RISCHIO INCENDI BOSCHIVI

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1 PIANO LE DI RISCHIO INCENDI BOSCHIVI 1

2 PIANO LE DI 1. IL RISCHIO INCENDI BOSCHIVI...3 PREMESSA...3 TERMINI GENERALI LA SITUAZIONE NEL TERRITORIO LE CARTOGRAFIA...10 ALLEGATO 1 - LINEE DI PREVISIONE E PREVENZIONE...12 CRITERI DI PREVENZIONE...12 ALLEGATO 2 GLOSSARIO E DEFINIZIONI...14 ALLEGATO 3 MODALITA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO

3 PIANO LE DI 1. IL RISCHIO INCENDI BOSCHIVI PREMESSA Il rischio di incendio boschivo concerne gli stati di rischio derivanti dalla combustione di materiale vegetale boschivo, in forma vasta, diffusibile, difficile da spegnere, violenta e pericolosa per l'incolumità pubblica. Tutti questi caratteri devono essere contestuali. Cancellata definitivamente la falsa teoria dell autocombustione, il fenomeno degli incendi boschivi appare oggi come il risultato, colposo o doloso, dell incoscienza di chi li provoca. Il danno diretto e i costi indiretti degli incendi boschivi, che periodicamente colpiscono i nostri territori, generano un danno economico di elevatissima consistenza. Al di la di piu complesse considerazioni sugli equilibri naturali (che, una volta spezzati, possono produrre situazioni devastanti, come l inaridimento dei suoli, la scomparsa di specie animali e simili) resta indiscutibile e gravissimo il fatto che la distruzione del manto vegetale, anche ad opera del fuoco, e causa fondamentale dei devastanti dissesti idrogeologici che travagliano i nostri territori. TERMINI GENERALI Nel decennio passato in Italia si sono perduti, a causa degli incendi, piu di 500 mila ettari di bosco e ne l'azione di rimboschimento, ne la ricostituzione boschiva sono riusciti a rimediare alle recenti devastazioni. Nel periodo compreso tra il 1970 e il 2000 si sono verificati nel nostro paese incendi che hanno percorso una superficie totale di ettari, di cui boscati. Questi dati equivalgono al 12% del territorio nazionale e al 19% della superficie boscata (dati del C.F.S.). L incendio boschivo e strettamente legato alla definizione di combustione, i cui elementi costitutivi sono: il combustibile che, nel nostro caso, altro non e che il materiale vegetale; il comburente, rappresentato dall ossigeno; il calore, collegato ad un apporto esterno piu o meno volontario, che determina lo sviluppo a catena del processo. E' bene ricordare che la gravita del fenomeno investe il bosco in tutte le sue molteplici funzioni, procurando danni diretti ed indiretti. 3

