STAMPA SOCIETARIA BPM FEBBRAIO 2015

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1 STAMPA SOCIETARIA BPM FEBBRAIO Febbraio Parte il risiko delle Banca Popolari Castagna (Bpm): vogliamo far parte del nuovo polo Bpm e Banco Popolare studiano il maxipolo - Castagna: possiamo creare il terzo gruppo italiano. Assopopolari alla Camera L'Antitrust suggerisce la spa solo per le Pop quotate Saviotti: «Pronti a qualsiasi mossa anti-scalata» Popolari, Bpm auspica un tetto al voto Parte il risiko delle Banca Popolari - Avvenire 19/02/2015 Quello che si sta profilando per le banche popolari, con la contestata riforma ormai in fase di avvio, sembra davvero un risiko. E gli istituti ci stanno già lavorando, nonostante le smentite ufficiali sulle sempre più numerose indiscrezioni di ipotesi di aggregazione. La Borsa intanto continua a crederci: ieri i titoli delle popolari hanno chiuso al rialzo, a partire dalla maglia rosa Monte dei Paschi (+4,83%). Al termine della riunione del comitato esecutivo dell Abi (l associazione delle banche italiane), tenutosi ieri a Roma, chi si è sbilanciato di più è stato l amministratore delegato della Popolare Milano Giuseppe Castagna il quale, pur bocciando come «illazioni» le indiscrezioni su un matrimonio con la Popolare Emilia, si è detto interessato a creare, con altre popolari, il terzo o quarto polo bancario italiano. Anche Pier Francesco Saviotti (Banco Popolare) comincia a ragionare in termini di sinergie con altre banche, proponendo il proprio istituto come potenziale soggetto aggregante e strizzando l occhio a Popolare Milano, un ipotesi che non ha mai negato di privilegiare rispetto ad altre. Al momento l istituto non ha però contatti con nessuno e smentisce anche l ipotesi circolata nei giorni scorsi di un integrazione a tre con Ubi Banca e Mps. Qualsiasi discorso sul tema «è prematuro» per Alessandro Vandelli, Ad di Pop Emilia, mentre Victor Massiah (Ubi Banca) vuole prima aspettare la conversione del decreto. Ieri c è stata poi una secca smentita da parte dell Ad di Unicredit Federico Ghizzoni su un possibile acquisto di Bpm. Tra i possibili correttivi a cui stanno pensando gli istituti, ci potrebbe essere l introduzione di un limite al possesso azionario o del voto plurimo. «La cosa più semplice è il limite al possesso azionario» ha detto Saviotti. Tuttavia l inchiesta giudiziaria su Veneto Banca e il commissariamento di Banca Etruria hanno fatto emergere criticità e limiti della gestione, indebolendo la difesa dei principio del voto capitario. Secondo Castagna «dopo la conversione del decreto» i ragionamenti si faranno più concreti. A livello europeo, intanto, l Abi torna a chiedere un testo unico bancario. «Chiedo che ci sia una Basilea 4, cioè una Basilea 3 implementata in un quadro di certezza» delle regole a livello europeo: è la sollecitazione del presidente Antonio Patuelli alle autorità europee, dopo che il comitato esecutivo ha ospitato Roberto Gualtieri, presidente dell Econ (la commissione per i Problemi economici e monetari del Parlamento europeo). «Abbiamo una vigilanza unica e dobbiamo avere delle regole uniche, per questo sollecitiamo un Testo unico bancario europeo», ha spiegato Patuelli, che ha aggiunto: «È la prima volta che il comitato esecutivo Abi si è aperto a un colloquio con un autorità europea. È un passo rilevante e non saltuario, che deriva dalla nascita dell unione bancaria europea». Il prossimo comitato esecutivo si terrà tra un mese, il 18 marzo: l Abi ha annunciato che è stato invitato il ministro dell Economia Pier Carlo Padoan. 1

2 Castagna (Bpm): vogliamo far parte del nuovo polo - MF-MILANO FINANZA giovedì 19 febbraio 2015 Segnali contrastanti giungono dal mondo delle banche popolari. Mentre il consigliere delegato di Banca popolare di Milano, Giuseppe Castagna, dichiara di «voler far parte del nuovo grande polo popolare», i numeri uno degli istituti interessati dal dl Renzi-Padoan, che obbliga le banche cooperative con attivi superiori a 8 miliardi a trasformarsi in spa, negano di aver già avviato contatti per far partire le aggregazioni. Il mercato, tuttavia, non sembra credere a questa versione: i titoli dei principali istituti in cui vige il voto capitario (il principio di una testa, un voto) hanno registrato una seduta a dir poco brillante con la Banca Popolare di Milano che ha chiuso a 0,83 euro scattando del 4,71%, seguita dal Banco Popolare (13,44 euro in rialzo del 3,78%) e dalla Popolare dell'emilia Romagna : 7,025 euro, in rialzo di 3,46%. Risultati che gli esperti attribuiscono ai rumors di m&a. Il primo banchiere a fare il tifo per la Superpopolare è stato Castagna, che già all'assim-forex aveva aperto alla possibilità di un risiko tra popolari prima della trasformazione in spa. «L'interesse di Bpm, se il decreto sarà convertito e si creeranno le opportunità, è di costituire un polo aggregante insieme a tutti quelli che sposano questo progetto», ha affermato Castagna a margine della riunione del Comitato esecutivo Abi. Il decreto legge che prevede la conversione in spa delle dieci maggiori banche popolari e l'eliminazione del voto capitario rappresenta «un'occasione» per «creare un terzo polo» che il numero uno di Bpm ritiene necessario. Eppure i banchieri, Castagna compreso, negano di aver già aperto le danze del risiko. Chiarissimo il pensiero di Alessandro Vandelli, amministratore delegato di Bper. «In questi giorni ci vogliono far sposare con qualcuno ma mi sembra prematuro qualsiasi discorso, vediamo prima come si chiude questa vicenda» della riforma delle popolari. Tutti d'accordo su questo punto. Per Pier Francesco Saviotti, ad del Banco Popolare, non c'è «assolutamente niente sul tavolo. Noi non abbiamo alcun contatto con nessuno, oggi, nemmeno a livello informale». Dello stesso pensiero il numero uno di Ubi Banca, Victor Massiah. Il mercato sembra invece credere a un imminente risiko. A correre meno in borsa è stato il Creval, che ha visto comunque un rialzo dell'1,54%. Bpm e Banco Popolare studiano il maxipolo - Castagna: possiamo creare il terzo gruppo italiano. Assopopolari alla Camera - CORRIERE DELLA SERA giovedì 19 febbraio 2015 Oggi alle 14 in Commissione Finanze alla Camera Ettore Caselli, presidente di Bper e di Assopopolari la lobby della banche coop esporrà la linea degli istituti sul decreto Renzi che trasforma in spa le dieci Popolari con attivi oltre gli 8 miliardi di euro. Ma dentro le singole banche i manager studiano già le strategie future. E le possibili aggregazioni. I banchieri puntano ad ottenere modifiche in alcuni punti importanti come il tetto al diritto di voto: «È il correttivo più semplice», ha detto Pierfrancesco Saviotti, ceo di Banco Popolare. In mattinata si riunirà il consiglio di Assopopolari per approvare il testo che Caselli leggerà alla Camera sulla base del disegno di autoriforma elaborato dai saggi Angelo Tantazzi, Alberto Quadrio Curzio e Gaetano Marchetti. Caselli dovrebbe rivendicare l importanza storica del modello cooperativo, per poi aprire al dialogo. Il vento ormai tira da un altra parte: dopo Banca d Italia, anche l Antitrust ha espresso «apprezzamento» per la riforma perché, ha spiegato il presidente Giovanni Pitruzzella, elimina «un ostacolo giuridico alla contendibilità». E poi dentro Assopopolari in cui siedono i presidenti delle banche ci sarebbero accenti diversi, mentre i capi-azienda sono già proiettati nella nuova dimensione: ricevono gli studi delle banche d affari sui possibili schemi del risiko. E ne ragionano tra loro. «È una fase in cui ci sono colloqui generali con tutti, ma nulla di particolare», ha detto il ceo di Bper Alessandro Vandelli, che si è candidato a giocare un ruolo aggregante tra le Popolari. Giuseppe Castagna, di Bpm, è stato ancora più esplicito: «Se questo decreto verrà convertito e si creeranno le opportunità, potremo costituire un polo aggregante insieme a tutti quelli che sposano il progetto di creare un terzo o quarto polo importante. Ora abbiamo questa occasione di farlo, magari tra popolari, vedremo se è un progetto condiviso». Tutti aspettano di sapere come sarà effettivamente la legge: l eventuale tetto al possesso azionario per esempio influenzerebbe di molto il quadro. «Aspettiamo di conoscere le regole prima», ha ripetuto Victor Massiah, la cui Ubi è vista come il soggetto potenzialmente aggregante di Mps. Di parere avverso è invece Vincenzo De Bustis, direttore generale della Popolare di Bari: «Dall estero sono tantissimi pronti a fare take over. Dicono: quanto serve? miliardo?. In Italia vengono, poi ci pensano loro ad aggiustare l azienda ma comandano loro. Questo è un problema serio di Paese». L'Antitrust suggerisce la spa solo per le Pop quotate.- MF-MILANO FINANZA giovedì 19 febbraio

