Omesso versamento di ritenute dovute o certificate N

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1 Omesso versamento di ritenute dovute o certificate N Riforma del reato. Riflessi sulla prova Retroattività nella nuova soglia di 150 mila euro Pagamento debito tributario. Causa di non punibilità retroattiva Transazione fiscale. Il reato non si configura

2 Sommario 1. Introduzione Reato ante-riforma. Mod. 770 mero indizio... 4 Cassazione - Terza Sezione Penale - Sentenza 11 marzo 2016 n Prova - Irretroattività della riforma... 7 Cassazione - Terza Sezione Penale Sentenza 26 febbraio 2016, n Soglia più alta - retroattività... 8 Cassazione Terza Sezione Penale - Sentenza 15 febbraio 2016 n Cassazione Terza Sezione Penale - Sentenza 20 settembre 2016 n Assoluzione del liquidatore Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza 26 febbraio Colpevole l amministratore che non ricapitalizza Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza del 23/09/2015 n La transazione fiscale evita il reato Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza del 13/02/2017 n Società in crisi Sequestro per l amministratore senza escussione preventiva del patrimonio sociale Cassazione - Terza Sezione Penale Sentenza 10 luglio 2016 n Cassazione - Terza Sezione Penale Sentenza 27/02/2017 n Pagamento debito tributario causa di non punibilità - retroattività Mod. 770 sufficiente per il sequestro funzionale alla confisca Giudice competente Luogo del reato Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza 9 gennaio 2015 n

3 1. Introduzione L articolo 10 bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni: chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a ,00 euro per ciascun periodo d imposta. Questa fattispecie delittuosa è tra quelle riformate dal D.Lgs. n. 158 del 2015; e il testo appena riportato è appunto quello modificato da detto decreto, con decorrenza dal 22 ottobre Nella formulazione in vigore fino al 21 ottobre 2015 la norma dispone: è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. Soglia di rilevanza penale Fino al 21/10/ ,00 Per ciascun periodo d imposta Dal 22/10/ ,00 Per ciascun periodo d imposta Causa di non punibilità Il novellato articolo 13 del D.Lgs. n. 74/2000 stabilisce che il reato di cui all articolo 10-bis non è punibile se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado il debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, è stato estinto mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, oltreché del ravvedimento operoso. Nel caso in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità dell articolo 13-bis ( Circostanze del reato ), è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione (art. 13 co. 3). 2

4 Sulla riforma del reato ha avuto modo di pronunciarsi più volte la Corte di Cassazione; principalmente per quanto riguarda l ampliamento della condotta penalmente rilevante, che ora ricomprende l omesso versamento: sia delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti; sia di quelle risultanti dalla dichiarazione Mod Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha individuato un importante conseguenza della riforma: nei giudizi riguardanti violazioni commesse prima dell entrata in vigore del D.Lgs. 158 del 2015, il Mod. 770 non è di per sé sufficiente all affermazione di responsabilità del sostituto d imposta, occorrendo la prova del rilascio delle certificazioni (la pubblica accusa deve acquisire al processo le certificazioni rilasciate ai sostituiti o, in alternativa, procedere all audizione di questi. Il P.M. non può fornire la prova attraverso la mera produzione del modello 770, il cui contenuto ha valore di mero indizio); quanto appena detto non vale nel nuovo regime, in quanto il D.Lgs. n. 158/2015 ha esteso l ambito di operatività della norma incriminatrice alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro. Un altro importante chiarimento della giurisprudenza di legittimità riguarda la retroattività della nuova soglia di rilevanza penale, nonché della causa di non punibilità prevista dal riformato articolo 13 del D.Lgs. n. 74/2000 (pagamento integrale del debito tributario). In applicazione del principio del favor rei, nei processi in corso alla data di entrata in vigore della riforma deve essere pronunciata l assoluzione: qualora non risulti integrata la soglia di punibilità di ,00 euro; l imputato abbia provveduto all integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; l imputato abbia provveduto a estinguere il debito verso l erario dopo l apertura del dibattimento di primo grado, ma prima del giudicato. Il Decreto di riforma del sistema sanzionatorio penal-tributario, se da un lato ha innalzato le soglie di punibilità in ordine al reato di omesso versamento ex articolo 10-bis, dall altro ha introdotto il reato di omessa presentazione della dichiarazione di sostituto d imposta, stabilendo la pena della reclusione da un 1 e 6 mesi a 4 anni che scatta quando l ammontare delle ritenute non versate risulti superiore a 50 mila euro (art. 5 co. 1-bis D.Lgs. n. 74/00). 3

