 Prova di ii): sia c Z tale che a c e b c. Allora c = ah = bk ( ) per opportuni h, k Z. Segue c = (ād)h = ( bd)k da cui āh = bk. Allo scopo di provare che m c, mostreremo che k è multiplo di ā. Infatti, poichè ā e b sono primi tra loro segue ā k. Concludendo, k si può scrivere nella forma k = āt t Z. Sostituendo in (*): c = bk = bāt = mt. Ciò prova che m c.

24 NUMERI PRIMI Definizione Un numero p Z con p 0, p ±1, si dice primo se, qualunque siano a, b Z: se p ab, allora p a oppure p b. Definizione Un numero p Z con p 0, p ±1, si dice irriducibile se i suoi unici divisori sono 1, 1, p e p. In altri termini, p è irriducibile se per ogni c Z: se c p, allora c = ±1 oppure c = ±p. Proposizione Sia p Z con p 0, p ±1. p è primo se e solo se è irriducibile. Dimostrazione: A) Supponiamo p primo e proviamo che p è irriducible. Sia c Z tale che c p. Allora esiste h Z tale che p = ch. ( ) Dalla definizione di numero primo deduciamo che: p c oppure p h. Nel primo caso: poichè c p, deduciamo che c = ±p.

25 Nel secondo caso: abbiamo p h e h p che implica Quindi e quindi c = ±1. h = ±p. p = ch = c(±p) B) Supponiamo che p sia irriducibile e proviamo che è primo. Siano a, b Z tali che p ab. Tesi: p a oppure p b. Poniamo d = MCD(p, a), d > 0. Essendo d divisore di p, necessariamente d = 1 oppure d = ±p. Se d = ±p, allora p a. Esaminiamo quindi il caso in cui d = 1. In tal caso p ed a sono primi tra loro, e quindi dalla relazione p ab segue direttamente che p b in forza di una proprietà dimostrata in precedenza.

26 Teorema (fondamentale dell aritmetica) Sia a un numero intero con a 0, a ±1. Allora a è primo oppure può essere scritto come il prodotto di un numero finito di numeri primi (non necessariamente distinti). Tale fattorizzazione è essenzialmente unica nel senso che, se a = p 1 p 2 p s e a = q 1 q 2 q t dove i numeri p i (1 i s) e q j (1 j t) sono primi, allora s = t ed a meno di riordinare i fattori si ha p 1 = ±q 1, p 2 = ±q 2,..., p s = ±q s. Corollario: Ogni a Z, a 0, a ±1 si scrive in modo essenzialmente unico nella forma a = (p 1 ) m1 (p 2 ) m2 (p s ) m s dove i p i sono primi distinti tra loro e gli m i sono interi positivi. Teorema: Esistono infiniti numeri primi. Supponiamo per assurdo che i numeri primi siano in numero finito; siano essi p 1, p 2,..., p N. Consideriamo allora il numero a = p 1 p 2 p N + 1.( ) Per il Teorema fondamentale, esiste un primo q che divide a. Poichè q è uno dei p i, è chiaro che q (p 1 p 2 p N ). Allora per (*) si ottiene q 1 il che è una contraddizione.

27 CONGRUENZE Definizione: Fissato un intero n, diciamo che due interi a, b Z sono congrui modulo n e scriviamo a b (mod n) o anche a n b se a b è divisibile per n: n (a b). Note: I casi n = 0 e n = 1 sono banali: 1) a b (mod 0) a = b. 2) La relazione a b (mod 1) è sempre vera! 3) Un intero a soddisfa a 0 (mod n) se e solo se n a. Osservazione: Per ogni a, b risulta: a b (mod n) a b (mod ( n)) Quindi possiamo limitarci a considerare il caso n > 0.

28 Proposizione Sia n > 0 e siano a, b in Z. Allora a e b sono congrui modulo n se e solo se i resti delle divisioni di a per n e di b per n coincidono. Dimostrazione. Effettuando le due divisioni si ha a = q 1 n + r 1 0 r 1 < n ( ) b = q 2 n + r 2 0 r 2 < n. ( ) Supponiamo dapprima che a b (mod n). Allora a = b + nh per un opportuno h Z. Sostituendo nella (*) si ottiene b + nh = q 1 n + r 1 da cui b = (q 1 h) n + r 1. Per l unicità del resto, confrontando con la (**) segue che r 2 = r 1. Viceversa, si assuma che r 1 = r 2. Sottraendo membro a membro le (*)-(**) segue a b = (q 1 q 2 )n e quindi a e b sono congrui modulo n.

29 Teorema Ogni intero a è congruo modulo n ad uno ed un solo dei numeri 0, 1, 2,..., n 1 Tale numero è il resto della divisione di a per n. Es: Abbiamo (mod 12) Def. Sia a Z. Si dice classe di congruenza modulo n o classe resto modulo n di a l insieme di tutti gli interi b che sono congrui ad a mod. n. Tale insieme si denota con In simboli si scrive [a] n [a] n := { b Z a b (mod n) }. Notiamo che il generico elemento di [a] n è un numero della forma a + hn al variare di h Z. Nota importante: Il più piccolo intero positivo nella classe [a] n è il resto della divisione di a per n. Corollario: Ogni intero a Z appartiene ad uno ed uno solo dei sottoinsiemi: che coincide con [a] n. [0] n, [1] n, [n 1] n

30 Proprietà elementari delle congruenze Sia n un fissato intero positivo. La relazione di congruenza modulo n gode di molte delle proprietà soddisfatte dalla relazione di uguaglianza. Proposizione 1) Per ogni a Z si ha a a (mod n); (riflessività) 2) Se a b (mod n), allora b a (mod n) (simmetria) 3) Se a b (mod n) e b c (mod n), allora a c (mod n). (transitività). Proposizione Per ogni a, b, c, d Z, se allora risulta: a b (mod n) e c d (mod n) a + c b + d (mod n) a c b d (mod n). Conseguenza: In un espressione della forma a 1 x h a 2x h a kx h k k b (mod n) dove h 1,..., h k N, è lecito sostituire uno qualsiasi dei numeri x i, a i o b con uno ad esso congruo mod. n.

