ANTROPOLOGIA. Il manuale di Scienze umane NUOVA EDIZIONE. per il secondo biennio e quinto anno. Ambiente educativo Digitale CONTENUTI INTEGRATIVI

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1 Vincenzo Matera Angela Biscaldi ANTROPOLOGIA NUOVA EDIZIONE Il manuale di Scienze umane per il secondo biennio e quinto anno Ambiente educativo Digitale LIBRO MISTO E-BOOK CONTENUTI INTEGRATIVI

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3 ANTROPOLOGIA Il manuale di SCIENZE UMANE NUOVA EDIZIONE Ambiente educativo Digitale Libro digitale sfogliabile (PDF) Testo del libro misto in formato elettronico Contenuti Digitali Integrativi Esercizi, dimostrazioni, schemi, immagini, documenti collegati al libro misto Libreria Digitale Archivio online dei libri digitali adottati ebook Fruibile online e offline, integrato con tutte le risorse e i servizi LIM Risorse e suggerimenti per insegnare con la Lavagna Interattiva Multimediale InClasse Piattaforma di e-learning per l insegnamento personalizzato Portali tematici Aree online per aggiornarsi, preparare lezioni, contattare autori ed esperti Minisiti di prodotto Contenuti web collegati al libro misto RISORSE DIGITALI LIBRO MISTO STRUMENTI E SERVIZI Formazione e assistenza Corsi, eventi, seminari, assistenza online e sul territorio Competenze Risorse per organizzare la didattica per competenze Didattica inclusiva Strumenti per una didattica a misura dei singoli studenti (DSA-BES) Estensioni multimediali Risorse digitali offline su Pen Drive, Cd/Dvd Rom Invalsi Esercizi per prepararsi alle prove nazionali App Frasari linguistici, dizionari, letture in italiano e in lingua CLIL Materiali per la didattica in lingua straniera Insegnare, imparare, crescere deascuola.it

4 ebook Scopri e usa i nostri ebook su bsmart, l App realizzata per dare una marcia in più al tuo studio. In classe, a casa o dove preferisci. È facile. È multidevice. È online e offline! Con l App bsmart, consultare i tuoi ebook è facile e intuitivo. Installa e apri l App su tutti i tuoi device. Scarica gli ebook nella versione integrale, in quella base senza risorse multimediali (che potrai scegliere di scaricare quando ti servono), o a singoli capitoli e consultali quando e dove vuoi! È personalizzabile. È sincronizzabile. È sempre aggiornato! Scrivi note, evidenzia, ritaglia. Studia con i contenuti creati per te: mappe interattive, presentazioni, video, esercizi e link a pagine web di approfondimento. Poi salva le personalizzazioni fatte da te e dall insegnante una sola volta e le avrai disponibili su tutti i device che utilizzi di solito. Così l ebook sarà ancora su tutti i tuoi dispositivi! Attiva il tuo ebook in tre semplici passaggi. >> 1 REGISTRATI A DEASCUOLA.IT o effettua il login se sei già registrato.

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6 internet: deascuola.it Redattore responsabile: Lorena Melchiorre Redazione e ricerca iconografica: Ginevra Scotti Redazione digitale: Camilla Elena Fuoco Tecnico responsabile: Daniela Maieron Progetto grafico: Daniela Maieron Copertina: Simona Corniola, Michele Riffaldi Impaginazione e prestampa: Fotocomposizione Garon snc Cremona Art Director: Nadia Maestri Il progetto dell opera, di Vincenzo Matera e Angela Biscaldi, è stato realizzato congiuntamente dagli Autori. Sono da attribuire specificatamente: a Vincenzo Matera il coordinamento, le Unità 1, 3, 5; ad Angela Biscaldi le Unità 2 e 4; a entrambi gli autori l Unità 6. I Laboratori e le Verifiche sono a cura rispettivamente di Marco Traversari e di Elena Maggio. Proprietà letteraria riservata 2015 De Agostini Scuola SpA Novara 1ª edizione: gennaio 2015 Printed in Italy Le fotografie di questo volume sono state fornite da: De Agostini Picture Library, Corbis, Dreamstime, Getty Images, istockphoto, Shutterstock. Immagini in copertina: Shutterstock Ricerca iconografica per la copertina: Cristina Colombo L Editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare eventuali omissioni o errori di attribuzione. Nel rispetto del DL 74/92 sulla trasparenza nella pubblicità, le immagini escludono ogni e qualsiasi possibile intenzione o effetto promozionale verso i lettori. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte del materiale protetto da questo copyright potrà essere riprodotta in alcuna forma senza l autorizzazione scritta dell Editore. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte del materiale protetto da questo copyright potrà essere riprodotta in alcuna forma senza l autorizzazione scritta dell Editore. Il software è protetto dalle leggi italiane e internazionali. In base ad esse è quindi vietato decompilare, disassemblare, ricostruire il progetto originario, copiare, manipolare in qualsiasi modo i contenuti di questo software. Analogamente le leggi italiane e internazionali sul diritto d autore proteggono il contenuto di questo software sia esso testo, suoni e immagini (fisse o in movimento). Ne è quindi espressamente vietata la diffusione, anche parziale, con qualsiasi mezzo. Ogni utilizzo dei contenuti di questo software diverso da quello per uso personale deve essere espressamente autorizzato per iscritto dall Editore, che non potrà in nessun caso essere ritenuto responsabile per eventuali malfunzionamenti e/o danni di qualunque natura. Eventuali segnalazioni di errori, refusi, richieste di chiarimento/funzionamento dei supporti multimediali o spiegazioni sulle scelte operate dagli autori e dalla Casa Editrice possono essere inviate all indirizzo di posta elettronica info@deascuola.it.

7 PRESENTAZIONE Questa nuova edizione del manuale di Antropologia, dedicato agli studenti dei Licei delle Scienze Umane, offre una panoramica completa degli autori e delle teorie elaborate in ambito antropologico, affiancandola a una trattazione per temi che mantiene un occhio di riguardo per gli argomenti vicini ai vissuti dei ragazzi. Il volume, infatti, propone in parallelo un approccio tematico e un approccio storico cronologico allo studio dell antropologia e si prefigge un duplice obiettivo: da un lato offrire uno strumento didattico che possa contribuire a valorizzare al massimo le potenzialità di questo percorso liceale così come è stato definito dalle Indicazioni Nazionali; dall altro muovere un passo in direzione della realizzazione di un progetto culturale organico e articolato che vede al centro le scienze umane e sociali e il loro insostituibile valore in quanto strumenti critici per studiare l uomo e il suo mondo. Gli argomenti sono scanditi secondo sei unità. Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA Il corso si apre con la scoperta della diversità culturale e con la definizione di antropologia, articolate attorno ai temi centrali dell etnocentrismo e del relativismo culturale. Unità 2 LE STRUTTURE CULTURALI In questa seconda unità vengono presentate due prospettive teoriche dell antropologia novecentesca: il funzionalismo britannico e lo strutturalismo francese, entro le cui cornici teoriche sono emersi i temi più importanti per il discorso antropologico della prima metà del Novecento: la parentela, la religione (il mito e il totemismo), le strutture sociali e culturali e, dal punto di vista metodologico, l osservazione partecipante. Unità 3 LE DINAMICHE DELLA CULTURA L unità 3 affronta la questione cruciale del cambiamento culturale, del rapporto fra tradizioni e modernità, e delinea le dinamiche di base proprie dei fenomeni culturali, di cui oggi tutti noi facciamo esperienza. Unità 4 LE DIMENSIONI CULTURALI DELL ESISTENZA Vengono analizzati tre campi tematici molto vasti e oggi al centro della riflessione degli studiosi: l identità, il potere, il sacro. Siamo nella seconda metà del ventesimo secolo, periodo in cui in antropologia si afferma il paradigma dell interpretazione, di cui è padre l antropologo statunitense Clifford Geertz. Unità 5 CULTURE IN VIAGGIO Vengono illustrate le dinamiche culturali che attraversano le società contemporanee, a partire dal contatto ravvicinato fra le diversità, fenomeno sociale che caratterizza il tempo presente. Un ruolo cruciale in questo contesto è ricoperto dai media, sia quelli tradizionali sia i cosiddetti new media, che amplificano i processi culturali in atto. Unità 6 INTERSEZIONI, DIRAMAZIONI, PROFESSIONI L ultima unità presenta gli intrecci fra l antropologia e altri ambiti disciplinari, come la letteratura; offre poi un quadro delle possibili applicazioni del sapere costruito dall antropologia, in campi come lo sviluppo o la medicina; si conclude con alcune schede professionalizzanti, in cui vengono suggeriti possibili mestieri per l antropologo.

8 VI PRESENTAZIONE PERCORSI DIDATTICI CHIARI Gli argomenti principali delle unità sono presentati in maniera chiara nelle aperture, sia nel sommario sia nella mappa concettuale. Secondo l approccio della flipped classroom o classe capovolta agli studenti viene proposto un racconto audio da ascoltare a casa per cominciare a conoscere gli argomenti dell unità. Sempre in apertura sono evidenziati i traguardi per le competenze che suggeriscono il percorso per sviluppare le competenze disciplinari attese. SUPPORTI ALLO STUDIO Gli studenti sono aiutati nella comprensione e nello studio da brevi titoli e mappe nel colonnino a lato del testo, da un glossario in pagina e da frequenti esemplificazioni. I contributi presenti nell ebook sono segnalati da icone che ne definiscono la natura (pdf, video, esercizio ecc.).

9 PRESENTAZIONE VII SCHEDE INTERDISCIPLINARI Nei volumi sono proposte numerose schede di letteratura, etnografia, storia, cinema, attualità che approfondiscono, con tagli diversi, gli argomenti del testo. TESTI ANTOLOGICI Viene offerta un ampia selezione dei brani antologici, tratti dalle opere più significative dei principali autori, alcuni dei quali nella versione ebook sono consultabili anche in lingua inglese o francese. Tutti i testi sono accompagnati da un introduzione e dalle note, per consentire agli studenti la lettura autonoma dei passi significativi di queste opere fondamentali della disciplina.

10 VIII PRESENTAZIONE VERIFICHE E LABORATORI Alla fine di ogni unità è presente un cospicuo insieme di esercizi per verificare la preparazione: a risposta chiusa, scelta multipla, completamento, elaborazione di testi. Sono inoltre proposti vari laboratori per lavori di ricerca sul campo da affrontare singolarmente o in gruppo. L EBOOK La versione ebook del corso potenzia l offerta didattica, mettendo a disposizione di studenti e insegnanti approfondimenti, documenti e testi antologici integrativi in formato pdf, video sugli autori principali, audio in formato mp3 delle cornici storiche e delle sintesi per il ripasso, esercizi interattivi, collegamenti web e testo liquido ad alta leggibilità e audiolettura in modalità karaoke. Le risorse dell ebook VIDEO E ANIMAZIONI PRESENTAZIONI APPROFONDIMENTI, DOCUMENTI, SCHEDE, TESTI ANTOLOGICI AUDIO ESERCIZI INTERATTIVI WEB LINK CLIL Nelle pagine del manuale i contributi digitali sono indicati dalle relative icone e possono essere utilizzati dal singolo studente su PC o tablet e dalla classe attraverso la LIM.

11 IX Indice 2 Linea del tempo Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA DEFINIZIONI E TEMATICHE Che cos è l antropologia 6 Il sapere della differenza 7 Il metodo antropologico 7 Antropologia del centro e antropologie periferiche Il concetto di cultura 9 La definizione di Tylor 10 Dalla Cultura alle culture 12 La cultura come flusso di significati Etnocentrismo e relativismo culturale 18 Il relativismo come stile intellettuale AUTORI E TEORIE Testi 1-7 Che cos è il lavoro antropologico di M. Kilani, 19 Etnografia e antropologia di C. Geertz, 20 Il concetto di cultura di C. Geertz, 21 La cultura come rete di significati di U. Hannerz, 23 L etnocentrismo di I. Signorini, 24 Le culture sono simili a treni di C. Lévi-Strauss, 25 La diversità culturale di C. Geertz, Alle origini dell antropologia: l evoluzionismo 28 L idea di progresso 29 Scheda 1 Cinema Sherlock Holmes. A Game of Shadows 30 Scheda 2 Letteratura Le avventure di Nicholas Nickleby di C. Dickens 33 La svolta evoluzionista 34 Scheda 3 Storia Le grandi scoperte geografiche 36 Edward B. Tylor: l antropologia come scienza del riformatore 38 Lewis H. Morgan: la nascita dell antropologia americana 40 Il ramo d oro: James Frazer 42 Scheda 4 Storia Il colonialismo 44 Scheda 5 Etnografia Aborigeni australiani Dall evoluzionismo al diffusionismo 46 Diffusione e globalizzazione culturale La nascita dell antropologia culturale statunitense: Franz Boas 48 La matrice filosofica del pensiero di Boas 49 Il pensiero di Boas 51 Il superorganico: Alfred L. Kroeber 52 Ruth Benedict e Margaret Mead: cultura e personalità 54 Scheda 6 Etnografia Indiani d America Gli indiani delle praterie Unità 1 CLASSE CAPOVOLTA: AUDIORACCONTO TESTI Caratteristiche generali dei sistemi di parentela di L. H. Morgan Il problema razziale di F. Boas Magia, religione e scienza di J. G. Frazer CLIL da C. Geertz da U. Hannerz SCHEDE Attualità: Diversità culturali e diritti umani Storia: La rivoluzione industriale VIDEO Hotel House, Porto Recanati Intervista a Clifford Geertz (in inglese, con sottotitoli) L antropologia di Margaret Mead Temere la diversità culturale Vita e opere di Franz Boas APPROFONDIMENTI Il progresso secondo gli illuministi e la teoria della degenerazione L animismo per Tylor SINTESI DELLE LEZIONI ESERCIZI INTERATTIVI

12 X INDICE Testi 8-9 Il metodo comparativo di E. B. Tylor, 55 La natura della cultura di A. Kroeber, 57 METODO Il metodo comparativo degli evoluzionisti Il particolarismo storico 61 Laboratorio 01 Che cos è la cultura? Studenti e antropologi a confronto 63 Verifica Unità 1 Unità 2 LE STRUTTURE CULTURALI DEFINIZIONI E TEMATICHE La struttura sociale 69 Scheda 7 Storia La struttura della società italiana I modelli culturali 73 Scheda 8 Etnografia Cultura e personalità La parentela 76 La consanguineità 77 L affinità 77 Esogamia, endogamia 78 La parentela: un complesso di rappresentazioni riguardanti la concezione che ogni società ha dei rapporti tra gli esseri umani 78 La residenza Il simbolismo 80 Simboli riassuntivi e simboli elaboranti Pensiero scientifico 81 Il mito Conoscenza e credenza 82 Separazione tra conoscenze e credenze 83 Credenze come forma di conoscenza 85 Analogie tra conoscenza scientifica e credenze mitiche 87 Scheda 9 Etnografia La stregoneria fra gli Azande 88 Non possiamo nemmeno fidarci del buon selvaggio! 89 Scheda 10 Etnografia Una canzone zuni per la pioggia Unità 2 CLASSE CAPOVOLTA: AUDIORACCONTO TESTI Concetto di funzione nelle scienze sociali di A. R. Radcliffe-Brown Alcune forme primitive di classificazione di É. Durkheim e M. Mauss I Bororo di C. Lévi-Strauss CLIL da B. Malinowski da C. Lévi-Strauss SCHEDA Etnografia: Dio d acqua VIDEO L antropologia di Margaret Mead Popolazioni dell Alto Nilo: l antropologia di Edward Evans-Pritchard Bronislaw Malinowski e il funzionalismo britannico Intervista a Lévi-Strauss APPROFONDIMENTO L animismo per Taylor SINTESI DELLE LEZIONI ESERCIZI INTERATTIVI AUTORI E TEORIE Il funzionalismo britannico 90 Malinowski: il funzionalismo sociale 92 Radcliffe-Brown: il funzionalismo sociale 92 L eredità del funzionalismo

