Foibe tra storia e memoria Febbraio 2012

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1 Foibe tra storia e memoria Febbraio 2012 Incipit (Lettura del brano selezionato sulla storia di Norma Cossetto, tratto dal libro: Frediano Sessi, Foibe rosse, Marsilio 2009). Dopo la lettura a opera di un attrice della Compagnia Campogalliani di Mantova, segue il testo della conferenza. Premessa Eccoci immersi in un dramma: la storia di Norma giovane studentessa universitaria di 23 anni, è la dolorosa necessaria via d accesso di tutti noi oggi qui riuniti per ricordare. Per capire con il corpo e con il cuore oltre che con la ragione e la ricostruzione storica quanto è accaduto in Istria e nella Venezia Giulia tra l autunno del 1943, la fine della guerra e gli anni immediatamente successivi. Un luogo, grumo intricato di Storia e memorie, preso nella morsa dei totalitarismi che hanno attraversato il nostro 900: comunismo, nazismo e fascismo. 1. Le foibe rappresentano un esempio forte di uso politico/pubblico della storia che dura da ormai sessant anni e nella pubblica opinione, così come per molti politici tarda a ritrovare una dimensione storica e di memoria condivisa. 2. Anche in questa fase di revisione della storia del nostro paese, l adesione a un ideologia o a una forza politica rischia di condizionare lo sguardo interpretativo dello storico. Qualcuno ad esempio contrappone la giornata del ricordo del 10 febbraio al 27 gennaio, quasi ne cercasse una compensazione. 3. I libri e le ricerche storiche che sono stati pubblicati in questi ultimi anni, anche grazie ai giorni della memoria e del ricordo (l occasione commerciale dà spazio al lavoro serio di molti storici e studiosi) attestano tuttavia la necessità di uscire da silenzi, 1

2 strumentalizzazioni, verità di parte, memorie non condivise che ritardano ancora il sentimento unitario di italianità, allontanando da noi quel sentirsi una nazione unita che è acquisizione indispensabile per migliorare il nostro senso civico e la responsabilità sociale. 4. Tenendo conto che la storia è sempre soggetta a revisioni e che la verità storica, superando la fase della verità d opinione, approda finalmente alla fase della verità fattuale in divenire, in evoluzione ; oggi possiamo dire, quanto al problema Foibe, confine orientale, Istria ecc.di esserci incamminati su un sentiero ancora impervio e angusto ma che ci sta conducendo a condividere uno sguardo sui fatti e la loro ricostruzione su base documentale. Sviluppo. 5. Il programma di distruzione integrale dell identità nazionale slovena e croata voluto dal fascismo produsse come risultato quello di consolidare nella gran parte delle popolazioni slave l equivalenza tra italiano e fascista, con il rifiuto di tutto ciò che poteva essere italiano. L occupazione italiana era stata feroce e brutale: la circolare 3C del 1 marzo 1942 del Generale Roatta, che prevede di incendiare e demolire case, uccidere ostaggi, internare la popolazione civile, ne è un esempio. Era previsto l internamento delle famiglie da cui mancassero dei membri maschi, sospettati di essersi uniti ai ribelli (nel luglio del 1942 le stesse misure saranno estese alle zone della Venezia Giulia confinanti con i territori occupati); le disposizioni ai comandanti di divisione del Gen. Robotti che nell agosto del 1942 si concludono con la frase Si ammazza troppo poco e che prevedono deportazioni, violenze, distruzioni e internamenti: uno sgombero totalitario del territorio, vanno in questa direzione. Senza dimenticare che i propositi di colonizzazione del fascismo arrivarono a imporre la cancellazione 2

