Gascromatografia. Gascromatografia

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1 In gascromatografia (Martin e Synge 1941 e poi James e Martin 1952) la fase mobile è un gas che fluisce in una colonna in cui è posta la fase stazionaria. I meccanismi di separazione dei componenti la miscela sono determinati dalla fase stazionaria, poiché quella mobile funziona solamente da gas di trasporto (carrier). Condizione indispensabile per operare un analisi gascromatografica su una miscela, è che essa sia in grado di passare in fase vapore alla temperatura di lavoro. 1 2

2 Cromatografia di adsorbimento gas solido (fase stazionaria = solido adsorbente). Cromatografia di ripartizione gas liquido (fase stazionaria = liquido). La fase stazionaria è un liquido non volatile che ricopre la superficie interna della colonna o di un supporto solido finemente disperso. Il campione viene iniettato e vaporizzato in testa alla colonna, quindi viene eluito da un flusso di fase mobile (gas inerte). Nella GC la fase mobile gassosa non presenta interazioni specifiche con i soluti e con la fase fissa. Ilsoluto interagisce specificamente soloconlafasestazionaria. 3 Schema di un gascromatografo 4

3 Sistema di alimentazione gas di trasporto (carrier). Si tratta di bombole di gas inerte (azoto, elio, argon), talvolta può essere utilizzato anche l idrogeno (generatori sostituiscono le bombole). Lo scopo principale é quello di trascinare i componenti della miscela in analisi lungo la colonna cromatografica. Si opera a flusso o pressione costante. I gas devono essere puri al 99.99%: si impiegano trappole a setacci molecolari e carbone attivo lungo la linea. Sistema di alimentazione dei gas per il rivelatore FID. Qualora si utilizzi un rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID) è necessario alimentare con un combustibile e un comburente (ad esempio idrogeno ed aria). 5 Iniettore L iniettore è un dispositivo posto immediatamente prima della colonna che ha la funzione di consentire l introduzione del campione in essa. Dipende dal tipo di colonna. Vengono introdotti volumi molto precisi del campione da analizzare ( μl) tramite una siringa (1 10 μl). Il liquido iniettato viene istantaneamente vaporizzato per effetto della temperatura della camera di iniezione e trasferito in testa alla colonna dal carrier. Iniettori per impaccate Sono formati da un corpo cilindrico, di cui un estremità è posta all esterno dello strumento, mentre l altra è collegata mediante una boccola di fissaggio alla colonna. Nella parte frontale si trova il foro per introdurre l ago nella cavità centrale, protetta dall ambiente esterno da una guarnizione di uno speciale polimero resistente alle alte temperature. L iniezione viene eseguita con apposite siringhe o, nel caso di campioni gassosi, con speciali valvole. 6

4 Iniettore Le colonne capillari possono accettare solo una piccola quantità di sostanza prima di intasarsi (5 150 ng/μl di analita). Per iniettarvi la quantità ottimale si ricorre a differenti soluzioni. Iniettori per capillari a tecnica split 1. Siringa; 2. setto poroso; 3. zona di evaporazione del campione; 4. ingresso del carrier; 5. corpo dell iniettore termostatato; 6. camera di miscelazione; 7. spurgo (vent); 8. valvola di regolazione dello spurgo; 9. polmone; 10. testa della colonna capillare. 7 Iniettori per capillari a tecnica split In questo iniettore il campione viene premiscelato con il gas di trasporto. Diquesta miscela solo una parte passa realmente nella colonna, mentre buona parte viene indirizzata verso la valvola regolabile di spurgo. Gli iniettori a tecnica split sono indicati per colonne capillari di tipo SCOT e WCOT specie se queste ultime sono di piccolo diametro. Il sistema è utilizzabile per miscele di composti con p.e. non troppo diverso perché in caso contrario si avrebbe una vaporizzazione non omogenea e il bloccaggio della frazione altobollente nella camera di vaporizzazione. Il sistema difetta per la riproducibilità che viene migliorata con l introduzione di setti in vetro che riducono anche drasticamente la discriminazione dei composti altobollenti. 8