5 2. Reato ante-riforma. Mod. 770 mero indizio Cassazione - Terza Sezione Penale - Sentenza 11 marzo 2016 n Nel reato di omesse ritenute ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000, in relazione alle violazioni commesse prima dell entrata in vigore del D.Lgs. 158 del 2015, che ha riformato la fattispecie incriminatrice, il Modello 770 non è sufficiente, ex se, all affermazione di responsabilità del sostituto d imposta. La Suprema Corte ha annullato la condanna a quattro mesi di reclusione inflitta a un legale rappresentante di società al quale è stato contestato l omesso versamento di ritenute certificate, concernente il periodo d imposta 2007, per un importo pari a euro ,00. Il verdetto di colpevolezza è stato annullato con rinvio, perché la Corte d Appello ha basato il giudizio di responsabilità unicamente sull avvenuta presentazione del Mod. 770, da cui è stata tratta la prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti. Ai fini della decisione, la Suprema Corte ha dovuto esaminare il mutato quadro normativo e i suoi riflessi in tema di prova necessaria per dimostrare l omesso versamento delle ritenute. Il D.Lgs. 158/15 ha novellato la fattispecie incriminatrice ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/00 attraverso la riformulazione del modello legale e soprattutto elevando la soglia di punibilità del fatto reato da 50 mila a 150 mila euro. Ai sensi della norma in vigore fino al 21 ottobre 2015: è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. La norma in vigore dal 22 ottobre 2015 recita invece: è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. La Suprema Corte osserva come l'attuale formulazione dell'articolo 10-bis comprenda nel perimetro di tipicità della fattispecie penale l'omesso versamento sia delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti sia quelle risultanti dalla dichiarazione trasmessa all'agenzia delle Entrate (il c.d. Mod. 770). L'interpolazione normativa, osserva ancora la Corte, deve ritenersi innovativa della fattispecie legale, con un ampliamento della tipicità che, necessariamente, non può avere efficacia retroattiva. E allora gli Ermellini affermano: nel caso in esame, dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata emerge che la prova dell omesso versamento delle ritenute è fondata essenzialmente sulla verifica del Modello 770 e sulla diposizione del funzionario della Agenzia delle Entrate; un quadro probatorio, alla stregua della considerazioni che sono state svolte, che appare insufficiente all affermazione di responsabilità [ ]. 4

6 Questa sentenza decide di dare continuità all orientamento formatosi con riguardo alla previgente formulazione dell articolo 10-bis, secondo cui, nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, spetta all accusa l onere della prova dell elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate e tale prova non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione Modello 770 proveniente dal datore di lavoro (cfr. Cass., Sez. 3, n /2014 e n. 5735/2015). Al suddetto orientamento si contrappone quello - che può ritenersi ormai superato - secondo cui, nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova del rilascio delle certificazioni - e quindi dell effettiva corresponsione ai sostituti delle retribuzioni e delle trattenute operate - può essere fornita dalla pubblica accusa mediante documenti, testimoni o indizi (v. Cass. n. 1443/12), sicché è sufficiente la produzione, da parte del PM, del Modello 770 proveniente dallo stesso datore di lavoro (cfr. Cass., Sez. 3, 44275/2013 e n /2014). Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza 2 dicembre 2016 n In base all articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, nel testo anteriore alla riforma da parte del D.Lgs. n. 158/15, il datore di lavoro non può essere condannato solo sulla base del Mod La Terza Sezione Penale della Cassazione ha annullato la condanna pronunciata nei confronti di un imprenditore milanese che, in relazione all anno d imposta 2008, ha omesso il versamento di ritenute per un ammontare di oltre 177 mila euro, incorrendo nel reato di cui all art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/00. Come evidenziato dal difensore, non è emersa alcuna prova in ordine al rilascio delle certificazioni ai sostituiti, non potendo essere sufficiente l allegazione del mod. 770, come confermato in chiave interpretativa dalla giurisprudenza di legittimità successiva alla novella operata dal D.Lgs. n. 158 del La Corte d'appello, quindi, si è posta in contrasto con la giurisprudenza, ormai consolidata, che non ritiene sufficiente l'allegazione del mod. 770 a integrare il reato di cui all articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000: per i fatti commessi prima dell entrata in vigore della riforma portata dal D.Lgs. n. 158 del Ad avviso degli Ermellini, nel caso di specie, ai fini della prova del delitto in questione non è sufficiente l'allegazione del Mod. 770, ma il rilascio effettivo delle certificazioni ai sostituiti. Alla luce della modifica apportata dall'articolo 7 del D.Lgs. n. 158/2015 all'articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74/2000, che ha esteso l'ambito di operatività della norma alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (c.d. Mod. 770), deve ritenersi che per i fatti pregressi la prova dell'elemento costitutivo del reato non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione, essendo necessario dimostrare l'avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto d imposta (Cass. Sez. 3, n /2016). La portata innovativa della novella, precisano i Supremi Giudici, non può assumere incidenza normativa sulla definizione dei procedimenti già pendenti, non potendo avere efficacia retroattiva, in ragione dell estensione dell ambito dell incriminazione. 5

