Novembre di Giovanni Pascoli tradotta da R. Gaudioso

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1 Novembre di Giovanni Pascoli tradotta da R. Gaudioso 1. Premessa. In questo studio il traduttore si presenta nei panni assai sinistri del traditore. La lingua d arrivo non è la sua linguamadre, la studia da meno di due anni; questo moltiplica la possibilità di cadere dal limite sul quale siamo costretti. Non si tratta di uno studio sistematico su Pascoli, e questa è la mia prima traduzione. La scelta del testo è avvenuta in modo casuale durante una lezione di tedesco della professoressa Martina Lux, si parlava di autunno. Ricordavo a memoria il testo e decisi di tradurlo con l incoscienza di chi attraversa un corpo sconosciuto. Tuttavia già alla prima lettura mi accorsi che il compito non sarebbe stato facile. 2. Pascoli. Giovanni Pascoli (S. Mauro di Romagna 1855 Bologna 1912) pubblica per la prima volta Novembre nel 1890 sulla rivista Vita Nuova, poi confluita in Myricae, prima raccolta pascoliana del Dal 1867 al 1871 molti lutti funestano la vita del giovane Pascoli: 1867 assassinato il padre; 1868 muore la sorella maggiore e poi la madre; 1871 il fratello. Questi eventi traumatici porteranno il poeta a rifugiarsi nel nido, cioè nella famiglia ricongiunta, composta da lui e dalle due sorelle. L unione dà l illusone di ricostruire una famiglia e un infanzia così funestata. Nel 1879 viene arrestato per tre mesi per aver preso parte ad una manifestazione anarchica. In seguito si laurea in letteratura greca, otterrà poi la cattedra di greco e latino presso il liceo di Matera. Il suo rapporto col mondo classico è molto forte, riscontrabile nelle sue liriche, prova ne sono le diverse vittorie al concorso internazionale di poesia latina di Amsterdam. A detta degli esperti il latino pascoliano è particolarmente vivo, non si limita a ricalcare forme già usate e a farne una miscellanea, ma è capace d innovare il verso latino e di piegarlo alle proprie esigenze espressive. Poetica pascoliana. Pascoli ordina i suoi materiali secondo un criterio tematico e non cronologico; ciò gli permette di costruire nel tempo la propria raccolta, che si arricchisce durante l arco dell intera vita, così come fanno pochi altri autori, ricordiamo ad esempio Petrarca e Leopardi. L accostamento non è casuale, Pascoli, come loro, ha contribuito ad arricchire in modo significativo il linguaggio poetico italiano. Pascoli studia a lungo i Canti di Giacomo Leopardi, colpito dagli elementi naturalistici e stilistici, ma, progressivamente, se ne discosta. Apre subito le possibilità poetiche ad un linguaggio tecnico e specifico, contrario alla poetica del vago e all uso di un lessico poetico leopardiano. Si è parlato di democrazia lessicale, in realtà è funzionale alla sua, potremmo dire, poetica dell involuzione. Il linguaggio tecnico pascoliano non è il linguaggio di un poeta-studioso che estende il proprio campo d indagine anche in un ambito non esattamente proprio, come la scienza o la tecnologia, ma di un bambino che dà nome al suo mondo, che ha bisogno di definirlo, non tentando più una romantica titanica e rovinosa fusione, né un rapporto dialettico, ma definirlo per nominare il non-io ed intrattenere con quello un rapporto dialogico. Da un lato, quindi, si estende il lessico poetico, dall altro si priva il componimento di quei grandi momenti lirici che potremmo definire aree di puro canto. Il canto si muove in uno spazio più ristretto, al riguardo si è parlato di poetica delle piccole cose; è un canto già frammentario, perché il poeta è sempre in ascolto, teso a raccogliere simboli. Per Pascoli il poeta è un fanciullino che si meraviglia, in realtà la sua idea non presenta una grossa novità, però ci sorprende perché mostra con quanta forza Pascoli coinvolge tutto nella sua emotività, sia la poesia che la prosa sono coinvolte da questa poetica dell involuzione. Parlando d involuzione dobbiamo sforzarci di non farci prendere da manie positivistiche; involuzione non è un termine negativo, sottolinea solo la forza, perché si tratta comunque di movimento, con la quale 1