5 Iniettore Iniettori per capillari a tecnica splitless In questa tecnica la miscela è contenuta in un solvente con temperatura di ebollizione C più basso di quello del componente più volatile. Il carrier fluisce sotto il setto, per tenerlo pulito, dalla valvola di split e dentro la colonna. Subito prima dell iniezione, lo spurgo viene chiuso eil flusso del carrier si dirige solo nella colonna. Fino a che lo split rimane chiuso si ha ingresso in colonna prevalentemente della miscela con solo una porzione del solvente che, più facilmente volatilizzabile, tende a disperdersi in tutto lo spazio disponibile. Alla fine dell iniezione lo splitter viene riaperto e il solvente viene in buona parte eliminato. La testa della colonna è tenuta a una temperatura inferiore di quella di ebollizione del solvente che così condensa subito e intrappola le sostanze componenti la miscela. 9 Iniettori per capillari a tecnica splitless Poiché le sostanze sono più concentrate nella coda al solvente, esse viaggeranno più velocemente che nella zona di testa con l effetto di compattare la banda che avanza. Tale tecnica è divenuta molto accurata e precisa, tanto da farla preferire alla tecnica split. 10

6 Iniettore Iniettori per capillari a tecnica split/splitless Esistono iniettori in grado di utilizzare, grazie alla chiusura di alcune valvole, alternativamente le due tecniche. 11 Iniettori per capillari a tecnica split/splitless Nella versione split, lavalvola di spurgo è aperta durante l iniezione e si ha solo una piccola parte della miscela che entra in colonna Nella versione splitless, lavalvola di spurgo è chiusa durante l iniezione, e la miscela entra in colonna assieme al solvente. Gran parte del solvente, più volatile, tende a rimanere nella camera di vaporizzazione e verrà eliminato quando viene aperta la valvola di spurgo. 12

7 Iniettore Iniettori per capillari on column La recente costruzione di siringhe capaci di iniettare anche pochi nanolitri ha consentito la costruzione di iniettori che immettano il campione direttamente in colonna. Gli iniettori On Column non presentano la guarnizione di protezione (sarebbe troppo difficile bucarla con l ago) bensì una valvola che si apre all istante quando l ago sta per toccarla, e si richiude subito dopo la sua uscita. 13 La colonna In entrambe le tecniche gascromatografiche, le colonne utilizzate possono essere: colonne impaccate; le prime a essere utilizzate ancora attorno agli anni cinquanta. colonne capillari; le più recenti e anche le più differenziate come struttura. 14

8 Colonne impaccate La più classica delle colonne impaccate ha una lunghezza di 1 2 m ed un diametro interno nell ordine di qualche millimetro. Date le notevoli dimensioni, essa è sempre avvolta a spirale, con l unico scopo di ridurre l ingombro. Il materiale più comunemente usato per la costruzione di colonne impaccate è l acciaio inossidabile ma per sostanze molto reattive si preferisce l uso di colonneinvetro. Anche il rame trova ancora un certo impiego ma limitato solamente a sostanze poco reattive quali possono essere gli idrocarburi. La colonna viene riempita con la fase stazionaria, costituita da un supporto inerte di appropriata granulometria, eventualmente imbevuto della fase stazionaria liquida. 15 Colonne capillari Le colonne capillari sono sicuramente le più diffuse, la loro lunghezza è nell ordine della decina di metri, (non mancano tuttavia colonne che arrivano anche ai 100 metri) il diametro si riduce a qualche decimo di millimetro. Ovviamente anche in questo caso si ritrovano avvolte in folte spirali su di un telaio di protezione. Il materiale più usato è il vetro ola silice fusa, se ne rintracciano però anche di rame ediacciaio inox. Grazieallaloroparticolarestrutturaelunghezza, esse consentono una più efficiente separazione dei componenti della miscela. 16