31 Esempio: Ogni intero è congruo modulo 3 alla somma delle sue cifre. Ad esempio: Ciò segue dal fatto ovvio che ( ) Infatti, considerato un intero a, e posto: a = a o + a a a k 10 k (a ha k + 1 cifre), allora possiamo scrivere a 3 a o + a a a k 10 k e sostituendo 1 al posto di 10: a 3 a o + a 1 + a a k. Questo fatto fornisce una dimostrazione del criterio di divisibilità per 3: Un numero a Z è divisibile per 3 se e solo se lo è la somma delle sue cifre.

32 Il principio enunciato sopra può essere utile per ricavare facilmente il resto della divisione di un numero intero per 3. Esempio: Per determinare il resto della divisione di per 3 consideriamo la catena di congruenze: ( ) da cui deduciamo che il resto è 2. Dunque: [210734] 3 = [2] 3 = {2 + 3h h Z}. Esercizio: Determinare il rappresentante k della classe [ 7643] 3 con 0 k < 3. Abbiamo 7643 ( ) 20 2 per cui Conclusione [ 7643] 3 = [1] 3. Esercizio per casa: Provare i criteri di divisibilità per 2, per 5 e per 11.

33 LEGGE DI CANCELLAZIONE Notiamo che la proprietà di cancellazione valida in Z: se a c = b c e c 0, allora a = b non ha un perfetto analogo se sostituiamo n al posto dell uguaglianza. Ad esempio nella relazione (mod 2) non è lecito semplificare il 2 in quanto non è vero che 3 4 (mod 2). Bensì si può dimostrare quanto segue: Proposizione: Siano a, b, c Z. Se a c b c (mod n) ed inoltre MCD(c, n) = 1, allora a b (mod n). Dimostrazione. Per ipotesi n (a b) c. Ma n e c sono primi tra loro, e quindi per una proprietà vista in precedenza n (a b).

34 Es. Dalla relazione otteniamo, dividendo per 2 : (mod 9) 74 2 (mod 9). Questo è corretto perchè MCD(2, 9) = 1. Nel caso in cui MCD(c, n) 1 è possibile semplificare la congruenza ac bc (mod n) a patto di cambiarne il modulo, utilizzando il risultato seguente: Proposizione: Sia n > 0 e siano a, b, c Z tali che Allora si ha dove d = MCD(c, n). ac bc (mod n). a b (mod n d ) Dimostrazione. Dalla congruenza si deduce subito la seguente: ac bc (mod n) a c d b c d (mod n d ). Ricordiamo ora che MCD( c d, n d ) = 1 per cui a questa congruenza si può applicare la legge di cancellazione provata in precedenza. Se ne deduce quindi a b (mod n d ).

35 Es. Dalla congruenza (mod 9) se ne deduce l altra 5 8 (mod 3). Infatti possiamo riscrivere la prima come (mod 9) e quindi semplificare il 6, cambiando però il modulo in 3 = 9 3, tenendo conto che MCD(9, 6) = 3.

36 CAMBIAMENTO DI MODULO Sia n > 0 un intero e p > 0 un suo divisore. La proprietà seguente stabilisce che legame sussiste tra le classi [a] p e [a] n dove a è un intero qualsiasi. Proposizione Posto q = n p risulta2 [a] p = [a] n [a + p] n [a + 2p] n [a + (q 1)p] n. Dunque [a] p è l unione di q classi resto modulo n. Esempi: Abbiamo [5] 3 = [5] 6 [5 + 3] 6 = [5] 6 [8] 6 = [5] 6 [2] 6 mentre [2] 7 = [2] 21 [2 + 7] 21 [2 + 14] 21 = [2] 21 [9] 21 [16] 21. Nel primo esempio p = 3, n = 6 e q = 2, mentre nel secondo p = 7, n = 21 e q = 3. 2 Il simbolo è l unione insiemistica. Si veda più avanti per un riepilogo delle notazioni per gli insiemi.

37 CONGRUENZE LINEARI Una congruenza lineare è un equazione del tipo ax b (mod m) dove x Z è l incognita e a, b, m sono noti. Attenzione: una congruenza lineare può non avere soluzioni. Es: Questa congruenza 15x 4 (mod 3) non ha soluzioni perchè Teorema: a) La congruenza lineare: ax b (mod m) ha soluzioni se e solo se MCD(a, m) b. In tal caso, posto d := MCD(a, m), vi sono esattamente d soluzioni nell insieme {0, 1,..., n 1} ovviamente a due a due incongrue modulo m. b)se x o è una una soluzione arbitraria, allora x 0 + h m d, h = 0,..., d 1 sono d soluzioni incongrue mod. n e ogni altra soluzione è congrua ad una di queste modulo n. c) L insieme S di tutte le soluzioni è dato da S = [x o ]m d = {x 0 + h m d h Z}. Infine S é anche l unione delle d classi distinte: S = [x 0 ] m [x 0 + m d ] m [x m d ] m [x 0 + (d 1) m d ] m.

38 METODO PER DETERMINARE UNA SOLUZIONE Determinare una soluzione x o della congruenza lineare ax b (mod m) è equivalente a determinare una soluzione (x o, y o ) dell equazione diofantea: ax + my = b.( ) Infatti, ax o b (mod m) significa che esiste un intero h tale che ovvero ax o b = mh ax 0 hm = b. Quindi, se x o risolve la congruenza, (x o, y o ) con y o = h è soluzione di (*) e viceversa se (x o, y o ) risolve ( ), allora x o è soluzione della congruenza.

39 Esercizio. Risolvere il seguente quesito: su un lato di una strada è previsto un turno di pulizia ogni 26 giorni, per cui è divieto sostare. Se oggi (mercoledì) è giorno di divieto, tra quanti giorni non sarà possibile parcheggiare di lunedì?