3 L'Antitrust promuove la riforma delle popolari e dà qualche suggerimento per eventuali modifiche. Ascoltato ieri in audizione davanti alle commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera, che stanno analizzando il decreto, il presidente Giovanni Pitruzzella, dopo essersi detto d'accordo con il provvedimento, in tema di possibili novità, ha suggerito di prendere in considerazione «un criterio alternativo rispetto alla definizione di una soglia dimensionale quantitativa predeterminata, costituito dalla quotazione in borsa e/o l'appartenenza a un gruppo bancario all'interno del quale vi sono società in forma di società per azioni». Aver individuato come discriminante per la trasformazione in spa un attivo di 8 miliardi di euro è stata una scelta molto criticata. Non solo, il numero uno dall'autorità per la Concorrenza ha poi auspicato che nelle disposizioni attuative del decreto «venga previsto un termine per la loro emanazione, così da ancorare il decorrere del periodo di adeguamento a un momento certo e non procrastinabile nel tempo». Ancora, per Pitruzzella, «è apprezzabile che la riforma vada a incidere solo sulle banche popolari e non sulle banche di credito cooperativo in quanto solo le prime risultano già nei fatti assimilabili a società per azioni, piuttosto che a banche con scopo mutualistico». Disco verde, infine, anche per i provvedimenti sulla portabilità dei conti correnti. Saviotti: «Pronti a qualsiasi mossa anti-scalata» - IL SOLE 24 ORE giovedì 19 febbraio 2015 MILANO - Limiti al possesso azionario e fusioni: le banche popolari italiane si preparano alla vita da spa e fanno quadrato per cercare di circoscrivere l impatto della riforma varata dal governo e di ridurre la fu tura contendibilità degli istituti. Riuniti ieri a Milano per partecipare al comitato esecutivo dell'abi, i banchieri alla guida delle principali banche cooperative hanno esibito una granitica identità di vedute sugli argomenti di stretta attualità per il settore, a partire dal dibattito parlamentare per la conversione in legge del decreto che impone la trasformazione in spa alle undici Popolari più grandi.... «Quello su cui contiamo ha spiegato l'a.d. del Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti - è che ci sia una modifica, magari un limite al possesso azionario. Poi qualsiasi variazione che renda difficile la scalabilità è una cosa che si può prendere in considerazione». «Se il concetto di scalabilità esiste, come pare, per difendersi come si può fare? ha argomentato il banchiere - Secondo me il modo più facile, il più semplice di tutti è un tetto al possesso azionario». Limiti o non limiti, le banche popolari sono consapevoli che, per difendersi da appetiti indesiderati, l'imperativo è uno solo: aggregarsi per arrivare all'appuntamento con la trasformazione in spa con istituti più grandi e più forti. Se però tutti si dicono pronti al consolidamento, a valutare fusioni «se ci saranno le condizioni e l'opportunità» e a creare un nuovo grande polo bancario, allo stesso tempo tutti negano all'unisono qualunque tipo di contatto concreto, anche solo «informale». Non c'è «assolutamente niente» per Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi Banca, né per il numero uno di Bpm Giuseppe Castagna, che ha definito «illazioni» le voci di un ritorno di fiamma con Bper e smentito contatti sia con l'istituto modenese che con ogni altra banca. Proprio da Bper, l'a.d. Alessandro Vandelli ha notato che «ogni settimana vogliono farci sposare con qualcuno», sottolineando che al momento «è tutto prematuro». «In questo momento inventano di tutto, per quanto mi concerne è un'invenzione ha confermato Saviotti, commentando in particolare gli scenari di aggregazione con Ubi e Mps - Noi non abbiamo alcun contatto con nessuno, oggi, nemmeno a livello informale». Resta l'obiettivo Superpopolare o, nelle parole di Castagna, l'interesse a «costituire un polo aggregante insieme a tutti quelli che sposano l'idea di creare un terzo, quarto polo importante in Italia». Progetto «importante per il Paese», che oggi può contare solo su «due banche veramente grandi», che può prendere vita proprio sull'impulso della riforma varata dal governo. «Ora abbiamo questa occasione tra Popolari magari per metterci insieme: vedremo se è una cosa che può essere realizzata e condivisa, senza guardare chi è aggregato e chi aggregante», ha ribadito Castagna. Il primo passo, però, è capire quali saranno le regole del gioco e quindi tutto rimane congelato almeno fino alla conversione in legge del decreto, che dovrà avvenire entro 60 giorni dal 25 gennaio scorso, data dell'entrata in vigore. «Prima il consolidamento delle regole, poi quello delle banche», ha chiosato per tutti Massiah. Popolari, Bpm auspica un tetto al voto - MF 20/02/2015 L'inserimento di un tetto ai diritti di voto per le popolari che si trasformeranno in spa, allo studio del parlamento come emendamento da inserire nel decreto di riforma, potrebbe evitare aggressioni da speculatori esteri. E' quanto sostiene il consigliere delegato della Banca Popolare di Milano, Giuseppe Castagna, secondo il quale "è giusto che un sistema super protetto non sia buttato sul mercato in modo così drastico". Il top manager ha omunque ribadito la disponibilitàdella Popolare di Milano a prendere parte a un eventuale processo di aggregazioni che porti alla creazione di un terzoo quarto soggetto importante nel settore bancario, dove oggi predominano due banche: Intesa Sanpaolo e Unicredit. "Speriamo di poter fare la nostra parte", ha affermato Castagna. Ieri è stato il presidente del consiglio di sorveglianza di Bpm, Piero Giarda, a ribadire che con una trasformazione in spa senza protezione le popolari diventerebbero oggetto del contendere di grandi banche internazionali, non interessate agli impieghi delle banche o ai prestiti, ma solo ad assicurarsi la raccolta in una fascia di territorio ricca, con famiglie con elevata capacità di risparmio finanziario. 3

4 Sempre ieri, il presidente di Assopopolari, Ettore Caselli, in un'audizione presso le Commissioni finanze e attività produttive della Camera, ha sostenuto che la trasformazione in spa delle popolari con attivi superiori a 8 miliardi di euro non dovrebbe essere un obbligo, ma al più una sanzione per quegli istituti che non completino un percorso finalizzato a riconoscere al voto capitario un ruolo non esclusivo e al voto proporzionale un ruolo non marginale. "Come prevedibile, il presidente dell'associazione ha difeso il modello di governance basato sul voto capitario. Non è stata presentata alcuna proposta alla demutualizzazione tout-court, ma genericamente indicata come alternativa il mantenimento, con limitazioni, del voto capitario. Non è quindi chiaro quale sia il modello a cui punti l'associazione di categoria", hanno commentato oggi gli analisti di Equita. Per la sim la soluzione a cui punta Assopopolari potrebbe essere quella di una popolare bilanciata, che prevede il voto proporzionale a favore degli investitori istituzionali limitato alla nomina dei consiglieri a loro riservati, anche se questo modello è già stato giudicato inadeguato da Banca d'italia. "Restiamo convinti, alla luce delle dichiarazioni dei banchieri delle popolari, che il caso base della riforma sia rappresentato dalla demutualizzazione con l'introduzione di un tetto al voto proporzionale del 3-5%. Indipendentemente dall'esito della riforma, il consolidamento dovrebbe materializzarsi dopo che le nuove regole di governance saranno approvate, ovvero entro la fine del primo trimestre", ha concluso Equita. L'ipotesi di un tetto azionario al 3% o al 5%, infatti, non dovrebbe cambiare il senso della riforma in quanto rimarrebbe salvo l'obbligo di trasformazione delle banche cooperative in società per azioni. Inoltre, in caso di opa, tale tetto verrebbe meno. Il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto legge scade il prossimo giovedì 26 febbraio e verosimilmente il voto in commissione dovrebbe avvenire dal 2 al 6 marzo, per poi approdare in aula dal 9 al 13 marzo Febbraio Popolari in fermento su voci di risiko B.P.Milano: guarda a Bper per anticipare stranieri B.P.Milano: Castagna, su B.P.E.Romagna solo illazioni Risiko: Bpm, Ubi Banca e Banco Popolare restano alla finestra E il broker francese punta ancora sulle Popolari Ad aprile scatta il risiko Popolari Popolari con scudo anti-scalata - Bankitalia avverte: la forma cooperativa è un handicap per le grandi banche. Azioni multiple e tetti ai diritti di voto solo nella fase di transizione. Popolari in fermento su voci di risiko - Il Sol24Ore 17 febbraio 2015 Banche popolari in fermento a Piazza Affari sulle speculazioni per un consolidamento del settore, in vista della trasformazione in Spa richiesta dal governo, mentre si rincorrono sulla stampa indiscrezioni sui possibili scenari di risiko. Nello specifico oggi si è parlato di una possibile fusione tra Bper e Bpm. In passato si era parlato di un aggregazione a tre che coinvolgesse Banco Popolare, Ubi Banca e Banca Mps. Sul tema M&A i diretti interessati, a margine del comitato esecutivo dell'abi, hanno peraltro tutti smentito che ci siano attualmente in corso contatti tra i diversi istituti pur dicendosi pronti a far parte della partita, proponendosi come soggetti aggreganti. «In questo momento inventano di tutto, per quanto mi concerne è un'invenzione, noi non abbiamo alcun contatto con nessuno oggi, nemmeno a livello informale» ha dichiarato il Ceo del Banco Popolare Pier Francesco Saviotti. «Se ci sarà qualche opportunità noi possiamo far parte del gioco, possiamo proporci come aggregatori - ha spiegato - ma naturalmente se ci saranno delle opportunità che creano valore». Da parte sua il numero uno di Bpm Giuseppe Castagna ha bollato come «illazioni» le notizie circa un interesse dell'istituto per Bper. «Non ci sono contatti, assolutamente no», ha detto. Ma, ha aggiunto, se il decreto «verrà convertito e si creeranno le opportunità allora potremmo costruire un polo aggregante assieme a tutti quelli che sposano un progetto di creare un terzo, quarto polo in Italia importante». «Penso che sia un progetto interessante - ha aggiunto - ma finché non hanno deciso come sarà la conversione (in Spa ndr.) è inutile parlarne». Che sia prematuro discutere nel concreto di fusioni e acquisizioni prima che la partita a Roma sia chiusa ne sono convinti 4

5 sia il Ceo di Bper, Alessandro Vandelli («in questi giorni ci vogliono far sposare con qualcuno ma mi sembra prematuro qualsiasi discorso, vediamo prima come si chiude questa vicenda») sia il numero uno di Ubi, Victor Massiah («consolidiamo prima le regole poi le banche»). MF 18/02/2015 B.P.Milano: guarda a Bper per anticipare stranieri (MESS) C'e' B.P.Milano tra le banche del territorio piu'attive a tessere gli scenari delle aggregazioni, in vista della riforma delle banche popolari in spa. L'opzioneprincipale di piazza Meda, scrive Il Messaggero, sarebbe B.P.E.Romagna per creare un polo da 109 mld di attivo e filiali che possa, in seguito annettere B.Carige ed eventualmente una delle due banche della Valtellina. In alternativa, prosegue il giornale, ci sarebbe il Banco Popolare. Ma Bper valuta l'opzione B.P.Sondrio. Anche se ancora non c'e' una trattativa, aggiunge il quotidiano, Giuseppe Castagna, numero uno di Bpm, avrebbe avuto piu' di un "abboccamento" con Alessandro Vandelli, a.d. di Bper, cosi' come ormai da qualche settimana tra tutti i vertici delle popolari italiane sono in corso consultazioni a tutto campo. Anche le banche d'affari si stanno posizionando: tra le piu' attive Mediobanca, infatti l'a.d. Alberto Nagel nell'ultima settimana ha avuto incontri con quattro banchieri coinvolti nel risiko. B.P.Milano: Castagna, su B.P.E.Romagna solo illazioni Le indiscrezioni di stampa in merito ad un interesse di Bpm per Bper "non sono notizie, sono illazioni". Cosi' il consigliere delegato di Banca Popolare di Milano, Giuseppe Castagna, a margine dell'esecutivo dell'abi, ha smentito le voci di un interesse di piazza Meda per Bper. A chi gli chiedeva se avesse avuto contatti con altri istituti, Castagna ha risposto "assolutamente no nemmeno con altri istituti". Risiko: Bpm, Ubi Banca e Banco Popolare restano alla finestra Banca Popolare di Milano, Ubi Banca e Banco Popolare non hanno avuto nessun contatto con altre banche per eventuali acquisizioni, per ora preferiscono rimanere alla finestra in attesa che vengano definite le regole della riforma sulle banche popolari. In particolare, il numero uno di Bpm, Giuseppe Castagna, oggi a margine dell'esecutivo dell'abi, ha bocciato come "illazioni" le ultime indiscrezioni in merito a un interesse per Bper. "Non c'è assolutamente nessun contatto neanche con altre banche", ha precisato il banchiere, sottolineando che l'eventuale risiko tra le banche popolari partirà solo dopo la conversione del decreto legge che ne impone la trasformazione in spa. "Se questo decreto sarà convertito in legge e si creeranno le opportunità, allora potremo costituire un polo aggregante insieme a tutti quelli che sposano il progetto di creare un terzo o quarto polo importante in Italia. Noi non siamo i capi di questo progetto, ma penso che sia un progetto interessante. Vedremo se ci sono le condizioni per mettersi insieme", ha concluso Castagna, secondo cui non ha senso parlare di chi saranno gli aggreganti e gli aggregati, ciò che conta è fare qualcosa di importante per il Paese. Anche per il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah, non ha senso fasciarsi prima la testa. "Aspettiamo prima il consolidamento delle regole e poi delle banche", ha affermato, smentendo i contatti con altri istituti per eventuali aggregazioni in vista della trasformazione in spa imposta dal decreto legge Renzi-Padoan. A differenza di Castagna, però, Massiah ha ribadito l'interesse di Ubi Banca a fare da polo aggregatore nell'eventuale processo di consolidamento. Sull'ipotesi poi di una ventilata unione a tre tra il Banco Popolare, Ubi Banca e Mps, anche l'ad del Banco, Pier Francesco Saviotti, ha chiarito di non avere avuto contatti: "assolutamente niente con nessuno, nemmeno a livello informale". "In questo momento inventano di tutto, per quanto mi concerne è un'invenzione", ha tagliato corto Saviotti, aggiungendo però che ci sono una serie di banche che possono essere sinergiche con il Banco, come Bpm. "Ho detto, magari con un po' di presunzione, che se ci sarà qualche opportunità possiamo far parte del gioco. Possiamo proporci, tutto qui, come aggregatore se ci saranno delle opportunità che creano valore, ma non c'è la necessità di farlo", ha puntualizzato Saviotti, auspicando che nel provvedimento del governo ci sia un limite al possesso azionario. "Qualsiasi variazione che renda più difficile la scalabilità è una cosa che si può prendere in considerazione, ma secondo me il più facile e il più semplice di tutti è il tetto al possesso azionario", ha concluso il top manager. Anche l'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, oggi ha negato i rumor secondo cui l'istituto potrebbe essere interessato a rilevare Bpm. Dopo le dichiarazioni dei rispettivi top manager a Piazza Affari il titolo Bpm sale del 3,02% a 0,82 euro, Ubi Banca dell'1,87% 6,805 euro, Banco Popolare del 2,24% a 13,24 euro e Unicredit del 2,51% a 5,71 euro. MF-MILANO FINANZA martedì 17, mercoledì 18 febbraio 2015 E il broker francese punta ancora sulle Popolari 5

