TRIBUNALE DI UDINE. Ufficio del giudice per le indagini preliminari DECRETO DI ARCHIVIAZIONE
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- Annunziata Massa
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1 TRIBUNALE DI UDINE Ufficio del giudice per le indagini preliminari DECRETO DI ARCHIVIAZIONE Il Giudice per le indagini preliminari, letti gli atti del fascicolo R.G.N.R. 1426/09 contro Englaro Beppino + 13 persone indagate per il reato di cui all art. 110, 112, 575, 577 c.p. esaminata l istanza di archiviazione depositata il 26 novembre 2009 Osserva Il presente procedimento riguarda la nota vicenda della sospensione del sostegno alimentare e dell idratazione con sondino naso gastrico di Eluana Englaro e del conseguente decesso della donna, avvenuto in Udine il 9 febbraio Eluana Englaro il 18 gennaio 1992 fu coinvolta in un sinistro stradale che le causò un gravissimo trauma cranio celebrale; fin dall immediatezza cadde in stato di coma e, quindi, successivamente, il suo quadro clinico fu qualificato come stato vegetativo, prima persistente, poi permanente. Nel 1996 Eluana Englaro è stata interdetta e le è stato nominato come tutore il padre, Beppino Englaro. Lo stesso, in tale veste, ha promosso una serie di procedure in sede di volontaria giurisdizione al fine di ottenere l interruzione della terapia di sostegno vitale, attesa l irreversibilità delle condizioni e l inconciliabilità del prolungamento dei trattamenti di sostegno forzato con la dignità e le convinzioni della figlia. Dopo travagliatissimo iter giudiziario, un provvedimento che autorizzava tale interruzione è stato infine emanato dalla Corte d Appello di Milano con decreto 25 giugno Il decreto veniva impugnato dal Procuratore Generale presso la Corte d Appello di Milano, ma la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, dichiarava il ricorso inammissibile (sent. 11 novembre 2008, aff. 1189). Il 2 febbraio 2009 Eluana Englaro è stata trasferita presso la struttura sanitaria La Quiete di Udine per dare corso all interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale della paziente. Da questo momento la Procura della Repubblica di Udine è stata tempestata da una serie di esposti, denunce e querele dei più vari contenuti, con richieste dei più disparati interventi e iniziative. Eluana Englaro, decedeva il 9 febbraio 2009, dopo tre giorni dall avvio delle procedure autorizzate. La Procura, sintetizzando e dando forma giuridica al caotico diluvio di "sollecitazioni" che hanno trovato unitaria sede in questo fascicolo, ha inteso formalizzare un'iscrizione a notizia di reato per omicidio volontario nei confronti degli odierni indagati. Ha fatto quindi svolgere una serie di accertamenti medico legali e in data 26 novembre 2009 ha presentato richiesta di archiviazione sul presupposto che "tutti gli indagati risultano non punibili per avere indubbiamente agito nell'ambito della previsione legislativa di cui a11 art. 51. c.p.. Quella di cui qui ci occupiamo é quindi l'ipotesi che debbano rispondere di omicidio volontario i! tutore di Eluana Englaro nonché il personale medico e paramedico che lo ha coadiuvato nell'attuazione di quanto autorizzato dalla Corte d'appello di Milano (v. nota della Procura 4 gennaio 2010).
