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2 2 L Editoriale FRATELLO, SORELLA... abbi la pazienza di leggere queste righe. Non ho cose molto nuove da comunicarti, anzi sono antiche ma anche nuovissime. L evangelizzazione durerà quanto la Chiesa: fino all ultimo istante di questo mondo, di questa nostra terra stupenda e tribolata. Lo abbiamo ricordato molto spesso, in tutte le circostanze ed occasioni. Lo abbiam detto per consacrati e per ogni battezzato. È una cosa molto antica: parte dal testamento di Gesù, dal suo ultimo comando: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura (Mc. 16,15). E gli apostoli (=mandati) partirono, si dispersero per il Mondo allora conosciuto e, senza lasciarsi vincere dalla paura di soffrire e di morire uccisi per il Vangelo, annunziarono la Parola del Signore in tante parti della terra. Anche nelle nostre comunità, anche nella nostra terra polesana c è sempre bisogno di annunziare, di predicare il Vangelo. Anche tra noi ci sono quelli che hanno abbandonato il riferimento al Signore, che non hanno mai gustato una riga soltanto del suo vangelo, che non hanno gioito della sua grazia. A tutte queste persone, di varia situazione spirituale, ma bisognose comunque di incontrare il Signore Gesù, deve essere annunciato il Vangelo. È ben noto che la Parola è necessaria per suscitare la fede perché questa virtù, senza la quale è impossibile piacere a Dio, nasce dall ascolto, dal credere a Dio che ci parla, dal fidarci di Lui che a noi si rivolge. La cosa necessaria è che tutti siamo realmente convinti del primato dell evangelizzazione, dell indispensabilità che questa attenzione non venga mai meno: poi le forme, le modalità concrete si sapranno trovare ed inventare secondo le possibilità e le disponibilità di persone, di mezzi e di occasioni. Tutti siamo convinti che in una parrocchia non possano mancare i catechisti: tutti dobbiamo essere pienamente persuasi che in una parrocchia non debbano mancare gli evangelizzatori prima di ogni altra disponibilità, prima di ogni altro impegno singolo e comunitario. Quanto siamo riusciti a realizzare nelle nostre comunità lo scorso anno è già molto, relativamente, ma ancora molto lontano dall ideale di un annunzio continuo, capillare ed incisivo. Per questo motivo non basteranno mai le persone, uomini, donne e giovani che, sfidando musi e rifiuti, ma godendo anche di calda accoglienza, vadano per le case delle nostre comunità a portare il vangelo del Signore, nel prossimo anno liturgico, quello di s.luca lo scriba della mansuetudine di Cristo. È il vangelo che ci sarà proposto nell anno liturgico 2015/2016 e che, stupendamente, si armonizza con il Giubileo della misericordia indetto da Papa Francesco a partire dall otto dicembre del corrente anno. Ma la fede che la Parola accolta fa germinare in noi ed alimenta sempre più deve essere continuamente compresa, approfondita, fatta propria come esperienza di vita. Ecco quindi la necessità della catechesi per tutte le età e per tutte le stagioni. È sempre necessario che sia vinta l idea infondata che la catechesi sia soltanto per i fanciulli, alle volte sopportata come tassa per essere ammessi alla festa della Prima Comunione e/o della Cresima. Mai abbastanza conosciamo il Signore, mai adeguatamente riusciamo a tradurre in esperienza vissuta quello che diciamo di credere. Ma la fede, che agisce mediante la carità, deve tradursi in testimonianza dell amore e del servizio verso i più deboli, verso i più bisognosi, verso chiunque, in qualche maniera, ci rappresenti l Unico Salvatore. E tutto dovrà ritornare all altare, alla s.liturgia, fonte e culmine della vita della Chiesa, perché ogni nostra impresa pastorale, ogni nostro impegno variamente espresso possa diventare sacrificio a Dio gradito e fonte di grazia per ognuno e per tutti. Ma nulla potrà fare, nessuna iniziativa avrà esito positivo se non ci saranno, numerosi e motivati, collaboratori per le varie urgenze pastorali. La nostra preghiera e, per quanto possiamo, il nostro impegno, sarà perché tutti gustino la gioia del credere, il gaudio dell annunzio, il gaudio della crescita nella fede e nella grazia, la letizia della carità vissuta e donata, l esultanza dello spirito per celebrare e vivere le meraviglie del Signore. In tal modo, ognuno e tutti, daremo il nostro contributo perché la nostra comunità pastorale sia famiglia, famiglia dei figli di Dio. Don Vittorio

3 Lettere in Redazione 3 PREGHIERE PERICOLOSE Rev.do don Vittorio Dialogando in materia di fede con una gentile signora di mia conoscenza si è confidata con me che non crede necessarie le preghiere che insegna la Chiesa come fossero delle ripetizioni imposte. Si riferiva al Padre Nostro, all Ave Maria, alla Salve Regina. Mi sembrano parole. Mi sembra che se conoscesse il valore, l importanza, la provenienza di tali preghiere, (non sono invenzioni della Chiesa come lei crede) saprebbe apprezzarle e cambiare parere. Ho creduto opportuno rivolgere a Lei tali riflessioni perché ci aiuti a illuminare la nostra debole fede. Cortesemente ringrazio Lendinara, 3/5/2015 Una parrocchiana La preghiera è dialogo di amore della creatura con il suo Creatore. Un dialogo che diventa contemplazione estasiata, adorazione convinta, richiesta di perdono, domanda di aiuto. L umanità, da sempre, in tutte le tradizioni religiose, ha espresso tutto questo con parole, con formule: la Bibbia non sfugge a questa legge che riguarda tutti gli umani. Come è noto, le preghiere ricordate, sono bibliche ed ecclesiali. Il Padre nostro è tutto di Gesù; l Ave Maria, come la diciamo noi, è per metà della s. Scrittura e, per il resto, proposta dalla Chiesa; la Salve Regina, spesso attribuita a s. Bernardo, è, quasi sicuramente, di Aimaro, vescovo di Le Puy (sec. XI). Certamente il rischio che le formule siano pensate come sostanza e che il pregare si riduca ad un meccanico ripetere parole è vero e bisogna costantemente vigilare perché questo non avvenga. Nella preghiera personale si