Definizione e scopi della EPIDEMIOLOGIA

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1 Corso di Laurea in FISIOTERAPIA Insegnamento di Igiene Generale ed Applicata Lezione del 25 marzo 2009 Definizione e scopi della EPIDEMIOLOGIA Epidemiologia (cenni) Prevenzione L'epidemiologia è la scienza che ha per oggetto il fenomeno della insorgenza delle malattie nelle popolazioni di esseri umani, con particolare riguardo allo studio delle condizioni e dei fattori che le determinano.

2 L'epidemiologia si differenzia dalla clinica per due aspetti: Gli epidemiologi studiano un gruppo di soggetti, non i singoli individui; Gli epidemiologi studiano una popolazione sana ed una malata e cercano di trovare le differenze cruciali tra i sani e i malati.

3 INTERAZIONE UOMO AMBIENTE CHIMICO AMBIENTE MATERIALE INDIVIDUO AMBIENTE IMMATERIALE

4 John Snow compie a Londra, in occasione di due epidemie di colera (1849 e 1853) studi con metodi epidemiologici rivoluzionari per quei tempi e ancor oggi attuali.

5 Il dr John Snow esaminò anche la sede di approvvigionamento dell acqua delle varie aziende di distribuzione.

6 ancora epidemiologia John Snow nella metà del 19 sec i ricercatori del CDC di Atlanta negli anni 80 del secolo scorso ipotizzarono una origine trasmittibile per l Immuno deficienza acquisita dapprima HTLV III poi HIV

7 FATTORI DI RISCHIO Genetici Ambientali Ambienti di lavoro Personali AUMENTANO LA PROBABILITA DI CONTRARRE UNA MALATTIA

8 Fumatori 80-98

9 Fumatori giovani

10 Perché è difficile smettere di fumare? Neurotrasmettitore Dopamina Norepinefrina Acetilcolina Vasopressina EFFETTO Piacere, calo dell appetito Attivazione, calo dell appetito Attivazione, aumento concentrazione Aumento memoria breve termine Serotonina Beta-endorfine Modulazione dell umore, calo dell appetito Diminuzione di ansietà e tensione

11 Si continua a fumare perché: il fumo provoca dipendenza fisica e psicologica per essere stimolati: il fumo viene usato come mezzo per "caricarsi" per rilassarsi: il fumo viene usato come mezzo per "scaricarsi" per gestualità: la sigaretta per "tenere occupate le mani Per piacere: smettere sembra di privarsi di un "piacere" irrinunciabile si sottovalutano i danni alla salute provocati dal fumo

12 Sindrome da astinenza (24-48 ore 3-4 settimane) Ansia Irritabilità Insonnia Impazienza Difficoltà di concentrazione Bisogno di fumare Problemi gastrointestinali Cefalea

13 Le tappe del Benessere t da ultima sigaretta eventi 20 min vasocostrizione provocata dalla nicotina 8 ore frequenza cardiaca e pressione arteriosa CO 24 ore rischio di infarto 48 ore Migliorano gusto ed olfatto 72 ore spasmo vie aeree capacità polmonare 2-8 sett. resistenza fisica, produzione di muco (vie respiratorie) Si stabilizzano pressione e frequenza cardiaca. 5 anni < 50% probabilità di morire di cancro polmonare vs fumatore di 20 sigarette/die. rischio di malattia cardiaca (~non fumatori) anni probabilità di morire per K polmone e altre forme tumorali = non fumatori

14 Obesità

15 Obesità bambini

16 SINDRME METABOLICA indice di massa corporea (rapporto esistente tra altezza e peso) > 30; girovita superiore a 102 cm per gli uomini e a 88 cm per le donne; ipertensione arteriosa superiore a 130 (massima) e 90 (minima); glicemia a digiuno superiore a 110 mg/dl colesterolemia superiore a 200 mg/dl; trigliceridi superiori a 150 mg/dl.