7 La riforma, tuttavia, può assumere un'incidenza interpretativa, nel senso di ritenere che la precedente formulazione racchiudesse nel proprio perimetro di tipicità soltanto l'omesso versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti e richiedesse, pertanto, sotto il profilo probatorio, la necessità di una prova del rilascio della certificazione ai sostituiti, non rinvenibile nella mera allegazione del Mod Nel caso in esame, la Corte territoriale ha tratto la prova dell'omesso versamento delle ritenute essenzialmente dal contenuto del Modello 770; un quadro probatorio, alla stregua delle considerazioni che sono state svolte, che appare insufficiente all'affermazione di responsabilità, alla luce del mutato quadro normativo e dei riflessi interpretativi evidenziati. La Cassazione, pertanto, ha annullato la sentenza di condanna e rinviato al giudice di secondo grado, per nuovo esame. Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza 9 febbraio 2015 n Per le violazioni commesse fino al 21 ottobre 2015, se la pubblica accusa non dimostra il rilascio delle certificazioni ai sostituiti, l'imprenditore non è perseguibile per l omesso versamento delle ritenute, ai sensi dell articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del Gli Ermellini hanno annullato con rinvio la sentenza della Corte d Appello di Milano che ha affermato la responsabilità penale di un legale rappresentate di società, per il mancato versamento delle ritenute alla fonte (circa 67 mila euro) relative a emolumenti erogati per l anno Il giudizio di responsabilità si è basato unicamente sulla dichiarazione 770; documento ritenuto idoneo a dimostrare sia il pagamento delle retribuzioni sia il rilascio delle certificazioni ai sostituiti. Il giudice di secondo grado ha valorizzato il mero contenuto della dichiarazione 770, che però, secondo i giudici di legittimità, non è sufficiente ai fini della condanna. Nel caso di specie, la Corte d Appello, invece che fermarsi alla mera indicazione dei quadri CUD nella dichiarazione 770, avrebbe dovuto procedere all effettiva verifica dell avvenuto rilascio delle certificazioni. Dal che l annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame, in quanto vale il principio per cui: nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, spetta all accusa l onere della prova dell elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate e tale prova non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro (v. anche Cass., Sez. 3, n /14). 6

8 3. Prova - Irretroattività della riforma Cassazione - Terza Sezione Penale Sentenza 26 febbraio 2016, n Il D.Lgs. n. 158 del 2015 ha modificato l articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 sopprimendo l'inciso "ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, sicché la prova del rilascio della certificazione non è più richiesta ai fini della configurabilità del reato del sostituto d imposta. E poiché si tratta di una modifica in senso sfavorevole, non può applicarsi retroattivamente. La Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto nell interesse di un legale rappresentante di società che, con riguardo all anno d imposta 2008, è stato condannato alla pena della reclusione per il reato di cui all articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74/00. La causa è stata rimessa davanti al giudice di merito affinché applichi l orientamento secondo cui la prova dell'elemento costitutivo della fattispecie prevista dall articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000, rappresentato dal rilascio delle certificazioni ai sostituiti, il cui onere incombe all'accusa, non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione Modello 770 proveniente dal datore di lavoro. Gli Ermellini hanno evidenziato che: a seguito del Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, il suddetto articolo 10 bis è stato modificato (eliminando l'inciso "ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti"), in modo da non richiedere più la prova della certificazione. Tuttavia, essendo norma più sfavorevole, è soggetta al principio tempus regit actum e non può applicarsi alla fattispecie. 7

9 4. Soglia più alta - retroattività Cassazione Terza Sezione Penale - Sentenza 15 febbraio 2016 n L imputato deve essere mandato assolto con la formula il fatto non sussiste qualora non risulti integrata la soglia di punibilità prevista dall articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000, come riformata dal D.Lgs. 158/2015, in ossequio al principio del favor rei. Un legale rappresentante di società è stato condannato in primo grado e poi in appello alla pena della reclusione, condizionalmente sospesa, in quanto riconosciuto responsabile del reato di omesso versamento di ritenute certificate ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000. La condanna è stata annullata dalla Cassazione, con la formula il fatto non sussiste, essendo entrato in vigore, nelle more del giudizio di legittimità, il D.Lgs. 158/15, che ha novellato la fattispecie incriminatrice ex art. 10 bis D.Lgs. n. 74/00 attraverso la riformulazione del modello legale e soprattutto elevando la soglia di punibilità del fatto reato da euro 50 mila a euro 150 mila. Nel caso di specie l omesso versamento, concernente il periodo d imposta 2006, è stato pari a euro , quindi la Suprema Corte ha ritenuto non configurato il reato alla luce dello ius superveniens. Gli Ermellini hanno sostenuto, fra l altro, che la soglia di punibilità è un elemento costitutivo dei reati tributari sicché deve rientrare nel fuoco del dolo anche la soglia di punibilità (ora Euro centocinquantamila a seguito del d.lgs. n. 158 del 2015), che è un elemento costitutivo del fatto reato, con la sottolineatura che il dolo è generico (S.U. n del 28/03/2013, Favelletto, in motiv.) e che la prova del dolo è insita nella presentazione della dichiarazione annuale o da quanto risulta dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, emergendo da tali atti l importo dovuto a titolo di sostituto d imposta e che deve, quindi essere versato o almeno contenuto non oltre la soglia (ora, di Euro centocinquantamila, entro il termine di legge previsto). Da quanto sopra deriva che la formula assolutoria da utilizzare in ipotesi di mancata integrazione della soglia di punibilità prevista per il delitto in discorso è il fatto non sussiste, non quella il fatto non è previsto dalla legge come reato, che riguarda l ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma penale cui ricondurre il fatto imputato. Gli Ermellini aggiungono che l assoluzione, come nel caso di specie, ha efficacia di giudicato esclusivamente rispetto all accertamento che non sussiste il raggiungimento della soglia pari o superiore a quella prevista dall articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000; pertanto resta impregiudicata, per assenza di accertamento in sede penale, l eventuale mancato versamento delle ritenute operate in misura inferiore alla soglia di punibilità e potendo l Amministrazione Finanziaria procedere in via amministrativa all accertamento della violazione e all irrogazione delle relative sanzioni in relazione all imposta dovuta e non versata, purché sotto la soglia. 8

