Santo Natale Comune di Faeto Il Sindaco

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1 Chi sa, pracato, Decesse: Via, ca t'aggio perdonato. Viato me si aggio sta fortuna! Che maje pozzo cchiú desiderare? O Maria - Speranza mia, Ment'io chiango, prega Tu: Penza ca pure Si fatta Mamma de li peccature. chi sa mai che, placato, dicesse: - Suvvia, ti ho perdonato! Beato me, se ho questa fortuna! Che mai altro posso desiderare? O Maria, speranza mia, mentre io piango, Tu prega: pensa che sei divenuta madre anche dei peccatori. Comune di Faeto Il Sindaco Santo Natale 2010 Quale occasione migliore dell approssimarsi delle festività natalizie e dell attesa gioiosa del Natale per esprimere la gioia di essere in mezzo a voi? É già emozione per me e soddisfazione avere la possibilità di dare a voi faetani per la prima volta, singolarmente, idealmente, gli Auguri di Buon Natale nella veste di primo cittadino di Faeto. Vi vedo intenti in meticolosi preparativi nelle case, in chiesa, a scuola. Ed è una cosa bella...: non lasciamo le nostre belle e semplici tradizioni, non lasciamo che esse diventino solo un ricordo e facciamo sì che il momento di convivialità, segno di festa, risvegli in noi il senso di comunione e di condivisione della vita. Solo insieme si può arrivare lontano, solo con l armonia e la concordia si superano le difficoltà. 36

2 Prima di pensare ad un futuro radioso per il nostro amato paese mi piace pensare che in ogni casa di Faeto ci sia pace e serenità, pace e serenità che deriva soprattutto dalla forza dei legami, che è la vera forza. Insieme agli Auguri miei e di tutta l Amministrazione che con me sta lavorando vi sia gradito un piccolo omaggio scritto dalla dott.ssa Maria Antonietta Cocco, un omaggio fatto di parole, di simboli, di significati, di parole come veicolo della confidenza, come espressione della vicinanza e dell appartenenza alla nostra a- mata Faeto. Ai bambini vorrei dire di godersi questo periodo felice di festa e di vacanza, ma di ricordare che la vita, come è giusto che sia, non è solo fatta di capatine sulla neve, di dolci e di regali, ma è fatta anche di impegno e di serio lavoro. A tutti voi sinceri Auguri di un Felice Natale e di un prospero Anno Nuovo! Dott. Mag. Giuseppe Cocco Sindaco di Faeto Co Nínno bello Comme nce sta lo voje e l'aseniello. Nennillo mio, Tu sí sole d'ammore, Faje luce e scarfe pure o peccatore Quanno è tutto - níro e brutto Comm'a pece, tanno cchiú Lo tiene mente, E o faje arreventa bello e sbrannente. Ma Tu mme diciarraje ca chiagniste, Accíò chiagnesse pure o peccatore. Aggio tuorto - haje fosse muorto N'ora primmo de pecca! Tu m'aje amato, E io pe paga t'aggio maltrattato! A buje, uocchie mieje, doje fontane Avrite a fa de lagreme chiagnenno Pe llavare pe scarfare Li pedilli di Gesù; con il Bimbo bello, come ci stanno il bue e l asinello Bambino mio, Tu sei sole d amore, illumini e riscaldi anche il peccatore: quando è tutto nero e brutto come la pece, tanto più tu lo guardi e lo fai diventare bello e splendente. Ma tu mi dirai che piangesti affinché piangesse pure il peccatore. Ho torto, ahi! Fossi io morto un ora prima di peccare! Tu mi hai amato e io, per ripagarti, Ti ho maltrattato (peccando). E voi, occhi miei, dovete diventare due fontane di lacrime, piangendo, per lavare, per riscaldare, i piedini di Gesù: 2 35

