05- I ccose piccerelle r a lenga turrese
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- Leona Franco
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1 A Lenga Turrese Stròppole linguistiche 05- I ccose piccerelle r a lenga turrese Salvatore Argenziano
2 U scuppatore Scuppatórë: cor. Artigiano torrese addetto al taglio delle conchiglie per ricavarne pezzi per cammei. Etimologia da scoppio? Se così fosse, sarebbe u schiuppatore. Forse da cuoppo, con la S estrattiva iniziale, come se si trattasse di aprire, di stendere nu cuoppo i carta. Comunque sia, è un termine magnifico legato al nostro antropologico patrimonio linguistico. Ce l avimmo astipà. Stròppole pe sprattechì a lenga turrese Siete in grado di pronunciare le - á - chiuse torresi, anche quelle - å - non accentate? Areto å nu pålázzo Ce stå nu cápo i càne pázzo. E ttu, cápo i càne pázzo. Che ce fáie areto å stu pålázzo? Alternanza neutro/maschile 01 I colori appartengono alla categoria dei sostantivi originariamente neutri. Pertanto richiedono l articolo neutro - u - (da illud) che porta al raddoppiamento consonantico. U rrusso, sostantivo neutro, il colore rosso. U russo, sostantivo maschile, l uomo dai capelli rossi. ***A signora tene u rrusso ncoppa û musso. *** U russo quanno vere a róssa le vene a tóssa. S. A I ccose piccerelle 2
3 Alternanza neutro/maschile 02 U ppresutto / u presutto 01 - U ppresutto, sost. neutro. Il riferimento è al prodotto, alla categoria merceologica e non alla coscia intera. La finale D del neutro illud, da cui derivò il nostro articolo neutro - u -, fu persistente nella trasformazione dal latino classico al latino parlato e, da questo, al dialetto. Quando la D finale scomparve, lasciò un ricordo di sé nel raddoppiamento consonantico. Il risultato fu l assimilazione alla consonante seguente. Illud presutto > illup presutto > illu ppresutto > u ppresutto U presutto, sost. masch. Coscia di maiale salata e fatta stagionare in ambienti adatti per la conservazione. In questo caso, l articolo maschile - u -, dal latino illum, non produce raddoppiamento consonantico. La M finale latina già nel III secolo a.c. tendeva a cadere nella parlata popolare, senza conseguenza sulla parola seguente. ***G. Rohlfs, Fonetica già qualche secolo prima di Cristo si hanno iscrizioni di autori volgari o scalpellini incolti che recano filiu, filia, patre, invece di filium, filiam, patrem. ***Basile. Na figliola tennera e ianca commo a ghioncata, co na ntrafilata de russo che pareva no presutto d Abruzzo o na sopressata de Nola,... S. A I ccose piccerelle 3
4 U ccafè / u cafè 01- U ccafè. sost. neutro. Prodotto merceologico, in chicchi, in polvere o bevanda. Il fatto che il caffè non derivasse dal latino, non lo esclude dalle regole grammaticali e dalle conseguenze dell articolo neutro - u - derivato dal latino illud. ***Rocco Galdieri. Pecché quann o ccafè s è abbrustulito e spanne o fummo... è segno c o marito, / quann è o mumento, nun abbada a spese. ***Scarpetta. No juorno pe zucchero dinto a lo ccafè, nce mettette na carta de tabacco leccese. ***Eduardo. O senzo d o ccafè l agguste, o siente, quanno t o zuche nfacci a cafettera. ***R. Bracale. Surzéo o ccafè m appiccio a sigaretta / e me trattengo cca, ncopp ô balcone ***G. D Amiano. Ll uorgio int ô llatte, figlie, fa salute, / nun è o ccafè ca sposta a nervatura 02- U cafè. sost. masch. La tazzina di caffè, semplicemente detta il caffè. C è una lieve differenza tra il caffè di cui sopra, di genere neutro, e questo termine di genere maschile. La differenza non è evidenziabile con esempi riportanti l articolo - u -, data l ambivalenza maschile/neutro dello stesso. Non così se gli esempi sono fatti con aggettivi dimostrativi. Da tenere presente che questo, in dialetto è chisto al maschile e chesto al neutro. Al bar del supermercato ordino un caffè, Euro 1,20. Mi danno un caffè nel bicchierino di carta. Non l ho ancora bevuto ma ritengo che questo caffè sia una presa per i fondelli. Quando penso ncazzato, per deformazione culturale mentale, penso in dialetto: chistu cafè è na pigliata pe cculo. La mia rimostranza è rivolta all ordinazione pagata un euro e venti. Se avessi prima bevuto il caffè e, trovatolo pessimo, avrei detto: chestu ccafè è na schifezza. Tutta qui la differenza. U cafè, maschile è l insieme tazza/bevanda che ho ordinato. U ccafè, neutro, è la bevanda. ***ETN. Quarantaroie: nu bellu cafè. ***CAN. Questa è l edizione cantata da Roberto Murolo. Ah! Che bellu cafè!... / pure in carcere o sanno fá... / cu a ricetta che, a Cicerenella, / compagno di cella, / ci ha dato mammá! S. A I ccose piccerelle 4
