La denuncia di inizio attività dopo i recenti interventi legislativi
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- Virginia Andreoli
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1 D.i.a. La denuncia di inizio attività dopo i recenti interventi legislativi D.i.a.: ambito applicativo, aspetti procedurali, natura giuridica e conseguenze in materia di tutela dei terzi che si ritengano lesi dall inizio dell attività in assenza di un provvedimento amministrativo autorizzativo. Edilizia: liberalizzazione della manutenzione straordinaria. a cura di Benedetta Caruso* la QUESTIONE Negli ultimi anni numerosi sono stati gli interventi legislativi sull art. 19 della legge n. 241/1990, che disciplina la dichiarazione di inizio attività. Da ultimo il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, entrato in vigore lo scorso 8 maggio, ha stabilito l immediata efficacia delle dichiarazioni di inizio attività aventi a oggetto l esercizio di attività di cui al decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/Ce. Qual è la natura giuridica della nuova d.i.a. e quali sono le conseguenze applicative, in particolare sul rapporto tra soggetto dichiarante e l amministrazione e tra amministrazione e terzi lesi dall attività? l INTRODUZIOne L istituto della denuncia di inizio attività, c.d. d.i.a., è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico a opera dell art. 19 della legge n. 241/1990 con la precisa finalità di semplificare il regime delle autorizzazioni amministrative riguardanti le attività economiche private. Il privato cittadino, grazie alla d.i.a., acquisisce la possibilità di esercitare una determinata attività mediante la presentazione di una mera dichiarazione rivolta alla Pubblica amministrazione. A quest ultima, infatti, è lasciato soltanto un potere inibitorio dell attività già iniziata, da esercitare entro un termine perentorio. L istituto in questione, fondamentale strumento di semplificazione oltre che di liberalizzazione di determinate attività private, è stato oggetto di numerosi interventi legislativi e recentemente è stato riformulato dall art. 9 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ne ha esteso l ambito di applicazione e ne ha sancito l immediata efficacia, eliminando il potere inibitorio preventivo della Pubblica amministrazione. * Avvocato del Foro di Catania, Studio legale associato Caruso Caudullo Scalambrieri. 82
2 le Da ultimo, l art. 85, comma 2, del D.Lgs. n. 59/2010, che ha recepito la direttiva comunitaria 2006/123/ Ce, ha ampliato l ambito di operatività della d.i.a. a tutte le attività di cui alla c.d. direttiva servizi. In sostanza viene sancita la possibilità, per avviare un attività economica, di limitarsi a presentare al nuovo sportello unico e alle Camere di Commercio la dichiarazione di inizio attività per l avvio dell esercizio, senza dover attendere l autorizzazione delle autorità amministrative competenti. Un applicazione specifica dell istituto generale della d.i.a. si rinviene nell ambito dell edilizia, anch esso recentemente oggetto di un ulteriore intervento di liberalizzazione. E infatti, l art. 5 della legge 22 maggio 2010, n. 73, che ha convertito il D.L. n. 40/2010, ha sostituito integralmente l art. 6 del T.U. Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) ampliando le ipotesi di intervento che possono essere realizzate senza alcun titolo abilitativo. le NORME Legge 7 agosto 1990, n. 241 Artt. 19, 21 quinquies, 21 nonies D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Artt. 6, 23 Legge 18 giugno 2009, n. 69 Art. 9 Legge 22 maggio 2010, n. 73 Art. 5 D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 Art. 85 la FATTISPECIE u L ambito applicativo della denuncia di inizio attività (d.i.a.) La prima questione da analizzare in tema di denuncia di inizio attività riguarda la delimitazione dell ambito di applicazione di questo fondamentale istituto di semplificazione e liberalizzazione, dando conto degli interventi legislativi che si sono succeduti negli ultimi anni, fino ad arrivare all attuale formulazione dell art. 19 della legge n. 241/1990. L evoluzione legislativa La versione originaria dell art. 19 della legge n. 241/1990 demandava a un regolamento da adottarsi ai sensi della legge n. 400/1988 la determinazione dei casi concreti in cui l esercizio di un attività privata subordinata al rilascio di autorizzazione poteva essere intrapresa sulla base di una mera denuncia da parte dell interessato alla pubblica amministrazione competente. L istituto era, pertanto, eccezionale, essendo praticabile solo nelle ipotesi contemplate dal regolamento a cui la legge rinviava. Successivamente l ambito applicativo della d.i.a. venne ampliato a opera della legge n. 537/1993 che: ha promosso l istituto della d.i.a. da eccezione a regola; 83
