PRESUPPOSTI DELL AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE

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1 LE CONSEGUENZE DEL FALLIMENTO: LA REVOCATORIA FALLIMENTARE PROF. GIUSEPPE ANTONIO MICHELE TRIMARCHI

2 Indice 1 NOZIONE DIFFERENZA TRA REVOCATORIA ORDINARIA E REVOCATORIA FALLIMENTARE PRESUPPOSTI DELL AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE PRECISAZIONI ULTERIORI ATTI SOTTOPOSTI ALLA REVOCATORIA FALLIMENTARE ATTI SOTTRATTI ALLA REVOCATORIA FALLIMENTARE LEGITTIMAZIONE ED ESERCIZIO DELL AZIONE di 12

3 1 Nozione L'azione revocatoria fallimentare costituisce, ancor oggi, uno dei momenti centrali della procedura fallimentare in quanto essenziale strumento diretto alla ricostruzione del patrimonio del fallito e, quindi, all'effettiva attuazione del concorso sostanziale di tutti i creditori. I principi sanciti dagli artt e 2741 c.c. della responsabilità patrimoniale universale e del concorso di tutti i creditori sui beni del debitore trovano quindi nella procedura concorsuale una tutela rafforzata: mediante l'esercizio dell'azione revocatoria è consentito il recupero di beni usciti dal patrimonio in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, e l espulsione dallo stesso patrimonio espellendo di debiti o garanzie che siano venuti a farne parte illegittimamente, con pregiudizio per i creditori. Nel sistema legislativo precedente alla L.F. del 1942 il Tribunale stabiliva il giorno della cessazione dei pagamenti, che non poteva farsi risalire oltre il triennio (art. 709 cod. comm. 1882) e successivamente oltre il biennio anteriore (art. 9 L. 995/1930), con l'effetto di rendere annullabili rispetto ai creditori gli atti compiuti a partire da tale momento. La scelta del legislatore del 1942 è stata invece quella di risolvere il conflitto tra i creditori ammessi al passivo fallimentare ed i terzi destinatari degli atti compiuti dal fallito, fissando un periodo di tempo, variabile in relazione alle diverse categorie di atti revocabili, e di richiedere, altresì, la conoscenza dell'insolvenza in capo al terzo contraente a titolo oneroso: l'ambito temporale del c.d. periodo sospetto ed il regime probatorio in ordine all'elemento psicologico viene poi graduato in relazione alla natura dell'atto impugnato, seconda che esso sia a titolo gratuito, anomalo in quanto caratterizzato da un rilevante squilibrio tra le prestazioni, ovvero conforme a parametri di normalità: in base, cioè, alla maggiore o minore idoneità dell'atto a suscitare il ragionevole convincimento che possa essere stato compiuto allo scopo di favorire o danneggiare taluni creditori. 3 di 12

4 1.1. Differenza tra revocatoria ordinaria e revocatoria fallimentare Come è noto, sia l azione revocatoria ordinaria che quella fallimentare rientrano tra i rimedi azionabili dal curatore per la ricostruzione dell attivo fallimentare. A questi va aggiunta la possibilità di invocare, ex art. 64 L.F., l inefficacia degli atti a titolo gratuito posti in essere dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Quanto alla revocatoria, va rilevato come i due tipi di azione presentino, al di là delle evidenti differenze di presupposti e di ambiti applicativi, taluni punti di contatto. Entrambe le azioni sono esperibili in presenza di atti pregiudizievoli per i creditori, ed entrambe producono l inefficacia relativa (cioè l inopponibilità al fallimento) degli atti compiuti in frode ai creditori. In tutte e due le ipotesi, poi, la finalità di ricostruzione della massa attiva del fallimento viene perseguita attraverso la giuridica riacquisizione al patrimonio del fallito dei beni che ne sono usciti, nonché attraverso la liberazione dello stesso patrimonio dai debiti e dalle garanzie che il fallito abbia assunto con pregiudizio delle aspettative creditorie. La revocatoria fallimentare, tuttavia, come già visto, diversamente da quella ordinaria e in questo risiede la principale differenza tra i due rimedi è tesa a garantire la soddisfazione paritaria dei creditori (par condicio creditorum): essa mira cioè a tutelare l interesse non del singolo creditore, ma di tutti quanti i creditori ammessi al passivo. 4 di 12

