A.E. Salvi 1, G.P. Metelli 1, 2,R.Ascari 3,R.De Vitis 4,A.Chessa 5,M.Corona 5 Second look artroscopico post-mosaicoplastica

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1 Artroscopia / VOL VI, N 1, 33-40, 2005 CASO CLINICO A.E. Salvi 1, G.P. Metelli 1, 2,R.Ascari 3,R.De Vitis 4,A.Chessa 5,M.Corona 5 Second look artroscopico post-mosaicoplastica 1 A.O. Mellino Mellini, P.O. di Iseo (Brescia), Divisione di Ortopedia e Traumatologia 2 Medico Sportivo Ortopedico AlbinoLeffe Calcio 3 A.O. Villa Scassi, Ospedale Civile di Genova Sampierdarena, Divisione di Ortopedia e Traumatologia 4 Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Istituto di Clinica Ortopedica 5 A.O. San Paolo di Milano, Polo Universitario degli Studi di Milano, Dipartimento di Chirurgia e Specialità Chirurgiche, Divisione di Ortopedia e Traumatologia Title: Arthroscopic second look after mosaicplasty Key words: Knee, mosaicplasty, OATS, osteochondritis dissecans, OCD Parole chiave: Ginocchio, mosaicoplastica, OATS, osteocondrite dissecante, OCD Riassunto La mosaicoplastica è una tecnica molto utile nella ricostruzione di aree cartilaginee danneggiate, ottenendo ottimi risultati nel prevenirne l evoluzione artrosica post-traumatica. A tale fine la tecnica deve essere ineccepibile, comprendendo un accurata valutazione del danno (localizzazione, estensione, profondità) ed un attenta procedura chirurgica. L articolo prende in esame un caso di importante lesione cartilaginea di ginocchio in un calciatore trattata con mosaicoplastica, descrivendo i momenti chirurgici principali della procedura e ri-valutando il risultato ottenuto con artroscopia dopo 4 mesi e con RMN dopo 7 anni. Summary Mosaicplasty is a very useful technique for reconstruction of injured cartilaginous areas, getting excellent outcomes in preventing their arthrosic evolution following traumatic event. In order to obtain good results, technique must be unexceptionable, including an accurate estimation of the injury (location, extent, depth) and a careful surgical procedure. The article examines an important cartilaginous lesion of a football player knee treated with mosaicplasty, describing the outstanding procedure surgical times and revaluing the obtained outcome using arthroscopy 4 months later and using MRI 7 years later. Introduzione Le lesioni cartilaginee possiedono una limitata possibilità riparativa che, se non favorita, può portare a distanza di tempo all instaurarsi di modificazioni in senso artrosico (1). Già nel 1743 Hunter indicò che la cartilagine, quando danneggiata, non subiva processi riparativi spontanei (2). Questa incapacità intrinseca di guarire da parte del tessuto cartilagineo in seguito a trauma è dovuta all assenza di una risposta infiammatoria, poichè mancano i normali processi di trasudazione, essudazione ed ematoma, necessari a trasportare in sede vasi sanguigni e cellule indifferenziate in grado di favorire il processo riparativo differenziandosi in fibroblasti o in condroblasti (3). Un altro fattore sfavorente la rigenerazione del tessuto cartilagineo è rappresentato dall età del condrocita, in quanto l invecchiamento ne diminuisce la capacità di sintesi molecolare e l attività mitotica, producendo proteine a ridotta funzione aggregante, con una complessi- 33