può anche farne a meno: anzi, più ci si avvicina a Dio, come insegnano i santi, meno si ha bisogno di parole. Nella preghiera fatta insieme, evidentemente, abbiamo bisogno di formulari comuni per fondere voci e sentimenti. E quali formule più belle di quelle insegnateci da Gesù, proposte nei vangeli o derivanti dalla millenaria tradizione della Chiesa? Usiamo pure queste formule splendide: importante che le usiamo bene e che ci aiutino a crescere nell adesione al Signore e nella testimonianza al suo vangelo. D.V. COMUNIONE NECESSARIA? Rev.do don Vittorio Come si può dimostrare ad una persona cattolica, cristiana e praticante che crede nel valore della preghiera come rapporto diretto con Dio ma non crede importante la S. Comunione settimanale, pur credendo nella frequenza alla S. Messa? Ho pensato di rivolgermi a Lei per una illuminata e convincente risposta in merito. Anticipatamente la ringrazio per la sua cortese attenzione in fiduciosa attesa. Lendinara, 1/5/2015 Una lendinarese Direi subito d invitare questa sua

4 4 interlocutrice ad andarsi a leggere e meditare il capitolo sesto del vangelo di Giovanni. La necessità dell Eucaristia partecipata, logicamente con la s. Comunione, è divinamente proclamata. Il vangelo di Giovanni ci dice anche che Gesù è venuto perché avessimo la vita e l avessimo in abbondanza. (Gv. 10,10). E legge di natura, ed è ancor più legge di grazia, che la vita debba essere alimentata. Rimando ancora al capitolo sesto di s. Giovanni da cui, come conclusione, traggo il verso 58: Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. D.V. CREDENTE NON PRATICANTE Rev.do don Vittorio, sento spesso dire: sono credente ma non praticante. Lo sento dire alla TV da persone di un riconosciuto comportamento onesto e morale. Che vuol dire? Come può essere? Nella mia piccola mente mi viene da dire: se credi, in Dio quindi, perché non fai ciò che insegna. Dio non parla direttamente ma attraverso segni e persone. Se non ti accorgi dei segni, il creato per esempio, se non credi alle persone, in primis all unica Persona che merita ascolto che è Gesù Cristo che parla nella Sua Chiesa, a che cosa credi? Come ti puoi dire credente? Perdoni se ho le idee confuse, per questo ho pensato a Lei che so illuminato e competente in queste materie. Anticipatamente la ringrazio e rispettosamente la saluto. tutte le virtù e le buone qualità, deve essere alimentata costantemente con l ascolto della Parola, con la pratica dei sacramenti, con una vita condotta, pur con tutte le debolezze di questo mondo, secondo il vangelo. Diversamente questa pianta delicatissima ingiallisce, intristisce e muore e/o si riduce a qualcosa di vago, senza sugo, senza colore, senza incidenza significativa nella vita delle persone. Quanto alle persone di un riconosciuto comportamento onesto e morale c è da ringraziarle per la loro testimonianza, variamente spiegabile, e, come credenti, da renderne lode a Dio. Il comportamento corretto ed altruista di non poche persone agnostiche o dichiaratamene non credenti fa nascere certamente un interrogativo. Se si può essere moralmente corretti e solidali anche senza una fede praticata, a che cosa serve credere? Mi sembra logico rispondere che il credente nel Dio- Amore non si dona agli altri per naturale e quasi istintivo trasporto (cosa comunque sempre buona se c è) ma per obbedire alla carità di Cristo Signore, per riamare Lui amando i fratelli. Idealmente, nel cristiano, per dirla con il Beato Paolo VI, la simpatia (=carità) deve essere voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea. Se è così e se si fa in modo che sia così, non mancherà mai, anche quando non ne avessimo nessuna voglia, un esercizio vero, concreto, attento soprattutto agli ultimi, l esercizio della carità fraterna. Queste persone ricordate, tuttavia, avvertono certi cristiani all acqua di rose, che non può esistere un Lendinara, 7/7/2015 Una persona in ricerca Quella del credente non praticante è una storia vecchia, che spuzza di muffa. Sarebbe come dire che un marito vuole tanto bene alla consorte ma non glielo dice mai, non trova mai l occasione per manifestarlo, non compie azioni distinte e significative che dicano attenzione premurosa, stima sincera, volontà di collaborazione e di aiuto, amore pieno, totale, gratuito e ricco di testimonianze vissute. Ma un credente che non pratica, ammesso che questo possa durare a lungo, che cosa si riduce a credere, in Chi alla fine realmente crede? E tutto da scoprire! Anche la fede, come

5 vero esercizio della fede cristiana che non diventi carità concretamente vissuta. Le sue considerazioni, che sono già una risposta alle obiezioni ricordate, sono sicuramente da accogliere e spero che, con gli spunti di riflessione da me esposti, possano aiutare qualche cristiano non praticante ad essere un cristiano e basta. D.V. DRAMMA MIGRANTI /1 L Europa è un continente in cui il cristianesimo è maggioritario e i cattolici sono circa il 30%; come si spiega la forte indifferenza, se non rifiuto, in tema di accoglienza, e il fatto che le parole del S.Padre destino sempre, quasi, più stupore che consenso? Certamente anche da noi c è la crisi economica, ma possibile che non si possa interrogare il cuore invece di mettere a tacitare il messaggio cristiano? Lendinara, Luca Tavian Che l Europa, storicamente, sia, in grandissima parte, cristiana è impossibile negarlo: soltanto un cieco di fatto, o per scelta, non lo può ammettere. Che poi questo dato storica sia accolto e considerato da tutti è chiaramente da escludere: basti ricordare la vicenda tragico-comica della costituzione europea. In quel testo si ricordavano tutti gli apporti culturali, partendo dal mondo greco-romano e si saltava, a piè pari, interamente la parte della presenza cristiana. Il preconcetto anticristiano, di origine laicista-giacobina, è così grande da finire nel ridicolo e nell abdicazione all intelligenza e alla obiettività più elementare. Con queste premesse appena accennate, è difficile che