2 Va preliminarmente sgombrato il campo dal sospetto che il decesso di Eluana Englaro sia stato conseguenza di pratiche diverse da quelle autorizzate e specificate nei provvedimenti giudiziari, a loro volta oggetto di preventivi protocolli operativi che, in un prudente e scrupoloso intento di massima trasparenza, erano stati predisposti dal tutore e dall'equipe assistenziale volontaria (aff. 1065) e che erano stati recepiti dalla struttura di ultimo ricovero (aff. 1082). Sul punto, infatti, é stata svolta un'accurata consulenza tecnica che ha esaminato attentamente la documentazione sanitaria disponibile e si é avvalsa dei risultati di specifica autopsia. Sebbene il decorso sia stato più rapido di quanto previsto, sulla base di tali dati medico legali i consulenti hanno potuto escludere cause di morte di natura traumatica o tossica (consulenza professori Froldi, MoreschI, Rodriguez, aff. 475 ss). Successivamente alla sospensione della nutrizione e della somministrazione di acqua, la morte é sopraggiunta improvvisamente senza una compiuta progressione sintomatologica legata alla disidratazione peraltro i consulenti hanno attentamente analizzato le condizioni cliniche di Eluana Englaro al momento in cui la sospensione dell'apporto idrico ha operato, per giungere alla conclusione che tale sospensione ha innescato una serie di complicazioni a carico dell'apparato cardiovascolare fino al definitivo arresto cardiaco. Sia la tetraplegia che la patologia polmonare da cui la paziente era affetta l'avevano resa, infatti, particolarmente vulnerabile sotto tale aspetto. Quanto al rispetto delle indicazioni contenute nei provvedimenti autorizzativi, i consulenti, ripercorrendo sinotticamente la documentazione sanitaria e il punto 5 del decreto della Corte l'appello di Milano 25 giugno 2008, nonché il protocollo operativo conseguente, hanno evidenziato che, il quadro clinico che ha caratterizzato il decorso degli ultimi giorni di Eluana Englaro risulta compatibile con l'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione, così come previsto nei documenti appena richiamati. Anche i dati anatomo patologici e tossicologici hanno evidenziato elementi che consentono di affermare l'avvenuto rispetto del protocollo e consentono di escludere nel contempo che siano emersi elementi che contrastino con la conclusione di un'effettiva conformità a quanto prestabilito. Questo era concretamente il punto più delicato, in fatto, della vicenda e in merito le indagini hanno fornito una risposta esauriente e persuasiva. La questione presupposta è però, quella della validità di questa autorizzazione a interrompere il trattamento che teneva in vita Eluana Englaro. _ Comitati singoli cittadini, associazioni le più svariate hanno infatti detto la loro sul punto, per lo più, anche se non sempre, escludendo la validità di un simile atto. Il dispositivo del decreto della Corte d'appello 25 giugno 2008 autorizzava, invece, i legali rappresentanti di Eluana Englaro a disporre l'interruzione del trattamento di sostegno vitate artificiale realizzato mediante alimentazione e idratazione tramite sondino naso gastrico. Ripetutamente, nel corso dei procedimenti instaurati da Beppino Englaro, gli organi giurisdizionali avevano escluso che un tale provvedimento potesse essere emanato, in quanto in contrasto con un principio inderogabile di tutela della vita, immanente nel nostro ordinamento, ovvero in quanto era da reputarsi inammissibile ogni delega ad esprimere scelte così personali nell'interesse dell'incapace ovvero, ancora, perché in una situazione di obiettiva incertezza normativa sul punto non si potevano ipotizzare supplenze da parte della magistratura. Successivamente, però, a partire dal decreto 15 novembre 2006 della Corte d'appello di Milano e quindi con la sentenza della Corte di Cassazione 16 ottobre 2007, che ha deciso la relativa impugnazione si è affermato il principio opposto in ragione del generale potere di cura della persona da riconoscersi in capo al rappresentante legale dell'incapace. In particolare la Corte di Cassazione ha stabilito i seguenti principi, a cui la Corte d'appello avrebbe dovuto ispirarsi nella decisione di rinvio, dopo l'annullamento del citato decreto 13 novembre Il consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario e forma di rispetto per la libertà dell'individuo. Il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma altresì di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere
3 consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale. Se il rifiuto è informato, autentico ed attuale non c'é possibilità di disattenderlo, neppure allorché dalle libere scelte dell'individuo consegua il sacrificio della sua vita. In caso di incapacità del paziente le scelte terapeutiche vanno assunte dai medici avendo come controparte il legale rappresentante dell'incapace. Il carattere personalissimo del diritto alla salute dell'incapace comporta che il riferimento all'istituto della rappresentanza legale non trasferisca sul tutore un potere "incondizionato" di disporre della salute della persona in stato di totale e permanente incoscienza. Nel consentire al trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell'incapace, la rappresentanza del tutore é sottoposta a un duplice ordine di vincoli: egli deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace e deve decidere non "al posto" dell'incapace né "per" l'incapace, ma "con" l'incapace: quindi, ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente. In particolare per i trattamenti necessari a mantenere il soggetto in vita può considerarsi implicita una volontà positiva dell'assistito incapace. Tale conclusione però, ad avviso della Corte, non ha valore assoluto. La certezza che il soggetto incapace darebbe senz'altro il consenso a trattamenti sanitari che lo tengono in vita non può, sulla base della coscienza sociale attuale, darsi per scontata, infatti, ove il malato si trovi in stato vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita. Non può, in questi casi, ad avviso della Corte di Cassazione, non prendersi atto che ci sono persone che non ritengono conforme alla propria personale idea di dignità e ai propri convincimenti la protrazione della propria esistenza priva di percezioni del mondo esterno. Pertanto ove il malato si trovi in radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita, il giudice pub autorizzare il tutore che lo chieda alla. disattivazione dei presidi sanitari. Ciò però in presenza dei seguenti presupposti: (a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di dignità della persona. Ove l'uno o l'altro presupposto non sussista, il giudice deve negare l'autorizzazione, dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di autonomia e di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla percezione, che altri possano avere, della qualità della vita stessa. (Cass. Sez 1, Sentenza n del 16/10/2007 (Rv ) Englaro (Angiolini ed altri) contro Curatore speciale Alessio Franca od altri) Il decreto della Corte d'appello di Milano del 25 giugno 2008, rivalutando gli atti istruttori già compiuti, le conclusioni cui erano giunti i precedenti gradi del giudizio e svolgendo autonomi ulteriori accertamenti, ha, per l'appunto, ritenuto che i presupposti indicati ricorrevano nel caso di specie (quanto all'estrema severità del danno celebrale e all'irreversibilità della stato vegetativo le predette conclusioni hanno trovato piena conferma nella consulenza tecnica disposta post mortem dalla Procura, cfr consulenza professori. Tagliavini e De Caro, aff. 784 ss). Pertanto appare chiaro, oltre che ovvio, che l'autorità giudiziaria si è posta il problema dei limiti dei propri poteri in questo delicatissimo ambito e solo con grande travaglio e ampia argomentazione è giunta alla
4 conclusione che le competeva affrontare e dare risposta, in un senso o nell'altro, alla "domanda" di Beppino Englaro. L'ordine giudiziario in questo non facile approdo ha trovato conforto nella decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camere e ha escluso che i provvedimenti assunti esulino dalla funzione giurisdizionale ed esorbitino dai poteri riconosciuti alla magistratura (Corte Costituzionale 8 ottobre 2008, n. 334). L'autorizzazione concessa in sede di volontaria giurisdizione era, inoltre, senz'altro efficace e operativa in quanto l'impugnazione presentata è stata esaminata e dichiarata inammissibile. La dedotta circostanza secondo cui i provvedimenti di volontaria giurisdizione sono sempre revocabili e modificabili non significa certo che essi non devono essere eseguiti. Come osservato dal TAR della Lombardia investito della questione in sede di impugnazione dell'atto del direttore generale della sanità