I CONSUMI DELLE FAMIGLIE IN PUGLIA
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- Irene Moroni
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1 I CONSUMI DELLE FAMIGLIE IN PUGLIA Bari, luglio 2015 Premessa. I consumi delle famiglie sono rilevati dall Istat in base a due fonti: i conti economici territoriali, in cui si considera la formazione e l impiego delle risorse prodotte annualmente 1 ; l indagine campionaria annuale dei consumi delle famiglie che concerne la struttura e il livello delle spese per consumi familiari mensili. Nel primo caso i dati riguardano i consumi finali interni delle famiglie residenti e non residenti sul territorio di riferimento. Nel secondo caso l unità di rilevazione è costituita dalla famiglia, intesa come un insieme di persone coabitanti, residente sul territorio. L indagine campionaria rileva le spese sostenute dalle famiglie per beni e servizi acquistati o autoconsumati per il soddisfacimento dei propri bisogni. Inoltre si tiene conto dei fitti stimati delle abitazioni occupate dai proprietari. 1. I consumi delle famiglie nella contabilità regionale. I consumi finali interni delle famiglie residenti e non residenti costituiscono una quota rilevante degli impieghi delle risorse economiche della regione. La spesa ammonta a circa 50 miliardi di euro in termini nominali nel 2013 (ultimo dato disponibile) che rappresenta il 19,1% della spesa delle famiglie nel Mezzogiorno e il 5.1% della spesa delle famiglie a livello nazionale. Tab. 1 - Principali indicatori del conto economico territoriale. Indicatori conto economico territoriale Mezzogiorno Spesa per consumi finali delle famiglie residenti e non - milioni di euro a prezzi correnti-2013) Variazione assoluta (milioni di euro) Variazione % ,3-3,8-2,6 Quota consumi finali delle famiglie su PIL (%) 75,5 72,9 61,0 Quota consumi finali della PA (2012) 28,5 30,6 19,4 Quota investimenti fissi lordi / PIL (%) ,3 18,4 18,6 Importazioni nette /PIL (%) (2012) 22,1 22,3 0,1 Fonte: Elaborazioni IPRES su dati ISTAT Conti economici territoriali nuova serie SEC10 La spesa finale interna delle famiglie rappresenta circa i tre quarti del PIL regionale (75,5%), un valore superiore a quello del Mezzogiorno (72,9%) e dell intero Paese (61%). Nel periodo i consumi finali interni delle famiglie in sono diminuiti di circa 2,2 miliardi di euro (-4,3%) con una contrazione in termini percentuali superiore a quella rilevata per il Mezzogiorno (-3,8%) e per l intero Paese (-2,6%). La contrazione in valore assoluto dei consumi finali interni delle famiglie rappresenta il 21,4% della riduzione totale del Mezzogiorno e l 8,4% del totale dell intero Paese. 1 Sul lato dell offerta: Risorse= PIL + importazione nette (interregionali e con l estero). Sul lato della domanda: Impieghi: Consumi finali delle famiglie + consumi finali della PA + investimenti fissi lordi + variazione delle scorte.