6 «La festa non è ancora finita». È la tesi di Exane Bnp Paribas sulle banche popolari, che hanno ancora tanta strada da fare in vista delle possibili operazioni di M&A che potrebbero coinvolgere il comparto. «Ci aspettiamo che il Parlamento approvi il decreto del governo» sulla riforma delle popolari «prima della fine di marzo, innescando così un ulteriore re-rating del settore», affermano gli analisti, aggiungendo che «le operazioni di fusione e acquisizioni tra le banche popolari, in un futuro non troppo lontano, sono l'unico risultato possibile». Quindi, «alle valutazioni attuali crediamo ancora che la migliore strategia di investimento sia avere più di una banca popolare in portafoglio», dichiarano gli analisti. Per quanto riguarda i singoli titoli, Exane Bnp Paribas ha confermato la raccomandazione outperform su Bpm, Bper, Banco Popolare e Creval, con prezzo obiettivo rispettivamente a 0,84 euro, a 8,6 euro, a 14 euro e a 1,3 euro Fuori dalla galassia popolare, invece, su Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi e Credem il rating viene confermato a neutral con target price rispettivamente a 2,65 euro da 2,75 euro, a 5,7 euro da 5,9 euro, a 5,9 euro da 5,8 euro e a 7,1 euro da 7,5 euro. Per quanto riguarda Mps, gli esperti hanno abbassato il prezzo obiettivo dopo aver tagliato le stime sull'eps 2015 del 29% e quelle sull'eps rispettivamente del 51% e del 53% per includere nel modello di valutazione l'aumento di capitale da 3 miliardi di euro. Comunque, Exane Bnp Paribas ritiene che il titolo sia «a prezzi troppo bassi per essere ignorato». Gli analisti mantengono sull'azione la loro raccomandazione outperform e pensano che Mps sarà la «maggiore beneficiaria della bad bank italiana». Il titolo, prosegue la casa d'affari, presenta inoltre potenzialità di upside per via delle possibili operazioni di M&A future e una valutazione interessante. Da segnalare, infine, che in un contesto in cui le stime sulle banche italiane sono state ridotte dopo la stagione delle trimestrali Exane ha confermato sostanzialmente le attese su Bpm. Ad aprile scatta il risiko Popolari - Il processo di consolidamento del settore potrebbe avviarsi prima della tornata di assemblee di primavera. Per S&P le integrazioni potrebbero far emergere grande valore. L'idea di due maxi poli Il confronto tra il governo e le banche popolari entra nella settimana più calda. Mentre oggi alla Camera è in programma l'audizione del direttore generale della Banca d'italia, Salvatore Rossi, domani dovrebbe arrivare alla Commissione finanze il testo dell'autoriforma messa a punto da Assopopolari, il cui presidente, Ettore Caselli, sarà ascoltato giovedì. Del documento, finora gelosamente custodito dall'associazione e consultato soltanto dai consiglieri, sono trapelate soltanto le linee guida che puntano a un compromesso tra il modello cooperativo e quello delle spa. L'audizione di giovedì sarà uno spartiacque fondamentale del confronto in atto perché, se da un lato si potrebbe andare verso un compromesso, dall'altro lato, in caso di rottura, l'arrocco di alcune banche sarebbe inevitabile. Un istituto lombardo, ad esempio, avrebbe già costituto un pool di legali per ricorrere contro il provvedimento del governo. Molti banchieri comunque guardano già oltre la partita parlamentare, dandone forse per scontato l'esito. «Non si può fermare il vento con le mani», avrebbe tagliato corto il presidente di una popolare in un vertice informale. Nelle popolari medio-grandi l'attenzione si sta quindi concentrando sulla tornata assembleare di primavera. È opinione diffusa che, prima di questo appuntamento, qualche istituto possa alzare il velo sulle proprie strategie in tema di aggregazioni. La riforma, infatti, dovrà uscire da Montecitorio entro la prima settimana di marzo, per poi approdare al Senato e ricevere l'ok prima della scadenza del 25 marzo. Ad aprile, quindi, ci saranno le condizioni per avviare quella fase di consolidamento cui molti banchieri hanno accennato nei giorni scorsi. Al momento gli advisor non avrebbero ancora ricevuto mandati precisi, ma il consueto lavoro di scouting e di confronto starebbe procedendo in tutte le sedi (tra gli altri circolano i nomi di primarie banche d'affari come Ubs e Rothschild e di studi legali specializzati in m&a) con risultati ancora tutti da definire. Di certo nella mente di alcuni banchieri il progetto di fondo sembra ormai ben delineato e prevederebbe, come recentemente suggerito dal consigliere delegato della Bpm, Giuseppe Castagna, la fusione di due o più soggetti per dare vita a una superpopolare. Gli istituti interessati potrebbero infatti essere controllati direttamente da una holding quotata in borsa e depositaria delle funzioni di coordinamento e di indirizzo strategico. A valle, però, le banche potrebbero mantenere una propria autonomia gestionale e propri organi direttivi, aggirando in questo modo l'ostacolo principale di una fusione tra uguali, cioè il taglio delle poltrone. Per sintetizzare l'idea, qualcuno suggerisce il paragone con il Crédit Agricole, che in Francia ha trovato il giusto equilibrio tra modello federale e difesa delle specificità locali. Sulla carta le combinazioni possibili sono molte, ma gli epicentri sembrerebbero due: il lombardo-veneto, con un asse tra la Popolare di Milano e il Banco Popolare, e l'emilia Romagna con la Bper come polo aggregante in cui potrebbero confluire o uno degli istituti valtellinesi o le due grandi non quotate del Nord Est. Che le aggregazioni siano imminenti comunque è opinione anche dell'agenzia di rating 6

7 Standard & Poor's che ieri in un report ha spiegato: il decreto legge di riforma delle Popolari, se dovesse passare in Parlamento nell'attuale forma, «potrebbe accelerare il consolidamento del sistema bancario italiano. Le piccole dimensioni di alcune banche rendono difficile per loro assorbire gli effetti di un ambiente operativo e di condizioni economiche persistentemente deboli», continua S&P. Che conclude: «Ammettiamo che di per sé la creazione di entità più grandi tramite la fusione di istituti di piccole e medie dimensioni non risulta necessariamente in un migliore profilo di credito. Tuttavia riteniamo che i loro profili finanziari e di business potrebbero beneficiare da combinazioni appropriate». Popolari con scudo anti-scalata - Bankitalia avverte: la forma cooperativa è un handicap per le grandi banche. Azioni multiple e tetti ai diritti di voto solo nella fase di transizione. Domani (19/2) direttivo di Assopopolari sull'autoriforma Uno scudo normativo, magari a tempo, per proteggere le nuove banche popolari italiane da scalate ostili. È la soluzione che sembra prendere piede come compromesso tra la determinazione del governo a procedere con la riforma e i sostenitori della specificità delle banche popolari, che paventano la calata dello straniero. D'altronde, dopo la dura requisitoria della Banca d'italia ieri in audizione in Parlamento, sembra ancora più chiaro che quella della trasformazione in spa per gli istituti con attivi per oltre 8 miliardi di euro è un'opzione non negoziabile. Forse anche per questo il mercato, favorevole al decreto, ha premiato ieri le popolari quotate con rialzi superiori a quelli del Ftse Mib. Tuttavia ieri è stato anche il giorno delle prime aperture ufficiali alla possibilità di inserire nel decreto in conversione paletti anti-scalata, con Bankitalia che ha fatto sapere che non si opporrà all'inserimento nei nuovi statuti di strumenti come i tetti ai diritti di voto e le loyalty share (voto multiplo) per i vecchi soci cooperativi, purché si scelga uno solo dei due e lo si confini alla fase di transizione tra i vecchio e il nuovo modello. Discorso diverso per le limitazioni al possesso azionario, che sarebbero invece contrarie allo spirito della riforma. Più generico, e quindi anche più possibilista, è stato invece il governo, che per bocca del sottosegretario all'economia Pier Paolo Baretta si è detto pronto a discutere la possibilità di rendere più difficili eventuali scalate ostili. Inoltre per Baretta nel percorso parlamentare ci sarà spazio anche per ragionare su forme di governance che permettano alle popolari di «mantenere le loro caratteristiche originarie», ma «il governo è intenzionato ad andare avanti sul cammino intrapreso». Proprio in questo dialogo a distanza tra l'esecutivo, il regolatore e gli istituti interessati, si inserisce la notizia, riportata dall'agenzia MF DowJones, che per domani è convocato a Roma un nuovo consiglio direttivo di Assopopolari per trovare una posizione unitaria sul progetto di autoriforma, probabilmente in vista dell'audizione davanti alle commissioni riunite Finanze e Attività Produttive della Camera, in agenda per il pomeriggio dello stesso giorno. E se qualche margine di trattativa probabilmente c'è, come dimostra l'apertura sulla contendibilità, è invece già chiaro che gli istituti dovranno dire addio a pilastri come il voto capitario o la limitazione al possesso azionario. Lo dimostra anche la forte denuncia delle debolezze del modello di grande banca popolare espressa ieri in audizione dal direttore generale della Banca d'italia, Salvatore Rossi, che ha bollato senza mezzi termini come un handicap anacronistico la forma societaria cooperativa per le dieci maggiori popolari. Un handicap «che va rimosso al più presto» per permettere, qualora che ne fosse bisogno, di rinvenire rapidamente sul mercato il capitale necessario a rispondere alle nuove regole Ue. Questa la ragione fondante della riforma, che ha lo scopo di rendere le popolari più solide per consentire loro di continuare a fare credito alla piccola e media impresa e alle famiglie, come richiedono i tanti detrattori del decreto. Circa le critiche relative al taglio del legame con il territorio che la trasformazione in spa comporterebbe, Rossi ha ricordato che i dieci maggiori istituti sono già oggi ben lontani dall'originario modello territoriale, se solo si considera che «hanno in media sportelli in 60 province, un numero vicino a quello delle prime tre banche italiane». Non va poi dimenticato anche l'effetto positivo che la riforma avrà sulla gestione, perché «i limiti al possesso azionario, il voto capitario, i vincoli alla rappresentanza in assemblea possono ostacolare un vaglio corretto ed efficiente della banca, introducendo elementi di opacità nelle relazioni tra soci e amministratori». Infine, sulle possibili aggregazioni conseguenti alla riforma, il direttore generale di Bankitalia ha sottolineato che «possono essere utili o addirittura richieste dal mercato stesso ma spetta all'organo di vigilanza di valutarle» e assicurarsi che producano «senso industriale». 7

