LE ECOMAFIE: IL CASO DELLE DISCARICHE DI RIFIUTI SPECIALI

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA DI SCIENZE POLITICHE TESI DI LAUREA LE ECOMAFIE: IL CASO DELLE DISCARICHE DI RIFIUTI SPECIALI RELATORE: Prof. Fabio ARMAO CANDIDATO: Donato D AURIA Anno accademico

2 Ma sarebbe un associazione ben misera, voi capite di quale associazione parlo, se dovesse limitarsi solo al compito e al guadagno di quella che voi chiamate guardiania: la protezione che l associazione offre è molto più vasta. Ottiene per voi, per le ditte che accettano protezione e regolamentazione, gli appalti a licitazione privata; vi dà informazioni preziose per concorrere a quelli con asta pubblica; vi aiuta al momento del collaudo; vi tiene buoni gli operai. Leonardo Sciascia, il giorno della civetta A Michele D Auria, mio padre, che è stato per me maestro di vita 2

3 Indice INDICE...3 INTRODUZIONE RIFIUTI E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA: LA STORIA DELLE ECOMAFIE E DEI RIFIUTI SPECIALI LA VIGILANZA LE ROTTE DEI RIFIUTI I MERCATI GLOBALI DELL ECOMAFIA E I TRAFFICI INTERNAZIONALI DI RIFIUTI SPECIALI RIFIUTI SPECIALI SPA I RIFIUTI SPECIALI NELLA NORMATIVA NORME ATTUATIVE E PRINCIPALI MODIFICHE AL D.LGS. 22/97 NEGLI ANNI 2001/ LUCI ED OMBRE DELL ART. 53 BIS DEL D. LGS. 22/ CASI DI ILLECITO...71 CONCLUSIONI...75 APPENDICE A ESTRATTO DEL D.L.VO 5 FEBBRAIO 1997, N BIBLIOGRAFIA...84 IN INTERNET

4 Introduzione La tutela dell ambiente oggi presenta inevitabilmente aspetti di rilevante interesse collettivo, atteso che buona parte delle attività di danno generale sono conseguenti a forme di violazione di legge che spesso assumono carattere sistematico e dilagante. In particolare nel settore dei rifiuti speciali e degli inquinamenti il susseguirsi di azioni illecite ha creato una vera e propria situazione di emergenza che si sviluppa da un lato a livello locale e capillare e dall altro si è spesso evoluta in forme organizzate, fino a coinvolgere la criminalità associata, che ha trovato in questo campo nuove e lucrosissime forme di interesse. Va sottolineato che le azioni di violazione di legge a livello locale nel settore sopra indicato, seppur non collegato da un nesso organizzato, costituiscono una polverizzata e inesorabile attività di aggressione verso l ambiente naturale che si ripete ogni giorno su tutto il territorio nazionale. Nel contempo le attività della criminalità organizzata contribuiscono ad elevare fino a livelli non identificabili la gravità della già critica situazione, innestando su tale microcosmo di illeciti frammentati, azioni di pesante e irreversibile impatto ambientale, come ad esempio intere aree geografiche trasformate in siti di discariche sotterranee e occulte di rifiuti speciali pericolosi invisibili in superficie. Appare dunque oggi necessario affrontare in modo contestuale e contemporaneo ambedue questi gravissimi fenomeni, che non vanno né sottaciuti né sottovalutati, sia a livello preventivo (vigilanza sul territorio) che repressivo (sanzioni penalmente perseguibili), con una forte richiesta 4

5 di applicazione delle leggi vigenti e con la contestuale inderogabile necessità di stroncare le azioni in atto per impedire che vengano portate ad ulteriori e gravi conseguenze. La gravità del fenomeno è alimentata, come noto, dai comportamenti e dalle consuetudini tipiche dell imperante società dei consumi, caratterizzata dalla preponderante cultura dell usa e getta e dell incessante corsa ai nuovi prodotti; tale situazione ha vertiginosamente incrementato la produzione di rifiuti di ogni genere e tipo, il cui smaltimento diventa sempre più costoso e problematico. E una torta da 3 miliardi di euro. Tanto costa smaltire i rifiuti speciali e pericolosi, una categoria eterogenea di cui fanno parte tanto i mattoni sbrecciati quanto i fanghi intrisi di metalli pesanti. Si tratta di 45 milioni di tonnellate: il business legale e illegale si concentra soprattutto su questo settore dove i guadagni sono direttamente proporzionali al rischio. Bastano questi pochi numeri per avere un idea della posta in gioco. Secondo i dati ufficiali, più di 11 milioni di tonnellate di rifiuti speciali svaniscono nel nulla, commentano all Osservatorio ambiente e legalità della Legambiente. Il che è una maniera elegante per dire che le cosche della malavita organizzata guadagnano 1,2 miliardi di euro, una bella fetta che si aggiunge a quella consumata legalmente. Per fortuna, grazie all applicazione dell articolo 53 bis del decreto Ronchi che ha rafforzato gli strumenti in mano alle autorità inquirenti, la situazione sta cambiando: in meno di un anno sono state denunciate 177 persone, 36 società sono finite sotto inchiesta, 12 regioni sono risultate interessate dai traffici illeciti. 5

6 Il Rapporto Ecomafia di Legambiente, giunto quest anno alla sua ottava edizione, è ormai un appuntamento istituzionale, nel senso più ampio del termine. Alla sua elaborazione, infatti, contribuiscono tutte le forze dell ordine italiane: l Arma dei Carabinieri, in particolare attraverso il Comando Tutela Ambiente, il Corpo Forestale Dello Stato, la Guardia di Finanza, le Capitanerie di porto, la Polizia di Stato, la Direzione investigativa antimafia, i Corpi forestali delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome. Lo fanno ogni giorno, attraverso le loro attività d indagine, e una volta l anno quando elaborano, per questo Rapporto, i numeri delle attività svolte, delle denunce effettuate, dei sequestri, riassumendo i risultati delle operazioni più significative. Il Rapporto Ecomafia è un approfondito e appassionato lavoro di denuncia realizzato da un associazione anche in nome e per conto delle istituzioni impegnate a difendere l ambiente e la legalità. Le conoscenze personali e le esperienze professionali di chi scrive costituiscono lo spunto per la redazione del presente lavoro, che vuole rappresentare il punto d arrivo del percorso di formazione universitaria; con tale elaborato si intende fornire un modesto contributo alla sensibilizzazione e alla divulgazione delle sempre più attuali problematiche ambientali. 6