4 PIANO LE DI I primi, facilmente valutabili, sono rappresentati dal valore della massa legnosa; i secondi, piu difficilmente stimabili, sono connessi alle funzioni "senza prezzo", quali: la difesa idrogeologica; la produzione d'ossigeno; la conservazione naturalistica; il richiamo turistico; le possibilita di lavoro per numerose categorie. Gli incendi boschivi si possono distinguere in : Sotterranei: bruciano sostanze vegetali sotto il livello del suolo, il muschio, la torba, l'humus indecomposto. La combustione e lenta ma lo spegnimento risulta molto difficoltoso. Di superficie: e il tipo piu comune. Quasi tutti gli incendi cominciano in questo modo. Bruciano la lettiera, l'erba, le foglie e i rami morti, insomma la vegetazione al livello del suolo. Il fuoco e generalmente rapido ma non raggiunge una forte intensita. Spesso non provoca danni di rilievo agli alberi. L'opera di spegnimento e relativamente facile. Di chioma: questo e il tipo di incendio piu preoccupante. Le fiamme si estendono rapidamente alle chiome degli alberi, con grande sviluppo di calore; quando si e in presenza di vento i tizzoni diffondono il fuoco anche a grandi distanze. A seconda, quindi, di cosa brucia e come brucia, l'impatto sul territorio cambia. In ogni caso la combustione dei soprassuoli causata dagli incendi determina una semplificazione ecologica per l'oggettiva scomparsa di un numero consistente di specie botaniche, una modificazione della lettiera e degli orizzonti pedologici che sommati generano una forte instabilita ecologica. Nelle aree colpite la funzione di protezione svolta dal soprassuolo forestale e vegetale e gravemente compromessa lasciando il terreno esposto all azione congiunta dell erosione delle acque superficiali e del dilavamento prodotto dalle acque meteoriche con conseguenti dissesti idrogeologici. Sono predisponenti rispetto alle cause degli incendi boschivi: - le caratteristiche della copertura vegetale (la quantita d acqua che si trova nei tessuti delle piante e la quantita, dimensioni, disposizioni dei materiali combustibili, i quali, se sottili e non pressati, offrono maggiore superficie esterna all'ossigeno comburente); - i fattori meteoclimatici, fra i quali la presenza di vento in particolare, che oltre a favorire l'afflusso dell'ossigeno, quale comburente, determina l'avanzamento della linea del fuoco, provoca il preriscaldamento del materiale legnoso e quindi nuovi punti d'inizio e di continuazione del fuoco; - gli aspetti silvocolturali; - l esposizione dei versanti. Le condizioni favorevoli per l'inizio dell'incendio nel bosco, si verificano, piu frequentemente, in presenza di copertura morta disseccata, con soprassuoli giovani, specialmente di essenze lucivaghe di resinose. 4

5 PIANO LE DI Le differenti condizioni meteorologiche: regime pluviometrico, dominanza dei venti, unitamente alle diverse tipologie forestali, al loro governo e trattamento, influenzano la frequenza stagionale degli incendi. Lo scoppio di un incendio ha quindi una causa scatenante, la scintilla, ed una situazione predisponente il fenomeno, rappresentata dall'aridita piu o meno accentuata del suolo e della vegetazione. E' fuori di dubbio che il fattore climatico e l'andamento stagionale abbiano una notevole influenza nel creare le condizioni favorevoli allo sviluppo ed alla propagazione degli incendi boschivi, e nel caso di fulmini, anche nel determinarli direttamente, circostanza questa, pero non molto frequente. Di notevole importanza e il grado di umidita della vegetazione, in particolare modo di quella erbacea del sottobosco, che varia direttamente con l'andamento stagionale. Gli incendi dei boschi, pur seguendo l'andamento climatico, non si manifestano uniformemente sul territorio: ci sono delle zone dove questo pericolo e maggiore che in altre, come l'esperienza ed i fatti, annualmente, confermano. Si vuol affermare che, a parita di condizioni climatiche e di coefficiente d'aridita, vi sono altre diverse situazioni che favoriscono lo sviluppo degli incendi nei boschi, quali: l'afflusso turistico, l'abbandono rurale delle campagne, l'attivita di particolari pratiche agronomiche e pastorizie, le vendette, le speculazioni. Cosi, a seconda dell'ubicazione propria del bosco e del suo rapporto specifico con le situazioni accennate, si hanno dei soprassuoli piu esposti al pericolo e al rischio d'incendio, rispetto ad altri, dove i fattori sociali ed umani, sono meno incidenti. In base all'andamento meteorologico e climatologico, dobbiamo registrare due periodi di grave pericolosita : l'uno estivo, nei mesi di luglio, agosto, settembre, piu marcato nelle regioni del centro-sud, Liguria compresa; l'altro invernale, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo localizzato in particolare nelle zone dell'arco alpino, quali la Liguria, il Piemonte, la Lombardia, il Veneto. 5