3 ha ridotto l ambito di operatività delle relative deroghe; ha chiarito la possibilità di ricorrere alla d.i.a. in tutti i casi di autorizzazioni vincolate; ha introdotto un termine perentorio di sessanta giorni entro cui la Pubblica amministrazione poteva esercitare il proprio potere inibitorio. L art. 19 della legge n. 241/1990 è stato poi riformulato dall art. 3 del D.L. n. 35/2005, convertito nella legge n. 80/2005 che, secondo la tesi maggiormente seguita in dottrina e giurisprudenza, ha esteso ulteriormente l ambito di applicazione della d.i.a. Per la suddetta tesi, infatti, la nuova d.i.a. può sostituire il rilascio del provvedimento non solo nelle ipotesi di provvedimenti vincolati, ma anche nelle ipotesi di provvedimenti da adottarsi nell esercizio della discrezionalità tecnica. Due i dati testuali della novella del 2005 a sostegno di questo ampliamento dell ambito applicativo della d.i.a.: non viene più richiesto che l accertamento dei presupposti dell autorizzazione avvenga senza «prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecnico-discrezionali»; il nuovo comma 3 dell art. 19 prevede il potere di revoca ai sensi dell art. 21 quinquies. La revoca è un provvedimento di secondo grado che rimuove ex nunc gli effetti di un atto sulla base di una valutazione dettata da sopravvenute ragioni di interesse pubblico o da una rinnovata valutazione dell opportunità originaria dell atto. Pertanto, se si può rivalutare l opportunità originaria dell atto revocando l effetto abilitante della d.i.a., si deve ritenere che il provvedimento non è necessariamente vincolato, rivalutandosene l opportunità. L orientamento dottrinale contrario fa leva invece sul fatto che l art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990 rinvia non solo all art. 21 quinquies, ma anche all art. 21 nonies, che disciplina l annullamento d ufficio, esercitabile anche con riferimento a provvedimenti vincolati. L art. 9 della legge n. 69/2009 ha stabilito l immediata efficacia della d.i.a. finalizzata a svolgere «attività di impianti produttivi di beni e servizi di cui alla Direttiva 2006/123/Ce», compresi «gli atti che dispongono l iscrizione in albi o in altri registri a efficace abilitante o comunque a tal fine eventualmente richiesta». La regola generale invece è quella per cui l attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all amministrazione competente. Contestualmente all inizio dell attività, l interessato ne dà comunicazione all amministrazione competente. È venuto meno, quindi, il potere della P.A. di vietare ex ante l inizio dell attività. A seguito di quest ulteriore modifica della disciplina in tema di d.i.a., sono esclusi gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi particolarmente rilevanti, quali la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l amministrazione della giustizia, l immigrazione. Anche gli atti in materia di asilo e cittadinanza sono esclusi dall ambito di applicabilità della d.i.a., come del resto del silenzio-assenso. Le recenti modifiche di recepimento della Direttiva Servizi Da ultimo l art. 85, comma 2 del D.Lgs. n. 59/2010, entrato in vigore l 8 maggio, ha riscritto il secondo comma dell art. 19 della legge n. 241/1990, che oggi prevede: «L attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all amministrazione competente; contestualmente all inizio dell attività, l interessato ne dà comunicazione all amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia a oggetto l esercizio di attività di cui al decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/Ce, l attività, 84