7 1. Rifiuti e criminalità organizzata: la storia delle ecomafie e dei rifiuti speciali Le ecomafie neologismo coniato da Legambiente alla fine del 1994 e ormai entrato nel vocabolario della lingua italiana hanno potuto crescere fino a raggiungere un potenziale di mercato di miliardi dal traffico di rifiuti Nord-Sud, e di dallo smaltimento dei rifiuti. Il costo per la collettività è altissimo, sia in termini di salute, che diminuisce, sia in termini di debito pubblico, che cresce. Per ogni lira che le ecomafie guadagnano lo Stato ne perde dieci. Si calcola, infatti, che il trasporto illegale di rifiuti dal Nord al Sud frutti ai clan miliardi l anno mentre lo Stato dovrebbe spendere miliardi l anno per bonificare i luoghi contaminati dalle discariche pirata. La trasformazione imprenditoriale delle vecchie organizzazioni criminali, realizzata grazie al controllo del territorio e allo scippo della natura, ha prodotto una formidabile crescita di fatturato. La trasformazione della criminalità organizzata in criminalità imprenditrice, un vero e proprio sistema di imprese mafiose, costituisce assai verosimilmente la ragione per cui nel sistema bancario italiano si sono create inspiegabili anomalie. Una testimonianza diretta è quella fornita dal direttore generale della Banca d Italia Vincenzo Desario alla Commissione parlamentare antimafia: dal 1990 al 1994 la Banca d Italia ha registrato un incremento di sportelli bancari del 96% a Caserta, uno dei capisaldi dell ecomafia, e del 78% a Salerno, altra terra di camorra (Confcommercio, Viaggio a Criminopoli, 1994). Vale la pena sottolineare che in questi territori tanto ricchi di 7

8 liquidità è cresciuto in modo esponenziale, negli stessi anni, sia il numero dei disoccupati che quello delle aziende e degli esercizi commerciali chiusi per fallimento. Peraltro sempre nello stesso periodo si è registrata un impennata dei traffici abusivi di rifiuti Nord-Sud. Il sistema bancario costituisce il punto di arrivo delle attività imprenditoriali delle ecomafie: la moneta cattiva scaccia la buona, il mercato legale deperisce e quello criminale prospera, i posti di lavoro dichiarabili diminuiscono e quelli occulti aumentano. Così i capitali illegali movimentati dal sistema di imprese ecomafiose penetrano nel sistema bancario e lo inquinano. Naturalmente la strada maestra per combattere i clan è fermarli all inizio del circuito perverso, prima che i capitali mafiosi si moltiplichino rapidamente. I percorsi delle ecomafie s intrecciano con quelli di Tangentopoli. Esiste un circuito tra organizzazioni camorristiche, potere politico e pubblica amministrazione, che ha determinato una convergenza di interessi fra questi tre soggetti che operano nel settore degli appalti pubblici: il politico concede appalti all imprenditore in cambio di denaro; l imprenditore dà denaro al politico e lavoro e denaro al mafioso; il mafioso ottiene denaro dall imprenditore, gli assicura pace sociale (perché questo significa il controllo dei cantieri) e dominio sui meccanismi della manodopera e ritorna in voti al politico quello che il politico ha dato come inizio del circuito. In tutte le regioni del Centro-Nord fare il trafficante d immondizia è di una semplicità sconvolgente. E vero che formalmente esiste un Albo degli smaltitori, presentato come una grande conquista della legge votata all indomani dello scandalo delle navi dei veleni. Ma l Albo non funziona essendo 8

9 strutturato in modo tale da svolgere compiti di mera e formale burocrazia, del tutto scollegata dai fenomeni e dalle dinamiche reali. Ed entrare nel club dei commercianti di rifiuti è più facile che prendere la tessera del club della maratona. Il processo per le cosiddette discariche d oro ha coinvolto, nel corso del 1994, una trentina di imputati (tra imprenditori e politici) quasi tutti condannati tra patteggiamenti e sentenze di primo grado. Non si trattava di pesci piccoli. Era il gotha del settore: da Paolo Berlusconi, (condannato a sette mesi di reclusione e 10 milioni di multa per violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti) a Mario Lodigiani (condannato a 7 mesi), da Giuseppe Pisante (titolare del gruppo Acqua, anche lui condannato a 7 mesi) a Angelo Simontacchi (2 anni e 3 mesi). Dalle udienze è venuta fuori una storia di tangenti per centinaia di milioni versate in cambio di concessioni per nuove discariche di rifiuti in Lombardia (Antonio Cianciullo, Enrico Fontana, Ecomafia I predoni dell ambiente, Editori Riuniti). Illegalità genera illegalità. Per fronteggiare l emergenza rifiuti la giunta regionale della Lombardia aveva varato un piano che prevedeva la nascita di sette impianti di smaltimento: cave esaurite e terreni abbandonati sono stati così trasformati in discariche d oro. Una macchina da soldi per le casse della Dc e del Psi, l hanno definita i pubblici ministeri Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo. La camorra non ha fatto che perfezionare il meccanismo. E partita da Tangentopoli e l ha sfruttata al meglio. Gli anni delle tangenti scoperte dal pool di Mani pulite coincidono con lo sbarco delle ecomafie al Nord ( ) che in quel clima si muovono come pesci nell acqua: nella 9

10 pioggia di mazzette respirano aria di casa. Risalendo la penisola i clan non hanno trovato un ambiente diverso dal loro habitat originario. I nuovi mercati con cui hanno cominciato a confrontarsi sono retti sugli stessi pilastri: assenza di meccanismi trasparenti, discariche decise in base alle tangenti, bolle contraffatte. Sono gli anni del bengodi. Fino a tutto il 1993, il momento in cui dilaga Mani pulite, gli imprenditori tangentisti e gli immigrati della camorra vanno a braccetto. Un idillio tarlato da uno squilibrio di fondo: la paralisi che blocca lo sviluppo di efficienti piani di smaltimento al Nord sbilancia il rapporto rafforzando l ala camorrista. In attesa delle nuove discariche che non arrivano mai salgono le azioni dei clan: offrono concretezza e rapidità, prezzi contenuti, capacità illimitate di smaltimento, protezioni politiche e assenza di contenzioso. Ospedalieri, tossici e nocivi, urbani, radioattivi e speciali. Le ecomafie nel giro di pochi anni hanno esteso la loro sfera d azione nel tentativo di offrirsi come monopoliste in un settore in cui la concorrenza legale, finché il contesto imprenditoriale resta bloccato, è impossibile su larga scala. Non sono solo gli imprenditori troppo disinvolti a ricorrere alla mediazione dei clan, ma anche le amministrazioni pubbliche che si vedono serrare i cancelli delle discariche ufficiali. Il sistema parallelo di smaltimento diventa spudorato. Tanto che nel giugno 1995 la Camera approva all unanimità la Commissione d inchiesta sui rifiuti presieduta dal verde Massimo Scalia. E il primo segnale di risveglio dello Stato. Sia le denunce degli ambientalisti che le inchieste della magistratura sulla Rifiuti connection hanno avuto intanto un importante anche se parziale conferma nell aula di 10