8 13-16 Febbraio Le Popolari tra indagini Consob e quel sogno del grande polo Le Popolari tra indagini Consob e quel sogno del grande polo... Un'idea - quella della Superpopolare, ma con più limitate aggregazioni - comincia ora a circolare in correlazione con il percorso legislativo del decreto legge che ha disposto la trasformazione in spa delle Popolari con più di 8 miliardi di attivi: insomma, la fine dell'appartenenza alla categoria cooperativistica di questi istituti. Ora sono state avviate l audizioni parlamentari per avere un quadro completo ai fini della conversione del decreto. Ma intanto in Commissione alla Camera è stato dato il via libera sulla costituzionalità del provvedimento, che l'opposizione aveva cercato di bocciare contestando la ricorrenza dei requisiti di necessità e urgenza del decreto. Naturalmente ciò non significa granché per chi volesse intraprendere un ricorso in sede giurisdizionale contro il provvedimento e, davanti al giudice amministrativo, sollevare l'eccezione di incostituzionalità, che, se accolta, comporterebbe un giudizio della Consulta, la quale non sarebbe la prima volta che censura la mancanza dei predetti requisiti, anche se il Parlamento li ha ritenuti presenti: da ultimo, si veda il caso del decreto sulla Robin Tax appena bocciato dalla Consulta. Le censure proponibili sul piano della costituzionalità non sono poche, compresa quella della ragionevolezza della misura che esclude dall'obbligatorietà della trasformazione le cooperative di beni e servizi non bancari. E la sana e prudente gestione di una banca non può essere il passepartout che giustifica ogni limitazione e differenziazione. Tuttavia la strada giurisdizionale potrebbe essere imboccata solo come extrema ratio, qualora cioè anche proposte di emendamento logiche e realistiche venissero respinte e si pretendesse l'intangibilità del decreto, magari ponendo la questione di fiducia. Sarebbe una pericolosa prova di forza. Il precedente della normativa sulle fondazioni, testardamente voluta nella sua interezza dal governo dell'epoca e poi fulminata dalla Corte Costituzionale, dovrebbe essere un insegnamento. In effetti, la possibilità dell'accoglimento in sede parlamentare di alcuni emendamenti comincia a fare capolino, visto che un esponente del Pd ha prospettato l'opportunità di introdurre un tetto del 3 o del 5% ai diritti di voto in modo da dare vita a istituti che, pur avendo perso la natura di banche della cooperazione, vengono strutturati come public company. Non è l'optimum, ma insieme con qualche altra modifica - per esempio, la costituzione a latere della banca di una fondazione con finalità solidaristiche e mutualistiche, alimentata da una quota degli utili dell'ex Popolare, nonché la decisione sul voto plurimo - darebbe un segnale di bilanciamento delle diverse esigenze, senza scardinare la riforma. Intanto, come accennato, si pongono ai nastri di partenza per progetti di aggregazione alcune Popolari. Fra queste la Bpm, che in passato l'allora presidente, lo stesso Mazzotta, avrebbe voluto far maritare con la Popolare dell'emilia sulla base di un progetto purtroppo avversato dal personale organizzato dalla poi soppressa associazione Amici della Popolare; un'iniziativa che, se invece fosse stata realizzata, probabilmente avrebbe tolto molte delle ragioni alla tesi della necessità della riforma ex lege. Si sarebbe cioè imboccata una specie di strada di autoriforma in banche di particolare rilievo, che avrebbero potuto fungere da esempio. All'opposto, si preferì rimanere fermi e scegliere una governance che dopo poco naufragò e furono avviate iniziative giudiziarie tuttora in corso. Furono poi necessarie le capacità di Piero Montani per risalire la china con il valido seguito oggi di tutto il management della Bpm. Le aggregazioni saranno da farsi se ne esistono le condizioni, l'opportunità e, in alcuni casi, la necessità; non sono fini a se stesse; non vanno perseguite per desiderio di gigantismo; debbono continuare a mantenere attenzione al localismo, del quale si contesta la sottovalutazione da parte del governo. Insomma, si stanno aprendo opportunità, ma sono presenti anche rischi. È cruciale comunque trovare una soluzione per i problemi che il decreto pone e non dimenticare che tutto deve essere finalizzato non ai takeover o alle commissioni degli intermediari o ai capital gain, ma a far meglio corrispondere l'azione delle banche alla ragion d'essere delle stesse: tutelare il risparmio e concedere prestiti. Quanto all'indagine della Consob, Vegas, che ha precisato che l'authority ha chiesto nuovi chiarimenti a intermediari, ha assicurato rigore e tempestività.... 8

9 11 Febbraio Popolare di Milano torna al dividendo BPM - Comunicazione ai Soci - Risultato Gruppo Bipiemme al 31 dicembre 2014 Banche popolari, il Pd accetta una riforma dimezzata Linkiesta Banche popolari, il Pd accetta una riforma dimezzata Reuters Popolare di Milano torna al dividendo - Il Sole24Ore 11/02/2015 Dopo tre anni all'asciutto, Banca Popolare di Milano torna a distribuire un dividendo ai suoi azionisti. Il gruppo lombardo, infatti, ha chiuso il 2014 con utile netto consolidato pari a 232,2 milioni, in netta crescita rispetto ai 29,6 milioni del precedente esercizio. Un risultato che permetterà di proporre all'assemblea dei soci la distribuzione di un dividendo pari a 0,022 euro per azione, con un payout del 41,6%. La banca guidata dall'a.d. Giuseppe Castagna mostra così i primi segni tangibili del rilancio atteso da tempo dal mercato. E ora, in virtù del buon livello di solidità patrimoniale raggiunto, intende giocare un ruolo da protagonista nel risiko bancario che sembra aprirsi. In questa partita, Bpm pare preferire una fusione con una consorella popolare, magari altrettanto forte, mettendo così più sullo sfondo l'ipotesi di un merger con Carige, di cui sul mercato si parla da tempo. «Vedrei con più favore operazioni con altre popolari forti - spiega Castagna al Sole 24 Ore - Credo sia più ragionevole partire con una fusione tra due soggetti, che col tempo possono diventare un polo aggregante e attrarre altri soggetti». L'«ambizione», dice Castagna, è quella per cui si «arrivi alla creazione del terzo o quarto gruppo bancario italiano». Il 2014 è stato del resto l'anno del rafforzamento patrimoniale di Bpm: prima, a maggio, è stato completato l'aumento di capitale da 500 milioni. Poi, a giugno, Banca d'italia ha rimosso gli addon che pesavano sui ratio patrimoniali. Infine, a ottobre 2014, le prove della Bce hanno evidenziato un eccesso di capitale di 713 milioni di euro. Nel complesso, la banca ha portato il Common equity tier 1 (Cet1) all'11,58%, mentre solo un anno prima era al 7,21%. I risultati del 2014 segnalano tuttavia la buona performance anche sul fronte reddituale. «Nonostante un quadro macro-economico più debole del previsto e tassi d interesse ai minimi storici - dice Castagna - siamo riusciti a raggiungere risultati che hanno superato gli obiettivi di budget del piano industriale». Sull'utile ha inciso positivamente la plusvalenza di 104,5 milioni nel secondo trimestre per la vendita di una parte della quota detenuta in Anima Holding, ma anche il buon andamento delle commissioni da gestioni (+7,2% su 2013) così come il controllo dei costi (-1,2%). A migliorare sono state soprattutto le rettifiche nette su crediti deteriorati, scese a 423 milioni rispetto ai 589 milioni di fine 2013 (-28%), nonostante la banca abbia contabilizzato interamente le maggiori rettifiche richieste dalla Bce dopo l'aqr. Dal punto di vista degli aggregati, la raccolta complessiva é stata pari a 57 miliardi (+5,2%), mentre una riduzione si segnala sul fronte dei prestiti alla clientela, che scendono a 32,1 miliardi (-3,8%). Nonostante questa flessione, il manager vede a portata di mano l'obiettivo di crescita del volume degli impieghi pari al 3% nel «Lo riteniamo possibile sia in caso di crescita macro, che in caso di stabilità dello scenario economico, che comunque sta dando segnali di fiducia». L'attenzione del management è anche sui temi di stretta attualità, come il varo di una bad bank di sistema. Punto sul quale Castagna mostra cautela. Uno strumento per alleggerirsi di crediti non performanti «è sicuramente utile per il sistema Italia» e «qualora ci fossero le condizioni, con un haircut non penalizzante, lo vedremo con piacere». Tuttavia, se le condizioni prevedessero ulteriori accantonamenti, «oggi che abbiamo un patrimonio eccedente, non vediamo utile alcun sacrificio in termini economici a fronte di un rafforzamento patrimoniale e dopo un ottimo risultato dell'aqr». BPM - Comunicazione ai Soci - Risultato Gruppo Bipiemme al 31 dicembre 2014 Gentile Socio, il Consiglio di Gestione di Banca Popolare di Milano, nella riunione del 10 febbraio 2015, ha esaminato e approvato gli schemi di bilancio al 31 dicembre 2014 del Gruppo Bipiemme. Siamo orgogliosi di comunicarle che BPM ha chiuso il 2014 con un utile netto consolidato pari a 232,3 milioni, in decisa crescita rispetto a 29,6 milioni dell utile L ottimo risultato raggiunto è ancora più rilevante considerando la debolezza del contesto macroeconomico che si è riflessa, a livello di sistema, nella contrazione dei volumi di impiego e nei tassi di interesse ai minimi storici. Durante la conferenza con gli analisti per la presentazione dei risultati 2014 del Gruppo, il Consigliere Delegato, dottor Giuseppe Castagna, ha dichiarato che Banca Popolare di Milano si è rafforzata patrimonialmente, è tra le banche più solide del sistema e dopo tre anni è di nuovo redditizia" ed ha annunciato "con molta soddisfazione il 9

10 ritorno al dividendo, con un pay-out superiore al 40% e un rendimento di circa il 3%". Quest'anno BPM compie 150 anni e siamo molto orgogliosi della storia di questa banca e dello spirito cooperativo dei colleghi. Sul tema governance - ha proseguito il dottor Castagna - c'è un decreto che non ci aspettavamo, abbiamo un'associazione delle banche popolari che sta indicando quali sono i valori da preservare, attendiamo l'esito della discussione, di certo la trasformazione in Spa accelera il consolidamento. Siamo pronti a cogliere tutte le opportunità ma non è il momento per commentare, aspettiamo, abbiamo comunque carte importanti da giocarci. Ritengo si possano trovare molte sinergie. Se stand alone in tre anni noi siamo riusciti ad abbassare del 7% i costi, immagino che mettendo insieme due o più banche popolari si possano fare consistenti sinergie". Per completezza di informazione, favoriamo la lettura del Comunicato Stampa. Cordiali saluti. Segreteria Soci Banca Popolare di Milano Banche popolari, il Pd accetta una riforma dimezzata - Linkiesta 11/02/2015 «Sulla riforma delle popolari non si torna più indietro. È come per l euro». Era stato perentorio, in un intervista all Avvenire del 6 febbraio, il ministro dell Economia e Finanze Pier Carlo Padoan. Ma le ipotesi di una modifica sostanziale al decreto sulle popolari sembrano destinate a concretizzarsi: ci sarà tetto al voto per gli azionisti e forse un limite al numero di azioni che ciascun soggetto può possedere. Rimarrà insomma la trasformazione delle prime dieci cooperative bancarie in società per azioni, ma non ci sarà quello scrollone alle «posizioni di privilegio» che era stato previsto. In altri termini: per come si sta configurando la riforma sarà possibile la creazione di un paio di superpopolari (o supernove, come le ha chiamate un report di Equita di qualche giorno fa) ma saranno molto difficili gli ingressi di fondi o banche straniere. L emendamento è stato proposto dal deputato del Pd Vittorio Gitti, eletto con Scelta Civica. I relatori della legge di conversione del decreto sono i deputati Marco Causi e Luigi Taranto. Causi (Pd) ieri ha chiesto al governo di valutare la possibilità di limitare l esercizio di voto in assemblea dopo la trasformazione in spa. «È una riforma molto importante, attesa da anni - detto - e ha l obiettivo di rafforzare il sistema bancario italiano in termini offensivi e non difensivi». Ufficialmente dal governo c è stata solo una posizione di cauta apertura da parte del sottosegretario all Economia Pier Paolo Baretta: «Quando entreremo nel merito della proposta la valuteremo». Ma fonti sentite da Linkiesta fanno sapere che, al di là delle formule di rito, ci sarebbe l accordo con il governo per appoggiare il tetto del diritto di voto (in una quota non ancora precisata, probabilmente al 3% o al 5%), a cui si potrebbe aggiungere un limite al numero di azioni che si possono possedere. Il testo prevederebbe la possibilità di fare patti di sindacato. Se più soggetti si mettono assieme con quote del 2-3% l uno, non vale il limite complessivo del 5 per cento (o della soglia che sarà fissata). Del tutto tramontata, invece, l ipotesi di un voto scaglionato, in cui il peso dei voti diminuisce al crescere del numero di azioni (per esempio, se le prime azioni valgono 10 voti, le successive ne valgono 5 e così via). Troppo difficile che questo meccanismo sia accettato da Banca d Italia e Bce. Per il tetto al voto c è invece un precedente importante, fanno notare le fonti sentite da Linkiesta: quello di Unicredit, che ha un limite al voto per ciascun soggetto del 5 per cento, una formula che ha superato i vagli delle autorità italiane ed europee. «Ovviamente siamo aperti a tutti i suggerimenti migliorativi - aveva detto Padoan a L Avvenire su possibili modifiche in Parlamento -. L importante è che i principi fondamentali non siano messi in discussione, non siano stravolti»... Di certo annacquare la riforma delle banche popolari viene incontro alle richieste di mediazione di Assopopolari, l associazione di categoria delle cooperative bancarie, che nelle scorse settimane ha nominato un team di tre saggi (Angelo Tantazzi, Piergaetano Marchetti, Alberto Quadrio Curzio) per mettere a punto un autoriforma del settore. Da un punto di vista politico il Pd sceglie di puntellare l alleanza di governo con Ncd, alla vigilia della prova delle riforme (Italicum e riforma costituzionale del Senato). Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, era stato tra i più critici della riforma e si era detto «convinto» nei giorni scorsi che alla fine si sarebbe trovato un punto di incontro tra il governo e le banche coinvolte. Lupi ha dato voce a un vasto mondo cattolico che dal varo del decreto aveva fatto sentire le sue proteste.. Lo stesso Ncd aveva ventilato l ipotesi di lasciarsi le mani libere in Aula. La mossa serve anche a sterilizzare l opposizione di Stefano Fassina, esponente della minoranza Pd, che, secondo quanto riporta Libero il 7 febbraio, sarebbe stato pronto a presentare un emendamento che ripristinasse il voto capitario per le banche popolari. Le fonti sentite da Linkiesta non nascondono che lo scopo ultimo della modifica al decreto sia rendere più difficili le acquisizioni delle banche da parte di soggetti esteri.... La modernizzazione della governance e lo sdradicamento di poteri consolidati nella gestione delle cooperative bancarie, continua il ragionamento, sarebbe assicurata dalla trasformazione in Spa e dalla creazione di superpopolari. Nessuno stravolgimento, quindi, rispetto alla linea Padoan. Milano Finanza ha riportato delle manovre per la creazione di almeno due poli bancari, citando una nota di Equita: «Ci sembra uno scenario realistico che secondo noi porterà alla creazione di due poli principali di popolari, Supernove, che ruotano attorno a Ubi Banca e alla Popolare di Milano /Banco Popolare. La creazione di due Supernove avrebbe un impatto positivo sulla valutazione del settore del 25%». 10