10 Cassazione Terza Sezione Penale - Sentenza 20 settembre 2016 n L'assoluzione dell'imputato per il reato di cui all'articolo 10-bis del D.Lgs. n.74/00 con la formula "perché il fatto non sussiste", in ragione del mancato raggiungimento della soglia di punibilità elevata dal D.Lgs. n.158 del 2015, significa che è stata accertata l'insussistenza del fatto che sia stata raggiunta una soglia pari o superiore a quella prevista per la realizzazione del reato; ne consegue che solo rispetto a tale fatto, ai sensi dell'art. 652 cod. proc. pen., la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in sede dibattimentale, ha efficacia di giudicato nel procedimento tributario, restando impregiudicata, per assenza di accertamento in sede penale, la questione dell'eventuale mancato versamento delle ritenute operate in misura inferiore alla soglia di punibilità. Il Tribunale ha assolto un imprenditore dal reato di omesso versamento di ritenute certificate per un ammontare di Euro ,00, relativamente al periodo d imposta Nonostante l assoluzione, l imprenditore ha proposto ricorso sul rilievo che il Tribunale, pur avendo correttamente pronunciato sentenza assolutoria, avrebbe errato nell'adottare la formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato"; la riforma del 2015 ha elevato il valore dell'imposta evasa (da ,00 a ,00 euro); conseguentemente la formula assolutoria esatta era quella di insussistenza del fatto. Ebbene, la Suprema Corte ha respinto il ricorso per carenza d interesse. Gli Ermellini osservano che, a seguito della modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 158 del 2015, con riferimento al reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, articolo 10-bis, la soglia di punibilità è stata triplicata, passando da ,00 a ,00 Euro. L'illecito è oggi così articolato: "è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta". Nel caso di specie, pertanto, è venuta meno la perseguibilità penale del fatto, non essendo state versate ritenute per un ammontare pari a euro ,00, inferiore alla soglia di punibilità introdotta a seguito della novella del Correttamente, quindi, il Tribunale, preso atto della novella legislativa, ha assolto il ricorrente sebbene con una formula errata. Nonostante l errore sulla formula assolutoria, la Suprema Corte non ha ravvisato le condizioni per aderire alla richiesta difensiva, posto che, per giurisprudenza pacifica, l imputato assolto con la formula "perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato" non ha interesse a impugnare allo scopo di ottenere assoluzione con la formula "perché il fatto non sussiste". Secondo la Corte, l imputato non potrebbe trarre alcun vantaggio, neanche sul piano morale, dall applicazione della diversa formula, atteso che il fatto addebitatogli, anche se sussistente e a lui ascrivibile, rientra ormai nell'ambito di un comportamento penalmente non rilevante e quindi lecito. L'innalzamento della soglia di punibilità determina certamente l'irrilevanza penale del fatto contestato: non v'è 9

11 dubbio, infatti, che la modifica trova applicazione anche a coloro che hanno commesso un fatto di omesso versamento di ritenute certificate sottosoglia prima dell'entrata in vigore della nuova norma (22/10/2015). Infatti, in campo penale vige il principio del favor rei e dunque se la fattispecie di reato subisce un'attenuazione, essa si applicherà anche per le violazioni commesse in precedenza. Con particolare riferimento alla formula di annullamento, secondo la giurisprudenza di legittimità in tema di sentenza di assoluzione dell'imputato per mancato raggiungimento della soglia di punibilità individuata dalla norma - nel frattempo elevata a seguito del D.Lgs. n. 158 del va deliberata la formula "perché il fatto non sussiste" e non quella "perché il fatto non è previsto come reato", versandosi in un ipotesi di mancanza di un elemento costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato (Cass. Sez. 3, n. 6105/2016). Nella fattispecie, tuttavia, la Corte ha escluso - per le ragioni esplicitate in precedenza - l'interesse del ricorrente all'impugnazione. Difformemente a quanto sostenuto da lui e dal Procuratore Generale, anche laddove fosse stata adottata la formula terminativa dell'insussistenza del fatto, come nel caso in esame, per la mancata integrazione della soglia di punibilità, la stessa attiene all'inconfigurabilità della fattispecie incriminatrice quanto all'accertamento che non sussiste il fatto che sia stata raggiunta una soglia pari o superiore a quella prevista per la realizzazione del reato, con la conseguenza che è esclusivamente rispetto a tale fatto che, ai sensi dell'art. 652 c.p.p., la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata, come in questo caso, in sede dibattimentale, ha efficacia di giudicato, restando impregiudicata, per assenza di accertamento in sede penale, la questione dell'eventuale mancato versamento delle ritenute operate in misura inferiore alla soglia di punibilità e potendo l'amministrazione Finanziaria procedere in via amministrativa all'accertamento della violazione e all'irrogazione delle relative sanzioni in relazione all'imposta dovuta e non versata, purché sotto soglia. In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 10

