Nuova Edizione On-Line in lingua italiana a cura di Tito S. Centi e Angelo Z. Belloni, 2009.

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1 TEMA 4: LE FACOLTÀ APPETTITIVE E LA VOLONTÀ LIBERA Tema 4/3: L'Amore Tommaso d'aquino, Somma teologica I-II, qq Nuova Edizione On-Line in lingua italiana a cura di Tito S. Centi e Angelo Z. Belloni, Testo integrale della Somma Teologica scaricabile da questo indirizzo:

2 S. Th. I-II, qq Quaestio 26: L AMORE Passiamo ora a studiare le passioni dell anima in particolare: prima le passioni del concupiscibile e poi quelle dell irascibile [q. 40]. Il primo tema è suddiviso in tre parti: primo, studieremo l amore e l odio; secondo, la concupiscenza e la ripugnanza [q. 30]; terzo, il piacere e la tristezza [q. 31]. Sull amore esamineremo tre argomenti: primo, l amore in se stesso; secondo, la sua causa [q. 27]; terzo, i suoi effetti [q. 28]. Sul primo argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se l amore sia nel concupiscibile; 2. Se l amore sia una passione; 3. Se si identifichi con la dilezione; 4. Se sia ben diviso in amore di amicizia e amore di concupiscenza. Articolo 1: Se l amore sia nel concupiscibile In 3 Sent., d. 26, q. 2, a. 1; d. 27, q. 1, a. 2 Sembra che l amore non sia nel concupiscibile. Infatti: 1. Sta scritto [Sap 8, 2]: «Questa ho amato», cioè la sapienza, «e ricercato fin dalla mia giovinezza». Ma il concupiscibile, facendo parte dell appetito sensitivo, non può tendere verso la sapienza, che è superiore al senso. Quindi l amore non è nel concupiscibile. 2. L amore sembra identificarsi con qualsiasi altra passione; scrive infatti S. Agostino [De civ. Dei 14, 7]: «L amore, desiderando possedere ciò che ama, è concupiscenza; possedendolo e godendone, è gioia; fuggendo ciò che lo contraria, è timore; soffrendolo quando capita, è tristezza». Ora, non tutte le passioni sono nel concupiscibile: il timore p. es., che è qui ricordato, è nell irascibile. Quindi non si può affermare senz altro che l amore è nel concupiscibile. 3. Dionigi [De div. nom. 4] parla di un amore naturale. Ma l amore naturale sembra appartenere piuttosto alle facoltà naturali, proprie dell anima vegetativa. Quindi l amore, assolutamente parlando, non è nel concupiscibile. In contrario: Il Filosofo [Topic. 2, 7] afferma che «l amore è nel concu piscibile». Dimostrazione: L amore è qualcosa che interessa la facoltà appetitiva: poiché oggetto dell uno e dell altra è il bene. Per cui secondo le differenti tendenze appetitive abbiamo differenti amori. C è infatti un appetito che non deriva dalla conoscenza del soggetto appetente, ma da quella di un altro: e questo viene detto appetito naturale. Infatti gli esseri naturali [o fisici] tendono alle cose conformi alla loro natura non mediante la propria conoscenza, ma in forza di quella di colui che ha istituito la natura, come si è spiegato nella Prima Parte [q. 6, a. 1, ad 2; q. 103, a. 1, ad 1, 3]. - C è poi un altro appetito che segue la conoscenza dello stesso soggetto appetente, però la segue per necessità, e non in forza di un libero giudizio. E tale è l appetito sensitivo dell animale; che però nell uomo partecipa un riflesso di libertà, in quanto obbedisce alla ragione. - C è infine un terzo appetito che segue la conoscenza del soggetto appetente dietro un libero giudizio. E questo è l appetito razionale o intellettivo, denominato volontà. Ora, in ciascuno di questi appetiti l amore sta a indicare il principio del moto tendente al fine amato. Ma nell appetito naturale questo principio è la connaturalità del soggetto appetente con la cosa a cui tende, [connaturalità] che può essere detta amore naturale: come la connaturalità del corpo grave col centro [di gravitazione] è data dalla gravità, e può essere detta amore naturale. E allo stesso modo l armonizzarsi dell appetito sensitivo, o della volontà, con un dato

