AUTORITA DI BACINO REGIONALE DESTRA SELE

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1 REGIONE CAMPANIA AUTORITA DI BACINO REGIONALE DESTRA SELE PROGETTO DI VARIANTE AGGIORNAMENTO DEL VIGENTE PIANO STRALCIO PER L ASSETTO IDROGEOLOGICO PROGETTO DI PIANO PER L ASSETTO IDROGEOLOGICO RELAZIONE GENERALE STUDI RILIEVI ED ELABORAZIONI RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI PROFESSIONISTI GEORES - studio associato di geologia (mandatario) geol. Antonio Carbone, geol. Antonio Gallo UFFICIO DIREZIONE DELL ESECUZIONE Geol. Crescenzo Minotta - Direttore dell esecuzione Geol. Gerardo Lombardi - Direttore dell esecuzione Ing. Maria Nicolina Papa Arch. Emilio Buonomo Geol. Filomena Moretta - Assistente alla direzione dell esecuzione Ing. Gianluca D Onofrio - Assistente alla direzione dell esecuzione Ing. Sergio Iannella - Coordinatore per la sicurezza IL SEGRETARIO GENERALE UFFICIO DEL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO Avv. Maria Affinita - Coordinatore Amministrativo Avv. Prof. Luigi Stefano Sorvino Arch. Giuseppe Grimaldi - Responsabile Unico del Procedimento CODICE ELABORATO: N_RLZ.DOC DATA: 25_05_2010

2 INDICE CAPO I. PROFILI INTRODUTTIVI CAPO II. INQUADRAMENTO TERRITORIALE... 6 CAPO III QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO CAPO IV. CONTENUTI DEL PIANO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO: ARTICOLAZIONE, OBIETTIVI, STRUMENTI E CONTROLLO DELL'ATTUAZIONE CAPO V. GESTIONE DEL RISCHIO ED ATTUAZIONE DEL PIANO Relazione Generale - P.A.I. Pagina 2 di 41

3 CAPO I. PROFILI INTRODUTTIVI. A circa sette anni di distanza dalla definitiva adozione del Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico, (di seguito denominato PSAI 2002), adottato con delibera di Comitato Istituzionale n. 80 del 17/10/2002 e s.m.i.. ed a circa dieci anni dall esecuzione delle prime attività conoscitive poste alla base del Piano di Bacino, è sorta la necessità di una generale revisione ed aggiornamento dello stesso con la redazione del presente Piano (di seguito denominato PAI), in virtù delle seguenti esigenze: disporre di un atto di pianificazione omogeneo per tutto il territorio di competenza dell Autorità di Bacino Regionale Destra Sele (di seguito denominata Autorità), alla scala 1:5000; tenere conto: a) delle proposte di riperimetrazione, già approvate dal Comitato Istituzionale, corredate da studi specifici, indagini ed elementi informativi a scala di maggior dettaglio; b) di nuovi eventi idrogeologici avvenuti che hanno modificato il quadro della pericolosità idrogeologica; c) degli aggiornamenti cartografici disponibili a seguito della pubblicazione della Carta Tecnica Numerica Regione Campania (C.T.R. da volo 2004); d) dell aggiornamento delle conoscenze in campo scientifico e tecnologico; e) di nuove acquisizioni di dati relativi all espansione urbanistica avvenuta dopo l adozione del Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico ; f) della variazione relative alle condizioni di rischio o di pericolo derivanti da azioni ed interventi strutturali di messa in sicurezza; g) delle modificazioni di tipo agrario-forestale avvenute sui versanti anche a seguito di incendi su grandi estensioni boschive. La necessità di prevedere strumenti aggiornati per la gestione del rischio idrogeologico, oltre che nell immediato con provvedimenti emergenziali, si attua, soprattutto, con le specifiche norme di governo del territorio recentemente sviluppate sia a livello nazionale che regionale. Relazione Generale - P.A.I. Pagina 3 di 41

4 Tale principio, in Regione Campania, è stato ribadito anche dalla L.R. 16/04, nella quale è affermato che la disciplina del governo del territorio rappresenta il nodo di raccordo concertativo tra pianificazione territoriale e programmazione economica. Gli obiettivi della pianificazione territoriale e urbanistica, espressamente precisati all art. 2 della L.R. 16/04, si connotano per la netta ispirazione ai principi delle direttive europee in materia di tutela unitaria e globale del territorio e si concretizzano: nell uso razionale e nell ordinato sviluppo del territorio urbano ed extraurbano mediante il minimo consumo di suolo; nella salvaguardia della sicurezza degli insediamenti umani dai fattori di rischio idrogeologico, sismico e vulcanico; nella tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio, attraverso la valorizzazione delle risorse paesistico-ambientali e storico-culturali, la conservazione degli ecosistemi, la riqualificazione dei tessuti insediativi esistenti e il recupero dei siti compromessi; nel miglioramento della salubrità e della vivibilità dei centri abitati; nel potenziamento dello sviluppo economico regionale e locale in termini di sostenibilità; nella tutela e sviluppo del paesaggio agricolo e delle attività produttive connesse; nella tutela e sviluppo del paesaggio mare-terra e delle attività produttive e turistiche connesse. L art. 13 della L.R. 16/04 rafforza tale concetto nel definire i contenuti del Piano Territoriale Regionale (PTR) approvato con L.R. 13/08. In tal senso alla lettera f) del medesimo articolo, si ribadisce che nel PTR devono essere indicati gli indirizzi e i criteri strategici per la pianificazione di aree interessate da intensa trasformazione o da elevato livello di rischio. Il PTR, all art.1, lett a), riprendendo tali concetti, ed assumendo anche indirizzi a livello paesaggistico ai sensi del D.Lgs 42/2004, prevede la creazione di una rete ecologica, di una rete del rischio ambientale e una rete delle interconnessioni. Tale norma mette in risalto, al primo punto, la necessità di delineare la rete del rischio ambientale a 360 ricomprendendo, in tale definizione, anche i rischi antropici. Appare evidente, quindi che, oltre ad aspetti endemici connessi alla struttura del Piano, esiste un nuovo contesto, anche normativo che da 10 anni a questa parte, si è notevolmente evoluto. Inoltre, gli aspetti del Piano, come ad esempio le basi cartografiche all epoca Relazione Generale - P.A.I. Pagina 4 di 41