2 A.E. Salvi, G.P. Metelli, R. Ascari, R. De Vitis, A. Chessa, M. Corona Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 va diminuzione della sua abilità a mantenere ed a rigenerare la cartilagine (4). O Driscoll (5, 6) ha riassunto quattro opzioni per il trattamento di un insulto cartilagineo: la sua rigenerazione, la sua sostituzione, il suo restauro e la sua resezione. Al fine di prevenire l evoluzione artrosica del difetto cartilagineo si dispone perciò di diverse metodiche: il lavaggio con debridement artroscopico, la condroplastica per abrasione, la tecnica delle microfratture, l impianto di condrociti autologhi (ACI) e la mosaicoplastica (OATS). La prima procedura (7) consiste in un lavaggio con soluzione salina per rimuovere frammenti ossei e cartilaginei galleggianti nel liquido sinoviale, spesso responsabili di dolore, ed in una pulizia (debridement) della sinovia eccedente e/o di lesioni meniscali, risolvendo la sintomatologia algica per un arco temporale circoscritto (8). Si ipotizza che questa tecnica funzioni attraverso la degradazione degli enzimi che favoriscono il processo sinovitico ed anche l ulteriore sfacelo cartilagineo (9). La condroplastica per abrasione e la tecnica delle microfratture (10, 11) si propongono di promuovere una reazione fibrocartilaginea cicatriziale con l obiettivo di colmare la zona danneggiata, stimolandone allo scopo l osso subcondrale, nel primo caso mediante abrasioni superficiali della superficie ossea scoperta dal danno cartilagineo, nel secondo caso attraverso la creazione di perforazioni multiple ben distanziate da effettuarsi con un punteruolo (o con un filo di Kirschner), sfruttando perciò il potenziale riparativo del midollo osseo. Inoltre questo trattamento rende ruvida la superficie lesionata in modo da favorire l adesione da parte del coagulo (12). La toppa riparativa così generata è tuttavia biomeccanicamente inferiore al tessuto precedente e non in grado di resistere per lungo tempo a carichi ciclici e a forze di taglio (13), limitandosi semplicemente a colmare la lacuna cartilaginea e a ritardare lo sviluppo del progressivo processo artrosico (14). L impianto di condrociti autologhi (ACI Autologous Chondrocyte Implantation) (15, 16) e la più moderna versione utilizzante membrane collageniche come impalcatura (MACI Matrix-induced Autologous Chondrocyte Implantation) (17) sono tecniche per la riparazione di difetti condrali ampi e a pieno spessore. Esse consistono nel prelievo di cellule cartilaginee da zone non sottoposte a carico, da inviare in laboratorio per essere isolate dal contesto della matrice e per essere sottoposte ad un procedimento di moltiplicazione, a seguito del quale vengono posizionate su un duplice strato di collagene (18) a sua volta impiantato nella zona danneggiata con colla di fibrina (questi ultimi due passaggi sono appannaggio della MACI). La mosaicoplastica (definita anche con l acronimo OATS - Osteochondral Autograft Transfer System) consiste nell impianto di innesti autologhi prelevati da aree articolari a basso/nullo carico e posizionati nella zona cartilaginea danneggiata secondo una disposizione a mosaico. Diversamente dall ACI e dalla MACI, la superficie lesionata da coprire non dovrebbe superare una certa estensione, stabilita in non oltre 5 centimetri quadrati (19), ovvero un area in grado di contenere non più di 4-6 innesti osteocondrali. Inoltre la profondità della lesione non dovrebbe essere superiore ad 1 centimetro, poiché è necessaria la presenza di osso subcondrale affinché gli innesti attecchiscano (20, 21). Nonostante i limiti sopradescritti, la qualità del tessuto di riparazione è buona, trattandosi di una mescolanza di cartilagine ialina (70%) e di fibrocartilagine (30%) (22). L articolo descrive la tecnica chirurgica della mosaicoplastica di ginocchio eseguita su un calciatore, riportando i passaggi principali dell intervento ed i risultati ottenuti al second look artroscopico dopo 4 mesi, ed al controllo con RMN dopo 7 anni. Ad ogni immagine artroscopica è stata affiancata la corrispondente immagine negativa ed in b/n con funzione descrittiva, indicante i reperti intraarticolari. L immagine negativa in b/n permette inoltre di distinguere immediatamente le aree in cui la cartilagine è valida da quelle in cui risulta danneggiata. 34