2 il poeta raccoglie tutto intorno a se e in modo più radicale lo fa per sé, quindi interpreta scorgendo i simboli; è un operazione simbolista. Da qui nasce la forza del canto pascoliano che è continua sperimentazione stilistica e formale volta ad enunciare meglio il simbolo percepito. Il linguaggio di Pascoli è particolare e molto ricco, perché allo stesso tempo grammaticale, postgrammaticale e pregrammaticale. Per il linguaggio postgrammaticale Pascoli si inscrive nel gusto della poetica del suo tempo, con l uso di lingue speciali, nominali, poetica delle cose. Per quanto riguarda il linguaggio pregrammaticale Pascoli è l unico, almeno nell orizzonte italiano, a maturare un linguaggio fonosimbolico così compiuto; per averne un proficuo e chiaro esempio si legga L assiuolo. 3. Novembre. 3.1 Un breve confronto. Gli studi leopardiani del Pascoli sono presenti in modo immanente in Novembre; la rottura, qui, è già grande, ma non ancora radicale. L infinito Sempre caro mi fu quest ermo colle e questa siepe che da tanta parte dell ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l eterno, e le morte stagioni e la presente e viva, e il suon di lei: Così tra questa immensità s annega il pensier mio: e il naufragar m è dolce in questo mare. (G. Leopardi, 1819) Novembre Gemmea l'aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore... Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al più sonante sembra il terreno. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, 2

3 odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. E' l'estate, fredda, dei morti. Prima di tutto ci viene in mente che da tanta parte/dell ultimo orizzonte il guardo esclude e quindi l idillio leopardiano non è certo, almeno ad un piano immediato, giocato sulle sensazioni visive. Nella poesia pascoliana, invece, la percezione visiva occupa quasi tutto il componimento. L infinito suggerisce una presenza seduta che nel pensiero suo si finge, mentre la presenza suggerita da Novembre è mobile, arriva sotto ad un albero ed alza la testa e vede che nere trame segnano il sereno, poi cammina e il piede è sonante, la terra risuona e sembra cava. Il piacevole perdersi di Leopardi io nel pensier mi fingo; ove per poco/il cor non si spaura; lascia il posto ad una dolorosa illusione, la giornata limpida mi spinge a ricercare albicocchi in fiore e del prunalbo l odorino amaro/ senti nel cuore La terza strofa di Pascoli si apre al vago, gli spazi improvvisamente si allargano Silenzio, intorno[ ] odi lontano e si ode, non c è bisogno di occhi per percepire in lontananza il cader. Tuttavia mentre L infinito si chiude in un dolce e terribile vago, in Novembre, Pascoli deve dare un nome alle sensazioni raccolte, ai simboli percepiti È l estate,/fredda, dei morti. 3.2 Traduzione Novembre November Gemmea l'aria, il sole è così chiaro Knospet das Luftlicht, die Sonne ist so hell, che tu ricerchi gli albicocchi in fiore dass du Blütenknospen der Aprikosen suchst e del prunalbo l'odorino amaro und von dem Weißdorn das bittere Düftchen senti nel cuore... im Herzen fühlst... Ma secco è il pruno, e le stecchite piante Aber der Dornbusch ist dürr; verdorrte Pflanzen di nere trame segnano il sereno zeichnen mit dunklen Machenschaften die Stille, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante und der Himmel ist leer, und klingendem Fuße 3

4 sembra il terreno. klingt Erde wie hohl. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, Die Ruhe, herum: nur, durch die Windstöße, odi lontano, da giardini ed orti, du hörst fern, aus den Feldern und den Gärten, di foglie un cader fragile. È l estate, den schwachen Ausfall der Blätter. Der Toten fredda, dei morti. Sommer ist eiskühl. Novembre consta di tre strofe saffiche con rima alternata. La strofa saffica sia nella tradizione tedesca che in quella italiana viene tradotta con tre endecasillabi e un quinario. Grosso modo sono riuscito a mantenere la struttura, ad eccezione del secondo e ultimo verso della prima strofa, dove ho tenuto un dodecasillabo in luogo dell endecasillabo e ho ridotto, per ragioni di suono, il quinario a quattro sillabe; nella seconda strofa ho tradotto tutti gli endecasillabi in dodecasillabi, non riuscendo a mantenere i primi ho deciso di portare tutto a dodici sillabe per dare comunque un metro stabile e regolare. Non sono riuscito a mantenere la rima, né mi è stato possibile richiamare i suoni pascoliani con le medesime associazioni, ma ho cercato di rendere armonico il testo d arrivo arricchendolo sia di nuovi suoni con diverse associazioni, sia scegliendo una ridotta varietà di suoni a fine verso, in modo da far rincorrere tali suoni, in modo spurio ed irregolare, per tutto il componimento. Appena si guarda il testo pascoliano ci si imbatte in un tranello: Gemmea l aria. Gemmea non è solo aggettivo che connota la limpidezza dell aria, ma è anche gemmare, verbo. Gemmare è nascere, Pascoli ci sta dicendo che le impressioni raccolte avvengono prima che il sole inizi il suo declino. Non a caso dico impressioni raccolte, il modo di percepire è impressionistico perché il fanciullo procede per impressioni. La limpidezza dell aria promette al fanciullino fiori per i suoi occhi e per il suo naso (una promessa che non viene mantenuta); quindi l aria gemma. In tedesco si usano due parole completamente diverse per la gemma minerale e la gemma riferita al campo botanico, ho deciso così di tradurre Knospet das Luftlicht, il verbo gemmare in luogo dell aggettivo e mi sono servito di un neologismo per richiamare la luce e la limpidezza dell aria; così: gemma la luce dell aria. Difficoltà mi ha dato il verbo segnano della seconda strofa. In un primo momento avevo tradotto con nennen, cioè nominare, chiamare. Mi sono accorto, però, che così facendo riscrivevo Pascoli; da una parte il termine mi apparteneva troppo, e anche se è vero che il fanciullo nomina come un novello Adamo, è vero anche, d altra parte, che il nominare pascoliano è sempre in azione, mai descrittivo. Il nominare fa parte della poetica delle piccole cose, che il lettore percepisce come oggetti comuni ed ora poetici, senza però essere appesantito dalla ricerca poetica e linguistica del poeta. 4