5 utilizzate (per la redazione del PSAI 2002 era disponibile solo una digitalizzazione - base raster- dei fogli ex CasMez 1970), hanno imposto un aggiornamento non più procrastinabile anche in virtù dello sviluppo delle conoscenze tecniche nonché degli strumenti di lavoro attualmente disponibili (modelli di calcolo; DTM, ecc.) che sono stati completamente aggiornati anche in funzione delle esperienze maturate sul campo dall Autorità di Bacino e dalle strutture Commissariali presenti in Campania, nonché la redazione della nuova cartografia della Regione Campania, realizzata alla scala 1:5000. Dopo il disastroso evento di Sarno (maggio 1998) la comunità scientifica ha realizzato una serie di studi ed approfondimenti delle problematiche del rischio idrogeologico che hanno radicalmente mutato l approccio tecnico verso alcuni temi che all epoca sembravano improponibili. Allo stato attuale tecniche di ricerca e/o sperimentazione sono state talmente diffuse e condivise che queste sono state travasate, di fatto, dalla comunità scientifica agli Enti di gestione ed agli operatori tecnici nella pratica quotidiana. L'aggiornamento del PSAI 2002 rende ora disponibile uno strumento di pianificazione omogeneo ed aggiornato per l intero territorio di competenza dell Autorità di Bacino con contenuti e concetti anche innovativi ed in linea con le attuali metodiche e politiche gestionali condivise a livello nazionale. In funzione delle suddette considerazioni, nel PAI si è ritenuto opportuno, proprio per i risvolti gestionali di cui sopra, elaborare uno Studio Pilota, relativo alle problematiche connesse alla perimetrazione delle aree a Pericolosità/Rischio da colata, eseguito sul conoide del Torrente Sambuco nei territori dei comuni di Minori e Ravello (Sa), già oggetto di recenti approfondimenti da parte della S.T.O., in relazione ai fenomeni franosi, come variante al Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico, approvata dal Comitato Istituzionale nella seduta del delibera n 5. Il PAI è completato da una rivisitazione delle Norme di Attuazione, che trae spunto anche dai recenti approfondimenti effettuati da parte della S.T.O. ed approvati dal Comitato Tecnico, nella seduta del , verbale n 30. Tali Norme di Attuazione, unitamente ai Piani degli Interventi, fanno parte integrante e sostanziale di quelle azioni finalizzate alla gestione del rischio che rendono attuabile il PAI. Sulla base di quanto, precedentemente, descritto, il PAI è stato elaborato secondo il seguente schema : Relazione Generale; Relazione Generale - P.A.I. Pagina 5 di 41

6 Relazioni Tecniche di settore (alluvioni e colate, frane, elementi antropici e danno; Cartografia; Norme di Attuazione; Piano degli Interventi. L'elenco dettagliato e completo degli elaborati del PAI sono quelli indicati nell allegato B alle Norme di Attuazione. CAPO II. INQUADRAMENTO TERRITORIALE Il Bacino Regionale Destra Sele ha un estensione di 676,7 kmq ed interessa il territorio di 39 comuni (parzialmente o interamente compresi in esso), dei quali 32 appartengono alla provincia di Salerno, 6 alla Provincia di Napoli, ed 1 a quella di Avellino (cfr. fig. 1). Nella tabella seguente sono indicati i suddetti comuni, elencati in ordine alfabetico, suddivisi per provincia di appartenenza, riportando la superficie totale e quella di competenza all Autorità di Bacino Regionale Destra Sele (espresse in mq ed in %). COMUNE PROVINCIA AREA COMUNALE TOTALE (MQ) TERRITORIO COMUNALE RICADENTE IN ADB (MQ) TERRITORIO COMUNALE RICADENTE IN ADB (%) ACERNO SA AMALFI SA ATRANI SA BARONISSI SA BATTIPAGLIA SA BELLIZZI SA CAMPAGNA SA CASTIGLIONE DEL GENOVESI SA CAVA DE' TIRRENI SA CETARA SA CONCA DEI MARINI SA EBOLI SA FISCIANO SA FURORE SA GIFFONI SEI CASALI SA GIFFONI VALLE PIANA SA MAIORI SA MINORI SA MONTECORVINO PUGLIANO SA MONTECORVINO ROVELLA SA OLEVANO SUL TUSCIANO SA PELLEZZANO SA Relazione Generale - P.A.I. Pagina 6 di 41