9 Colonne capillari Esistono vari tipi di colonne capillari, in relazione al diametro ed al modo incuivieneeseguitoil riempimento. Nelle colonne di diametro inferiore (da 0,25 a 0,30 mm) illiquido di ripartizione viene posto direttamente all interno sotto forma di un sottilissimo microvelo aderente alle pareti della colonna. Questo tipo di colonna viene identificata dalla sigla WCOT (Wall Coated Open Tubular). In quelle a diametro maggiore (da 0,4 a 0,8 mm) oltre alla soluzione sopra citata si ritrovano in commercio colonne in cui la deposizione del liquido di ripartizione ha luogo su di uno strato di materiale poroso che riveste le pareti interne della colonna, sono chiamate SCOT (Support Coated Open Tubular). In relazione al diametro interno le colonne capillari si classificano in NARROW BORE (0,25 mm), WIDE BORE ( 0,53 mm) e MEGA BORE ( 0,80 mm). Fase stazionaria liquida Supporto solido rivestito di fase stazionaria liquida Fase stazionaria solida Parete colonna Colonna tubolare aperta a parete rivestita WCOT Colonna tubolare aperta a supporto rivestito SCOT Colonna tubolare aperta a rivestimento poroso PLOT 17 Poiché in gascromatografia la fase mobile è un gas, l uso di colonne impaccate molto lunghe per aumentare l efficienza della separazione comporta una notevole caduta di pressione che va a incidere su tempi e fattori di ritenzione. Il primo vantaggio che presentano le colonne capillari è che, pur avendo un diametro interno minore, offrono appunto al gas un canale di passaggio molto più grande. unico canalone della capillare canalicoli dell impaccata 18

10 Questa caratteristica costruttiva incide sulla permeabilità di una colonna capillare ovvero sulla sua capacità di essere attraversata dal gas senza che esso subisca una sensibile caduta di pressione. Ciò consente una lunghezza molto più marcata per una capillare che, unita ad altri fattori ne fa aumentare l efficienza (numero di piatti ). IMPACCATA CAPILLARE Permeabilità relativa Lunghezza in m Numero piatti medio Numero piatti massimo Fase stazionaria Scelta della fase stazionaria importante per colonne impaccate. Con le colonne capillari si può influenzare la separazione agendo su: lunghezza della colonna; spessore del film polimerico di rivestimento che influenza l intensità e la cinetica dell interazione e aumentare la discriminazione tra analiti. Fasi stazionarie più comuni: Solido: gel di silice, allumina, carbone, etc Liquido Polimeri siliconici (polidimetilsilossani o metilfenilsilossani) apolari; Polisilossani con differenti % di gruppi fenile e cianopropile: polarità media; Polietilenglicoli a vari gradi di polimerizzazione (carbowax, PEG): polari. 20

11 Fase stazionaria Colonne chirali: permettono la selettività di enantiomeri che non possono essere separati con le colonne GC convenzionali. Fasi stazionarie chirali (esempi): Chirasil Val: adatta per la separazione degli enantiomeri degli amminoacidi. Ciclodestrine alchilate: strutture cicliche formate da 6, 7, 8 unità di glucosio. L alchilazione dei gruppi ossidrilici abbassa il punto di fusione rendendoli adatti come fase stazionaria per la GC. Le ciclo destrine contengono molti centri chirali e separano gli enantiomeri in base alla loro interazione con la parte interna della ciclodestrina. 21 Camera termostatica In gascromatografia la temperatura della colonna rappresenta un parametro fondamentale per ottenere una buona separazione dei picchi. Le colonne vanno quindi termostatate in apposite camere entro le quali la temperatura resti il più possibile costante. Nel caso contrario la riproducibilità dell analisi viene sensibilmente alterata. La temperatura ottimale dipende dal punto di ebollizione del campione e dal grado di separazione richiesto. Approssimativamente, l uso di una temperatura circa uguale o leggermente superiore al punto di ebollizione del campione dà luogo a tempi di eluizione ragionevoli (compresi tra 2 e 30 min). Il più diffuso tipo di camera termostatica è quello a circolazione d aria calda, sistema che garantisce una stabilità della temperatura nell ordine di 0,1 C. La temperatura massima raggiungibile è di 400 C. L uniformità della temperatura in ogni punto della camera viene garantita da una ventola posta al di sotto di un fondo forato. Durante la termostatazione la camera non andrebbe mai aperta soprattutto se si usano colonne in vetro. 22

12 Dispositivo per la programmazione della temperatura durante l analisi Normalmente la temperatura della colonna è regolata sul valore corrispondente alla media dei punti di ebollizione dei componenti della miscela. Per miscele particolarmente complesse con punti di ebollizione troppo distanti tra di loro la scelta della temperatura è problematica. Per tali miscele una temperatura troppo alta consentirebbe una buona separazione dei componenti altobollenti ma ammasserebbe la separazione dei componenti più bassobollenti. Al contrario, una temperatura troppo bassa, non consentirebbe di separare quelli altobollenti. 23 Dispositivo per la programmazione della temperatura durante l analisi Isoterma (45 C) Isoterma (145 C) Gradiente (da 30 a 180 C) 24