5 In seguito ho tradotto il termine con durchziehen che rendeva bene l idea della presenza che sotto all albero alza la testa e vede il cielo solcato da nere trame. Tuttavia avendo tradotto sereno con Stille ho preferito rendere più forti le sfumature simboliche e tradurre con zeichnen, questo significa dare una parte più attiva alla natura che si mostra ad un occhio attento e libero come quello del fanciullo; inoltre zeichnen mi ha permesso di rispettare il dodecasillabo. Prima di tale scelta, avevo pensato di tradurre il sereno/ e vuoto il cielo con Himmels den Hohlraum und die Stille, mi piaceva lo spazio vuoto, inoltre Hohlraum mi avrebbe permesso di richiamare hohl a fine strofa e mettere in relazione terra e cielo. Per ragioni di metrica e di ritmo ho abbandonato tale termine, confortato che neanche Pascoli crea tale associazione, anzi, forse li allontana, così come separa le sensazioni; percepisco il vuoto del cielo con la vista, il vuoto della terra con l udito. Pascoli procede condensando le sue percezioni, le sensazioni, quasi in un climax. Nella prima strofa le sensazioni sono tutte visive, ma nell ultimo endecasillabo si parla di olfatto. La seconda procede allo stesso modo, solo che lo spazio per una nuova sensazione (uditiva) risulta ridotto. La terza strofa privilegia sensazioni uditive e solo l ultimo quinario è lasciato al tatto. Altro punto complesso era rendere piè, forma apocopata di piede: l accento rende il ritmo leggermente diverso rispetto a tutti gli altri versi. Ho deciso di esaltare questo particolare, rendendo il suono ripetuto klingendem Fuße/klingt, accentuando sia il piede che batte sulla terra sia legando il mio lessico in modo più forte a sensazioni uditive. Ho detto che molto importante è il primo verso dell ultima strofa, perchè apre gli spazi, e ho cercato di aumentare lo spazio del silenzio attraverso una cassa di risonanza di suoni Die Ruhe, herum: nur, durch die... Ho tradito Pascoli traducendo orti con campi, a Gemüsegärten ho preferito Feldern, perché la ripetizione di Gärten darebbe uno strano effetto in quella strofa, di nuovo di chiusura; mentre nell ultima strofa pascoliana è aperta alle sensazioni uditive da lontano, l io-lirico si disperde in queste sensazioni in modo orizzontale in tutta la campagna, per ritornare sulla sua pelle solo nell ultimo verso; fredda forse un brivido e definisce le sensazioni raccolte. La rima orti/morti l ho resa con Gärten/Toten. Ausfall l ho scelto per le sue sfumature, è meno neutro di Fall, volevo sottolineare la perdita delle foglie e la voce dei perduti che si sentono in lontananza - infatti, Pascoli subito ci dice che si tratta dell estate dei morti. Il poeta lega attraverso assonanza foglie a fragile, che non ho reso, e attraverso sinestesia fragile a è l estate, quindi l uno all altro verso. Ho solo potuto iniziare con un genitivo, in modo da riprendere il suono der e creare qualche assonanza tra Blätter e Sommer. Ho tradotto, inoltre, fredda con gelida, servendomi di un neologismo, eiskühl, per motivi metrici e di ritmo e per richiamare in qualche modo, anche se assai spurio, col suono, le ultime parole di ogni strofa fühlst hohl eiskühl. Roberto Gaudioso 5

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