7 PONTECAGNANO FAIANO SA POSITANO SA PRAIANO SA RAVELLO SA SALERNO SA SAN CIPRIANO PICENTINO SA SAN MANGO PIEMONTE SA SCALA SA TRAMONTI SA VIETRI SUL MARE SA AGEROLA NA MASSA LUBRENSE NA PIANO DI SORRENTO NA SANT'AGNELLO NA SORRENTO NA VICO EQUENSE NA BAGNOLI IRPINO AV TOTALE AREA ADB: 676,7 kmq Nell ambito del Bacino Regionale Destra Sele sono presenti, attualmente, 4 Comunità Montane e 2 Consorzi di Bonifica. Le Comunità Montane, così come individuate dall art. 3 della L.R. 12/08, ed i comuni di competenza dell'autorità in esse ricadenti, sono: IRNO - SOLOFRANA (Baronissi); MONTI - PICENTINI (Acerno, Castiglione del Genovesi, Giffoni Sei Casali, Giffoni Valle Piana Montecorvino Rovella, Olevano sul Tusciano, San Cipriano Picentino); TERMINIO - CERVIALTO (Bagnoli Irpino); MONTI LATTARI (Scala e Tramonti). I Consorzi, così come individuati dalla L.R. 4/03, sono: Bonifica Destra Sele; Bonifica Integrale Comprensorio Sarno. Numerose sono le aree interessate dal vincolo idrogeologico, di cui al R.D. 3267/23 ed alla L.R. n.11/96, interessante, soprattutto, la parte montana e pedemontana dell'area Amalfitana, che risulta essere vincolata quasi integralmente. Relazione Generale - P.A.I. Pagina 7 di 41

8 All'interno del territorio dell'autorità di Bacino Regionale Destra Sele sono, inoltre, comprese le seguenti aree protette ai sensi della L.R. n.33/93: Parco Regionale dei Monti Picentini, con due Oasi: Fisciano ed Acellica; Parco Regionale dei Monti Lattari; Riserve naturali individuate in corrispondenza dei Comuni di Battipaglia, Eboli e Pontecagnano; Parco Urbano dell Irno. Vanno, infine, ricordate le Aree naturali protette, di cui alla L. n.394/91, fra le quali quella denominata Parco Marino Punta della Campanella. I siti di interesse comunitario e le zone di protezione speciale rientranti, interamente o in parte, nel territorio di riferimento sono i seguenti: SIC IT Punta Campanella; SIC IT Costiera Amalfitana tra Nerano e Positano; SIC IT Costiera Amalfitana tra Maiori e il torrente Bonea; SIC IT Valloni della costiera Amalfitana; SIC IT Dorsale dei Monti Lattari; SIC IT Monte Mai e Monte Monna; SIC IT Monte Accellica; SIC IT Monte Cervialto e Montagnone di Nusco; SIC IT Monte di Eboli, Polveracchio, Monte Boschetiello: ZPS IT Punta Campanella; ZPS IT Sorgenti del Vallone delle Ferriere; ZPS IT Costiera Amalfitana tra Maiori e il torrente Bonea; ZPS IT Picentini. Tra i comuni ricadenti nel territorio del Bacino Regionale Destra Sele, 18 risultano tra quelli ammessi a consolidamento/trasferimento di abitato ai sensi della L. 09/07/1908 n. 445, così come riportato nella tabella seguente: Relazione Generale - P.A.I. Pagina 8 di 41

9 COMUNE PROVINCIA CODICE ISTAT FRAZIONE/ LOCALITA' ATTO NORMATIVO AMALFI SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento Lone " consolidamento Minuto " consolidamento Pastena " consolidamento Pontone " consolidamento Pogerola " consolidamento Lovere " consolidamento Vettica " consolidamento ATRANI SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento CAMPAGNA SA D.P.R. 25/01/1964 n. 81 consolidamento CETARA SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento CONCA DEI MARINI SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento FURORE SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento MAIORI SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento Erchie " consolidamento Ponte Primario " consolidamento S. Maria delle Grazie " consolidamento S. Pietro " consolidamento Vecite " consolidamento MINORI SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento MONTECORVINO PUGLIANO Casa Cumbalo " consolidamento Monte Petrito " consolidamento S. Giovanni a Mare " consolidamento Riolo " consolidamento Torre " consolidamento Villa Mena " consolidamento SA R.D. 09/07/1907 n. 445 Sorbo " trasferimento Pendazzi " trasferimento POSITANO SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento Nocelle " consolidamento Montepertuso " consolidamento PRAIANO SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento Marina di Praia " consolidamento Vettica Maggiore " consolidamento RAVELLO SA R.D. 14/08/1936 n Castiglione " consolidamento Sambuco " consolidamento Torello " consolidamento Relazione Generale - P.A.I. Pagina 9 di 41