13 Dispositivo per la programmazione della temperatura durante l analisi Sui più recenti gascromatografi trova spazio tra i componenti anche il dispositivo che permette di programmare la temperatura d analisi. La temperatura viene mantenuta bassa per i primi picchi e poi innalzata per consentire la risoluzione delle sostanze altobollenti. Il tempo di riscaldamento e le diverse temperature vengono trovate per tentativi tenendo presente che è sconveniente usare velocità di riscaldamento maggiori di C/min 25 Dispositivo per la programmazione della temperatura durante l analisi L apparecchio non è altro che un timer che collegato al dispositivo riscaldante va a variare la temperatura all interno della camera termostatica a intervalli di tempo decisi dall analista. Nei moderni strumenti la programmazione è di tipo lineare, e prevede le seguenti tappe: a. Isoterma iniziale: indica quanto tempo si rimane a una determinata temperatura. b. Fase di rampa: si stabilisce la temperatura da raggiungere e con quale velocità. c. Isoterma finale: indica il tempo che si deve restare alla temperatura più alta. d. Raffreddamento: si attua dopo la fine della registrazione del cromatogramma. T= cost (isoterma) Tfin T programmata c b d tempo Tin a tempo 26

14 Rivelatore Il rivelatore (o detector) è un dispositivo posto subito dopo il termine della colonna con la funzione di indicare la presenza del componente all uscita della colonna, e di fornire la misura della concentrazione di esso nel gas di trasporto. I dispositivi in grado di rivelare la presenza di una sostanza estranea nel gas di trasporto, a valle della colonna, possono dividersi in universali e selettivi. I primi consentono di individuare tutti i componenti di una miscela, i secondi rivelano solo particolari categorie di composti. Dovrebbero avere le seguenti proprietà: risposta lineare, stabilità, risposta uniforme per i diversi analiti (o comunque prevedibile e più o meno selettiva). Il rivelatore ideale non esiste. 27 Rivelatore Segnale o risposta: ognirivelatoretraduce in un segnale elettrico, espressoinmv,la presenza di una sostanza. Il segnale elettrico, che può essere proporzionale alla concentrazione del componente rivelato o alla sua massa, viene trasformato generalmente in un grafico. Sensibilità: rapporto tra segnale e analita (concentrazione o massa). 28

15 Rivelatore Rumore di fondo (noise): èlafluttuazione del segnale che si ha quando nel gas di trasporto non si ha alcuna sostanza (è di origine elettrica o dovuto a impurezze del gasditrasporto). Limite di rivelabilità :èlaconcentrazione di sostanza in grado di fornire un segnale pari ad almeno il doppio del rumore di fondo. N.B. L amplificazione del segnale non può discriminare il rumore di fondo da ciò che proviene dal campione. 29 Rivelatore Intervallo di linearità; range di concentrazioni compresa tra il limite di rivelabilità e il limite di linearità. segnale Limite di linearità; è la concentrazione massima al di là della quale il segnale non è più proporzionale alla concentrazione (con una tolleranza del 5%). Intervallo di risposta dinamico; intervallo di concentrazioni entro il quale il rivelatore risponde, anche se non in maniera lineare Limite di rivelabilità; è la concentrazione minima che dà una risposta doppia del rumore di fondo Limite intervallo di risposta dinamico; oltre questa concentrazione non si possono fare misure conc 30

16 Rivelatore a conducibilità termica (HWD). HWD è basato sulla differenza di conducibilità termica delle sostanza rispetto al carrier. Una resistenza elettrica calda viene più o meno raffreddata al passaggio del gas. La resistenza varia il proprio valore e genera un segnale elettrico. Nell HWD quattro resistenze sono collegate a formare un ponte di Westone. Una delle resistenze è a contatto con il carrier puro mentre un altra è a contatto con il gas in uscita. controllo della corrente del filamento cella di riferimento cella del campione registratore attenuatore a ponte 31 Rivelatore a conducibilità termica (HWD). Rivelatore di tipo universale. Si basa sul principio del ponte di Wheatstone. controllo della corrente del filamento cella di riferimento cella del campione registratore attenuatore a ponte 4 filamenti: 2 sono circondati da gas di trasporto (R1 ed R2) che fluisce in una corrente di riferimento, l altra coppia (S1 ed S2) è circondata da gas di trasporto che proviene dalla colonna. Quando il ponte è in equilibrio tra i punti 1 e 2 non appare alcun segnale. Una variazione della conducibilità termica del gas (dovuta all eluizione di analiti con il gas) produce un segnale tra 1 e 2. Il limite di rivelabilità è di 1 ppm, mentre la linearità va da 10 4 a