ci si possa appellare a motivazioni cristiane per affrontare, in modo intelligente e solidale, il dramma degli immigrati. È soltanto da sperare che un sussulto di comune umanità, di un minimo di normale solidarietà, si manifesti, come pare sti avvenendo in queste settimane, per dare uno sbocco sopportabile a questa situazione veramente tragica. Quello che rattrista molto il credente è che ci siano degli assidui frequentatori della messa domenicale, dei baciapile, dei rosarianti, dei maniaci di pellegrinaggi o simili che applaudono a chi vorrebbe ricacciare in mare, magari sparando nei barconi, tutti i migranti e che continua a blaterare di soluzioni miracolistiche al problema contro l evidenza delle difficoltà del caso. Questi buoni cristiani (che buoni non sono) che non infestano soltanto l Italia, dovrebbero andarsi a leggere e meditare la pagina del vangelo di Matteo (25, 31 ss.) che ci narra del giudizio universale: saremo giudicati sull amore a Dio e quindi ai fratelli, partendo dai più disagiati: tutto il resto è funzionale a questo scopo unico. È sempre desiderabile, e doveroso, che chi cerca d essere coerentemente cristiano, si dia da fare, solo e in forma comunitaria, per soccorrere nell immediato e per ragionare, con mente e cuore aperti, ripeto ragionare e non urlare, per affrontare il problema alla sorgente. Anche questo, anzi soltanto questo, è il modo, come ci ha detto s.giacomo la domenica 13 settembre, per far sì che la fede si manifesti concretamente con le opere. D.V. 5 DRAMMA MIGRANTI / 2 Rev.do don Vittorio La Chiesa, come tale, quindi tutti noi battezzati, come ci interroghiamo sul problema dei migranti? È da chiedersi, con un problema così immane, persone come noi che, tirando la cinghia, come si dice, a fatica si arriva a fine mese (quando ci si arriva) non potendo, se non in modo simbolico, aiutarli economicamente, in concreto, per andare con serenità a ricevere Gesù Eucaristia, cosa possiamo

6 6 fare? Esiste una risposta? Se ce la può dare la ringrazio anticipatamente. Lendinara, 09/09/2015 Andrea Ero incerto se rispondere alla sua lettera perché poteva portarmi a ripetere quello che ho risposto nella domanda del carissimo Luca. Mi sono deciso a farlo perché mi offre l opportunità di dimostrare che la Comunità ecclesiale italiana non è rimasta a braccia conserte nel parlare di migranti, contro quello che, con gusto, a dir poco, discutibile, ha affermato il Governatore del Veneto. In Avvenire del sono comparse alcune cifre i migranti aiutati spontaneamente, i profughi ospitati da Caritas, i poveri italiani e stranieri aiutati. A queste cifre, al ribasso, si potrebbero aggiungere le puntualizzazioni delle diocesi di Treviso e Vittorio Veneto, che sono della provincia di Treviso, dalla quale viene il nostro ineffabile Governatore. Che la Chiesa sia brava soltanto a parlare, come sembrano insinuare certuni, è chiaramente falso e paurosamente maliziosissimo. Che poi si chieda al Papa di ospitare in Vaticano tutta la folla di migranti in uno stato che ha sì e no mille abitanti con un territorio di Km quadrati 0,44 (quasi 140 volte più piccolo della Repubblica di s. Marino) è fuori d ogni barlume di intelligenza e di serietà. Nonostante tutto, è sempre bene raccogliere le provocazioni, anche se scarsamente razionali ed obiettive, ed intensificare il più possibile quello che già si cerca di fare grazie a molti credenti e praticanti che parlano meno e fanno di più e rendono possibile il soccorso a tanti sventurati. L invito ultimo del Papa (scrivo il giorno 9 settembre) ad ogni parrocchia di ospitare una famiglia, può concretizzarsi, con la più ampia disponibilità, usufruendo di quanto si può avere ancora a disposizione. È quanto mai evidente che simili cose non si possono fare dando strutture e case ai primi che arrivano, senza un minimo di garanzia: tutto va ragionato e ponderato per fare le cose nel modo migliore possibile. Certamente l amore incomincia da se stessi, si espande verso familiari e vicini, ma appunto, perché amore, non si ferma mai. È la strada che ricordo anche nell altra lettera accennata, e che ogni cristiano dovrebbe avere sempre chiarissimamente innanzi agli occhi, alla mente e al cuore. Rimanga come ricordo ed impegno quello che ci dice il Divino Maestro: In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l avete fatto a me (Mt.25,4). D.V. CRISTIANO QUINDI MISSIONARIO Rev.do don Vittorio, osservando con ponderata obiettività non c è proprio da stare allegri di come vanno persone e cose di questo mondo. Come credente ci conforta l invito del nostro S.Padre Francesco: non lasciatevi rubare la speranza. Come a dire le cose possono cambiare. Mi domando, come credente, praticante nel mio piccolo, povera persona della strada, ma pur sempre figlia di Dio, quale può e deve essere il mio atteggiamento, il mio impegno in questo scenario più grande di me, per sentirmi parte viva e non passiva, come deve essere ogni cristiano, come disse Beato Paolo VI: un cristiano se non è missionario non è cristiano. Quale missione? Penso che tante persone e parrocchiani la pensino come me, abbiano questi interrogativi. Spero nella sua illuminata e preparata competenza, mi possa dare un altrettanta illuminata risposta, che ritengo, non sarà facile. Anticipatamente ringrazio per la sua sempre cortese paziente attenzione Lendinara, M. Il tema non è nuovo e, non soltanto perché ce lo raccomanda Papa Francesco, mi sta molto a cuore, come i buoni parrocchiani avranno compreso. Che i battezzati siano per natura missionari è fuori d ogni discussione. È anche indiscutibile che si è chiamati ad essere missionari innanzitutto con lo stile della propria vita, con la testimonianza di fede e di carità, che riusciamo ad offrire. Brevemente direi che non bisogna, e non soltanto perché ce lo ripete il Papa, non farci rubare la speranza, non essere profeti di sventura come direbbe s. Giovanni XXIII, non proporci come catastrofisti per missione. Basta leggere qualche pagina di storia, vicina o lontana,