3 Cantanno po e sonanno li Pasture Tornajeno a le mantre nata vota: Ma che buo ca cchíú arrecietto Non trovajeno int'a lu pietto: A o caro Bene Facevan' ogni poco o va e biene. Lo nfierno sulamente e i peccature Ncoccíuse comm'a isso e ostinate Se mettetteno appaura, Pecchè a scura - vonno sta Li spurteglíune, Fujenno da lo sole li briccune. Io pure songo niro peccatore, Ma non boglio esse cuoccio e ostinato. Io non boglio cchiú peccare, Voglio amare - voglio sta 34 Cantando e suonando, poi, i pastori tornarono nuovamente alle loro greggi. Ma che vuoi farci, essi non trovavano più requie nel loro petto. E per il loro caro Bene facevano ogni tanto il va e vieni. Solo l inferno e i peccatori, che sono, come l inferno, testardi e ostinati, ebbero paura, poiché nelle tenebre vogliono stare i pipistrelli, fuggendo, i bricconi, dalla luce del sole. Anche io sono nero peccatore, ma non voglio essere testardo ed ostinato; non voglio più peccare; voglio amare, voglio stare. NATALE A FAETO di Maria Antonietta Cocco 3

4 Il Natale tra simboli e significati Nessuna festa è forse più bella, più commovente e significativa del Natale. Ogni famiglia faetana, in quel giorno solenne, si ritrova unita e raccolta, si ricompone, riscopre e rinsalda più profondamente, nell intimità della casa, i vincoli del sangue e degli affetti più puri. Molti faetani sono fuori per lavoro, moltissimi quelli emigrati all estero nel dopoguerra... allora chi è lontano cerca di ritornare a Faeto, soprattutto se qui ha ancora dei legami familiari, perché il Natale va vissuto serenamente accanto ai genitori, ai figli, alle sorelle, ai fratelli, al coniuge: non c è modo più espressivo né occasione migliore per realizzare il significato più vero del Natale. E allora l albero, ma più ancora il presepe, diventano simboli autentici del giorno della nascita di Cristo, che ricorda l inizio di una nuova era nella storia del mondo, dell umanità, degli individui, riafferma la nascita di una nuova vita, riconferma il valore dei sentimenti umani, dello spirito di fratellanza, di pace, di concordia. Sentimenti, questi, già molto presenti nella vita quotidiana del popolo faetano d un tempo, che trovava in essi, fra mille stenti, la forza di andare avanti. Quanto più, dunque, il Natale era allora il giorno della rinascita: ci si sentiva più buoni, inteneriti, si dimenticavano gli affanni, ricordandosi, nella propria povertà, della povertà e delle sofferenze degli ancor più miseri e degli afflitti. Ma il faetano sapeva così, che il Natale era festa per tutti, che nei limiti delle proprie possibilità aveva dato una mano a chi ne aveva bisogno, e perciò senza rimorsi né ombre poteva godere, nel seno della famiglia, le gioie 4 Viene suonno da lo Cielo, Viene e adduorme sso Nennillo; Pe pietà, ca è peccerillo, Viene suonno e non tarda. Gioia bella de sto core, Vorria suonno arreventare, Doce, doce pe te fare Ss'uocchíe bell'addormenta. Ma si Tu p'esser'amato Te sí fatto Bammeníello, Sulo ammore è o sonnaríello Che dormire te pò fa. Ment'è chesto può fa nonna, Pe Te st'arma è arza e bona. T'amo, t'a... Uh sta canzona Già t'ha fatto addobea! T'amo Dio - Bello mio, T'amo Gíoja, t'amo, t'a Vieni, sonno, giù dal cielo, vieni e addormenta questo Bambinello, per pietà, perché è piccolino, vieni sonno, non tardare. Gioia bella di questo cuore, vorrei diventare sonno, per farti addormentare dolcemente questi begli occhi. Ma se Tu, per essere a- mato, ti sei Bambinello, solo amore è quel dolce sonnellino che può farti dormire. Se è così, puoi fare la nanna, per Te quest anima è bell e arsa. Ti amo, ti amo o! questo canto già ti ha fatto appisolare. Ti amo, Dio, bello mio, gioia mia, Ti amo, Ti amo.