10 SAN CIPRIANO PICENTINO Lacco " consolidamento S. Martino " consolidamento SA D.P.R. 22/03/1960 n. 391 Vignale " consolidamento SCALA SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento Campidoglio " consolidamento S.Pietro " consolidamento S. Caterina " consolidamento TRAMONTI SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento VIETRI SUL MARE MASSA LUBRENSE PIANO DI SORRENTO Campinola " consolidamento Capitignano " consolidamento Cesarano " consolidamento Corsano " consolidamento Figlino " consolidamento Gete " consolidamento Novelle " consolidamento Paterno " consolidamento S. Elia " consolidamento Pietre " consolidamento Polvica " consolidamento Ponte " consolidamento Pucara " consolidamento S. Arcangelo " consolidamento SA R.D. 14/08/1936 n consolidamento Albori " consolidamento Benincasa " consolidamento Dragonea " consolidamento Marina " consolidamento Molina " consolidamento Raito " consolidamento NA D.L. 30/06/1918 n consolidamento Nerano R.D. 08/08/1941 n consolidamento Termini " consolidamento NA R.D. 28/08/1931 n. 131 consolidamento Relazione Generale - P.A.I. Pagina 10 di 41

11 Le principali aste fluviali del reticolo idrografico sono rappresentate dai seguenti corsi d acqua: Corso d acqua Lunghezza asta principale (km) TUSCIANO 37 PICENTINO 28 FUORNI 14,5 ASA 13 IRNO 10 REGINA MAIOR 9,5 BONEA 8 FURORE 8 DRAGONE 7 REGINA MINOR - SAMBUCO 5,3 GREVONE 5 MERCATELLO 5 MARICONDA 4,7 V.NE GRANDE - CETUS 3,5 CAPO III QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO. Il Piano di bacino nel nuovo quadro normativo in materia di difesa del suolo, assume un carattere distrettuale, ed anche in tale contesto costituisce un Piano territoriale di settore conservando il carattere conoscitivo, normativo e tecnico-operativo definito dalla previgente normativa (ex L. 183/89). Attraverso tale documento, quindi, sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato. Il Piano di bacino è redatto dall'autorità di Bacino (in questo caso distrettuale art.65 D.lgs 152/06) in base agli indirizzi, ai metodi ed ai criteri fissati dal comma 3 dell art.65 del D.lgs 152/06, stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente, quale nuovo organo definito dall'art.63 dello stesso decreto in sostituzione dei Comitati Istituzionali di cui alla L.183/89. Il Piano di bacino, in conformità con quanto prima citato, realizza le finalità indicate all'art.56 del D.lgs 152/06; in tale articolo si precisa, nel dettaglio, quali sono le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui al predetto art. 53 dello stesso Decreto. Le suddette finalità devono assicurare : la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo; Relazione Generale - P.A.I. Pagina 11 di 41

12 il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto; la messa in sicurezza delle situazioni a rischio; la lotta alla desertificazione. Queste finalità vanno altresì perseguite attraverso : a. la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, ed anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico; b. la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide; c. la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti; d. la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste; e. la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto; f. il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee; g. la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi; h. la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque; i. lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonché della gestione dei relativi impianti; Relazione Generale - P.A.I. Pagina 12 di 41

13 j. la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni; k. la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette; l. il riordino del vincolo idrogeologico. Le attività, di cui sopra, sono svolte secondo criteri, metodi e standard emanati a livello nazionale dal M.A.T.T.M. e dall I.S.P.R.A., nonché attraverso azioni di coordinamento e di collaborazione da realizzare tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di: condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni; modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi. In questa ottica, il piano di bacino, di cui sopra, contiene: a. il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli, relativi al distretto, di cui al Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice Urbani o TU dei beni ambientali); b. la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause; c. le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli; d. l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione: 1. dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto; 2. dei pericoli di siccità; 3. dei pericoli di frane, dei fenomeni di dissesto superficiali e simili; 4. del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi; e. la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive; Relazione Generale - P.A.I. Pagina 13 di 41

14 f. la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulicoagrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente; g. il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione; h. le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico; i. i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico; j. la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti; k. la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali; l. l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici; m. le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa; n. il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate; o. il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre; p. il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità; q. le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto; Relazione Generale - P.A.I. Pagina 14 di 41

15 r. l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente. Le nuove disposizioni prevedono che le norme o le misure di salvaguardia, contenute nel Piano di bacino approvato, hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati; tale dichiarazione deve essere contenuta nello stesso Piano di bacino. In tale ottica, la norma in argomento prevede che, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino, le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali ed i programmi regionali. La Regione, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sul BURC, emana, ove necessario, le disposizioni concernenti l'attuazione del Piano stesso nel Settore Urbanistico; decorso tale termine, gli Enti territorialmente interessati dal Piano sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli Enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni (commissariamento). Avendo contezza della complessità dei contenuti di tale strumento, la norma prevede che in attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino (distrettuali) adottano misure di salvaguardia. Assume particolare rilevanza quanto previsto alla lettere: b) individuazione e quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico nonché delle relative cause; e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive; f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente; k) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali; Relazione Generale - P.A.I. Pagina 15 di 41