12 5. Assoluzione del liquidatore Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza 26 febbraio 2014 Non è punibile per il reato di cui all articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74/2000 il liquidatore di società che non ha versato le ritenute per la mancanza delle risorse necessarie a causa della cattiva gestione dei precedenti amministratori. Il reato di omesso versamento di ritenute certificate è stato addebitato al liquidatore di una società, che però è stato assolto dal Tribunale. Da qui il ricorso della Procura Generale della Repubblica, secondo cui non si poteva escludere la ricorrenza dell'elemento psicologico del reato sulla base della crisi economica dell'impresa, essendo irrilevante tale crisi, in ragione dell'obbligo di accantonare le risorse necessarie per il pagamento delle ritenute regolarmente operate. I giudici penali del Palazzaccio hanno rigettato il ricorso. Il Tribunale ha accertato che, al momento della nomina, l imputato aveva ereditato una perdita di esercizio molto elevata. La società, inoltre, era priva di risorse finanziarie liquide, fonte di molti debiti. Come se non bastasse, i crediti vantati erano per la maggior parte inesigibili. Stando così le cose, il liquidatore aveva tentato di ricavare denaro liquido dalla cessione del marchio e dalla vendita dell unico immobile della società. Questi tentativi, tuttavia, non avevano dato i risultati sperati, sicché si era imposta la scelta di rispondere solo a taluni debiti, tra i quali quelli assunti verso i dipendenti licenziati, poiché tutti in gravi difficoltà economiche. Ebbene, secondo gli Ermellini, nella fattispecie, è fuori discussione l esistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, consistente nella coscienza e volontà di omettere i versamenti. Tuttavia è mancato il collegamento tra la condotta tenuta dal liquidatore e il reato, in quanto la violazione è stata determinata da comportamenti pregressi (dei precedenti amministratori) che hanno reso impossibile al liquidatore di osservare i previsti adempimenti fiscali. In conclusione, la Suprema Corte offre una via d uscita a chi, una volta assunto l incarico di liquidatore, si trovi a dover gestire una situazione finanziaria difficile causata dalla mala gestione dei precedenti amministratori. In questi casi sembra potersi escludere la responsabilità penale, in capo ai soggetti terzi che abbiano fatto del proprio meglio nel gestire la fase di liquidazione. 11

13 6. Colpevole l amministratore che non ricapitalizza Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza del 23/09/2015 n È punibile per il reato di cui all articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000 il legale rappresentante della Spa, che, preso atto delle gravi difficoltà finanziarie dell azienda, non si è attivato tempestivamente per la ricapitalizzazione. Il legale rappresentante in questione è stato condannato per non avere versato, nel termine previsto per la dichiarazione annuale del sostituto d imposta, le ritenute alla fonte relative a pagamenti effettuati e risultanti dalle certificazioni rilasciate ai dipendenti. Allo scopo di ottenere l annullamento della condanna, l amministratore ha invocato l esimente di cui all art. 45 c.p. (forza maggiore), posto che la condotta omissiva era dipesa dall improvvisa crisi di liquidità dovuta dalla perdita dell unico committente (un ente locale). Ebbene, ad avviso della Suprema Corte - che ha confermato il giudizio di responsabilità - l esimente invocata dall imputato è da intendere come vis major cui resisti non potest e quindi consiste in quell evento, proveniente dalla natura o da fatto umano, che costituisce una forza maggiore rispetto a quella che può essere esercitata dall agente ; ne consegue che per poter ravvisare la causa di giustificazione della forza maggiore è necessario aver acquisito la prova rigorosa che la violazione del precetto penale è dipesa da un evento del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto agente. Ma nel caso specifico questa prova rigorosa non è stata fornita. L esistenza di una situazione di sofferenza non è di per sé causa di giustificazione e, nella specie, la società non versava in crisi di liquidità completa ma discutibili sono state le scelte dell organo amministrativo che ha coscientemente scelto di privilegiare il pagamento di alcuni debiti rispetto ad altri, in primis, quelli erariali. Non solo l invocata impossibilità di far fronte all obbligazione tributaria era relativa e non assoluta, ma l imputato è responsabile, per la Suprema Corte, anche per la mancata attivazione, perché era a conoscenza della situazione di sofferenza in cui versava la sua azienda e pertanto avrebbe dovuto puntare a una sollecita ricapitalizzazione. Insomma, a giudizio degli Ermellini, posto che della crisi di liquidità si sapeva già alla data di approvazione del bilancio periodico, l amministratore non ha affrontato la situazione con sollecitudine, tanto è vero che dagli atti di causa è emerso che la convocazione dell assemblea straordinaria dei soci si svolse solo un anno dopo la scadenza del termine per il versamento delle somme contestate e ciò senza che il (omissis) nella sua difesa pur articolata e documentata abbia fornito alcuna valida giustificazione di cotanto ritardo. Dal che la correttezza del verdetto di colpevolezza pronunciato dalla Corte d Appello. 12