11 Ma è vero che le banche popolari abbiano investito di più nell economia reale (leggi imprese) rispetto alle altre banche? «Se lo hanno fatto, lo hanno fatto male», sottolinea Fabio Bolognini, fondatore della società di consulenza finanziaria Linkerbiz. «Le banche popolari negli anni della crisi hanno avuto due tipi di atteggiamento. C è chi, come Banco Popolare, ha ristretto il credito. E chi, come Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ha aumentato il credito, almeno se si considerano le capogruppo e non le altre società del gruppo. Entrambi i tipi di politiche creditizie hanno però portato a grane. Non contesto che abbiano supportato le imprese, ma hanno imbarcato più sofferenze (i crediti non più esigilibili perché legati a debitori insolventi, ndr) degli altri». «Sia Veneto Banca che Banca Popolare di Vicenza - continua - dopo gli asset quality review della Bce sono state costrette (al pari di quasi tutte le altre banche popolari, ndr) ad alzare gli accantonamenti». Un quadro elaborato dalla società di revisione e consulenza Pwc mostra chiaramente come il problema sia dell entità delle sofferenze, sia della copertura meno robusta rispetto agli altri istituti di credito, riguardi soprattutto le banche popolari. Quali sarebbero gli effetti sul credito di una trasformazione delle banche popolari in Spa? Per Bolognini perché ci sia un cambiamento sull erogazione di prestiti non è importante la trasformazione in società per azioni ma la possibilità che le banche possano fare adeguati aumenti di capitale quando è necessario. «Le banche che non sono quotate e non hanno prezzi trasparenti hanno molta difficoltà a fare aumenti di capitale - commenta -. Ci sono istituti che hanno effettuato questi aumenti non collocando le azioni sul mercato, ma scaricandole sui clienti, che sono rimasti impiombati : so di casi di clienti che cercano di vendere le azioni da un anno senza successo». In questo contesto, continua il consulente finanziario, non è affatto detto che un acquisizione da parte di una banca straniera peggiori il credito. «La stessa Cariparma - spiega - acquistata da un gruppo francese (Crédit Agricole, ndr), ha mantenuto il ruolo di banca regionale e per quanto mi risulti non ha diminuito le erogazioni e le iniziative sul territorio». «Sono scettico, piuttosto - continua - sul fatto che ci siano dei capitali stranieri che veramente acquistino queste banche, che sono aziende obsolete, piene di persone e di sportelli». Chi potrebbe entrare, aggiunge, sono fondi di investimento con prospettive di tenuta a breve termine. La domanda, tuttavia, è a chi venderebbero una volta che decidessero di uscire: difficilmente alle fondazioni bancarie in crisi di liquidità. «Non ci sono motivi - conclude Bolognini - per giustificare un motivo per tenere in piedi l attuale sistema. Non ci sono prove che le spa non funzionino. Ci sono invece prove che il voto capitario crei problemi, e i casi di gestione poco trasparente di Banca Etruria, Banca Marostica, Banco Popolare prima dell arrivo dell attuale amministratore delegato Pier Francesco Saviotti, e della stessa Banca Popolare di Milano lo dimostrano. Se il sistema di voto cambia, entrano aziende con una certa pretesa di trasparenza».... Per Barni anche l arrivo di un operatore straniero non va visto come fumo negli occhi: «Quando arriva un gruppo straniero sicuramente vuole un ritorno e questo mi obbliga a essere più efficiente. Non lo vedo male, a meno che chi arrivi cambi la logica del credito: se si passa dal credito alle imprese, più tipico delle banche italiane, agli utili fatti con la finanza, si stravolge un modello e se ne impone un altro che è stato alla base della crisi finanziaria della fine degli anni Duemila». Luca Orsini, proprietario della società di investimento One Investments (uno dei soci de Linkiesta, ndr), incoraggia il governo a tirare dritto. «La riforma delle banche popolari è la cosa migliore che ha fatto il governo Renzi» commenta. «Uno dei capisaldi della democrazia aziendale deriva dal fatto che chi mette i soldi debba avere potere in misura proporzionale ai soldi che ha messo - continua -. Le banche possedute da una serie di famiglie sono gestite in maniera più efficiente. In altre banche non c è un rapporto diretto tra management e capitale, come in tutte le popolari, anche quelle strutturalmente sane. Il fatto di stare sul territorio e prestare soldi non loro fa sì che diano credito molto peggio rispetto a quelle che prestano i soldi propri, come dimostrano i dati su sofferenze e accantonamenti». Una critica che si estende al voto maggiorato previsto dal decreto Competitività del giugno 2014: «Se l intento del legislatore è di permettere la continuazione di aziende familiari dando un peso maggiore a chi era già presente, è un intento nefasto. Questa è una totale distorsione, vogliono tornare indietro al capitalismo di relazione: ovvero, dare potere a una classe dirigente che ha fallito platealmente. Basta vedere quante grandi aziende sono state distrutte e quante, pochissime, sono state create negli ultimi anni. L aumento del peso di chi ha pochi soldi - conclude - è l immagine del fallimento del capitalismo all italiana». ^^^^^^ Banche popolari, il Pd accetta una riforma dimezzata - Reuters mercoledì 11 febbraio 2015 Il decreto legge che impone alle banche popolari di maggiori dimensioni la loro trasformazione in società per azioni e il superamento della regola una testa un voto potrebbe essere votato alla Camera nel testo del governo, senza alcuna modifica che raccolga le critiche degli istituti interessati e quelle trasversali dei partiti. Lo ha detto oggi Marco Causi, relatore del Partito democratico per il decreto che dovrebbe rendere più contendibili le dieci popolari con attivi superiori a 8 miliardi, ritirando una proposta di correzione avanzata ieri. "Ho visto tra ieri e oggi dai signori delle Popolari la riaffermazione di posizioni molto conservatrici e nessuna apertura. Se così è, ritiro la proposta dei ministri", ha detto Causi a Reuters a margine dei lavori di Montecitorio. Il relatore aveva 11

12 proposto ieri di valutare la possibilità di limitare l'esercizio del diritto di voto in assemblea, mantenendo la proprietà diffusa del capitale. Il decreto fissa la trasformazione in spa entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative emanate dalla Banca d'italia. Le banche coinvolte sono 10: Ubi, Banco Popolare, Popolare Milano, Popolare dell'emilia Romagna, Popolare Vicenza, Veneto Banca, Popolare Etruria, Credito Valtellinese, Popolare di Sondrio e Popolare di Bari. Abolendo il voto capitario, il governo punta a favorire le aggregazioni in modo da avere banche più solide e in grado di aumentare il credito a famiglie e imprese. Finora l'esecutivo ha escluso di fare marcia indietro nonostante le forti resistenze anche all'interno della maggioranza rispetto all'abolizione del voto capitario. Le popolari considerano la trasformazione in spa un percorso ormai definito ma spingono per introdurre alcuni correttivi. Tra questi c'è la cosiddetta 'spa ibrida', che prevede l'introduzione di azioni a voto plurimo oltre al tetto azionario. Il Parlamento ha 60 giorni di tempo per convertire in legge il decreto, entrato in vigore il 25 gennaio scorso, ma alla Camera il percorso non si annuncia breve, dato che alle commissioni Finanze e Attività produttive hanno in programma ancora 10 giorni di audizioni. 10 Febbraio Banche Quegli incroci molto popolari Via al progetto super-popolare E Bpm rassicura i sindacati sul dl B. Akros, l'utile netto sale a 17,8 milioni Popolare di Milano, Etruria e Ubi. Pregi e difetti della riforma Renzi Popolare di Milano, Ubi e Bper. Come parte in Parlamento la battaglia sulle banche popolari Banche Quegli incroci molto popolari - Da domani il via ai consigli di amministrazione per la chiusura dei conti del 2014 A quel punto inizierà il ballo. Un settore da riordinare con le incognite Carige e Mps Il cerchio si stringe. Domani sono convocati i primi consigli di amministrazione della maggiori banche italiane. All ordine del giorno l esame dell ultimo trimestre del 2014 e, conseguentemente, si avrà la visione d assieme dell ennesimo anno di difficoltà del settore. Le voci di bilancio saranno fortemente condizionate dai pubblici suggerimenti della Banca centrale europea che vigilia direttamente su 14 istituti italiani pienamente condivisi dalla Banca d Italia, che ha in carico il resto del sistema. In sostanza, i regolatori chiedono agli amministratori tre cose: 1) profonda attività di copertura dei crediti a rischio; 2) nel caso di utili d esercizio, privilegiare la destinazione a capitale, al fine di rafforzare la struttura patrimoniale; 3) solo successivamente, procedere alla distribuzione di dividendi. Con questi vincoli, pochi possono dirsi sereni. Intesa Sanpaolo lo è, così Unicredit e Ubi. Hanno recuperato terreno negli ultimi mesi la Popolare di Milano, Bper (che mercoledì presenterà il piano industriale) e il Banco Popolare. Ma gli altri? Nelle scorse settimane è risultato evidente come la raccomandazione della Bce va a toccare soprattutto le tre banche cooperative non quotate: Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Popolare di Bari. Su questi tre istituti - guidati rispettivamente da Samuele Sorato, Vincenzo Consoli e Vincenzo De Bustis, con Gianni Zonin, Francesco Favotto e Marco Jacobini alla presidenza si concentrerà l attenzione. Perché lo stato di salute che trasparirà dal bilancio 2014 che in tutti e tre i casi non si annuncia florido sarà la base di partenza della prossima, imminente, partita di risiko. Il sistema è ancora troppo frammentato, in Europa solo in Germania si trovano più banche che in Italia e la dimensione è un fattore dal quale oggi non si può prescindere. Le mosse - Il panorama italiano è pronto per una nuova azione di consolidamento. Salvo (per ora) timide aperture, i due big, Intesa e Unicredit, si sono chiamati fuori dalla partita domestica: Unicredit è proiettato sull Europa dell Est, Intesa Sanpaolo ha in programma acquisizioni all estero. Restano, nel ruolo di possibili aggregatori, Ubi, la Milano, il Banco, la Popolare dell Emilia-Romagna. Come si muoveranno si potrà capire solo quando saranno stati resi noti i bilanci di chiusura del A quel punto tutte le carte saranno sul tavolo e le danze potranno iniziare. Non sarà però esclusivamente un riordino dell universo popolare. Su tutto il sistema creditizio italiano pesa l incognita del futuro del Monte dei Paschi di Siena. La situazione della più antica banca al mondo non accenna a stabilizzarsi. Dopo l aumento di capitale del 2014 ne è 12