6 PIANO LE DI Fig. 1.1 Corpo Forestale dello Stato - Mappatura del rischio incendi boschivi a livello nazionale In entrambi i suddetti periodi, anche se con differente intensita e pur variando da zona a zona, si determinano le condizioni d'aridita, predisponenti il fenomeno. L'analisi dell'incidenza percentuale degli incendi sul tipo di proprieta e sul tipo di bosco bruciato evidenzia come le superfici colpite da maggiori aggressioni siano quelle in cui coesistono la proprieta privata e la presenza del ceduo, tipo di bosco piu frequentemente destinato all'abbandono. Se a queste informazioni si aggiunge la considerazione che quasi il 30% degli incendi si verifica nelle aree di collina interna e circa il 34% in quelle di montagna interna, e possibile argomentare che la ricorrente frequenza degli incendi va correlata anche al complesso dei problemi che ostacolano il corretto recupero delle stesse aree. CAUSE Si afferma che ben poco o nulla di naturale concorre all'evento e cio determina l'esclusione degli incendi boschivi dall'elenco dei fenomeni scatenati da cause naturali: alluvioni, terremoti, frane, eruzioni vulcaniche ecc. L'autocombustione, sovente citata a sproposito, e da ritenersi una giustificazione quanto mai semplicistica ed erronea, in quanto, nei nostri climi, non si verifica che in casi del tutto eccezionali e al piu limitata ai soli fienili o discariche. La causa predominante lo scatenarsi il fenomeno degli incendi boschivi e l'uomo, determinante attraverso azioni che possono essere ricondotte sia alla colpa, sia alla volonta di cagionare il danno, cioe al dolo. 6

7 PIANO LE DI Una correlazione interessante e quella degli incendi boschivi con la circolazione veicolare. Infatti si vede che ad un progressivo aumento degli autoveicoli circolanti e dello sviluppo viario, aumentano in progressione gli incendi boschivi. E dal rilevamento dei punti d'innesco del fuoco si evince come moltissimi incendi abbiano inizio dal bordo di strade ed autostrade. Recentemente da parte del Servizio Antincendi del Corpo Forestale dello Stato e stato iniziato uno studio di tale tipo, che ha portato a definire il ventaglio di motivazioni di seguito descritto: Cause dolose e volontarie Concepite e determinate dalla volonta di uomini che a basso prezzo (il costo di un fiammifero) ottengono benefici personali per i quali la societa paghera prezzi altissimi (distruzione di un bosco) per tempi molto lunghi (ricostruzione del bosco). Incendi da cui gli autori sperano di trarre profitto distruzione di massa forestale per la creazione di terreni coltivabili e di pascolo a spese del bosco o per attivare il set-aside; bruciatura di residui agricoli, quali stoppie e cespugli, per la pulizia del terreno, in vista della semina; Incendio del bosco per trasformare il terreno rurale in edificatorio; Incendio del bosco per determinare la creazione di posti di lavoro. In relazione alle attivita di ricostituzione e di spegnimento Impiego del fuoco per operazioni colturali nel bosco, per risparmiare mano d'opera; Incendio nel bosco per perseguire approvvigionamento di legna. Incendi da cui gli autori non ritraggono un profitto concreto Risentimento contro azioni di esproprio o altre iniziative dei pubblici poteri; Rancori tra privati; Proteste contro restrizioni all'attivita venatoria; Proteste contro la creazione di aree protette e l'imposizione dei vincoli ambientali; Atti vandalici. Incendi provocati da piromani Il piromane e una "persona che da fuoco a qualsiasi oggetto per scaricare la sua angoscia interiore". Senza dubbio la piromania e una infermita poco frequente, il cui rapporto con gli incendi rurali in Italia e molto scarso. Incendi provocati da ragioni politiche 7

8 PIANO LE DI La relazione tra incendi forestali e motivazioni politiche non sembra attendibile nel nostro Paese; tanto meno si puo ricondurre il fenomeno ad un disegno terroristico e destabilizzante. Contrariamente ai due ultimi gruppi sopra citati, le motivazioni socio economiche sembrano meglio spiegare l attivita degli incendiari. Cause colpose o involontarie Legate all'imprudenza, alla negligenza, alla disattenzione o all'ignoranza degli uomini, che involontariamente provocano incendi. Cause naturali Legate all'azione innescante di eruzioni vulcaniche, fulmini, autocombustione. 8