4 le ove non diversamente previsto, può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all amministrazione competente». Il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 recepisce la Direttiva 123/2006/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, con la quale si è inteso fornire un contributo decisivo al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi. La Direttiva ha indicato quale suo obiettivo prioritario l eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri, per il cui raggiungimento prevede la semplificazione normativa e amministrativa della regolamentazione e, in particolare, delle procedure e delle formalità relative all accesso e allo svolgimento delle attività di servizio. Ha indicato, altresì, quale principale strumento per perseguire tale obiettivo, la necessità di limitare l obbligo di autorizzazione preliminare alle attività di servizio sostituendolo, tutte le volte che sia possibile, con istituti semplificati e di prevedere requisiti per l accesso all attività solo nei casi in cui tale autorizzazione e tali requisiti siano giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, sanità pubblica o tutela dell ambiente, in conformità e nel rispetto dei principi di non discriminazione, necessità, proporzionalità. Il campo di applicazione della Direttiva comprende qualsiasi servizio prestato dietro corrispettivo economico. Sono esclusi, tra gli altri, i servizi non economici, i servizi finanziari, i servizi nel settore dei trasporti, i servizi sanitari, di sicurezza, i servizi forniti dai notai. In attuazione della Direttiva Servizi, le disposizioni del D.Lgs. n. 59/2010 si applicano a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale, con le esclusioni già previste dalla direttiva comunitaria stessa. u Profili procedurali La procedura della dichiarazione di inizio attività di cui all art. 19 della legge n. 241/1990 è stata profondamente innovata dai commi dal 3 al 7 dell art. 9 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e da ultimo dall art. 85 del D.Lgs. n. 59/2010. La regola generale prevede ancora la presentazione della dichiarazione di voler intraprendere una determinata attività e di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge. Solo successivamente l impresa presenta la comunicazione di concreto e contestuale avvio dell attività, comunicazione che può essere presentata in un qualsiasi momento successivo alla dichiarazione, non essendo più necessario aspettare 30 giorni dalla presentazione della dichiarazione. La novità più rilevante consiste, quindi, nella possibilità di intraprendere l attività contestualmente alla presentazione della dichiarazione. Fra l altro tale possibilità è stata notevolmente ampliata con l ultima modifica a opera del D.Lgs. n. 59/2010, essendo estesa a tutte le attività economiche, di carattere imprenditoriale o professionale, svolte senza vincolo di subordinazione, dirette allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale, salve le esclusioni previste dal decreto legislativo stesso e riguardanti ad esempio i servizi finanziari, sociali, sanitari ecc. Successivamente alla prima fase di comunicazione dell attività intrapresa si può instaurare ai sensi del primo periodo del comma 3 dell art. 19 un ulteriore fase, solo eventuale, in cui l amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell attività intrapresa adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti entro un termine fissato dall amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. 85
5 la GIURISPRUDENZA u La natura giuridica della d.i.a. La questione senza dubbio maggiormente approfondita in giurisprudenza riguarda la natura giuridica della d.i.a., a cui è connesso l ulteriore problema della tutela del terzo che si ritenga leso dall attività avviata in base alla semplice dichiarazione del privato in assenza di un provvedimento autorizzatorio da parte della P.A. Le tesi principali sulla natura giuridica della d.i.a. sono due, sostenute anche dalla giurisprudenza amministrativa recente, secondo la prima si tratta di un atto amministrativo abilitativo tacito, mentre secondo l altra tesi si tratta di atto del privato a cui la legge ricollega l effetto di abilitare l istante all esercizio dell attività. La tesi provvedimentale Secondo la tesi provvedimentale, la d.i.a. si tradurrebbe direttamente nell autorizzazione implicita all effettuazione dell attività in virtù di una valutazione legale tipica, con la conseguenza che i terzi potrebbero agire innanzi al giudice per chiedere l