5 2 Presupposti dell azione revocatoria fallimentare Per analizzare la tematica relativa ai presupposti per esperire l azione revocatoria fallimentare, occorre premettere brevi cenni in ordine ai presupposti, invece, dell azione revocatoria ordinaria. Questi sono individuati dall art c.c.: il compimento, da parte del debitore, di un atto di disposizione del proprio patrimonio, l eventus damni ed il consilium fraudis. È opportuno precisare al riguardo che il concetto di atto di disposizione va accolto nella sua accezione più ampia, intendendo per negozio dispositivo ogni atto idoneo ad incidere negativamente sul patrimonio dell obbligato, decurtandone l attivo o aumentandone il passivo. Perciò, è da considerare tale non soltanto l atto con il quale il debitore alieni certi beni a terzi, a titolo gratuito o a titolo oneroso, ma anche quello con cui si costituisca una garanzia reale o si attribuisca un diritto reale di godimento o, ancora, si assumano obbligazioni nei confronti dei terzi. L eventus damni consiste nel pregiudizio che può derivare alle aspettative creditorie, ravvisabile nella diminuzione (o il pericolo di essa) del patrimonio del debitore. In tal senso è revocabile anche l atto di disposizione che renda soltanto più difficile od onerosa la realizzazione del diritto di credito. Per consilium fraudis, infine, deve intendersi la consapevolezza, da parte del debitore, di ledere, con l atto di disposizione, le ragioni creditorie. Se l atto di disposizione è a titolo oneroso, il curatore dovrà provare altresì la sussistenza della partecipatio fraudis, cioè la consapevolezza, da parte del terzo contraente, del pregiudizio che l atto stesso arreca alle aspettative del creditore; nel caso di un atto posto in essere anteriormente al sorgere del credito, inoltre, il curatore dovrà dimostrare che il terzo era partecipe della dolosa preordinazione. Nel queste tre condizioni vengono sostanzialmente declassificate. Fermo restando, invero, il compimento dell atto impugnato nel periodo sospetto stabilito dall art di 12

6 L.F. (periodo i cui termini, per ciascuna delle diverse tipologie di atti, il citato D.L. 35/05 ha provveduto a dimezzare), si osserva che la consapevolezza da parte del debitore di ledere con l atto di disposizione le ragioni creditorie (consilium fraudis) non deve essere provata dal curatore ma è presunta in re ipsa; in altri termini, si presume che il debitore insolvente si renda conto, nel momento in cui pone in essere l atto, dell incidenza negativa dello stesso sul proprio stato di insolvenza, in danno dei creditori. La partecipatio fraudis viene trasformata, in sede di revocatoria fallimentare, in una conoscenza dell insolvenza da parte del terzo contraente (cd. scientia decoctionis). Tale conoscenza è sorretta da una presunzione relativa per gli atti indicati nel comma 1, mentre deve essere provata dal curatore per le ipotesi previste dal comma 2. Con riguardo agli atti revocabili ai sensi del comma 1 della norma citata, essa va intesa non tanto come conoscenza effettiva, quanto come conoscibilità dello stato di decozione, secondo le capacità medie di apprensione intellettiva possedute da una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza, e tenendo altresì conto delle condizioni di tempo e di luogo e degli elementi di conoscibilità reperibili nella fattispecie. La prova della inscientia decoctionis grava, naturalmente, sul terzo contraente Precisazioni ulteriori La riforma delle procedure concorsuali, introdotta con il D. Lgs. 5/2006, ha inserito, nella disciplina del, un termine di decadenza per l esercizio dell azione. Ha infatti previsto che le azioni revocatorie non possano più essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell atto (art. 69-bis L.F.). Anteriormente alla previsione della riforma, l originaria formulazione della legge nulla prevedeva in merito ad un possibile termine di decadenza o di prescrizione della revocatoria e, per 6 di 12