13 atteso uno nuovo, a primavera, da 2,5 miliardi di euro. Le ipotesi si accavallano. Si va da un futuro stand alone, fino ad accordi con Ubi e, addirittura, con i francesi di Société Générale, tanto che proprio in quest ottica c è chi stato visto il recente arrivo a Parigi dell ex membro del comitato esecutivo della Bce, il toscano Lorenzo Bini Smaghi. Ubi potrebbe venire troppo pesantemente coinvolta in un accordo che consideri Mps nella sua globalità e potrebbe anche essere interessata ad acquisire una parte della banca senese, se si procedesse a uno «spezzatino». In particolare, il Nordest è attualmente poco presidiato dal gruppo di Victor Massiah e Mps, nell area, ha la ex Antonveneta. Parzialmente estranea al mondo delle popolari è anche l ipotesi che vede protagonista Carige. Anche in questo caso è in cantiere un nuovo aumento di capitale e anche in questo caso all ipotesi stand alone si affiancano possibili fusioni. Soluzioni industriali - La più interessante dal punto di vista industriale vede protagonista la Milano. Unendo Bpm e Carige si andrebbe a coprire un area ricca e con rare sovrapposizioni. Un ruolo importante potrebbe essere giocato da Andrea Bonomi, già azionista di Bpm, possibile futuro acquirente delle quote che la Fondazione Carige andrà a vendere nei prossimi mesi. Nel guazzabuglio di ipotesi sottostanti, tutte le opportunità sono aperte. La più chiacchierata ipotizza la fusione tra le due banche del Nordest (Vicenza e Veneto). Le sovrapposizioni non mancherebbero, ma l idea di creare un polo nazionale del credito con la testa in una delle aree più produttive d Italia, comincia a fare premio sulle profondissime rivalità personali e di campanile che ancora separano i due istituti. Nascerebbe un gruppo da sportelli, con oltre 11 mila dipendenti e 80 miliardi di attivi, una cifra che porterebbe la nuova realtà al livello della Bnl (84,8). Le due grandi popolari, Ubi e il Banco di Saviotti, potrebbero anche venir coinvolte in un movimento incrociato su Veneto e Vicenza. Si prospetta, in questo caso, la necessaria preventiva trasformazione in Spa e la quotazione in Borsa delle due banche più piccole, per rendere assimilabile il valore dei titoli, oggi sproporzionatamente a favore di Veneto e Vicenza, con imbarazzanti effetti in sede di capitalizzazione. Anche per questo le due venete potrebbero unire preventivamente le forze e poi pensare (ci sono 18 mesi di tempo) a trasformarsi in società per azioni e a sbarcare sul listino. Sulla Vicenza potrebbe manifestarsi anche l interesse della Milano di Castagna, ma secondo alcuni l operazione più sistemica sarebbe unire le due venete alle due banche della Valtellina, ottenendo un grande gruppo da 140 miliardi di attivi tangibili, 2 mila sportelli e quasi 20 mila dipendenti. Un gruppo capace di abbracciare tutto il Nord, da Trieste a Sondrio. Servirebbe, è vero, un quadruplo salto mortale, con molte complicanze e tanti campanili da abbattere. Ma sarebbe la nascita di un gruppo di dimensioni nazionali. MF-MILANO FINANZA mercoledì 10 febbraio 2015 Via al progetto super-popolare - Obiettivo: creare un polo difficilmente scalabile in vista della riforma per la trasformazione in spa Si studia un nuovo gruppo con 7-8 miliardi di capitalizzazione e filiali concentrate nel Nord Italia. Sabato scorso il consigliere delegato della Popolare di Milano Giuseppe Castagna è stato chiaro: «Il processo di consolidamento è vicino ma avverrà tra banche popolari, prima che queste si trasformino in società per azioni». Le parole pronunciate dal banchiere ai microfoni di Class Cbnc in occasione del convegno Assiom Forex hanno confermato che ciò che gli analisti chiamano merger-of-equal (fusione tra simili) è realmente una pista battuta oggi dalle banche popolari italiane. Che non si tratti soltanto di speculazione è confermato anche dal fatto che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, all'ipotesi starebbero già lavorando alcune importanti investment bank straniere in stretto contatto con i vertici di istituti cooperativi. L'obiettivo sarebbe produrre studi di fattibilità che nelle prossime settimane saranno esaminati dai consigli di amministrazione delle banche, cui spetterà ovviamente ogni decisione finale. Se il progetto prendesse quota, i soci potrebbero essere riuniti in assemblea straordinaria già nella seconda metà dell'anno, probabilmente in concomitanza con la modifica degli statuti e la trasformazione delle cooperative in società per azioni, come indica il decreto legge Renzi-Padoan. Ma entriamo un po' più nel dettaglio nel progetto. I protagonisti della super-popolare potrebbero essere due o tre soggetti, per un capitalizzazione di borsa complessiva intorno ai 7-8 miliardi di euro e con una rete commerciale concentrata prevalentemente nel Nord, ma con un numero di sovrapposizioni di sportelli gestibile. L'integrazione potrebbe non comportare la perdita dell'autonomia e dei brand anche grazie a un'architettura sui generis studiata appositamente dagli advisor. Gli istituti potrebbero infatti essere controllati direttamente da una holding quotata in borsa e depositaria delle funzioni di coordinamento e di indirizzo strategico. A valle però le banche potrebbero mantenere una propria autonomia gestionale e propri organi direttivi, aggirando in questo odo l'ostacolo principale di una fusione tra uguali, cioè il taglio delle poltrone. Per sintetizzare l'idea qualcuno 13

14 suggerisce il paragone con il Crédit Agricole, che in Francia ha trovato il giusto equilibrio tra modello federale e difesa delle specificità locali. Già lo scorso anno peraltro si era ragionato su un modello simile, con un'operazione che avrebbe potuto coinvolgere la Banca Popolare dell'emilia Romagna, Veneto Banca e uno dei due istituti valtellinesi (Creval e Popolare Sondrio ), anche se poi non se ne fece nulla. Oggi però, dal punto di vista delle banche popolari, una soluzione di questo tipo sarebbe la risposta strategicamente più articolata alla riforma delineata dal decreto legge Renzi-Padoan. Va da sé infatti che, una volta avvenuta la trasformazione in società per azioni, gli istituti popolari italiani rischieranno una svendita a prezzi da saldo. A favore di una previsione di questo genere gioca non soltanto l'eliminazione del voto capitario, ma anche il fatto che la maggior parte delle popolari (con l'eccezione di Ubi Banca ) in borsa quota oggi a forte sconto rispetto al patrimonio. Exane in un recente report stima per esempio un price to tangible book value medio per il 2015 intorno allo 0,5-0,7%. Le popolari quotate sono dunque sottostimate dal mercato, ma non dagli analisti. «L'Asset quality review ha tracciato una linea sul problema della copertura dei non performing loan», spiega il report di Exane. «Con l'eccezione del Monte dei Paschi di Siena, i coefficienti patrimoniali di tutte le banche italiane che copriamo sono a nostro parere adeguati». Sotto questo aspetto il varo di una bad bank di Stato, su cui si starebbe ragionando in queste settimane, potrebbe migliorare ulteriormente la qualità degli attivi. Se a ciò si aggiunge che, dopo la riforma, le popolari potrebbero ritrovarsi senza azionisti di riferimento e sguarnite di patti di sindacato, il pericolo appare concreto. Secondo alcuni rumor, del resto, l'avvicinamento dei gruppi creditizi esteri alle popolari italiane sarebbe già iniziato. Si mormora ad esempio di un interesse di Bnp Paribas per la Banca Popolare di Milano, anche se per il momento l'indiscrezione non trova conferme ufficiali. Di certo c'è che oggi alle banche popolari conviene giocare d'anticipo, perché lasciare l'iniziativa al mercato potrebbe rivelarsi un grosso rischio. E Bpm rassicura i sindacati sul dl - L'istituto fa il punto anche sulla modifica dello statuto in vista del probabile risiko che verrà innescato dal decreto di Renzi Un vertice informale per rasserenare gli animi nei giorni della bufera. Così viene definito l'incontro che giovedì scorso Piero Giarda, presidente del consiglio di sorveglianza della Banca Popolare di Milano, avrebbe avuto con i rappresentanti dei sindacati interni. Molti i temi sul tavolo: il decreto legge Renzi-Padoan per la riforma delle popolari, la ricerca di un compromesso parlamentare prima della conversione in legge del provvedimento e soprattutto i contraccolpi della nuova normativa su Piazza Meda e sul suo futuro immediato. Si sa infatti che per Bpm la governance è un tormentone infinito, causa in passato di non pochi dissidi con la Banca d'italia. Proprio in questi mesi l'istituto aveva in cantiere importanti modifiche statutarie che avrebbe dovuto vedere la luce entro il mese di aprile. Obiettivo della riforma sarebbe stato far spazio agli azionisti di capitale secondo una linea condivisa dalle autorità di Vigilanza e dal mercato, pur nel rispetto del modello di voto capitario. La mossa a sorpresa del governo ha però scompaginato le carte in tavola e oggi in Piazza Meda, come in gran parte delle popolari italiane, la situazione è di stand-by. Il buon senso suggerirebbe di concentrare le riforme in un unico pacchetto, da presentare agli azionisti entro i 18 mesi fissati come termine dal decreto legge Renzi-Padoan. Se la banca sceglierà questa strada, l'assemblea straordinaria potrebbe tenersi tra l'autunno del 2015 e l'inizio del 2016, una scadenza dunque ancora lontana nel tempo. Forse troppo lontana per alcune anime della banca, che tifano per una modifica anticipata dello statuto. Cambiare due volte la governance in meno di nove mesi può sembrare uno spreco di tempo e di quattrini difficilmente giustificabile di fronte ad azionisti e vigilanti. Eppure per qualcuno potrebbe valerne la pena. Ad esempio per il consiglio di sorveglianza, l'organo espressione degli azionisti che nell'attuale governance di Bpm ha un potere puramente consultivo. Se oggi si mettesse mano allo statuto per ribilanciare le funzioni dei due board, la sorveglianza avrebbe tutto da guadagnarci e potrebbe svolgere quel ruolo di supervisione strategica che lo stesso Giarda ha più volte ventilato. Anche perché, al di là delle mansioni ordinarie, supervisione strategica significa soprattutto voce in capitolo sull'articolo 39, comma t dello statuto, ossia quello relativo alla redazione dei progetti di fusione. Bpm è una candidata d'eccellenza alla prossima tornata di aggregazioni e il suo coinvolgimento in una fusione con una o più popolari appare plausibile, anche se per il momento non si ha notizia di dossier aperti. Una soluzione di questo genere, ad esempio, potrebbe sbarrare la strada ai gruppi stranieri, in prima battuta francesi, che avrebbero già messo gli occhi sul gioiellino di Piazza Meda. Mentre la speculazione galoppa, la palla è saldamente in mano al consiglio di gestione e al ceo Giuseppe Castagna. Ma è comprensibile che la partita decisiva stimoli già oggi grande interesse e forti appetiti. 14