adempimento delle prestazioni che la P.A. avrebbe omesso di svolgere, o l annullamento della determinazione formatasi in forma tacita o comunque per contestare la realizzabilità dell intervento. Gli argomenti a sostegno di questa posizione sono essenzialmente: la previsione da parte dell art. 19, della legge n. 241/1990 modificata dall art. 3 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 della possibilità di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies. Tale disposizione può essere letta come riconoscimento da parte del Legislatore della natura provvedimentale del titolo abilitativo che si forma in seguito a una d.i.a, in quanto l autotutela è un attività amministrativa di secondo grado che presuppone sempre un provvedimento precedente sul quale incidere; in materia edilizia, l art. 38, comma 2 bis del D.P.R. n. 380/2001 prevede la possibilità dell accertamento dell inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo ed equipara questa ipotesi ai casi di permesso annullato, dimostrando che si tratta di una d.i.a. suscettibile di annullamento; sulla stessa linea si pone l art. 39, comma 5 bis, che consente l annullamento straordinario della d.i.a. da parte della Regione, confermando, così, che la d.i.a. viene considerata dal Legislatore come un titolo suscettibile di essere annullato (in sede amministrativa e, quindi, a maggior ragione, in sede giurisdizionale). La tesi privatistica Per la tesi privatistica la denuncia di inizio attività non ha valore di provvedimento amministrativo tacito, ma si configura come atto di parte che consente al privato di intraprendere un attività, una volta scaduto il termine di decadenza entro il quale l Amministrazione può esercitare il proprio potere inibitorio. Si esclude, quindi, per questa impostazione, che dalla d.i.a possa nascere un atto amministrativo, trattandosi di atto soggettivamente e oggettivamente privato, che ha soltanto il valore di una comunicazione fatta dal privato alla Pubblica amministrazione circa la propria intenzione di realizzare un attività direttamente conformata dalla legge e non necessita di titoli provvedimentali. Sulla base di tali premesse, la domanda di annullamento della d.i.a. è inammissibile, in quanto la d.i.a. è e rimane un mero atto di iniziativa privata, per ciò solo non impugnabile davanti al Giudice amministrativo. 86
6 le Gli argomenti a sostegno della tesi privatistica sono essenzialmente: la formulazione letterale dell art. 19 legge n. 241/1990, essendo prevista proprio la sostituzione di ogni autorizzazione con una dichiarazione del privato; la tesi del provvedimento amministrativo che si forma tacitamente si scontra con la considerazione che non viene in rilievo l esercizio di una potestà pubblicistica né un provvedimento amministrativo in forma tacita (il c.d. Silenzio-assenso); L art. 19 legge n. 241/1990 nel richiamare gli artt. 21 quinquies e 21 nonies ha voluto solo chiarire che, anche dopo la scadenza del termine perentorio di trenta giorni per l esercizio del potere inibitorio, la P.A. conserva un potere residuale di autotutela, da intendere, però, come potere sui generis, che si differenzia della consueta autotutela decisoria proprio perché non implica un attività di secondo grado insistente su un procedente provvedimento amministrativo. u La tutela del terzo leso dall attività intrapresa in base alla d.i.a. Come già accennato, le diverse opinioni sulla natura giuridica della d.i.a. si ripercuotono sul problema della tutela giurisdizionale per i terzi lesi dall attività iniziata dal privato. Si premette come la giurisdizione in materia di d.i.a. sia affidata espressamente dall art. 19, comma 5, della legge n. 241/1990 alla giurisdizione esclusiva del g.a. Mentre nessuna questione si pone per il privato denunciante, che può ricorrere avverso l eventuale provvedimento inibitorio e/o repressivo dell amministrazione, problematica è la questione dei rimedi di tutela esperibili dal terzo che voglia opporsi allo svolgimento dell attività. La configurazione della d.i.a. come provvedimento ne consente l impugnativa diretta da parte del terzo che può dedurre o che l attività non è consentita o che l attività in questione necessita di un provvedimento autorizzativo espresso. Il terzo potrà proporre ricorso giurisdizionale innanzi al g.a. in