17 OBESITA, SOVRAPPESO e SINDROME METABOLICA : L EPIDEMIA Bb SILENZIOSA DEL TERZO MILLENNIO?

18 Dati ISTAT 2001 per l Italia MASCHI FEMMINE TOTALE 10 0 Sottopeso Normopeso Sovrappeso Obesi

19 Italia. Mortalità per malattie del sistema circolatorio, tumori e malattie infettive, per abitanti. Anni Fonte: Istat Malattie del sistema circolatorio Tumori Malattie infettive

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22 Storia naturale delle malattie infettive Fase libera Fase di Malattia incubazione conclamata a)morte b)guarigione c)complicazioni PREVENZIONE PRIMARIA Da poche ore a diversi mesi (PREVENZIONE SECONDARIA?) Terapie CONTATTO CON MICRORGANISMI

23 Postulati di Henle-Kock (L agente di una malattia infettiva) Lo schema di Henle-Koch ha consentito - nel passato - di associare numerosi microrganismi alle rispettive malattie 1. Deve essere presente in tutti i casi di quella malattia 2. Non deve essere presente in caso di altre malattie né in individui sani 3. Non deve essere isolato dai tessuti in coltura pura 4. Deve essere capace di riprodurre la malattia attraverso invezione sperimentale I principi di Henle-Kock sono 1. Ogni malattia viene associata ad un singolo agente e viceversa 2. Non si tiene in conto di altri fattori in aggiunta al singolo agente (es. malattia ad eziologia multipla, fattori ambientali etc ) Oggi, tuttavia, la visione di Henle-Koch non è più accettabile per la maggior parte delle malattie In effetti, oggi esistono molte malattie infettive che non rispondono del tutto allo schema rigido di Koch, che ignora i fattori ambientali e associa «una sola causa ad una malattia e una sola malattia ad una causa». Il principale limite dei postulati è proprio quello di non considerare la possibilità di una eziologia multipla (una malattia, molte cause - o meglio: «determinanti») né l'eventualità che una stessa causa possa indurre malattie differenti. relazione causa-effetto _ 5

24 Storia naturale delle malattie cronico-degenerative Fase libera Fase pre- Malattia clinica clinica a)morte b)guarigione Possibile esposizione ai fattori di rischio (PREVENZIONE PRIMARIA) Diagnosi precoce (PREVENZIONE SECONDARIA- SCREENING) Possibile guarigione Diagnosi consueta PREVENZIONE TERZIARIA

25 Per il tumore polmonare, i postulati di Henle-Koch, derivati dalle malattie infettive non sono applicabili. In relazione, ad esempio, al fumo di sigaretta Il carattere non necessario del nesso causale è indicato non solo dal fatto che il cancro può insorgere nei non-fumatori (sebbene con una frequenza molto più bassa che nei fumatori), ma dall'esistenza di numerose altre "cause"; Nel caso specifico dei tumori polmonari cause ben note, al di là di ogni ragionevole dubbio, sono l'asbesto, alcuni metalli pesanti, gli idrocarburi aromatici policiclici, le radiazioni ionizzanti e poche altre. "In sintesi, i criteri per il riconoscimento della relazione causa-effetto in medicina si sono contemporaneamente complicati e indeboliti, e tale relazione ha assunto un carattere probabilistico". La proprietà centrale di ogni processo probabilistico è l'impossibilità di predire la sorte individuale. NB: non è possibile predire chi, tra gli esposti a un certo agente nocivo, svilupperà la malattia, ma è possibile predire quanti la svilupperanno. relazione causa-effetto _ 6

26 PREVENZIONE Scopo della prevenzione è impedire l insorgenza e la progressione delle malattie. La prevenzione delle malattie è un compito precipuo della medicina di sanità pubblica e a questo scopo il medico di sanità pubblica utilizza tutte le risorse della medicina preventiva e della medicina clinica con il supporto di altre scienze quali: l ingegneria, l architettura, l urbanistica, l agricoltura, la psicologia ecc.

27 Tipi di prevenzione PRIMARIA SECONDARIA TERZIARIA

28 Interventi di Prevenzione ai diversi Livelli Livelli di Prevenzione Destinatari Tipologia degli Interventi Obiettivi Conseguibili Effetti Epidemiologici PRIMARIA (Prevention of Occurrence) Soggetti Non Malati o Presunti Sani Immissione fattori positivi di benessere Sottrazione e/o neutralizzazione fattori negativi di malattia Prevenzione del Rischio di Danno o suo contenimento atto ad impedire l insorgenza di Malattie Riduzione dell Incidenza e della Prevalenza SECONDARIA (Prevention of Progression) Malati Sconosciuti Diagnosi precoce ed adeguato trattamento di Malattie in stadio preclinico e asintomatico Guarigione della Malattia e/o aumento della Sopravvivenza Aumento della Prevalenza e dell Incidenza Riduzione della mortalità TERZIARIA (Prevention of disease complications) Malati Conclamati Mantenimento equilibrio metabolico e funzionale Aumento della Sopravvivenza Prevenzione delle complicanze Riduzione della Letalità Aumento della Prevalenza