13 INDICE XI Lo strutturalismo di Lévi-Strauss 94 Il pensiero di Lévi-Strauss 97 Scheda 11 Letteratura Tristi Tropici di C. Lévi-Strauss 98 L eredità dello strutturalismo Testi Il significato dello scambio kula presso i Trobriandesi di B. Malinowski, 99 Che cos è la cultura? di B. Malinowski, 101 L osservazione partecipante: cogliere il punto di vista dell indigeno di B. Malinowski, 103 La magia come scienza del concreto di C. Lévi-Strauss, 105 Il concetto di struttura in etnologia di C. Lévi-Strauss, 108 La ricerca dell invariante di C. Lévi-Strauss, 111 METODO La nascita dell etnografia: l osservazione partecipante L unità metodologica del sapere tra antropologia e sociologia 115 Laboratorio 02 La famiglia del mio compagno di classe 117 Verifica Unità 2 Unità 3 LE DINAMICHE DELLA CULTURA DEFINIZIONI E TEMATICHE Potere, conflitto e cambiamento culturale 124 Modi del conflitto 126 La stratificazione sociale: integrazionisti e conflittualisti 130 Modi del cambiamento culturale Tradizione e modernità 132 Diffusione, acculturazione e diversità 133 Velocità delle innovazioni 133 Diversità e monocultura 135 Scheda 12 Etnografia Ibridazione culturale Oralità e scrittura 137 Le caratteristiche del parlato e dello scritto 140 L alfabetizzazione La cultura come conoscenza 143 L etnoscienza La cultura come comunicazione La cultura come pratica Testi Il processo di diffusione della cultura di R. Linton, 148 Orale come controparte di scritto di R. Finnegan, 148 La danza di F. Tamisari, 150

14 XII INDICE AUTORI E TEORIE L antropologia e il mutamento sociale e culturale 153 L antropologia figlia del colonialismo 154 La scuola di Manchester 154 Scheda 13 Etnografia I Bemba dello Zambia 156 Scheda 14 Etnografia Gli Ndembu 157 Scheda 15 Letteratura Un mondo di stranieri di N. Gordimer L antropologia marxista 158 George Balandier e Roger Bastide 159 Claude Meillassoux e Maurice Godelier 161 L antropologia primitivista Testi La scoperta della storia degli altri di M. Sahlins, 162 La situazione coloniale di G. Balandier, 164 Il sincretismo mistico nell America Latina di R. Bastide, 165 Il ruolo della parentela nelle società primitive di M. Godelier, 166 Unità 3 CLASSE CAPOVOLTA: AUDIORACCONTO TESTI Sistemi politici birmani di E. Leach Antropologia della schiavitù di C. Meillassoux CLIL da M. Sahlins SCHEDE Etnografia: Dio d acqua Cinema: Un mondo a parte VIDEO Documentario sulla ricerca di Godelier presso i Baruya (in inglese) Intervista a Balandier (in francese) Intervista a Godelier (in francese) SINTESI DELLE LEZIONI ESERCIZI INTERATTIVI METODO Diffusione e limiti dell osservazione partecipante 167 La ricerca sul campo 168 La comprensione dei fatti sociali 168 La spiegazione dei fatti sociali 168 Limiti dell osservazione partecipante di Malinowski 170 Laboratorio 03 Il tempio delle scienze sociali 172 Verifica Unità 3 Unità 4 LE DIMENSIONI CULTURALI DELL ESISTENZA DEFINIZIONI E TEMATICHE Il corpo 179 Le tecniche del corpo 180 Scheda 16 Attualità La chirurgia estetica non subisce la crisi L identità 182 Il concetto di persona (fr. personne, ingl. self) 183 I riti di passaggio Il potere 186 L organizzazione politica delle società 188 Scheda 17 Letteratura 1984 di G. Orwell 189 Lo studio del potere secondo l antropologia politica contemporanea 190 Scheda 18 Storia I mediatori-imprenditori di G. Gribaudi 193 Scheda 19 Etnografia Chi può e chi aspetta di A. Signorelli La dimensione del sacro 196 Il sacro

15 INDICE XIII AUTORI E TEORIE Testi Il corpo modellato e decorato di R. Finnegan, 197 L identità etnica di U. Fabietti, 200 Il rogo dei libri di U. Fabietti, V. Matera, 201 I rapporti di potere di M. Foucault, 203 La violenza simbolica di P. Bourdieu, La tradizione demologica italiana: Ernesto de Martino 205 Il pensiero di de Martino 207 I Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci 208 Scheda 20 Letteratura Cristo si è fermato a Eboli di C. Levi L antropologia interpretativa: Clifford Geertz 210 Il pensiero di Geertz 211 L eredità di Geertz Oltre Geertz: l antropologia dialogica Testi Crisi della presenza e protezione magica di E. de Martino, 213 Il paradosso dell incontro etnografico di E. de Martino, 214 Note sul combattimento dei galli a Bali di C. Geertz, 215 Per un antropologia dialogica di D. Tedlock, 219 Unità 4 CLASSE CAPOVOLTA: AUDIORACCONTO DOCUMENTO Indagine conoscitiva (Eurispes e Telefono Azzurro) sulla condizione dell infanzia e dell adolescenza 2010 TESTO Dialogo etnografico di K. Dwyer SCHEDE Attualità: Diversità culturali e diritti umani Cinema: Corpo celeste PRESENTAZIONE Il corpo VIDEO Mangiare sacro Feste e culti religiosi nel Sud d Italia Clifford Geertz SINTESI DELLE LEZIONI ESERCIZI INTERATTIVI METODO Decostruzioni etnografiche: l osservazione della partecipazione 223 Concetti vicini/concetti lontani dall esperienza 223 Le parole dell antropologia. Approccio etico/emico 224 Laboratorio 04 Perché preservare la memoria? 225 Verifica Unità 4 Unità 5 CULTURE IN VIAGGIO DEFINIZIONI E TEMATICHE L antropologia del mondo contemporaneo 230 L accelerazione della storia e il restringimento del pianeta 232 Il contatto ravvicinato con la diversità 233 Scheda 21 Cinema Un bacio appassionato Locale e globale 235 Scheda 22 Etnografia Il turismo e le storyboards dei Papua 236 Le comunità immaginate 237 Scheda 23 Attualità La moschea di Lodi 238 Scheda 24 Letteratura Scrittura cuneiforme di K. Abdolah

16 XIV INDICE AUTORI E TEORIE 239 Le culture transnazionali 240 Scheda 25 Etnografia I corrispondenti esteri 241 I panorami etnici Media e comunicazione globale 244 Media, mass media, new media 248 Antropologia dei media 250 Scheda 26 Attualità Le identità catodiche 252 Le comunità on-line 253 Deterritorializzazioni 255 Oltre il luogo Testi Gli usi della diversità di C. Geertz, 257 Luoghi e non-luoghi di M. Augé, 258 Che cos è la globalizzazione culturale? di U. Hannerz, 259 L economia culturale globale di A. Appadurai, 260 La cultura antropologica non è più quella di un tempo di J. Clifford, L antropologia della contemporaneità 265 L antropologia postmoderna e il dibattito decostruzionista 268 Scheda 27 Etnografia La retorica dell essere là 270 Le critiche al concetto di cultura 271 Studi culturali 272 La dimensione individuale Unità 5 CLASSE CAPOVOLTA: AUDIORACCONTO TESTI La deterritorializzazione di A. Appadurai Antropologia e storia di M. Augé CLIL da J. Clifford, G. Marcus SCHEDE Attualità: Sgombero campo nomadi Cinema: Un anima divisa in due Etnografia: Zingari VIDEO Film: Un bacio appassionato Intervista a Marc Augé (in francese) Intervista a Robert Kozinets (in inglese, con sottotitoli) Intervista ad Arjun Appadurai (in inglese, con traduzione) APPROFONDIMENTO Antonio Gramsci: l egemonia culturale SINTESI DELLE LEZIONI ESERCIZI INTERATTIVI Testi Scrivere le culture di J. Clifford e G. Marcus, 274 La prospettiva individuale di U. Hannerz, 274 Ripensare la cultura di U. Hannerz, 275 METODO L etnografia nel mondo contemporaneo 277 Il metodo etnografico 278 A che cosa serve l etnografia? 278 Il primato dell interazione 281 L etnografia multisito o multilocale 282 L incorporazione 283 Scheda 28 Etnografia I Mani della Grecia meridionale 284 Scheda 29 Etnografia La netnografia 285 Laboratorio 05 Culture e cibi in viaggio per il mondo 288 Verifica Unità 5

17 INDICE XV Unità 6 INTERSEZIONI, DIRAMAZIONI, PROFESSIONI IINTERSEZIONI E DIRAMAZIONI Antropologia e letteratura 298 Scheda 30 Letteratura Il giovane antropologo di N. Barley Antropologia e comunicazione 300 Etnolinguistica 301 Etnografia della comunicazione 303 Caso di studio 1 La consulenza politica e il potere della metafora 305 Antropologia dei sensi 306 Scheda 31 Etnografia Dassanech dell Etiopia 306 Scheda 32 Cinema Lost in Translation Antropologia e arte 310 Scheda 33 Etnografia Il tamburo reale dell Ankole Antropologia e sociologia Testi L antropologo come autore di C. Geertz, 312 Il linguaggio della modernità di A. Ghosh, 313 L arte è dentro la cultura di C. Geertz, 315 La purezza dell arte tribale di J. Clifford, 316 PROFESSIONI Lavorare come antropologo Antropologia medica Antropologia e diritti umani 320 Caso di studio 2 Antropologia in difesa dei diritti umani 322 Caso di studio 3 Paul Farmer: il diritto alla salute Antropologia dello sviluppo 325 Caso di studio 4 Le donne nello sviluppo 326 Caso di studio 5 Le politiche governative nell Artico canadese Antropologia e politiche pubbliche Antropologia e shopping 328 Caso di studio 6 Vendita e acquisto Testi Occorre una conoscenza approfondita dei processi di sviluppo di M. Kilani, 330 L impostura dello sviluppo di S. Latouche, 331 Unità 6 CLASSE CAPOVOLTA: AUDIORACCONTO DOCUMENTO Dichiarazione universale dei diritti umani TESTI Comunicazione come interconnessione di R. Finnegan La relatività culturale della malattia di P. Coppo PRESENTAZIONE Nascere e morire VIDEO Intervista a Clifford Geertz (in inglese) APPROFONDIMENTO La comunicazione attraverso il tatto SINTESI DELLE LEZIONI ESERCIZI INTERATTIVI 332 Laboratorio 06 Sviluppo e decrescita 334 Verifica Unità Riferimenti bibliografici 342 Sitografia 344 Indice dei nomi 347 Glossario delle Scienze umane italiano-inglese

18 2 L.H. Morgan ( ) ANTROPOLOGIA Linea del tempo E.B. Tylor ( ) E.B. Tylor, Cultura primitiva J.G. Frazer ( ) F. Boas ( ) 1896 F. Boas, Limiti del metodo A.L. Kroeber ( ) R. Radcliffe-Brown ( ) B. Malinowski ( ) R. Benedict ( ) R. Bastide ( ) M. Mead ( ) E. Evans-Pritchard G. Bateson E. de Martino C. Lévi-Strauss E. R. Leach

19 ANTROPOLOGIA LINEA DEL TEMPO 3 É. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa comparativo in antropologia 1922 R. Radcliffe-Brown, Gli isolani delle Andamane 1922 B. Malinowski, Argonauti del Pacifico occidentale ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) M. Gluckman ( ) G. Balandier (1920-) V.W. Turner ( ) J. Goody (1919-) V. Lanternari ( ) C. Meillassoux ( ) C. Geertz ( ) M. Sahlins (1930-) P. Bourdieu ( ) M. Godelier (1934-) M. Augé (1935-) 1948 E. de Martino, Il mondo magico U. Hannerz (1942-) J. Clifford (1945-) 1955 C. Lévi-Strauss, Tristi tropici A. Appadurai (1949-) 1973 C. Geertz, Antropologia interpretativa 1986 J. Clifford, G. Marcus, Scrivere le culture G. Marcus, M. Fisher, Antropologia come critica culturale 1988 J. Clifford, I frutti puri impazziscono 1996 A. Appadurai, Modernità in polvere

20 Unità 1 CLASSE CAPOVOLTA audioracconto LA SCOPERTA DELLA CULTURA S ommario DEFINIZIONI E TEMATICHE 1.1 Che cos è l antropologia 1.2 Il concetto di cultura 1.3 Etnocentrismo e relativismo culturale AUTORI E TEORIE 1.4 Alle origini dell antropologia: l evoluzionismo Scheda Letteratura Le avventure di Nicholas Nickleby di C. Dickens Scheda Storia Le grandi scoperte geografiche Scheda Cinema Sherlock Holmes. A Game of Shadows Scheda Storia Il colonialismo Scheda Etnografia Aborigeni australiani 1.5 Dall evoluzionismo al diffusionismo 1.6 La nascita dell antropologia culturale statunitense: Franz Boas Scheda Etnografia Indiani d America Gli indiani delle praterie Leggiamo: Che cos è il lavoro antropologico di M. Kilani Etnografia e antropologia di C. Geertz Il concetto di cultura di C. Geertz La cultura come rete di significati di U. Hannerz L etnocentrismo di I. Signorini Le culture sono simili a treni di C. Lévi-Strauss La diversità culturale di C. Geertz Leggiamo: Il metodo comparativo di E. B. Tylor La natura della cultura di A. Kroeber METODO 1.7 Il metodo comparativo degli evoluzionisti 1.8 Il particolarismo storico Laboratorio 01 Che cos è la cultura? Studenti e antropologi a confronto