sede di giurisdizione esclusiva, nell ordinario termine di decadenza di 60 giorni decorrenti dalla comunicazione del perfezionamento della denuncia o dell avvenuta conoscenza del consenso all intervento avverso tale provvedimento seppure tacito. Più difficile è l individuazione degli strumenti processuali a disposizione del terzo che si ritenga leso dall attività esercitata sulla base di una mera d.i.a. per i sostenitori della tesi opposta. Alcuni ritengono che il terzo possa agire con lo strumento del silenzio-rifiuto. Secondo questa impostazione, il terzo, decorso il termine per l esercizio del potere inibitorio senza che la P.A. sia intervenuta, sarebbe legittimato a richiedere all Amministrazione di porre in essere i provvedimenti di autotutela previsti, attivando in caso di inerzia il rimedio di cui all art. 21 bis legge n. 1034/1971. Questa soluzione finisce per compromettere notevolmente la possibilità di tutela del terzo che avrebbe l onere, prima di agire in giudizio, di presentare apposita istanza alla P.A. diretta a sollecitare non il potere inibitorio di natura vincolata (che si estingue decorso il termine perentorio di 30 gg), ma il c.d. potere di autotutela evocato tramite il richiamo agli artt. 21 quinquies e 21 nonies, potere ampiamente discrezionale. Nell eventuale giudizio avverso il silenzio-rifiuto, quindi, il g.a. non potrebbe che limitarsi a una mera declaratoria dell obbligo di provvedere, senza poter predeterminare il contenuto del provvedimento da adottare e tutto ciò renderebbe ancor più lunga e faticosa la tutela del terzo. Per altra impostazione, di recente divenuta dominante, il terzo può esperire l azione di accertamento autonomo innanzi al giudice amministrativo per sentire pronunciare che non sussistevano i presupposti per svolgere l attività sulla base di una semplice denuncia di inizio di attività. Emanata la sentenza di accertamento, graverà sull Amministrazione l obbligo di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dal privato, sulla base dei presupposti che il giudice ha ritenuto mancanti. 87
7 La sentenza che accerta l inesistenza dei presupposti della d.i.a. ha effetti conformativi nei confronti dell Amministrazione, in quanto le impone di porre rimedio alla situazione nel frattempo venutasi a creare sulla base della d.i.a., in particolare imponendo di ordinare l interruzione dell attività e l eventuale riduzione in pristino di quanto nel frattempo realizzato. Tale potere, in quanto volto a dare esecuzione al comando implicitamente contenuto nella sentenza di accertamento, per l orientamento giurisprudenziale più recente va esercitato a prescindere sia dalla scadenza del termine perentorio previsto dall art. 19 legge n. 241/1990 per l adozione dei provvedimenti inibitori-repressivi, sia dalla sussistenza dei presupposti dell autotutela decisoria richiamati sempre dall art. 19. Non si tratterebbe, infatti, né di un potere di autotutela propriamente inteso, né del potere inibitorio tipizzato dall art. 19 legge n. 241/1990 (per il quale è previsto il termine perentorio). Si tratterebbe, al contrario, di un potere che trova il suo fondamento nell effetto conformativo del giudicato amministrativo, da cui discende, appunto, il dovere per l Amministrazione di determinarsi tenendo conto delle prescrizioni impartite dal giudice nella motivazione della sentenza. LA NATURA GIURIDICA DELLA D.I.A. Primo orientamento Consiglio di Stato, Sez. IV, 25 novembre 2008, n «La d.i.a è un istituto del tutto peculiare comunque assimilabile a una istanza autorizzatoria, che, con il decorso del termine di legge, provoca la formazione di un "titolo", che rende lecito l esercizio dell attività e cioè di un provvedimento tacito di accoglimento di una siffatta istanza». Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2007, n «La d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell attività, come da molti sostenuto, ma rappresenta una semplificazione procedimentale, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso di un termine (30 giorni) dalla presentazione della denuncia; la liberalizzazione di determinate attività economiche è cosa diversa e presuppone che non sia necessaria la formazione di un titolo abilitativo. Nel caso della d.i.a., con il decorso del termine si forma una autorizzazione implicita di natura provvedimentale, che può essere contestata dal terzo entro l ordinario termine di decadenza di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a. o dall avvenuta conoscenza del consenso (implicito) all intervento oggetto di d.i.a. Il ricorso avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di d.i.a. ha, quindi, a oggetto non il mancato esercizio dei poteri sanzionatori o di autotutela dell amministrazione, ma direttamente l assentibilità, o meno, dell intervento». Secondo orientamento Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2009, n. 717 «Con la d.i.a al principio autoritativo si sostituisce il principio dell autoresponsabiltà dell amministrato che è legittimato ad agire in via autonoma valutando l esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore. La d.i.a., in definitiva, è un atto di un soggetto privato e non di una Pubblica amministrazione, che ne è invece destinataria, e non costituisce, pertanto, esplicazione di una potestà pubblicistica». LA TUTELA DEL TERZO Consiglio di Stato 15 aprile 2010, n «L azione a tutela del terzo che si ritenga leso dall attività svolta sulla base della d.i.a. è l azione di accertamento dell inesistenza dei presupposti della d.i.a. Tale azione (che sebbene non espressamente prevista trova il suo fondamento nel principio dell effettività della tutela giurisdizionale sancito dall art. 24 Cost.) va proposta nei confronti del soggetto pubblico che ha il compito di vigilare sulla d.i.a. (verso il quale si produrranno poi 88
8 le gli effetti conformativi derivanti dall eventuale sentenza di accoglimento), in contraddittorio con il denunciante, che assume la veste di soggetto controinteressato (perché l eventuale accoglimento della domanda di accertamento andrebbe a incidere negativamente sulla sua sfera giuridica). La sentenza che accerta l inesistenza dei presupposti della d.i.a. ha effetti conformativi nei confronti dell Amministrazione, in quanto le impone di porre rimedio alla situazione nel frattempo venutasi a creare sulla base della d.i.a., segnatamente di ordinare l interruzione dell attività e l eventuale riduzione in pristino di quanto nel frattempo realizzato». OBBLIGHI IN CAPO ALL AMMINISTRAZIONE DI FRONTE ALL ATTIVITÀ INTRAPRESA SULLA BASE DELLA D.I.A. Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 maggio 2010, n «La d.i.a. quale modalità di semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo implicito deve ritenersi un procedimento a istanza di parte, basato su una autocertificazione del privato stesso, in merito alla quale la Pubblica amministrazione effettua un attività di controllo sia in ordine alla pertinenza e completezza della documentazione, sia, per quanto riguarda più specificamente le attestazioni di professionisti abilitati, in ordine all effettiva sussistenza delle condizioni stabilite per l esercizio di siffatta facoltà di denuncia. A fronte della presentazione della d.i.a., pertanto, incombe sull amministrazione comunale l obbligo di procedere alla verifica, in capo al dichiarante, dei requisiti richiesti dalla legge per la realizzazione dell intervento». la dottrina u Per approfondimenti dottrinali Garofali-Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2009; Lupo, Nota a Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 Febbraio 2009, n. 717, «Denuncia di inizio di attività e tutela giurisdizionale delle posizioni di controinteresse: il Consiglio di Stato ammette l esperibilità dell azione di accertamento (atipica)», Foro amministrativo CDS, 2009, 6, 1567; Scotti, Nota a Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2009, n. 717, «Denuncia di inizio di attività e processo amministrativo: verso nuovi modelli di tutela?», in Foro amministrativo CDS, 2009, 2, 488. le CONCLUSIONI In conclusione, a oggi, sono molteplici le attività economiche che possono essere intraprese dai privati sulla base di una mera dichiarazione di inizio attività, senza dover attendere un provvedimento autorizzativo da parte dell amministrazione, con innegabili vantaggi sul piano della liberalizzazione e della semplificazione procedurale. In questo contesto diventa sempre più importante fare chiarezza in ordine alla natura giuridica della d.i.a, in quanto la questione si ripercuote sulla posizione dei terzi che si ritengano lesi dalle attività intraprese. Solo inquadrando la d.i.a. come un atto abilitativo tacito sarà possibile una sua impugnabilità immediata dinnanzi al g.a. Al contrario, per l impostazione prevalente, essendo la d.i.a. un atto del privato, il terzo che si assuma leso dovrà intraprendere un azione di accertamento del suo diritto e dell insussistenza dei presupposti previsti dalla legge per il legittimo esercizio dell attività. Una volta emessa la sentenza di accertamento, l amministrazione dovrà ordinare la rimozione degli effetti della condotta del privato. 89