7 per constatare che l umanità ha conosciuto periodi ben più oscuri e tragicamente scombinati. È sempre utile, direi anzi necessario, conoscere al meglio la realtà, non essere vittime dei luoghi comuni, delle solite lamentele, trite e ritrite. Misurare le proprie forze e, possibilmente con altri in situazioni simili, fare quello che si può e magari un padre spirituale ci può indicare. Anche se è molto poco, quello che riusciamo a combinare in termini contabili, è sempre molto se ci mettiamo tanta fede e quanto basta di amor di Dio. Il piccolo tassello che mettiamo noi non lo metterà nessun altro: nella visione globale del Regno di Dio sarà sempre importante e prezioso. Tutto da fare con misura e con garbo, come amava dire sempre s.giovanni XXIII. Per dirla con un esempio, anche una medicina importante non va somministrata tutta subito: ciò potrebbe essere fatale. È invece necessario dosarla con intelligenza in base anche alla situazione dell ammalato in cura. Fuori d esempio, alle volte il troppo zelo ottiene l effetto contrario perché non lascia il tempo necessario al lavorio della grazia. La parola detta con semplicità, la testimonianza proposta con simpatia e cordialità sono il modo migliore per seminare: con la grazia di Dio certamente qualcosa di bello nascerà. D.V. IL SIGNORE INGIUSTO? Rev.do don Vittorio, così parlando, amichevolmente, con una signora, credente, mi ha fatto questa affermazione. Il Signore non ha fatto le cose con giustizia. Perché ci sono delle persone che hanno tanti doni, sanno fare tante cose, sono anche a servizio degli altri, ma ricevono anche tante soddisfazioni per quello che sanno fare, e altre invece hanno tanti meno doni? A tutti piacerebbe averne tanti, come mai questa differenza? Non lo trovo giusto! Si può rispondere a questa domanda, a questa obiezione? Ci servirà a capire meglio l operato di Dio. La ringrazio per la Sua cortese e sempre illuminata risposta. Rispettosi ossequi. 7 Lendinara, 18/6/2015 D.G. La sua interlocutrice considera Dio un ragioniere poco capace. Tutto dovrebbe, secondo questo pensare, essere pesato e soppesato perché tutti siano uguali. Eppure basta riflettere un pochino per comprendere che questo approccio a simili interrogativi è radicalmente sbagliato. Anche un non credente sa bene che ognuno di noi è un insieme di doni. La vita, la salute, l intelligenza, la memoria, le occasioni e possibilità per realizzarci, e non vado oltre nell elencare, sono totalmente, o in grandissima misura, doni. Lo ricordava anche s. Paolo ai Corinti, sempre tentati d andare orgogliosi per le loro qualità. Che cosa possiedi che tu non l abbia ricevuto? E se l hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l avessi ricevuto? (1 Cor. 4,7) E se Dio è fonte libera di tutto, se noi nei suoi confronti non possiamo vantare alcun diritto ma soltanto

8 8 ringraziare per quanto abbiamo ricevuto, comprendiamo come sia errato il modo di ragionare che Lei ricorda. Che Dio faccia come gli pare e piace, non dovendo rendere conto a nessuno, è chiaramente esposto anche nella parabola degli operai mandati nella vigna ad ore diverse e pagati allo stesso modo (Mt. 20,1-16). L importante, per il nostro ultimo fine, non è la quantità e la vistosità dei doni umanamente considerati ma l uso che riusciamo a farne per rendere gloria a Dio e per servire i fratelli. E così, un credente, anche con molto poco, può diventare grande innanzi a Dio e nella Chiesa per la fede vissuta, per la speranza praticata, per la carità mai spenta. Preghiamo perché accogliamo riconoscenti i doni di Dio, pochi o tanti che siano, e ne facciamo mezzo ed occasione per celebrare sempre e comunque le meraviglie del Padre di ogni bontà. LA TOMBA DI SAN GIUSEPPE D.V. Rev.do don Vittorio, mi è stata rivolta una domanda che ha suscitato la mia curiosità. Di Gesù è stato trovato il sepolcro vuoto che conferma la Sua Resurrezione e il Suo corpo si è ricongiunto alla Sua anima. Di Maria il sepolcro non c è perché è stata assunta in cielo dagli angeli in anima e corpo mentre era con Giovanni che l aveva presa nella sua casa. Ma s.giuseppe dove è stato sepolto? Egli è morto e certamente fu sepolto come tutti noi. Ma dove? Confido nella sua paziente e competente risposta di cui la ringrazio. Lendinara, Barbara N. Di s.giuseppe parlano soltanto i vangeli autentici (=canonici) di Matteo e di Luca. Come di solito avviene, essi dicono delle persone quanto occorre sapere per la missione cui sono chiamate. Di Giuseppe ci è detto che garantisce la paternità legale al Figlio di Dio fatto uomo, che assicura al Salvatore la discendenza davidica, che lo protegge perché possa compiere l opera che deve realizzare. Di lui non si registrano parole ma soltanto comportamenti improntati a fede grande e a totale obbedienza alla volontà di Dio. Della sua vita, non ci è detto moltissimo e tanto meno ci è narrata la sua morte. Questo silenzio dei vangeli canonici, come in tante altre occasioni, è stato coperto da scritti apocrifi e molto tardivi. Secondo queste fonti, per nulla attendibili, Giuseppe avrebbe sposato Maria già vedovo e dopo gli ottant anni e avendo già dei figli che sarebbero quelli nominati, come fratelli di Gesù, nei vangeli. Sarebbe morto ben oltre i cent anni e in forma fino all ultimo. Alla sua morte, come la tradizione racconta, avrebbero assistito Gesù e Maria e ne avrebbero affidata l anima benedetta agli arcangeli perché la portassero nella gloria dei cieli. Sarebbe stato sepolto, quindi, nella tomba di famiglia che evidentemente non c è più e non si hanno neppure i suoi resti mortali. Da quanto ho cercato di sapere, non mi risulta che ci siano località che rivendichino l onore di custodire il suo corpo, o parti del suo corpo, come è invece per altri santi. Una semplice curiosità ci è diventata occasione per ricordare il ruolo straordinario che Dio misericordioso ha affidato a questo suo servo fedele e la sua straordinaria santità: egli infatti era un uomo giusto. D.V.