3 Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 Second look artroscopico post-mosaicoplastica Materiali e metodi È stato esaminato il caso di un calciatore che 7 anni fa, all età di 23 anni, durante una partita di campionato di calcio, subì un importante trauma al ginocchio sinistro. A causa dell intenso dolore, oltre all esame rx-grafico standard, venne sottoposto a indagine TAC in sezioni traversali il cui referto descrisse un quadro di osteocondrite dissecante del condilo femorale interno in sede centrale e presenza di un estesa nicchia erosiva della cartilagine di riferimento con segni di sofferenza micro-cistica dell osso subcondrale. Sottoposto ad indagine artroscopica, si repertava un difetto fratturativo osteocondrale nel condilo femorale mediale inquadrabile in un 3 grado secondo la classificazione di Outerbridge [frammentazione e fissurazione della superficie cartilaginea estesa in profondità oltre il mezzo pollice di spessore (>1,2 cm) e con presenza di frammenti cartilaginei intraarticolari], ed in un 3 grado D secondo la classificazione I.C.R.S. International Cartilage Repair Society (lesione estesa in profondità oltre il 50% della superficie cartilaginea con presenza di inclusi cistici). La lesione era inoltre valutabile in un 4 grado secondo la classificazione I.C.R.S. per le osteocondriti dissecanti (presenza di frammenti cartilaginei dislocati a livello intraarticolare). Le dimensioni contenute dell area lesionale, la presenza di osso subcondrale e la giovane età del paziente suggerivano la scelta di una mosaicoplastica. Tecnica chirurgica La mobilità in flessione del ginocchio è una condizione indispensabile per raggiungere le zone donatrici dei trapianti osteocartilaginei e quelle di destinazione, in quanto sia il prelievo sia il trapianto devono essere effettuati perpendicolarmente alla superficie interessata. Quest ultima caratteristica garantisce che durante la fase di prelievo il rivestimento cartilagineo dell innesto abbia un altezza uniforme piuttosto che obliqua e che durante la fase di trapianto lo stesso non sia innestato diagonalmente e quindi sottoposto a forze di taglio dannose. Con un ago si valutano perciò artroscopicamente, non solo la profondità e l estensione della lesione, ma anche la possibilità di un corretto inserimento perpendicolare dell innesto (Fig. 1), e quindi i portali più adatti per l intervento. Al fine di preparare correttamente la sede di impianto, è necessario utilizzare una fresa (abrader) per rimuovere la cartilagine degenerata residua e l eventuale tessuto cicatriziale, poiché impediscono la guarigione della cartilagine stessa (23) e perché è necessario scoprire l osso subcondrale sottostante e provocarne il sanguinamento al fine di generare tessuto fibrocartilagineo che sarà destinato a riempire gli spazi tra gli innesti osteocondrali. Una volta preparata adeguatamente la sede di impianto, si deve stabilire il numero degli innesti necessari a colmare il difetto cartilagineo ed il loro diametro. In questa fase dell intervento si esegue perciò la cosiddetta mappatura, ovvero il calcolo del diverso alesaggio di ogni innesto per coprire completamente la lesione, utilizzando allo scopo un strumentario provvisto di ceselli tubolari, ciascuno a differente diametro, creando apposite impronte a stampo circolare sull osso subcondrale (Fig. 2). Calcolate le grandezze più adatte per gli impianti osteocondrali, gli stessi devono essere prelevati da sedi viciniore sottoposte a carico ridotto o nullo. La sede prescelta è stata la superficie interna della troclea femorale, anche in considerazione dell ottima qualità della cartilagine ivi presente. Il prelievo degli innesti dovrebbe essere eseguito manualmente piuttosto che a motore, per evitare di danneggiarli (24), servendosi di un martello ed evitando di ruotare il cesello di prelievo durante la sua infissione. È inoltre preferibile che il movimento dello strumento durante l asportazione dell innesto sia di tipo rotatorio anziché di leva, per favorire un buona stabilità a press fit nella sede di inserimento (25). La lunghezza degli innesti dovrebbe essere pari ad almeno 15 mm, in quanto misure inferiori tendono a causare il fallimento già a bassi carichi. 35