16 l) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici; Le misure di salvaguardia, così definite, sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e, comunque, per un periodo non superiore a tre anni. Sempre in funzione della consapevolezza della complessità di tale documento, la norma nazionale prevede che i piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali ed interrelate rispetto ai contenuti sopra dettagliati In tali stralci deve, comunque, essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati. In funzione dell elevata vulnerabilità del territorio italiano e prendendo atto degli sforzi già compiuti a livello di gestione del rischio idrogeologico, il D.lgs 152/06 prevede all art.67, specifici Piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico contenenti, tra l altro, le misure di prevenzione per le aree a rischio. In tale articolo, inoltre, è previsto che nelle more dell'approvazione dei Piani, le Autorità di Bacino adottano, ai sensi dell'art.65, comma 8, Piani Stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime. Tale norma, allo stato, è stata interpretata dalle Autorità di Bacino, di cui alla L.183/89, ancora funzionanti in conformità di quanto previsto dal D.lgs 13/09, come una automatica investitura a continuare ad operare nelle more che la parte relativa alle autorità distrettuali diventi realmente operativa in Italia, ed allo stato ancora sospesa, in virtù del complesso di norme sino ad ora emanate. Inoltre, và precisato che i Piani Straordinari di cui alla suddetta norma sono superarti, alla scala Campana, dai PSAI (piani stralcio assetto idrogeologico ) che, dal 2000 circa, sono vigenti e dettano norme ed indirizzi coerenti con i contenuti delle nuove disposizioni normative. Relazione Generale - P.A.I. Pagina 16 di 41

17 Per cui un eventuale nuovo Piano straordinario resta nelle competenze delle future autorità distrettuali, allorquando rese realmente operative ma avente ragione di esistere solo per la difficoltà di accorpare ed omogeneizzare piani aventi dimensioni ad assetti completamente diversi. Pertanto, si è ritenuto che le Autorità di Bacino preesistenti, di cui alla L.183/89, anche in deroga alle procedure di cui all'art.66, possano procedere all aggiornamento dei Piani Stralcio per il Rischio Idrogeologico (settore funzionale del più complesso Piano di Bacino), aventi la finalità di rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, tenendo in debita considerazione le proposte delle Regioni e degli Enti Locali. Tali Piani, surrogando quanto previsto per quelli Straordinari a scala di distretto, e in virtù di quanto già realizzato ai sensi della pregressa normativa di settore (ex L.183/89), devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5 della L. n. 225 del Gli stessi contengono, in particolare, l'individuazione e la perimetrazione delle aree per le quali sussiste rischio per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia (norme di attuazione PAI) ai sensi dell'art.65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo art.65, prima richiamato. Al fine di dare completa attuazione al Piano, la normativa in argomento prevede che entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti prima descritti, gli Organi di Protezione Civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, Piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva. Un notevole contributo in tal senso è dato dalla recente normativa di recepimento della direttiva comunitaria sulle alluvioni (D.lgs, 23 febbraio 2010, n Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. In GU n. 77 del ) di cui nel seguito si darà ampio cenno Nei piani stralcio sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico, la norma, come ulteriore indirizzo prevede che, la regione stabilisca misure di Relazione Generale - P.A.I. Pagina 17 di 41

18 incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. Ai sensi del D.lgs 152/06 gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'art.86, comma 2, del D.lgs 31 marzo 1998, n. 112, predisponendo uno specifico piano per l'adeguamento delle infrastrutture nel quale sono ricompresi anche gli oneri per la demolizione dei manufatti. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire dei predetti incentivi, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali. Nel PAI è previsto un percorso attraverso il quale affiancare e/o supportare ove necessario gli Enti locali e la regione per l attivazione di una serie di azioni non strutturali per la messa in sicurezza della popolazione in linea con quanto prima descritto. Per quanto riguarda le procedure di approvazione del PAI, l art.68 del D.lgs 152/06, prevede le modalità con le quali si può procedere in funzione della complessa normativa vigente; esso dispone che questo tipo di Piano, non è sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e la sua adozione avviene secondo quanto previsto dall'art. 66 del medesimo del D.lgs, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo Progetto di Piano. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei Piani Stralcio, e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, lo stesso art.68 prevede che la Regione convochi una Conferenza Programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale definito dalla stessa Regione, alla quale partecipano le Province ed i Comuni interessati. Tale Conferenza esprime un parere sul Progetto di Piano con particolare riferimento alla integrazione, su scala provinciale e comunale, dei contenuti dello stesso, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche. Come è possibile rilevare, ricompare il prodotto intermedio, di cui all art.18 della ex L.183/89, definito come Progetto di Piano, per il quale nella nuova stesura nulla è detto sia relativamente ai contenuti sia relativamente alle modalità operative per la sua formazione. Surrogando le esperienze pregresse questa Autorità lo ha definito come un vero e proprio preliminare di Piano, sviluppato a livello di elaborati definitivi, e quindi completo di tutti i contenuti di cui prima discusso, da sottoporre, prima dell adozione definitiva, agli Enti Relazione Generale - P.A.I. Pagina 18 di 41