3 della lingua, dei nomi e delle attività professionali e produttive delle zone occupate. Oggi sappiamo anche che non si trattò di esagerazioni dei comandi militari d occupazione, ma di scelte precise del regime e di Mussolini. Una storia difficile da scrivere se è pur vero che ancora non disponiamo di cifre esatte, circa l internamento, i crimini commessi, le morti nei campi, come ad esempio il centro di internamento per civili dell Isola di Rab ecc. 6. A queste già drammatiche condizioni, si sovrappongono le conseguenze dell occupazione nazista nella zona trasformata in litorale adriatico ; senza dimenticare i criminali collaborazionisti di regime come Ante Pavelic in Croazia che assassinò in massa la popolazione serba, ma l elenco potrebbe proseguire. 7. E tuttavia, tutto questo non spiega per reazione, quanto accade dopo l 8 settembre del 1943, e in seguito nella primavera del 1945; non spiega la terribile realtà che coglie gli italiani d Istria, Fiume e Dalmazia e della Venezia Giulia; non è una giustificazione storica ai crimini commessi per decisione di Tito dalla resistenza Jugoslava e dalle sue bande armate. La spiegazione che condanna e giustifica per contrapposizione i crimini dei titoisti è troppo riduzionista come risposta alle violenze dell occupazione fascista, fa parte ancora di quel modo pubblico o politico di leggere la storia di queste terre e di queste popolazioni. Non spiega la fine di Norma Cossetto e di tanti innocenti come lei. Le foibe non furono una vendetta ai danni dei fascisti, non furono una risposta che taluni dicono giustificata dalla rabbia popolare, contro l occupante fascista. 3

4 Oggi sappiamo che tra i molti infoibati e le tante vittime del terrore comunista degli uomini di Tito vi furono assai pochi responsabili della dura occupazione fascista. Le foibe dunque, non furono una giusta resa dei conti. 8. Andiamo per gradi e per tappe: - La prima ondata di violenza criminale e terrorista, da parte di gruppi partigiani, per lo più comunisti croati, colpisce l Istria già dai primi giorni che seguono l 8 settembre del 1943 e fino al 5-7 ottobre del Sequestri di persona, razzie, linciaggi, violenze sulle persone e sulle cose, sopraffazioni, processi sommari, efferatezze d ogni sorta in parte ci restituiscono il clima di una selvaggia rivolta contadina con i suoi improvvisi furori e la commistione di odi politici e familiari, di rancori etnici e di interesse, alimentandosi anche di rivalità etniche e sociali di più lunga durata. E tuttavia, dietro questa ondata di violenze che colpiscono per lo più degli innocenti, insieme a funzionari di stato, fascisti e soldati dell esercito, si trovano elementi di un progetto organico e articolato di distruzione della presenza italiana nel territorio, per far prevalere la questione nazionale. Il disegno viene dunque dal centro. Da ordini precisi emanati dallo stato maggiore di Tito se non da lui stesso. La violenza è dunque solo in apparenza spontanea e certo alimenta nel suo essere organizzata e pensata dal centro, moti violenti e ritorsioni localistiche. Inoltre, fin da subito, lo scontro tra resistenza jugoslava e resistenza italiana è drammatico: nelle foibe istriane, di questa prima fase, finiranno anche alcuni partigiani italiani che non condividono l impostazione nazionalista titoista. Nemici del popolo sono gli italiani in quanto fascisti o in quanto nemici di classe! Ma nemici del popolo e della rivoluzione sono anche quei comunisti e quei partigiani che si battono contro il fascismo e il nazismo ma non per l affermazione jugoslava su Istria e una parte della Venezia Giulia. 4