29 Prevenzione primaria Obiettivo della prevenzione primaria è impedire l insorgenza di nuovi casi di malattia nelle persone sane e quindi determinare la diminuzione del tasso di incidenza della malattia contro cui è rivolto. La diminuzione del tasso di incidenza può essere ridotto a zero rimuovendo la causa della malattia, nei confronti di patologie infettive può esplicarsi attraverso l identificazione dei focolai infettivi (es: brucellosi con abbattimento degli animali infetti e scomparsa del rischio per gli uomini dopo sei mesi dall abbattimento dell ultimo capo infetto) nel caso di inquinanti ambientali come l asbesto anche dopo la rimozione dal ciclo di produzione, gli operai esposti, sono a rischio di sviluppo di mesotelioma pleurico anche a distanza di anni dall esposizione).

30 Fattori di rischio Genetici o ereditari insiti nell individuo e pertanto non modificabili. L eugenetica (?) preconcezionale e le diagnosi prenatali possono evidenziare i rischi e identificare precocemente alcune di queste condizioni. Ambientali che riguardano i luoghi dove una persona vive (inquinamenti aria, acqua e suolo), modificabili o con il cambiamento dell ambiente di vita o con interventi di sanità pubblica atti a rimuovere gli inquinanti ambientali. Individuali che includono la dieta iperlipidica e ipercalorica, il fumo di sigaretta, l uso di alcol, droghe e farmaci ecc. In linea teorica sono fattori di rischio di facile rimozione se gli esposti si dimostrano disposti a recepire il messaggio educativo.

31 Esempi di interventi di prevenzione primaria Malattie infettive Malattie croniche Incidenti e infortuni Vaccinazioni Educazione alimentare Limiti di velocità Disinfezione Nome antinquinamento Cinture di sicurezza Sterilizzazione Lotta alla droga Uso del casco Notifica casi Controlli alimenti Campagne contro il fumo Limitazioni all uso di alcol Norme antincendio Protezione dei lavoratori HACCP Barriere anti-rumore Impianti elettrici a norma Controlli acque potabili Divieto all uso di materiali pericolosi

32 Campagne di informazione La prevenzione primaria delle malattie si serve di un elemento caratterizzante, costituito dalle campagne di informazione e di educazione sanitaria, ossia interventi atti a rendere consapevoli i soggetti dei possibili danni dovuti alle esposizioni ai fattori di rischio (informazione) e a mutarne favorevolmente i comportamenti (educazione)

33 Prevenzione secondaria La prevenzione secondaria è un atto di natura clinicodiagnostico e trova possibilità di utilizzo prevalentemente per le malattie cronico-degenerative. Consiste nell identificazione precoce delle malattie o di condizioni a rischio (es. precancerosi, ipercolesterolemia) seguita dall immediato intervento terapeutico per interromperne o comunque rallentarne il decorso. Non tutte le malattie sono suscettibili di prevenzione secondaria ma soltanto quelle per le quali la storia naturale della malattia sia ben conosciuta per poterne prevedere l evoluzione; il periodo di latenza sia sufficientemente lungo, sia disponibile un test in grado di differenziare le persone apparentemente sane, ma già malate, da quelle effettivamente sane. I più importanti interventi di prevenzione a livello della popolazione si attuano con le campagne di screening

34 SCREENING Può essere selettivo o di massa, nel primo caso la ricerca è operata fra individui apparentemente sani ma appartenenti ad una categoria con rischio di ammalare particolarmente elevato. Lo screening di massa riguarda invece l intera popolazione esposta al rischio e va effettuato solo quando l incidenza della malattia che si vuole prevenire è elevata oppure quando pur trattandosi di una malattia rara la diagnosi tardiva implica un danno irreversibile mentre la diagnosi precoce può essere fatta e consente un efficace trattamento.