3 bene, cioè la compiacenza stessa nel bene, viene denominata amore sensitivo, oppure intellettivo o razionale. Quindi l amore sensitivo risiede nell appetito sensitivo, come quello intellettivo nell appetito intellettivo. E appartiene al concupiscibile: poiché viene definito in rapporto al bene in assoluto, e non in rapporto al bene arduo, oggetto dell irascibile. 1. Quel testo parla dell amore intellettivo o razionale. 2. Si dice che l amore è timore, gioia, concupiscenza e tristezza non essenzialmente, ma causalmente. 3. L amore naturale non è soltanto nelle facoltà dell anima vegetativa, ma in tutte le potenze dell anima, e anche in tutte le parti del corpo, e universalmente in tutte le cose: poiché, come insegna Dionigi [De div. nom. 4], «ilbello e il bene sono amabili per tutti gli esseri: poiché ogni cosa ha una connaturalità con tutto ciò che le conviene secondo la sua natura». Articolo 2: Se l amore sia una passione Sembra che l amore non sia una passione. Infatti: 1. Nessuna virtù è una passione. Ma al dire di Dionigi [De div. nom. 4] l amore «è una virtù». Quindi non è una passione. 2. Per S. Agostino [De Trin. 8, 10] l amore è una certa unione, o nesso. Ma l unione, o nesso, non dice passione, bensì relazione. Quindi l amore non è una passione. 3. Per il Damasceno [De fide orth. 2, 22] la passione è «un moto». Ora, l amore non è un moto dell appetito, come il desiderio, ma ne è la causa. Quindi non è una passione. In contrario: Il Filosofo [Ethic. 8, 5] insegna che «l amore è una passione». Dimostraz ione: La passione [in genere] è l effetto prodotto dall agente nel paziente. Ora l agente fisico, o naturale, produce due effetti nel paziente: prima di tutto produce la forma, e in secondo luogo il moto che da essa deriva: come un corpo dalla causa che lo produce riceve la gravità e il moto che la accompagna. E la gravità stessa, che è il principio del moto verso il luogo connaturale al corpo, in qualche modo può essere detta amore naturale. Allo stesso modo anche l oggetto appetibile prima di tutto dà all appetito una certa conformazione con se stesso, che è la compiacenza verso l appetibile, dalla quale segue il moto verso di esso. Come infatti fa osservare Aristotele [De anima 3, 10], «il moto appetitivo si sviluppa in cerchio»: poiché l oggetto muove l appetito, mettendosi in qualche modo nella sua intenzione, e l appetito tende a conseguire l oggetto nella realtà, in maniera che il moto finisca là dove ha avuto inizio. Concludendo: la prima trasformazione prodotta dall oggetto nell appetito prende il nome di amore, e si riduce alla semplice compiacenza per l oggetto appetibile; da questa compiacenza segue poi un moto verso di esso, cioè il desiderio, e finalmente la quiete, cioè il gaudio. Consistendo perciò l amore in una trasformazione dell appetito da parte dell oggetto, è chiaro che l amore è una passione: passione in senso stretto se è nel concupiscibile; in senso lato se è nella volontà. 1. L amore è chiamato virtù da Dionigi in quanto principio o causa del moto appetitivo: infatti la virtù indica il principio di un moto o di un azione. 2. L unione è propria dell amore per il fatto che l appetito, mediante la compiacenza, fa sì che colui che ama si rapporti all oggetto amato come a se stesso, o a qualcosa di se stesso. Quindi è evidente che l amore non è la stessa relazione di unione, ma l unione è un effetto dell amore. Per cui Dionigi [De div. nom. 4] può dire che l amore è «una virtù unitiva», e il Filosofo [Polit. 2, 1] che l unione è opera dell amore. 3. Sebbene l amore non indichi un moto dell appetito verso l oggetto appetibile, tuttavia la modificazione dell appetito da parte dell appetibile consiste in una compiacenza verso di esso.