9 Chiesa MISERICORDIOSI COME IL PADRE Il senso del giubileo spiegato dal papa 9 Risuona ancora in tutti noi il saluto di Gesù Risorto ai suoi discepoli la sera di Pasqua: «Pace a voi!» (Gv 20,19). La pace, soprattutto in queste settimane, permane come il desiderio di tante popolazioni che subiscono la violenza inaudita della discriminazione e della morte, solo perché portano il nome cristiano. La nostra preghiera si fa ancora più intensa e diventa un grido di aiuto al Padre ricco di misericordia, perché sostenga la fede di tanti fratelli e sorelle che sono nel dolore, mentre chiediamo di convertire i nostri cuori per passare dall indifferenza alla compassione. San Paolo ci ha ricordato che siamo stati salvati nel mistero della morte e risurrezione del Signore Gesù. Lui è il Riconciliatore, che è vivo in mezzo a noi per offrire la via della riconciliazione con Dio e tra i fratelli. L Apostolo ricorda che, nonostante le difficoltà e le sofferenze della vita, cresce tuttavia la speranza nella salvezza che l amore di Cristo ha seminato nei nostri cuori. La misericordia di Dio si è riversata in noi rendendoci giusti, donandoci la pace. Una domanda è presente nel cuore di tanti: perché oggi un Giubileo della Misericordia? Semplicemente perché la Chiesa, in questo momento di grandi cambiamenti epocali, è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio. Questo non è il tempo per la distrazione, ma al contrario per rimanere vigili e risvegliare in noi la capacità di guardare all essenziale. E il tempo per la Chiesa di ritrovare il senso della missione che il Signore le ha affidato il giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre (cfr Gv 20,21-23). E per questo che l Anno Santo dovrà mantenere vivo il desiderio di saper cogliere i tanti segni della tenerezza che Dio offre al mondo intero e soprattutto a quanti sono nella sofferenza, sono soli e abbandonati, e anche senza speranza di essere perdonati e di sentirsi amati dal Padre. Un Anno Santo per sentire forte in noi la gioia di essere stati ritrovati da Gesù, che come Buon Pastore è venuto a cercarci perché ci eravamo smarriti. Un Giubileo per percepire il calore del suo amore quando ci carica sulle sue spalle per riportarci alla casa del Padre. Un Anno in cui essere toccati dal Signore Gesù e trasformati dalla sua misericordia, per diventare noi pure testimoni di misericordia. Ecco perché il Giubileo: perché questo è il tempo della misericordia. E il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti, a tutti, la via del perdono e della riconciliazione. La Madre della Divina Misericordia apra i nostri occhi, perché comprendiamo l impegno a cui siamo chiamati; e ci ottenga la grazia di vivere questo Giubileo della Misericordia con una testimonianza fedele e feconda. Francesco CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI GIUBILARI A PAG. 20

10 10 Diocesi L Anno santo... a casa nostra Quello che stiamo iniziando è un Anno straordinario Esso invita i fedeli praticanti a «riscoprire l amore di Dio che perdona»ea«ritrovare l entusiasmo di comunicare la fede cristiana» ai parrocchiani non praticanti e non credenti. Quali sono le esperienze cristiane da vivere in questo anno ? Ricordo le prime tre esperienze più importanti da vivere nel Giubileo. 1. Mettiamoci in ascolto della parola di Dio Il Giubileo della misericordia ci chiede di assumere questo primo impegno: metterci in ascolto della parola di Dio, per lasciarci guidare da essa nel cammino della vita. Il Giubileo invita tutti i cristiani, praticanti e non praticanti, a partecipare ai centri di ascolto e ai gruppi biblici che ciascuna parrocchia è chiamata a fare nelle case, a partire dall imminente mese di ottobre. Ciò significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta. In questo modo è possibile contemplare la misericordia di Dio e assumerla come proprio stile di vita. 2. Riscopriamo il sacramento della Riconciliazione In questo Giubileo della misericordia siamo invitati a mettere al centro della nostra vita anche il sacramento della Riconciliazione, per ricevere la misericordia di Dio, per toccare con mano la grandezza della misericordia di Dio e per condividerla con i nostri fratelli e sorelle. Sappiamo che in questi ultimi anni è molto diminuito il numero dei cristiani che vengono a celebrare il sacramento della Riconciliazione, la Confessione. Ma l assenza da questo sacramento finisce col soffocare la nostra fede e la nostra carità. IlPapaFrancescociraccomanda con la Bolla di indizione del Giubileo di porre al centro della nostra vita con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia di Dio (MV 17) e ci aiuta a rendere nuova, bella, gioiosa la nostra vita. Egli raccomanda anche ai sacerdoti confessori di essere segno del primato della misericordia di Dio. 3. Portiamo la consolazione ai poveri Il Giubileo della misericordia chiama tutti noi cristiani a curare le ferite della gente con le opere di misericordia corporali e spirituali. Sappiamo che le ferite sono tante. Ce le ricordano quelle opere di misericordia che abbiamo imparato da bambini a catechismo. Durante il Giubileo siamo chiamati a riflettere sulle opere di misericordia corporale e spirituale, ma siamo chiamati soprattutto a praticarle. Noi cristiani siamo chiamati a curare queste ferite, a lenirle con l olio della consolazione, a fasciarle con la misericordia e a curarle con la solidarietà e l attenzione. Stiamo attenti: non dobbiamo cadere nell indifferenza! Noi cristiani siamo chiamati a portare con gioia un gesto di consolazione ai poveri, ad annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, a restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e a restituire dignità a quanti ne sono stati privati. + Lucio Soravito, vescovo