21 la mappa Tylor ( ): concetto di sopravvivenza Nasce nel XIX secolo Centralità dei concetti di cultura e progresso ANTROPOLOGIA: studio teorico e comprensione pratica della diversità umana EVOLUZIONISMO Morgan ( ): sistemi di classificazione della parentela Frazer ( ): magia, religione, scienza Oggi: disciplina globale Metodo di studio: la comparazione Etnocentrismo Relativismo culturale Critica culturale: complessità del concetto di cultura Significato oggettivo di cultura: Tylor Molteplicità delle culture e particolarismo storico: Boas ( ), fondatore dell ANTROPOLOGIA CULTURALE Pluralità delle culture: Benedict ( ) Cultura come rete, flusso di significati: Geertz ( ), Hannerz (1942) Comprendere la nascita e l evoluzione della disciplina antropologica. Padroneggiare il lessico specifico della disciplina. Acquisire competenze civiche e di carattere sociale, oltre che sviluppare lo spirito critico, a partire dalla comprensione di concetti-chiave dell antropologia come diversità culturale, etnocentrismo e relativismo. Interagire in gruppo, valorizzando le proprie e le altrui capacità, contribuendo così all apprendimento comune. TRAGUARDI PER LE COMPETENZE

22 6 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA Studio della diversità culturale U 1 T 1, Che cos è l antropologia Il sapere della differenza L antropologia è lo studio e la comprensione pratica della diversità umana, nelle molteplici forme e modalità in cui si manifesta. La diversità appare come un dato evidente quando si osserva la specie umana: lingue diverse, credenze, idee e opinioni diverse, abitudini diverse, concezioni del mondo profondamente diverse, modi di vestire e di mangiare diversi, diverse organizzazioni della vita, della società, della famiglia, del lavoro e così via. Questa mole di diversità, che richiede di essere descritta, documentata, spiegata, interpretata, compresa, è in grandissima parte di tipo culturale, legata al fatto cioè che gli esseri umani producono cultura ( Ì U1.2 DT). L antropologia quindi si propone di studiare la diversità, nel senso che elabora teorie utili a capirla, ma è anche comprensione pratica della diversità, perché in molti casi non basta o non serve la riflessione teorica dello studioso, ma è necessario fare esperienza, vivere concretamente determinate cose per capirle. La definizione di antropologia da cui siamo partiti, poi, rende conto di importanti cambiamenti: sia i più recenti, che la disciplina ha affrontato al suo interno, sia quelli che si sono verificati al suo esterno, nelle società e nelle culture oggetto di studio degli antropologi. L antropologia è nata più di un secolo fa con riferimento specifico soltanto a una parte dell umanità, i cosiddetti selvaggi o popoli primitivi o anche società semplici oppure ancora società senza scrittura, o infine in via di sviluppo ; da qualche tempo a questa parte, invece, ha ridefinito il suo campo per comprendere tutta l umanità, senza esclusioni. L antropologia è oggi dunque una disciplina globale, il cui ambito di studio spazia da un capo all altro del pianeta, senza barriere o spartiacque di sorta. Un certo interesse verso l alterità è pressoché universale; in tutte le società e comunità umane troviamo particolari modalità di entrare in relazione nonché di concettualizzare gli altri popoli, il vicino, chi sta dall altra parte del fiume, chi sta dall altra parte del pianeta. La diversità è (in positivo o, più spesso, in negativo) parte essenziale della nostra vita di tutti i giorni, parte irrinunciabile dei modi in cui decidiamo chi siamo (grazie a, in contrapposizione a, oppure insieme agli altri). Da questo punto di vista l antropologia altro non è che una modalità storica particolarmente sofisticata di entrare in relazione con la diversità, che una società (secondo la tradizione l Inghilterra vittoriana) ha prodotto allorché si è verificata una particolare congiuntura storica, sociale, economica, culturale, ideologica che l ha vista all apice della potenza e dell egemonia rispetto alle altre.

23 1.1 Che cos è l antropologia D EFINIZIONI E T EMATICHE 7 Comparazione: metodo dell antropologia per evidenziare le differenze culturali Metodo antropologico: critica sistematica a convinzioni ritenute assolute e universali Il metodo antropologico Da un punto di vista molto generale, possiamo definire l antropologia come ragionamento sull uomo (il termine deriva da antropos uomo + logos ragionamento, discorso ). Poiché tale oggetto di studio, l uomo appunto, è straordinariamente complicato e può essere studiato sotto moltissimi differenti aspetti, parlare di antropologia significa parlare, più che di una singola specifica disciplina, di un vasto campo di studi molto articolato, indeterminato e fluido, tenuto insieme però da un particolare metodo di riflessione o, per dirla altrimenti, caratterizzato da uno stile intellettuale particolare. Elemento centrale di questo stile intellettuale (il metodo antropologico) è il confronto (o, per usare un termine più tecnico, la comparazione) fra tanti modi di vedere il mondo, le cose, se stessi e gli altri, vale a dire fra tanti modi di vivere (in termini più tecnici, fra una pluralità di universi culturali) propri di specifiche comunità umane ( Ì U1.7 M). Il confronto o comparazione è, infatti, l operazione intellettuale più adatta a mettere in risalto le differenze (e naturalmente anche le somiglianze) fra gli uomini, cioè quella diversità da cui siamo partiti, che è proprio ciò che gli antropologi desiderano studiare. Tutto questo, naturalmente, implica l idea che non ci sono a priori modi di vivere migliori di altri: per quanto possa risultare un po difficile, gli antropologi si sforzano di attenuare la convinzione che il proprio sia il migliore dei mondi possibili, per fare spazio anche ad altri mondi sociali e culturali. Fa parte del metodo antropologico, infatti, una buona dose di relativismo, che è una preziosa disposizione intellettuale alla comprensione di altri modi di dare significato al mondo e alla vita (altre culture) rispetto a quelli che abbiamo acquisito fin dalla nascita e che per questo ci appaiono naturali e dunque indiscutibili (atteggiamento noto come etnocentrismo, Ì U1.3 DT). Adottare questa disposizione significa diffidare di qualunque credenza o convinzione assoluta o data per universale ed esercitare il dubbio e l analisi critica. L antropologia, infatti, oltre a studiare le società e le culture diverse dalla nostra, o forse proprio grazie a questo, offre anche la possibilità di conoscere meglio la società e la cultura da cui l antropologo proviene, perché consente di confrontare diversi modi di vivere e di capire che molte cose si possono fare anche diversamente da come le facciamo noi. Si esprime questo concetto affermando che l antropologia produce critica culturale. Riflettere criticamente sulla propria cultura e sulla propria società è molto importante perché, fra le questioni fondamentali che l umanità dovrà affrontare nel corso del terzo millennio (che si è aperto non a caso con un violentissimo scontro, con l attentato dell 11 settembre 2001, nella foto), ci sono problemi morali, politici, economici che sempre più frequentemente emergono a causa del contatto ravvicinato fra diversità culturali. L apporto creativo dell antropologia come progetto intellettuale è centrale affinché si possano costruire modalità adeguate alla comunicazione fra culture, al dialogo fra persone che credono cose diverse e fanno cose diverse. Un progetto fondato sullo sforzo di comprendere gli altri nei loro propri termini, anche al fine di fare loro posto.

24 8 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA > > > Antropologia del centro e antropologie periferiche L antropologia si è originata e ha avuto uno sviluppo storico e teorico a partire dalla definizione di un oggetto, di una metodologia, degli obiettivi, secondo modalità comuni allo sviluppo della conoscenza nella tradizione occidentale. Così, seppure lentamente e non senza difficoltà, ha avuto accesso alle accademie, alle università ed è oggi a tutti gli effetti un settore riconosciuto della conoscenza. Dunque la disciplina antropologica è un sapere, o uno studio, condivide molti tratti con altre discipline, a essa più o meno affini, come la filosofia, la storia, la sociologia, la psicologia ecc., ma anche, su un altro versante, come la fisica, la biologia, le scienze naturali ecc. Negli Stati Uniti, il Paese dove gli studi antropologici si sono maggiormente consolidati e diffusi, esiste una suddivisione ormai classica dell antropologia in quattro discipline: l antropologia fisica, lo studio delle caratteristiche fisiche della specie umana; l antropologia socioculturale, lo studio di quella particolare produzione dell uomo in quanto animale sociale che si definisce cultura ; l antropologia linguistica, lo studio delle relazioni fra la cultura e il linguaggio. l archeologia, lo studio delle formazioni sociali e culturali del passato, che si articola ulteriormente in paleo-antropologia, la ricostruzione delle condizioni di vita dei più antichi antenati dell uomo sulla base dello studio dei resti fossili, e primatologia, lo studio degli esseri animali più vicini all uomo, appunto i Primati; Non in tutti i Paesi si fa riferimento a una suddivisione di questo tipo, per esempio in Gran Bretagna, patria tradizionale degli studi antropologici, il peso principale è sulla social anthropology, perché in quel Paese un influenza preponderante sugli antropologi è stata esercitata dal concetto di società. In Italia, invece, si sono maggiormente diffuse (almeno inizialmente) e come diramazioni più o meno dirette di un attenzione piuttosto radicata verso le tradizioni popolari nelle loro varie manifestazioni (canti e canzoni, che hanno attirato l interesse di filologi, feste e rituali, che hanno attirato l interesse di storici delle religioni) denominazioni come etnologia, lo studio degli usi e costumi di un popolo, e (in seguito) antropologia culturale. In molti Paesi del mondo l antropologia, in quanto disciplina accademica riconosciuta, non esiste. In molti altri Paesi esiste, ma è più o meno periferica. Su questo, Gupta e Ferguson: «Gli antropologi che lavorano al centro imparano presto che cosa possono e che cosa non possono ignorare: per esempio che non gli costa professionalmente nulla ignorare ciò che fanno le periferie. Il contrario non è pensabile, a meno di non voler far correre rischi alla propria professionalità e alla propria competenza: non sa nemmeno chi è XY» 1. Sarebbe estremamente interessante interrogarsi non solo sulle procedure di costruzione dell antropologia in Russia, India, Brasile, Italia, Messico, Germania, ma anche sulla percezione dell antropologia periferica da parte dei rappresentanti di quella egemone. È fin troppo evidente quanto la specifica tradizione intellettuale di un Paese influenzi la produzione antropologica, proprio come, più in generale, le cornici sociali e culturali influenzano in modo determinante la percezione dell alterità. Antropologia fisica Antropologia culturale Antropologia linguistica Archeologia Oggetto di studio Studio degli esseri umani in quanto organismi biologici. Studio della produzione culturale umana. Studio delle relazioni fra lingua e cultura e dell uso sociale del linguaggio. Studio delle formazioni sociali e culturali del passato, condotto tramite i resti materiali di queste antiche formazioni. Discipline Paleoantropologia: ricostruzione delle condizioni di vita dei più antichi antenati dell uomo sulla base dello studio dei resti fossili. Primatologia: studio degli esseri animali più vicini all uomo (Primati). Parentela e organizzazione sociale: l insieme delle relazioni tra gli individui membri di una comunità e delle trame più ampie che guidano l azione delle persone nello spazio sociale. Visione del mondo: l immagine che ogni comunità umana costruisce dell ambiente in cui vive, di se stessa, delle comunità vicine, di come vanno le cose del mondo, di ciò che è giusto o sbagliato, vero o falso, buono o cattivo Tecnologia e cultura materiale: l insieme delle risorse materiali e simboliche che gli uomini usano come strumenti per agire in modo più efficace nel mondo e raggiungere i loro obiettivi istituzionali oppure personali. Economia: l insieme dei processi di produzione, distribuzione e consumo dei beni materiali e simbolici necessari per la vita sociale degli uomini. Etnoscienza: (letteralmente sapere-etnico, relativo a un particolare popolo), studio delle conoscenze sul mondo proprie di una specifica comunità umana. Etnografia della comunicazione: studio dell uso che le persone fanno entro comunità o società definite delle risorse linguistiche e comunicative che hanno a disposizione. 1 A. Gupta, J. Ferguson, Anthropological Locations. Boundaries and Grounds of a Field Science, University of California Press, 1997, 25.

25 1.2 Il concetto di cultura D EFINIZIONI E T EMATICHE Significato oggettivo di cultura : patrimonio collettivo che si trasmette attraverso processi sociali e storici Il concetto di cultura La definizione di Tylor Il termine cultura occupa un posto centrale nell ambito della disciplina antropologica. Ma che cosa si indica in antropologia con questo termine? Rispondere a questa domanda non è immediato, perché il significato del termine ha subito, nel corso delle diverse epoche, moltissime elaborazioni. Un elaborazione importante, che è indispensabile ricordare perché parallela alla nascita della riflessione antropologica ( Ì U1.4 AT Edward B.Tylor: l antropologia come scienza del riformatore ), è quella che ha portato dal significato soggettivo del termine cultura, inteso come processo individuale di formazione della personalità, una sorta di ideale educativo al quale conformarsi, al significato oggettivo del termine: cultura come patrimonio collettivo e condiviso di un gruppo sociale, fatto di idee, abitudini, capacità manuali e intellettuali, credenze, norme, valori ecc. Quest accezione del termine implica anche l idea che la cultura di un gruppo umano sia un patrimonio sociale, che si trasmette dunque di generazione in generazione attraverso processi sociali e storici, come per esempio l apprendimento (in famiglia, a scuola ecc.) e non attraverso percorsi di carattere biologico/naturale, come avviene per il corredo genetico. esempio Un bambino nato in Cina ma fin da piccolissimo cresciuto in Inghilterra acquisirà in tutto e per tutto la lingua e naturalmente la cultura inglesi, a dispetto dei suoi tratti somatici. > La definizione del concetto di cultura la prima riconosciuta dall antropologia è quella fornita nel 1871 dall antropologo britannico Edward Burnett Tylor ( ): La cultura o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità o abitudine acquisita dall uomo in quanto membro di una società. E. B. Tylor, La Cultura primitiva, 1871, 1, in P. Rossi, Il concetto di cultura, Einaudi, Torino 1970 Tylor, dunque, nel riconoscere che è cultura «qualsiasi capacità o abitudine acquisita dall uomo in quanto membro di una società», quindi anche la produzione sociale, manuale e intellettuale di coloro che all epoca venivano definiti primitivi, operava una prima, notevole estensione del senso di un concetto proprio della tradizione colta occidentale, servendosene per dare un organizzazione concettuale alla mole di notizie sulle popolazioni del Nuovo Mondo che giungevano in Europa a partire dall epoca delle grandi scoperte ( Ì U1.4 AT Scheda 2 Storia). Secondo Tylor, conformemente al progetto teorico evoluzionista, teso a ricostruire le tappe di un universale evoluzione della Cultura umana, nell organizzazione sociale primitiva era possibile rintracciare la fase originaria di sviluppo dell umanità, comune a tutti i popoli della Terra. Da qui derivava il riconoscimento di una cultura primitiva sostanzialmente omogenea. La disciplina antropologica poteva, grazie al concetto di cultura introdotto da Tylor, definire un suo specifico oggetto di studio e rivendicare una propria autonomia metodologica e teorica.