17 Rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID). E forse il più diffuso. Rivelatore universale distruttivo. Sibasasulfattochemolticomposti organici, quando bruciano, in una fiamma, producono intermedi ionici che possono aumentare la conducibilità della fiamma stessa. Limite di rivelabilità da 10 9 a10 12 g, ha linearità di risposta da 10 6 a10 8. anodo + ddp 300 Volt - catodo 2H 2 + O 2 2H 2 O (fiamma) 3H + OH + O CH + O (veloce) CHO + + e 33 Rivelatore a cattura di elettroni (ECD). E un tipo di rivelatore che si basa sulla rilevazione di segnali elettrici in seguito al passaggio di gas ionizzato tra i due elettrodi. Il rivelatore è costituito da un catodo e un anodo. Il catodo è rivestito da un materiale radioattivo a bassa energia (emissione particelle β). Un tempo si usava il TiT 4 che però alle alte temperature poteva perdere trizio. Attualmente si usa il 63 Ni attaccato a una lamina d oro. L anodo ha forma tubolare e funge da tubo di ingresso del gas. 34

18 Rivelatore a cattura di elettroni (ECD). Il gas di trasporto che esce dalla colonna gascromatografica e attraversa la camera viene ionizzato dai β emessi dal nichel. Si generano ioni che migrano verso i rispettivi elettrodi creando una corrente di fondo che andrà a rappresentare il valore della linea di fondo: β + N 2 N 2+ + e + β Se nel gas di trasporto è presente una sostanza elettronaffine avviene: X + e X ma anche N X N 2 X si formano pertanto molecole neutre che fanno calare la corrente di base. E sensibile soprattutto a composti con gruppi funzionali elettrofili (alogeni, perossidi, nitrogruppi, ecc.) Limite di rivelabilità notevole fino a g, ha però linearità di risposta da 10 3 a10 4 (inferiore rispetto agli altri rilevatori). 35 Accoppiamento GC MS, rivelatore a quadrupolo iperbolico. Lo spettrometro di massa rappresenta il rivelatore ideale per la gascromatografia, perché permette di analizzare in tempo reale i singoli picchi in uscita dalla colonna, effettuando sia un analisi qualitativa che quantitativa, mediante il confronto dello spettro ottenuto con uno dei numerosi spettri memorizzati nella banca dati. In uno spettrometro di massa il campione viene portato in fase gassosa e le molecole vengono frammentate per bombardamento con elettroni. Gli ioni che si formano, accelerati da un campo elettrico posto in un campo magnetico, percorrono traiettorie diverse secondo il rispettivo rapporto carica/massa e perciò si separano tra di loro. 36

19 Accoppiamento GC MS, rivelatore a quadrupolo iperbolico. Lo spettro (così chiamato solo perché è a righe, non perché si tratti di una spettroscopia) ottenuto consente, dall identificazione dei frammenti in base alla loro massa atomica, di ricostruire la formula della molecola presente. Molto più semplicemente, negli strumenti moderni lo spettro viene confrontato dal computer con i numerosi spettri memorizzati nella banca dati. Abbondanza relativa massa relativa Il sistema GC MS fornisce limiti di rivelabilità estremamente bassi, addirittura nell ordine dei picogrammi e in alcuni casi anche dei femtogrammi. 37 Riassumendo Rivelatore Limite di rivelabilità Intervallo di linearità Applicazioni Osservazioni HWD 10 6 g/ml universale non distruttivo; affidabile; economico FID g 10 7 quasi universale; esclusa l acqua e alcuni gas permanenti distruttivo; molto affidabile; ECD g 5x10 2 Alogenoderivati e composti di elementi elettronegativi non distruttivo; costoso; si inquina facilmente GC MS g 10 4 universale costoso; grande versatilità 38