2 2. La spesa per consumi delle famiglie pugliesi. La spesa media mensile 2 delle famiglie pugliesi è pari a euro in termini nominali nel 2014, pari all 82,8% del rispettivo valore a livello nazionale: poco più dei quattro quinti di quanto spende in media al mese una famiglia a livello nazionale. Nel periodo la spesa media mensile rimane stazionaria in, mentre aumenta dello 0,7% a livello nazionale. Tab. 2 - Spesa media e spesa mediana mensile delle famiglie 2014 Valori assoluti e percentuali Spesa media mensile Spesa mediana mensile Valore assoluto ( ) Variazione % rispetto anno precedente 0,0 0,7 La spesa mediana mensile 3 delle famiglie è pari a euro, l 87,8% del rispettivo valore nazionale. La minore distanza tra il valore medio e quello mediano significa che la diseguaglianza nella distribuzione della spesa mensile delle famiglie in è complessivamente inferiore a quella nazionale. Rapportata a cento la spesa media mensile per consumi delle famiglie, poco più di un quinto (21,7%) è rappresentata da spesa per generi alimentari e bevande analcoliche (circa 446 euro mensili), mentre poco più dei tre quarti (78,3%) riguarda la spesa per prodotti non alimentari (1.615 euro mensili). Questi valori sono nettamente differenti a livello medio nazionale: minore quota di spesa media mensile familiare per generi alimentari (436 euro, pari al 17,5%) e maggiore quota di spesa per beni non alimentari (2.052, pari all 82,5%). 2 Spesa media mensile: è calcolata dividendo la spesa totale per il numero delle famiglie residenti in e in. Con la pubblicazione dei dati relativi ai consumi mensili delle famiglie per il 2014, l ISTAT ha apportato modifiche profonde in tutte le fasi del processo di rilevazione e di classificazione che comportano differenze nelle stime dei capitoli di spesa sia per livello sia per composizione, da quelli pubblicati fino al Per tale motivo l ISTAT ha ricostruito le serie storiche dei principali aggregati di spesa, a partire dal Pertanto attualmente i confronti temporali possono essere effettuati esclusivamente con i dati in serie storica pubblicati di recente per il 2014, che hanno un dettaglio ancora limitato per effettuare confronti temporali di medio-lungo periodo per capitoli di spesa a livello regionale. Per questi confronti, e solo limitatamente alle variazioni percentuali, si è fatto riferimento ai dati precedentemente pubblicati fino al 2013 nel quarto e quinto paragrafo. 3 Spesa mediana mensile: è il valore di spesa per consumi che divide la distribuzione di frequenza in due parti uguali (il 50% delle famiglie presenta un valore di spesa per consumi inferiore o pari alla mediana, il 50% un valore superiore). Poiché la spesa per consumi ha una distribuzione asimmetrica, la mediana risulta sempre inferiore al valore medio.
3 Fig. 1- Spesa media mensile familiare Valori assoluti (euro) e valori percentuali 100,0 90,0 80,0 70, euro euro 60,0 78,3 82,5 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 21,7 17,5 0,0 Alimentare Non Alimentare Un analisi di lungo periodo mostra quanto sia cambiata la spesa media mensile delle famiglie e gli effetti della lunga crisi economica in. Infatti, la spesa è passata da circa euro nominali del 1997 a euro nel 2002 (anno di introduzione del corso dell euro come moneta contante per gli acquisti quotidiani), a euro nel 2014, inferiore al livello del Rispetto alla dinamica nazionale nel corso degli ultimi 18 anni è aumentato il divario nei livelli di spesa media mensile familiare tra la e l intero Paese. Infatti, se nel 1997 la differenza mensile era di 61 euro in meno, nel 2002 è passata a 228 euro mensili, nel 2014 ha raggiunto una differenza di 427 euro mensili. Fig. 2 - Spesa media mensile familiare Valori assoluti correnti (euro)