4 A.E. Salvi, G.P. Metelli, R. Ascari, R. De Vitis, A. Chessa, M. Corona Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 Figura 1 - L indagine artroscopica illustra l entità del difetto osteocondrale. Sono presenti inoltre distacchi cartilaginei (freccia), spesso responsabili di blocchi articolari. Con l ausilio di un ago si valutano la profondità e l estensione del difetto osteocondrale e la scelta del portale più idoneo per il posizionamento perpendicolare degli innesti (MM = menisco mediale) Figura 2 - L area lesionata è stata sottoposta a fresatura con abrader. La mappatura viene eseguita con appositi ceselli di diametro graduato per stabilire con esattezza le dimensioni ed il numero degli innesti (graft) necessari a ricoprire l area di lesione. Si notano le impronte circolari dei ceselli mappatori 36

5 Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 Second look artroscopico post-mosaicoplastica Ottenuti gli innesti (che in questo caso sono complessivamente tre), si devono creare i canali per introdurli nella zona di lesione precedentemente sottoposta a fresatura. Questa operazione, da eseguire manualmente per evitare possibili necrosi termiche, si svolge con l apparecchio tubolare fenestrato già utilizzato per la mappatura, nel quale è ora introdotto un perforatore graduato per consentire la misurazione della profondità della sua infissione, che è pari all altezza del trapianto osteocondrale da inserire. Eseguito questo passaggio viene introdotto un dispositivo dilatatore per levigare e rendere compatta la spongiosa del canale di introduzione onde evitare che questo possa rigonfiarsi o riempirsi di detriti ossei e quindi ostacolare l inserimento del trapianto. Al termine di questa procedura viene allocato l innesto osteocondrale con l apposito dispositivo (Fig. 3). I passaggi sopraelencati vengono ripetuti per ogni trapianto. Al termine dell intero procedimento si ottiene una superficie coperta dai tre innesti, in cui gli spazi presenti tra gli stessi saranno in seguito riempiti da tessuto fibrocartilagineo (26) (Fig. 4). Nel postoperatorio è stata prescritta una mobilizzazione passiva continua con apposito macchinario (Kinetec) ed un periodo di scarico assoluto pari a 6 settimane per favorire la completa guarigione della spongiosa ossea in modo da impedire un arretramento degli innesti (27). Il controllo artroscopico eseguito a quattro mesi dall intervento ha evidenziato l ottimo esito dell intervento dimostrato dalla completa copertura dell area lesionata, con assenza di difetti di superficie (Fig. 5), valutata dall uncino palpatore. Un controllo RMN eseguito a 7 anni dall intervento descrive un assottigliamento focale della cartilagine di rivestimento con sofferenza edematosa e con aspetto cribrato micro-cistico dell osso subcondrale. Attualmente il paziente continua a praticare con pro- Figura 3 - Inserimento del primo innesto osteocondrale nel canale precedentemente creato. Il dispositivo (delivery tamp) deve essere posizionato perpendicolarmente alla superficie. L innesto viene inserito a press fit. Si nota un distacco cartilagineo (freccia) 37

6 A.E. Salvi, G.P. Metelli, R. Ascari, R. De Vitis, A. Chessa, M. Corona Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 Figura 4 - Inserito il terzo ed ultimo trapianto, la superficie lesionata risulta coperta quasi completamente. Gli spazi presenti tra gli innesti di cartilagine ialina (graft) verranno colmati nei mesi successivi da tessuto fibrocartilagineo (in bianco) Figura 5 - Second look eseguito a quattro mesi dall intervento. Si apprezza la completa incorporazione degli innesti con riempimento dei difetti presenti in fase di impianto. (MM = menisco mediale) 38