5 Il progetto è chiaro fin da subito: slavizzare quelle terre e convertirle alla dottrina comunista titina. Chi oppone resistenza o chiede tempo per valutare il piano di conquista al termine del conflitto viene eliminato, ma nel modo più brutale: deve scomparire. Le squadre titine gettano terrore e paura ovunque, anche in chi condivide il progetto di una terra socialista!, ma non il progetto di slavizzazione della penisola. Dicevamo, una parte delle vittime finisce nelle voragini chiamate foibe, altre vengono passate per le armi o gettate in mare. La stima e il calcolo del numero di queste vittime infoibate variano e ancora oggi non sono definiti. Su questo aspetto del problema storico torneremo Dura un mese circa il controllo partigiano dell Istria, ma alla fine si afferma anche qui, come altrove in Italia, la dura occupazione nazista, già consolidata con il sostegno della RSI che svolgerà in prevalenza compiti di polizia, rendendosi responsabile di molti arresti e deportazioni. Altri lutti per la popolazione istriana e della Venezia Giulia. Il prezzo in termini di vittime è molto alto: senza dimenticare la Risiera di San Sabba, campo di transito e della morte in terra italiana! Dal quale centinaia di ebrei sono avviati verso i campi di sterminio e centinaia di oppositori del regime d occupazione verso i campi di concentramento tedeschi. - La seconda ondata di violenza di violenza titina In questi mesi, si definisce ulteriormente il progetto del Movimento di Liberazione sloveno e croato che punta a controllare l intera resistenza nella Venezia Giulia con l obiettivo esplicito di annettere quest area alla Jugoslavia. La nostra aspirazione è di conquistare Trieste e Gorizia prima degli alleati, perché diventerà nostro territorio tutto ciò che si troverà nelle mani del nostro esercito, afferma di Kardelj, uno dei leader della resistenza Slovena, nel settembre del Nel maggio del 1945 dopo l entrata a Trieste e Gorizia delle truppe jugoslave si assiste: 5

6 - all arresto e all internamento massiccio di militari italiani, molti dei quali moriranno di stenti nei campi di concentramento o verranno liquidati sommariamente; - alla persecuzione, repressione e uccisione dei nemici del popolo fascisti e collaborazionisti ma anche dei gruppi di antifascisti e membri del Cln in disaccordo con il progetto di annessione comunista jugoslavo. Così che il terrore rosso abita nelle strade anche tra coloro che si sentono vicini idealmente a Tito. Si parla di 4500, 5000 vittime anche se qualcuno azzarda il numero di (cifra che ancora oggi non è sostenuta da fonti documentarie. - Una parte delle vittime finisce nelle foibe carsiche altre muoiono nei campi di concentramento comunisti. Le armate jugoslave perseguono in questo caso la lotta politica come lotta per l annientamento dell avversario nei due sensi: liquidazione del passato fascista; affermazione della nuova identità nazionale comunista contro gli italiani di qualsiasi fede politica, contrari all annessione. In questa fase più che di infoibati sarebbe più corretto parlare di deportati e uccisi, per indicare tutte le vittime della repressione comunista Nel giugno del 1945 le truppe jugoslave abbandonano Trieste in seguito all accordo di Belgrado che stabilisce le aree di influenza, in attesa della conferenza di pace. 9. Torniamo ai numeri: quante le vittime? Vale a dire gli infoibati, i deportati e gli uccisi? Rispettivamente nell autunno del 1943 e nella primavera del 1945? Sul piano del metodo storico se è possibile avere un quadro abbastanza completo delle dinamiche militari e politiche che 6

7 presiedettero alle stragi, resta ancora aperto l interrogativo sul numero effettivo delle persone scomparse. Nessuna indagine completa è ancora stata condotta sui registri anagrafici delle località che vennero cedute alla Jugoslavia. Le difficoltà sono molte perché la regione in oggetto vedeva la presenza di militari provenienti da altre province italiane, di civili sfollati e non solo dalla Dalmazia, ma anche da province meridionali italiane, e di intere comunità che avevano abbandonato le proprie residenze in seguito alla operazioni militari, alle evacuazioni e ai bombardamenti. È dunque molto complesso ricostruire il quadro degli abitanti residenti, domiciliati o solo stanziali presenti in quei giorni del 1943 e del Inoltre, è ragionevole ritenere che la scomparsa di militari e civili provenienti da altre province sia stata registrata solo presso le località e i comuni di provenienza. Non sempre si possono utilizzare come fonti attendibili gli elenchi nominativi con le imputazioni da parte delle autorità jugoslave contro le vittime, spesso viziati da errori o omissioni. Fatte queste premesse (di metodo storico) è possibile calcolare separatamente il numero delle salme recuperate dalle foibe, quello delle persone arrestate e infine rilasciate e quello degli scomparsi con l avvertenza di distinguere i luoghi e le date. Per quanto riguarda gli eccidi perpetrati in Istria nel settembreottobre 1943, nel corso di 31 esplorazioni in cavità naturali o artificiali vennero recuperate 217 salme (tra le quali 116 civili) ma il numero degli scomparsi secondo alcune fonti accertabili si aggira intorno ai 500, pari allo 0,06% della popolazione dell area. Non tutte le cavità poterono essere esplorate. Recentemente, gli speleologi sloveni hanno ritrovato altri resti umani sulle alture tra Capodistria e Trieste. Dalla lontana Zara, vennero segnalati 200 casi di persone scomparse (per lo più deportati dalla forze jugoslave nell ottobre del 1944), dopo che la maggior parte della popolazione aveva abbandonato la città ormai distrutta dai bombardamenti. 7