5 U ssale ncoppa a ll ástico Una forma di economia domestica era quella di procurarsi il sale pe ffá ll alici salate nt î vasiétti. Cu bbagnaròle e ccati, andavamo a prendere l acqua salata, quatto passi a r a casa mia. I piatti che u conciatiane aveva accunciati, cu cciappe e stucco, quelli che servivano pe ffá a cunzevera, venivano spatriáti ncoppa a ll astico, ncoppa î pputturate e ncoppa î ppanze i ll astico. Un filo d acqua salata che il sole evaporava presto nella calandrella estiva. Poi si travasava la poltiglia, ancora umida, nelle scafarée, lasciate al sole per completare l evaporazione. Alla fine avevamo prodotto, di contrabbanno, u ssale, in barba al Monopolio. Sale e Tabacchi, c era scritto nfaccia â mosta r u tabbaccaro. E sotto: Monopolio di Stato. Quatto passi a r a casa mia è una costruzione grammaticale con doppia preposizione. A r a sta per Da + dalla. R a casa mia potrebbe essere anche della casa mia. Da qui la necessità della doppia preposizione. Abbundantis abbundandum, come dice il grande Totò. S. A I ccose piccerelle 5
6 La - á - chiusa bolognese I napoletani non conoscono la - á - chiusa torrese. A Bologna la conoscono. Il professore Donato Vitali mi scrive:...in bolognese c è il plurale metafonetico, per cui ad es. biånnd biondo ha plurale biónnd, per cui la vocale - å -, come tante altre vocali, prende parte al processo di distinzione del singolare dal plurale. La pronuncia della - å - di cui parla Donato Vitali è proprio quella della nostra - á- chiusa. Nella Grammatica Storica della Lingua Italiana e dei suoi Daletti, Gerharde Rohlfs la definsce: Suono intermedio tra la A e la O. Penso, suppongo che la A chiusa (ottava vocale) fosse di uso comune nel dialetto dell area napoletana fin dall origine di questa nuova lingua dal latino. Conservatasi nel torrese è, praticamente, scomparsa nel napoletano, per successive diverse evoluzioni locali del comune dialetto. Di ciò ho trattato in alcune note della grammatica torrese, dove propongo ipotesi indiziarie non avendo prove documentate. Riassumo alcuni dati che sono oggetto di quelle note. Nella evoluzione che ebbe il latino classico nel latino parlato ci fu l abbandono delle desinenze, sia verbali (am-o, am-as, am-at) che grammaticali (patr-em, patr-es), sostituite da vocali. Nel dialetto napoletano, l evanescenze di queste desinenze, rese indistinguibile la distinzione tra le diverse voci verbali e tra il genere e il numero delle forme grammaticali. A ciò sopperì la metafonia. Le vocali toniche mutarono in relazione alla coniugazione e declinazione. Da io péscö, con la ö evanescente, a tu pischï, con la ï evanescente, con mutazione é/i ad evidenziare la seconda persona. Analogamente da pèrë a piérï, da péscë a piscï, da cappòttö a cappuóttï, da barónë a barunï. Dagli esempi risulta evidente l esito metafonetico per le vocali - é -, - è -, - ò -,ed infine - ó -. Mi sono sempre chiesto perché, nel dialetto napoletano, non c è questa mutazione metafonetica in A chiusa, pure per la vocale A aperta? Nella coniugazione (io) pàrlö, (tu) párlï, (con - á - chiusa) se non ci fosse un esito metafonetico della A, data l evanescenza della - ö - e della - ï -, risulterebbe indistinguibile la prima persona dalla seconda. La ragione, a mio parere, è dovuta alla naturale italianizzazione del napoletano, ciò che non è avvenuto per il dialetto torrese. Probabilmente, nella fase iniziale di formazione del napoletano, questa A chiusa potrebbe essere stata presente, anche in forma chiaramente distinguibile. In seguito sempre meno evidente, fino al definitivo abbandono. Dico abbandono ma dovrei dire presenza indistinta e pur tuttavia esistente, data le pronuncia inconscia spesso da me riscontrata in molti parlanti napoletani, di chiara fama napoletani. S. A I ccose piccerelle 6
7 Cágno e scágno e ll arefice nce guaràgna. In dialetto torrese questa non è una rima perfetta, non per le sillabe finali (-gno, -gna) che hanno lo stesso suono vocalico evanescente ma per le due sillabe toniche (scá- e rà-) che hanno suono diverso delle A. Ma addó stanno i ppuisie ndialetto turrese? Manchicáni nascesse nu pueta turrese! Forne i me. Questa espressione torrese mi fu suggerita da Raffaele Costabile in un suo intervento sul gruppo. Mi torna in mente a proposito dell uso della particella -ne che a volte aggiungiamo, spesso ai monosillabi, per motivi eufonici. Sì diventa sine e no diventa none. Così dal greco naì, sì, il nostro aine. Forne i me sta per eccetto me. A partire da fore i me, dove fore in dialetto sta per fuori, eccetto, escluso, l aggiunta di un -ne finale a fore consente una più semplice fonia. Fòrene diventa forne data la natura evanescente della E di fore. Salvatore Argenziano S. A I ccose piccerelle 7
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