7 Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 Second look artroscopico post-mosaicoplastica fitto l attività calcistica, non accusando gonalgia né riduzione del range of movement (R.O.M.) articolare. Discussione e conclusioni Le indicazioni alla mosaicoplastica sono rappresentate dall osteocondrite dissecante, dalle lesioni post-traumatiche dell articolazione femoro-tibiale e dal maltracking femoropatellare accompagnato da episodi ricorrenti di lussazione rotulea (28). Il condilo mediale è la sede affetta in maggior percentuale da lesioni osteocondrali (29) e la loro insorgenza risulta favorita dal fatto che si tratta della zona anatomica sottoposta a maggior pressione dell intero ginocchio (30). Per l ottenimento di buoni risultati, i trapianti non devono essere sottoposti a dannose forze di taglio ed innestati in un osso subcondrale qualitativamente buono e perciò il ginocchio da operare necessita di una stabilità legamentosa assoluta e l età del paziente non dovrebbe superare i 45 anni (31). L assottigliamento cartilagineo dei trapianti, come dimostrato alla RMN, è dovuto alle differenti caratteristiche della cartilagine trasferita, precedentemente sottoposta ad un limitato carico ed ora assoggettata ad un sovraccarico meccanico nella nuova sede. La completa scomparsa del quadro algico denota la ricostituzione dell unità osteo-cartilaginea danneggiata ad opera degli innesti osteo-condrali. Infatti il dolore del paziente è dovuto alla stimolazione delle fibre nervose nel contesto dell osso subcondrale, causata dalla compromissione delle capacità di trasmissione del carico e di assorbimento delle forze gravanti sul condilo (32). I risultati ottenuti con la mosaicoplastica nelle lesioni osteocondrali del ginocchio sono incoraggianti, permettendo in un elevata percentuale di casi un completo ritorno all attività sportiva (33). Tuttavia per garantire la validità della procedura è necessario che la sua applicazione sia destinata a casi selezionati (giovane età, ridotta area di lesione, presenza di valido osso subcondrale) e che la tecnica chirurgica sia accurata (34). Bibliografia 1. Hunziker EB. Articular cartilage repair: basic science and clinical progress. A review of the current status and prospects. Osteoarthritis Cartilage 2002; 10: Hunter W. On the structure and diseases of articulating cartilage. Philos Trans R Soc Lond 1743; 42: Mankin HJ. The response of articular cartilage to mechanical injury. J Bone Joint Surg Am 1982; 64(3): Martin JA, Buckwalter JA. The role of chondrocyte senescence in the pathogenesis of osteoarthritis and in limiting cartilage repair. J Bone Joint Surg Am 2003; 85-A Suppl 2: O Driscoll SW The healing and regeneration of articular cartilage. J Bone Joint Surg Am 1998; 80 (12): Giannini S, Vannini F. Operative treatment of osteochondral lesions of the talar dome: current concepts review. Foot Ankle Int 2004; 25 (3): Moseley JB, Felson DT, Buckwalter J. Debridement and Lavage for Osteoarthritis of the Knee. New England Journal of Medicine 2002; 347 (2): Hubbard MJ. Articular debridement versus washout for degeneration of the medial femoral condyle. A five-year study. J Bone Joint Surg Br 1996; 78 (2): Gilbert JE. Current treatment options for the restoration of articular cartilage. Am J Knee Surg 1998; 11 (1): Pridie KH. A method of resurfacing osteoarthritic knee joint. J Bone Joint Surg (Br) 1959; 41: Steadman JR, Rodkey WG, Briggs KK. Microfracture to treat fullthickness chondral defects: surgical technique, rehabilitation, and outcomes. J Knee Surg 2002; 15 (3): Johnson LL. Arthroscopic abrasion arthroplasty historical and pathologic perspective: present status. Arthroscopy 1986; 2(1): Shapiro F, Koide S, Glimcher MJ. Cell origin and differentiation in the repair of full-thickness defects of articular cartilage. J Bone Joint Surg Am 1993; 75: Gualtieri G, Ferruzzi A, Calderoni P, Andreoli I, Gigolo B, Facchini A. Il trapianto di condrociti autologhi nel trattamento delle lesioni cartilaginee del ginocchio. G.I.O.T. 2001; 27: Erggelet C, Sittinger M, Lahm A. The arthroscopic implantation of autologous chondrocytes for the 39