8 Infine nel periodo maggio-giugno 1945 da Fiume risulterebbero scomparse 500 persone di cui 242 civili. Alla fine della guerra, il governo alleato, tra Gorizia e Trieste arrivò alla riesumazione di 464 salme di cui 217 civili (la riesumazione più consistente riguardò la foiba Jelenca Jama, oggi in territorio sloveno, che portò alla luce 156 corpi in maggioranza civili. Infine, per non tediare con i conteggi, nel 1947 il Governo militare alleato compilò un elenco degli scomparsi tra Gorizia e Trieste e Pola che arrivò a 3419 vittime. Mentre un elenco pubblicato dal sindaco di Trieste Gianni Bartoli negli anni Sessanta dà informazioni su 4122 scomparsi. Le forti disparità sui conteggi sono causate non solo da ragioni di uso politico di questa storia, ma anche da errori grossolani, cui il non specialista incorre perché la stessa cavità viene chiamata spesso con nomi diversi. Gravi sono comunque le affermazioni che accreditano oltre 2500 infoibati nel pozzo di Basovizza e 1000 nella foiba di Monrupino. Concludendo, come accade spesso per altri genocidi, il conteggio dei numeri è sempre difficile e complicato, ma lo storico si deve attenere alle fonti certe: tra le 500 e le 700 vittime della prima ondata; tra le 4500, 5000 vittime della seconda ondata che si elevano a comprendendo le persone deportate e uccise altrove. In totale, allo stato della ricerca, il dato molto probabilmente per difetto, delle vittime non supera gli assassinati. 8

9 10. L esodo A causa delle Foibe e delle violenze subite in nome di un nazionalismo esacerbato, comincia l Esodo dall Istria, da Fiume e dalla Dalmazia: o uomini e donne italiani, vale a dire l 80 o il 90 % degli italiani presenti in zona. Dopo le prime sporadiche fughe del 1943 dalla Dalmazia, il primo esodo massiccio fu quello di Fiume, che iniziò il 3 maggio del 1945 con l entrata dei partigiani titoisti in città e proseguì per tutto il Poi venne quello di Pola, dalla fine del dicembre del 1946 al settembre del Fu il 95% della popolazione ad abbandonare la città che in breve divenne un agglomerato fantasma. E nonostante fuggisse verso l Italia anche la classe operaia e un gran numero di comunisti italiani perseguitati dalla pressione poliziesca e dai tribunali del popolo che agivano anche con massicci sequestri e confische, i portuali e gli operai che videro sbarcare queste genti povere e distrutte, riservarono loro sputi e offese. Chi fuggiva dall Istria rossa non poteva essere che un criminale fascista, un traditore rinnegato! Se l esodo di Pola si verificò sotto l attenzione degli osservatori internazionali, non destò clamore o interesse la partenza degli abitanti delle altre città e paesi dell interno. Nell autunno del 1953, infine fu chiaro che la zona B del Territorio Libero di Trieste sarebbe rimasta nelle mani del governo federale di Tito (permeato anche, quanto ai quadri sloveni e croati, di rivalsa e aggressività nazionaliste). Allora, si moltiplicarono episodi di violenza, le pressioni combinate e i soprusi volti a sollecitare l allontanamento degli italiani che avevano sperato, fino all ultimo, di restare. E tra il 1954 e il 1956 i cittadini istriani di nazionalità italiana abbandonarono in blocco gli ultimi territori. Lunghe file di carri, di uomini e donne, bambini e vecchi con le loro masserizie e i loro morti nelle bare. Persino i cimiteri dovevano essere ripuliti della presenza italiana. Così, poiché il terzo atto della tragedia di questo popolo doveva essere un Campo profughi, dove la roba di casa non avrebbe trovato collocazione, si profila la soluzione dei trasferimenti provvisori di tutto ciò che restava di una vita, presso i magazzini portuali di Trieste. Nell Italia che riscopre la democrazia, si nega agli esuli la dignità e la casa: meglio deprivarli anche delle loro proprietà residue. Meglio 9