35 SCREENING Selettivo es. associazione tac spirale/pet per lo screening del k polmonare nei fumatori (attenzione a non creare false aspettative) di massa es. k collo dell utero mediante pap test

36 Obiettivi Un intervento di prevenzione secondaria ben condotto determinerà una riduzione della mortalità mentre non ha alcun effetto di riduzione dell incidenza. Infatti, a differenza della prevenzione primaria, non rimuove le cause di malattia e per conseguenza non evita l insorgenza di nuovi casi

37 Elenco di un gruppo di patologie suscettibili di screening Displasia congenita dell anca Fenilchetonuria Galattosemia Albinismo Ipotiroidismo congenito Anemia ferrocarenziale Criptorchidismo Sordità Alterazioni oculari Glaucoma Seminomi testicolari Esame obiettivo Esame di laboratorio (Test di Guthrie) Amniocentesi ed esame di laboratorio Esame di laboratorio Esame di laboratorio Esame di laboratorio Esame obiettivo Audiometria Esame obiettivo e strumentale Pressione oculare Palpazione

38 Elenco di un gruppo di patologie suscettibili di screening Diabete mellito Ipertensione Tumore della cervice uterina Tumore mammario Tumore del colon-retto Tumore dei bronchi Tumore della prostata Talassemia Sindrome di Down Spina Bifida Malattie cardiovascolari Infezione HIV Glicemia Misurazione pressione arteriosa Pap-test Palpazione, mammografia, ecografia, termografia Ricerca di sangue occulto nelle feci, endoscopia Esame dell espettorato Dosaggio PSA Resistenze globulari + MCV ed altri indici Amniocentesi/tritest(!?!?) Amniocentesi ECG ed esami di laboratorio Test di Laboratorio (Elisa)

39 Caratteristiche del test di screening Il metodo da impiegare per le indagini deve essere per quanto si può sensibile e specifico, deve cioè rivelare il maggior numero possibile di ammalati o predisposti e non deve dare un numero eccessivo di risposte falsamente positive

40 Risultati test di screening Malattia Risultato dell esame Si No Positivo Negativo (a) Sensibilità (c) Tasso di false negatività (b) Tasso di false positività (d) Specificità

41 Prevenzione terziaria La prevenzione terziaria si prefigge di impedire l invalidità in persone già ammalate di malattie croniche e di favorire il recupero di persone portatrici di handicap, pertanto essa si identifica in larga misura con la riabilitazione. Per l attuazione di interventi di prevenzione terziaria è fondamentale la disponibilità di risorse e di strutture adeguate. Diversi gruppi di ricerca hanno rivolto l attenzione a questo settore cercando di proporre valide alternative come l impulso allo sviluppo del dayhospital e del day-surgery, l assistenza domiciliare la creazione di case-albergo per anziani.

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43 QUALE DIFESA? Prevenzione Diretta Notifica/Isolamento Disinfezione Disinfestazione Profilassi generale Indiretta Igiene Ambientale Promozione Salute Specifica Vaccini Immunoglobuline Chemioprofilassi

44 PROFILASSI DIRETTA si occupa della individuazione e della neutralizzazione di sorgenti e di serbatoi di infezione attraverso: Notifica Accertamento Isolamento Disinfezione Disinfestazione

45 NOTIFICA (o denuncia) È l atto obbligatorio con cui il medico informa l autorità sanitaria di casi di malattie infettive e parassitarie, a carattere diffusivo, di cui è venuto a conoscenza. Essa va effettuata, anche al solo sospetto, per le malattie elencate dal TU delle leggi sanitarie (1934) aggiornato con successivi DM

46 NOTIFICAZIONE OBBLIGATORIA DELLE MALATTIE INFETTIVE Numerose malattie infettive sono soggette a notificazione obbligatoria. Le notificazioni raccolte dalle autorità sanitarie locali (ASL) vengono trasmesse all Istituto Centrale di Statistica (ISTAT) che elabora i dati e li pubblica periodicamente

47 Le cinque classi di malattie infettive e diffusive Malattie Classe I Colera, febbre gialla, febbre ricorrente epidermica, febbri emorragiche virali, peste, tifo esantematico, botulismo, difterite, influenza con isolamento virale, rabbia, tetano, trichinosi Classe II Blenorragia, brucellosi, diarree infettive non da salmonelle, epatiti virali A-B-NANB, e non specificate, febbre tifoide, legionellosi, leishmaniosi viscerale, leptospirosi, listeriosi, meningite ed encefalite acuta virale, meningite meningococcica, morbillo, parotite, pertosse, rickettsiosi diversa da tifo esantematico, rosolia, salmonellosi non tifoidea, scarlattina, sifilide. Tularemia, varicella Classe III AIDS, lebbra, micobatteriosi non tubercolare, tubercolosi Classe IV Dermatofitosi (tigna), infezioni, tossinfezioni e infestazioni di origine alimentare, pediculosi, scabbia Modalità di notifica da parte del medico Segnalazione all unità sanitaria locale per telefono o telegramma entro dodici ore dal sospetto di un caso di malattia. Segnalazione all unità sanitaria locale per vie ordinarie entro due giorni dall osservazione del caso. In questa classe sono previsti flussi informativi particolari e differenziati. La sezione A della scheda di notifica è comune e va inviata all ISTAT, la sezione B sarà differenziata per raccogliere informazioni epidemiologiche pertinenti. Segnalazione all unità sanitaria locale entro 24 ore (solo in caso di focolai epidemici). Classe V malattie infettive e diffusive notificate all Unità sanitaria locale e non comprese nelle classi precedenti, zoonosi indicate dal regolamento di polizia veterinaria di cui al DPR n. 320 Ove tali malattie assumano le caratteristiche di focolaio epidemico vanno segnalate con modalità previste per la classe IV