9 la PRATICA u La liberalizzazione della manutenzione straordinaria Con la legge n. 73 del 22 maggio 2010 di conversione del D.L. n. 40/2010 è stata ampliata la categoria degli interventi soggetti ad attività di edilizia libera. Tra questi la più rilevante è la manutenzione straordinaria (per la quale fino ad oggi era necessaria la d.i.a), ivi compresa l apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che gli interventi non riguardino parti strutturali dell edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento degli standard urbanistici. Prima dell inizio dei lavori è comunque obbligatorio per tale intervento comunicare all amministrazione comunale il nominativo dell impresa a cui affidare i lavori oltre a disporre delle ulteriori eventuali autorizzazioni. Unitamente alla comunicazione di inizio lavori è obbligatorio anche trasmettere all amministrazione comunale una relazione tecnica a firma di un tecnico abilitato il quale dichiari di non avere rapporti di dipendenza né con l impresa né con il committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio del titolo abilitativo. Da ultimo, il provvedimento dispone che le Regioni a statuto ordinario possono: estendere la disciplina anche a interventi edilizi ulteriori a quelli previsti; individuare ulteriori interventi edilizi per i quali sia obbligatoria la trasmissione della relazione tecnica; stabilire ulteriori contenuti per la relazione tecnica. Il caso concreto Un privato cittadino realizzava un intervento costruttivo (una tettoia in legno) sulla base di una d.i.a. L amministrazione comunale adottava provvedimenti di sospensione dei lavori e di demolizione del manufatto dopo il decorso del termine di trenta giorni normativamente previsto per il consolidamento del titolo, senza previo ricorso di adempimenti di autotutela. Il Consiglio di Stato, nel caso in esame, statuisce che il sistema normativo correla al decorso del termine di 30 giorni la "sussistenza del titolo" abilitativo sulla base del disposto dell art. 23, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001, secondo cui "la sussistenza del titolo" è provata con la copia della denuncia da cui risultino la data di ricevimento della denuncia stessa (e gli altri elementi richiesti) e del successivo comma 6, che ancora l ordine di non effettuare il previsto intervento al riscontro dell assenza di una o più condizioni stabilite entro il termine di trenta giorni (di cui al comma 1). Entro tale termine vanno altresì adottati alla stregua della normativa generale di cui all art. 19, terzo comma, della legge n. 241/1990 «motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell attività e di rimozione dei suoi effetti", fermo restando "il potere dell amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela». Dal sistema normativo discende quindi, a parere del Consiglio di Stato in questo caso, che il decorso dell indicato termine, in assenza dell emanazione dell ordine di non effettuare l intervento, comporta la formazione di un titolo abilitativo tacito e che la rimozione degli effetti che da tale titolo derivano richiede la previa caducazione del titolo stesso mediante gli strumenti di autotutela. Né può aversi esercizio del potere di vigilanza ex art. 27 T.U. n. 380/2001 in presenza di un titolo che, fino alla sua eventuale eliminazione dalla realtà giuridica, è assistito da una presunzione di legittimità. Sulla base di questa premessa, il Consiglio di Stato giunge alla conclusione che è stata posta in essere una lecita attività edilizia e che vadano annullati i provvedimenti comunali di sospensione dei lavori e di demolizione del manufatto. (Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 dicembre 2009, n. 7730) 90
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