5 Le Mmane ncapo e li benedicette. Piglianno confedenzia a poco a poco, Cercajeno licenzia a la Mamma: Se mangiajeno li Pedille Coi vasille - mprimmo, e po Chelle Manelle, All'urtemo lo Musso e i Mascarielle. Po assieme se mettetteno a sonare E a canta cu l'angiule e Maria, Co na voce - accossí doce, Che Gesú facette: a aa... E po chiudette Chill'uocchie aggraziate e s'addormette. La nonna che cantajeno mme pare Ch'avette a esse chesta che mo dico. Ma nfrattanto - io la canto, Mmacenateve de sta Co li Pasture Vecino a Ninno bello vuje pure. 32 la mano sul loro capo e li benedisse. Prendendo confidenza un po alla volta, chiesero il permesso alla Mamma: a furia di baci, si mangiarono prima i piedini, poi quelle manine ed infine il visetto e il ganascino. Poi presero a suonare e a cantare con gli Angeli e con Maria, con una voce così dolce che Gesù sbadiglio, quindi chiuse gli occhi graziosi e si addormentò. Mi sembra che la ninna nanna era più o meno quella che adesso vi dico: ma mentre che io la canto, immaginatevi di stare anche voi, insieme ai Pastori, accanto al mio bel bambino. della mensa, con un senso rassicurante di benessere e di felicità. Ancor oggi, come lo è sempre stato per la comunità di Faeto, è giorno di commozione profonda, il Natale, in cui si attingono nuove forze e speranze dal contatto a- perto e fiducioso con gli altri, dalla certezza di un proponimento che ogni faetano sente sorgere in se stesso e indovina negli altri. Il benessere odierno e soprattutto questa felicità di propositi non fanno dimenticare, ed infatti i faetani non riescono a dimenticare, neppure a Natale, che intanto il male, la miseria, il dolore, sono là, in agguato, in attesa. Il ricordo di chi soffre, o è infelice, o è lontano dai suoi cari, ispira il proposito fermo di contribuire a trasformare la vita, a renderla migliore, più alta, più serena per ognuno e per tutti. E questo perché il faetano è radicato in una profonda radice cristiana. Solo così, in fondo, la festa della nascita del Salvatore può avere un senso: Cristo ha insegnato il bene, ha indicato le vie della pace, della giustizia, della fratellanza, ed il faetano, come del resto ogni uomo, ha il dovere di impegnarsi a realizzare la Sua legge d amore, come il Natale ricorda ed impone. In tal modo, la pace serena delle case, la tranquillità gioiosa delle strade, la felicità delle famiglie, saranno secondo il precetto della giustizia e del bene, dell amore e della gioia che è nelle speranze e negli auguri di ogni creatura, nel giorno di Natale. 5

6 I preparativi e la festa nelle famiglie Fa freddo e piove o nevica a dicembre, a Faeto, ma vengono fuori anche delle splendide giornate, con un sole asciutto in un cielo cristallino, d un azzurro profondo e pulito, un freddo secco e pungente, che fa bene e riscalda il sangue. La generale atmosfera festiva, per l approssimarsi delle festività natalizie, l euforia, l entusiasmo, l attesa, creano un clima gioioso, allegro. Per Natale, un tempo, per lo più ogni famiglia di Faeto aveva ucciso il maiale. Ma i preparativi strettamente attinenti alla festa cominciavano un po prima dell 8 dicembre, festa dell Immacolata, data in cui doveva essere allestito, con tutta cura, il più bel presepe possibile, riciclando ogni anno vecchi pupazzi (se erano di gesso, di terracotta o di legno), o costruendone di nuovi con l argilla presa lungo i fiumi, ogni anno cercando comunque di dare al presepe un tocco di novità... I bambini soprattutto ne erano gli artefici, con l aiuto degli adulti: con tutto l entusiasmo possibile si apprestavano a raccogliere, nei boschi dintorni, muschio, vischio e pungitopo e con la gioia e la spontaneità che solo i bambini hanno, si mettevano all opera gustando ogni momento di quel rito, improvvisandosi artisti... Ed ecco che il presepe pian piano prende forma: qui uno specchietto che funge da laghetto per le paperette, lì la lavandaia, delle case costruite con il cartone... il ciabattino, il fabbro, il pastore e le pecorelle, le montagne, il cielo stellato... la farina o il cotone idrofilo per tracciare i sentieri, la capanna con la stella cometa, Giuseppe, Maria, il bue e l asinello, gli Zombanno, comm'a ciereve ferute, Correttero i Pasture a la Capanna; Là trovajeno Maria Co Gíuseppe e a Gioia mia; E 'n chillo Viso Provajeno no muorzo 'e Paraviso. Restajeno ncantate e boccapierte Pe tanto tiempo senza di parola; Po jettanno - lacremanno Nu suspiro pe sfoca, Da dint' o core Cacciajeno a migliara atte d'ammore. Co a scusa de donare li presiente Se jetteno azzeccanno chiano chiano. Ninno no li refiutaje, L'azzettaje - comm'a ddi, Ca lle mettette Saltando come cervi feriti, i pastori corsero alla capanna; lì trovarono Giuseppe con Maria e con la mia Gioia e in quel viso ebbero un assaggio del Paradiso. Restarono incantati a boccaperta, per lungo tempo, senza dir parola. Poi, gettando, in lacrime, un sospiro per dare sfogo (ai loro sentimenti). Dal profondo del cuore manifestarono con mille gesti il loro amore. Con la scusa di fargli i loro doni andarono accostandosi piano piano; il Bimbo non rifiutò i loro doni, li accettò, (mostrando il gradimento) con il porre 6 31