9 PIANO LE DI 2. LA SITUAZIONE NEL TERRITORIO LE Il rischio incendi boschivi in Provincia di Arezzo puo essere considerato alto, in particolare nelle zone montane, dove la copertura boschiva e maggiore e la conformazione del territorio unita all inaccesibilita di alcune zone rendono difficili le azioni di spegnimento degli incendi. Le differenti condizioni meteorologiche - regime pluviometrico, dominanza dei venti, - unitamente alle diverse tipologie forestali, al loro governo e trattamento, influenzano la frequenza stagionale degli incendi. Dai dati forniti dal Corpo Forestale dello Stato della Provincia di Arezzo estrapolati dalle schede AIBFN, dal Gennaio 1984 al Settembre 2004 risultano numerosi incendi di piccola entita, inferiori ai 10 ettari, ma anche parecchi incendi, circa un centinaio, che li superano, soprattutto nelle zone montuose, arrivando in alcuni casi ad oltrepassare le diverse centinaia di ettari di superficie boschiva bruciata. Tra le zone maggiormente colpite sia come numero che come vastita d incendio, rientrano i comuni di Castelfranco di Sopra, Lucignano, Cortona, Bucine, Arezzo, Anghiari, Loro Ciuffenna e Castiglion Fiorentino: questa classificazione è contenuta nel Regolamento Forestale della Regione Toscana, in accordo con la Legge Regionale n 39 del Come si puo vedere dalla successiva tabella, gli anni in cui si è verificato il maggior numero di incendi e con la maggior superficie bruciata risultano il 1985, con 1912 ettari di bosco bruciati, mentre al secondo posto abbiamo il 1993 seguito dal 1990 e dal 1988; negli ultimi anni, dal 1994 ad oggi, invece, si riscontra un calo sia nel numero degli incendi che nell estensione di superficie bruciata. La grande maggioranza degli incendi sono concentrati nei trimestri febbraio-aprile e lugliosettembre, quando le condizioni climatiche sono favorevoli all instaurarsi e al propagarsi degli incendi (temperatura, vento, aridita ). Le aree più colpite risultano senza dubbio quelle della Valdarno (47,8% del numero di incendi totali), con un valore percentuale di superfici bruciate pari al 34,8%, e seguita dalla Valdichiana e dal Casentino, vero e proprio patrimonio boschivo provinciale. I dati relativi alle cause evidenziano un aumento preoccupante degli incendi dolosi ed una flessione degli incendi determinati dai fuochi di ripulitura dei residui legnosi e pascolivi e quelli dovuti ad altre cause antropiche indirette. Questo potrebbe aumentare il rischio di incendi in quei territori dove e basso, in base al sopraggiungere di interessi di vario tipo. Dal 1996, però, con l entrata in vigore di nuove norme attuative di prevenzione il fenomeno incendi si è notevolmente affievolito, passando da un valore numerico quantitativo di 188 incendi riferiti all anno 1990, ad uno di 45 riferito al E necessario sottolineare inoltre la presenza di molti centri abitati e quindi di insediamenti di persone nelle immediate vicinanze delle arre boschive soggette ad pericolo incendio; questo comporta la necessità di una maggior attenzione verso questa particolare problematica e di tutela nei confronti sia delle persone che delle infrastrutture presenti sul territorio. 9

10 PIANO LE DI Per quanto concerne invece le attività di intervento si cita, quale strumento operativo di riferimento, il Piano Operativo Provinciale Antincendi Boschivi per l anno 2005, adottato con delibera della Giunta Provinciale n 335 del Anno Numero di incendi Sup. Tot. incendiata (in ettari) Totale Anno ,69 Totale Anno ,56 Totale Anno ,79 Totale Anno ,57 Totale Anno ,65 Totale Anno ,95 Totale Anno ,09 Totale Anno ,61 Totale Anno ,36 Totale Anno ,11 Totale Anno ,61 Totale Anno ,17 Totale Anno ,69 Totale Anno ,71 Totale Anno ,84 Totale Anno ,13 Totale Anno ,27 Totale Anno ,53 Totale Anno ,78 Totale Anno ,27 Totale Anno ,21 Tab. 1.1 Corpo Forestale dello Stato Censimento incendi anni CARTOGRAFIA Nella cartografia allegata vengono riportati con diversi colori i comuni, classificati in base alla frequenza ed alla vastita degli incendi, e quindi al grado di rischio a cui sono soggetti, oltre che i principali focolai di incendio censiti dal Corpo Forestale dello Stato e riferiti agli anni che vanno dal 1984 al 2004 e riportati sulle schede AIB FN. Sulla carta vengono inoltre riportate le aree antropizzate a rischio incendio, distinte in aree residenziali ed aree ricreative, mentre per le aree industriali si è scelto di inserirle come possibile 10