26 10 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA RIFLETTI ttt Razza e cultura La prima definizione di cultura in senso antropologico, quella di E. B. Tylor, è importante anche perché sottolinea il carattere acquisito dei comportamenti culturali: secondo l antropologo inglese, infatti, la cultura consiste di «qualsiasi capacità o abitudine acquisita dall uomo come membro di una società». Quest affermazione permette di tracciare una differenza netta tra il concetto di razza e il concetto di cultura: la cultura è la somma dei comportamenti appresi da una persona nel contesto in cui vive a partire dalla nascita (lingua, norme, valori ); la razza è l insieme delle caratteristiche ereditate biologicamente (colore degli occhi, dei capelli, tratti somatici...). Ognuno di noi è nato con tratti somatici particolari, possiede cioè alla nascita un insieme di caratteristiche ereditate dai genitori che permettono di identificarlo immediatamente (per esempio come uomo bianco o nero), ma non è nato con una cultura, che necessita invece di un lungo e faticoso processo di apprendimento. Ne consegue che non esiste alcun legame necessario tra razza e cultura. RIFLETTI ttt Benedetto Croce e le scienze umane Il filosofo Benedetto Croce, uno dei più importanti intellettuali italiani del primo Novecento, era assolutamente contrario alle scienze umane e sociali, che riteneva prive di qualunque validità e del tutto inutili per lo studio dei fenomeni umani. Dichiarò spesso di non riuscire a capire perché si dovesse sprecare del tempo a studiare «i cretini, i bambini e i selvaggi quando esistono pensatori del calibro di Kant», in questo modo accomunando la psicologia, la pedagogia e l antropologia nel calderone delle discipline inutili e dannose. Il concetto di cultura che abbiamo presentato rappresenta il primo passo di un cammino lungo e ricco di ostacoli che porta a superare gli atteggiamenti, come quelli del filosofo, secondo cui esiste solo la Cultura con la C maiuscola, quella dei grandi pensatori e dei grandi letterati, dei grandi musicisti e dei grandi artisti, propria delle grandi civiltà. Al di là di questo non ci sarebbe cultura ma solo «manifestazioni bestiali, incivili, selvagge, immature, non degne di essere studiate». Contro questo diffuso e radicato atteggiamento, l antropologia culturale si sforza di mostrare che tutti gli esseri umani, in quanto esseri sociali, producono cultura. Cultura come patrimonio di una popolazione Ogni cultura è unica Dalla Cultura alle culture La seconda elaborazione rilevante è quella che porta dal significato collettivo di Cultura con la C maiuscola comune a tutto il genere umano, al significato specifico del termine, la cultura con la c minuscola come patrimonio di una determinata popolazione. Gli antropologi evoluzionisti ( Ì U1.4 AT) miravano a ricostruire le tappe evolutive della Cultura di tutta l umanità; gli antropologi successivi, invece, rifiutarono l idea di un unica Cultura comune e si concentrarono sulle singole culture dei diversi popoli della Terra; negli Stati Uniti, Franz Boas ( ) formulò una definizione della cultura come sistema storico, in cui ogni elemento o tratto è l esito di un processo storico particolare e si integra con tutti gli altri in una configurazione coerente ( Ì U1.6 AT); in Inghilterra Bronislaw Malinowski ( ) definì la cultura come un sistema funzionale, in cui ogni elemento è funzionale al soddisfacimento di un bisogno basilare dell uomo e si lega a tutti gli altri ( Ì U2.7 AT). Entrambi sottolinearono il carattere di totalità della cultura, come già aveva fatto Tylor (che aveva definito la Cultura come un insieme complesso ), ma si allontanarono dalla posizione di quest ultimo proprio evidenziando l unicità di ciascuna cultura e l impossibilità di riportare le molteplici manifestazioni culturali concretamente osservabili in diverse parti del mondo a un unico schema di sviluppo. Ogni cultura, per Boas tanto quanto per Malinowski, doveva essere studiata nelle sue peculiari caratteristiche. Tra le due elaborazioni, quella di Malinowski ha avuto meno seguito, mentre quella di Boas è rimasta a lungo un riferimento importante per gli antropologi culturali. A Franz Boas, infatti, si riconduce il concetto di cultura basato sulla

27 1.2 Il concetto di cultura D EFINIZIONI E T EMATICHE 11 Metafora cultura = metafora linguistica: una cultura è come una lingua, dunque un antropologo può procedere nella scoperta o nella ricostruzione creativa di configurazioni culturali in maniera analoga a quella di un linguista. Molti allievi di Boas hanno espresso anche più esplicitamente quest analogia. Per esempio Alfred Kroeber ( ), che si dedicò prevalentemente alla scoperta di modelli, mode, stili, configurazioni di culture ( Ì U1.6 AT Il superorganico: Alfred L. Kroeber). La metafora linguistica è alla base anche del celebre libro di Ruth Benedict ( ) Modelli di culture, del 1936, che da molti è considerato l emblema della concezione di cultura come qualcosa di altamente integrato, da affrontare intellettualmente come una totalità, una concezione che a lungo è rimasta al centro della ricerca antropologica, e che, per certi aspetti, non ha perso del tutto la sua validità ( Ì U1.4 AT Ruth Benedict e Margaret Mead: cultura e personalità ; U2.2 DT Scheda 8 Etnografia). Ogni popolo ha la sua cultura, affermano gli an- RIFLETTI ttt Fessi gli etnologi glossario Nella civiltà romana Cicerone parla di cultura animi ( coltivazione dello spirito ), cioè del processo di formazione della personalità (che i Romani chiamavano humanitas umanità e i Greci paidèia, da pàis, paidòs ragazzo ). La cultura, quindi, è frutto dell educazione, costruzione consapevole di un umanità conforme ai principi di un modello ideale, in cui si riflette il criterio di armonia e regolarità che si manifesta in ogni parte dell esperienza del cosmo. Il termine cultura, per come è stato a lungo inteso all interno delle civiltà greca, poi romana (la cultura animi di Cicerone) e, successivamente, europea, ha alla sua base la metafora agricola del coltivare, che sta a indicare quanto deve essere lunga, meticolosa e profonda l azione da esercitare su un giovane individuo per farlo diventare una persona colta ; gli studenti sanno bene ciò che si intende. Tuttavia, non è questo il significato che il termine cultura assume in antropologia, a partire dalla definizione in senso antropologico data da Tylor nel Da allora, affianco al significato del termine cultura come ideale educativo da perseguire, si colloca il significato antropologico del termine come insieme di atteggiamenti mentali, norme, valori, credenze e rappresentazioni simboliche di collettività umane, che si estende fino a includere la sfera delle attività artistiche e intellettuali (musica, pittura, scrittura), la cultura di massa o popolare, la cultura nel suo significato attuale più comune (arte, cinema, musica, moda, pubblicità, giornalismo ). Questo vuol dire, in altre parole, che la definizione antropologica di cultura include alcuni allargamenti del significato: La cultura non è più solo quella che il singolo individuo ottiene dopo un lungo processo formativo, ma tutti gli individui, solo in quanto appartenenti a una società, producono una cultura (il loro modo di vivere). La cultura non è più solo presente nelle regioni civili del pianeta (l Europa e, entro l Europa, solo presso i ceti più elevati socialmente), ma tutti i popoli, ovunque nel mondo e a tutti i livelli della gerarchia sociale, hanno una cultura. Poiché la cultura si trova anche presso quei popoli ritenuti selvaggi, primitivi e presso quei ceti sociali ritenuti incolti (i contadini e il volgo), è necessario studiare le forme culturali proprie di quelle formazioni sociali. Da queste considerazioni nascono l antropologia culturale (che si propone di studiare la cultura con riferimento specifico ai popoli non europei) e il folklore (o demologia), lo studio delle culture popolari o contadine delle fasce sociali più basse dei popoli europei. L importanza di quest idea di cultura come produzione connaturata all essere umano in quanto essere sociale (vale a dire, l uomo deve vivere in società e per questo deve costruire una cultura) è notevole, perché è il primo passo in direzione del riconoscimento (che sarà lentissimo e ancora oggi non si è pienamente espresso nel mondo) del carattere assolutamente non naturale delle differenze fra i popoli: tali differenze sono dunque risultato di elaborazioni culturali e quindi appare assolutamente inconsistente, dal punto di vista scientifico, qualsiasi teoria che leghi le diversità di comportamento, di ragionamento, di valori, di modi di vivere alle caratteristiche innate (come il corredo genetico) di una popolazione, intesa come razza. L antropologia e il concetto di cultura si sforzano di mostrare come il razzismo sia privo di consistenza fattuale e sia esclusivamente frutto di un ideologia, e come tale debba essere smascherato qualunque forma abbia assunto o assuma. Questa consapevolezza, per onestà intellettuale, non va disgiunta dalla seguente profonda intuizione di Cesare Pavese, che nel 1947 scriveva: «Fessi gli etnologi che credono basti accostare le masse alle varie culture del passato e del presente per avvezzarle a capire e tollerare e uscire dal razzismo, dal nazionalismo, dall intolleranza. Le passioni collettive sono mosse da esigenze d interessi che si travestono da miti razziali e nazionali. E gli interessi non si cancellano» (C. Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, 1952, 283).

28 12 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA tropologi, frutto di peculiari e irripetibili circostanze storiche e geografiche, ambientali e sociali. È questo il riconoscimento della pluralità delle culture, che equivale al riconoscimento che in luoghi e in epoche diverse lo sviluppo storico ha preso direzioni diverse, e al parallelo abbandono dell idea di uno schema unitario di progressione, sviluppo o evoluzione della Cultura dell umanità. I popoli su cui l antropologia punta la sua attenzione a partire dai primi decenni del Novecento non sono più un documento di precedenti fasi evolutive della nostra stessa cultura, ma alternative a essa. Nella prima metà del Novecento si afferma dunque in antropologia il concetto di cultura come un insieme integrato e condiviso di modelli di pensiero e di azione, trasmesso di generazione in generazione, una totalità organica, localizzata e compiuta in se stessa, condivisa da un intero popolo. Ciascuna cultura è inoltre dotata di pari dignità in quanto espressione della capacità e della necessità che caratterizza l essere umano in quanto membro di una società di rivestire di significato le sue esperienze. Il concetto di cultura nell antropologia contemporanea > La cultura come flusso di significati Alla necessità insita nella natura stessa degli esseri umani in quanto animali sociali di dare significato all esperienza, si lega l accezione più recente del concetto di cultura, inteso come una rete di significati che le persone in gruppo producono e con cui rivestono totalmente qualsiasi ambito dell esistenza. Il termine significato è il riferimento centrale per l analisi della cultura nella seconda metà del Novecento. Scrive Clifford Geertz ( ) nel 1973, in quello che sarebbe divenuto il manifesto dell antropologia interpretativa ( Ì U4.6 AT): Il concetto di cultura che esporrò e di cui i saggi seguenti cercheranno di dimostrare l utilità, è essenzialmente un concetto semiotico. Ritenendo, insieme con Max Weber, che l uomo è un animale impigliato nelle reti di significati che egli stesso ha tessuto, credo che la cultura consista in queste reti e che perciò la loro analisi non sia anzitutto una scienza sperimentale in cerca di leggi, ma una scienza interpretativa in cerca di significato. C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna 1987 (ed. or. 1973), 41 U 1 T 3 Intervista a Clifford Geertz > glossario La semiotica è la scienza generale dei segni, della loro produzione, trasmissione e interpretazione, o dei modi in cui si comunica e si significa qualcosa, o si produce un oggetto comunque simbolico. Il riconoscimento della capacità che gli uomini in gruppo hanno di produrre significati deriva da un idea che attraversa parte del pensiero filosofico occidentale e che si è rivelata molto utile per porre in un modo convincente il problema del rapporto fra la dimensione della cultura e quella della natura: l idea dell uomo come animale incompleto, vale a dire, alla nascita profondamente carente di apparati innati (comunemente detti istinti ) utili a dirigerne l azione o a organizzarne l esperienza. Il nostro sistema nervoso centrale cresce in gran parte nell interazione con la cultura; senza cultura non crescerebbe e il risultato sarebbe «un inguaribile mostruosità» 2. Lo stesso tema viene ripreso, da una prospettiva che ci interessa da vicino, da Clifford Geertz: [...] noi siamo animali incompleti o non finiti, che si completano e si perfezionano attraverso la cultura e non attraverso la cultura in genere, ma attraverso forme di cultura estremamente particolari. C. Geertz, op. cit., 94 Oltre che al riconoscimento della necessità vitale per l essere umano di dare significato a ogni aspetto della vita, l accezione più recente del concetto di cultura si lega anche alle trasformazioni politiche, geografiche, economiche che, 2 A partire da Johann Gottfried Herder ( ), quest idea torna poi in Friedrich Nietzsche ( ) e in Arnold Gehlen ( ).

29 1.2 Il concetto di cultura D EFINIZIONI E T EMATICHE 13 Cultura come flusso di significati U 1 T 4 > > specie dopo la seconda guerra mondiale, hanno investito l intero pianeta: mentre in precedenza poteva avere senso parlare di culture come universi isolati, quasi a sé stanti, fortemente coerenti, uniformi e omogenei, sulla base dell esistenza di confini abbastanza netti fra popoli, oggi sono pressoché scomparse le popolazioni isolate e fuori dal mondo. Inoltre gli antropologi hanno avviato, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, ricerche in luoghi più vasti rispetto al passato, in contesti sociali e culturali più articolati e stratificati, più turbolenti e complessi. Questa nuova situazione ha mostrato ben presto i limiti di un concetto di cultura come un tutto localizzato, chiuso, delimitato da una tradizione, così come era emerso entro l antropologia della prima metà del Novecento, e la necessità di una visione più elastica, dinamica, fluida dei fenomeni sociali e culturali. Da qui è emersa l idea della cultura come flusso di significati. Recentemente, l antropologo svedese Ulf Hannerz (1942) ha proposto una riflessione vasta e approfondita sul concetto di cultura, ribadendo la validità dei due elementi chiave emersi, l incompletezza dell essere umano e la sua capacità di produrre significati, per capire che cos è la cultura, ma ponendo l accento sul margine di autonomia degli individui, nel rapporto con la vita sociale: Mi interessa il modo in cui questo incompiuto animale umano, soggetto dell apprendimento, riempie il gap informativo partecipando alla vita sociale, e cioè il modo in cui i suoi modi acquisiti di pensiero e azione diventano socialmente organizzati; senza curarmi, insomma, se egli li condivida con qualsiasi altro essere umano, con quelli del suo gruppo soltanto, o con nessun altro. U. Hannerz, La diversità culturale, Il Mulino, Bologna 2001, 52 Al centro della teoria della cultura di Hannerz c è una visione che porta lo studioso a mettere in discussione la cosiddetta finzione dell omogeneità, secondo cui la cultura è qualcosa di altamente condiviso e omogeneamente distribuito in una società. Ciò significa affermare che ciascun individuo, oggi molto di più che un tempo, può strutturarsi in modo unico, culturalmente parlando, in relazione a quanto la società in cui vive lo consente. Nelle parole di Hannerz: Ciò significa che le persone gestiscono i significati dal punto in cui sono nella struttura sociale. In ogni momento l individuo è circondato da un flusso di significato [...]. Tuttavia egli non è un semplice contenitore passivo per ogni tipo di significato disponibile e non contempla quest ultimo soltanto nel silenzio della sua mente. Da quando egli incomincia a formarsi una concezione di sé e del mondo, di ciò che è desiderabile o meno, si trova attivamente coinvolto nell affrontare praticamente, intellettualmente ed emozionalmente la sua particolare situazione. Di conseguenza egli si interesserà a quei significati che sembrano riferirsi alle sue esperienze personali e ai suoi piani, al suo coinvolgimento con le altre persone e ai suoi bisogni materiali. Se ce ne sarà bisogno, egli potrà ampliare o modificare i significati a lui disponibili, improvvisando e innovando in base a questi, piuttosto che interamente in linea con essi. Ciò significa che la sua ragione pratica ha un fondamento culturale, ma che quando egli attinge da significati esistenti, le forme di questi possono essere fatte variare e cambiare. I significati vengono utilizzati come attrezzi ed esiste un forte fattore di rilevanza e intenzionalità nel modo in cui vengono usati. U. Hannerz, op. cit., È del tutto evidente che oggi, immersi nel cosiddetto traffico culturale, in cui i processi culturali sono processi planetari, un concetto di cultura localizzato, chiuso, delimitato e legato a un popolo è inadeguato. Quindi, nell antropologia odierna, si è sempre più diffusa l idea di cultura come flusso di significati, senza più uno stretto legame con un luogo e una popolazione; ne sono indice significativo espressioni molto diffuse nel discorso dell antropologia contemporanea come culture in viaggio e delocalizzazione culturale. Studiare la cultura, oggi, equivale sostanzialmente a studiare processi di produzione, trasmissione, circolazione di significati culturali nello spazio sociale, che è uno spazio sempre più ampio, internazionale, globale ( Ì U5).