14 7. La transazione fiscale evita il reato Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza del 13/02/2017 n Il reato previsto dall articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 non si configura nel caso di transazione fiscale omologata prima che sia scaduto il termine per il versamento. Il Tribunale di Avellino ha annullato il sequestro preventivo della somma di 848 mila euro, in accoglimento dell istanza presentata dal legale rappresentante di una clinica privata, quale indagato del reato di cui all articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del Detta somma corrisponde a quella risultante dai certificati rilasciati ai sostituiti e non versata entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d imposta (nella specie 30/09/2013). Il Tribunale ha escluso la sussistenza del reato perché l indagato, prima della scadenza del termine previsto per il versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni dei dipendenti, aveva concordato, ai sensi dell'articolo 182-ter del R.D. n. 267 del 1942, una transazione fiscale, omologata prima della data del 30/09/2013, che prevedeva il pagamento dei debiti tributari. Ebbene, la Suprema Corte ha deciso di discostarsi dall indirizzo interpretativo richiamato dal Procuratore della Repubblica - nel ricorso presentato contro la sentenza del Tribunale di Avellino - secondo il quale il reato del sostituto d imposta sussiste a prescindere da accordi o transazioni fiscali, perché l'autore conosce in anticipo che non adempirà, nei termini, al versamento del dovuto. Per i Supremi Giudici il reato si configura soltanto se l omologazione della transazione fiscale è successiva alla scadenza del termine previsto per il versamento. Nel caso di specie, l indagato, nella sua qualità di rappresentante legale, prima della scadenza del termine previsto per il versamento delle ritenute (30/09/2013), ha sottoscritto una transazione fiscale ai sensi dell'art 182-ter, R.D. n. 267 del 1942, omologata dal Tribunale, ai sensi dell art. 182-bis, con provvedimento del 12/07/2013. Secondo Cass., Sez. 3, sentenza n del 2015, poiché il reato di omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituti d'imposta ha carattere istantaneo, perfezionandosi alla scadenza del termine di legge, l ammissione al concordato preventivo della società, in epoca successiva alla scadenza del debito erariale, non elide la responsabilità del rappresentante legale. Quest affermazione di principio, ad avviso degli estensori della Sentenza n del 2017, lascia intendere che l ammissione al concordato preventivo in epoca precedente alla scadenza del debito erariale esclude la responsabilità per il reato in questione. Il reato di cui all articolo 10-bis, al pari dell omologo di cui all articolo 10-ter, è unisussistente (cioè si realizza con un'unica azione) e di natura istantanea e si consuma alla data di scadenza prevista per il versamento omesso. Non v'è dubbio, pertanto, che la transazione fiscale omologata successivamente alla scadenza del termine per il versamento dell'imposta non estingue il reato ormai già consumato e ciò anche se la proposta è stata fatta in epoca antecedente. 13

15 Invece la transazione omologata prima della scadenza del termine per il versamento scrivono ancora gli Ermellini incide sulla struttura della fattispecie incriminatrice in modo profondo perché ne muta gli elementi costitutivi e, in particolare, il termine del pagamento, che può essere dilazionato oppure frazionato in più rate, e, nel caso d imposte diverse dall IVA e da quelle armonizzate, addirittura ridotto (con eventuale rimodulazione del debito al di sotto della soglia di punibilità), sostituendo lo stesso titolo del pagamento, costituito non più ormai alla dichiarazione annuale di sostituto d imposta o dai certificati rilasciati ai sostituiti, bensì dalla transazione fiscale. L inadempimento futuro ed eventuale della transazione ne comporta la revoca, ma non anche la reviviscenza del reato. Alla luce di questi rilievi i Supremi Giudici hanno ritenuto corretta la decisione del Tribunale di Avellino, che ha annullato il decreto di sequestro preventivo perché la transazione fiscale era stata omologata in epoca anteriore alla data di scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d imposta. Ne è conseguito il rigetto del ricorso del Pubblico Ministero. 14

16 8. Società in crisi Sequestro per l amministratore senza escussione preventiva del patrimonio sociale Cassazione - Terza Sezione Penale Sentenza 10 luglio 2016 n In tema di omesso versamento delle imposte ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/00, la grave crisi finanziaria in cui versa l impresa giustifica il sequestro preventivo per equivalente sui beni personali dell amministratore, senza preventiva ricerca del profitto nelle casse sociali. La previa ricerca delle somme presso la società diventa inutile quando è accertato che la stessa si trova sull orlo del fallimento. Il caso riguarda il legale rappresentante di una società al quale è stato contestato il reato previsto dall articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 e che, di conseguenza, ha subito il sequestro dei propri beni personali, fino alla concorrenza del profitto confiscabile. Dopo che il Tribunale del riesame ha confermato in toto la misura cautelare disposta dal Gip, della vicenda è stata interessata la Cassazione. Nel giudizio di legittimità, l imprenditore ha lamentato la mancanza dell elemento psicologico del reato, in quanto l omissione era addebitabile esclusivamente a una comprovata crisi di liquidità; in secondo luogo il ricorrente ha assunto l illegittimità del provvedimento di sequestro, perché tale misura è stata disposta direttamente sul patrimonio personale del legale rappresentante, senza alcuna previa ricerca delle stesse somme in via diretta in quello della società; è ciò in violazione del principio espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui in caso di reati fiscali commessi dagli amministratori a vantaggio dell ente, il Pubblico Ministero deve comunque, previamente, verificare l'eventuale disponibilità dell'importo tra i beni sociali. Ebbene, la Terza Sezione Penale del Palazzaccio non ha accolto le doglianze esposte dall indagato. Sul fronte della sussistenza dell esimente della forza maggiore ex art. 45 cod. pen., gli Ermellini affermano che, il Tribunale - con motivazione del tutto adeguata, logica e immune da vizi ha evidenziato che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova in ordine alla non imputabilità a sé medesimo della crisi finanziaria e all'impossibilità di fronteggiarla attraverso concrete misure. L'ordinanza impugnata, pertanto, ha correttamente applicato il principio di diritto in forza del quale, nei reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, l'imputato può invocare l assoluta impossibilità di adempiere il debito d imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non riferibilità a lui stesso della crisi economica che ha investito l'azienda, sia l'aspetto dell impossibilità di affrontare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto (Cass. pen. Sez. 3, n /2014); occorre, cioè, la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un improvvisa crisi di liquidità, quelle 15