10 farli vivere nei campi profughi, in condizioni al limite dell umano, dentro recinti guardati a vista dalla polizia civile, tra stracci e giacigli di fortuna, a volte con le famiglie separate, in campi o località diverse. Così anche l Italia di Togliatti e De Gasperi dà seguito all opera di Tito Primo tempo le foibe e il terrore, la morte, le violenze; secondo tempo l esodo spesso forzato; terzo tempo il campo profughi e la vergogna della miseria, la depressione e la certezza dell identità perduta; quarto tempo, il Magazzino 18 del Punto Franco Vecchio, del Porto di Trieste, colmo di cose e oggetti che ci dicono i nomi, i luoghi di provenienza, ci raccontano la storia delle case dei nuclei famigliari spezzati. Duemila metri cubi di masserizie che non furono mai ritirate dai loro proprietari e che oggi sono ancora lì a ricordarci una tragedia per anni dimenticata da tutta la nazione italiana, dalle forze politiche da chi come Togliatti e De Gasperi, in un accordo di compromesso scelsero di pagare i debiti di guerra con le proprietà dei profughi in fuga. 12. Conclusioni: Nelle rappresentazioni del rinascimento, la memoria veniva proposta con le sembianze di una donna con due volti: uno rivolto al passato e l altro al presente; in una mano, un libro cui attingere le informazioni, nell altra la penna per poter scrivere nuovi libri. Anche oggi il lavoro di memoria esige due condizioni: fedeltà verso il passato e utilità per il presente. La prima condizione si realizza avvicinando i fatti con rigore e metodo storico per ricostruire, nella misura dei propri mezzi e delle possibilità, la verità fattuale. La seconda, traendo con coraggio le conclusioni utili, non tanto alla propria parte politica, ma alla società civile. Credo che la storia del secolo appena trascorso ci abbia insegnato che alla base di tutte le idee e le società totalitarie (dal fascismo, al 10

11 nazismo ai comunismi, fino alle teocrazie di oggi) c è in primis l esigenza della sottomissione dell individuo. Il fine cui aspirano queste idee e società non è mai il benessere degli uomini, degradati sempre a vittime, espropriati della loro dignità, oltre che della libertà, e della vita. Noi oggi abbiamo il dovere di guardare alla storia con gli occhi delle vittime e siamo chiamati a una promessa: a ogni vittima, dobbiamo saper dire con la ragione e il cuore: riposa in pace, perché noi non ripeteremo l errore. Sia questo il nostro motto, per questa giornata del ricordo. Perché non basta la condanna dei crimini del comunismo, o di quelli compiuti da fascismo e nazismo. Non bastano le ricostruzioni storiche e le ricorrenze memoriali: occorre un impegno quotidiano di ciascuno di noi. Come ricorda Tzvetan Todorov, la trasmissione del passato non deve riassumersi nel culto passivo degli eroi o delle vittime. Le Foibe, la Kolyma, Auschwitz (per ricordare solo alcuni luoghi di memoria) sono la prova più forte che ci sia stata data nel 900 del male che l uomo può fare all uomo. E così, il futuro resta nelle nostre mani! E non possiamo sfuggire alle nostre responsabilità individuali e sociali perché ciò che è accaduto non si ripeta. Frediano Sessi, Mantova, 4 febbraio