48 D.M. 15 dicembre 1990 malattie di Classe I Malattie per le quali si richiede segnalazione immediata o perché soggette a R.S.I. o perché rivestono particolare interesse Colera Febbre gialla Febbre ricorrente epidemica Febbri emorragiche virali Peste Poliomelite Tifo esantematico Botulismo Difterite Influenza con isolamento virale Rabbia Tetano Trichinosi MEDICO a AUSL MINI SAN b a, b REGIONE a,b b OMS ISTAT ISS a = caso sospetto a,b b = caso confermato

49 Blenorragia Brucellosi Diarree inf. Non da salmonella Epatite virale a Epatite virale b Epatite virale nanb Epatite virale n.s. Febbre tifoide Legionellosi Leishmaniosi cutanea Leishmaniosi viscerale Leptospirosi Listeriosi D.M. 15 dicembre 1990 malattie di classe II Malattie rilevanti perché ad elevata frequenza e/o passibili di interventi di controllo MEDICO AUSL REGIONE b, c b, c c MINISAN ISTAT ISS Meningite ed encefalite a. virale Meningite meningococcica Morbillo Parotite Pertosse Rickettsiosi diversa da tifo esantematico Rosolia Salmonellosi non tifoide Scarlattina Sifilide Tularemia Varicella a = caso sospetto b = caso confermato c = riepiloghi mensili per provincia, classe d età e sesso

50 D.M. 15 dicembre 1990 Malattie di classe III AIDS medico Regione Ministero Lebbra Malaria Tubercolosi Micobatteriosi non t. a = caso sospetto b = caso confermato Medico a AUSL b Regione b, c c c MINISAN ISTAT ISS

51 D.M. 15 dicembre 1990 malattie di classe IV Malattie per le quali alla segnalazione del singolo caso da parte del medico deve seguire la segnalazione dell AUSL solo quando si verificano focolai epidemici Dermatofitosi Malattie trasmesse da alimenti Pediculosi Scabbia Altro specificare (malattie di classe V insorte in forma di focolaio epidemico) b MEDICO a AUSL b REGIONE b b MINISAN ISTAT ISS a = singolo caso b = focolaio epidemico

52 NORME CONTUMACIALI (1/3) sono gli strumenti operativi di cui dispongono i servizi di Sanità Pubblica per limitare la diffusione di malattie infettive separazione di un soggetto (in genere un malato contagioso) da tutte le altre persone ad eccezione del personale sanitario di assistenza; la durata dell isolamento è correlata alla cessata eliminazione di microrganismi patogeni ISOLAMENTO

53 NORME CONTUMACIALI (2/3) CONTUMACIA obbligo a permanere in ospedale od a domicilio per il periodo prescritto ed osservando le disposizioni dell autorità sanitaria SORVEGLIANZA SANITARIA obbligo di sottoporsi al controllo dell autorità sanitaria per il tempo e secondo gli intervalli da questa stabiliti, la libertà di movimento non è limitata

54 NORME CONTUMACIALI (3/3) CONTUMACIA E SORVEGLIANZA SANITARIA sono in genere applicate a contatti od a viaggiatori; la loro durata è commisurata al massimo periodo di incubazione della malattia sotto controllo

55 ISOLAMENTO (1/6) isolamento stretto isolamento da contatto isolamento respiratorio isolamento tubercolare isolamento enterico precauzione per sangue e liquidi biologici precauzioni per drenaggio/secrezioni