7 La terra è arreventata Paraviso. A buie è nato ogge a Bettlemme D' o Munno l'aspettato Sarvatore. Dint'i panni o trovarrite, Nu potite - maje sgarra, Arravugliato, E dinto a lo Presebio curcato. A meliune l'angiule calare Co chiste se mettetten' a cantare: Gloria a Dio, pace in terra, Nu cchiú guerra - è nato già Lo Rre d'ammore, Che dà priezza e pace a ogni core. Sbatteva o core mpietto a ssí Pasture; E l'uno 'nfaccia all'auto diceva: Che tardammo? - Priesto, jammo, Ca mme sento scevoli Pe lo golío Che tengo de vedé sso Ninno Dio. 30 la terra è divenuta Paradiso. Oggi in Betlemme è nato l atteso Salvatore del mondo. Lo troverete, non potete sbagliarvi, avvolto nelle fasce e adagiato nella mangiatoia A milioni calarono dal cielo gli Angeli e insieme al primo si misero a cantare: - Gloria a Dio, pace in terra: non più guerra, è ormai nato il Re di Amore che ad ogni cuore dà contentezza e pace. A questi pastori il cuore batteva in petto e l uno diceva all altro: - Perché aspettiamo? Presto, andiamo che mi sento impazzire per il desiderio che ho di vedere questo Bimbo Dio.- angeli... il trasportatore di botti di vino, il suonatore di flauto, il fanciullo che dorme sotto l albero (delle piantine di asparago, le sparaghere ). In lontananza, i re Magi, e a cornice di tutto il presepe, come un muro di cinta, dei bei ciocchetti di legno aggraziati. Poi era la volta dell albero di Natale: il babbo andava a tagliare nelle piantagioni un albero di pino ( lu pigne ) e vi si appendevano mandarini, arance, mele... del cotone idrofilo anche sull albero... per le candeline, si potevano usare anche quelle delle torte di compleanni, ma bisognava stare attenti nel tenerle accese. Il muschio serviva anche per fare anche il presepe a scuola e in chiesa, dove veniva preparato generalmente dai giovani. Intanto in chiesa iniziava la novena di Natale, partecipatissima, durante la quale si cantavano dei canti specifici della Novena. In casa c era il desiderio e la trepidazione di dover preparare le frittelle, il desiderio di mangiar pesce (dato che praticamente si mangiava pesce solo a Natale) e la preoccupazione di procurarselo per tempo: il baccalà si comprava tre o quattro giorni prima perché veniva messo a bagno; l anguilla e il capitone si compravano il giorno dell'antivigilia o la Vigilia stessa. Oltre ai rivenditori locali (es: da zia Attilje de Bucce ai Quattro Cantoni, venivano anche dei venditori ambulanti da fuori a vendere il pesce (ce n era uno, ad esempio, che veniva da Lesina e gridava: Lésene è sèmpe Lésene vaje a pegljà lu pesce a la padrone..."). Si faceva la spesa, più abbondante del solito, per tutto ciò che doveva servire per Natale: la carne (se non era quella di maiale o di gallina o galletto che già si teneva 7