20 Derivatizzazione in La derivatizzazione in gascromatografia viene effettuata principalmente per ottenere un: Incremento della volatilità In questa maniera è possibile diminuire la temperatura alla quale si può analizzare un composto, con ovvi vantaggi, di: maggiore durata della colonna, più ampia disponibilità di fasi fisse, date le condizioni sperimentali più blande. Usualmente gruppi funzionali che possiedono caratteristiche di alta polarità e bassa volatilità, vengono trasformati in derivati più volatili e termicamente stabili: alcooli fenoli mercaptani acidi carbossilici amine amidi ossime, ecc. Incremento di sensibilità: aumentare la separazione cromatografica e la forma del picco (picchi stretti e simmetrici); separazione di isomeri ottici; introduzione di gruppi rivelabili da detector come ECD Incremento di stabilità: composti sensibili, anche se volatilizzabili, possono andare incontro a parziale decomposizione nelle condizioni di analisi 39 Derivatizzazione in La reazione viene normalmente effettuata in piccole fiale in cui viene introdotto il campione da derivatizzare e ad esso si aggiunge la soluzione del reagente derivatizzante. Con tale procedimento si possono trattare volumi anche molto piccoli di campione utilizzando fiale chiuse con una valvola o con un setto poroso forabile con l'ago delle siringhe con cui vengono introdotti sia il campione che il derivatizzante. 40

21 Derivatizzazione in La procedura di derivatizzazione ideale dovrebbe: Dare la modificazione chimica, % del campione dovrebbe essere modificato Procedere in maniera quantitativa, o per lo meno in maniera riproducibile Dare prodotti che sono facilmente distinguibili e separabili dal materiale di partenza Nella scelta del metodo si dovrebbe considerare che: La reazione sia completa Utilizzare diverse temperature/tempi di reazione Considerare la formazione di prodotti secondari con gruppi funzionali addizionali sul composto o sulla matrice Determinare la stabilità metabolica del derivato La reazione dovrebbe procedere in maniera veloce e con una metodologia semplice e facile Utilizzare reagenti e reazioni che non presentano pericoli particolari Il derivato deve essere facilmente analizzabile Il derivato deve essere cromatografato accuratamente per analisi in tracceoseparatoda composti interferenti 41 Derivatizzazione in Silanizzazione: possono essere derivatizzati composti con idrogeni attivi come OH, NH, SH. I derivatizzanti più versatili e più generalmente applicabili sono i reagenti polialchilsilanizzanti. (CH 3 ) 3 SiCl R OH R O Si(CH 3 ) 3 + HCl (CH 3 ) 3 Si Cl trimetilclorosilano TMCS (CH 3 ) 3 Si N=(CH 3 )OSi(CH 3 ) 3 N,O Bis (trimethylsilyl)acetamide BSA (CH 3 ) 3 Si N=(CF 3 )OSi(CH 3 ) 3 N,O Bis (trimethylsilyl)trifluoroacetamide BSTFA (CH 3 ) 3 Si NH Si(CH 3 ) 3 Hexamethyldisilazane HMDS La silanizzazione viene condotta più facilmente utilizzando un solvente polare (piridina, dimetilformamide, acetonitrile, tetraidrofurano) a C, a seconda del tipo di composto da derivatizzare. Gli agenti silanizzanti reagiscono in genere facilmente con numerose classi di composti ed hanno anche il pregio di non dare prodotti collaterali. Tuttavia va osservato che, in qualche caso, la reazione porta a prodotti termicamente poco stabili e/o facilmente idrolizzabili (e quindi non desiderabili), come nel caso di composti con gruppi chetonici non protetti. 42

22 Derivatizzazione in Alchilazione: Una reazione analoga a quelle con gli agenti silanizzanti è la reazione di alchilazione. I reagenti usati a questo scopo sono generalmente: alogenuri alchilici (i più usati sono i bromuri o gli ioduri di metile, etile, propile, butile). alogenuri arilici L'idrogeno di gruppi amminici, carbossilici, fenolici o mercaptanici può essere sostituito con gruppi alchilici ponendo le sostanze a reagire con alogenuri alchilici inpresenzadi ossido di argento. Le reazioni sono rapide a temperatura ambiente. I gruppi alcolici vengono alchilati lentamente e con reazioni non sempre quantitative. R NH 2 2 R Cl R N(R ) 2 + 2HCl 43 Derivatizzazione in Acilazione: Un altro gruppo di agenti derivatizzanti è dato dagli agenti acilanti (cloruri di acidi). Le reazioni di derivatizzazione possono essere indicate con: OH SH NH 2 NHOH NH R CONH 2 CH 3 CO-Cl OAc SAc NHAc N(Ac) 2 NHOAc NAc(R) CONHAc 44