4 Articolo 3: Se l amore si identifichi con la dilezione 1 Sent., d. 10, expos.; In 3 sent., d. 27, q. 2, a. 1; In Div. Nom., c. 4, lect. 9 Sembra che l amore si identifichi con la dilezione. Infatti: 1. Dionigi [De div. nom. 4] afferma che l amore sta alla dilezione «come quattro sta a due volte due, e il rettilineo sta a ciò che ha le linee diritte». Ma queste espressioni sono equivalenti. Quindi l amore e la dilezione sono equivalenti. 2. I moti di ordine appetitivo sono distinti per l oggetto. Ma l oggetto della dilezione e dell amore è identico. Quindi la dilezione e l amore si identificano. 3. Se fra la dilezione e l amore c è qualche differenza, sembra che debba stare soprattutto in questo: che «la dilezione, - come alcuni dicevano, secondo S. Agostino [De civ. Dei 14, 7] - è da prendersi in senso buono, l amore invece in senso cattivo». Ma ciò non costituisce in realtà una differenza poiché, come S. Agostino aggiunge, nelle Sacre Scritture i due termini sono usati entrambi per il bene e per il male. Quindi l amore non si distingue dalla dilezione, e così lo stesso Agostino può concludere che «parlare di amore equivale a parlare di dilezione». In contrario: Dionigi [De div. nom. 4] scrive che «ad alcuni Santi [Padri] è sembrato che il nome di amore sia più divino che quello di dilezione». Dimostrazione: Ci sono quattro termini che in qualche modo si riferiscono alla stessa cosa: amore, dilezione, carità, amicizia. Essi differiscono però in questo, che l amicizia, secondo il Filosofo [Ethic. 8, 5], «è come un abito», mentre l amore e la dilezione indicano l atto o la passione; la carità poi può essere presa nell uno e nell altro senso. Tuttavia l atto viene indicato in maniera differente da queste tre ultime voci. L amore è infatti più generico, poiché ogni dilezione o carità è amore, ma non viceversa. Infatti la dilezione, come dice il nome stesso, aggiunge al concetto di amore l elezione che lo precede. Quindi la dilezione non è nel concupiscibile, ma soltanto nella volontà, e nel solo essere razionale. La carità poi aggiunge all amore una certa perfezione, inquantoché l oggetto amato viene considerato di grande valore, come il nome stesso sembra indicare. 1. Dionigi parla dell amore e della dilezione in quanto si trovano nell appetito intellettivo: infatti in questo caso l amore si identifica con la dilezione. 2. L oggetto dell amore è più vasto dell oggetto della dilezione: poiché l amore, come si è spiegato [nel corpo], è più esteso della dilezione. 3. L amore e la dilezione non si distinguono in base alla differenza tra bene e male, ma nel modo indicato [ib.]. Tuttavia nella parte intellettiva essi si identificano. E S. Agostino in quel testo parla dell amore in questo senso: infatti poco dopo aggiunge che «l amore buono è il retto volere, e l amore cattivo è un volere perverso». Siccome però l amore quale passione del concupiscibile inclina molti al male, da qui presero occasione quelli che escogitarono la distinzione riferita. 4. [S.c.]. Alcuni pensarono che anche nella stessa volontà il termine amore fosse più divino del termine dilezione, poiché l amore comporta una certa passività, specialmente nell appetito sensitivo, mentre la dilezione presuppone un giudizio dell intelletto. Ora, l uomo può tendere a Dio mediante l amore, lasciandosi come attrarre passivamente da Dio stesso, meglio di come possa farlo sotto la guida della propria intelligenza, il che appartiene al concetto di dilezione, come si è visto [nel corpo]. E per questo motivo l amore è più divino della dilezione. Articolo 4: Se l amore sia ben diviso in amore di amicizia e amore di concupiscenza I, q. 60, a. 3; II-II, q. 23, a. 1; In 2 Sent., d. 29, q. 1, a. 3;In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 2, sol. 1, ad 3; De Virt., q. 4, a. 3; In Div. Nom., c. 4, lect. 9, 10 Sembra che l amore non sia ben diviso in amore di amicizia e amore di concupiscenza. Infatti:

5 1. Come insegna il Filosofo [Ethic. 8, 5], «l amore è una passione, l amicizia invece è un abito». Ma l abito non può essere la suddivisione di una passione. Quindi l amore non è ben diviso in amore di concupiscenza e amore di amicizia. 2. Una cosa non può essere divisa mediante ciò che gli è connumerato: uomo infatti non è connumerato con animale. Ora, la concupiscenza è connumerata con l amore [in una stessa suddivisione], come passione distinta dall amore. Quindi l amore non può essere diviso mediante la concupiscenza. 3. Per il Filosofo [Ethic. 8, 3] ci sono tre tipi di amicizia: utile, dilettevole e onesta. Ma l amicizia utile e quella dilettevole non escludono la concupiscenza. Quindi la concupiscenza non può essere divisa in contrapposizione all amicizia. In contrario: Noi diciamo di amare le cose di cui abbiamo brama o concupiscenza, come dice Aristotele [Topic. 2, 3]: «Si dice che uno ama il vino per il dolce che in esso appetisce». Ora, verso il vino o verso cose consimili, osserva il medesimo autore [Ethic. 8, 2], non abbiamo amicizia. Quindi l amore di concupiscenza è distinto da quello di amicizia. Dimostrazione: Il Filosofo [Reth. 2, 4] insegna che «amare è volere del bene a qualcuno». Quindi il moto dell amore ha due oggetti: il bene che uno vuole a qualcuno, a se stesso o ad altri, e il soggetto a cui vuole quel bene. Rispetto quindi al bene voluto si ha l amore di concupiscenza, rispetto invece al soggetto a cui si vuole quel bene si ha l amore di amicizia. Ora, questa divisione è impostata su un rapporto di priorità e di dipendenza. Infatti ciò che è amato di amore d amicizia è amato direttamente e per se stesso; invece ciò che è amato di amore di concupiscenza non è amato in tal modo, ma è amato per un altro. Come infatti l ente puro e semplice ha in sé il proprio essere, mentre l ente sotto un certo aspetto è quello che ha il suo essere in altro, così il bene, che è convertibile con l ente, è bene in modo assoluto quando è un bene per se stesso; se invece è il bene di un altro è bene sotto un certo aspetto. Quindi l amore col quale si ama un essere volendo ad esso il bene è amore in senso pieno e assoluto; invece l amore col quale si ama una cosa per farne il bene di altri è amore sotto un certo aspetto. 1. L amore non si suddivide in amicizia e concupiscenza, ma in amore di amicizia e amore di concupiscenza. Infatti si chiama amico in senso proprio colui al quale vogliamo un certo bene; abbiamo invece concupiscenza verso ciò che vogliamo per noi. 2. Così è risolta anche la seconda obiezioni. 3. Nell amicizia utile e in quella dilettevole si vuole il bene dell amico: e così si salva il carattere di amicizia. Per il fatto però che in definitiva il bene viene indirizzato al proprio piacere o alla propria utilità, l amicizia utile o dilettevole perde la natura di vera amicizia, poiché si riduce a un amore di concupiscenza. Quaestio 27: LA CAUSA DELL AMORE Passiamo a considerare la causa dell amore. Sull argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se l unica causa dell amore sia il bene; 2. Se la conoscenza sia causa dell amore; 3. Se lo sia la somiglianza; 4. Se l amore possa essere causato da un altra passione. Articolo 1: Se l unica causa dell amore sia il bene Infra, q. 29, a. 1 Sembra che il bene non sia l unica causa dell amore. Infatti: 1. Il bene è causa dell amore solo perché è amato. Ma è amato anche il male, come sta scritto [Sal 10,