17 somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Cass. Sez. 3, n. 5467/2013). Sul punto, quindi, il ricorso dell indagato è apparso infondato; e neppure è stata accolta la seconda doglianza difensiva, relativa all illegittimità del provvedimento di sequestro, ai fini di futura confisca. Previo richiamo dei principi espressi dalla sentenza delle Sezioni Unite n del 2014, la Terza Sezione Penale afferma che Tribunale del riesame ha ben giudicato, evidenziando che la previa ricerca delle somme presso la società non avrebbe sortito alcun effetto, attesa la palese crisi di liquidità in cui versava la stessa S.p.a. al momento dell'esecuzione della misura; quel che, peraltro, risultava anche dalla situazione patrimoniale aggiornata al (omissis), prodotta dal medesimo ricorrente, che rappresentava disponibilità liquide per soli 821 euro. Le Sezioni Unite hanno chiarito, in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, che è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto, derivante dal reato medesimo, non potendosi considerare, in tal caso, la società come persona estranea al reato; ciò, peraltro, solo a condizione che il profitto medesimo - anche sotto forma di risparmio d imposta - sia rimasto nella disponibilità dell'ente e, pertanto, sia suscettibile di aggressione immediata. Nel caso in cui questa non sia però possibile, l'imposizione del vincolo può allora esser disposta per equivalente. Costituisce, poi, consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità quello per cui il PM è legittimato, sulla base del compendio indiziario emergente, a chiedere al GIP il sequestro preventivo nella forma per "equivalente", invece che in quella "diretta", all'esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine al patrimonio dell'ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo invece necessario il compimento di specifici e ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto nelle casse della società o per ricercare in forma generalizzata i beni che ne costituiscono la trasformazione (Cass. Sez. 3, n. 1738/2014); cosicché è legittimo il sequestro preventivo per equivalente anche quando l'impossibilità del reperimento presso l'ente - dei beni costituenti il profitto sia soltanto transitoria e reversibile. Alla luce di questi rilievi, gli Ermellini hanno confermato l ordinanza confermativa del sequestro a carico dell imprenditore, con annessa condanna al pagamento delle spese processuali. Cassazione - Terza Sezione Penale Sentenza 27/02/2017 n In tema di reati tributari, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni del legale rappresentante se questo non dimostra la sussistenza dei presupposti per disporre il sequestro in forma diretta nei confronti della società. Il legale rappresentante di una Srl ha subito un sequestro preventivo di beni fino alla concorrenza di nove milioni e mezzo di euro in relazioni agli ipotizzati reati di omesso versamento di ritenute alla fonte, omesso versamento di IVA e compensazione di crediti d imposta IRAP inesistenti, previsti, rispettivamente, dagli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater del D.Lgs. n. 74 del Il Tribunale del riesame di Roma ha ritenuto legittimo il vincolo cautelare sui beni personali dell amministratore 16

18 in mancanza della prova che il profitto del reato, anche sotto forma di risparmio d imposta, fosse rimasto nella disponibilità della società divenendo, pertanto, suscettibile di aggressione immediata. Con la Sentenza n del 2014, le Sezioni Unite hanno stabilito che la confisca diretta del profitto di reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell'interesse della società, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano rimasti nella disponibilità della persona giuridica medesima; il profitto del reato può consistere nel risparmio di spesa corrispondente alla somma non versata alla scadenza (o nei beni acquisiti mediante il suo reinvestimento); l impossibilità di procedere a confisca diretta del profitto costituisce condizione imprescindibile perché si possa procedere a quella per valore. Si è quindi sostenuto che, quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni del medesimo sul presupposto dell impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca. A giudizio degli Ermellini, il Tribunale di Roma non ha violato questi principi perché, nel caso di specie, nessuna prova dell esistenza di beni nella disponibilità della persona giudica è stata fornita dal ricorrente, sia davanti ai giudici di merito e sia (sotto il profilo dell allegazione di elementi contenuti negli atti e non valutati dai giudici della cautela) nel ricorso in Cassazione; nel ricorso ci si limita a richiamare la giurisprudenza della Corte, senza nulla specificare in concreto. Infatti, nell ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca con riferimento ai reati fiscali, il sequestro (a carico del legale rappresentante della persona giuridica, indagato) è legittimo se l indagato non fornisce prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità delle persona giuridica su cui disporre la confisca diretta e, in sede di legittimità è necessario indicare specificamente gli atti processuali dai quali risultava reperibile presso la persona giuridica il profitto del reato. Il ricorso dell indagato, pertanto, è stato respinto dalla Suprema Corte con addebito delle spese processuali. 17