15 B. Akros, l'utile netto sale a 17,8 milioni Nel 2014 Banca Akros, la banca d'investimento che fa capo alla Banca popolare di Milano, ha registrato un utile netto in crescita dell'81,2% a 17,8 milioni e un risultato ante imposte in miglioramento del 13,8% a 28,1 milioni. Il margine di intermediazione è diminuito dell'1,2% a 80,9 milioni, mentre le masse amministrate e gestite si sono attestate a due miliardi di euro. Per quanto riguarda il patrimonio, il Common Equity Tier 1 ratio al 31 dicembre 2014 è migliorato al 16,7%. I positivi risultati reddituali, secondo l'ad Marco Turrina, sono dovuti a una gestione aziendale «improntata allo sviluppo dell'offerta di servizi e prodotti alla clientela, al presidio dei mercati di prescelta focalizzazione e delle relative market share». Formiche.net 9/02/2015 Popolare di Milano, Etruria e Ubi. Pregi e difetti della riforma Renzi Ecco la sintesi dell'analisi della società di proxy Frontis Governance sul decreto Renzi che impone la trasformazione in società per azioni alle maggiori dieci banche popolari. Con il Decreto Legge cosiddetto Investment Compact, approvato il 20 gennaio scorso, il Governo italiano intende riformare il sistema delle banche popolari italiane, o almeno delle più grandi. Secondo le nuove norme, tutte le banche popolari con un attivo superiore ad 8 miliardi di euro dovranno abbandonare la struttura di società cooperative per trasformarsi in società per azioni. La trasformazione dovrà avvenire entro 18 mesi, attraverso una risoluzione dell assemblea straordinaria, e comporterà una vera e propria rivoluzione nella governance di alcuni tra i principali gruppi bancari italiani. Il Decreto è stato presentato tra fortissime contestazioni provenienti sia dal mondo delle banche popolari, ovviamente, ma anche da ambienti politici e sindacali. Dato che il Parlamento dovrà convertirlo in legge entro 60 giorni dalla pubblicazione, è molto probabile che possa subire delle modifiche anche rilevanti, ma il percorso verso il superamento dell anomalia delle popolari quotate italiane sembra essere stato tracciato. Tra le istituzioni coinvolte dal provvedimento, si annoverano le quotate Banca Popolare dell Emilia Romagna, Banca Popolare dell Etruria e del Lazio, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banco Popolare, Credito Valtellinese ed UBI Banca. COSA CAMBIA PER LE BANCHE POPOLARI QUOTATE - Innanzitutto, verrà meno il limite al possesso azionario, che il Testo Unico Bancario fissa all 1% del capitale per le banche popolari (salva la possibilità statutaria di ridurlo ulteriormente, fino allo 0,5%). Anche le popolari quotate saranno quindi contendibili, potendo contare sulla creazione di valore come principale, se non unica, arma di difesa da eventuali scalate ostili. Un altra rivoluzione riguarderà il meccanismo di voto assembleare. Solo gli azionisti registrati da almeno 90 giorni (definiti soci per differenziarli dagli altri azionisti) hanno diritto a partecipare alle assemblee delle società cooperative quotate. Ciascun socio, poi, ha diritto ad un solo voto, indipendentemente dal numero di azioni possedute, e quindi dall impegno economico nella società. Trasformandosi in SpA, anche le popolari dovranno adottare il principio un azione un voto, e quindi garantire a tutti gli azionisti la parità di trattamento e di diritti (fatta salva la nuova possibilità offerta dal legislatore italiano di attribuire il maggiorato, che però difficilmente potrà applicarsi alle nuove popolari spa, dato l azionariato almeno inizialmente estremamente frazionato). IL SUPERAMENTO DI UN ANOMALIA - La riforma mira quindi a superare un anomalia che non si riscontra in altri mercati, e che ha contribuito a fare delle grandi banche popolari italiane una figura ibrida, a metà strada tra la grande banca universale e l ente mutualistico a forte connotazione territoriale. Il tema delle popolari quotate italiane è stato più volte affrontato in questo blog, sottolineando come tale struttura metta a rischio sia il perseguimento dell obiettivo primario di una qualsiasi società quotata, ovvero la creazione di valore per i propri azionisti, che gli scopi mutualistici tipici di una cooperativa. Il sistema delle banche cooperative, cui appartengono le popolari, è nato nella seconda metà del 1800 in Germania, dove ha trovato anche la maggiore diffusione. Proprio il sistema tedesco è stato preso come riferimento da molti oppositori della trasformazione in SpA, come modello di efficienza della finanza mutualistica. L anomalia del sistema italiano, però, risiede proprio nel consentire la quotazione in borsa delle cooperative, cosa che non avviene per eingetragene Genossenschaft (ovvero società cooperative registrate) in Germania. La quotazione delle azioni delle banche popolari non solo ne influenza notevolmente la governance, ma si pone addirittura in contrapposizione con le finalità mutualistiche che tali istituti dovrebbero perseguire. Gli obiettivi di una società quotata, che deve necessariamente confrontarsi sui mercati internazionali, non possono che essere incompatibili con il forte orientamento di supporto al territorio che dovrebbe caratterizzare le banche popolari e le cooperative. Di contro, la completa esclusione degli azionisti indipendenti (e quindi del mercato) dalla vita societaria, comporta il rischio che prevalgano interessi non sempre compatibili con la creazione di valore nel lungo periodo. Grazie alla differenziazione tra socio ed azionista non registrato, infatti, la grandissima maggioranza dei votanti alle assemblee delle popolari italiane è rappresentata da dipendenti, i cui interessi non 15

16 sempre coincidono con quelli della maggioranza degli azionisti. Si pensi, ad esempio, all interferenza nella gestione societaria dell associazione di azionisti della Banca Popolare di Milano, gli Amici della BPM, di origine sindacale e costretta allo scioglimento nel 2012, dopo interventi sanzionatori della Consob, ispezioni di Banca d Italia ed indagini della Procura. Inoltre, decisioni di fondamentale importanza per la vita della società sono prese da una quota minima, se non insignificante, del capitale sociale. In media, solo l 11% del capitale era presente alle assemblee delle 4 maggiori popolari nel 2014, ed il bilancio 2013 è stato approvato in media solo dal 6,5% del capitale (appena lo 0,38% in Banca Popolare di Milano). È innegabile che un sistema del genere non può essere compatibile con la tutela degli interessi di tutti azionisti, principio fondamentale di una buona governance di qualsiasi società quotata. La politica di remunerazione, ad esempio, è di fatto approvata da dipendenti che possono trovarsi in una chiara situazione di conflitto di interessi, essendo direttamente coinvolti dalle politiche stesse. Popolare di Milano, Ubi e Bper. Come parte in Parlamento la battaglia sulle banche popolari La senatrice di Forza Italia, Cinzia Bonfrisco, svela a Formiche.net i contatti tra le forze politiche critiche del decreto legge, che sarà da oggi all'esame delle commissioni parlamentari. E apre al modello duale proposto da Assopopolari invece dello scenario imposto dal governo Renzi con il provvedimento sulle dieci maggiori banche popolari. Associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, economisti, formazioni politiche. È un mondo vasto e combattivo quello che vuole contrastare e fermare il blitz sferrato dal governo di Matteo Renzi per trasformare entro 18 mesi le 10 più grandi banche popolari italiane in società per azioni. L endorsement di Via Nazionale - Riforma che ha ricevuto l aperto supporto del governatore della Banca d Italia Ignazio Visco: L approdo a un assetto societario che accresce la capacità di ricorso al mercato dei capitali e la più ampia partecipazione dei soci in assemblea riduce il rischio di concentrazioni di potere in capo a gruppi minoritari organizzati. - La proposta di Assopopolari - La volontà dell esecutivo, pur tra le mille acrobazie verbali utilizzate per giustificare il provvedimento, è chiara. Ma lo è altrettanto l opposizione di Assopopolari, storica sigla che aggrega e rappresenta la galassia degli istituti creditizi a carattere mutualistico e cooperativo. La quale, per bocca del presidente Ettore Caselli, propone un progetto di auto-riforma ricco di rilevanti aperture alle logiche del mercato. La direzione è quella del cosiddetto modello ibrido, che consente di eleggere il consiglio di amministrazione delle banche tramite due canali differenti. Gli investitori istituzionali esprimono un numero di consiglieri proporzionali alla quantità di azioni detenute, mentre gli altri soci continuano a servirsi del voto capitario : la volontà di tutti vale uno a prescindere dal capitale posseduto. Una ricetta alternativa prevede la creazione di fondazioni in grado di controllare le nuove società per azioni per impedire scalate esterne Febbraio Popolari, Padoan tira dritto: Avanti sulla riforma. Il ministro del Tesoro: prendano atto che il mondo cambia. E conferma la bad bank - La Stampa 6/2/2015 Il governo tira dritto sulla riforma delle Popolari e accelera sulla realizzazione di una bad bank «di sistema» per la gestione dei crediti in sofferenza. «Sulle Popolari c era bisogno di una accelerazione. considerato che un riordino era fermo» da decenni, dice il ministro del tesoro Padoan, convinto che il decreto «rafforzerà una rafforzare una parte importante del sistema che ha fatto bene e farà ancora meglio. Le banche prendano atto che il mondo è cambiato». Ma all orizzonte c è anche la bad bank, ammette Padoan. «Stiamo lavorando su un metodo di gestione dei crediti in sofferenza che può avere varie forme. Sicuramente il mercato avrà un ruolo molto importante». Un progetto che incassa il plauso dell Abi. Creare una bad bank in Italia «non servirebbe a salvare le banche, come nel caso spagnolo e in altri europei» bensì a favorire «una più accelerata ripresa del credito», dice il direttore generale Giovanni Sabatini. «Il profilo degli aiuti di Stato si porrebbe come meno stringente, ma ovviamente è un tema da verificare con la commissione europea - aggiunge -. Credo sia un meccanismo che può accelerare la riduzione del peso delle sofferenze nei bilanci delle banche e può aiutare una più accelerata ripresa dell economia». CORRIERE ECONOMIA lunedì 9 febbraio