8 in casa); le arance, l uva passa. Ai tempi in cui era operante a Faeto l Azione Cattolica le donne e le giovani giravano per le case e raccoglievano offerte (farina, noci, mele, arance, grano, lardo, uova) che portavano poi ai più bisognosi, ai bambini, agli anziani, il giorno della Vigilia. La festa vera e propria iniziava il mattino della Vigilia, quando le donne per colazione preparavano le frittelle che avevano impastato durante la notte: nell olio bollente di un tegame sul fuoco le pettole o le pizze fritte assumevano le forme più disparate... per la gioia dei più piccoli. Per pranzo si consumava solo insalata di baccalà e insalata di arance e olive nere, di cavoli sbollentati. La sera della Vigilia si imbandiva la tavola: dopo l insalata di arance e olive, di cavoli, peperoni, cetriolini, pere, mele, nespole e cipolle sott aceto si mangiavano i capelli d angelo con le alici, in bianco, quindi l anguilla a zuppetta con il pomodoro, l anguilla e il baccalà al forno, anguilla, capitone e baccalà sulla graticola, la spunzate, cartellate, frittelle e mandorle affogate nel cioccolato. Poi tutta la famiglia andava alla Messa di mezzanotte e al ritorno, quando era nato il Bambinello, si poneva nella mangiatoia del presepe Gesù Bambino. 8 A no paese che se chiamma Ngadde, Sciurettero le bigne e a- scette l'uva. Ninno mio sapuritiello, Rappusciello - d'uva sí Tu; Ca tutt'amore Faje doce a vocca, e po mbriache o core. Non c'erano nemmice pe la terra, La pecora pasceva co lione; Co e caprette - se vedette O liupardo pazzea ; L'urzo e o vitiello E co lo lupo 'npace o pecoriello. Se rrevotaje nsomma tutt'o Munno, Lu cielo, a terra, o mare, e tutt'i gente. Chi dormeva - se senteva Mpiett'o core pazzea Pe la priezza; E se sonnava pace e contentezza. Guardavano le ppecore i Pasturi, E n'angelo sbrannente cchiú d o sole Comparette - e le dicette: No ve spaventate no; Contento e riso 29 In un paese che si chiama Engaddi fiorirono le viti e spuntò l uva. Bimbo mio, così saporito, tu sei un grappoletto d uva: perché, tutto amore, rendi dolce la bocca e inebrii il cuore. Non vi erano nemici sulla terra; la pecora pascolava con il leone. Si vide il leopardo giocare con le caprette. Ci fu pace tra orso e vitello e tra lupo e agnello. Insomma, tutto il mondo fu scombussolato: il cielo, la terra, il mare e tutta la gente. Chi dormiva si sentiva il cuore balzargli in petto per la felicità e sognava pace e gioia. I pastori erano a guardia delle greggi e un Angelo, splendente più del sole apparve e disse loro: - No, non temete. C è felicità e riso:

9 Quanno nascette Ninno Quanno nascette Ninno a Bettlemme Era nott' e pareva miezo juorno. Maje le Stelle - lustre e belle Se vedetteno accossí: E a cchiú lucente Jett'a chíamma li Magge all'uriente. De pressa se scetajeno l'aucielle Cantanno de na forma tutta nova: Pe nsí l agrille co li strille, E zombanno a ccà e a llà: È nato, è nato, Decevano, lo Dio, che nci'à criato Co tutto ch'era vierno, Ninno bello, Nascetteno a migliara rose e sciure. Pe'nsí o ffieno sicco e tuosto Che fuje puosto - sott'a Te, Se 'nfigliulette, E de frunnelle e sciure se vestette. 28 Quando il Bimbo nacque Quando il Bimbo nacque a Betlehem, era notte eppure sembrava mezzogiorno. Mai furono viste le stelle Così luminose e belle: La più lucente delle stelle andò a chiamare i Magi in Oriente. Subito si svegliarono gli uccelli e cantarono in maniera completamente nuova; persino i grilli, con i loro versi, e saltellando qua e là, dicevano: È nato, è nato il Dio che ci ha creato Nonostante fosse inverno, o bel Bambino, a migliaia nacquero rose e fiori. Persino il fieno, inaridito e duro, quando fu posto sotto di Te, rifiorì e si rivestì di foglioline e fiori La cucina e il Natale: i piatti tipici della tradizione ed i dolci natalizi Perché il Natale riesca bene, deve nevicare. In un clima di letizia e serenità conforta lo spettacolo delle famiglie rimaste gioiosamente intorno alla tavola imbandita riccamente, mentre fuori nevica dolcemente, anche nelle case in cui quell abbondanza di un ora sarà pagata con sacrifici di lunghi giorni, il che accadeva non di rado presso la maggioranza delle famiglie faetane di una volta, in cui la differenza tra la semplicità quotidiana e la solennità del pasto natalizio, era notevole. Ma esso bisognava che fosse pantagruelico: i piatti non soltanto erano infiniti (secondo la tradizione dovevano essere nove), ma ciascuno d una omerica abbondanza. Lo stesso piatto de la spunzate era detto il nove pasti, comprendendo in esso nove ingredienti: cavoli, patate, noci, uva passa, sedano, baccalà, anguilla, olio, cipolla. Come anche lu racanà, anch esso di nove. E anche la famigerata insalata riuniva in sé nove ingredienti, in realtà molto semplici. Ma ogni pietanza, seppur semplice, contribuiva a rendere il pasto ricco e insolito. Per il pranzo di Natale si preparava pasta fatta in casa (laccetti o orecchiette) al ragù di carne di maiale o di agnello; per la sera arrosto di galletto o di agnello. A S. Stefano si cucinavano tagliolini in brodo di cappone e la sera si cenava con ciò che era avanzato, con salsiccia o soppressata. Arance, mandarini, castagne, mele, pere, mettevano allegria, con i loro colori e profumi, ad ogni festa, insieme 9

10 a vino, tarallucci, rosolio e dolcetti vari, che era anche ciò che si offriva agli ospiti, durante il tradizionale giro per gli Auguri a parenti, conoscenti, comari... LA SPUNZATE In una pentola di terracotta si dispongono a strati cavoli sbollentati appena e un poco di acqua; quindi le patate, poi il baccalà, infine l anguilla: ogni strato si condisce con olio, noci, uva passa, sedano, cipolla. Si aggiunge altra acqua, fino a una certa altezza. Nella zuppa si intingono fette di pane. ZUPPETTA DI BACCALÀ O DI ANGUILLA Più semplicemente la zuppa può avere come ingrediente base il baccalà (lessato e pulito) o l anguilla: in una casseruola si mette olio, aglio, prezzemolo e pomodori; si aggiungono acqua e patate a pezzetti. Quando queste sono a metà cottura si inserisce nella zuppa il baccalà o l anguilla. La zuppetta va consumata con il pane. LU RACANÀ (ANGUILLA E BACCALÀ AL GRATIN) In una teglia con un po d olio si dispone uno strato di patate a fette, insieme a pomodoro, aglio, origano, prezzemolo, uva passa e olio; poi se ne dispone un altro di baccalà, con gli stessi odori, e un altro ancora di anguilla, sempre condito alla stessa maniera. In ultimo si cosparge sul preparato mollica di pane e un filo d olio e si mette in forno. e cascano quando aprono il volo Nanna, nanna Angioletti portategli quel sonno che cantava con l Angelo Sant Anna quando cullava in seno la Madonna Luna e stelle portategli quel sonno Che cantava col cielo la Madonna Quando cullava il Figlio alla capanna Pace e sonno, pace e sonno, pace e sonno. Scendi dal Paradiso Scendi dal Paradiso o Salvator del mondo il viso tuo giocondo è mia felicità Vieni, vieni, vieni o Redentor Vieni, vieni a nascer nel mio cor! Scendi dal Paradiso o caro mio Signore; t aspetto con fervore, a Te voglio cantar Vieni, vieni ecc