30 14 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA 1.3 Etnocentrismo e relativismo culturale La relazione fra l etnocentrismo e il relativismo culturale costituisce uno dei nuclei concettuali di base dell antropologia. L etnocentrismo è l atteggiamento che tende ad assumere chiunque giunga in contatto con la diversità in qualsiasi forma si manifesti. Il relativismo culturale è il principio che gli antropologi hanno elaborato per contrastare l etnocentrismo. Un esempio storico di etnocentrismo: gli abitanti del Nuovo Mondo agli occhi degli europei > Possiamo, con un esempio, rendere in termini più concreti la dinamica propria della relazione fra etnocentrismo e relativismo culturale. Amerigo Vespucci descrive in una lettera a Lorenzo di Piero de Medici il Mondo Nuovo che ha scoperto, nell anno : Cominciamo dunque dagli abitanti. [ ] Maschi e femmine che siano, girano nudi, senza coprire nessuna parte del corpo e così come sono usciti dal ventre materno, muoiono. Hanno corporatura robusta, solida, armoniosa e ben proporzionata, di colore tendente al rosso. [ ] sono complessivamente di bell aspetto per quanto usino deturparsi da loro stessi. Hanno infatti l usanza di forarsi le guance, le labbra, le narici e altre parti del corpo né è da credere che si tratti di pochi e piccoli fori. Ne vidi infatti alcuni che solo sul volto ne portavano sette, ciascuno grande come una susina. Otturano poi questi fori con pietruzze azzurre, pezzetti di marmo, di cristallo e di bellissimo alabastro e inoltre con ossa bianchissime e altri materiali lavorati secondo le loro usanze. Non ci si può non meravigliare vedendo una cosa tanto strana e quasi mostruosa come un uomo che solo sulle guance e sulle labbra porta sette pietre delle quali nessuna più piccola di mezzo palmo. [ ] Questa è però solo un usanza maschile, infatti le donne non si forano il volto, limitandosi alle orecchie. f Amerigo Vespucci scopre le popolazioni indigene del delta dell Orinoco, in un incisione della fine del 1500 (dall opera Indiae Occidentales o Americae). 3 C. Colombo, A. Vespucci, Cieli nuovi e terra nuova. Lettere della scoperta, Archinto, Milano 1991,

31 1.3 Etnocentrismo e relativismo culturale D EFINIZIONI E T EMATICHE 15 > > Giudizio negativo della diversità culturale atteggiamento di chiusura discriminazione imposizione della propria cultura anche con la forza U 1 T 5 Etnocentrismo è comune a tutti i gruppi umani Le donne, scrive Vespucci, non si forano il volto. Ma fanno altre cose: Vi è tra loro un usanza atroce e quasi al di là di ogni umana crudeltà. Le donne, infatti, lussuriose oltre ogni misura, ricorrendo a degli intrugli e al morso di animali velenosi, fanno crescere i genitali dei loro uomini fino a renderli enormi e deformi, e per questa ragione molti di costoro perdono i genitali restando eunuchi. Quindi, una descrizione complessiva: [ ] non sono né poveri né ricchi perché fra loro tutto è in comune; vivono in comunità senza un re e senza un governo e ognuno è signore di se stesso. Hanno tante mogli quante ne desiderano e il figlio si giace con la madre, il fratello con la sorella e chiunque con chiunque capiti. Sciolgono i matrimoni quando aggrada loro e vivono nel disordine. Non hanno templi e leggi e non sono idolatri. Cos altro potrei dire? Di fronte a questo caso eclatante di diversità, rispetto ai valori estetici, economici, morali che Vespucci condivide con i suoi lettori e che appaiono implicitamente quelli più rispettosi della natura umana possono scaturire reazioni piuttosto diverse. Si possono emettere dei giudizi, come: quelle forme di unione sessuale e matrimoniale fra uomini e donne sono immorali, immonde, coloro che le praticano vivono nel peccato, per giunta non hanno alcun senso della paternità e della maternità (ignorano le leggi che governano la procreazione) e via dicendo. Ogni valutazione pregiudiziale della cultura di una società diversa dalla nostra implica poi un aspetto complementare che porta ad assumere un atteggiamento di chiusura e di rinuncia a qualsiasi tentativo di capire ciò che si osserva: il nostro osservatore, infatti, ha i suoi sistemi di valori, le sue usanze e non crede sia possibile oppure utile sforzarsi di comprendere valori e usanze propri di un altra società, palesemente inferiore. Vespucci termina la sua descrizione scrivendo: «Cos altro potrei dire?», ovvero: mi sembra fin troppo evidente che si tratta di popoli selvatici e bestiali, che vivono allo stato di natura. Da questo modo di vedere le cose alla decisione di intervenire per modificarle il passo può essere molto breve: vale a dire, i membri della società alla quale appartiene l osservatore possono sentirsi legittimati a intraprendere un azione di assoggettamento degli altri popoli se il loro potere lo consente, che preveda anche un imposizione dei propri usi e costumi. Ciò può spesso assumere (come di fatto è avvenuto) la veste ideologica di azione educativa, di un espressione della volontà di portarli alla civiltà ecc. È questo un esempio di quell atteggiamento ideologico che rientra nel campo dei fenomeni quasi sempre legati alle dinamiche del contatto, del confronto e dello scontro tra gruppi culturali diversi definiti attraverso la nozione di etnocentrismo. L etnocentrismo, infatti, consiste in un atteggiamento che porta a giudicare i modi di comportarsi, le credenze e le idee sul mondo, il sapere degli altri nei termini dei propri valori e della propria tradizione culturale ritenuta migliore. Da questo punto di vista è il principale fattore che blocca la comprensione degli altri (e che fa sì che i rapporti fra differenti gruppi umani siano di diffidenza, incomprensione, conflittualità, scontro, dominazione ecc.). Perché, ci si domanda, loro non mangiano il cibo che mangiamo noi, si vestono in modo diverso o non si vestono affatto e agiscono in modo diverso da noi? Perché sono esseri inferiori. Nella sua forma estrema, l etnocentrismo si esprime nella certezza che i propri costumi e le proprie credenze sono senza dubbio (indiscutibilmente) superiori a quelli degli altri. L etnocentrismo è un tratto comune a tutte le collettività umane: ognuno di noi fin dall infanzia impara il modo giusto di agire e di pensare. Il processo di inculturazione, attraverso il quale si apprendono valori culturali importanti per la collettività di cui si è parte, dura per tutta la vita. I valori culturali alla base della

32 16 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA configurazione standard (quella che potremmo definire egemonica) di una società sono continuamente sottolineati nelle cerimonie religiose, a scuola, in televisione, nel corso di avvenimenti sportivi ecc. Dovunque andiamo, siamo condotti verso ciò che è considerato essere vero, giusto, desiderato e importante dallo specifico gruppo sociale di cui siamo parte. Una tale blindatura nell etnocentrismo è utile per dare un senso di appartenenza, di orgoglio, di benessere e di sicurezza in altre parole, di identità. A condizione, naturalmente, che esista in una società la certezza dei valori, in altri termini che una società sia in grado di produrr e valori culturali solidi, forti, capaci di attrarre gli individui e di garantire sentieri esistenziali non interrotti. Non sempre le società umane (tutte, inclusa la nostra) hanno soddisfatto questa condizione, anzi, spesso la condizione sociale più diffusa è quella dell incertezza dei valori; oltretutto, nei rari casi in cui una società è stata in grado di garantire certezze ai suoi membri, non sempre ciò si è rivelato positivo, anzi a volte ha avuto esiti disastrosi per l umanità (si pensi alla Germania nazista). L etnocentrismo in forma estrema porta alla discriminazione. La negazione dei diritti umani (qualunque sia il senso che quest espressione assume in diversi contesti storici, culturali e sociali) o, meglio, dello statuto di essere umano, si basa, infatti, sull idea che coloro che vengono oppressi o sfruttati siano arretrati, primitivi o per qualche altro aspetto inferiori a coloro che esercitano il controllo e lo sfruttamento, mascherato in forme diverse di incivilimento. Relativismo culturale come antidoto all etnocentrismo Come abbiamo visto, l etnocentrismo non consente dal punto di vista intellettuale la comprensione degli altri. L antropologia si è sforzata di attenuare gli effetti dell etnocentrismo introducendo il principio del relativismo culturale, necessario per avviare un progetto conoscitivo teso, invece, a comprendere pienamente l alterità. Ciò dovrebbe portare, almeno nell intenzionalità dello studioso, a interpretare i comportamenti e le credenze altrui nei termini della tradizione e dell esperienza in seno alle quali modi di agire e di pensare emergono, secondo un principio elementare: ciò che è giusto per un gruppo umano non necessariamente lo è per un altro. esempio È facile notare che le prospettive culturali siano contrastanti a proposito del cibo: l usanza induista di non mangiare le vacche per gli occidentali è stupida e dannosa, ma gli stessi occidentali reputano disgustosa l usanza cinese di mangiare i cani. A loro volta gli induisti ritengono barbara la strage di bestiame compiuta dagli occidentali e i cinesi considerano ridicolo il disgusto per il cane. Riconoscimento della pluralità delle culture Il relativismo culturale porta, dunque, al riconoscimento della pari legittimità di tutte le formazioni culturali. Applicare il relativismo, comunque, non vuol dire che tutto deve essere approvato o accettato senza critiche. Significa valutare le configurazioni culturali (di azione e di pensiero) tenendo conto del contesto storico, ambientale e sociale in cui sono state elaborate. Il relativismo culturale conduce, quindi, al riconoscimento della pluralità delle culture; all idea della molteplicità di direzioni dello sviluppo storico che hanno dato luogo, in epoche e in luoghi geografici diversi, a forme di vita sociale e a elaborazioni culturali tra loro differenziate, e a determinati sistemi di valori: in ultima analisi, attenuando l etnocentrismo. Ciò equivale, in altri termini, al rifiuto dell illusione etnocentrica secondo cui la cultura europea sarebbe esclusiva portatrice di valori culturali (in opposizione alla barbarie di tutte le altre culture). Il relativismo implica tuttavia anche un aspetto complementare, consistente nel rischio di vanificare ogni tentativo di creare un ponte fra diverse realtà culturali, av-

33 1.3 Etnocentrismo e relativismo culturale D EFINIZIONI E T EMATICHE 17 valorando la tesi che tali slanci non possano che franare in un inevitabile incomunicabilità, generata dall esile linea di divisione che esiste fra il proclamare la specificità dei significati di cui ciascuna cultura è fatta e l incommensurabilità fra i diversi sistemi culturali così costituiti. Secondo questa prospettiva ciascuna cultura risulta un universo chiuso e incomprensibile, ogni possibilità di scambio e comunicazione e, a maggior ragione, di confronto è preclusa. Questa posizione consiste però in una forma estrema di relativismo culturale. I limiti di etnocentrismo e relativismo culturale Il superamento dell etnocentrismo U 1 T 6 Attualità Diversità culturali e diritti umani Approfondimento Temere la diversità culturale Approfondimento Hotel House, Porto Recanati Nessuna di queste articolate posizioni (o atteggiamenti mentali) consente di far avanzare il processo di costruzione di un sapere della differenza, cioè dell antropologia. Tutte, anche se per motivi opposti, bloccano il confronto con la diversità culturale, impedendo i passaggi successivi. L etnocentrismo provoca uno schiacciamento della cultura prodotta dalla società più debole per opera della più forte; il relativismo culturale provoca, in ultima analisi, un abbandono dell intenzionalità conoscitiva nei confronti di manifestazioni culturali altre. Allorché, invece, una persona (un etnografo, come scrive Clifford Geertz «l intenditore per definizione dell alterità culturale») sospende ogni forma di giudizio e considera le forme culturali in vigore nella sua o in un altra società come alcune fra le tante possibili realizzazioni storiche, si predispone a mettere a punto gli strumenti concettuali per renderle comprensibili. Ciò, come abbiamo già ricordato, implica in primo luogo un operazione di espansione semantica, che renda gli strumenti concettuali e linguistici nostri in grado di includere anche i fenomeni culturali altrui. In relazione al nostro esempio, questa operazione si configura come un espansione del senso dei concetti di estetica, etica, sessualità, matrimonio, proprietà privata, religione, in modo che sia possibile includere in essi anche il significato culturale di quei comportamenti descritti da Amerigo Vespucci (ammesso che quelle descrizioni siano in qualche modo reali e non frutto dell immaginazione di chi osserva e poi scrive). Una tale operazione è, infatti, alla base del progetto antropologico. Il concetto di cultura (così come è stato definito da E. B. Tylor) è necessario affinché si possa parlare, nell ambito di un progetto conoscitivo con alla base un ipotesi teorica, di usanze, costumi, credenze e comportamenti molto distanti da quelli che nella nostra società vengono definiti veri, giusti, buoni ecc. Il concetto di cultura è il primo passo verso il superamento dell atteggiamento etnocentrico (le forme, i contenuti, i valori della propria cultura vengono assunti come metro di misura e di valutazione delle culture altrui) in direzione del riconoscimento della relatività culturale, quindi per comprendere la differenza. Definizione Etnocentrismo Atteggiamento che tende ad assumere chiunque giunga in contatto con la diversità: certezza che i propri costumi e le proprie credenze siano superiori a quelli degli altri. Relativismo culturale Principio che gli antropologi hanno elaborato per contrastare l etnocentrismo. Si fonda su un principio elementare: ciò che è giusto per un gruppo umano non necessariamente lo è per un altro. Aspetti positivi Aspetti negativi È utile per conferire ai membri di una società un senso di appartenenza, orgoglio, benessere e di sicurezza. Provoca uno schiacciamento della cultura prodotta dalla società più debole per opera della più forte; in forma estrema porta alla discriminazione. Implica il concetto antropologico di cultura e il riconoscimento della pluralità e pari legittimità delle culture. Provoca un atteggiamento di generica tolleranza. Idea dell incomunicabilità tra culture.