11 Mentre leggerete queste righe, sicuramente, almeno lo spero, saranno in pieno svolgimento le operazione per l elezione del nuovo Consiglio Pastorale Comunitario (C.P.C.). È un esperienza nuova che le nostre tre parrocchie, già chiamate a camminare insieme a motivo dell unico Parroco e Collaboratori, sono tenute a realizzare. Non sarà inutile ricordare alcune cosette importanti. Abituati a Consigli comunali o di Consulta locale, potremmo pensare al C.P.C. come ad una sorta di parlamento: non è così, non può essere così! Il motivo è semplice e determinante: nella Chiesa il potere, come in un regime democratico, non appartiene al popolo; nella Chiesa siamo tutti servi! Il primo di tutti è il servo dei servi di Dio, il Papa: tutti gli altri a seguire. Nella Chiesa l unica autorità è del Signore Gesù, è nel Signore Gesù. A che cosa serve allora un C.P.C e, più in grande, un Sinodo diocesano, o universale, un consiglio pastorale diocesano, un concilio ecumenico? Sono mezzi e strumenti che impegnano i partecipanti, in nome proprio e dei fratelli nella fede, a mettersi in ascolto del Signore e di quello che ci indica mediante il suo Santo Spirito, per rispondere alle domande di misericordia e di grazia che vengono dal mondo. Il nostro C.P.C. sarà uno strumento valido se sapremo metterci tutti in attento ascolto della Parola di Dio, se, fraternamente, gareggiando nello stimarci a vicenda, cercheremo il migliore bene possibile per la nostra Comunità. Certamente bisogna anche votare. Ma ciò non è per stabilire chi ha vinto, chi può comandare: è soltanto uno strumento per verificare l incidenza delle opinioni e vedere quindi la strada migliore per affrontare i problemi che nascono. È indubbio che anche in Comunità, come in Diocesi e nella Chiesa universale, occorre ad un certo punto dire una parola ultima e sicura. Ecco perciò Comunità Pastorale IL CONSIGLIO PASTORALE COMUNITARIO Al via le operazioni per l elezione nelle tre parrocchie che il Parroco, a nome del Vescovo, è chiamato a sanzionare quello che un Consiglio può indicare. Le modalità elettive, non semplicissime, vogliono comunque assicurare il massimo di libertà di scelta dei componenti del C.P.C. I fratelli e sorelle di Saguedo-Barbuglio, non arrivando a 800 in tutto, non si impauriscono se sono chiamati a camminare insieme con i fedeli di s.sofia che è oltre cinque volte tanto; i numeri sono importanti ma non sono tutto. La cosa necessaria sarà sempre la ricerca della fedeltà all evangelo del Signore e delle risposte da dare alle esigenze pastorali che si vanno ponendo. Occorre veramente gareggiare nella stima, nell impegno concorde, nella ricerca convinta e appassionata del meglio evangelico possibile. Se potessero emergere problemi particolari, è fuori d ogni dubbio che non mancheranno rispetto e considerazione affinchè tutti e ciascuno si trovino a loro agio e si sentano veramente valorizzati. È già molto partecipare all elezione: spetterà ai prescelti fare il possibile perché la nostra Comunità Pastorale sia veramente testimonianza viva di fede, di speranza e di carità. Il Parroco 11

12 12 Ottobre missionario Abitare la strada con i poveri Essere missionari oggi in mezzo ad una umanità che si sposta Abitare la strada con i poveri è stato il tema dell ottavo Convegno Nazionale Missionario dei CMD tenutosi a Fiuggi dal 10 al 12 settembre. E stato ribadito con forza che come cristiani-missionari dobbiamo avere la consapevolezza di percorrere la strada del tempo per approdare ad un scenario nuovo: La missione è allo stesso tempo soggetta al cambiamento e protagonista del cambiamento. Va incontro ai poveri che stanno camminando sulle strade e cerca di incontrare quelli che stanno arrivando con le loro esigenze e le loro necessità. E il tempo di una Chiesa profetica in grado di intuire i segni dei tempi. Una Chiesa cosciente perchè mentre diminuiscono le risorse materiali e umane, emerge un forte bisogno di una formazione e di una animazione capace di parlare i nuovi linguaggi del nostro tempo perché il messaggio del Vangelo venga compreso, condiviso e accolto. Il tempo della missione non ha soste perché la missione di annunciare il Vangelo ci viene affidata con il Battesimo. Il cristiano per natura è missionario perché la Chiesa è per natura missionaria. La dimensione missionaria, appartenendo alla natura stessa della Chiesa, è intrinseca anche ad ogni forma di vita consacrata, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura il carisma. La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della grammatica della fede, è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra vieni e vai. (Esort. ap. Evangelii gaudium, 266). Perché allora un mese missionario? Per risvegliare in ogni membro della Chiesa la sua responsabilità in ordine all annuncio e all apertura al mondo, alle periferie della storia diventate così numerose e difficili da affrontare. La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente. Quando sostiamo in preghiera davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo la grandezza del suo amore che ci dà dignità e ci sostiene; e nello stesso momento percepiamo che quell amore che parte dal suo cuore trafitto si estende a tutto il popolo di Dio e all umanità intera; e proprio così sentiamo anche che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato (Esort. ap. Evangelii gaudium 268) e a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero. Viviamo in un tempo di martirio, di spostamento di popoli, di confusione a più livelli. Come recuperare un mondo vivibile dove le nuove generazioni possano godere i beni che Dio ci dona ogni giorno? L ottobre missionario con il percorso che ci propone ci vuole aiutare con la nostra famiglia e la comunità a: contemplare il mistero di Dio e dell uomo, invocare vocazioni capaci di far incontrare le persone con Dio, assumere le proprie responsabilità in ordine all annuncio, aprire il cuore e con la carità generosa, per concludere con il ringraziamento di tutti i doni in particolare la fede. Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale ci chiede: Chi sono i destinatari privilegiati dell annuncio evangelico?. La risposta è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti. (cfr Lc 14,13-14). Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata, riferendosi ai Consacrati, in questo anno dedicato alla Vita Consacrata, ribadisce che le Pontificie Opere Missionarie sono uno strumento importante che ha un orizzonte apostolico universale. Per questo ha bisogno anche dei tanti carismi della vita consacrata per rivolgersi al vasto orizzonte dell evangelizzazione ed essere in grado di assicurare un adeguata presenza sulle frontiere e nei territori raggiunti La passione del Consacrato, del missionario è il Vangelo. San Paolo poteva affermare: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Il Vangelo è sorgente di gioia, di liberazione e di salvezza per ogni uomo. La Chiesa è consapevole di questo dono, pertanto non si stanca di annunciare incessantemente a tutti «quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi» (1 Gv 1,1). Anche noi lo annunciamo, anzi siamo chiamati ad incarnarlo nella vita. Le opportunità per iniziare a guardare il mondo con occhi diversi e essere vicini alle persone che soffrono ci vengono date ogni giorno, lasciamoci quindi coinvolgere per dare con la forza dello Spirito il meglio di noi stessi sull esempio della Vergine Maria, Madre del Redentore, che ha saputo accettare il progetto di Dio dicendo SI anche sotto la Croce del Figlio, ed ha accompagnato la Chiesa nei primi passi e nell apertura missionaria. Pierina, Famiglia Missionaria della Redenzione aiutare