19 cointeressati al fine di acquisire le osservazione per poi redigere il Piano definitivo completo della relativa normativa. I Piani di Bacino, nella loro nuova concezione, sono attuati attraverso Programmi Triennali di Intervento, redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani stessi, e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e la relativa copertura finanziaria. I suddetti Programmi Triennali debbono destinare una quota, non inferiore al 15% degli stanziamenti, a: a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici; b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico; c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali. In funzione della nuova articolazione normativa il PAI è corredato da un Piano degli interventi con valutazioni preliminari rispetto ai programmi di cui al D.lgs 152/06. Il Programma degli Intervento verrà redatto successivamente in funzione delle indicazioni del Comitato Istituzionale, della Conferenza Programmatica e del competente Settore regionale, soprattutto per ciò che concerne gli indirizzi economici e finanziari. Detto Programma, in analogia a quanto previsto dall art.70 del D.lgs 152/06, sarà portato all approvazione defitiva del Comitato Istituzionale surrogando quanto previsto dalle nuove disposizioni in materia. Gli interventi previsti dai Programmi Triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma, ai sensi dell'articolo 34 del Decreto legislativo 18 agosto 2000, n Volendo, inoltre, inquadrare le attività di realizzazione del Piano Stralcio per il rischio nel contesto legislativo regionale, oltre alla specifica norma di riferimento che istituisce le Autorità di Bacino regionali (L.R. n.8/94), occorre far riferimento alle L.R. di urbanistica ed in particolare alla L.R. 16/04. Questa, all articolo 2, comma 1, precisa che tra gli obiettivi della pianificazione territoriale e urbanistica vi sono: Relazione Generale - P.A.I. Pagina 19 di 41

20 a) promozione dell uso razionale e dello sviluppo ordinato del territorio urbano ed extraurbano mediante il minimo consumo di suolo; b) salvaguardia della sicurezza degli insediamenti umani dai fattori di rischio idrogeologico, sismico e vulcanico; c) tutela dell integrità fisica e dell identità culturale del territorio attraverso la valorizzazione delle risorse paesistico-ambientali e storico-culturali, la conservazione degli ecosistemi, la riqualificazione dei tessuti insediativi esistenti e il recupero dei siti compromessi; d) miglioramento della salubrità e della vivibilità dei centri abitati. La stessa norma nel prevedere all art. 13 la redazione di un Piano Territoriale Regionale (PTR) di coordinamento, mette in evidenza la necessità di una la pianificazione integrata nelle aree interessate da intensa trasformazione e/o da elevato livello di rischio. Il PTR, approvato con L.R. 13 ottobre 2008, n. 13 (GU n. 16 del Pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 45 bis del 10 novembre 2008),riprendendo le indicazioni della L.R. 16/04, prevede all art.1 lettera a) che il primo quadro di riferimento è costituto dalla rete ecologica, rete del rischio ambientale e dalla rete delle interconnessioni. Appare evidente, quindi, l importanza della tematica del rischio ambientale in Campania ove tra i vari enunciati preliminari posti a base della norma, si evidenzia che non è possibile generare sviluppo se non viene garantita la tutela e la salvaguardia del territorio e delle popolazioni in esso residenti. Per cui, qualsiasi forma di panificazione, sia essa di settore che urbanistica in senso stretto, a scala generale o attuativa, deve porre al centro dei suoi interessi gli aspetti legati alla sicurezza, alla salvaguardia ed alla tutela del territorio ed, in senso più generale, dell ambiente. A questa linea di indirizzo recentemente si è unita la nuova direttiva europea sulle alluvioni del D.lgs 49/10 che, oltre a dare indicazioni generali sulla tutela del suolo detta norme specifiche per ciò che concerne la gestione del rischio da alluvioni, argomento questo ricompreso nel presente Piano. Tra le novità più salienti si riscontra da subito quella relativa al concetto o se si preferisce alla definizione di alluvione : vedi art.1 lett.a) del suddetto D.lgs: alluvione: l'allagamento temporaneo, anche con trasporto ovvero mobilitazione di sedimenti, anche ad alta densità, di aree che abitualmente non sono coperte d'acqua. Ciò include le inondazioni causate da laghi, fiumi, torrenti, eventualmente reti di drenaggio Relazione Generale - P.A.I. Pagina 20 di 41