11 Dormi Bellissimo Dormi bellissimo Pargolo biondo gioia degli Angeli Vita del mondo soave zeffiro scende nel cuor sopra cerulei occhi d amor. Sogno le vergini candidi gigli Sogno i tuoi Pargoli fior di vermigli Le rose balsami di bel mattino, sogno Il mio piccolo vivo Bambino. Non ti destarono i baci miei Baciarti o Pargolo sempre vorrei Vorrei dolcissimo, dei cuori il Re Cantando vivere sempre con te. Nanna Nanna, nanna, nanna Aperto si è il giardino son bianchi i gigli e gli alberi turchini son d oro i garofani e le rose uno stuolo d angioletti ci si posa vi è l aria e si muovono le piante e gli angioletti ci si fanno un canto Nanna, nanna, nanna Il Figlio mio si reca tutto allegro a raccogliere le pietre preziose e gli angioletti brillano sull ali 26 DOLCI NATALIZI Pettle (Frittelle) 1 kg di farina 3 uova 3 patate lesse passate al passaverdura 1 cubetto di lievito acqua tiepida q. b. un pizzico di sale uva passa (a piacere) Bisogna impastare gli ingredienti in modo da ottenere un impasto morbido che si lascerà lievitare per un ora. In una ciotolina si versa un po d olio per bagnarvi un cucchiaio ogni volta che con questo si prenderà la porzioncina di impasto, la quale più facilmente scenderà dal cucchiaio per finire nell olio bollente e darà ogni volta forma alle pettole. Una volta fritte, le pettole vengono poste in una zuppiera con della carta assorbente e cosparse di zucchero, sale o miele. Pizzefritte (Frittelle) Le pizze fritte si preparano con la pasta di pane (farina, lievito, patate, sale, acqua). Quando l impasto è pronto e lievitato (la pasta di pane si può prendere direttamente al forno), si passa sulla spianatoia e con il coltello si taglia a pezzetti, cercando di dare ad ognuno di essi una forma diversa: rotonda con il buco al centro, 11

12 ovale simile a una paperetta o a mille altri disegni... Alla fine una spolverata di zucchero o sale e le frittelle van via come ciliegie... Taralle crescì (Tarallucci al vino) 1 kg di farina lievito 1 bicchiere di olio 1 bicchiere di vino semi di finocchio un pizzico di sale I tarallucci al vino si chiamano "cresciuti" perché la loro pasta è trattata con il lievito: essa va lavorata per molto tempo, fino a che risulti liscia e si deve, appunto, lasciar lievitare per un'ora, un'ora e mezza. In seguito si fanno dei cordoncini di pasta e vi si dà la forma del tarallo. I taralli così ottenuti si lasciano ancora a crescere sulla spianatoia e si calano poi, cinque o sei per volta, in una pentola di acqua bollente; si tolgono dal fuoco dopo neanche 5 minuti con la schiumarola e si passano in acqua fredda. Prima di portarli al forno si fanno asciugare sulla spianatoia. Scartellate ( Cartellate ) 1Kg di farina 200 gr. di olio 200 gr. di zucchero 12 CANTI Popolo di poeti e di cantori, quello faetano (la Corale Nuova Provenza si esibisce anche in un concerto natalizio con canti elaborati a più voci). Ecco solo alcuni esempi delle canzoni più antiche del repertorio natalizio popolare, canzoni ancora vive nella memoria dei più anziani. Nell alta notte fulgida Splendono in ciel le stelle Ai Betlemisti pascoli Pascevan le pecorelle E nel silenzio udiasi La voce dei pastori Gloria, o Signor dei secoli Gloria o gran Re divino Che per amor dei miseri Veniste a noi Bambino E da una pura Vergine Volesti il tuo Natale Squillò improvviso un cantico Di mille angioli in coro Che pel fiammante etere Battean l ali d oro E già nunziando agli uomini Il vate Redentore 25