11 un tribunale. Diversi protagonisti della holding che ha trasformato il Sud e, in particolare la Campania, nella pattumiera d Italia sono stati condannati dalla settima sezione del tribunale di Napoli a pene che vanno dai due agli otto anni di reclusione per reati contro l ambiente e per mazzette. Altre istituzioni hanno cominciato a lanciare i loro rampini d abbordaggio verso la flotta dell ecomafia. L Onu, per la prima volta nella storia, ha dichiarato guerra ai saccheggiatori dell ambiente da una tribuna importante, quella del IX Congresso mondiale sulla criminalità, che si è svolto al Cairo nel maggio del La Camera ha approvato all unanimità, un mese dopo, la costituzione di una commissione d inchiesta sul ciclo dei rifiuti e le attività illegali ad esso connesse. Al Consiglio d Europa si è discussa una nuova convenzione mirata a facilitare le inchieste sui crimini ambientali e a inasprire le pene. I trafficanti di rifiuti godono di sostanziale impunità a causa di un codice penale che ignora l ambiente e di una valanga di decreti legge che stendono ponti d oro ai killer della natura. Le inchieste aperte sui traffici di rifiuti radioattivi stanno avvicinando i magistrati a quella zona grigia, finora inesplorata, in cui gli interessi delle mafie si saldano a quelli della cosiddetta massoneria deviata e dei servizi segreti. In questo scenario sconcertante che vede l Italia negli anni novanta, soprattutto nel Sud, trasformata in una sorta di pattumiera d Europa, inizia una lotta serrata tra l ecomafia e lo Stato (Antonio Cianciullo, Enrico Fontana, Ecomafia I predoni dell ambiente, Editori Riuniti). 11

12 2. La vigilanza Molti abusi, pochi controlli. In teoria dovrebbero occuparsi di ecomafia il Corpo Forestale dello Stato, il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri (Noe), la Guardia di Finanza, singoli uffici della Polizia (in particolare la Digos che dopo il tramonto dei reati politici si è riorientata su questo campo) e, in modo più sporadico, la Criminalpol. In pratica la situazione è la seguente. Per quanto riguarda il Corpo Forestale, che contro queste aggressioni al patrimonio ambientale è da anni impegnato in prima linea, le indagini più significative relative alla criminalità ambientale sono state svolte nel Piemonte, in Lombardia, nel Veneto, nelle Marche, in Toscana, in Campania e Puglia, grazie alla grande sensibilità di singoli ufficiali e sottufficiali spesso impegnati nelle sezioni di polizia giudiziaria delle Procure presso le Preture. Il Noe (Nucleo operativo ecologico) che è l unico gruppo di polizia specializzato in ambiente, ha aperto sedi distaccate in quasi tutte le regioni e a venti anni dalla sua istituzione è composto da 210 carabinieri. Drammaticamente pochi, calcolando che gli analoghi reparti specializzati dalla guardia civile spagnola e della gendarmeria francese possono contare ognuno su centinaia di uomini e adeguati supporti tecnologici. Il Noe dipende dal Ministero dell Ambiente. La terza forza in campo è la Guardia di Finanza. Una poco comprensibile divisione dei ruoli ha impedito fino a oggi a questo corpo di polizia di istituire un proprio nucleo specializzato nei delitti ambientali. Eppure la Finanza potrebbe fare molto sia per i mezzi a disposizione 12

13 (soprattutto aerei e navi) che per la specifica attitudine alle indagini di carattere societario, indispensabili quando si ha a che fare con gli ecomafiosi. Ma anche nella Finanza l impegno diretto nella lotta contro la criminalità ambientale è affidato ancora alla sensibilità dei singoli ufficiali. Infine, la Polizia di Stato. C è il tentativo di riconvertire alcuni uffici periferici della Digos dalla lotta contro la criminalità politica, ormai fortemente ridimensionata, alla battaglia contro la criminalità ambientale, che gode ottima salute. Il tentativo è andato a buon fine per ora in Toscana (Lucca), Basilicata (Matera) e Piemonte (Asti). Per quanto riguarda la Criminalpol, un altro settore della polizia che pure potrebbe svolgere un ruolo rilevantissimo nelle indagini sulle ecomafie, sono state parzialmente coinvolte finora solo le sedi di Roma, Napoli e Palermo. E da notare, infine, che nel variegato universo dei potenziali investigatori dei crimini contro l ambiente è quasi del tutto assente la polizia municipale. A turare le falle del sistema investigativo sono spesso le guardie ecologiche: un organismo ad hoc istituito da diverse amministrazioni provinciali (in particolare in Puglia, nel Lazio, nel Veneto). O addirittura le associazioni ambientaliste con le guardie ecologiche volontarie. Anche i numeri sulle attività delle forze dell ordine contribuiscono a delineare un quadro davvero allarmante. I dati relativi all anno 2002 e forniti anche quest anno a Legambiente, in occasione della presentazione del Rapporto Ecomafia, indicano in le infrazioni accertate dalle forze dell ordine nel ciclo dei rifiuti, mentre sono stati effettuati 742 sequestri e il 38,6% dei reati si è consumato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. La 13