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25 Catechesi LA FAMIGLIA EVANGELIZZA La famiglia che risponde alla chiamata di Gesù riconsegna la regia del mondo all alleanza dell uomo e della donna con Dio. 13 Apriamo lo sguardo sul modo in cui la famiglia vive la responsabilità di comunicare la fede, di trasmettere la fede, sia al suo interno che all esterno. In un primo momento, ci possono venire alla mente alcune espressioni evangeliche che sembrano contrapporre i legami della famiglia e il seguire Gesù. Per esempio, quelle parole forti che tutti conosciamo e abbiamo sentito: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Mt 10,37-38). Naturalmente, con questo Gesù non vuole cancellare il quarto comandamento, che è il primo grande comandamento verso le persone. I primi tre sono in rapporto a Dio, questo in rapporto alle persone. E neppure possiamo pensare che il Signore, dopo aver compiuto il suo miracolo per gli sposi di Cana, dopo aver consacrato il legame coniugale tra l uomo e la donna, dopo aver restituito figli e figlie alla vita famigliare, ci chieda di essere insensibili a questi legami! Questa non è la spiegazione. Al contrario, quando Gesù afferma il primato della fede in Dio, non trova un paragone più significativo degli affetti famigliari. E, d altra parte, questi stessi legami familiari, all interno dell esperienza della fede e dell amore di Dio, vengono trasformati, vengono riempiti di un senso più grande e diventano capaci di andare oltre sé stessi, per creare una paternità e una maternità più ampie, e per accogliere come fratelli e sorelle anche coloro che sono ai margini di ogni legame. Un giorno, a chi gli disse che fuori c erano sua madre e i suoi fratelli che lo cercavano, Gesù rispose, indicando i suoi discepoli: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3,34-35). La sapienza degli affetti che non si comprano e non si vendono è la dote migliore del genio famigliare. Proprio in famiglia impariamo a crescere in quell atmosfera di sapienza degli affetti. La loro grammatica si impara lì, altrimenti è ben difficile impararla. Ed è proprio questo il linguaggio attraverso il quale Dio si fa comprendere da tutti. L invito a mettere i legami famigliari nell ambito dell obbedienza della fede e dell alleanza con il Signore non li mortifica; al contrario, li protegge, li svincola dall egoismo, li custodisce dal degrado, li porta in salvo per la vita che non muore. La circolazione di uno stile famigliare nelle relazioni umane è una benedizione per i popoli: riporta la speranza sulla terra. Quando gli affetti famigliari si lasciano convertire alla testimonianza del Vangelo, diventano capaci di cose impensabili, che fanno toccare con mano le opere di Dio, quelle opere che Dio compie nel- la storia, come quelle che Gesù ha compiuto per gli uomini, le donne, i bambini che ha incontrato. Un solo sorriso miracolosamente strappato alla disperazione di un bambino abbandonato, che ricomincia a vivere, ci spiega l agire di Dio nel mondo più di mille trattati teologici. Un solo uomo e una sola donna, capaci di rischiare e di sacrificarsi per un figlio d altri, e non solo per il proprio, ci spiegano cose dell amore che molti scienziati non comprendono più. E dove ci sono questi affetti famigliari, nascono questi gesti dal cuore che sono più eloquenti delle parole. Il gesto dell amore... Questo fa pensare. La famiglia che risponde alla chiamata di Gesù riconsegna la regia del mondo all alleanza dell uomo e della donna con Dio. Pensate allo sviluppo di questa testimonianza, oggi. Immaginiamo che il timone della storia (della società, dell economia, della politica) venga consegnato - finalmente! - all alleanza dell uomo e della donna, perché lo governino con lo sguardo rivolto alla generazione che viene. I temi della terra e della casa, dell economia e del lavoro, suonerebbero una musica molto diversa! Se ridaremo protagonismo a partire dalla Chiesa alla famiglia che ascolta la parola di Dio e la mette in pratica, diventeremo come il vino buono delle nozze di Cana, fermenteremo come il lievito di Dio! In effetti, l alleanza della famiglia con Dio è chiamata oggi a contrastare la desertificazione comunitaria della città moderna. Ma le nostre città sono diventate desertificate per mancanza d amore, per mancanza di sorriso. Tanti divertimenti, tante cose per perdere tempo, per far ridere, ma l amore manca. Il sorriso di una famiglia è capace di vincere questa desertificazione delle nostre città. E questa è la vittoria dell amore della famiglia. Nessuna ingegneria economica e politica è in grado di sostituire questo apporto delle famiglie. Il progetto di Babele edifica grattacieli senza vita. Lo Spirito di Dio, invece, fa fiorire i deserti (cfr Is 32,15). Dobbiamo uscire dalle torri e dalle camere blindate delle élites, per frequentare di nuovo le case e gli spazi aperti delle moltitudini, aperti all amore della famiglia. La comunione dei carismi quelli donati al Sacramento del matrimonio e quelli concessi alla consacrazione per il Regno di Dio è destinata a trasformare la Chiesa in un luogo pienamente famigliare per l incontro con Dio. Andiamo avanti su questa strada, non perdiamo la speranza. Dove c è una famiglia con amore, quella famiglia è capace di riscaldare il cuore di tutta una città con la sua testimonianza d amore. Francesco

26 14 Liturgia il segno di croce Continuiamo a riscoprire la S. Messa La s. Messa inizia con un segno di croce. Talvolta, mi capita soprattutto nei matrimoni, non sembra fuori luogo spendere qualche parola per invitare i presenti a comporsi in stato di preghiera e di ascolto; il clima della festa e della baldoria matrimoniale troppo spesso fa capolino anche in chiesa. Ma è soltanto una semplice preparazione immediata: l inizio della s. Messa è proprio quello che abbiamo ricordato. A noi il nome dice ma non troppo; si vede da come alle volte si scelgono i nomi dei battezzandi derivati da quelli dei personaggi dello spettacolo o perché suonano bene. Il nome, invece, nella bibbia è una cosa grande; addirittura spesso è sinonimo della Persona medesima. Ricordiamo che, nelle primissime pagine, Dio fa passare davanti ad Adamo tutte le creature volendo così concedere facoltà all uomo di definire la realtà che lo circonda ed insieme esprimervi chiara supremazia. Nei comandamenti, non nominare il NOME di Dio invano vuoi dire proprio non tirare in ballo la persona di Dio se non è per la preghiera, per la lode, per il ringraziamento. Con quella formula e in quel segno, noi siamo diventati figli di Dio nelle acque salutari del s. Battesimo. Nel nome della trinità siamo stati immersi nel mistero pasquale di Cristo Signore, partecipando alla divina Eucaristia, e