40 Esercizio: Dire se la seguente congruenza 4x 3 (mod 319) ammette soluzione ed in caso affermativo trovare la più piccola soluzione positiva.

41 Esercizio: Per ciascuna delle seguenti congruenze, determinare un insieme di soluzioni incongrue più grande possibile. 1) 3x 7 (mod 19) 2) 21x 18 (mod 12) 3) 8x 12 (mod 28).

42 TORNEI ALL ITALIANA Vi è un semplice metodo basato sulle congruenze lineari per organizzare tornei (o gironi ) all italiana. Ad un tale torneo partecipano n squadre, con n pari. Vi sono n 1 turni di n/2 incontri, di modo che alla fine del torneo ogni squadra avrà incontrato tutte le altre, ciascuna una sola volta. Algoritmo per costruire il tabellone degli incontri: Si identifichino le squadre con i numeri 1, 2,..., n Al turno r-mo, la squadra a (< n) incontra la squadra b dove b è dato dalla regola seguente: b = n se 2a r mod (n 1) b (n 1) (r a) altrimenti. Ad esempio, per n = 4 si ottiene il seguente tabellone Primo turno Secondo turno Terzo turno 1vs3 1vs4 1vs2 2vs4 2vs3 3vs4 Nota: Il fatto che in ogni turno r una sola squadra incontra la n è garantito dal fatto che la congruenza 2x r mod (n 1) ha una sola soluzione (perchè?).

43 Esercizio: Consideriamo il girone di andata di un campionato di calcio con 20 squadre, tra cui Juventus e Inter. A ciascuna squadra si deve assegnare un numero da 1 a 20, in modo da comporre il girone col metodo descritto sopra. Assegnare opportunamente i numeri in modo che Juvenuts e Inter si incontrino alla 15-ma giornata.

44 SISTEMI DI CONGRUENZE Teorema cinese del resto: Il sistema di congruenze a 1 x b 1 ( mod r 1 ) a 2 x b 2 ( mod r 2 ) a k x b k ( mod r k ) con MCD(a i, r i ) = 1 e MCD(r i, r j ) = 1, ammette una ed una sola soluzione modulo R = r 1 r 2 r k. In altri termini, esso ammette soluzioni e, se x o è una soluzione, allora l insieme di tutte le soluzioni è [x o ] R

45 ESEMPIO: Da un cesto di uova, togliendone due alla volta ne rimane una; togliendo invece tre uova alla volta dallo stesso cesto ne rimangono due, mentre se si tolgono cinque uova alla volta, ne rimangono 3. Dire quante uova ci sono nel cesto.

46 ESERCIZIO: Risolvere il sistema di congruenze { 3x 2 ( mod 8) 2x 9 ( mod 15) e determinare la più piccola soluzione positiva.

47 ESERCIZIO: Determinare tutte le soluzioni del sistema { 4x 8 ( mod 6) 3x 5 ( mod 7)

48 ESERCIZIO per casa: Risolvere il sistema x 3 ( mod 7) x 2 ( mod 5) x 7 ( mod 2)

49 IL PICCOLO TEOREMA DI FERMAT Teorema Sia p > 0 un numero primo e a un intero non divisibile per p. Allora si ha: a p 1 1 (mod p). CONSEGUENZA: Se p è primo, ed a non è multiplo di p, le potenze a k modulo p (con k N) si calcolano agevolmente sostituendo a k il resto r della divisione di k per p 1. Infatti, se k = q(p 1) + r allora: a k = a (q(p 1)+r) (a p 1 ) q a r (1) q a r a r. Pertanto le potenze di a modulo p sono tutte riconducibili alle prime p 1: a 0, a 1,..., a p 2. Esercizio: 1)Verificare che (mod 3). 2) Stabilire se ( 453) 32 4 (mod 11).

50 IL PRINCIPIO DI INDUZIONE Il principio di induzione è basato su un postulato fondamentale riguardante i numeri naturali: Sia A N e un sottoinsieme di A tale che: i) 0 A; ii) per ogni n N: se n A, allora (n + 1) A. In tali ipotesi A = N. Da questo assioma segue il seguente principio: Sia P (n) un enunciato che ha senso per tutti i numeri naturali maggiori o uguali ad un certo n o N. Se sono soddisfatte le condizioni seguenti: i) P (n o ) è vero; ii) Per ogni n n o, se P (n) è vero, anche P (n + 1) è vero; allora P (n) è vero per tutti gli n n o. Esempio: Dimostriamo che, per ogni n 1, la somma dei primi n interi è pari a n(n + 1). 2 Nota: La ii) si può sostituire con la seguente: ii ) Per ogni n > n o, se P (n 1) è vero, anche P (n) è vero.

51 RICHIAMO: Se n N, chiamasi fattoriale di n il numero naturale n! così definito: n! = 1 se n = 0, 1 n! = n(n 1)(n 2) 2 1 se n > 1. ESERCIZIO: Provare che, per ogni n 1 si ha: n kk! = (n + 1)! 1. k=1

52 Esempio: Se X = {x 1,..., x n } è un insieme con n elementi, (eventualmente vuoto), allora i sottoinsiemi di X sono in numero di 2 n.

53 ESERCIZIO per casa: 1) Verificare che, per ogni n N, n 1, la somma dei primi n numeri naturali dispari è n 2. 2) Dimostrare che per ogni n 0: n ( 1) k k 2 = ( 1) n k=0 n(n + 1). 2 3) Dimostrare che per ogni n 1: 2 n 1 n!

54 Seconda forma del principio di induzione: Sia P (n) un enunciato che ha senso per tutti i numeri naturali maggiori o uguali ad un certo n o N. Supponiamo soddisfatte le condizioni seguenti: i) P (n o ) è vero; ii) Per ogni n > n o, se P (k) è vero per tutti i numeri k {n o, n o + 1,..., n 1}, anche P (n) è vero. Allora P (n) è vero per tutti gli n n o.