19 9. Pagamento debito tributario causa di non punibilità - retroattività Cassazione Quarta Sezione Penale Sentenza 9 marzo 2017 n Ai sensi dell articolo 13 del D.Lgs. n. 74/2000, come riformato dal D.Lgs. n. 158/2015, in vigore dal 22 ottobre 2015, il reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate non è punibile se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario è stato estinto mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito di procedure conciliative e di adesione all'accertamento, nonché di ravvedimento operoso. Nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158/15, per il principio del favor rei, il reato di cui all art. 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 non è punibile: tanto nel caso in cui l imputato abbia provveduto all integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; quanto nel caso in cui l estinzione del debito verso l erario sia avvenuta dopo l apertura del dibattimento di primo grado, ma prima del giudicato. Facendo leva sullo ius superveniens (causa di non punibilità ex art. 13 del D.Lgs. n. 74/00, introdotta dall art. 11 del D.Lgs. n. 158/15) il difensore di un imprenditore milanese ha ottenuto dalla Suprema Corte una sentenza di assoluzione, avendo l imputato, prima dell apertura del dibattimento, provveduto a versare l intero importo dell imposta evasa. Gli Ermellini, ai fini della decisione, hanno richiamato il principio affermato da Cass. n /2016, secondo cui: la causa di non punibilità per il pagamento del debito tributario è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 158 (22/10/2015), anche qualora, alla predetta data, era già aperto il dibattimento. La modifica normativa ha attribuito all'integrale pagamento dei debiti tributari, nel caso dei reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, del D.Lgs. 74 del 2000, efficacia estintiva, e non più soltanto attenuante. Il novellato articolo 13 pone come limite di rilevanza della causa estintiva la dichiarazione di apertura del dibattimento; ma la Suprema Corte rileva che la diversa natura giuridica e la più ampia efficacia attribuite alla fattispecie implica, nei procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore del D.Lgs. 158/2015, la necessità di una parificazione degli effetti della causa di non punibilità anche nei casi in cui sia stata superata la preclusione procedimentale. Ciò in quanto la diversa natura assegnata al pagamento del debito tributario, quale fatto che non riguarda più soltanto il quantum della punibilità, ma l'an della punibilità, comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l'imputato debba essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l'efficacia della causa estintiva; ciò è imposto dal principio di uguaglianza, che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali, dovendosi ritenere che il pagamento del debito tributario assuma la medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sia, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 158 del 2015, che avvenga dopo tale limite, purché prima del giudicato; viceversa, si registrerebbe una 18

20 disparità di trattamento in relazione a situazioni uguali in ordine alla quale sarebbe prospettabile una questione di illegittimità costituzionale. Ebbene, nella fattispecie in esame, l imputato ha provveduto al pagamento integrale dell imposta evasa prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Pertanto, per quanto si è detto sopra, gli Ermellini hanno ritenuto esistenti i presupposti di fatto che giustificano l applicabilità della causa di non punibilità. Perciò la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio sussistendo i presupposti applicativi della intervenuta causa di non punibilità di cui all art. 13, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 nella vigente formulazione. 19

21 10. Mod. 770 sufficiente per il sequestro funzionale alla confisca Cassazione Terza Sezione Penale Sentenza 17 novembre 2016 n Nel reato di omesso versamento di ritenute ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000, rispetto alle violazioni commesse prima dell entrata in vigore del D.Lgs. 158 del 2015, che ha riformato la fattispecie incriminatrice, il Modello 770 non è sufficiente a provare la responsabilità del sostituto d imposta, tuttavia può bastare ai fini dell applicazione della misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca. La Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto da un legale rappresentante di società, al quale è stato contestato il reato di omesso versamento di ritenute certificate ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del I giudici di legittimità hanno confermato l ordinanza del Tribunale che, in sede di riesame, ha mantenuto fermo il provvedimento di sequestro per equivalente disposto dal GIP, fino alla concorrenza di poco meno di 800 mila euro. La difesa ha fatto leva, principalmente, sull orientamento di legittimità secondo cui, con riguardo ai fatti commessi prima del 22 ottobre 2015 (data di entrata in vigore del riformato articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74 del 2000), il Modello 770 non è prova adeguata dell elemento oggettivo del reato, sicché l imputato deve essere assolto in mancanza di prova diretta del rilascio della certificazione delle ritenute ai sostituiti. Ebbene, l osservazione difensiva non ha sortito l effetto sperato. Gli Ermellini, nel rigettare il ricorso dell indagato, affermano il seguente principio di diritto: Per i fatti antecedenti alla modifica legislativa (ad opera del Decreto Legislativo 158/15, articolo 7) dell articolo 10 bis del Decreto Legislativo 74/00 è richiesta la prova del rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro non essendo sufficiente la dichiarazione (Modello 770), ai sensi dell articolo 2, comma 4, del cod. pen.; in sede di valutazione del fumus commissi delicti, per il sequestro preventivo per equivalente, il giudice del riesame può, tuttavia, ritenere sussistente il fumus dalla dichiarazione (770) e da altri elementi, con motivazione adeguata non sindacabile in Cassazione ai sensi dell articolo 325, comma 1, cod. proc. pen. che ammette il ricorso solo per violazione di legge. Nel caso di specie, osservano gli Ermellini, il Tribunale del Riesame, con apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità, ai fini del fumus cautelare ha desunto il rilascio delle certificazioni dal contenuto del Modello 770. Osserva ancora il Supremo Collegio che, nella fattispecie, l omesso pagamento delle somme, indicate nella dichiarazione, è rilevabile dagli accertamenti della Guardia di Finanza e che in sede di giudizio il P.M. dovrà provare il rilascio delle certificazioni. 20

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