14 prima regione nella classifica dell illegalità nel ciclo dei rifiuti è risultata la Sicilia, con 239 reati pari al 15% del totale nazionale; la seguono a ruota la Campania, con 191 infrazioni alla normativa sui rifiuti e il Veneto, che con 114 reati ha fatto un grande balzo in avanti rispetto alla classifica dell anno precedente (ha scalato ben 4 posizioni). I fenomeni d illegalità che caratterizzano questo settore emergono con grande chiarezza anche dal Monitoraggio di controllo ambientale pubblicato dal Comando tutela ambiente dell Arma dei carabinieri. Dai dati relativi alle attività svolte nel 2001 emerge un livello di illegalità relativo all inquinamento del suolo, riconducibile in gran parte alla gestione illecita dei rifiuti, pari al 42,5% (2.469 infrazioni accertate su un totale di controlli). Ben superiori, addirittura, le percentuali relative al livello di illegalità nei siti di smaltimento (pari al 56,2%) e in quello della gestione rifiuti (51,1%). Più basso ma ugualmente preoccupante il dato relativo al settore dei siti di trattamento, pari al 39,8%. Interessanti anche i dati del Primo rapporto sul terzo censimento delle discariche abusive, curato dal Corpo forestale dello Stato: sono risultati i siti illegali di smaltimento rifiuti, per una superficie totale di oltre 19 milioni di metri quadrati. Un numero impressionante se confrontato con le 1385 discariche autorizzate in Italia (657 per rifiuti urbani e 728 per quelli speciali), secondo i dati di Apat e Onr nel Rapporto rifiuti Nei censimenti precedenti, datati 1986 e 1996, le discariche abusive erano state rispettivamente (per una estensione totale di quasi 17,6 milioni di metri quadrati): quindi, se da una parte è diminuito il numero delle discariche illegali, dall altra è aumentata la loro estensione (di circa 2 milioni 14

15 di metri quadrati di censimento in censimento). Il C.F.S. commenta in questo modo i dati: In questi casi non siamo più in presenza di comportamenti errati occasionali da parte di singoli cittadini, ma ci troviamo di fronte a fenomeni, come dimostrato anche da indagini e operazioni di polizia giudiziaria portate a termine, riconducibili a organizzazioni illecite che controllano l utilizzo delle discariche abusive. La Puglia è risultata, secondo il C.F.S., la prima regione italiana per numero di discariche abusive (599, pari al 12% del totale, di cui ben 440 ancora attive), seguita da Lombardia (541) e Calabria (447). La classifica per superficie totale delle discariche abusive vede al primo posto il Veneto (quasi 5,5 milioni di metri quadrati, dovuti fondamentalmente all area industriale di Porto Marghera), seguita da Puglia (3,8) e Calabria (1,6). Il Salento,come già denunciato da Legambiente negli ultimi Rapporti Ecomafia, figura tra le zone dove è maggiore la concentrazione delle discariche abusive ancora attive e con presenza di rifiuti pericolosi (per questa tipologia di rifiuti vengono segnalate anche l area circostante alla città di Bari, la zona centro occidentale dell Abruzzo, il Veneto e la Liguria). Si affinano, in conclusione, anche le tecniche investigative. Il Comando tutela ambiente dell Arma dei carabinieri e il Corpo Forestale dello Stato hanno stipulato un accordo di collaborazione con l Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, per l utilizzo sistematico delle moderne tecniche di esplorazione geofisica del sottosuolo. Sarà possibile, come avvenuto in alcune indagini giudiziarie, dare la caccia alle discariche fantasma, quelle in cui le organizzazioni criminali hanno deciso di tombare i rifiuti. 15

16 La tendenza del legislatore in materia di contrasto al crimine, va indubbiamente nel senso di un azione sempre più coordinata tra le forze di polizia. Le varie leggi susseguitesi nel tempo, proprio perché emanate sempre in condizioni di emergenza, testimoniano che i mezzi individuati dal Parlamento per un efficace lotta al contesto dei fenomeni ambientali sembrano proprio dirigersi verso una unificazione dello Stato, al fine di ottenere un impatto più forte su chi soprattutto, a sua volta, è organizzato in maniera tale da non lasciare spazio alle iniziative personali o ai conflitti di competenza. Tale strategia ben si coniuga con le raccomandazioni del Consiglio Europeo sul contrasto alla criminalità ecologica, che evidenziano la necessità di disporre di un organismo nazionale competente per il contrasto alla criminalità ambientale, un secondo organismo competente a trattare lo scambio di informazioni a livello europeo e di un ulteriore organismo incaricato di raccogliere dati statistici sulla criminalità ecologica. Il problema che si pone quindi è quello di evitare la frammentazione degli apparati di controllo ed investigativi e di pervenire ad una migliore razionalizzazione delle risorse e dei mezzi impiegati. 16

17 3. Le rotte dei rifiuti In una economia di mercato lo smaltimento dei rifiuti rappresenta un costo che segue la legge della domanda e dell offerta e le organizzazioni criminali garantiscono naturalmente la fornitura dei servizi ai prezzi più competitivi; i clan mafiosi sono perfettamente in grado di gestire una vera e propria filiera che, avvalendosi di manodopera schiava e di personale infiltrato nella società civile, propone di soddisfare ogni esigenza di carattere ambientale su scala planetaria. Si può quindi anche parlare di modernità della mafia, laddove si colgono gli elementi tipici di una struttura dotata di visione globale, che ben si coniuga con il progresso e la transnazionalità capitalistica che travalica gli ottocenteschi confini nazionali. Le scorie, come prodotto incidentale di tali dinamiche economico/affaristiche, sono rappresentate da un accresciuto danno ambientale che ha raggiunto livelli di estrema preoccupazione sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, creando, qualche volta, una forte reazione da parte dell opinione pubblica. Negli Stati Uniti, ad esempio, un recente sondaggio ha rilevato che l 84% della popolazione considera il danno ambientale un crimine serio. La Nigeria ha deciso di punire i trafficanti di rifiuti con l ergastolo. Perfino il Brasile, dove venticinque anni fa c era chi tentava di attirare capitali con lo slogan Venite a inquinare da noi, fa ammenda. I traffici internazionali di rifiuti vedono la Cina tra le mete preferite. Le attività illecite sono mosse da ragioni sostanzialmente economiche. Per quanto riguarda i prezzi relativi allo smaltimento di una tonnellata di rifiuti 17