55 NUMERAZIONE IN BASI DIVERSE Sappiamo che (in base 10) un numero a si scrive nella forma e 0 a j < 10. a = a 0 + a a a k 10 k In generale, assegnato b 2, ogni numero a N si può scrivere in modo analogo in base b: TEOREMA: Fissato b N, b 2, per ogni a N si ha a = a 0 + a 1 b + a 2 b a k b k dove gli a i sono numeri naturali, univocamente determinati, tali che 0 a i < b. La dimostrazione procede per induzione su a (seconda forma). Per a = 0 ho a = a 0 con a 0 = 0. Sia a > 0 e supponiamo vero l asserto per tutti i numeri q < a. Dividendo a per b ho a = a 0 + qb, 0 a 0 < b. Per l ipotesi induttiva applicata a q posso scrivere e quindi q = q 0 + q 1 b + q 2 b q k b k a = a 0 + q 0 b + q 1 b 2 + q 2 b q k b k+1.

56 ESERCIZIO per casa: 1) Scrivere 2000 in base 4 ed in base 2. 2) Effettuare la somma ( ) 2 + (111100) 2.

57 Alcune notazioni per gli insiemi a A: a è elemento di A, ossia a appartiene all insieme A. a A: a non è elemento di A, ossia a non appartiene all insieme A. : L insieme vuoto. È l insieme privo di elementi. Siano A e B due insiemi. A B: A è sottoinsieme di B, o A è contenuto in B. Ogni elemento di A è anche elemento di B. A = B: Gli insiemi A e B coincidono, ossia essi hanno gli stessi elementi. In altri termini: A B e B A. A B: unione di A e B. È l insieme A B = {x x A oppure x B} di tutti gli elementi che appartengono ad A oppure a B (o ad entrambi). A B: intersezione di A e B. È l insieme A B = {x x A e x B} di tutti gli elementi che appartengono sia ad A che a B. P(A): Insieme delle parti dell insieme A. È l insieme di tutti i sottoinsiemi di A. Se X è un insieme finito, X denota il numero dei suoi elementi, detto cardinalità di X. X = 0 X =.

58 Coppie ordinate Siano A e B due insiemi. Considerati due elementi a A e b B, si dice che (a, b) è la coppia ordinata di prima coordinata (primo elemento) a e seconda coordinata (secondo elemento) b. Due coppie ordinate (a, b) e (a, b ) sono uguali se e solo se: a = a e b = b. Quindi in generale (a, b) (b, a). Attenzione: {a, b}. Non si deve confondere (a, b) con l insieme Es.: Si considerino gli elementi 1 e 1 dell insieme Z; allora ( 1, 1) (1, 1) { 1, 1} = {1, 1}. La coppia ( 1, 1) ha l elemento 1 sia come prima che come seconda coordinata. Si osservi che l insieme { 1, 1} è costituito dal solo elemento 1: pertanto { 1, 1} = { 1}.

59 TERNE E N-PLE ORDINATE Se A, B, C sono tre insiemi ed a A, b B e c C, allora (a, b, c) denota la terna ordinata di primo elemento a, secondo elemento b e terzo elemento c. Più in generale, dati n insiemi A 1, A 2,..., A n, n 2, e dati n elementi a 1 A 1, a 2 A 2,..., a n A n, allora (a 1, a 2,..., a n ) è la n-pla ordinata di primo elemento a 1, secondo elemento a 2,..., n-esimo elemento a n. Il criterio di uguaglianza per n-ple ordinate è il seguente: fissato un intero n 2, date le n-ple (a 1,..., a n ) e (b 1,..., b n ), allora (a 1,..., a n ) = (b 1,..., b n ) se e solo se a 1 = b 1, a 2 = b 2,..., a n = b n. Attenzione: non ha senso confrontare una n-pla con una m-pla se n m.

60 PRODOTTO CARTESIANO DI INSIEMI Definizione: Siano A e B due insiemi. Si dice prodotto cartesiano (o semplicemente prodotto) di A per B l insieme di tutte le coppie ordinate (a, b) la cui prima coordinata a appartiene ad A e la cui seconda coordinata b appartiene a B. Il prodotto cartesiano di A per B si denota col simbolo A B. Dunque A B = {(a, b) a A, b B}. Notazione: Nel caso in cui A = B, il prodotto A A viene anche denotato con A 2. Osserviamo che, per ogni insieme A risulta: A = = A. Attenzione: in generale A B B A. Es. Siano A = {3, 4, 7} e B = {a, b}. Allora A B = {(3, a), (3, b), (4, a), (4, b), (7, a), (7, b)} B A = {(a, 3), (a, 4), (a, 7), (b, 3), (b, 4), (b, 7)} A A = {(3, 3), (3, 4), (3, 7), (4, 3), (4, 4), (4, 7), (7, 3), (7, 4), (7, 7)} B B = {(a, a), (a, b), (b, a), (b, b)}.

61 In generale, se A 1, A 2,..., A n sono n insiemi n 2 si definisce il prodotto cartesiano A 1 A 2 A n come l insieme delle n-ple ordinate (a 1, a 2,..., a n ) tali che a i A i per ogni i = 1, 2,..., n. Dunque A 1 A 2 A n = {(a 1, a 2,..., a n ) a 1 A 1,..., a n A n }. Nel caso in cui gli insiemi A i coincidono tutti col medesimo insieme A, si scrive A n = A A A. Es. Sia A = {0, 1}. Allora A 2 = {(0, 0), (0, 1), (1, 0), (1, 1)} A 3 = {(0, 0, 0), (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1), (1, 1, 0), (0, 1, 1), (1, 0, 1), (1, 1, 1)}. Proposizione: Se l insieme A ha n elementi e B ha m elementi, allora il numero di elementi di A B è n m. Quindi A k contiene n k elementi. Dimostrazione: Per contare tutte le coppie (a, b) osserviamo che a può essere scelto in n modi: per ciascuna scelta, vi sono m possibilità per scegliere b.