21 artificiale, ogni altro corpo idrico superficiale, anche a regime temporaneo, naturale o artificiale, le inondazioni marine delle zone costiere ed esclude gli allagamenti non direttamente imputabili ad eventi meteorologici. Tale articolo sancisce in modo definitivo che anche le colate di fango, di qualsiasi tipologia, appartengono alla fenomenologia che và sotto il nome di alluvioni. Altra novità saliente è quella della definizione di una scansione temporale entro la quale pervenire ad una gestione integrata del rischio da alluvione che và da una fase preliminare al 22/9/2011 (art. 4) a quella della definizione di mappe del rischio (art.7) al Nell ambito dell art.4, occorre procedere ad una Valutazione preliminare del rischio da alluvioni in cui viene ricompresa una serie di attività finalizzate ad una valutazione dei rischi potenziali, principalmente sulla base dei dati registrati e di analisi speditive, sul verificarsi delle alluvioni e della loro pericolosità; prevedendo anche studi sviluppati a lungo termine, tra cui, in particolare, quelli mirati a valutare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Poiché tale disposizione si riferisce alle Autorità distrettuali, lo stesso articolo prevede che siano fatti salvi gli strumenti già predisposti nell'ambito della pianificazione di bacino, in attuazione di norme previgenti, tra i quali possiamo quindi annoverare il presente PAI. Il quale per dare consistenza a quanto descritto terrà conto, per quanto possibile, delle indicazioni contenute in tale norma. In funzione di tale obiettivo si evidenzia che l art.5 prevede invece la individuazione delle zone a rischio potenziale da alluvione, intese come le zone ove possa sussistere un rischio potenziale significativo da alluvione o si ritenga che questo si possa generare in futuro. Anche tale articolo fa salvo quanto già predisposto nell'ambito della pianificazione di bacino in attuazione di norme previgenti. L attuale PAI tiene conto di tale indicazione evidenziando le aree di possibile allagamento in funzione di eventi con un predeterminato tempo di ritorno. Inoltre, l art. 6, di tale D.lgs, prevede che entro il 22 giugno 2013, siano realizzate mappe della pericolosità da alluvione e mappe del rischio di alluvioni per le zone individuate ai sensi dell'art.5, comma 1, in scala preferibilmente non inferiore a 1: ed, in ogni caso, non inferiore a 1: Anche in questo caso và precisato che sono fatti salvi gli strumenti già predisposti nell'ambito della pianificazione di bacino in attuazione delle norme previgenti. Relazione Generale - P.A.I. Pagina 21 di 41

22 In questa fase si evidenzia, maggiormente, la necessità di definire anche in questa sede gli eventi da colata. Infatti, al comma 2, dello stesso articolo è previsto che vengano realizzate mappe della pericolosità da alluvione in cui sono evidenziate le aree dove possano verificarsi fenomeni alluvionali con elevato volume di sedimenti trasportati e colate detritiche. In linea con tale indicazione l attuale configurazione della parte idraulica del presente PAI prevede mappe alla scala 1/5.000 in cui sono evidenziate anche le zone soggette a fenomeni da colata o nell ambito delle quali si possono verificare fenomeni alluvionali con elevato volume di sedimenti trasportati e colate detritiche. La norma di recepimento della direttiva europea prevede altresì che le perimetrazioni devono essere sviluppate secondo i seguenti scenari: a) alluvioni rare di estrema intensità: tempo di ritorno fino a 500 anni dall'evento (bassa probabilità); b) alluvioni poco frequenti: tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (media probabilità); c) alluvioni frequenti: tempo di ritorno fra 20 e 50 anni (elevata probabilità). Per ogni scenario vanno indicati almeno i seguenti elementi: a) estensione dell'inondazione; b) altezza idrica o livello; c) caratteristiche del deflusso (velocità e portata). Nel nostro caso abbiamo scenari similari con tempi ritorno così definiti : a) alluvioni con tempo di ritorno fino a 300 anni dall'evento (bassa probabilità fascia C); b) alluvioni: con tempo di ritorno fra 100 anni (media probabilità fascia B); c) alluvioni con tempo di ritorno fino a 30 anni (elevata probabilità fascia di piena ordinaria o A ). In tale contesto il D.lgs 49/10, prevede che le mappe del rischio da alluvione indichino le potenziali conseguenze negative derivanti dalle alluvioni, nell'ambito degli scenari prima descritti, prevedendo 4 classi di rischio, così come individuate dal DPCM 29/9/98, pubblicato nella G U n. 3 del 5 gennaio 1993, espresse in termini di: Relazione Generale - P.A.I. Pagina 22 di 41