56 ISOLAMENTO (2/6) L isolamento stretto si applica per prevenire la trasmissione di infezioni altamente contagiose o virulente, che possono essere diffuse sia per via aerea che per contatto. Le indicazioni comprendono l ospedalizzazione del paziente in una stanza singola, possibilmente con sistema di ventilazione a pressione negativa rispetto all esterno, e l uso di maschere, camici, guanti da parte di tutte le persone che entrano nella stanza. L isolamento da contatto si applica per patologie che si trasmettono principalmente per contatto stretto o diretto col paziente, o attraverso il contatto con oggetti utilizzati dal paziente. E indicata una stanza singola, anche se pazienti con la stessa patologia possono condividere la stessa stanza. Maschere, camici e guanti sono indicati per chiunque giunge a contatto diretto con il paziente ed in particolare con lesioni o materiale biologico

57 ISOLAMENTO (3/6) L isolamento respiratorio è indicato per prevenire la trasmissione di malattie infettive che si trasmettono per via aerea a breve distanza. In tali casi sono indicate stanze singole o occupate da malati con la stessa patologia che devono essere a porte chiuse con adeguata areazione. E raccomandato l uso della maschera per coloro che vengono a stretto contatto con il paziente, non è indicato l uso di camici e guanti.

58 ISOLAMENTO (4/6) L isolamento tubercolare per pazienti con tubercolosi polmonare che hanno presentato positività all esame batterioscopico dell espettorato od in cui un Rx del torace indichi come molto probabile la presenza di tubercolosi attiva. Le raccomandazioni includono l uso di una stanza singola con sistema di ventilazione a pressione negativa, e il mantenimento delle porte chiuse. Le maschere vanno indossate in particolare se il paziente presenta tosse; i camici vanno utilizzati per procedure che comportano una estesa contaminazione, mentre non sono indicati i guanti.

59 ISOLAMENTO (5/6) L isolamento enterico per patologie a trasmissione oro-fecale. E indicata la stanza singola solo se il livello igienico del paziente è scarso. Non sono indicate le mascherine, mentre è raccomandato l uso dei guanti in caso di contatto con materiale contaminato e l utilizzo dei camici, se si prevede la contaminazione con feci. Precauzioni per sangue e liquidi biologici si utilizzano per prevenire le infezioni trasmesse per contatto diretto o indiretto con sangue o altri liquidi biologici infetti. E indicata una stanza singola solo se il livello igienico del paziente è scarso. L uso di maschere non è indicato, mentre si raccomanda l uso dei camici in caso di possibile insudiciamento e l uso dei guanti in caso di contatto con sangue o altri liquidi biologici.

60 ISOLAMENTO (6/6) Precauzioni per drenaggi e secrezioni si utilizzano per prevenire le infezioni trasmesse per contatto diretto o indiretto con materiale purulento o di drenaggio da un qualche sito corporeo infetto. Non sono indicate né stanze singole né maschere, mentre l uso dei camici da parte del personale di assistenza è indicato ogni volta in cui è prevedibile la contaminazione con materiale biologico del paziente e i guanti vanno indossati per toccare materiali contaminati.

61 Esempi di malattie infettive che richiedono provvedimenti di isolamento Malattie che richiedono isolamento stretto - Difterite faringea - Peste polmonare - Varicella - Febbre di Lassa o altre forme emorragiche - SARS Malattie che richiedono isolamento respiratorio - Malattie esantematiche - Parotite - Pertosse - Meningiti - Tubercolosi polmonare attiva (isolamento tubercolare)

62 Malattie che richiedono isolamento dal contatto - Lesioni cutanee stafilococciche - Pediculosi - Scabbia - Micosi - Tigne Malattie che richiedono isolamento enterico - Amebiasi - Colera - Diarree di eziologia non nota - Campylobacter - Colite da Clostridium difficile - Giardia - Salmonellosi - Shigellosi - Vibrio parahaemoliticus - Yersinia e. - Epatite A Malattie che richiedono isolamento ematico - Aids - Epatite B ed Epatite C

63 STERILIZZAZIONE (O DISINFEZIONE ASSOLUTA) Distruzione di ogni forma vivente, sia microrganismi patogeni che saprofiti, comprese le spore STERILIZZANTE Composto chimico registrato dall EPA (Environmental Protection Agency) come sterilizzante/disinfettante. E capace di distruggere tutte le forme microbiche viventi, inclusi i miceti e le spore batteriche.