23 Derivatizzazione in Esterificazione: Gli acidi carbossilici sono trasformabili in esteri, mediante reazione con un eccesso di alcool e riscaldamento a riflusso con un catalizzatore (HCl, H 2 SO 4 ). Un tubo di condensazione contenente un essiccante può essere conveniente per sottrarre dal mezzo di reazione l'acqua formata, che potrebbe spostare verso sinistra l'equilibrio: R COOH + HOR R COO R' + H 2 O 45 Ottimizzazione delle separazioni in GC Una separazione fornisce picchi alti stretti e ben risolti. Quando la separazione non è soddisfacente, si può intervenire su diversi parametri: Problema Che cosa fare Osservazioni Picchi poco risolti Abbassare la T Efficace a volte Ridurre il flusso Cambiare caratteristiche colonna 1. Aumentare lunghezza colonna 2. Cambiare fase stazionaria Poco efficace se è più o meno noto il flusso ottimale Efficace a volte Efficace Picchi larghi Aumentare la T Efficace Picchi alti e stretti ma poco risolti all inizio e larghi in coda Aumentare il flusso Aumentare T dell iniettore Programmazione della T Efficace a volte Efficace se i componenti sono altobollenti Efficace ma laborioso mettere a punto la programmazione ottimale 46

24 Analisi di Head space (spazio di testa) Lo Spazio di testa è lo spazio occupato dal gas sopra il campione in un contenitore da gascromatografia, quindi l analisi dello spazio di testa è l analisi dei componenti presenti nella fase gassosa. Questo tipo di analisi è utilizzato per l analisi dei composti organici volatili o semi volatili nei campioni solidi, liquidi e gassosi. E una tecnica molto recente che viene molto utilizzata, ad esempio, per l analisi dell alcol nel sangue e i residui dei solventi nei prodotti farmaceutici. Legge di Raoult: A temperatura costante la pressione parziale nella fase gassosa di un componente di una soluzione è proporzionale alla concentrazione del componente nella soluzione. 47 Analisi dell Head space (spazio di testa) Permettedilavoraresuunafrazione arricchita delle specie chimiche caratterizzate da elevate pressioni di vapore, senza gli inconvenienti che possono scaturire dalla iniezione di sostanze non volatili o di grandi masse di solvente. Si realizzano così analisi molto precise e riproducibili, a patto però di controllare rigorosamente le condizioni operative. Considerando il caso di una soluzione in equilibrio con il suo vapore, la concentrazione di un componente volatile nello spazio di testa è regolato, in condizioni ideali dalla legge di Raoult: P= P 0 dove P rappresenta la pressione parziale del componente nella fase vapore, P 0 èla pressione del vapore del componete puro alla temperatura a cui si trova il vial, mentre èlasuafrazione molare nella soluzione. Procedendo all analisi gascromatografica dello spazio di testa si otterrà un cromatogramma il cui picco che ci interessa avrà una superficie S, proporzionale alla concentrazione della sostanza nel vapore e di conseguenza nella fase liquida. 48

25 Analisi dell Head space (spazio di testa) La tecnica dello spazio di testa consente di individuare tracce di composti volatili a livello di ppb o anche di ppt (parti per trilione,10 3 ppb), perché la fase di vapore è ovviamente, più ricca nel composto volatile della soluzione originaria. In sostanza, lo spazio di testa può essere visto dunque come un metodo di preconcentrazione. Per esaltare la sensibilità del metodo si può agire in due modi che possono anche venire usati contemporaneamente: innalzare la temperatura: infattilapressione di vapore P 0 di una sostanza è proporzionale alla temperatura. Minimiincrementiditemperaturaprovocano un sensibile aumento della pressione di vapore. In pratica però non risulta conveniente innalzare la temperatura al di sopra degli 80 C. introduzione in soluzione di opportuni elettroliti: gli elettroliti agiscono sul coefficiente di attività aumentando la pressione del vapore all equilibrio, anche fino a cinque volte. 49 Tecnica operativa della gascromatografia in spazio di testa Campionamento: E la fase più delicata perché è facile incorrere in errori anche grossolani, le soluzioni devono essere preparate e mantenute in contenitori ermetici, non è inoltre opportuno utilizzare tappi di gomma. Trasferimento delle soluzioni: Non deve mai essere eseguito con la pipetta bensì con una siringa di adatta capacità. Chiusura della vial: La chiusura va effettuata con appositi dispositivi che assicurino la perfetta tenuta, il tappo deve essere costituito da un adatto materiale inerte, quale può essere il teflon o l alluminio, la semplice gomma non è indicata per questi scopi. Termostatazione del vial: Deve essere eseguita con la massima precisione, di solito la temperatura va dai 40 C agli 80 C. Prelievo e iniezione del campione: Agli inizi questa tecnica prevedeva l impiego di siringhe o valvole per gas, questi sistemi offrivano però più svantaggi che vantaggi (condensazione sulle pareti della siringa ecc.), oggigiorno il campionamento è completamente automatico. 50