7 colmare tale lacuna normativa, in giurisprudenza si riteneva che fosse ad essa applicabile il termine di cinque anni previsto per la revocatoria ordinaria, decorrente però dalla data della sentenza di fallimento (e non dal compimento dell atto). È palese l intenzione del legislatore della riforma, prevedendo espressamente un termine di decadenza, di limitare la situazione di instabilità nei rapporti commerciali determinata dalla possibilità di esperire azioni revocatorie. 7 di 12

8 3 Atti sottoposti al La legge fallimentare distingue gli atti posti in essere dal fallito dettando regimi diversi a seconda che la revoca riguardi gli atti a titolo gratuito (art. 64 L.F.), i pagamenti (art. 65 L.F.) o gli atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie ex art. 67 L.F. Per gli atti gratuiti e i pagamenti di crediti scadenti nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, si veda quanto esposto al paragrafo 4.1. della lezione in tema di conseguenze del fallimento - effetti del. Per gli atti a titolo oneroso, invece, l art. 67, 1 comma, L.F. distingue quattro categorie di atti compiuti dal fallito nell anno o nei sei mesi anteriori al fallimento, per le quali può esercitarsi azione revocatoria, a meno che l altra parte provi di non essere a conoscenza dello stato d insolvenza del debitore: - atti in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; - atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili, non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento; - pegni, anticresi e ipoteche volontarie costituiti per debiti preesistenti non scaduti; - nonché, pegni, anticresi e ipoteche giudiziali o volontarie costituiti per debiti scaduti. Il 2 comma dell art. 67 L.F. indica, invece, come revocati, se il curatore prova che l altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli 8 di 12

9 atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Vanno, infine, ricordate le c.d. revocatorie speciali, in materia di patrimoni destinati ad uno specifico affare (art. 67-bis L.F.), di pagamenti di cambiale scaduta (art. 68 L.F.), di atti fra coniugi (art. 69 L.F.), etc. Con riferimento alla revocatoria speciale in materia di patrimoni destinati ad uno specifico affare, il nuovo art. 67-bis L.F. estende l ambito delle revocatorie fallimentari anche agli atti dispositivi che incidono su uno specifico affare solo allorquando essi siano pregiudizievoli non già del solo patrimonio dedicato, bensì di quello dell intera società. Il presupposto soggettivo dell azione revocatoria è rappresentato dalla conoscenza dello stato di insolvenza della società. Presupposto soggettivo dell azione revocatoria per gli atti elencati nell art. 67 L.F. è la conoscenza dell altra parte dello stato di insolvenza del debitore, che, secondo la giurisprudenza, può essere presunta sulla base di determinati indici di insolvenza (notizie sui giornali; protesti; ecc.), in presenza dei quali la conoscenza deve ritenersi dimostrata (Cass. n. 182/2013) Atti sottratti al Non tutti gli atti compiuti dal fallito possono essere colpiti dall azione revocatoria. La riforma del diritto fallimentare ha infatti introdotto, nel terzo comma dell art. 67 L.F., sette categorie di atti sottratti alla revoca domandata dal curatore: 9 di 12

10 - pagamenti di beni e servizi effettuati nell esercizio dell attività di impresa nei termini d uso; - rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; - vendite e preliminari di vendita a giusto prezzo aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero quelli destinati a costituire la sede principale dell impresa dell acquirente; - atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano, la cui fattibilità è attestata da un professionista non legato all impresa, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell esposizione debitoria della stessa e ad assicurarne il riequilibrio finanziario; - atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, dell'accordo omologato ai sensi dell'art. 182-bis, nonché posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'art. 161; - pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito; - pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo. 10 di 12

11 Alle suddette categorie si aggiungono le esenzioni previste dal 4 comma dell art. 67 L.F. per l istituto di emissione e per le operazioni di credito, su pegno e fondiario, salvo quanto previsto dalle leggi speciali. 11 di 12

12 4 Legittimazione ed esercizio dell azione Legittimato ad esercitare l azione revocatoria è il curatore fallimentare, il quale deve proporla davanti al Tribunale che ha dichiarato il fallimento, entro tre anni dalla dichiarazione e comunque non oltre cinque anni dal compimento dell atto, a pena di decadenza (art. 69-bis L.F.). 12 di 12

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