64 SANIFICAZIONE [lat. Sanus (sano) + lat. facere = fare, rendere] Processo atto a rendere sano, cioè non nocivo

65 STERILIZZAZIONE CON MEZZI FISICI RADIAZIONI ultraviolette (2.500 Å) ionizzanti (raggi γ) CALORE incenerimento aria calda (stufe a secco) vapore (autoclave)

66 Autoclave verticale

67 Autoclave per la disinfezione dei letti

68 Calore Secco Incenerimento Aria calda Radiazioni infrarosse Umido Acqua bollente Vapore fluente sotto pressione

69 Caratteristiche di un buon disinfettante chimico Efficace, deve cioè: Agire rapidamente Avere un ampio spettro d azione Possibilmente mantenere stabile nel tempo il potere disinfettante Innocuo per l uomo Non eccessivamente irritante per l uomo La sua azione non deve essere ridotta da sostanze presenti nel substrato Non deve danneggiare i materiali Economico

70 Alcuni disinfettanti chimici di largo impiego 1 Tra gli Alogeni degni di menzione sono il Cloro e lo Iodio Il primo è largamente utilizzato in Italia per la potabilizzazione dell acqua e sotto forma di ipoclorito di Sodio è anche largamente utilizzato a livello domestico. Il secondo solitamente usato come soluzione alcolica (tintura di iodio) è citotossica e perciò inadatta per la disinfezione delle mucose e delle ferite. A questo scopo è meglio usare gli iodofori e cioè composti di iodio coniugato con detergenti sintetici non ionici (polivinilpirovidone, poliossietanolo) Tra gli Alcooli va segnalato quello etilico, la cui attività disinfettante è massima a concentrazioni fra 50-70%. Tra gli ossidanti importante è la H 2 O 2 (acqua ossigenata) poiché ideale per la disinfezione delle ferite (non citotossica, favorisce la pulizia delle ferite, crea condizioni sfavorevoli all attecchimento del bacillo Dr. del Carlo Spezzano tetano)

71 STERILIZZAZIONE CON MEZZI CHIMICI OSSIDO DI ETILENE (C 2 H 4 O) Viene utilizzato per sterilizzare quei materiali che si alterano alle temperature raggiunte in autoclave o nelle stufe a secco. Va usato con cautela perché questo gas esplica una notevole azione irritante sulle mucose e sulla pelle, mentre con l aria forma miscele esplosive

72 Acido Peracetico L acido peracetico è un componente di una soluzione d equilibrio che include il perossido d idrogeno, l acido acetico e l acqua. Il perossido d idrogeno libera ioni perossidanti i quali reagiscono con l acido acetico per formare acido Peracetico. Questo è molto instabile e si decompone in acido acetico acqua e ossigeno. La reazione riprende fino all esaurimento dell acqua ossigenata e con produzione finale solo di acqua e acido acetico E utilizzato, ad una concentrazione dello 0,2% per disinfettare strumenti per endoscopia. Può essere utilizzato in soluzione libera o in speciali apparecchiature ACIDO PERACETICO Strumenti non monouso Disinfezione in alcuni minuti Presenta le seguenti caratteristiche sfavorevoli: Irritante e corrosivo, odore pungente e sgradito Difficoltà di stoccaggio

73 Alcuni disinfettanti chimici di largo impiego 2 Le Aldeidi formica e Glutarica sono tra i migliori disinfettanti. La prima è attiva anche sulle spore ad una temperatura di 40 C. Viene commercializzata sotto forma di soluzione acquosa (formolo), saponosa (lisoformio) o di tavolette (polimeri). Viene usata per la disinfezione finale degli ambienti ed oggetti delicati. La Glutaraldeide, sporicida anche a temperatura ambiente, è usata per la disinfezione di strumentario medico vario. Il Fenolo fu il primo disinfettante introdotto da Lister nella pratica chirurgica. Esso è assunto come termine di paragone per valutare l attività antibatterica dei disinfettanti chimici (coefficiente fenolico). Si ottiene per distillazione del catrame di carbon fossile assieme ad altri prodotti in passato usati per la disinfezione. Oggi il Fenolo è poco usato. Dr. Carlo Ancora Spezzano usati sono i fenoli alogenati come l esaclorofene.