18 pericolosi si va dai 100 ai dollari di un Paese industrializzato, a seconda della tipologia di rifiuto, ai 2,5 massimo 50 dollari richiesti in un Paese in via di sviluppo. In merito all incredibile abbattimento dei costi praticato dagli ecocriminali, il Riia (Royal institute of international affaire) un prestigioso istituto di ricerca londinese nel Report descrive un altro caso davvero illuminante: in un indagine della polizia di New York alcuni detective si sono infiltrati nel giro dei traffici illegali. Nonostante proponessero un costo di smaltimento davvero scontato di 40 dollari al barile contro un prezzo di mercato di 750, sono stati costretti ad abbassarlo ulteriormente perché non riuscivano a trovare clienti interessati. Anche il World Watch, l autorevole rivista ambientale statunitense, ha affrontato il tema della criminalità ambientale internazionale. Nella storia di copertina del numero di dicembre 2002, curata da Lisa Mastny e Hilary French, viene denunciato il ruolo degli Stati Uniti nei traffici internazionali di rifiuti. I quantitativi stimati sono notevoli: si va dai 300 ai 500 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi ogni anno, il 10% dei quali viene trasportato legalmente attraverso i confini internazionali. Difficile da valutare, invece, il flusso illegale, soprattutto verso i Paesi in via di sviluppo, in violazione della Convenzione di Basilea del 1999 sulla movimentazione transfrontaliera e sullo smaltimento di rifiuti. Secondo il World Watch l Asia sembra essere diventata la nuova destinazione finale, insieme al già martoriato continente africano: Si ritiene che l Asia sia una delle principali destinazioni dei traffici illeciti. Greenpeace India riferisce che più di 100mila tonnellate di rifiuti non 18

19 autorizzati sono entrati in India nel 1998 e nel 1999, fra cui ceneri e residui tossici di zinco, rifiuti piombosi, batterie usate, scarti di lavorazione di cromo, cadmio, tallio e altri metalli pesanti. Le importazioni illecite, che provengono da luoghi diversi come Australia, Belgio, Germania, Norvegia e Stati Uniti, hanno violato sia le regole del trattato di Basilea sia una norma del governo Indiano sulle importazioni di rifiuti. La Cina occupa ormai un triste posto di rilievo tra gli Stati coinvolti nei cosiddetti traffici di veleni. Secondo la rivista americana infatti: La Cina riceve un massiccio flusso di rifiuti elettrici pericolosi importati illegalmente ogni anno. Uno studio recente della Basel Action Netwwork (Ban) un gruppo che controlla l applicazione della convenzione di Basilea, e la Silicon Valley Toxics Coalition della California, riferisce che i lavoratori nelle fabbriche di riciclaggio cinesi sono gravemente esposti ai metalli pesanti e ad altri prodotti chimici velenosi poiché provvedono al recupero di componenti dai circuiti di vecchi computer, monitor, batterie e altri apparecchi. Il commercio di prodotti tossici continua a dispetto di un divieto cinese sull importazione di questo genere di materiali ma viola anche le norme di Basilea che proibiscono l esportazione di rifiuti verso Paesi che ne hanno vietato l importazione. Circa metà dei rifiuti elettronici (tecnologici) viene prodotta negli Stati Uniti, dove si stima che ogni anno 20 milioni di computer vengono dismessi perché considerati obsolenti. Ma il governo Usa non considera la spedizione di high-tech illegale perché questo genere di rifiuto non è tecnicamente classificato come pericoloso. E peraltro gli Stati Uniti sono l unico Paese industrializzato che non ha ratificato la Convenzione di Basilea; proprio sull invio del 19

20 materiale high-tech dismesso in Cina è in corso un inchiesta in Italia, condotta dalla Procura di Taranto, che sta indagando su un presunto traffico di contatori elettrici che sono stati venduti ad aziende cinesi per un loro utilizzo. L inchiesta è partita in seguito ai problemi fisici di alcuni dipendenti di una compagnia portuale di Taranto, che avevano lavorato a contatto con 16 container contenenti tremila tonnellate di rifiuti, e un ispezione della Asl. Cinque sono gli indagati per violazione alla normativa ambientale. I contatori dismessi sarebbero partiti dal porto di Civitavecchia, transitati in quello di Taranto, per finire ad Hong Kong via Israele. Del resto che la Cina sia destinazione finale di traffici internazionali non è certo una novità: l allarme era già stato lanciato nel Rapporto Ecomafia Basta ricordare, infatti, l inchiesta del Corpo Forestale dello Stato di Brescia e del Pool ambiente della Procura di Milano sulle tonnellate di rifiuti plastici spedite da alcuni porti italiani verso quello di Hong Kong (il processo di primo grado si è concluso proprio in questi giorni e ha visto patteggiare due dei sedici imputati, con l accusa, tra le altre, di traffico internazionale di rifiuti. E la prima volta che in Italia un accusa di questo tipo può essere formulata, grazie all articolo 53 bis del Decreto Legislativo n. 22 del 1999, che a partire dal 2001 permette agli inquirenti di avere un arma per bloccare i flussi illeciti di rifiuti), ma anche le denunce di alcune associazioni ambientaliste americane secondo le quali tra il 50% e l 80% del materiale elettronico di scarto raccolto negli Stati Uniti viene imbarcato e spedito, via mare, in diversi paesi dell Asia e del Sud est asiatico, tra cui appunto la Cina e il Giappone, come nel caso di seguito riportato, emblematico 20

21 di come si applica la tecnica del finto riciclaggio teso a mascherare veri e propri smaltimenti illeciti. Lo scorso marzo, la corte di un distretto del Giappone ha condannato Hiromi Ito, presidente di una compagnia di smaltimento di rifiuti, a quattro anni di prigione e lo ha multato per 5 milioni di yen (pari a dollari). Ito e i suoi complici hanno ideato e diretto un complicato sistema per disfarsi di circa tonnellate di rifiuti ospedalieri e industriali nelle Filippine, trasportati in container con su scritto carta da riciclare. Quando l importatore filippino ha aperto i 122 container, ciascuno dei quali lungo più di 12 metri, ha trovato non solo carta ma anche materiali pericolosi, fra cui aghi ipodermici e bendaggi, teli in materiale plastico per le lenzuola e vecchie attrezzature. Un classico caso di esportazione di rifiuti pericolosi con il pretesto del riciclaggio. Coloro che hanno a che fare con rifiuti da smaltire in modo illecito, sempre più spesso li spacciano per materiale riciclabile, liberandosi così dei controlli delle Autorità. (Rapporto Ecomafia 2003, Legambiente) 21