4 Il divario aumenta soprattutto a partire dal Infatti, l andamento complessivo è il risultato di tre differenti cicli, se si considerano tre sotto-periodi: tra il 1997 e il 2001 (anno prima dell introduzione dell utilizzo dell euro come denaro contante); tra il 2002 ed il 2007 (prima della grave e lunga crisi economica e sociale); tra il 2008 ed il 2014 (periodo della crisi in atto). Tab. 3 - Variazione % della spesa media mensile familiare per sotto-periodi Anni ,1 6, ,4-11, ,1-6,0 La spesa media mensile diminuisce in ognuno di questi tre sotto-periodi in, a differenza dell che rileva un incremento nel primo periodo e un decremento nei periodi successivi. Nel secondo sotto-periodo si osserva una riduzione del divario per l effetto di una maggiore contrazione della spesa media mensile familiare dell (-11,3%) rispetto alla (-6,4%). Nel terzo sotto-periodo la spesa media mensile delle famiglie si contrae il doppio in termini percentuali rispetto alla riduzione rilevata per l. 3. Spesa media mensile familiare per capitolo di spesa. Nell ambito della spesa media mensile familiare, la spesa alimentare è pari a 446 euro mentre quella non alimentare è pari a euro nel 2014 in. Nell ambito della spesa non alimentare, oltre la metà della spesa (54,7%) riguarda cinque voci, in ordine decrescente per ammontare: spese per abitazione (fitti figurativi); acqua, combustibili ed energia; trasporti; altri beni e servizi (cura della persona, effetti personali, servizi di assistenza sociale, assicurazioni e finanziari); servizi sanitari e spese per la salute. La stesse voci rappresentano una quota del 58,1% del totale della spesa mensile a livello nazionale (pesano maggiormente le spese per l abitazione e i trasporti). Tab. 4 - Spesa media mensile familiare per capitoli di spesa e quota sul totale Valori assoluti e percentuali Valori Assoluti Quota % su totale SPESA MEDIA MENSILE ,0 100,0 Alimentare ,7 17,5 Non Alimentare, di cui: ,3 82,5 Bevande alcoliche e tabacchi ,1 1,7 Abbigliamento e calzature ,8 4,6 Abitazione ,8 23,8 Manutenzioni straordinarie ,8 1,4 Acqua, combustibili, energia ,4 11,5 Mobili, articoli e servizi per la casa ,7 4,1 Servizi sanitari e spese per la salute ,2 4,4 Trasporti ,8 10,3 Comunicazioni ,9 2,6 Ricreazione, spettacoli e cultura ,8 4,9 Istruzione ,5 0,6 Servizi ricettivi e di ristorazione ,9 4,4 Altri beni e servizi** ,5 8,1 ; ** Includono beni e servizi per la cura della persona, effetti personali, servizi di assistenza sociale, assicurazioni e finanziari.
5 Le famiglie pugliesi spendono maggiormente in termini percentuali, rispetto all intero Paese per: beni alimentari, abbigliamento e calzature, servizi sanitari e spese per la salute. Modesta è la spesa per l istruzione, sostanzialmente in linea con quanto avviene a livello nazionale. 4. I cambiamenti nella spesa media mensile per capitolo di spesa. L analisi di questo e del successivo paragrafo si basa sui dati pubblicati dall Istat fino al 2013, in attesa che la ricostruzione con la nuova metodologia applicata per il 2014 sia resa disponibile anche con riferimento ai capitoli di spesa degli anni precedenti. Tuttavia, si è ritenuto utile analizzare i cambiamenti nei comportamenti di spesa delle famiglie in un periodo di oltre un decennio attraverso i dati omogenei per capitoli di pesa pubblicati fino al 2013 e attualmente disponibili con un sufficiente dettaglio a livello annuale. 4.1 La spesa media mensile alimentare Nel periodo cambiano in modo significativo i comportamenti di spesa delle famiglie pugliesi rispetto a quelle medie a livello nazionale. Le differenze più rilevanti riguardano i seguenti gruppi di spesa: oli e grassi aumentano del 16,6% in rispetto ad una contrazione dell 1,5% a livello nazionale; latte, formaggi e uova crescono appena dell 1,6% a livello regionale contro l 8,4% a livello nazionale; il consumo di pesce aumenta del 6,3% a livello regionale contro il 15% a livello nazionale. Fig. 3 - Variazione della spesa media mensile familiare alimentare valori % bevande zucchero, caffè e drogheria patate, frutta e ortaggi oli e grassi latte, formaggi e uova pesce carne pane e cereali -1,5 1,6 6,3 8,4 11,2 10,1 9,7 11,3 11,1 10,7 16,0 16,6 15,0 14,0 14,6 18,9-2,0 0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0 16,0 18,0 20,0 4.2 Spesa media mensile familiare per generi non alimentari Nel periodo cambiano in modo significativo i comportamenti di spesa delle famiglie pugliesi rispetto a quelle medie a livello nazionale per i consumi non alimentari. Le differenze più rilevanti riguardano i seguenti gruppi di spesa: istruzione con una diminuzione del 28,5% in contro un modesto aumento dell 1,8% a livello medio nazionale; sanità con un incremento più che doppio in (+20,1%) rispetto a quello medio nazionale (+9,2%); trasporti con un incremento doppio in (+11,5%) rispetto a quello medio nazionale (+5,5%); combustibili ed energia con in incremento del 55,4% in contro il 35,1% a livello nazionale.