11 PIANO LE DI vittima del pericolo incendi, dando un giudizio sul rischio espresso con la più evidente colorazione rossa. Infine sono stati inseriti i principali punti di captazione superficiale delle acque, quali risorse utili in casi di emergenza. 11

12 PIANO LE DI ALLEGATO 1 - LINEE DI PREVISIONE E PREVENZIONE CRITERI DI PREVENZIONE LINEE GENERALI DI PREVENZIONE Gli incendi boschivi costituiscono un problema di rilevante e periodica ricorrenza. Vaste aree della penisola italiana sono sistematicamente percorse e snaturalizzate dagli incendi boschivi. In questa prospettiva occorre riflettere su un sistema sempre piu integrato e coordinato di controllo degli incendi, al fine di sottrarlo a possibili anomale strategie, i cui effetti negativi ricadono sul patrimonio ambientale in generale ma anche sul dissesto territoriale e sulle calamita idrogeologiche in particolare. Gli effetti negativi degli incendi boschivi ricadono sul patrimonio ambientale in generale ma anche sul dissesto territoriale e sulle calamita idrogeologiche in particolare. E possibile affermare che le linee di prevenzione passano attraverso attivita di predisposizione di piani particolareggiati, continuo aggiornamento degli scenari e del quadro di rischio, sensibilizzazione informazione e formazione alla popolazione, attivita di manutenzione, avvistamento, reti di segnalazione, predisposizione di punti di rifornimento idrico, etc. Sul territorio provinciale di Arezzo, vi e l organizzazione facente capo al Centro Operativo Provinciale ed al Piano Antincendio Provinciale, che si occupa di tutte le problematiche relative. Sul piano normativo, oltre alla Legge Regionale n. 39/2000 (Legge forestale della Toscana), si fa riferimento anche alla Deliberazione della Giunta Provinciale n. 335 del 30/05/2005 che stabilisce l adozione del Piano Operativo Provinciale A.I.B. Per quanto riguarda la Protezione Civile occorre fare riferimento a questa organizzazione, in un ottica di sempre maggiore collaborazione e coordinamento, affrontando la problematica in maniera congiunta e sinergica. LINEE DI COMPORTAMENTO A BREVE TERMINE Le linee di prevenzione, a breve termine, possono essere cosi sintetizzate; Predisporre ove necessari i Piani operativi antincendi, come previsto dalle vigenti normative (L. 353/2000 e L.R. 39/2000), ovvero; - il Piano Operativo Regionale antincendio boschivo, - il Piano Operativo Provinciale, 12

13 PIANO LE DI - i piani AIB locali predisposti dalle Comunità Montane, dai Comuni, dai C.F.S. e dai VV.F.. Informare correttamente la popolazione. LINEE DI COMPORTAMENTO A MEDIO TERMINE E LUNGO TERMINE Le linee di prevenzione del rischio possono essere cosi sintetizzate: Prevenzione indiretta Mediante informazione e sensibilizzazione Prevenzione diretta mediante una accurata predisposizione di quanto concerne: Manutenzione Avvistamento Rete di segnalazione Rifornimento idrico Viali tagliafuoco Viabilità Forestale Prevenzione organizzativa tramite: Redazione degli scenari di evento probabili. Predisposizione degli appositi piani di emergenza. Diffusione dei criteri di comportamento in caso di emergenza alla popolazione. Installazione di adeguati dispositivi di allarme sonoro, diffuso sul territorio a rischio. 13