22 4. I mercati globali dell ecomafia e i traffici internazionali di rifiuti speciali Il giro del mondo in 16 anni. Non è la seconda puntata del celebre romanzo di Jules Verne ma la durata dell incredibile viaggio della nave dei veleni Khian Sea. La nave, partita da Filadelfia nel lontano 1986 con circa 15mila tonnellate di rifiuti nella stiva (tra cui le ceneri dell inceneritore della città contaminate da piombo, cadmio e altri metalli pesanti), nel suo lungo viaggio ha toccato ben quattro continenti e undici nazioni prima di essere rispedita al mittente. Tutto era iniziato con la più classica emergenza rifiuti: la città statunitense era rimasta a corto di spazio per lo smaltimento in discarica e ha deciso di far risolvere il problema a una società di intermediazione, che a sua volta ha pensato bene di caricarli su una nave e spedirli in un qualsiasi Paese disposto ad ospitarli. Ma non è stato così semplice. Il primo porto raggiunto dalla nave dei veleni è stato quello delle isole Bahamas, che ha però subito negato lo scarico dei rifiuti. Alla fine del 1987 circa 4mila tonnellate furono scaricate su una spiaggia di Haiti. Dopo aver tentato invano di fare altrettanto in diversi Paesi africani e asiatici, la restante parte del carico fu scaricata con molta disinvoltura in mare nel tragitto che portava dal canale di Suez a Singapore, dove arrivò nel 1988 con la stiva completamente vuota. Per questo motivo due dirigenti della compagnia di navigazione sono stati condannati da un tribunale statunitense. A questo punto il problema sembrava risolto. In realtà, in seguito a una lunga querelle tra Haiti e gli Stati Uniti, dopo che per tredici 22

23 lunghi anni i container erano rimasti spiaggiati sull isola caraibica, le 4mila tonnellate di rifiuti furono riportate in America. Il viaggio era finito? Neanche per sogno. Anche negli States i rifiuti sono respinti da ben cinque Stati e addirittura da una tribù indiana, i Cherokee dell Oklahoma. Alla fine del lungo viaggio le pericolose ceneri dell inceneritore sono tornate a casa. Anche se le altre 11mila tonnellate continuano a fare il bagno in chissà quali profondità oceaniche. (Antonio Cianciullo, Enrico Fontana, Ecomafia I predoni dell ambiente, Editori Riuniti). Questa è solo una storia, per certi versi paradossale, dei tanti traffici internazionali di rifiuti che inquinano il globo terrestre e che percorrono la nota rotta Nord-Sud, dai Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo. Greenpeace stima che il 90% dei rifiuti trasportati verso i Paesi in via di sviluppo, in particolare materiali plastici e metalli pesanti, venga attualmente etichettato come materiale destinato al riciclaggio. Molti di questi rifiuti, però, non vengono affatto riciclati o, come nel caso dei rifiuti elettronici (tecnologici) in Cina, sono riciclati con operazioni altamente inquinanti e non proprio migliori dell invio in discarica. Il risultato finale è lo stesso: l esportazione di materiale gravemente inquinante da un Paese ricco a uno povero. Tra gennaio e febbraio 1998 in una regione del sud della Somalia, una strana febbre emorragica causa decine di morti tra la popolazione. Pochi mesi dopo un altra febbre sospetta colpisce la zona di Warsheikh e vengono segnalate vittime nei villaggi di Adelhe e Runmirgod. Circa due anni prima i medici di Merka, sempre in Somalia segnalavano un eccessivo numero di tumori alla lingua, alla tiroide, al retto e un numero elevatissimo di malformazioni neonatali. 23

24 Una serie di patologie prima sconosciute al paese africano che, messe in relazione ai risultati di uno studio effettuato in quegli anni da un ricercatore algerino, rivelano scenari sconvolgenti. La ricerca infatti partendo da un indagine sull alta mortalità dei dromedari somali, dimostrava il collegamento con lo scarico incontrollato di rifiuti radioattivi nel deserto del Corno d Africa. (La Nuova Ecologia, maggio 2000) 24

25 5. Rifiuti speciali spa La congiura del silenzio viene spezzata da una struttura a cui, in prima battuta, nessuno aveva dato grande peso: l Osservatorio permanente su ambiente e legalità messo in piedi dai Carabinieri, dalla Legambiente e dall Istituto di ricerche Eurispes nel dicembre Scelta la priorità ecomafia, si cominciò a mettere insieme le informazioni disponibili. Tessendo la trama del traffico di rifiuti è apparso il disegno di una holding che vede lavorare fianco a fianco imprenditori, criminalità organizzata, massoni con il vizietto degli affari, politici con il vizietto delle bustarelle. E la Rifiuti spa. Il dossier viene presentato in una conferenza stampa a Roma. Partono i primi lanci di agenzie, i primi servizi sui telegiornali, i primi articoli. E i telefoni della sede nazionale della Legambiente diventano bollenti. A chiamare sono i marescialli del Corpo Forestale dello stato e dei carabinieri, ispettori di polizia, ufficiali della finanza, magistrati quasi folgorati dall ampiezza della rete clandestina di traffici. Ma c è una telefonata che più delle altre cambierà il corso degli eventi. E la richiesta di un incontro urgente da parte della Procura nazionale antimafia. Il numero due della superprocura, Alberto Maritati, aveva già fiutato la pista e chiede di acquisire il dossier di Legambiente. Si scopre così che le procure che stanno indagando in tutta Italia sui traffici di rifiuti, una delle attività cardine delle ecomafie, sono quindici, ognuna rinchiusa nel suo guscio, ognuna all oscuro di quanto fanno le altre. Un enorme massa di informazioni, di indizi, di prove si rovescia sul tavolo di Maritati e si decide di schierare contro l ecomafia ben 25

26 cinque dei venti magistrati che compongono lo staff della Procura nazionale antimafia. Grazie al lavoro di coordinamento le 15 Procure locali si incontrano. Gli investigatori cominciano a scambiarsi i materiali e nel dicembre 1994, con la presentazione della ricerca Le ecomafie curata dall Osservatorio su ambiente e legalità, l ipoteca dei clan sull ambiente diventa un fenomeno massmediologico. Attualmente la situazione relativa agli illeciti commessi sul territorio nazionale è descritta dal Rapporto Ecomafia dell anno 2003, a cura di Legambiente. In Italia la materia dei rifiuti è disciplinata dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, cosiddetto Decreto Ronchi, il quale ha abrogato totalmente la vecchia normativa e ha dettato nuove regole e nuovi principi in tutto il settore. In particolare, come meglio spiegato nei successivi capitoli, l attuale sistema sanzionatorio prevede che Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni (art. 53 bis, comma 1 del D. Lgs. 22/97). E solo dal 2001 che, grazie a questo piccolo ma importantissimo comma dell articolo 53 bis, gli inquirenti sono in grado di contrastare e perseguire penalmente i traffici internazionali di rifiuti. Le tante inchieste sulla violazione dell articolo 53 bis del decreto Ronchi hanno svelato gli interessi e le ramificazioni della criminalità ambientale nel nostro Paese. È una montagna la quantità di rifiuti speciali scomparsi nel nulla che, anche quest anno, supera i metri di altezza. 26