6 Fig. 4 - Variazione della spesa media mensile familiare non alimentare valori % altri beni e servizi tempo libero, cultura e giochi -15,7-19,1 istruzione -28,5 comunicazioni trasporti sanità mobili, elettrod. e servizi per la casa -27,2-29,3 combustibili ed energia abitazione abbigliamento e calzature -28,5-33,9 tabacchi -5,4-3,2-3,7-5,4 1,8 5,5 11,5 9,2 20,1 35,1 55,4 36,5 30,4 9,3 12,8-40,0-20,0 0,0 20,0 40,0 60,0 5. La distribuzione dei consumi tra le famiglie. La spesa media mensile familiare è il risultato medio di una distribuzione nei livelli della stessa tra le famiglie. L analisi della distribuzione della spesa mensile tra le famiglie consente di individuare da un lato le situazioni di diseguaglianza nella spesa; dall altro la dinamica della diseguaglianza nel tempo, confrontando periodi temporali diversi. Una prima misura di diseguaglianza tra le famiglie è quella di ordinare le famiglie in cinque gruppi (quintili) 4 in misura crescente rispetto alla spesa mensile. Questo raggruppamento viene costruito su base nazionale: il I quinto corrisponde al 20% delle famiglie, il II ad un altro 20% e così via. Pertanto, a livello regionale una situazione di perfetta uguaglianza con la distribuzione nazionale in quintili di spesa familiare implica che ogni quinto avrebbe un numerosità di famiglie pari al 20%. Una maggiore o una minore numerosità di famiglie per quinto a livello regionale indica situazioni di diseguaglianza maggiore o minore. Per quanto riguarda la si osserva anzitutto una netta predominanza del primo e secondo quinto (quelli con livelli più bassi di spesa familiare mensile) nel 2013 (rispettivamente 37,3% per il I quinto e 25% per il II quinto); la numerosità più bassa si trova nel V quinto con appena il 9% delle famiglie. In secondo luogo, è da osservare come tra il 2005 ed il 2013 aumenta la numerosità delle famiglie nei primi due quinti, mentre diminuisce nei rimanenti tre quinti più elevati. Fig. 5 - : Quinto di spesa della famiglia Valori percentuali 4 Le famiglie vengono ordinate a livello nazionale in base alla spesa mensile, dal valore più basso a quello più alto, individuando cinque gruppi di uguale numerosità ma con livelli di spesa crescente: nel primo quinto si trova il 20% di famiglie con il più basso livello di spesa, mentre nell ultimo quinto si trova il 20% di famiglie con il più elevato livello di spesa.