14 PIANO LE DI ALLEGATO 2 GLOSSARIO E DEFINIZIONI Arbusti: piante perenni, legnose, con rami e fusto che si dipartono da breve altezza, alte da 2 fino a 4-6 metri (ontano verde, biancospino, pino mugo ecc.). Bosco: sono soggetti alle presenti prescrizioni i popolamenti boschivi e forestali che rientrano nella definizione di bosco, ed in particolare soprassuoli arborei o arbustivi, a qualunque stato di eta, di origine naturale o artificiale, con densita di copertura a maturita non inferiore al 20%. Sono considerati bosco: soprassuoli di superficie maggiore di metri quadri; soprassuoli di superficie minore, ma di lunghezza maggiore di 25 metri (misurati dagli estremi dell area di insidenza delle chiome, considerati a 5 metri dal fusto), se posti a meno di 100 metri da boschi propriamente detti; soprassuoli ad andamento longitudinale (fasce alberate) purche aventi almeno per un tratto le caratteristiche di bosco; soprassuoli costituiti da specie arboree od arbustive colonizzatrici di eta media uguale o superiore a tre anni, formatisi su terreni destinati ad altra qualita di coltura. Bosco coetaneo: popolamento formato da alberi di eta uguale o poco diversa. Le chiome si localizzano su un unico piano spaziale. Bosco disetaneo: popolamento formato da alberi di eta uguale o poco diversa. Le chiome si localizzano su vari piani spaziali, anche sovrapposti. Ceduo a capitozza: modello di trattamento in disuso, tranne che nelle alberature campestri o presso i capanni di caccia, in cui si recide il fusto ad una certa altezza; in corrispondenza del taglio la pianta emette i polloni e reagisce con un ingrossamento dei tessuti detto capitozza Ceduo a sgamollo: modello in disuso di trattamento, tranne nelle alberature campestri, consistente nell asportazione periodica dei rami laterali lasciando intatta la parte superiore della chioma. Ceduo a sterzo: trattamento nel quale su ogni ceppaia vi sono polloni di eta e dimensioni diverse. Durante il taglio vengono abbattuti i polloni piu vecchi, e parte di quelli piu sottili. Ceduo composto: modello di governo in cui sulla medesima superficie convivono un ceduo ed una fustaia costituita da matricine di eta multipla di turno. Ceduo coniferato: popolamento misto di latifoglie trattate a ceduo e di conifere, queste ultime rappresentanti meno di 1/3 della superficie. Ceduo invecchiato: popolamento gia sottoposto a governo a ceduo, lasciato invecchiare per almeno 40 anni senza alcun intervento colturale. Ceduo matriduato: al momento del taglio nel bosco ceduo viene rilasciato un certo numero di soggetti provenienti da seme o di polloni scelti fra i migliori allo scopo di disseminare e di sostituire le ceppaie esaurite. Le matricine vengono tagliate nei turni successivi. Ceduo semplice: forma di trattamento del bosco ceduo in cui il soprassusuolo viene tagliato a raso, senza rilascio di matricine. Cespuglio: piante perenni, legnose, a fusto policormico, con rami eretti, prostrati o striscianti, alle non piu di 1-2 metri (mirtilli, ginestre, salici nani. rododentri ecc.). 14