26 Analisi dell Head space (spazio di testa): determinazione dell etanolo in campioni biologici 1mldisangueinesamevienepostoinunflaconedivetro da 5 ml a perfetta tenuta addizionato di una quantità nota di «standard interno» (butanolo). Allo stesso modo si prepara un «bianco» costituito da H 2 O dist. con aggiunta di quantità nota di EtOH e della stessa quantità di standard interno. I flaconi vengono posti poi in termostato a 50 C per 1 ora in modo da favorire il passaggio degli alcoli nello «spazio di testa». Si esegue prelievo di un aliquota della fase gassosa con siringa per gas e si inietta in colonna GC. In questo modo si risale alla quantità di EtOH presente nel campione in esame dal rapporto emergente dalla seguente relazione: A A EtOH st BuOH st AEtOH x : A BuOH st C : X AEtOH : AEtOH C : st x X A = area dei picchi; EtOH st = etanolo aggiunto al bianco; EtOH x = etanolo nel campione in esame; BuOH st = sec butanolo aggiunto in quantità uguale nel bianco e nel campione in esame (riferimento); X =g o / oo di alcool nel sangue in esame; C =g o / oo di etanolo aggiunto nel «bianco» 51 Questa tecnica abbastanza recente, ha acquisito popolarità negli ultimi anni grazie a: 1. semplicità 2. velocità 3. Sensibilità MICROESTRAZIONE IN FASE SOLIDA (SOLID PHASE MICROEXTRACTION (SPME)) Il metodo è stato introdotto nei primi anni 90 dal Prof. Janusz Pawliszyn dell Università di Waterloo in Ontario, Canada. Vengono utilizzati piccoli segmenti di fibre di silice fusa ricoperte di un opportuno materiale (es. Polidimetilsilossano) sigillati in un sistema a siringa. Con questa tecnica si possono estrarre sostanze volatili o semi volatili da varie matrici e attraverso il sistema a siringa è possibile iniettarle direttamente nel cromatografo (GC o HPLC). Non sono necessari solventi. L estrazione dell analita e la preconcentrazione avvengono in un unico step. Siringhe SPME sono commercializzate da varie ditte quali Supelco e Varian evengono utilizzate per numerosi composti in un ampia varietà di matrici. 52

27 Siringhe per SPME MICROESTRAZIONE IN FASE SOLIDA (SOLID PHASE MICROEXTRACTION (SPME)) 53 MICROESTRAZIONE IN FASE SOLIDA (SOLID PHASE MICROEXTRACTION (SPME)) Schema di procedura campionamento con SPME 54

28 MICROESTRAZIONE IN FASE SOLIDA (SOLID PHASE MICROEXTRACTION (SPME)) Procedura campionamento and desorbimento con SPME The sample is thermostated and agitated while the headspace is purged with a controlled flow of inert gas, providing controlled and efficient extraction conditions. Sample temperatures can be selected from 10 C to 200 C. 55 MICROESTRAZIONE IN FASE SOLIDA (SOLID PHASE MICROEXTRACTION (SPME)) Siringhe per SPME: La fibra è saldata alla parte terminale di un tubicino sottile di acciaio all interno del sistema a siringa ed è protetta da un rivestimento anch esso in acciaio. Lo stantuffo dell apparecchiatura viene spinto per permettere l esposizione della fibra al campione (adsorbimento), quindi ritratto dopo l opportuno tempo di campionamento e successivamente spinto all interno del sistema di iniezione del cromatografo (GC o HPLC) (desorbimento). 56

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