12 Materiali per un approfondimento Alcune date: settembre armistizio settembre ottobre stragi e infoibamenti in Istria - 2 novembre primo bombardamento su Zara gennaio primo bombardamento su Pola 31 ottobre i tedeschi abbandonano Zara e vi entrano i comunisti titini aprile le truppe titine entrano in Trieste e occupano la città per 45 giorni 3 maggio le truppe titine entrano a Fiume 8 maggio resa dei tedeschi a Pola maggio- giugno stragi e infoibamenti nella Venezia Giulia occupata dai titini 9 giugno accordo Anglo-americani con Belgrado per una Linea di demarcazione, la Linea Morgan che tagli il territorio in due zone A e B 12 giugno Trieste e Pola passano sotto il controllo alleato. Il resto della regione resta sotto il controllo comunista jugoslavo a Parigi il 10 febbraio firma del trattato di pace. Inizia un esodo massiccio degli abitanti della provincia di Pola e dalle aree ormai cedute definitivamente senza più speranza alla Jugoslavia. L esodo si concluse nel novembre firma del trattato di Osimo con rinuncia da parte dell italia della sovranità sulla zona B del territorio libero di trieste. Bibliografia essenziale 1. Roberto Spazzali, Foibe, un dibattito ancora aperto, Editrice Lega Nazionale, Trieste 1990; 2. Roberto Spazzali, Epurazione di frontiera, Le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia, Libreria Editrice Goriziana, Istituto Regionale per la Cultura Istriana, 2000; 3. Friuli e Venezia Giulia, Storia del 900, a cura dell Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Gulia, Libreria Editrice Goriziana 1997; 4. Guido Rumici, Infoibati ( ). I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Mursia 2002; 5. Guido Rumici, Fratelli d Istria, Mursia 2001; 6. Dario Alberi, Istria, Storia, Arte, Cultura, Lint 2001; 7. Raoul Pupo, Roberto Spazzali, Foibe, Bruno Mondadori 2003; 8. Raoul Pupo, Il lungo esodo, Rizzoli 2005; 9. Guido Crainz, Il dolore e l esilio, l Istria e le memorie divise d Europa, Donzelli 2005; 10. Gaetano La Perna, Pola, Istria, Fiume L agonia di un lembo d Italia e la tragedia delle Foibe, Mursia Galliano Fogar, Trieste in guerra società e resistenza, Quaderni 10, Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia Marco Coslovich, Nemici per la pelle. Trieste, terra di confine, Mursia Costantino Di Sante (a cura di), Italiani senza onore, i crimini in Jugoslavia e i processi negati ( ), Ombre Corte 2005; 14. Spartaco Capogreco, I campi del duce, Einaudi 2004; 15. Piero Del Bello, Per una storia dei campi profughi istriani, fiumani e dalmati in Italia ( ), Istituto Regionale di Cultura Istriana (IRCI) 2004; 16. Giampaolo Valdevit (a cura di), Foibe il peso del passato, Marsilio 1997; 12

13 17. Galliano Fogar, Sotto l occupazione nazista nelle provincie orientali, Del Bianco editore 1968; 18. Il confine mobile, atlante storico dell Alto adriatico, a cura dell Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, Edizioni della Laguna Tone Ferenc, La provincia italiana di Lubiana, Istituto friulano per la storia del Movimento di Liberazione Tone Ferenc, Rab Arbe Arbissima, confinamenti, rastrellamenti, internamenti nella provincia di Lubiana (documenti), Lubiana 2000; 21. Tone Ferenc, Si ammazza troppo poco, Lubiana 1999; 22. Luciano Giuricin, Il settembre 43 in Istria e a Fiume, in Quaderni, Vol. XI del Centro Ricerche Storiche di Rovigno, Joze Pirjevec, Il giorno di San Vito, Jugoslavia storia di una tragedia, Nuova Eri Elio Apih, Le foibe giuliane, Leg 2010 A sua volta, ciascuno dei testi citati contiene un ampia bibliografia di riferimento e molti documenti e fonti documentarie 13

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