62 Definizione: Siano A e B due insiemi. Una relazione o corrispondenza da A a B è un qualsiasi sottoinsieme di A B. Nel caso in cui A=B, una relazione da A ad A prende il nome di relazione su A. Attenzione: Se A B, una relazione da A a B non è una relazione da B in A! Esempio: Sono relazioni: Siano A = {1, 2, 5, 7, 8} e B = {a, b, r, s}. {(1, a), (1, s), (5, b), (8, s), (2, r)} da A in B {(2, a), (5, s)} da A in B {(a, 1)} da B in A Non sono invece relazioni, nè da A a B, nè da B in A, gli insiemi: {(a, 1), (8, s), (2, r)} {(2, 5), (7, s)}.

63 Esempio: Si consideri la seguente relazione su N: = {(n, m) N N t N tale che m = n + t}. Questa è l usuale relazione d ordine su N, con la quale siamo abituati a confrontare tra loro i numeri naturali. Esempio: relazione definita da: Sappiamo che ogni intero n determina su Z la n n = { (a, b) Z Z n (a b) }. Esempio: Sia A un insieme e si consideri l insieme P(A) delle parti di A. Allora su P(A) abbiamo la relazione di inclusione definita da: = {(X, Y ) P(A) P(A) x X x Y }.

64 Sia R una relazione da un insieme A ad un insieme B, cioè R A B. Allora, invece di scrivere (a, b) R, si usa scrivere a R b. Questa scrittura si legge a è nella relazione R con b. Qualora (a, b) R, si usa la notazione a R b che si legge a non è in relazione con b. Es: Sia A = {1, 2, 3, 4, 5}. Allora R = {(1, 1), (1, 3), (4, 5), (2, 3)} è una relazione su A; per tale relazione possiamo scrivere: 1 R 1, 1 R 3, 4 R 5 e 1 R 2. Osservazione: Giacchè ogni sottoinsieme R di A B è una relazione dall insieme A all insieme B, non si escludono i casi estremi, ossia: R = : nessun elemento di A è in relazione con elementi di B; R = A B: ogni elemento di A è in relazione con ogni elemento di B.

65 Principali proprietà delle relazioni In Matematica esistono diversi tipi di relazioni che godono di alcune proprietà speciali. Distingueremo in seguito tre classi fondamentali di relazioni: relazioni di equivalenza, di ordine e relazioni funzionali. Definizione: Una relazione R su un insieme A si dice: riflessiva: se per ogni a A è a R a; simmetrica: se per ogni a, b A da a R b segue che b R a; transitiva: se per ogni a, b, c A da a R b e b R c segue che a R c. antisimmetrica se, per ogni a, b A con a b, sussiste al più una sola delle relazioni a R b e b R a. Esempio: Sappiamo che, per ogni intero n, la relazione di congruenza = n su Z è riflessiva, simmetrica e transitiva. Non è antisimmetrica! Esempio: Consideriamo la relazione su Z: R = { (n, n + 1) n Z }. Questa relazione non è: transitiva, simmetrica, riflessiva. R è invece antisimmetrica.

66 Esercizio: Posto A = {1, 2, 3, 4}, consideriamo la relazione R su P(A) definita come segue: X, Y P(A) X R Y X Y = {4}. Di quali delle proprietà fondamentali gode R?

67 RELAZIONI DI EQUIVALENZA Definizione: Sia A un insieme non vuoto. Una relazione su A che sia riflessiva, simmetrica e transitiva si dice relazione di equivalenza su A. Es: Su ogni insieme A, la relazione di uguaglianza = è una relazione di equivalenza. Es: Per ogni n Z, la relazione di congruenza modulo n è di equivalenza su Z. Es: Consideriamo la relazione R su Q così definita: a, b Q a R b se e solo se n Z tale che a = 2 n b. Si tratta di una relazione di equivalenza su Q. Per le relazioni di equivalenza, la scrittura a R b si legge spesso a è equivalente a b oppure a e b sono equivalenti.

68 Classi di equivalenza Sia assegnata una relazione di equivalenza su un insieme non vuoto A. Definizione: Per ogni elemento a A, si dice classe di equivalenza di a rispetto ad R l insieme, denotato con [a] R, di tutti gli elementi di A che sono nella relazione R con a: [a] R = { b A b R a }. Spesso si sottintende R e si scrive [a] in luogo di [a] R. Osservazione: Per la proprietà riflessiva, [a] R contiene sempre l elemento a stesso! Teorema: 1) Per ogni a, b A: a R b se e solo se [a] R = [b] R 2) Per ogni a, b A: a R b se e solo se [a] R [b] R =. 3) Ogni elemento di A appartiene ad una sola classe di equivalenza che è [a]. Dimostrazione: 1) Supponiamo che a R b e proviamo che [a] R = [b] R. Infatti, gli insiemi [a] R e [b] R hanno gli stessi elementi per la proprietà transitiva. Viceversa, supponiamo [a] R = [b] R e proviamo che a R b. Infatti, dal fatto che a [a] R segue per ipotesi che a [b] R ; pertanto a R b.

69 2) Chiaramente, se [a] R [b] R =, allora a e b non sono in relazione per la 2). Viceversa, se a R b, allora non può esistere alcun z [a] R [b] R perchè un tale z sarebbe in relazione sia con a che con b, onde a R b per transitività. Nota importante: Per la 3) del Teorema, qualunque sia b [a] R, si ha [a] R = [b] R. Quindi la classe di equivalenza [a] R può essere rappresentata mediante uno qualsiasi dei suoi elementi. Esempio: Torniamo all esempio della relazione R su Q: a, b Q a R b se e solo se n Z tale che a = 2 n b. Allora rispetto ad R abbiamo, ad esempio: [ ] 1 [0] = {0}, [1] = { 2 k k Z } =, [ 1] = [ 8]. 2 Notiamo che in questo caso vi sono infinite classi distinte: ad esempio, sono tutte distinte tra loro le classi dei numeri: 3, 3 2, 3 3,..., 3 h,...