7 quinto primo secondo quarto terzo Un confronto tra la e le principali ripartizioni territoriali del Paese consente di evidenziare i seguenti elementi: un comportamento sostanzialmente simile si verifica tra la e le due ripartizioni territoriali Sud e Isole; la ripartizione Isole (che comprende Sicilia e Sardegna) ha una maggiore numerosità nel I quinto anche rispetto alla e alla ripartizione Sud; le ripartizioni Nord Ovest e Nord Est mostrano una maggiore numerosità nei quinti di spesa più elevati IV e V (rispettivamente il 52,4% ed il 50,4% delle famiglie); la ripartizione Centro mostra una configurazione più in equilibrio, infatti la distribuzione è abbastanza simile a quella media nazionale. Fig. 6 - Quinto di spesa della famiglia Valori percentuali quinto primo secondo Sud Nord ovest Nord Est Centro Isole quarto terzo
8 Un altro indicatore di diseguaglianza, molto utilizzato, è l indice di concentrazione di Gini 5 : all aumentare del valore dell indice cresce la concentrazione della spesa per consumi per gruppi di famiglie e di conseguenza aumenta la diseguaglianza della distribuzione della spesa mensile familiare. L analisi di questo indicatore nell ultimo decennio consente di evidenziare i seguenti elementi: in si rileva una minore diseguaglianza nella distribuzione rispetto al dato nazionale in tutti gli anni considerati; i valori dell indice diminuiscono tra il 2005 e il 2009 (si riduce la diseguaglianza della distribuzione), mentre aumentano nel periodo successivo, superando nel 2012 il valore del 2005, mentre nel 2013 ritorna ai livelli del 2005; il valore dell indice a livello nazionale mostra una sostanziale stabilità, con una oscillazione tra 0,323 e 0,328. Fig. 7 - Omogeneità nella distribuzione dei consumi - Indice di Gini Valori percentuali 0,340 0,330 0,320 0,310 0,300 0,290 0,280 0,270 0, In base ai dati analizzati si può avanzare la considerazione che la grave crisi economica e sociale degli ultimi sette anni ha influito sulle condizioni di diseguaglianza nei consumi delle famiglie attraverso un ampliamento in, mentre è risultato quasi trascurabile a livello medio nazionale. Un altra misura della diseguaglianza della distribuzione dei consumi familiari è il rapporto interdecilico 6, dato dal rapporto tra il X decile (più ricco) e il I decile (più povero). Rispetto ai precedenti consente di evidenziare come l andamento degli estremi inferiore e superiore della distribuzione influenzano l equidistribuzione dei consumi familiari mensili. 5 L indice di concentrazione di Gini è una misura sintetica di equidistribuzione dei redditi e dei consumi. L indice varia da 0 a 1 oppure da 0 a 100 a seconda della scala utilizzata. Valori bassi dell indice indicano elevata equidistribuzione, valori elevati indicano bassa equidistribuzione e quindi situazioni di notevole diseguaglianza economica e sociale. 6 Il rapporto interdecilico è dato dal rapporto tra le quote di consumo complessivo detenute dal decile più ricco (il decimo) e dal decile più povero (il primo). I valori dei decili rappresentano le soglie di spesa per consumi che dividono la distribuzione di frequenza in dieci parti uguali. Ad esempio, il primo decile è il valore per il quale il 10% delle famiglie presenta una spesa equivalente inferiore o pari a esso e il 90% una spesa superiore.
9 Tab. 6 - Omogeneità nella distribuzione dei consumi - Rapporto interdecilico ,5 4,8 4,4 4,6 4,2 4,5 4,4 4,7 4,8 5,1 5,2 5,1 5,1 5,1 5,1 5,2 5,3 5,4 Anche in questo caso trova una conferma il fatto che in vi è una minore diseguaglianza rispetto al dato medio nazionale tra i consumi mensili delle famiglie del X decile (più ricco) e quello del I decile (più povero). In secondo luogo, si osserva un incremento del valore del rapporto passando da 4,5 nel 2005 a 4,8 nel 2013 in : ciò significa che aumenta, sia pure leggermente, il divario tra la spesa mensile delle famiglie più ricche rispetto a quelle più povere. Infine, un andamento simile è riscontrabile a livello medio nazionale. Luglio 2015 A cura di Rocco Vincenzo Santandrea (vincenzo.santandrea@ipres.it)
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