17 4 Febbraio Banche popolari, sì all autoriforma. BANCHE Il decreto legge per la trasformazione in Spa Renzi mette all'angolo angolo le popolari Il premier: «Pronto a porre la fiducia». Ma il Pd apre e oggi la lobby del settore proverà il negoziato. Bcc, è pressing per l'autoriforma. Popolari, si apre al compromesso - Nel rapporto prevista la trasformazione in spa con opportuni correttivi e modelli cooperativi ibridi - Nel primo caso le banche propongono misure a tutela dei soci più piccoli. Non è escluso il voto plurimo. Una bocciatura trasversale. Banche popolari, sì all autoriforma - Renzi: «Pronti a mettere la fiducia sul decreto per dare credibilità all Italia» - IL SOLE 24 ORE mercoledì 4 febbraio 2015 Due o tre scenari. Un mix di soluzioni da cui partire per avviare un dialogo fruttuoso con il Governo. Andrà in questa direzione il progetto di autoriforma del settore delle banche popolari che oggi sarà al vaglio dei vertici di Assopopolari. Nel pomeriggio, nella sede milanese di Bper, la commissione dei tre saggi (formata dagli accademici Angelo Tantazzi, Piergaetano Marchetti e Alberto Quadrio Curzio) presenterà al consiglio d amministrazione dell associazione la proposta (o meglio le proposte) di evoluzione della governance per una sua approvazione. Un lavoro a cui il gruppo di esperti nominato dal presidente Ettore Caselli si stava dedicando da qualche settimana, e che ora, di fronte alla mossa a sorpresa del governo, ha subìto una violenta accelerazione. A quanto risulta, tra gli scenari a cui gli esperti hanno lavorato c è anche quello della cosiddetta Spa ibrida, che prevedendo il superamento del principio del voto capitario contemplerebbe anche l introduzione di un tetto al diritto di voto ai soci, che risulterebbe fissato al 5 per cento, sul modello di UniCredit. Se è vero che non viene data per abbandonata l ipotesi e la difesa ad oltranza del principio di base delle banche popolari, secondo cui una testa vale un voto, è anche vero che dentro al settore si studiano le possibili soluzioni alternative. In questo scenario, in seno all Associazione oggi emergerà una controproposta con cui attenuare l impatto di una riforma percepita come troppo violenta. Con un tetto al voto, verrebbe ridotta la possibilità di possibili scalate ostili, soprattutto da parte di gruppi stranieri. La proposta della commissione di Assopopolari appare peraltro in linea con uno degli emendamenti a cui lo stesso Pd starebbe lavorando (si veda Il Sole 24 Ore del 24 gennio). Per questo potrebbe trovare un consenso anche dentro al Governo.... D altra parte l approccio del premier Renzi non sembra lasciare spazio ad enormi margini di manovra. Ieri sera il premier si è detto pronto «anche a mettere la fiducia» sul provvedimento perchè serve a dare «credibilità all Italia».... «Un insieme di pregiudizi come su questo argomento non lo vedevo da anni - ha detto Renzi alla trasmissione Porta a Porta - Le banche vanno tolte di mano ai signorotti locali, ai soliti noti». In questo clima, l intenzione delle banche popolari potrebbe essere comunque quella di cercare la strada del dialogo ed evitare a tutti i costi un muro contro muro, i cui esiti appaiono difficilmente prevedibili. Accanto all introduzione del tetto al diritto di voto, la Commissione di saggi intende peraltro affiancare anche altre misure. Tra queste, si sta ragionando anche sull ipotesi del voto multiplo, che in teoria potrebbe dare più forza ai soci storici delle banche (associazioni o fondazioni), anche se questa soluzione al momento pare aver perso forza. Nei prossimi giorni saranno nominati i relatori del Decreto che punta a trasformare le maggiori 10 banche popolari in Spa nel giro di 18 mesi. Il provvedimento intanto sta iniziando il suo iter nelle Commissioni Finanze e Attività Produttive alla Camera, che dovranno lavorare in maniera congiunta sul decreto banche e investimenti.... Tornando a Renzi, va segnalato che ieri il premier è intervenuto anche sull ipotesi di insider trading che avrebbe interessato i titoli delle popolari nei giorni della pubblicazione del provvedimento. «Se qualcuno, chiunque sia o comunque si chiami, ha utilizzato informazioni riservate per far questo, io stesso chiederò un indagine rigorosa alla Consob e ad altri, così che pagherà fino all ultimo centesimo e all ultimo giorno». 17

18 BANCHE Il decreto legge per la trasformazione in Spa Renzi mette all'angolo angolo le popolari Il premier: «Pronto a porre la fiducia». Ma il Pd apre e oggi la lobby del settore proverà il negoziato. IL GIORNALE mercoledì 4 febbraio 2015 Matteo Renzi procede come uno schiacci sassi sulla riforma delle banche popolari, chiarendo di essere pronto «a porre la fiducia» in Parlamento pur di vedere le prime dieci tramutate in spa. Occorre togliere le mutue «di mano ai signorotti locali», ha insistito il premier a Porta a Porta: «È giusto che chi mette più soldi abbia più diritti». Questo pomeriggio il vertice di Asso popolari, la lobby del settore, dovrebbe riporre l'idea idea di andare alla guerra totale e tentare un negoziato politico che ammorbidisca il grande salto: la priorità è arginare lo strapotere che avrebbero raider e fondi nei nuovi istituti, una volta caduto il voto capitario. Il «ventaglio» di proposte per l'autoriforma autoriforma elaborata dai tre saggi dovrebbe in particolare chiedere un limite ai diritti di voto molto inferiore al 5 % (si dice 1-2 %) e di dare spazio ai piccoli soci in cda tramite il voto plurimo. In sostanza, le mutue accettano di diventare contendibili ma venderebbero cara la pelle, perché per conquistarle servirebbe un'opa Opa. Allo stesso modo si vorrebbe chiedere non 18 ma 24 mesi di tempo per la trasformazione. Restano tuttavia gruppi che propendono per la soluzione più conservativa della popolare «ibrida». Oggi «falchi» e «colombe» si dovranno quindi contare in Asso popolari: all'ultimo ultimo vertice il Banco Popolare di Carlo Fratta Pasini era apparso molto determinato così come la Popolare Bari, mentre più sfumati erano gli animi di Ubi e Bpm.... Bcc, è pressing per l'autoriforma - Il governo spinge perché il sistema metta mano alla revisione del modello. Si vuole evitare un altro intervento per decreto. Obiettivo: migliorare la governance senza snaturare la missione delle banche. Non solo banche popolari. Anche il credito cooperativo, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sarebbe finito sotto la lente dell'esecutivo, pur non essendo ricompreso nel decreto approvato a fine gennaio scorso dal Consiglio die ministri. Parallelamente all'approvazione del provvedimento per la trasformazione in spa delle popolari più grandi, infatti, dal governo sarebbe partita una sorta di moral suasion verso il mondo delle Bcc, per fare in modo che anche questa categorie di banche cambi pelle, muovendosi però nella direzione di una sorta di autoriforma del sistema. D'altronde bisogna ricordare che. in un primo momento, sembrava che l'intervento deciso dal premier, Matteo Renzi, dovesse riguardare non solo le popolari, e tra queste quelle con attivi superiori agli 8 miliardi di euro come è poi stato, ma tutto il sistema che oggi gode di regole diverse da quelle delle banche organizzate in forma di spa, quindi anche quelle di credito cooperativo. Insomma, non c'è da meravigliarsi se l'esecutivo, pur rinunciando a un intervento d'imperio, abbia comunque alzato il pressing sulle bcc perché modifichino almeno alcuni degli elementi che ne fanno un modello completamente diverso. Anche perché è la stessa Banca d'italia a sostenere la necessità di intervenire in questa direzione. In una recentissima intervista il governatore Ignazio Visco ha sottolineato, in merito alle banche di credito cooperativo, che «bisognerà agire per portare anch'esse a un grado di integrazione e di efficienza operativa migliore». Insomma, gli indizi che il dossier sia effettivamente aperto ci sono tutti. A questo punto quale piega potrebbe prendere la riforma che dovrebbe interessare soprattutto la governance? Qualche indizio si può trovare ancora una volta nelle parole che il governatore Visco pronunciò già nel «In molte bcc il passaggio al nuovo modello di operatività non è stato sostenuto dalla revisione dei meccanismi di governance, necessaria a fronteggiare l'accrescersi dei rischi. Restano ricorrenti alcuni aspetti di debolezza che è urgente rimuovere e sui quali è alta l'attenzione della Vigilanza sul piano dei controlli e dell'azione di intervento». Tra gli aspetti di debolezza del sistema di governance, Visco nel suo intervento aveva messo in luce «competenze non sempre adeguate degli esponenti aziendali e scarso rinnovo degli organi collegiali, fattori che facilitano il consolidarsi di posizioni egemoni». A questo faceva seguito un basso grado di incisività e di indipendenza dei collegi sindacali che, secondo l'opinione di Visco, avevano in diversi casi pregiudicato l'utilizzo efficace e virtuoso dei vantaggi di conoscenza derivanti dalle strette relazioni delle bcc con i propri soci-clienti, favorendo scelte allocative inefficienti. Alcuni passi avanti, in questi anni, sono già stati fatti, ma non è mai arrivata una vera e propria riforma del sistema... L'autoriforma, voluta dell'esecutivo di concerto con gli organi di vigilanza, punterebbe a migliorare alcuni meccanismi di governance, ma senza snaturare l'identità di un modello di fare banca che rimane importante per il territorio. 18

19 Popolari, si apre al compromesso - Nel rapporto prevista la trasformazione in spa con opportuni correttivi e modelli cooperativi ibridi - Nel primo caso le banche propongono misure a tutela dei soci più piccoli. Non è escluso il voto plurimo. Qualunque sia l'esito della trattativa in corso con il governo, alle banche popolari italiane va dato atto di un concreto sforzo di autoriforma. Ieri il consiglio di amministrazione di Assopopolari si è riunito per esaminare la bozza elaborata dalla cosiddetta commissione Tantazzi, il think tank che oltre all'ex presidente di Borsa Italiana Angelo Tantazzi comprende l'economista Alberto Quadrio Curzio e il notaio Piergaetano Marchetti. Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, il documento (che dovrebbe essere trasmesso quanto prima alla Commissione finanze della Camera) non prevederebbe una sola strategia, ma un ventaglio di ipotesi che costituirà la base del dibattito parlamentare. Gli scenari contemplati si distinguono in due macrocategorie: modelli cooperativi ibridi e società per azioni con opportuni elementi correttivi. I primi consentono di eleggere il consiglio di amministrazione (o il consiglio di sorveglianza nel caso di sistema di governance duale) tramite due canali differenti: gli investitori istituzionali esprimono un numero di consiglieri proporzionali al numero di azioni detenute, mentre il resto del corpo sociale continua a servirsi del voto capitario. Una soluzione di questo genere permetterebbe di accrescere il peso degli investitori istituzionali, pur senza penalizzare i meccanismi di governance tradizionale, secondo uno schema sul quale a suo tempo aveva lavorato la Banca Popolare dell'emilia Romagna. Nel caso, invece, si decidesse di percorrere l'opzione della società per azioni, l'associazione presieduta da Ettore Caselli suggerisce di introdurre correttivi che favoriscano la rappresentanza dei soci piccoli e di quelli stabili. Tra le soluzioni sul tavolo ci sarebbe l'emissione di titoli con diritto di voto plurimo e altri meccanismi di ponderazione dei pacchetti azionari. Sullo sfondo resta poi l'ipotesi di introdurre limiti precisi al possesso, che potrebbero attestarsi al 5% rispetto all'attuale 1%. Affiancati dal drastico aumento delle deleghe di voto previsto dal decreto legge Renzi-Padoan (che le porta tra 10 e 20), i nuovi limiti rappresenterebbero una significativa concessione agli azionisti di capitale, finora penalizzati dalle maglie troppo strette del sistema di voto capitario. Se insomma la bozza Tantazzi non esclude nessuno scenario, è chiaro che la soluzione favorita resta la conservazione del modello cooperativo. Anche perché la riforma voluta dal governo presenterebbe «dubbi di legittimità costituzionale», come evidenziato dal comunicato di Assopopolari. L'auspicio è comunque quello di raggiungere un compromesso attraverso il dibattito parlamentare. «Nella consapevolezza che modernizzare vuol dire riformare e non cancellare, l'associazione si conferma disponibile a un confronto con il Governo, nella speranza di contribuire all'individuazione di una soluzione condivisa, nell'interesse del sistema e del Paese», si legge nella nota diffusa dall'associazione guidata da Ettore Caselli che proprio giovedì 12 sarà in con quella del presidente, come si evince dalle dichiarazioni rilasciate dopo il cda.... A questo punto la palla passa al Parlamento, che nelle prossime settimane cercherà di trovare un compromesso tra gli istituti e il governo. Il calendario dei lavori prevede che martedì prossimo la Camera voti sui presupposti di costituzionalità del decreto, dando così il via ai lavori della Commissione Finanze. L'ok di Montecitorio dovrebbe arrivare per la fine del mese. L'esito della partita risulta comunque ancora incerto. Esiste infatti la concreta possibilità che l'esecutivo blindi il testo uscito martedì 20 gennaio dal Consiglio dei ministri, ponendo la fiducia e sgombrando in tal modo il campo da qualsiasi soluzione di compromesso. Una bocciatura trasversale. Sulla riforma delle popolari la battaglia parlamentare è alle porte, anche se la decisione del governo di porre la fiducia potrebbe sbarrare la strada a soluzioni di compromesso. Intanto sono già quattro le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione in vista della votazione di martedì prossimo. I documenti, sottoscritti rispettivamente da Lega Nord, Forza Italia, Sel e Movimento Cinque Stelle e consultati da MF-Milano Finanza, concordano sulla netta bocciatura del provvedimento, pur soffermandosi su aspetti diversi

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