8 A.E. Salvi, G.P. Metelli, R. Ascari, R. De Vitis, A. Chessa, M. Corona Artroscopia / VOL VI, N 1, 2005 treatment of full-thickness cartilage defects of the knee joint. Arthroscopy 2003; 19(1): Berruto M, Paresce E, Uderzo E, Murgo A, Odella S, Fantini F. Tissue engineered cartilage in the treatment of traumatic chondral defects of patella femoral joint. 5 th Symposium I.C.R.S. Gent, Belgium 2004 Abstract Poster n Ronga M, Grassi FA, Bulgheroni P. Arthroscopic autologous chondrocyte implantation for the treatment of a chondral defect in the tibial plateau of the knee. Arthroscopy 2004; 20 (1): Cherubino P, Grassi FA, Bulgheroni P, Ronga M. Autologous chondrocyte implantation using a bilayer collagen membrane: A preliminary report. Journal of Orthopaedic Surgery 2003; 11 (1): Solheim E. Mosaicplasty in articular cartilage injuries of the knee. Tidsskr Nor Laegeforen 1999; 119 (27): Cain EL, Clancy WG. Treatment algorithm for osteochondral injuries of the knee Clin Sports Med 2001; 20 (2): Gross AE, Aubin P, Cheah HK, Davis AM, Ghazavi MT. A fresh osteochondral allograft alternative J Arthroplasty 2002; 17 (4 Suppl 1): Hangody L, Fules P. Autologous osteochondral mosaicplasty for the treatment of full-thickness defects of weight-bearing joints: ten years of experimental and clinical experience. J Bone Joint Surg Am 2003; 85-A (Suppl 2): Takao M, Uchio Y, Kakimaru H, Kumahashi N, Ochi M. Arthroscopic drilling with debridement of remaining cartilage for osteochondral lesions of the talar dome in unstable ankles. Am J Sports Med 2004; 32 (2): Evans PJ, Miniaci A, Hurtig MB. Manual punch versus power harvesting of osteochondral grafts. Arthroscopy 2004; 20 (3): Duchow J, Hess T, Kohn D. Primary stability of press-fit-implanted osteochondral grafts. Influence of graft size, repeated insertion, and harvesting technique. Am J Sports Med 2000; 28 (1): Horas U, Pelinkovic D, Herr G, Aigner T, Schnettler R. Autologous chondrocyte implantation and osteochondral cylinder transplantation in cartilage repair of the knee joint. A prospective, comparative trial. J Bone Joint Surg Am 2003; 85-A (2): Robert H. Techniques for repair of chondral and osteochondral lesions in the knee. Principles of rehabilitation. Ann Readapt Med Phys 2002; 45 (2): Jakob RP, Franz T, Gautier E, Mainil-Varlet P. Autologous osteochondral grafting in the knee: indication, results, and reflections. Clin Orthop 2002; 401: Jaberi FM. Osteochondritis dissecans of the weight-bearing surface of the medial femoral condyle in adults. Knee 2002; 9 (3): Bruns J, Volkmer M, Luessenhop S. Pressure distribution in the knee joint. Influence of flexion with and without ligament dissection. Arch Orthop Trauma Surg 1994; 113 (4): Traub S Imhoff AB, Ottl G. Technique of the Osteochondral Autologous Transplantation (OATS) for the Repair of Chondral or Osteochondral Lesions Osteologie 2000; 1: Levy AS, Lohnes J, Sculley S, Le- Croy M, Garrett W. Chondral delamination of the knee in soccer players. Am J Sports Med 1996: 24 (5): Marcacci M, Kon E, Zaffagnini S, Visani A. Use of autologous grafts for reconstruction of osteochondral defects of the knee. Orthopedics 1999; 22 (6): Salvi AE, Metelli GP, Pazzaglia UE. Arthroscopic second look after mosaicplasty E.S.S.K.A. Congress Athens, Greece 2004 Abstract poster n

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