6 6 Vg]: «Chi ama l iniquità odia la propria anima»; altrimenti ogni amore sarebbe buono. Quindi il bene non è l unica causa dell amore. 2. Il Filosofo [Reth. 2, 4] scrive che «noi amiamo coloro che dicono il male che è in loro». Quindi sembra che il male sia causa dell amore. 3. Dionigi [De div. nom. 4] afferma che «non soltanto il bene, ma anche il bello è amabile per tutti». In contrario: S. Agostino [De Trin. 8, 3] scrive: «Certamente non si ama altro che il bene». Quindi solo il bene è causa dell amore. Dimostrazione: Come si è già visto [q. 26, a. 1], l amore appartiene a una facoltà appetitiva, che è una potenza passiva. Quindi l oggetto si rapporta ad essa come la causa del suo moto, o del suo atto. Propriamente, quindi, la causa dell amore è l oggetto dell amore. Ma l oggetto proprio dell amore è il bene: poiché l amore comporta una connaturalità o compiacenza dell amante rispetto all amato, e per ciascun essere è bene quanto è ad esso connaturale e proporzionato. Quindi si deve concludere che il bene è la causa propria dell amore. 1. Il male non è amato che sotto l aspetto di bene, cioè in quanto è un bene parziale, che però viene considerato come un bene totale. E in questo modo un amore può essere cattivo perché tende verso un oggetto che non è un vero bene sotto ogni aspetto. Ed è per questo che si ama l iniquità: poiché mediante l iniquità si acquista qualche bene, come il piacere, la ricchezza o altre cose simili. 2. Si amano quelli che riconoscono i loro mali non per amore di questi, ma perché essi ne parlano liberamente: infatti scoprire il proprio male si presenta come un bene, poiché esclude la finzione e la simulazione. 3. Il bello si identifica con il bene, salvo una semplice differenza di ragione. Mentre infatti il bene è «ciò che tutti gli esseri desiderano», e implica l acquietarsi in esso dell appetito, il bello implica invece l acquietarsi dell appetito alla sua sola presenza o conoscenza. Per cui riguardano il bello quei sensi che sono maggiormente conoscitivi, cioè la vista e l udito al servizio della ragione: e così parliamo di cose belle a vedersi o a udirsi. Invece per l oggetto degli altri sensi non si usa parlare di bellezza: infatti non diciamo che sono belli i sapori o gli odori. È perciò evidente che il bello aggiunge al bene una relazione con la facoltà conoscitiva: per cui si denomina bene ciò che è puramente e semplicemente gradevole all appetito, bello invece ciò la cui stessa apprensione piace. Articolo 2: Se la conoscenza sia causa dell amore II-II, q. 26, a. 2, ad 1; In 1 Sent., d. 15, q. 4, a. 1, ad 3 Sembra che la conoscenza non sia causa dell amore. Infatti: 1. La ricerca di una cosa dipende dall amore per essa. Ma alcune cose vengono cercate senza essere conosciute, come le scienze: infatti, come scrive S. Agostino [Lib. LXXXIII quaest. 35], nel loro caso «è la stessa cosa averle e conoscerle»: se quindi fossero conosciute sarebbero possedute, e non sarebbero cercate. Quindi la conoscenza non causa l amore. 2. È sostanzialmente la stessa cosa amare ciò che non si conosce e amare più di quanto si conosce. Ma alcune cose sono amate più di quanto sono conosciute: come Dio, il quale nella vita presente può essere amato per se stesso, mentre non può essere conosciuto per se stesso. Quindi la conoscenza non è causa dell amore. 3. Se la conoscenza fosse causa dell amore, dove manca la conoscenza non ci potrebbe essere l amore. Invece, come scrive Dionigi [De div. nom. 4], l amore si trova in tutte le cose, mentre non in tutte si trova la conoscenza. Quindi la conoscenza non è causa dell amore. In contrario: S. Agostino [De Trin. 10, cc. 1, 2] dimostra che «nessuno può amare ciò che ignora».