34 18 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA > > > Il relativismo come stile intellettuale Il principio relativista stabilisce che una credenza, un comportamento, un idea, una pratica possano essere compresi solo in relazione al sistema di significati in cui sono inseriti. Ciò, del tutto ragionevole in linea teorica, pone una serie di problemi quando si tenta di applicarlo a concreti casi etnografici e storici. Proviamo a chiarire questo concetto attraverso un esempio. I nazisti tedeschi hanno sterminato sei milioni di ebrei nei campi di concentramento, applicando un ideologia e seguendo delle macabre procedure con zelo e razionalità. Come ci si deve comportare di fronte a questo caso? Comprendiamo lo sterminio nazista perché del tutto coerente con l ideologia e i valori dominanti nella società che lo ha messo in atto, oppure dobbiamo condannare senza appello queste pratiche e le ideologie relative? Di fronte a questi interrogativi è necessario muoversi con molta cautela: bisogna evitare l errore etnocentrico, consistente nell assumere come criterio di valutazione di alcuni comportamenti valori estranei alle società in questione, che ci porterebbe a bollarli come aberrazioni sociali, frutto di derive folli o di perversioni aliene alla natura umana; d altra parte è da evitare anche l errore relativista, che ci porterebbe a giustificare le pratiche e le convinzioni in esame solo perché risultato di una specifica dinamica storica, sociale e culturale. In entrambi i casi otterremmo una comprensione incompleta e fuorviante del fenomeno esaminato. Soffermiamoci sullo sterminio degli ebrei. Nel primo caso (etnocentrismo) finiremmo come di fatto è accaduto con l attribuire l intera responsabilità dello sterminio degli ebrei alla follia criminale di un singolo individuo e dei suoi complici, e alle distorsioni che questa innestò nel corpo della società tedesca: ma così tralasceremmo nella nostra analisi le profonde radici storiche e culturali dell antisemitismo, che affondano nella storia non solo tedesca ma di tutta l Europa, e le responsabilità di tutte le altre nazioni occidentali (Stati Uniti inclusi). Nel secondo caso (relativismo) ci culleremmo nell idea che il comportamento dei nazisti fosse l inevitabile esito della loro cultura, intesa come una formazione organica, conchiusa, impermeabile agli influssi esterni e capace di assoggettare completamente gli individui. Si tratta di due posizioni estreme e ugualmente sbagliate, ai fini della comprensione dei fenomeni umani in esame. L approccio corretto consiste: s nel riconoscere, grazie a uno stile intellettuale relativista, la specificità culturale del fenomeno, data dal fatto che uomini del tutto normali, figli, fratelli, padri di famiglia, siano diventati zelanti assassini di altri uomini, donne e bambini nel pieno delle loro facoltà mentali e convinti di essere nel giusto; s nel mettere in luce, attraverso l analisi particolareggiata, le radici storiche, sociali, culturali, economiche e politiche del fenomeno; s nel fare posto entro il nostro orizzonte mentale alla diversità, sottolineandone tutto l orrore, tutta la gravità morale, tutte le responsabilità. e La notte del 9 novembre 1938 (nota come Notte dei cristalli ) il regime nazista diede il via, in Germania, Austria e Cecoslovacchia, alla prima forma organizzata di persecuzione violenta contro gli ebrei: furono uccise centinaia di persone, devastati negozi, incendiate e rase al suolo numerose sinagoghe. Da allora milioni di ebrei, oltre che altre minoranze non conformi all ideologia razziale nazista (oppositori politici, zingari, omosessuali, disabili, malati psichici) col pretesto di rieducare i Tedeschi antinazisti, furono internati nei campi di concentramento: fu il primo passo verso quella razionalizzazione dello sterminio che culminò con le camere a gas e i forni crematori.

35 Testi antologici 19 5FTUP 1 di M. Kilani Che cos è il lavoro antropologico Mondher Kilani, professore di antropologia nell Università di Losanna, ha svolto lunghe ricerche sul campo e ha scritto molti libri di analisi critica del linguaggio specifico dell antropologia e della teoria antropologica. Il brano che segue, tratto da un libro del 1997 intitolato L invenzione dell altro, è una spiegazione molto chiara, almeno nella prima parte, del lavoro di un antropologo, delle diverse fasi in cui si articola e degli obiettivi che ne sono alla base. Nelle prime righe Kilani espone in modo semplice e condivisibile ciò che fanno gli antropologi. La seconda parte del brano mostra, invece, che non tutto è così chiaro, che non tutto è così ben delineato, e che il lavoro antropologico nasconde numerosi ostacoli logici ed epistemologici, oltre che pratici. Il primo fra tutti, che ha del resto animato molte discussioni fra gli antropologi a partire dalla seconda metà del Novecento, riguarda il fondamento empirico dell antropologia: il sapere, le conoscenze che l antropologia costruisce su particolari gruppi umani (società, tribù, comunità ecc.) attraverso le ricerche sul campo e secondo le modalità così bene ricordate da Kilani hanno un aggancio reale con quegli uomini e con l Uomo in generale? È una riflessione ovviamente non facile, che il brano qui riportato sintetizza nei suoi termini principali. In che cosa consiste il lavoro dell antropologo e come lo si può rappresentare? Possiamo rispondere dicendo che l antropologo ha in primo luogo un campo di ricerca che sceglie per ragioni sia scientifiche sia personali e nel quale soggiorna per un certo numero di mesi o anni. Sul campo egli fa l apprendistato di una cultura e di un modo di pensare, interagisce con delle donne e degli uomini, fa delle scoperte, sperimenta errori, raccoglie dati, elabora le prime sintesi, formula delle ipotesi. A conclusione del lavoro sul campo, torna a casa con diversi oggetti, disponibili per essere pensati e trattati mediante concetti, termini tecnici e modelli teorici, nel quadro di un testo monografico. Insomma, al tempo del campo segue il tempo della scrittura. La finalità del lavoro dell antropologo è, infatti, offrire un testo elaborato, attraverso il quale comunicare a un lettore potenziale generalmente un collega, ma non solo la propria visione dell esperienza dei membri della società presso la quale ha soggiornato. Quanto detto rappresenta una schematizzazione del lavoro dell antropologo, lavoro che in verità è assai più complesso. Anzitutto va respinta l idea che vi sia una realtà il campo che esiste indipendentemente dal lavoro antropologico e che preesiste a esso. Il campo non è un entità già data che attende d essere scoperta ed esplorata dal solitario e intrepido antropologo. L immagine dell antropologo che giunge sul posto, armato del suo solo sguardo, per raccogliere dei dati, suscettibili di essere trattati poi teoricamente, appartiene a una visione ingenua del lavoro sul campo, che si fonda su una duplice illusione. La prima illusione è credere che l esteriorità dell oggetto implichi di per sé l oggettività. Questa concezione dimentica che la postulata differenza dell oggetto dal soggetto che l osserva non è una qualità intrinseca dell oggetto, un essenza, ma il prodotto di una storia differenziale che li costituisce entrambi soggetto e oggetto come differenti. La seconda illusione è credere nella simultaneità fra l oggetto da vedere e l atto di vedere, il che equivale ad assimilare la presenza dell antropologo sul campo al presente dell oggetto etnografico. Tale confusione, che annulla ogni distanza storica, è il risultato dell idea oggettivistica secondo la quale l oggetto dell antropologo sarebbe un dato pronto da essere osservato e il discorso dell antropologo sarebbe identificabile con il linguaggio dell osservatore neutro. Ma, se il rapporto con il campo non è un rapporto tecnico neutro, ancor meno è un rapporto di fusione simpatetica con l oggetto di studio: l antropologo non deve confondersi con l altro al punto da diventare egli stesso l altro. Se procede in tal modo, se parla lo stesso linguaggio dell indigeno, non è più in una situazione dialogica, non ha la possibilità di tradurre nel proprio codice e ancor meno di riferirci la sua esperienza. Insomma, la conoscenza antropologica è un lavoro di mediazione con la distanza e la differenza, lavoro che comincia già sul campo. In altri termini, il campo si definisce subito ed essenzialmente come un lavoro simbolico di costruzione di senso, nel quadro di un interazione discorsiva, di una negoziazione di punti di vista fra l antropologo e i suoi informatori. M. Kilani, L invenzione dell altro, Dedalo, Bari 1997, 51-52

36 20 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA 5FTUP 2 di C. Geertz Etnografia e antropologia A lungo il campo dell antropologia è stato caratterizzato da una sorta di suddivisione disciplinare dettata da Claude Lévi-Strauss ( ), padre dello strutturalismo antropologico ( ÌU2.8 AT), punto di riferimento importante della disciplina per molti decenni del Novecento e anche oltre; Lévi- Strauss distingueva l etnografia, disciplina fondamentalmente documentaria e dedita alla raccolta dei dati sul campo su una particolare popolazione, primo gradino della ricerca, dall etnologia, disciplina finalizzata alla ricostruzione complessiva della cornice culturale di un popolo o di un gruppo di popolazioni collocate in una certa area, dall antropologia vera e propria, ambito dell analisi teorica e astratta, finalizzata alla produzione del sapere antropologico universale, di ampia portata e ultimo gradino della ricerca. Il brano che segue, tratto da un importante articolo, Verso una teoria interpretativa della cultura (1973), tradotto in italiano nel volume Interpretazione di culture (1987), si apre con una famosa affermazione di Clifford Geertz, «se volete capire che cosa sia una scienza dovete guardare cosa fanno gli specialisti», che sintetizza un idea dell antropologia opposta a quella di Lévi-Strauss, che rifiuta ogni distinzione fra etnografia e antropologia, e che si basa sull interpretazione come operazione complessiva e centrale da cui dipende interamente la capacità dell analisi antropologica di produrre conoscenza. Il brano prosegue poi con la presentazione, realizzata attraverso l altrettanto celebre esempio della differenza fra il tic e l ammiccamento, dell oggetto dell etnografia, che è poi lo stesso oggetto dell antropologia, cioè i comportamenti culturalmente significativi, che l etnografo/antropologo coglie o si sforza di cogliere già quando è nel campo, immerso nel contesto di un altra cultura. Se volete capire che cosa sia una scienza, non dovete considerare anzitutto le sue teorie e le sue scoperte (e comunque non quello che ne dicono i suoi apologeti): dovete guardare cosa fanno quelli che la praticano, gli specialisti. Nell antropologia, o per lo meno nell antropologia sociale, gli specialisti fanno dell etnografia. È solo comprendendo che cosa è l etnografia, o più precisamente che cosa sia fare etnografia, che si può cominciare ad afferrare in che cosa consista l analisi antropologica come forma di conoscenza. Occorre dire subito che non si tratta di una questione di metodo. Dal punto di vista dei manuali fare etnografia significa intrattenere rapporti, scegliere degli informatori, trascrivere testi, ricostruire genealogie, definire campi, tenere un diario e così via. Ma non sono queste cose, tecniche e procedure stabilite, che definiscono l impresa: ciò che la definisce è l attività intellettuale in cui consiste: un elaborato avventurarsi, per usare il termine di Gilbert Ryle, in una thick description 4. Le considerazioni di Ryle sulla Thick description sono contenute nei suoi due saggi (ristampati nel secondo volume dei Collected Papers) che vertono sulla questione generale di quello che, come dice lui, sta facendo Le Penseur: Pensare e riflettere e Il pensare pensieri. Considerate, dice, due ragazzi che contraggono rapidamente la palpebra dell occhio destro. Per uno, questo è un tic involontario; per l altro, un segnale di intesa a un amico. I due movimenti sono identici come tali: un osservazione di tipo meramente fotografico, fenomenico, non è sufficiente per distinguere un tic da un ammiccamento, e neanche per valutare se entrambi o uno dei due siano tic o ammiccamenti. Tuttavia la differenza tra un tic e un ammiccamento, per quanto non fotografabile, è grande, come sa chiunque è abbastanza sfortunato da aver scambiato l uno per l altro. Chi ammicca sta comunicando, e in un modo molto preciso e particolare: a) deliberatamente, b) con qualcuno in particolare, c) per trasmettere un particolare messaggio, d) secondo un codice socialmente stabilito ed e) senza che il resto dei presenti lo sappia. Come fa notare Ryle, non è che chi ammicca ha fatto due cose, contratto le palpebre e ammiccato, mentre chi ha un tic ne ha fatto solo una, ha contratto le palpebre. Contrarre le palpebre apposta quando esiste un codice pubblico in cui farlo equivale a un segnale di intesa, è ammiccare. Vi è tutto questo: un briciolo di comportamento, un granello di cultura e voilà un gesto. Questo tuttavia è solo il principio. Supponete, continua, che ci sia un terzo ragazzo che per divertire maliziosamente i suoi amici faccia la parodia della strizzata d occhio del primo ragazzo perché dilettantesca, goffa, banale e così via. Naturalmente lo fa nell identico modo in cui il secondo ragazzo ha ammiccato e il primo ha avuto un tic involontario, contraendo cioè la palpebra destra: soltanto che questo ragazzo non sta né ammiccando né strizzando l occhio involontariamente; sta parodiando il tentativo di qualcun altro, ridicolo a parer suo, di ammiccare. Anche qui esiste un codice stabilito socialmente ( ammiccherà in modo laborioso, fin troppo apertamente, forse aggiungendo una smorfia: i 4 Espressione che non ha un esatto equivalente in italiano. Thick significa denso, spesso, ma anche, nella particolare accezione di Geertz, complesso, stratificato.