70 Insieme quoziente Definizione: Siano A un insieme non vuoto ed R una relazione di equivalenza su A. Si dice insieme quoziente di A rispetto ad R, e lo si denota con A/ R l insieme di tutte le classi di equivalenza di A rispetto ad R, ossia A/ R = { [a] R a A }. Osserviamo che A/ R è un sottoinsieme di P(A); in simboli A/ R P(A). Ciò perchè ogni classe di equivalenza, per definizione, è un sottoinsieme di A. Notiamo che: A/ R. Le classi di equivalenza sono tutte non vuote! Esempio: Consideriamo la relazione binaria su A = {0, 3, 5, 7, 9, 11, 13} definita nel modo seguente: R è di equivalenza e risulta: Quindi x R y 3 2x + y. [0] = {0, 3, 9} [5] = {5, 11} [7] = {7, 13} A/ R = {{0, 3, 9}, {5, 11}, {7, 13}}.

71 Esercizio: Date le relazioni binarie R 1 ed R 2 su Z = {x Z x 0} definite da x R 1 y xy = 1 x R 2 y xy > 0 verificare che soltanto una di esse è una relazione di equivalenza. Determinare il corrispondente insieme quoziente.

72 Esercizio: Verificare che la relazione binaria R sull insieme Z Z definita da: (a, b) R (x, y) 2a + 3y = 2x + 3b è una relazione d equivalenza. Determinare tutti gli elementi della classe [(1, 0)] R.

73 Esercizio: Posto X = {{1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4, 5}, {3, 6, 7, 8, 9}}, si consideri la relazione R su X definita da: A R B A B 2. Verificare che è una relazione d equivalenza e calcolare X/ R.

74 L insieme Z n Fissato un intero n > 0, l insieme quoziente Z/ n si denoterà col simbolo Z n. Teorema: L insieme Z n ha esattamente n elementi. Precisamente: Z n = {[0] n, [1] n,..., [n 1] n }. Dim: Lo sappiamo già!

75 PARTIZIONI DI UN INSIEME Definizione: Sia A un insieme non vuoto e sia L un insieme di sottoinsiemi non vuoti di A. L è detto partizione di A se ogni elemento di A appartiene ad uno ed uno solo di questi sottoinsiemi. Gli elementi di una partizione L sono detti blocchi di L. Es: Sia A = {1, 2,, 9, 10}. Considerati i sottoinsiemi X 1 = {1, 4, 7, 8},X 2 = {2, 3, 5}, X 3 = {6, 9} e X 4 = {10} allora è una partizione di A. L = {X 1,..., X 4 } Teorema: Se R è una relazione di equivalenza su A, allora A/ R è una partizione di A. Dimostrazione: è la 3) del Teorema sulle classi di equivalenza! Teorema (inverso) Ogni partizione L dell insieme A determina una ed una sola relazione di equivalenza R le cui classi di equivalenza sono i blocchi della partizione stessa, ovvero tale che A/ R = L. Dimostrazione (cenno): Si definisce la relazione in questione ponendo: a R b a e b sono nel medesimo blocco di L.

76 Esempio: A = {a, b, c, d}: Data la partizione {{a, b}, {c}, {d}} allora la relazione d equivalenza corrispondente è R = {(a, a), (b, b), (c, c), (d, d), (a, b), (b, a)}.

77 Esempio: Sia ancora A = {a, b, c, d}. Quante sono tutte le possibili relazioni di equivalenza su A? A questa domanda è più agevole rispondere stabilendo quante sono le partizioni possibili di A. Infatti, i Teoremi precedenti garantiscono che queste sono tante quante sono le prime. Non è difficile elencare tutte le partizioni di A: conviene procedere ordinandole in base al massimo delle cardinalità dei blocchi. Dim. max dei blocchi =1 : C è una sola partizione L 1 con questa proprietà, ed è L 1 = {{a}, {b}, {c}, {d}}. Dim. max dei blocchi =2: Le partizioni sono L 2 = {{a, b}, {c, d}} L 3 = {{a, c}, {b, d}} L 4 = {{a, d}, {b, c}} L 5 = {{a, b}, {c}, {d}} L 6 = {{a, c}, {b}, {d}} L 7 = {{a, d}, {b}, {c}} Dim. max dei blocchi =3: in questa categoria rientrano le partizioni L 8 = {{a, b, c}, {d}} L 9 = {{a, b, d}, {c}} L 10 = {{b, c, d}, {a}} L 11 = {{a, c, d}, {b}}

78 Dim. max dei blocchi =4: l unica partizione è L 12 = {{a, b, c, d}}. In totale su A vi sono 12 relazioni di equivalenza.

79 Esercizio: Sia A = {a, b, c}. Quali sono le relazioni di equivalenza su A tali che a R b?

80 RELAZIONI FUNZIONALI E APPLICAZIONI Definizione: Siano A e B due insiemi non vuoti e sia f una relazione da A a B. Si dice che f è una relazione funzionale o un applicazione da A in B se verifica la seguente condizione: ciascun a A è in relazione con uno ed un solo elemento b B. In altri termini: ciascun elemento di A compare come primo elemento di una ed una sola coppia di f. In tal caso, dati un elemento x di A e b B, invece che xf b si scrive b = f(x) oppure f : x b. Es: Dati A = {1, 2, 3, 4, 5} e B = {5, 6, 7, 9, 11} si consideri la relazione f da A a B: f = {(1, 5), (2, 6), (2, 9), (3, 11), (5, 9)}. Questa relazione non è un applicazione. Infatti, vi sono le seguenti due eccezioni alla proprietà della definizione: -l elemento 2 è in relazione con due elementi di B (compare in due coppie); l elemento 4 non è in relazione con alcun elemento di B (non compare in alcuna coppia).