7 Dimostrazione: Il bene è causa dell amore in qualità di oggetto, come si è visto [a. prec.]. Ora, il bene non è oggetto dell appetito se non mediante la conoscenza. Quindi l amore richiede una percezione del bene amato. Per cui il Filosofo [Ethic. 9, cc. 5, 12] scrive che la visione corporea è il principio dell amore sensitivo. E così la contemplazione della bellezza e della bontà spirituale è il principio dell amore spirituale. Quindi la conoscenza è causa dell amore allo stesso titolo del bene, il quale non può essere amato senza essere conosciuto. 1. Chi cerca la scienza non la ignora completamente, ma già in qualche modo la conosce, o in generale oppure in qualche suo effetto; o anche, come dice S. Agostino [l. cit.], perché la sente lodare. Ora, conoscerla così non significa possederla come quando la si conosce perfettamente. 2. La perfezione della conoscenza richiede più cose che la perfezione dell amore. Infatti la conoscenza appartiene alla ragione, che ha la funzione di distinguere cose realmente unite fra di loro, e di unire in qualche modo cose diverse, confrontandole l una all altra. Quindi per la conoscenza perfetta si richiede che uno conosca singolarmente quanto si trova in una cosa, come le parti, le capacità e le proprietà. L amore invece risiede nella facoltà appetitiva, che ha per oggetto la cosa come è in se stessa. Quindi a rendere perfetto l amore basta che si ami in se stessa la cosa conosciuta. E per questo capita che si ami una cosa più di quanto la si conosca: poiché una cosa può essere amata perfettamente anche se è imperfettamente conosciuta. Il che appare soprattutto nel caso delle scienze, che sono amate da alcuni per una qualche sommaria conoscenza che ne possiedono: sapendo, p. es., che la retorica è una scienza mediante la quale si riesce a persuadere, amano la retorica. E lo stesso si dica a proposito dell amore di Dio. 3. Anche l amore naturale, presente in tutte le cose, viene causato da una qualche conoscenza; la quale però, come si è detto [q. 26, a. 1], non si trova negli esseri naturali medesimi, bensì in colui che è l istitutore della natura. Articolo 3: Se la somiglianza sia causa dell amore In 3 Sent., d. 27, q. 1, a. 1, ad 3; In De Hebd., lect. 1; In Ioan., c. 15, lect. 4; In 8 Ethic., lect. 1 Sembra che la somiglianza non sia causa dell amore. Infatti: 1. Una stessa cosa non può essere causa di fatti contrari. Ma la somiglianza causa l odio: poiché sta scritto [Pr 13, 10] che «tra i superbi vi sono sempre risse»; e il Filosofo [Ethic. 8, 1] ricorda che «i vasai litigano tra loro». Quindi la somiglianza non causa l amore. 2. S. Agostino [Conf. 4, 14] fa osservare che «uno ama nell altro ciò che egli non vorrebbe essere: così uno ama l istrione senza voler essere un istrione». Ma ciò non accadrebbe se la somiglianza fosse la causa propria dell amore: perché allora uno amerebbe nell altro le proprie qualità, o quelle che vorrebbe avere. Quindi la somiglianza non è causa dell amore. 3. Ognuno ama ciò di cui ha bisogno, anche se non lo possiede: come l infermo ama la salute e il povero le ricchezze. Ma in quanto ha bisogno di tali cose ne è privo, ed è dissimile da esse. Quindi non soltanto la somiglianza, ma anche la dissomiglianza è causa dell amore. 4. Il Filosofo [Reth. 2, 4] scrive che «noi amiamo coloro che sono generosi nell aiuto pecuniario e sanitario; e così pure quelli che conservano l amicizia verso i morti sono amati da tutti». Ma non tutti hanno queste qualità. Quindi la somiglianza non è causa dell amore. In contrario: Sta scritto [Sir. 13, 15]: «Ogni creatura vivente ama il suo simile». Dimostrazione: Propriamente parlando la somiglianza è causa dell amore. Ma si deve notare che la somiglianza tra più cose si può verificare in due modi. Primo, per il fatto che l una e l altra hanno la stessa caratteristica in modo attuale: come sono detti simili due soggetti dotati di bianchezza. Secondo, perché l una ha in potenza, e per una certa inclinazione, ciò che l altra possiede attualmente: come diciamo che un corpo grave esistente fuori del suo luogo proprio ha somiglianza con quello che vi si