74 Alcuni disinfettanti chimici di largo impiego 3 Degni di particolare menzione sono i detergenti sintetici. Essi sono chimicamente caratterizzati dalla presenza di un gruppo idrofobo e da un gruppo idrofilo. Questo in soluzione acquosa può ionizzarsi (detergenti anionici o cationici) oppure no (Detergenti anfoteri). I detergenti cationici sono quelli dotati di più spiccata azione disinfettante, soprattutto su batteri gram positivi. Poiché si tratta di prodotti non tossici, non irritanti, inodori e insapori oltreché economici, sono molto usati nella pratica. Altro buon disinfettante è la Clorexidina attiva su batteri gram positivi e gram negativi ma non sulle spore. La sua azione non è diminuita dalla presenza di proteine. Anche le essenze (es. di agrumi) sono dotate di azione disinfettante e sono usate in soluzioni alcooliche e saponose

75 Meccanismi di azione dei più usati disinfettanti chimici Ossidazione: perossidi, iodio, cloro Energica riduzione: formaldeide Precipitazione proteine protoplasmatiche: fenoli Idrolisi acida o alcalina: acidi e basi Alterazione della permeabilità della membrana cellulare per inattivazione enzimatica: basi d ammonio quaternario

76 Disinfettanti efficaci sui Retrovirus (Kley e deforest, 1983) Alcool etilico 40% Lisolo 1% Alcool isopropilico 30% Fenolo 5% Formalina 2% Ipoclorito di Sodio 200 ppm

77 Disinfettanti efficaci sul virus dell AIDS (HIV) (Spire e coll., 1984) NaOCl 0,02% ß-propiolattone 1:400 Glutaraldeide 0,01% Etanolo 25% NaOH 30 mm

78 Disinfettanti per materiali contaminati da HIV (1) Disinfettante Conc. Min. efficace Comuni condiz. d uso Tempo di esposizion e Commento Alcool etilico 20% 90-95% 5 Utile per stetoscopi, termometri e disinfez. mani. Evapora rapidamente; inattivato da muco e proteine Glutaraldeide 0,01% 2% 5-60 Utile per strum. metallici ed alcuni tipi di plastica (alcune induriscono). Irritante Acqua Ossigenata 0,3% 3% 10 Utile per lenti a contatto. Agressiva su certi metalli. Instabile

79 Disinfettanti per materiali contaminati da HIV (2) Disinfettante Conc. Min. efficace Comuni condiz. d uso Tempo di esposizion e Commento Ipoclorito 0,1% * 0,5% ** 5-10 Pulizia di superfici e schizzi di sangue. Corrode i metalli; parzialmente inattivato da muco e proteine. NP40 Cloruri di ammonio quat. Fenoli (saponi) 1% 0,08% 1 10 Instabilità Inattivato da materiale organico, da saponi e acque molto dure 0,5% Tossicità per i neonati Irritanti * soluz. commerciale di ipoclorito di Sodio che contiene circa il 5% di Cloro ** soluzione 1:10 di varecchina commerciale

80 Guida per la disinfezione di materiali contaminati dall HIV Materiali Etanolo Ipoclorito 1:10 Glutaraldeid e Strum. metallici Sangue sparso Note Mat. Plastico + ++ Superfici Endoscopi Panni chirurgici Mani Autoclavarelavatrice per almeno 1 minuto ++ metodo buono; + metodo soddisfacente; - metodo inopportuno

81 Disinfettanti efficaci sull HIV Disinfettante Conc. consigliata Tempo di contatto Prodotti commerciali Etanolo 20-70% 5 min ALCOOL DENATURATO 90 (aggiugere a 100 ml 30 ml di acqua distillata sterile per avere una concentrazione del 70%; diluire 1/4 per avere una concentrazione del 22%) Ipocloriti 0,1% 1 ora ACE (Cl attivo 6%; diluire 1/10) ANTISAPRIL (Cl attivo 2,8%; diluire 1/5) AMUCHINA (Cl attivo 1,1%; diluire 1/2) Glutaraldeide 0,01% 1 ora CIDEX (2% di principio attivo; diluire 1/5) DIBA (20% di principio attivo; diluire 1/10-1/20) Nota Bene: il calore è in grado di inattivare rapidamente l HIV; infatti è sufficiente esporre il virus (in sospensione) a temperature di 56 C per 30 e a 100 C per pochi minuti per inattivarlo. Per questo motivo l ebollizione per 10 di materiale resistente al calore ovvero la semplice immersione in acqua bollente er 10 sono misure sufficienti ad inattivare il virus. Soluzioni di NaOH alla concentrazione di 50 millimoli avrebbero efficacia immediata. La formaldeide non darebbe risultati soddisfacenti (Spire 1984) e così pure, probabilmente, il beta-propiolattone. Si tenga presente che il virus dell AIDS è resistente al trattamento con raggi ultravioletti o ai raggi X alle dosi normali impiegate per le cappe a flusso laminare per Dr. blocchi Carlo Spezzano operatori.

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