37 Testi antologici 21 soliti artifici del clown) ed esiste anche un messaggio. Solo che in questo caso non si tratta di intesa, ma di ridicolo. Se gli altri credono che stia effettivamente ammiccando, tutto il suo progetto fallisce completamente, benché con risultati un po diversi, come se pensassero che ha uno spasmo involontario. Si può andare oltre: incerto sulle sue abilità mimiche, l aspirante comico può far pratica a casa davanti allo specchio, nel qual caso non ha un tic, non ammicca, non prende in giro, ma fa le prove; benché, per quello che registrerebbe una macchina fotografica, un comportamentista radicale o uno che crede nelle proposizioni protocollari 5, stia solo contraendo rapidamente la palpebra destra come tutti gli altri. Dal punto di vista logico, se non pratico, sono possibili complicazioni senza fine. [ ] Ma l importante è che tra quella che Ryle chiama thin description di ciò che il personaggio (parodista, ammiccatore, ragazzo con il tic ) sta facendo ( contrarre rapidamente la palpebra destra ) e la thick description ( sta facendo la parodia di un amico che finge un ammiccamento per ingannare un innocente e fargli credere che ci sia un complotto ) risiede l oggetto dell etnografia: una gerarchia stratificata di strutture significative nei cui termini sono prodotti, percepiti e interpretati tic, ammiccamenti, falsi ammiccamenti, parodie, prove di parodie e senza le quali di fatto non esisterebbero (neppure tic nudi e crudi che come categoria culturale sono tanto non-ammiccamenti quanto gli ammiccamenti sono non-tic). C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna 1987, FTUP 3 di C. Geertz Il concetto di cultura Il brano che segue, scritto da Clifford Geertz, è tratto da uno dei suoi articoli più significativi, L impatto del concetto di cultura sul concetto di uomo, del 1966, pubblicato in italiano nel libro del 1988 Interpretazione di culture. Si tratta di un saggio fondamentale per la ricostruzione del pensiero di Geertz, e soprattutto della sua concezione di cultura. Il saggio è costruito, come spesso i saggi di Geertz, con grande abilità retorica e con un andamento progressivo, per cui l intento dell autore appare gradualmente, e via via appare sempre meno convincente la tesi che egli si propone di smontare. Quest ultima è la concezione illuministica della Natura umana come una, immutabile, costante e universale. Di tutt altro segno il pensiero dell antropologo statunitense, che qui sostiene e argomenta, anche con un efficace esempio etnografico (la trance balinese), che la natura umana non esiste e che gli uomini sono come li fa la loro cultura: «ciò che l uomo è può intrecciarsi talmente con il luogo in cui si trova, con la sua identità locale, e con le sue credenze, da diventare inseparabile» è un altra celebre affermazione di Geertz, che ha pervaso moltissime ricerche di antropologia; un idea, quella secondo cui la sostanza dell uomo è la sua apparenza, non nuova, certo, ma espressa in termini decisamente innovativi nel contesto dell antropologia interpretativa di cui Geertz è stato il fondatore e il principale esponente. La nascita di un concetto scientifico di cultura corrispose, o almeno fu collegata, al rovesciamento della concezione della natura umana dominante nell illuminismo una concezione che con i suoi pregi e difetti era chiara e semplice e alla sostituzione di una concezione non solo più complicata, ma molto meno chiara. Il tentativo di chiarirla, di ricostruire una descrizione comprensibile di che cosa è l uomo, è stato da allora il fondamento del pensiero scientifico sulla cultura. Dopo aver cercato la complessità, e dopo averla trovata su una scala più vasta di quanto avessero mai immaginato, gli antropologi restarono irretiti in un tortuoso sforzo per darle un ordine. E non se ne intravede ancora la fine. La concezione illuministica della cultura sosteneva del resto che egli era tutt uno con la natura e ne condivideva un uniformità generale di composizione, scoperta dalla scienza naturale sotto l impulso di Bacone e la guida di Newton. Si tratta, in breve, di una natura umana regolarmente organizzata, completamente immutabile e meravigliosamen- 5 Cioè un positivista logico (N.d.C.). >

38 22 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA te semplice come l universo di Newton. Forse alcune sue leggi sono diverse ma esistono delle leggi; forse qualcosa della sua immutabilità è oscurata dalle complicazioni della moda locale, ma è immutabile. [ ] Lo scenario (in tempi e luoghi diversi) è alterato, gli attori cambiano le vesti e l aspetto, ma i loro moti interiori sorgono dagli stessi desideri e passioni umane, e producono i loro effetti nelle vicissitudini dei regni e dei popoli 6.. Questa opinione non si può certo disprezzare, né si può dire che sia scomparsa dal pensiero antropologico contemporaneo, nonostante i miei facili riferimenti a un rovesciamento di un momento fa. L idea che gli uomini siano uomini, qualunque sia il loro aspetto e il loro ambiente, non è stata sostituita da altri costumi altri animali. [ ] Il guaio con questo tipo di concezione [ ] è che l immagine di una natura umana costante, indipendente da tempo, luogo e circostanze, dagli studi e dalle professioni, dalle mode passeggere e dalle opinioni temporanee, è forse un illusione, e che ciò che l uomo è può intrecciarsi talmente con il luogo in cui si trova, con la sua identità locale e con le sue credenze da diventare inseparabile. È proprio la considerazione di una tale possibilità che portò alla nascita del concetto di cultura e al declino della concezione uniforme. L antropologia moderna, indipendentemente da quali altre cose affermi e pare che abbia affermato quasi tutto in diverse occasioni è salda nella convinzione che uomini non modificati dalle usanze di luoghi particolari non esistono, non sono mai esistiti e, cosa assai importante, non potrebbero esistere per la natura stessa del caso. Non esiste, né può esistere un retroscena dove si possa andare a gettare un occhiata agli attori di Mascou come persone vere, che si aggirano con i loro abiti di strada, estraniati dalla loro professione, mentre esibiscono con franchezza priva di artifici i loro spontanei desideri e le loro sincere passioni. Possono cambiare la parte, lo stile di recitazione, anche il dramma in cui recitano, ma come osservò Shakespeare stesso stanno sempre recitando. [ ] Consideriamo la trance balinese. I Balinesi cadono in stati di estrema dissociazione in cui compiono tutti i generi di attività spettacolari staccare la testa a polli vivi con un morso, colpirsi con pugnali, contorcersi selvaggiamente, parlare lingue strane, compiere prodigi di equilibrismo, mimare il rapporto sessuale, mangiare gli escrementi e così via più facilmente e più in fretta di quanto la maggior parte di noi non si addormenti. Gli stati di trance sono una parte fondamentale di ogni persona. A volte vi possono cadere 50 o 60 persone, una dopo l altra ( come una fila di petardi che scoppiano, a detta di un osservatore) venendone fuori dopo cinque minuti o magari parecchie ore, totalmente inconsapevoli di quello che hanno fatto e convinti, nonostante l amnesia, di aver avuto l esperienza più straordinaria e profondamente soddisfacente che un uomo possa avere. Che si impara sulla natura umana da questo genere di cose e da mille altre ugualmente particolari che gli antropologi descrivono? Che i Balinesi sono creature di tipo speciale? Marziani dei mari del Sud? Che sono proprio come noi alla base, ma con delle usanze particolari, ancorché incidentali, che noi per caso non abbiamo assimilato? Che sono dotati per nascita o spinti per istinto in certe direzioni piuttosto che in altre? O che la natura umana non esiste e gli uomini sono puramente e semplicemente come li fa la cultura? C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna 1987, 75 6 A. O. Lovejoy, L albero della conoscenza. Saggi di storia delle idee, Il Mulino, Bologna 1982.

39 Testi antologici 23 5FTUP 4 di U. Hannerz La cultura come rete di significati Ulf Hannerz (1942), antropologo svedese, è uno dei principali studiosi contemporanei della cultura; ha scritto in particolare due libri dedicati all analisi dei processi culturali e alla costruzione di una cornice teorica entro cui collocare in modo soddisfacente l analisi culturale, La complessità culturale (1998), da cui è tratto il brano che segue, e La diversità culturale (2001), oltre a numerosi articoli pubblicati su riviste specializzate. Il brano che segue, appunto, traccia le linee principali della concezione che lo studioso ha della cultura, basata sulla metafora del flusso. A differenza di altri importanti studiosi della cultura, come per esempio Clifford Geertz, Hannerz ha una formazione radicata nell antropologia sociale di matrice britannica, e questo fa sì che la visione della cultura che ci presenta sia fondata sulla ricerca di un nesso forte con la struttura sociale. Non è, quella di Hannerz, un analisi in cui il concetto di cultura appare considerato in se stesso, o in una prospettiva storica, ma è un analisi legata a una visione profondamente sociologica dei fatti culturali, per cui la cultura, intesa come rete di significati prodotta dagli esseri umani in quanto produttori di senso per eccellenza, cioè perché non possono farne a meno, è vista come organizzata socialmente. Gli esseri umani producono (e interpretano) cultura dal punto in cui sono nella struttura sociale, e questa produzione di senso (esternazione e/o interpretazione di significati) è spinta nel circolo sociale e assume il carattere di un flusso continuo. L homo sapiens è la creatura che produce senso. Lo fa attraverso l esperienza, l interpretazione, la contemplazione e l immaginazione, e non può vivere senza queste attività. L importanza della produzione di senso per la vita umana è riflessa in un campo concettuale affollato: idee, significato, informazione, saggezza, capacità di comprendere, intelligenza, consapevolezza, capacità di apprendere, fantasia, opinione, conoscenza, credenze, mito, tradizione... A questo gruppo di parole ne appartiene ancora un altra, cara agli antropologi: cultura. In passato il termine è stato inteso in un accezione più vasta, ma recentemente è inteso soprattutto come una questione di significato. Studiare la cultura significa studiare le idee, le esperienze e i sentimenti, e insieme le forme esteriori che questi aspetti interiori assumono quando diventano pubblici, a portata dei sensi e dunque realmente sociali. Per cultura gli antropologi intendono dunque i significati che le persone creano, e che a loro volta creano le persone come membri di una società. La cultura è in questo senso collettiva. Dal mio punto di vista la cultura ha due tipi di loci, e il processo culturale avviene grazie alle loro continue interrelazioni. Da un lato, essa risiede in una serie di forme significanti pubbliche che solitamente possono essere viste o ascoltate, o meno frequentemente conosciute attraverso il tatto, l olfatto o il gusto, o attraverso una combinazione di sensi. D altro canto, queste forme esplicite (overt forms) assumono significato solo in quanto le menti umane contengono gli strumenti per interpretarle. Il flusso culturale consiste dunque nelle esternazioni di significati che gli individui producono attraverso adattamenti di forme generali, e nelle interpretazioni che gli individui forniscono di tali manifestazioni. Forse l immagine del flusso è un po ingannevole, perché suggerisce un semplice trasferimento, piuttosto che gli infiniti e problematici processi di trasformazione che intervengono tra loci interni ed esterni. Nonostante ciò trovo utile la metafora del flusso se non altro perché coglie uno dei paradossi della cultura. Quando osserviamo un fiume da lontano questo appare come una linea blu che attraversa il paesaggio; qualcosa che possiede una suggestiva immobilità. Ma allo stesso tempo, non ci si bagna due volte nello stesso fiume, perché questo scorre in continuazione, e soltanto in tal modo mantiene la sua continuità nel tempo. Così accade per la cultura: anche quando se ne percepisce la struttura, questa è interamente dipendente da un processo continuo. U. Hannerz, La complessità culturale, Il Mulino, Bologna 1998, 5-7

40 24 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA 5FTUP 5 di I. Signorini L etnocentrismo Italo Signorini ( ) è stato professore di etnologia all Università di Roma. Il brano che segue illustra in modo molto chiaro la dinamica entro cui viene facilmente catturato chi appare diverso, altro, straniero, una dinamica di cui del resto sono sotto gli occhi di tutti numerosi esempi relativi alla società in cui viviamo: basti pensare a quanto facilmente i primi accusati di fatti delittuosi sono proprio gli stranieri, indistintamente, e non solo per i cittadini comuni, ma a volte anche per i magistrati e i poliziotti che conducono le indagini e, cosa ancora più grave, ancorché più frequente, per i politici, che invece dovrebbero essere i primi a contrastare atteggiamenti pregiudiziali, ma ne conoscono bene i ritorni in termini di consenso elettorale. Il brano presenta molto chiaramente l etnocentrismo e le conseguenze negative che può avere sul piano dei rapporti fra persone che appartengono a culture diverse. Quindi il relativismo culturale che, da questo punto di vista, appare forse come una difesa contro l etnocentrismo e un modo per superare le incomprensioni dettate da appartenenze culturali distanti, e tuttavia, come Signorini evidenzia, crea anch esso qualche difficoltà. Si delineano così i termini di un problema molto discusso in antropologia: fino a che punto la comprensione dei valori e delle pratiche di un altro popolo può essere priva di giudizi di valore e dove si colloca il limite oltre il quale una pratica, per quanto radicata in una tradizione culturale, non può essere giustificata, senza che questo implichi una caduta nell etnocentrismo. L altro Nel corso del mio primo soggiorno tra i Nahua della Sierra de Puebla in Messico, venni a conoscenza, con imbarazzo e anche con qualche preoccupazione per le eventuali conseguenze che il fatto avrebbe potuto produrre, di avere polarizzato sulla mia persona un timore collettivo, dando forma alla fantasia orrifica che lo accompagnava. Si era infatti sparsa la voce, fortunatamente non da tutti raccolta e spentasi poi nel tempo, che io fossi quel sinistro personaggio concepito dalla mitologia nahua moderna, che al volante di un Volkswagen giallo ruba bambini per tagliar loro la testa. Ahimé, per quanto arrancante e segnato dal tempo, era proprio questo il tipo di vettura che possedevo, ma ciò non sarebbe di per sé bastato ad accusarmi. Era la mia figura diversa, straniera, dalla misteriosa attività, a consentire l assimilazione. I Nahua non stavano facendo altro che dar corpo all atteggiamento mentale che porta a proiettare sullo straniero i propri timori, il senso di ansietà che si accompagna a livello inconscio al processo di costruzione della propria identità collettiva e al sistema di valori che la sottendono, caricando in positivo il senso di autostima di cui ogni uomo necessita per reggere alle tensioni e alle competizioni del vivere sociale. Ogni ego esiste solo in contrapposizione a un altro che lo sostanzia e lo giustifica. Indicare nello straniero, nella sua palese incomprensibile differenza, la fonte di pericolo dell ordine costituito significa dichiarare automaticamente buono e salvifico l ordine proprio, degno di rispetto e di obbedienza propiziatori di una felice superiore costruzione individuale. Non sono evidentemente i Nahua soli ad assumere verso l altro un atteggiamento di questo tipo. In un suo bel saggio, Pitt-Rivers (1977) ricorda come Ulisse, da straniero, abbia avuto bisogno di essere nascosto da una nube per poter penetrare impune nella reggia del re dei Feaci e parlare col sovrano; e di come subito, al momento della riapparizione, si sia messo in salvo abbracciando le ginocchia della regina e poi sedendosi sulle ceneri del focolare, dichiarando con questo gesto di porsi nella sfera soggetta della femminilità, annullante la propria minacciosa estraneità maschile 7. L etnocentrismo tale è il termine usato per definire questo tipo di atteggiamento è caratteristico di ogni gruppo umano, e non è legato a una maggiore o minore complessità di una società rispetto a un altra. Alcune società ne sono maggiormente contagiate, altre meno. L isolamento tende certamente a esasperarlo, ma non necessariamente deve trattarsi di isolamento geografico: la nostra società occidentale, moderna, potenzialmente la più aperta e cosmopolita, è riuscita in più momenti a esasperarlo fino agli abietti limiti del nazismo, per un isolamento che non è certo quello spaziale (che anzi lo spazio è forse l elemento maggiormente dominato dalla sua cultura), ma effetto invece di un estraniazione indotta da sazietà materiale e da faustiano orgoglio delle proprie conquiste intellettuali. La differenza in quanto tale fa dunque scattare la reazione etnocentrica: la segnano sospetto, ridicolo, disprezzo, orrore. Come direbbe Mary Douglas (1973), rappresenta il disordine, cioè ciò che l ordine, al fine di costituirsi, ha tagliato fuori, ha eliminato, riposto nell impuro, nell esecrabile. Delle diversità si potrebbe pensare che venissero colte solo 7 Nel settimo canto dell Odissea, in cui quell episodio è narrato, si dice: Perché gli stranieri non li tollerano molto costoro, e non accolgono con amicizia chi viene da un altro paese (32-3); Intorno ai ginocchi di Arete gettò Odisseo le braccia (142); Disse così e si sedette sul focolare, nella cenere, vicino al fuoco (153-4).