8 trova. Oppure anche in quanto la potenza ha somiglianza con l atto correlativo: infatti nella potenza in qualche modo si trova già l atto. Così dunque il primo modo di somiglianza causa l amore di amicizia o di benevolenza. Dall essere simili infatti, cioè dall avere quasi una forma unica, due individui sono come una cosa sola sotto detta forma: come due uomini sono una cosa sola nella specie umana, e due bianchi lo sono nella bianchezza. Quindi l affetto dell uno tende verso l altro come se fosse tutt uno con se stesso; e gli vuole bene come a se stesso. Invece il secondo modo di somiglianza causa l amore di concupiscenza, o l amicizia utile o dilettevole. Infatti chi è in potenza, in quanto tale, aspira al proprio atto; e nel conseguimento di esso ha il suo godimento, se è dotato di sensibilità e di conoscenza. Abbiamo però detto sopra [q. 26, a. 4] che nell amore di concupiscenza il soggetto propriamente ama se stesso, nel volere il bene che desidera. Ora, uno ama più se stesso che gli altri: poiché con se stesso ha un unità sostanziale, mentre con gli altri ha unità di somiglianza in qualche forma. Se quindi viene impedito dal conseguire il bene che ama da parte di uno che è simile a lui per la partecipazione di una data forma, questi gli diventa odioso: non perché gli assomiglia, ma perché è un ostacolo al suo bene. Ed è per questo che «i vasai litigano fra di loro», in quanto cioè si ostacolano reciprocamente nei loro guadagni; e «tra i superbi vi sono sempre risse» perché essi sono di reciproco impedimento nell eccellenza propria, che essi bramano. 1. È così risolta anche la prima obiezioni. 2. Anche nel fatto che uno ama in un altro ciò che non ama in se medesimo si trova una certa somiglianza di proporzionalità: infatti uno sta alle qualità che ama in se medesimo come l altro sta alle qualità che sono amabili in lui. Se un buon cantante, p. es., ama un buon calligrafo, si ha una somiglianza di proporzionalità, in quanto ciascuno di essi possiede la perfezione della propria arte. 3. Colui che ama ciò di cui ha bisogno ha una somiglianza con ciò che ama analoga a quella esistente tra la potenza e l atto, come si è spiegato [nel corpo]. 4. L egoista ama chi è liberale, sempre secondo questa somiglianza tra potenza e atto, in quanto attende da lui qualcosa che desidera. E la medesima ragione vale per l amore verso chi persevera nell amicizia. In tutti e due i casi infatti si tratta di un amicizia a scopo utilitario. - Oppure si può rispondere che, sebbene tutti gli uomini non abbiano le virtù ricordate nella loro completezza, tuttavia le possiedono in germe: e così anche chi non ha la virtù ama il virtuoso, in quanto lo trova conforme alla propria ragione naturale. Articolo 4 Se qualche altra passione possa causare l amore Sembra che qualche altra passione possa causare l amore. Infatti: 1. Il Filosofo [Ethic. 8, 3] afferma che alcuni sono amati per il piacere. Ma il piacere è una passione. Quindi qualche altra passione può causare l amore. 2. Il desiderio è una passione. Ma noi possiamo amare qualcuno per il desiderio di ciò che aspettiamo da lui: il che è evidente in ogni amicizia fondata sull utilità. Quindi qualche altra passione può causare l amore. 3. S. Agostino [De Trin. 10, 1] scrive: «Chi non ha la speranza di raggiungere una cosa, o l ama poco, o non l ama affatto, sebbene ne veda la bellezza». Quindi anche la speranza causa l amore. In contrario: S. Agostino [De civ. Dei 14, 7] afferma che tutti gli altri affetti dell anima sono causati dall amore. Dimostrazione: Non c è passione dell anima che non presupponga l amore. E la ragione è che ogni altra passione implica o un moto verso l oggetto, o un acquietarsi in esso. Ora, sia tale moto che tale quiete promanano da una qualche connaturalità o conformità, che costituisce l amore. Quindi è impossibile che un altra passione sia universalmente causa dell amore. - Può avvenire però che un altra passione sia causa di un particolare [atto di] amore: come anche un bene può sempre causarne un altro.

9 1. Quando uno ama per il piacere, questo suo amore è causato dal piacere; ma il suddetto piacere è causato a sua volta ed è preceduto da un altro amore, poiché nessuno può trovare piacere in ciò che non ama in alcuna maniera. 2. Il desiderio di una cosa presuppone sempre l amore di essa. Però il desiderio di una data cosa può essere causa dell amore per un altra: come chi desidera il danaro, per ciò stesso ama colui dal quale lo riceve. 3. La speranza può causare e accrescere l amore sia a motivo del piacere che la accompagna, sia a motivo del desiderio, poiché la speranza rafforza il desiderio: infatti non si desidera così intensamente ciò che non si spera. Però anche la speranza ha per oggetto un bene amato.

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