15 PIANO LE DI Concentramento: operazione iniziale dell'esbosco, consistente nella prima raccolta e riunione della legna o del legname dal letto di caduta ad un primo deposito, prima dell'esbosco. Conversione: operazione selvicolturale per cui si passa da una forma di governo ad un'altra (ad esempio da ceduo a fustaia). Il passaggio da ceduo a fustaia avviene attraverso i tagli di rinnovazione e selezione attuati, in genere, dopo un periodo di invecchiamento del ceduo. Diradamento: taglio di parte dei fusti di un soprassuolo coetaneo e coetaneiforme immaturo, allo scopo di valorizzare le piante rilasciate. Il taglio si attua attraverso il prelievo delle piante dominate, di diametro inferiore soprannumerarie, malformate, difettose, ed anche delle piante dominanti di ostacolo a quelle che si vogliono favorire. Esbosco: trasporto della legna e dei legname abbattuti o concentrati fino al punto in cui puo essere caricato da mezzi di trasporto ordinari. Governo: sistema di rinnovazione del bosco. Governo a fustaia o ad alto fusto: forma di governo nella quale la rinnovazione del soprassuolo avviene attraverso piante da seme, provenienti da disseminazione naturale, piantagione o semina naturale. Governo a ceduo: forma di governo nella quale la rinnovazione del soprassuolo avviene per via agamica, cioe con polloni emessi, a seguito di un taglio, dalla ceppaia o dalle radici. Matricina (o allievo): fusto rilasciato dopo il taglio di un ceduo per uno o piu turni successivi, allo scopo di disseminare e di sostituire, dopo il taglio, le ceppaie esaurite, nonché di produrre assortimenti di maggiore dimensione. Novelleto: il primo stadio evolutivo di una fustaia coetanea che va dalla germinazione del seme all'eta in cui le chiome vengono a contatto e la copertura si chiude. Parco giardino: soprassuolo anche arborato in cui la frequenza e la tipologia degli interventi di manutenzione impedisce qualsiasi tipo di rinnovazione naturale, sia gamica che agamica. Periodo di curazione: l'intervallo in cui si susseguono i tagli saltuari nel trattamento delle fustaie disetanee. Perticaia: il terzo stadio evolutivo della fustaia coetanea che comprende la fase di differenziazione dei fusti ed il culmine dell'incremento diametrico; inizia il fenomeno della potatura naturale. Pollone: fusto che si origina da gemme situate presso la base o le radici di piante di latifoglie tagliate o che hanno subito una lesione. Provvigione: la massa di materiale legnoso costituita dal volume totale degli alberi in piedi in un determinato bosco. Radure: non sono considerate bosco le radure o chiarie, completamente circondate da soprassuoli boschivi, a destinazione colturale diversa da bosco, non dovute ad eventi eccezionali di origine biotica o abiotica, di superficie maggiore a metri quadri. Sfollo: taglio di selezione applicato ai popolamenti coetanei allo stato di novelleti o di giovani spessine. Spessina: il secondo stadio evolutivo della fustaia coetanea, dalla chiusura delle chiome fino alla cuiminazione dell'incremento in altezza. Stadi evolutivi della fustaia coetanea o coetaneiforme: novelleto; 15

16 PIANO LE DI spessina; perticaia; fustaia adulta; fustaia matura. Struttura: modo di presentarsi del bosco nello spazio aereo; coetanea, disetanea, irregolare. Taglio di avviamento all'alto fusto: consiste nel diradamento dei polloni di un ceduo, con eventuale esportazione totale o parziale delle matricine allo scopo di accelerare lo sviluppo dei migliori soggetti ed ottenere un popolamento simile alla fustaia da seme, anche se di origine agamica. Taglio di preparazione: taglio di fusti di un soprassuolo prossimo ai tagli di maturita allo scopo di aprire la copertura, di consentire migliore sviluppo alle piante portasemi e di preparare il terreno e la lettiera al ricevimento del seme. Taglio di sementazione: il primo dei tagli di rinnovazione nel trattamento a tagli successivi a carico dei popolamenti coetanei, allo scopo di assicurare l'apertura permanente della copertura, secondo modalita legate alle caratteristiche delle singole specie, per consentire il pronto insediamento della rinnovazione naturale. Taglio di sgombero: l'ultimo dei tagli di rinnovazione a carico dei popolamenti coetanei, che elimina le piante del vecchio ciclo quando la rinnovazione risulta assicurata. Taglio raso: forma di trattamento attraverso la quale si prelevano, contemporaneamente, tutti i fusti di un alto fusto coetaneo. Taglio saltuario: forma di trattamento delle fustaie disetaneiformi, che uni sce le caratteristiche dei tagli di maturita e dei tagli intercalari allo scopo di imporre al popolamento una struttura disetanea, di favorire lo sviluppo di tutte le classi di eta e della rinnovazione. Tagli secondari: tagli che seguono il taglio di sementazione, eseguiti a carico dei popolamenti coetanei, allo scopo di favorire, con l'ulteriore apertura della copertura, l'affermazione della rinnovazione gia insediata e l'insediamento di altro novellame. Tagli successivi: forma articolata di trattamento dei soprassuoli coetanei mediante il quale, con interventi successivi, vengono attuati tagli di rinnovazione che hanno lo scopo di consentire lo sviluppo della rinnovazione sotto la protezione di parte delle piante del vecchio ciclo. Possono essere preceduti dai tagli di preparazione e comprendono il taglio di sementazione, tagli secondari e taglio di sgombero. Tipi di ceduo: i diversi tipi di trattamento originano i seguenti tipi di bosco ceduo: ceduo semplice; matricinato; composto; a sterzo; a capitozza; a sgamollo. Tipi di taglio: 16