81 Invece R = {(1, 5), (2, 6), (3, 11), (5, 9), (4, 9)} è un applicazione. Attenzione: Il fatto che 4 e 5 corrispondano allo stesso elemento 9 di B non è vietato dalla definizione! Per indicare che una corrispondenza f dall insieme A all insieme B è un applicazione si usa la notazione: f : A B. Nota importante: Si è soliti definire un applicazione f : A B stabilendo una legge che determina, in modo univoco, per ogni x A chi è f(x). Esempio Possiamo definire un applicazione f : Z Z ponendo: x Z f(x) := 2x In questo caso f altri non è che la relazione Abbiamo ad esempio f = { (x, 2x) x Z }. f( 4) = 8, f : Esempio: La legge f : R R data da x 1 x non definisce un applicazione perchè 0 non ha immagine! Infatti, l espressione 1/x perde di significato per x = 0.

82 Invece, se si sceglie come primo insieme R, allora si può definire l applicazione g : R R tale che x R g(x) = 1 x.

83 Definizione: Sia f : A B un applicazione. L insieme A è detto dominio di f, mentre l insieme B si dice insieme di arrivo. Dato un elemento a A, l elemento b = f(a) di B si dice l immagine di a mediante f, od anche valore assunto da f in a. Se y B, ogni elemento x di A tale che f(x) = y si dice una preimmagine dell elemento y. È importante fissare l attenzione sui seguenti fatti: assegnato a A, l immagine di a tramite f è unica; un elemento qualsiasi b B può avere nessuna, una o più preimmagini in A. Esempio: Consideriamo la funzione f : N Q tale che x N f(x) = 0. Allora tutti gli interi sono preimmagini di 0. Se x Q e x 0, allora non esistono preimmagini di x. In generale, una funzione f : A B si dice costante se esiste un b o B tale che x A f(x) = b o.

84 Uguaglianza di applicazioni Siano f : A B e f : A B due applicazioni. Allora f ed f sono uguali (si scrive come di solito f = f ) se A = A B = B f(x) = f (x) per ogni x A. Es: Consideriamo le applicazioni tali che per ogni x Z f : Z N, g : Z Z f(x) = x 2 = g(x). Allora f e g sono diverse in quanto hanno insiemi di arrivo diversi. Posto A = { 1, 0, 1}, siano f, g : A R le due applicazioni definite dalle formule f(x) = x + 8, g(x) = x 3 2x + 8 per ogni x A. Queste funzioni hanno lo stesso dominio e lo stesso insieme di arrivo. Inoltre f( 1) = 9, f(0) = 8, f(1) = 7 g( 1) = 9, g(0) = 8, g(1) = 7 il che garantisce che f = g. Si tratta cioè di due modi di descrivere la relazione: {( 1, 9), (0, 8), (1, 7)}.

85 Quindi: Attenzione: Due applicazioni possono coincidere a prescindere dall eventuale formulazione della legge che descrive l immagine del generico elemento x del dominio. Definizione: Data un applicazione f : A B, si chiama Immagine di f il sottoinsieme di B formato da tutte le immagini f(x) al variare di x A. In simboli: Im(f) = { f(x) x A }.

86 Applicazioni ingettive, surgettive e bigettive Definizione: Siano A e B insiemi non vuoti. Un applicazione f : A B si dice ingettiva o ingezione se o equivalentemente per ogni a, a A, a a implica f(a) f(a ). Pertanto un applicazione è ingettiva se e solo se elementi distinti del dominio hanno immagini distinte. Nota: Equivalentemente, f è ingettiva se ogni elemento di B ha nessuna o al massimo una sola preimmagine in A. Nota importante: La proprietà di cui sopra si può anche formulare: per ogni a, a A, f(a) = f(a ) implica a = a Es: Dati A = {1, 2, 3} e B = {4, 5, 7, 9, 10}, l applicazione f : A B tale che f(1) = 4, f(2) = 5, f(3) = 10 è ingettiva, mentre l applicazione g : A B g(1) = 4, g(2) = 5, g(3) = 4 non è ingettiva avendosi g(1) = g(3). Es: Sia f : N Z l applicazione data da f(n) = n per ogni n N.

87 f è ingettiva. Infatti, siano n, n N tali che f(n) = f(n ). Allora n = n da cui deduciamo n = n. Es: Sia f : Z N l applicazione tale che f(x) = x 2 per ogni x Z. f non è ingettiva. Infatti, ad esempio, risulta f(2) = f( 2).

88 Esercizio: Posto A = {0, 1, 2,..., 24}, si considerino le applicazioni f : A Z 25, g : A Z 25 tali che f(x) = [7x] 25, g(x) = [5x] 25. Stabilire se sono o non sono ingettive.

89 Definizione: Un applicazione f : A B si dice surgettiva o surgezione se ogni b B ha almeno una preimmagine in A. elemento a A tale che f(a) = b. Nota: Una formulazione equivalente di questa condizione è : Im(f) = B. Es: Dati A = {1, 2, 3} e B = {0, 5}, l applicazione f : A B tale che f(1) = 0, f(2) = 0, f(3) = 5 è surgettiva. Nessuna applicazione g : B A è surgettiva, perchè Im(g) = {g(0), g(5)} può essere costituito da al più due elementi distinti, per cui certamente Im(f) B. Es: Sia f : N Z l applicazione tale che f(n) = n per ogni x N. f non è ingettiva. Infatti, ad esempio, non esiste alcun n N tale che f(n) = 1. Più in generale, la controimmagine f 1 (x) è vuota per tutti gli x Z tali che x > 0. Es: Se B contiene almeno due elementi, ogni applicazione costante A B non è surgettiva.