41 Testi antologici 25 quelle aventi rilevanza nel quadro dei grandi problemi esistenziali ed etici, e che indifferenza e bonomia fossero invece la norma quando in questione entrassero aspetti non essenziali oppure chiaramente marginali e innocenti. Ma non è affatto così; anzi, è il contrario. I piccoli elementi di contrasto sono spesso i più visibili, quelli che più direttamente espongono la diversità, toccando la sfera del gusto e della quotidianità. Ecco che il cibo, per esempio, viene a risultare uno dei settori privilegiati dell atteggiamento etnocentrico. Ogni modo culinario differente, ogni cibo non contemplato dall ordine chiuso delle proprie regole alimentari scatena riso o repulsione e segna i suoi fruitori con un marchio che ne suggella l inferiorità culturale e, di rimbalzo, l inferiorità della loro condizione umana. [ ] Natura imperfetta, cultura imperfetta, dunque, e questo gioco di passaggi dalla natura alla cultura e viceversa trova ampi e continuamente rinnovati spazi. Su questa che potremmo dire un inclinazione dell animo culturalmente forgiata, la riflessione etnologica ha fissato la propria attenzione, elaborando a difesa la nozione di relativismo culturale, nutrita da una sempre più estesa e al contempo approfondita conoscenza delle culture altre. Una nozione che si fonda sulla giusta idea che ogni cultura dovrebbe essere compresa e vagliata assumendo quali parametri solo quelli in essa vigenti e non i propri. Ma da idea guida capace di contrarrestare le distorsioni conoscitive provocate dall etnocentrismo, di evitare in qualche modo gli effetti di ciò che Marx indicava come mistificazioni della mente e della coscienza nei confronti di se stesse, il relativismo culturale ha finito per divenire, in certe correnti di pensiero antropologico nel culturalismo americano in particolare e per molti giovani, giustamente ma anche ingenuamente schierati in difesa dell alterità, un dogma; e come ogni dogma, per essere messo in pratica in modo del tutto acritico, nel rifiuto incondizionato e assoluto di giudizi di valore su culture diverse, in base al presupposto dell eguaglianza di tutte le culture e quindi della validità di qualunque costume, atteggiamento, istituzione da esse elaborati [ ]. Non essere etnocentrici non significa ovviamente diventare l Altro: abbiamo tutto il diritto di seguire il cammino indicatoci dalla cultura in cui siamo nati (come d altra parte anche di distanziarcene se ci garba), e anche di non amare certi modelli diversi; ma ciò che di essi non ci è consentito, è l ignoranza, madre intellettuale e morale della stupidità, della prevaricazione, del razzismo [ ]. I. Signorini, I modi della cultura, La Nuova Italia, Roma 1992, FTUP 6 di C. Lévi-Strauss Le culture sono simili a treni Perché ci è così difficile riconoscere le caratteristiche, i pregi, la ricchezza di una cultura diversa dalla nostra? Perché, come ci spiega con un illuminante metafora il grande antropologo Claude Lévi- Strauss in questo brano, il rapporto che noi abbiamo con la nostra cultura, quella in cui siamo cresciuti e che abbiamo assimilato, è simile al rapporto che lega un viaggiatore al treno su cui è seduto: quando incontra un altro treno, se questo procede parallelo al suo, e più o meno alla stessa velocità, potrà facilmente guardarci dentro attraverso il finestrino e riconoscere anche alcuni dettagli, i sedili, il volto dei passeggeri ecc.; se procede in direzione opposta e a velocità diversa invece, il nostro passeggero non potrà riconoscere quasi nulla, se non poche immagini confuse e indecifrabili. La nostra cultura, insomma, guida il nostro sguardo in una direzione particolare, per cui siamo in grado di decifrare una cultura diversa dalla nostra tanto più quanto più è simile alla nostra, tanto meno quanto più è diversa da essa. Aun osservatore che la sua civiltà ha educato a seguire valori totalmente diversi, un altra civiltà dedita a sviluppare i valori suoi propri sembra non possederne affatto: egli ha l impressione che solo a casa sua avvenga qualcosa, che solo la sua civiltà detenga il privilegio di una storia in cui gli eventi si susseguono agli eventi. Per lui, solo questa storia possiede un senso, se prendiamo questo termine nella sua doppia accezione di significare qualcosa e di tendere a un fine.crederà che in tutti gli altri casi la storia non esista, o tutt al più che segni il passo. >

42 26 Unità 1 LA SCOPERTA DELLA CULTURA Ma questa è un illusione paragonabile a quella che affligge i vecchi in seno alla loro propria società, e del resto anche gli oppositori di un nuovo regime.trovandosi esclusi dagli affari per l età o per ragioni politiche, hanno l impressione che la storia dell epoca in cui essi non sono più impegnati attivamente ristagni, a differenza dei giovani e dei militanti al potere, che vivono con fervore questo periodo in cui per gli altri gli avvenimenti si sono per così dire immobilizzati. La ricchezza di una cultura, o del procedere di una delle sue fasi, non esiste come proprietà intrinseca; è funzione della situazione in cui si trova l osservatore nei suoi confronti, del numero e della varietà degli interessi che egli vi investe.ricorrendo a un altra immagine, potremmo dire che le culture sono simili a treni che circolano più o meno in fretta, ognuno sul suo binario e tutti in direzioni diverse. Quelli che viaggiano parallelamente a noi ci si presentano in modo più durevole: possiamo osservare con calma il tipo dei vagoni, la fisionomia e la mimica dei viaggiatori attraverso i vetri dei rispettivi scompartimenti.ma se, su un binario obliquo o parallelo, passa un treno nell altro senso, non ne ricaveremo che un immagine confusa e fugace, a stento identificabile, per lo più ridotta a un puro oscuramento momentaneo del nostro campo visuale, che non ci fornisce alcuna informazione su quanto avviene ma ci irrita soltanto, perché interrompe la placida contemplazione del paesaggio che fa da fondale alle nostre fantasticherie.ora, ogni membro di una cultura le è strettamente solidale, tanto quanto quel viaggiatore ideale è solidale col suo treno. Fin dalla nascita, e l ho detto poco fa forse anche prima, gli individui e le cose che ci circondano costruiscono in ciascuno di noi un apparato di riferimenti complessi che costituisce un sistema: comportamenti,motivazioni, giudizi impliciti che in seguito l educazione confermerà attraverso la visione riflessiva che ci propone del divenire storico della nostra civiltà. Noi ci spostiamo trascinandoci dietro, letteralmente, questo sistema di riferimento, e gli insiemi culturali che si sono costituiti al di fuori di esso non ci sono percettibili che attraverso le deformazioni che questo imprime loro. Può perfino renderci incapaci di vederli. C. Lévi-Strauss, Razza e cultura, in Lo sguardo da lontano, Einaudi, 1984, FTUP 7 di C. Geertz La diversità culturale Il brano che segue è tratto da un libro di Clifford Geertz intitolato Antropologia e filosofia, pubblicato in italiano nel 2001, in particolare dal capitolo Gli usi della diversità. Geertz presenta un aneddoto, la breve vicenda dei medici e dell indiano alcolizzato, per illustrare quello che a suo parere è un problema enorme che l umanità dovrà prima o poi affrontare seriamente: come comportarsi di fronte alla diversità culturale, con cui nelle società contemporanee si è sempre più a contatto quotidiano e ravvicinato. Questo problema è tanto importante in quanto, scrive l autore, è parte di tutte le altre sfide che dobbiamo affrontare, «dal disarmo nucleare all equa distribuzione delle risorse del mondo». Per vivere in un mondo mescolato, un collage, dice l autore, bisogna imparare a comprendere le ragioni degli altri, anche se non le possiamo condividere. Questo avrebbe aiutato la comprensione fra i medici e l indiano protagonisti del brano che segue, i quali, invece, sono rimasti chiusi ciascuno nel proprio mondo, senza alcuno sforzo di intendersi reciprocamente, sforzo non facile, ovviamente, ma sostiene Geertz unica alternativa al disastro. Il sorgere entro il corpo di una società, all interno dei confini di un noi, di dolorose questioni morali, centrate sulla diversità culturale, ovvero il futuro dell etnocentrismo, può forse essere reso più vivido con un esempio: non un artificioso esempio fantascientifico sull acqua negli antimondi o sulle persone le cui memorie si scambiano tra loro mentre esse sono addormentate, esempi di cui i filosofi a mio parere si sono recentemente fin troppo innamorati, ma piuttosto un esempio reale, o quantomeno un esempio presentatomi come reale dall antropologo che me lo raccontò: il caso dell indiano alcolizzato e della macchina del rene artificiale. Il caso è semplice, per quanto sia aggrovigliata la sua soluzione. Alcuni anni fa, negli Stati Uniti sudoccidentali, l estrema scarsità di attrezzature per la dialisi, dovuta al loro alto costo, portò abbastanza naturalmente alla creazione di una lista di attesa per la fruizione di tale trattamento da parte di pazienti bisognosi di dialisi nell ambito di un programma

43 Testi antologici 27 medico governativo diretto, anche qui abbastanza naturalmente, da giovani medici idealisti provenienti da importanti scuole mediche, in larga parte nordorientali. Perché il trattamento sia efficace, almeno nell arco di un lungo periodo di tempo, è necessario che i pazienti osservino una rigida disciplina riguardo alla dieta e ad altre cose. Trattandosi di un pubblico servizio, governato da codici contro la discriminazione e comunque, come ho detto, moralmente motivato, la lista di attesa non privilegiava la possibilità di pagare dei pazienti, ma semplicemente la gravità del loro bisogno e l ordine di presentazione delle domande, una politica, questa, che portò, secondo le usuali svolte impreviste della logica pratica, al problema dell indiano alcolizzato. L indiano, dopo aver ottenuto l accesso al raro macchinario, si rifiutò, con grande costernazione dei medici, di smettere di bere o anche solo di moderare un consumo di alcolici che aveva del prodigioso. La sua posizione, secondo un principio simile a quello di Flannery O Connor che ho prima menzionato, ovvero rimanere se stesso qualunque cosa gli altri potessero volere fare di lui, era questa: io sono in realtà proprio un indiano alcolizzato, lo sono stato per un bel po di tempo, e intendo continuare a esserlo per tutto il tempo in cui potete mantenermi in vita collegandomi a questa vostra dannata macchina. I medici, i cui valori erano alquanto differenti, ritenevano che l indiano impedisse l accesso alla macchina di altri pazienti in lista di attesa, in difficoltà non meno disperate, che avrebbero potuto, così come essi vedevano la cosa, fare migliore uso dei suoi benefici: per esempio, un tipo di paziente giovane, di classe media, poniamo, alquanto simile a loro, destinato al college e, chissà, alla scuola medica. Poiché l indiano aveva già iniziato la dialisi nel momento in cui il problema si manifestò, essi non potevano risolversi a interrompere tale trattamento (né, suppongo, sarebbe stato loro permesso di farlo); nondimeno essi erano profondamente turbati almeno tanto turbati quanto l indiano, abbastanza disciplinato da arrivare puntuale a tutti i suoi appuntamenti, era risoluto e sicuramente avrebbero escogitato qualche motivo, in apparenza medico, per toglierlo dalla sua posizione nella lista di attesa se solo si fossero accorti in tempo di ciò che stava avvenendo. Invece egli continuò la dialisi, ed essi continuarono a essere turbati per parecchi anni finché, fiero, come me lo immagino, e grato (anche se non ai medici) di avere avuto una vita piuttosto lunga in cui poter bere, senza doversi scusare, egli morì. Lo scopo di questa favoletta in tempo reale non è mostrare quanto possano essere insensibili i medici (essi non erano insensibili e avevano le loro ragioni) o quanto gli indiani siano diventati degli sbandati (egli non era alla deriva, sapendo esattamente dove era); né suggerire che avrebbero dovuto prevalere o i valori dei medici (cioè, più o meno, i nostri), quelli degli indiani (cioè, più o meno, non i nostri), o qualche criterio di giudizio al di sopra delle parti, attinto dalla filosofia o dall antropologia ed emesso da uno degli erculei giudici di Ronald Dworkin. Il caso era davvero difficile e finì male, ma dal mio punto di vista più etnocentrismo, più relativismo o più neutralità non avrebbero migliorato le cose (anche se forse una maggiore immaginazione lo poteva fare). Lo scopo della favola non sono sicuro che essa abbia propriamente una morale è mostrare che questo genere di fatti, e non la remota tribù ripiegata su se stessa in una coerente differenza (gli azande o gli ik che affascinano i filosofi quasi quanto le fantasie della fantascienza, forse perché essi possono essere trasformati in marziani sublunari e considerati di conseguenza), meglio rappresenta, anche se melodrammaticamente, la forma generale che oggi assume il conflitto di valori che sorge dalla diversità culturale. Gli antagonisti in questo caso, se tali erano, non rappresentavano totalità sociali richiuse in se stesse che si incontravano accidentalmente lungo i margini delle loro credenze. Gli indiani che tengono a bada il destino con l alcol fanno parte dell America contemporanea quanto i medici che lo correggono con le loro macchine; volendo vedere come, almeno nel caso degli indiani (presumo che nel caso dei medici si sappia) si può leggere lo sconvolgente romanzo di James Welch, Winter in the Blood, dove gli effetti di contrasto risaltano piuttosto singolarmente. Se vi fu un fallimento, e, per essere giusti, a distanza è difficile dire precisamente quanto ve ne fu, fu un fallimento nella disponibilità a capire, da entrambe le parti, che cosa significava trovarsi dall altra parte e quindi che cosa significava essere dalla propria. C. Geertz, Antropologia e filosofia, Il Mulino, Bologna 2001, 97-99

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