23 a) numero indicativo degli abitanti potenzialmente interessati; b) infrastrutture e strutture strategiche (autostrade, ferrovie, ospedali, scuole, etc); c) beni ambientali, storici e culturali di rilevante interesse presenti nell'area potenzialmente interessata; d) distribuzione e tipologia delle attività economiche insistenti sull'area potenzialmente interessata; e) impianti di cui all'allegato I del Decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che potrebbero provocare inquinamento accidentale in caso di alluvione e aree protette potenzialmente interessate, individuate all'allegato 9 alla parte terza del Decreto legislativo n. 152 del 2006; f) altre informazioni considerate utili, come le aree soggette ad alluvioni con elevato volume di trasporto solido e colate detritiche o informazioni su fonti rilevanti di inquinamento. Tale articolazione, anche se non perfettamente conforme a quanto sopra definito, è contenuta nel presente PAI. In particolare, sono stati individuati quattro livelli di rischio, così come definiti dal suddetto DPCM, in linea con quanto previsto in termini di contenuti, il PAI realizzato contiene, infatti, quanto necessario all'individuazione del danno anche se a livello qualitativo e non analitico. L art.7 del D.lgs 49/10 è quello contenente le maggiori innovazioni, in quanto prevede Piani di Gestione del rischio da alluvione, ad oggi non presenti nella pianificazione di settore. Questi, in una visione innovativa ed aggiornata del quadro di riferimento prevedono una gestione integrata di tutti gli aspetti connessi al rischio da alluvione; in particolare, quelli relativi alla: prevenzione, protezione e previsione dei fenomeni da alluvione. Inoltre, lo stesso articolo evidenzia la necessità di predisporre un sistema di allertamento, tenendo conto delle caratteristiche del bacino idrografico e/o del sottobacino interessato dalle valutazioni di cui sopra ampiamente discusso. I Piani di Gestione possono anche comprendere la promozione di: pratiche sostenibili di uso del suolo; il miglioramento delle azioni di ritenzione delle acque; l'inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale. In tali Piani, inoltre, devono essere previste tutte le cautele per ridurre le potenziali conseguenze negative per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il patrimonio Relazione Generale - P.A.I. Pagina 23 di 41

24 culturale e le attività economiche e sociali, attraverso l'attuazione prioritaria di interventi non strutturali e di azioni per la riduzione della pericolosità. Questi piani vanno realizzati a livello di bacino idrografico e devono essere coordinati tra loro in una logica di sistema finalizzata alla scala delle autorità di bacino distrettuali di cui all'art.63 del D.lgs 152/06. Per quanto attiene le misure di salvaguardia lo stesso art. 7 prevede che i piani di gestione del rischio da alluvione comprendono misure per raggiungere gli obiettivi definiti dalla norma e tengono conto di aspetti quali: a) la portata della piena e l'estensione dell'inondazione; b) le vie di deflusso delle acque e le zone con capacità di espansione naturale delle piene; c) gli obiettivi ambientali di cui alla parte terza, titolo II, del D.lgs 152/06; d) la gestione del suolo e delle acque; e) la pianificazione e le previsioni di sviluppo del territorio; f) l'uso del territorio; g) la conservazione della natura; h) la navigazione e le infrastrutture portuali; i) i costi e i benefici; l) le condizioni morfologiche e meteomarine alla foce. Inoltre, gli stessi debbono contenere una sintesi dei piani urgenti di emergenza, predisposti ai sensi dell'art. 67, comma 5, del D.lgs 152/06, nonchè della normativa previgente e tengono conto degli aspetti relativi alle attività di: previsione, monitoraggio, sorveglianza ed allertamento posti in essere attraverso la rete dei centri funzionali; presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate strutture e soggetti regionali e provinciali; regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione; supporto all'attivazione dei piani urgenti di emergenza predisposti dagli organi di protezione civile ai sensi dell'art.67, comma 5, del D.lgs 152/06 e della normativa previgente. I Piani di Gestione di cui al suddetto articolo, sono ultimati e pubblicati entro il 22 giugno 2015 prevedendo nel contempo una fase di consultazione e di informazione del pubblico al fine di dare la massima diffusione ai contenuti degli stessi. Relazione Generale - P.A.I. Pagina 24 di 41

25 Le attività di cui sopra, chiaramente in attesa della effettiva entrata in vigore delle autorità distrettuali, e coerentemente con le indicazioni che vorranno dare le regioni saranno svolte da queste Autorità e costituiscono parte integrante della fase di attuazione del presente PAI, così come illustrato nello specifico capitolo. CAPO IV. CONTENUTI DEL PIANO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO: ARTICOLAZIONE, OBIETTIVI, STRUMENTI E CONTROLLO DELL'ATTUAZIONE. Il PAI, è uno strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo attraverso il quale sono dettate le regole ed individuate le azioni necessarie alla conservazione, difesa e valorizzazione del suolo sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato, previa individuazione delle situazioni di squilibrio in atto secondo quanto previsto dal DPCM (Atto di indirizzo e coordinamento), con una apertura ai nuovi concetti normativi enucleati nell ambito del D.lgs 152/06. Il D.lgs 152/06 ha modificato in parte tale concezione in quanto l ambito di riferimento, con tale norma, non è più il bacino idrografico ma il distretto idrografico (art.64. Distretti idrografici) prevedendo all art 67 I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio. Tale disposizione, parafrasando i contenuti della abrogata L.183/89, prevede che nelle more dell'approvazione dei piani distrettuali, le Autorità di Bacino Distrettuali adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, Piani Stralcio di Distretto per l'assetto Idrogeologico (PAI), che contengano, in particolare, l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, con la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure stesse. Sotto il profilo metodologico, il presente PAI in conformità con la nuova impostazione normativa ed in particolare con quanto previsto dall art.56, comma 2, lett. a) e b) deve garantire: le condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni; le modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi. Inoltre, poiché non sono state emanati i decreti concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli artt. 55 e 56, nonché per la verifica ed il controllo dei Piani di bacino e dei Programmi di intervento, ne gli atti di indirizzo e Relazione Generale - P.A.I. Pagina 25 di 41

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