nel nome della Trinità siamo stati tante volte assolti dai nostri peccati e santificati negli altri sacramenti. Troppi credenti non fanno molto caso al mistero della SS.ma Trinità dimenticando che invece è il fondamento del nostro credere e la sorgente della nostra salvezza. Si deve sempre partire da questo mistero di amore e di vita senza il quale tutto sarebbe inutile. Essere segnati, e segnarsi, nel nome della Trinità, vuol dire quindi rimarcare la nostra grandezza unica, la nostra dignità di figli di Dio. Significa perciò impegnarci per essere sempre quello che siamo diventati e per esprimere sempre meglio quello che abbiamo ricevuto. Dicendo queste parole, invocando la Trinità santissima, ci facciamo il segno di croce. Dovrebbe essere sempre un segno di croce, un gesto che richiama il documento sconvolgente e meraviglioso dell amore di Dio Padre per noi tutti. Egli infatti ha tanto amato il mondo da mandare tra noi il Figlio suo che, fatto uomo, è per noi Signore e Salvatore. E un piccolo gesto ma è un discorso grande perché proclama che l amore sa donarsi, che per generare vita nuova bisogna saper accettare l umiliazione e l annientamento, come il chicco di grano che lasciandosi marcire sotterra può offrire vita nuova. Purtroppo dobbiamo constatare che anche tra i buoni cristiani il segno di croce non gode sempre di buona salute. Curiosando con la coda dell occhio tra i fedeli che giungono in chiesa magari puntualmente in ritardo, alla s. Messa, il segno di croce è spesso un caccia-mosche. Un segno che non dice nulla, che non proclama nulla, che non annunzia nulla. Se fatto come si deve è invece, come ricordato, la riaffermazione di un mistero, un attestato di fede semplice e convinta, un atto umile e sincero di amore. Diventa una proposta di fede per chi ci osserva, una convincente predicazione del mistero dell amore di Cristo Gesù. Nel gesto del segnarci infatti, ricordiamo, ancor prima della Passione e morte, la venuta tra noi del Figlio di Dio e la sua gloriosa incarnazione. Con le parole ben dette, perché ben pensate e con il gesto semplice e solenne facciamo una grande ed essenziale professione di fede quanto mai preziosa ed opportuna mentre ci accingiamo ad iniziare la Divina Eucaristia. Ed allora avviamoci nel NOME del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo, accompagnando le parole con un bel segno di croce. Noi risponderemo con un convinto e sonoro AMEN. È, questa, una parola di fede, una proclamazione che veramente crediamo ai misteri subito enunciati e che in quella fede vogliamo essere partecipi dell Eucaristia che andiamo a celebrare. Se è vero che chi ben incomincia è a metà dell opera da subito possiamo dare prova della sincerità e purezza del nostro animo mentre iniziamo a celebrare, sempre tutto facendo...nel NOME... don Vittorio

27 L appello di Papa Francesco è stato forte e chiaro. Ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi. E la Conferenza episcopale italiana risponde subito alla richiesta e si mette in moto. Dal prossimo Consiglio permanente arriveranno anche le indicazioni operative, mentre anche i singoli vescovi sono già all opera per intensificare ulteriormente un impegno di accoglienza, che già da tempo i cattolici stanno portando avanti nel nostro Paese. «Le parole d indizione dell Anno giubilare straordinario ci scorrono davanti mentre ascoltiamo Papa Francesco rivolgersi ai Vescovi d Europa, perché in ogni parrocchia, comunità religiosa, monastero e santuario sia ospitata una famiglia di profughi scrivono il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, e il segretario generale, Nunzio Galantino. È un appello che accogliamo con la gratitudine di chi riconosce nel Successore di Pietro colui che, anche nelle situazioni più complesse, sa additare le vie per un Vangelo vissuto». È un appello aggiungono che trova le nostre Chiese in prima fila nel servizio, nell accompagnamento e nella difesa dei più deboli. È un appello che in queste settimane custodiremo nel respiro della preghiera e del confronto operativo, arrivando a fine mese a consegnarlo al Consiglio Episcopale Permanente, dal 30 settembre al 2 ottobre, al fine di individuare modalità e indicazioni da offrire a ogni diocesi. Per l Anno della Misericordia il Santo Padre ci chiede di aprire il nostro cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica e poi chiude in un indifferenza che umilia. Oggi tutti siamo chiamati a rinnovare la nostra disponibilità a curare queste ferite con la solidarietà e l attenzione dovuta, riscoprendo la forza liberante delle opere di misericordia corporale e spirituale, via che conduce sempre più al cuore del Vangelo. Il presidente della Cei non si nasconde che le diffi- Caritas è tempo di accogliere Dopo l appello di Francesco...sulla questione migranti coltà tecniche ci sono sicuramente, ovunque. Ma ovunque possono e devono essere affrontate e risolte nei modi migliori. Ho già dato disposizioni per individuare dei criteri concreti per applicare e tradurre questo grande invito del Papa. E per meglio inquadrare la situazione ecco alcuni numeri - Le parrocchie italiane già ospitano 15mila profughi. Ma rispondendo a questo appello del Papa si potrebbe arrivare a 100mila persone, 400mila in tutta Europa. Lo dice monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. Le parrocchie sono circa 27mila e l appello del Papa potrà allargare questa rete di solidarietà e accoglienza. I profughi ospitati sono al momento circa 15mila, ovviamente con un turn over per coloro che vengono ospitati e poi riprendono il cammino verso altri Paesi e altre comunità o per i ricongiungimenti familiari, fa notare Perego. Sono molte già le parrocchie che ospitano profughi ricorda, anche a seguito di alcuni appelli di vescovi come quelli di Torino, Milano, Brescia e del sud. Abbiamo parrocchie da Siracusa, fino al bresciano. Un aspetto nuovo, almeno nella sua evoluzione, è il coinvolgimento diffuso di Caritas in diversi territori. Lo sforzo per tentare di seguire efficacemente le varie realtà diocesane ha imposto a Caritas Italiana l attivazione di nuovi strumenti di coordinamento, come la costituzione di gruppi di lavoro ad hoc, oltre che la formazione specifica degli operatori impegnati nell accoglienza in emergenza. Non bisogna poi dimenticare che gli attori istituzionali sono altrettanto diversi: dal ministero dell interno, con le sue articolazioni territoriali, alla Protezione civile nazionale, dal ministero del lavoro alla Conferenza Stato-Regioni, passando per l Anci. Un panorama vasto, che complica ulteriormente il quadro ma che permette di attivare relazioni e in alcuni casi anche buone prassi. 15

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