27 La Rifiuti S.p.A. traffica e smaltisce abusivamente quelli speciali, meglio se pericolosi e si infiltra anche nel ciclo legale, inquinando l ambiente e il mercato. Gli smaltimenti illeciti di rifiuti e l infiltrazione dell ecomafia nel settore sono ormai un tema ricorrente nelle parole di magistrati e di ministri e nei documenti istituzionali sul crimine organizzato. Il fenomeno delle ecomafie afferma il Procuratore generale di Bari, Riccardo di Bitonto nella relazione con cui inaugura l anno giudiziario 2003 costituisce un paradigma della strategia della moderna criminalità organizzata. La presenza delle organizzazioni delinquenziali non si manifesta più unicamente attraverso il compimento di delitti di sangue. I crimini strutturali di queste organizzazioni sono quelli silenziosi della penetrazione nell economia e nel mercato, come il ciclo dei rifiuti. E il binomio mafia-rifiuti viene sottolineato anche dalla Relazione sulla politica informativa e della sicurezza per il secondo semestre 2002, trasmessa alla presidenza della Camera l 11 febbraio 2003: La criminalità organizzata di stampo mafioso è risultata nel complesso caratterizzata dalle seguenti peculiarità: rinnovamento di formule relazionali e di schemi operativi nella gestione illecita dei rifiuti e nell intercettazione delle risorse destinate ad opere per la collettività. Uno dei territori più colpiti dai trafficanti di rifiuti continua ad essere la Campania, in particolare con la gestione del clan dei Casalesi, una gestione fatta con metodi da imprenditoria commerciale. In tutta la regione vi sono stati sequestri di luoghi di scarico abusivi, anche con rifiuti tossico-nocivi; proprio in Campania è emerso quello che qualcuno ha chiamato il ciclo : si scava, il materiale serve per costruire abusivamente e nello scavo si mettono i 27

28 rifiuti che inquinano le falde. Ecco l alterazione dell ambiente. (Antonio Cianciullo, Enrico Fontana, Ecomafia I predoni dell ambiente, Editori Riuniti) Fra i mille appalti di servizi e di forniture, si nota che le organizzazioni criminali si stanno orientando proprio verso gli appalti per le pulizie dei Comuni e per lo smaltimento dei rifiuti. Gli esempi più recenti sono il traffico di 18 mila tonnellate di rifiuti fra Brescia, Napoli e Caserta; poi a Santa Maria Capua Vetere e in provincia di Caserta (un milione di tonnellate di rifiuti in 4 anni). Le organizzazioni criminali si attrezzano sotto forma di impresa per gestire la raccolta e lo smaltimento ed anche per bonificare siti inquinati: prima inquinano e poi si propongono come disinquinatori (la genialità napoletana); considerate che le aree da bonificare in Campania sono numerosissime. La Campania si colloca al primo posto per quel che concerne i reati collegati all illegalità ambientale, figura sia come sito di smaltimento di destinazione di traffici abusivi che come punto di partenza di rifiuti tossici smaltiti in altre regioni (Puglia, Basilicata, Molise, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto). L interesse dei clan camorristici nel settore dello smaltimento dei rifiuti è incentrato specialmente nella gestione diretta delle discariche illegali realizzate in cave e terreni.(rapporto Ecomafia 2003, Legambiente) Nella terra della camorra, i rifiuti sono l industria trainante. I camion arrivano di notte e trovano ad attenderli persone fidate, persone che si sanno far rispettare e che conoscono la strada per le buche. Così vengono chiamate le discariche. Buche. Perché buche sono grandi pozzi che sono stati scavati in fretta e che in fretta vengono riempiti. La terra costa e va sfruttata in modo che nulla si butti: una 28

29 perfetta massimizzazione dei profitti, una prodigiosa moltiplicazione dei capitali mafiosi. Quest attività assicura rendimenti paragonabili al traffico di eroina, ma ha un difetto: manca di discrezione. Si vedono le cave, si vedono i rifiuti, si vedono le case abusive. Chiudere gli occhi sul commercio di droga è più facile che ignorare una simile sberla alla natura. E allora, per compensare questo inconveniente, le famiglie che guidano l affare hanno rafforzato il controllo sul territorio. Gli autisti dei camion sono guidati di notte attraverso un labirinto di strade e stradine finché perdono l orientamento. Gli ecologisti vengono marcati a vista. Gli operai delle discariche sono utilizzati come guardie del corpo per dissuadere i curiosi. Anche Cosa Nostra mantiene saldi interessi nel ciclo dei rifiuti. L imprenditore mafioso Virga recentemente è stato accusato di aver gestito appalti e subappalti di rifiuti. In un testo è riportata una frase, riferita dal procuratore Grasso, contenuta in una conversazione telefonica fra due personaggi mafiosi: metti mondezza e esce oro. Pure in Calabria si registra l interesse per questo settore di celebri organizzazioni mafiose come quella Molè e Piromalli, che dominano la piana di Gioia Tauro e sono coinvolte nel traffico e nello smaltimento illecito di rifiuti speciali. Elementi di indagini parlano di un vasto traffico di rifiuti speciali, anche di origine ospedaliera, dal nord verso il sud gestito dalle famiglie De Stefano e Latella della ndrangheta reggina. Hanno costruito, soprattutto in Lombardia e in centro Italia, società di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti ospedalieri, che verrebbero smaltiti illegalmente anche in Calabria. Questo tour nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si conclude 29