della regione Lombardia che negava il ricovero di Eluana Englaro in una struttura del Servizio Sanitario, l'efficacia definitiva (nel senso di non più impugnabile ma solo revocabile art istanza del titolare del diritto inciso) del decreto della Corte d'appello di Milano produce, sul punto, un effetto `equivalente' a quello di un giudicato (sent. 22 gennaio 2009, aff. 1182). Più o meno esplicitamente, però, molti esposti invocano dalla magistratura penale, in virtù di una sua pretesa supremazia e di un potere di sindacato ultimo, il superamento di questi schemi logici giuridici e il dovere di riconsiderare tutti i passaggi e rivalutare tutte le questioni. D'altra parte non è forse vero che "il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la (sua) decisione"? (art. 2 c.p.p.). In realtà, ipotesi quale quella in esame non vanno tecnicamente ricondotte alla disciplina delle questioni pregiudiziali e all'art. 2 c.p.p. Sul punto appaiono pienamente condivisibili gli argomenti utilizzati da Cass. Sez. U, Sentenza n del 28/02/2008 Ud. (dep. 15/05/2008) Rv Imputato: Piccoli, richiamata anche dalla difesa di Beppino Englaro in una memoria depositata in atti. Ha osservato, in tale sede, la Suprema Corte che quando un atto giuridico è assunto quale dato rilevante ai fini della configurazione di una fattispecie penale (come elemento costitutivo del reato ma anche come condizione di punibilità), esso è sindacabile dal giudice penale nei soli limiti e con gli specifici mezzi previsti dalla legge. Quando, in particolare, tale dato rilevante è costituito da un provvedimento giurisdizionale, il giudice penale non è abilitato a compiere alcuna valutazione, neppure incidentale, sulla legittimità di esso, perché i provvedimenti giurisdizionali, a prescindere dalla loro definitività, hanno un valore erga omnes che può essere messo in discussione solo in via principale, con i rimedi previsti dall ordinamento per gli errori giudiziari (e cioè con i mezzi ordinari o straordinari di impugnazione previsti dalla disciplina processuale). Invocare, dopo che la Corte Costituzionale ha rifiutato di porsi in vicende come quella in esame come ulteriore grado di impugnazione, un sindacato di ultima istanza del giudice penale appare perciò fuorviante. Né può cambiare i termini della questione la circostanza che la sentenza n del 2008 si occupasse direttamente del caso di una sentenza (la sentenza dichiarativa di fallimento rispetto al reato di bancarotta), mentre qui abbiamo a che fare con un decreto ; è comunque evidente la natura di provvedimento decisorio su diritti soggettivi che ha assunto il provvedimento della Corte d Appello di Milano (cfr ancora TAR Lombardia cit., anche sull efficacia erga omnes). Conclusivamente va riaffermata la necessità che le pronunce giurisdizionali siano rispettate, a tutti i livelli; possono non convincere, possono suscitare critiche e, nei vari ambiti, giustificare anche obiezioni di coscienza, qualora contrarie a propri principi etici. I procedimenti giurisdizionali (civili e penali, secondo le rispettive competenze) costituiscono, però, la sede propria e imprescindibile in cui una società affronta e risolve le questioni sui diritti che sorgono al proprio interno. Anche in questo caso, la magistratura si è fatta carico di una domanda di questo tipo, come aveva il dovere di fare, e ha fornito una risposta.
5 La risposta è stata che la prosecuzione dei trattamenti di sostegno vitale di Eluana Englaro non era legittima in quanto contrastante con la volontà espressa dai legali rappresentanti della paziente, nel ricorrere dei presupposti in cui tale volontà può essere espressa per conto dell incapace. Chi ha espresso tale volontà e il personale sanitario che ha conseguentemente operato per sospendere il trattamento e rimuovere i mezzi attraverso cui veniva protratto ha agito alla presenza di una causa di giustificazione e segnatamente quella prevista dall art. 51 c.p., come deve concludersi per la necessità di superare l altrimenti inevitabile contraddizione dell ordinamento giuridico che non può, da una parte, attribuire un diritto e, dall altra, incriminarne l esercizio (Tribunale di Roma, sent. 23 luglio 2007, imp. R. in Foro it. 2008, II, 105). v. l art. 409 cpp P.Q.M. DISPONE l archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al p.m.
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