17 PIANO LE DI tagli intercalari - qualsiasi taglio effettuato in boschi coetaneiformi in un momento intermedio fra il suo insediamento e la maturita ; comprendono sfolli nei novelleti e diradamenti nelle spessine, perticaie e fustaie; tagli di maturita o principali: taglio del soprassuolo a maturita, applicando le piu opportune forme di trattamento. Trattamento: sistema di operazioni destinate a regolare l'evoluzione e la rinnovazione del bosco, le forme fondamentali sono: taglio a raso (su soprassuoli coetaneiformi); tagli successivi (su fustaie coetaneiformi) che comprendono: taglio di preparazione taglio di sementazione taglio secondario taglio di sgombero taglio saltuario (su fustaie disetaneiformi). Turno: il numero di anni che deve intercorrere tra l'irnpianto o la rinnovazione di un soprassuolo coetaneo ed il taglio di maturita. 17

18 PIANO LE DI ALLEGATO 3 MODALITA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO La valutazione del rischio e' l oggetto delle attivita' di previsione cosi' come definita dalla legge n. 225 del Nelle zone in cui il rischio supera le soglie socialmente accettabili sara' opportuno prevedere interventi di prevenzione. Possono essere inoltre definite delle soglie di rischio tollerabile sulla base di fattori di tipo socio-ambientale (rischio accettabile): la definizione di soglie di rischio accettabile risulta particolarmente importante nell ambito delle attivita' di prevenzione e di programmazione dello sviluppo del territorio. Infatti questa consente di individuare le priorita' di intervento e di decidere i criteri di gestione del rischio. La gestione del rischio puo' essere attuata, a seconda dei casi, intervenendo nei confronti della pericolosita', della vulnerabilita', degli elementi a rischio o del rischio accettabile. La zonazione del rischio in un dato territorio costituisce la base della gestione del rischio; questa prevede l interpretazione delle informazioni ed il quadro delle decisioni operative per l eventuale riduzione del rischio. La fase gestionale e' di natura essenzialmente politico-amministrativa; tuttavia il ruolo dei tecnici e' fondamentale nell individuazione delle priorita' di intervento e nella messa a punto delle strategie di mitigazione. L esempio piu' completo di gestione del rischio e' rappresentato dai piani di esposizione al rischio (PER) che in Francia sono una parte integrante dei documenti di pianificazione urbanistica e regolano l uso del territorio a livello di piani regolatori comunali. Appropriate misure per la mitigazione del rischio, differenziate in base alla tipologia del fenomeno, sono elencate nella normativa nazionale associata ai PER. In aree caratterizzate da elevati valori di rischio saranno possibili due strategie di gestione: aumento delle soglie di rischio accettabile (informazione, monitoraggio), mitigazione del rischio (riducendo la pericolosita', gli elementi a rischio o la vulnerabilita'). La gestione del rischio e' pertanto l oggetto delle attivita' di prevenzione cosi' come definita dalla legge n. 225 del

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