90 Definizione: Un applicazione si dice bigettiva o bigezione o corrispondenza biunivoca se è contemporaneamente ingettiva e surgettiva. Definizione: Dati due insiemi A e B, si dice che essi sono in corrispondenza biunivoca se esiste una bigezione f : A B. Es: L applicazione f : Z Z definita da f(x) = 4 x per ogni x Z è una bigezione. Infatti: f è ingettiva perchè, per ogni x, y Z se f(x) = f(y) allora 4 x = 4 y da cui x = y. f è surgettiva: dato un qualsiasi y Z esiste x Z tale che f(x) = y; infatti l equazione 4 x = y ha l unica soluzione intera x = 4 y. Es: L applicazione f : Q Q definita da: f(x) = 4 x per ogni x Q non è bigettiva, anzi non è ingettiva e non è surgettiva. Infatti, per ogni x risulta f(x) = f( x) per cui f non è ingettiva. 4 Inoltre, osservato che è un numero positivo qualunque sia x 2 +1 x Q, certamente f(q) Q.

91 BIGEZIONE INVERSA Definizione: Sia f : A B una bigezione. Si chiama inversa di f l applicazione f 1 : B A che associa ad ogni y B la sua unica preimmagine in A. Quindi per ogni y in B: Esempio: f(f 1 (y)) = y f : Q Q definita da: f(x) = 3x 1 2 è una corrisponenza biunivoca. Infatti... per ogni x Q L inversa è data da f 1 (y) = 2y Proposizione: Se f : A B è una bigezione, anche l inversa lo è e l inversa di quest ultima è f.

92 Esempio: Z ed N sono in corrispondenza biunivoca: Le bigezioni illustrate si possono esprimere in formule: n Z f(n) = { 2n se n 0 2 n 1 se n < 0. L inversa f 1 : N Z è k N f 1 (k) = { k 2 se k è pari k+1 2 se k è dispari.

93 Composizione di applicazioni Definizione: Siano A, B e C insiemi non vuoti e siano f : A B e g : B C applicazioni. Si dice applicazione composta di f e g e si denota con g f, l applicazione g f : A C definita ponendo (g f)(a) = g(f(a)) per ogni a A. ( ) Talvolta g f viene denotata con gf e chiamata applicazione prodotto di f per g. Es: Sia f : N Z definita da f(x) = 2x per ogni x N, e sia g : N Z definita da g(x) = x 2 per ogni x N. Allora ha senso considerare g f : Z Z e risulta (g f)(x) = g(f(x)) = g(2x) = (2x) 2 = 4x 2. Nota: La notazione g f è corente col fatto che f è la prima applicazione ad essere usata nel calcolare l immagine di un elemento di A. Es: Consideriamo le applicazioni f : Z Z definita da f(x) = x 2 e g : Z Z definita da g(x) = 2 per ogni x Z. In tal caso si possono considerare entrambe le applicazioni composte f g e g f. Risulta e (g f)(x) = g(f(x)) = g(x 2 ) = 2 (f g)(x) = f(g(x)) = f(2) = (2) 2 = 4.

94 Def. Dato un insieme X, la funzione identica di X è l applicazione i X : X X definita come segue: x X i X (x) = x. Nota importante: Se f : X Y è una bigezione, allora f f 1 = id Y f 1 f = id X. Teorema.Sia f un applicazione. equivalenti: Allora sono proprietà a) f è una bigezione; b) Esiste un applicazione g : Y X tale che f g = id Y g f = id X. Inoltre, vera a) ovvero b), risulta g = f 1. Esercizio: Verificare che f : Q Q definita da f(x) = 5x 2 per ogni x Q è bigettiva e che l inversa di f è g : Q Q definita da g(x) = x per ogni x Q.

95 Proposizione:Siano f : A B e g : B C applicazioni. Sussistono le seguenti proprietà: i) Se f e g sono ingettive, anche g f è ingettiva; ii) Se f e g sono surgettive, anche g f è surgettiva; iii) Se f e g sono bigettive, anche g f è bigettiva. Dimostrazione: i) Supposto che f e g siano entrambe ingettive, siano a, b A e supponiamo che (g f)(a) = (g f)(b). Vogliamo dedurne che a = b. Infatti, la relazione precedente implica che g(f(a)) = g(f(b)). Quindi, per l ingettività di g otteniamo che f(a) = f(b) ed utilizzando l ingettività di f segue a = b. Poichè ciò vale per arbitrari elementi a, b di A resta verificato che g f è ingettiva.

96 ii) Supposto che f e g siano entrambe surgettive, si vuol provare che per ogni c C esiste a A tale che (g f)(a) = c. Sia quindi c C un elemento qualsiasi. Poichè g è surgettiva, esiste b B tale che g(b) = c. Ora, b B e anche f è surgettiva, per cui esiste a A tale che f(a) = b. Allora e quindi l asserto. (g f)(a) = g(f(a)) = g(b) = c

97 Proposizione: Siano f : A B e g : B C applicazioni. Allora: i) Se g f è ingettiva, allora f è ingettiva; i) Se g f è surgettiva, allora g è surgettiva. Dimostrazione: i) Supponiamo che g f sia ingettiva. Dobbiamo provare che f è ingettiva. Supposto infatti che allora applicando g consegue o il che è lo stesso f(a) = f(b) g(f(a)) = g(f(b)) (g f)(a) = (g f)(b). Ora, poichè g f è ingettiva, da ciò segue a = b. ii) Per ipotesi, g f sia surgettiva. Dobbiamo dedurne che per ogni c C esiste b B tale che g(b) = c. Fissato dunque c C, in virtù della surgettività di g f, esiste a A tale che (g f)(a) = c. Questa uguaglianza si riscrive g(f(a)) = c e quindi l elemento b = f(a) di B è tale che g(b) = c.

98 RELAZIONE DI EQUIVALENZA DETERMINATA DA UN APPLICAZIONE Sia f : A B un applicazione tra due insiemi. Essa determina in modo naturale una relazione di equivalenza R f sull insieme A definita come segue: due elementi a, b A sono in relazione se e solo se f(a) = f(b). In simboli ar f b f(a) = f(b). Ogni classe di equivalenza è quindi formata da elementi aventi tutti la medesima immagine mediante f. Ricordiamo che l insieme quoziente A/R f è una partizione di A: essa si dirà la partizione di A determinata da f (o associata ad f).

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