30 in Puglia. La Sacra corona unita ha un ruolo attivo nel business dei rifiuti. Le attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti emergono più nitidamente nel Salento nel racket e nello smaltimento di rifiuti tossici provenienti da altre regioni.(aggiornamenti Sociali ON LINE, Chiara Tintori) Il ciclo dei rifiuti in Italia è pesantemente minacciato dalle ecomafie. Va denunciata però anche l esistenza nel nostro Paese di vere e proprie organizzazioni criminali, non di stampo mafioso, che operano illecitamente nel ciclo dei rifiuti su tutto il territorio nazionale, dalla Lombardia alla Calabria, passando per l Umbria. Lo hanno dimostrato le otto inchieste che hanno portato all arresto di trafficanti di rifiuti grazie all articolo 53 bis del decreto Ronchi, a partire dall operazione Greenland del febbraio 2002 fino all inchiesta Mar Rosso del gennaio Tutte organizzazioni molto ramificate che arrivano fino ai produttori di rifiuti. Spesso anche gruppi industriali di rilevanza nazionale, come dimostra l inchiesta di Priolo, in provincia di Siracusa, in cui sono stati arrestati i vertici dello stabilimento Enichem, o l indagine lombarda sul traffico di scorie di una fonderia di rilevanza nazionale, sepolte in diversi cantieri edili in provincia di Milano. (la Repubblica.it, cronaca: Rifiuti).La ragione è abbastanza semplice: I rifiuti non sono prodotti dalle organizzazioni criminali. Evidentemente c è una parte dell imprenditoria, piccola per fortuna, che, per mere ragioni di risparmio, preferisce affidarsi alle organizzazioni che smaltiscono illecitamente i rifiuti, con abbattimento dei prezzi, anziché seguire le vie legali. Nei fenomeni criminali vi sono sempre una domanda e un offerta; non conosco mercato illegale in cui non ci sia una combinazione di domanda e offerta. L abilità 30

31 delle organizzazioni criminali è quella di innestarsi nella domanda. (Rapporto Ecomafia 2003, Legambiente). La domanda, a quanto pare, non manca, alimentando di fatto traffici che riguardano tutto il territorio nazionale. Dai fanghi conciari alle scorie di fonderia, passando per il mercurio. Dalla Lombardia alla Puglia, ma anche dalla Sicilia verso l Emilia Romagna. Dai terreni agricoli coltivati al mare. Sembra non esserci tipologia di rifiuto, rotta di transito e sito finale di smaltimento che possa sfuggire alle mire dei trafficanti di rifiuti nel nostro Paese. Insomma, è una realtà davvero impressionante quella che emerge dalla lettura delle principali inchieste che si sono concluse con l emissione di ordinanze di custodia cautelare per violazione dell art. 53 bis del decreto Ronchi, in vigore dall aprile L unico delitto della normativa ambientale, quello di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, la cui introduzione è stata fortemente voluta da Legambiente e che sta già dimostrando tutta la sua efficacia sotto il profilo investigativo. Sono già 8 gli uffici giudiziari in cui si sono concluse o sono in via di definizione indagini avviate dalle forze dell ordine, soprattutto dal Comando tutela ambiente dell Arma dei carabinieri, ma anche dai nuclei investigativi del Corpo Forestale e della Guardia di Finanza, che hanno portato all emissione di ordinanze di custodia cautelare. Anche la distribuzione geografica di questi uffici giudiziari rivela la vastità dei traffici: l applicazione dell art. 53 bis è scattata nelle procure di Milano, Busto Arsizio, Spoleto, Napoli, Torre Annunziata, Paola (Cz), Bari e Siracusa. La possibilità di utilizzare strumenti d indagine efficaci, finalmente adeguati alla gravità dei reati commessi, ha consentito di illuminare una fitta ragnatela di connivenze e complicità, che coinvolge produttori di 31

32 rifiuti, società di raccolta e trasporto, gestori di impianti di smaltimento ma anche insospettabili titolari di aziende agricole. I numeri che riassumono queste 8 inchieste, del resto, parlano chiaro: 49 le ordinanze di custodia cautelare emesse; 177 le persone denunciate; 36 le società coinvolte, dalla produzione al trasporto fino allo smaltimento; 12 le regioni interessate (Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Marche, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). I quantitativi di rifiuti smaltiti illegalmente non sono neppure quantificabili, ma si tratta, per approssimazione, di qualche milione di tonnellate di residui, spesso altamente pericolosi, che hanno finito per contaminare aree anche molto vaste. Anche in questo caso, qualche numero può aiutare a comprendere meglio la gravità del fenomeno: 4 ettari è l estensione della discarica abusiva più grande individuata nell operazione Murgia violata ; 14 sono le aziende agricole in cui sono stati smaltiti illegalmente i rifiuti al centro dell operazione Greenland ; 40 gli automezzi sequestrati durante l operazione Econox ; le tonnellate di rifiuti speciali smaltiti illegalmente in diversi cantieri edili della Lombardia; un milione di tonnellate, invece, i rifiuti al centro dell operazione Greenland. Un altra caratteristica rilevata dalle indagini condotte finora in Italia a partire dall entrata in vigore dell art. 53 bis è quella della grande varietà di rifiuti oggetto dei traffici illeciti e dell estrema fantasia di chi li gestisce illegalmente. Lungo le rotte dei traffici illeciti, che restano prevalentemente quella Nord-Sud, viaggia davvero di 32

33 tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell alluminio, fanghi conciari, polveri di abbattimento fumi (derivati spesso da industrie siderurgiche), trasformatori con oli contaminati da Pcb (i famigerati policlorobifenili), reflui liquidi contaminati, come quelli al mercurio dell Enichem di Priolo, ma anche rifiuti e terre provenienti da attività di bonifica. Si sta verificando, purtroppo, quello che Legambiente aveva già denunciato: le attività illecite della Rifiuti S.p.A. rischiano di pregiudicare le stesse attività di bonifica dei siti contaminati. Accanto alla grande varietà e pericolosità dei rifiuti oggetto dei traffici illeciti emerge, come già accennato, la grande fantasia delle attività di smaltimento illegale: fanghi industriali altamente contaminati diventano fertilizzanti utilizzati in aziende agricole; polveri di abbattimento fumi, particolarmente tossiche, finiscono nelle fornaci in cui si producono laterizi o nei cementifici; residui di fonderia vengono smaltiti, illegalmente, nelle fondamenta di cantieri edili; rifiuti speciali e pericolosi vengono trasformati in innocui rifiuti urbani da avviare a impianti di incenerimento; rifiuti prodotti in Campania vengono inviati formalmente in impianti autorizzati in Abruzzo, dove ne viene fatto figurare l avvenuto smaltimento a prezzi di mercato mentre in realtà finiscono in discariche abusive della stessa Campania, con relative compensazioni economiche in nero tra le società coinvolte nei traffici; rifiuti pericolosi vengono miscelati illegalmente oppure occultati sul fondo di fusti che contengono sostanze apparentemente innocue. I danni causati all ambiente e i pericoli per la salute connessi a queste attività illecite non sono, oggi, neppure immaginabili. E saranno i processi che si svilupperanno dopo 33

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