13 pe tutte la case, le giarle vaccanne se imperunt de leje frische. Pe tutte la stanze o fescitte na lissa rose, cumme selle de lu palazze de lu Raje e l'enfan bianche e bionde, i stave chiù: gli eve sparì denghien a sella lissa rose. E tutte lu sentevant dinghienne lu cuore pettocche i a- vant quanescì ch'a eve Gesù Bambino. per tutta la casa, le vuote brocche si riempirono di latte fresco. Improvvisamente la stanza si illuminò come il palazzo del Re e il bambino bianco e biondo, non c'era più: era sparito in quella grande luce. Tutti lo sentivano dentro il cuore perchè avevano conosciuto che era Gesù Bambino. Marella Giovanna 4 uova vino bianco q.b. Dopo aver versato la farina sulla spianatoia si aggiungono via via gli altri ingredienti: il tutto deve essere impastato per parecchio tempo. La fase successiva sarà quella di stendere l impasto con il matterello tirando delle sfoglie sottili. Le sfoglie, poi, si ritagliano a strisce, a mo di fascette lunghe 30 cm. circa e larghe 4. Queste fascette di pasta vengono ricamate tutt intorno dalla rotellina dentellata e ripiegate su se stesse per tre o quattro giri, in modo da formare una rosa. Si lasciano asciugare; infine le cartellate si friggono nell olio e si adagiano su carta assorbente: sopra si versa miele e vincotto. Mènnele atterrà (Mandorle affogate nel cioccolato) Cioccolato fondente mandorle tostate (100 gr., per ogni 100 gr. di cioccolato) Si mette una pentola con l acqua sul fuoco e sopra a questa una zuppiera con il cioccolato per farlo sciogliere a bagnomaria: quando il cioccolato è sciolto si uniscono anche le mandorle precedentemente tostate e si mescola. Con un cucchiaio si prendono le mandorle impregnate di cioccolato e si adagiano su carta stagnola. Quando si saranno raffreddate si pongono nel piatto, pronte per il dessert e per gli ospiti

14 N.B. Questo dolce si può fare anche con le noci invece che con le mandorle, seguendo lo stesso procedimento. La croccante (Torroncini di noci o ceci) noci o ceci zucchero In un pentolino sul fuoco si fa caramellare lo zucchero, girando con un cucchiaio di legno, e vi si calano le noci a pezzettini, sempre mescolando: quando tutto è amalgamato si mette il composto su marmo e dopo 4/5 minuti si taglia a pezzetti. a le case de lo ricce e na fenne lu dunatte un sòlde naje e un piezze de pan dije. L'infan i vulive né pan né sòlde i vulive etre sule accarezzà e sentije na parola bunne. U derrije i tuzzelatte a la casètte de na fenne, che se chiammave Marta: N nfan, n 'nfan!", i repeterunt le uaje de lo quattrà; Marta i pregnitte selle 'nfan pe la manne e se lu stregnitte u cuore cumme o fisse sta sa mare. U fucurije o 'mpezzevant sule dò tezzun. L'arje gli eve fràjete. Proprje a selle mumènte u auzatte na ampa rose denghien u fucurije; na dore de pan cià se sentitte alle case dei ricchi e una donna gli diede un soldo nero e un pezzo di pane duro. Il bambino voleva né pane né soldi voleva essere solo accarezzato e sentire una parola buona. In ultimo bussò a una casupola di una donna che si chiamava Marta: "Un bambino, un bambino!", ripeterono in coro i ragazzi; Marta prese quel bambino per la mano e lo strinse al cuore fra le sue braccia materne. Nel caminetto ardeva poca legna. L'aria era fredda. Proprio in quel momento si levò una fiammata dal focolare; sparse un profumo di pane caldo 14 23

15 Neje de Cialen O iuccatte pe traje giuore a la vegilje de Cialen a-iave nammuorre de iòcche. Ma a quase tutte le case a-i-ave un fuà roue e lo crestian ch'i stevant 'n facènne a se preparà pe la fete, i sentevant pa fraje. Pe le vi a-i-ave mancun e le pòrte i stevant tutte barrà. Sulammen n nfan bianche e bionde decchirre o fescive schierte, i allave pe le vi e i tuzzelave pòrte pe pòrte. Decchirre i averievant la pòrte o venive deffuore lu chiasse e le uaje e la dora bunne de le pettle. Fin addunche i ave tuzzelà Notte di Natale Nevicò per tre giorni alla vigilia di Natale la neve era alta. Ma in quasi tutte le case c'era un gran fuoco e la gente stava affaccendata nei preparativi per la festa, non sentiva freddo. Le strade erano deserte e le porte tutte chiuse. Solamente un bambino bianco e biondo quando veniva buio, andava per le vie e bussava di porta in porta. Quando aprivano la porta veniva fuori il chiasso e le voci e l'odore buono delle ciambelle. Fino allora aveva bussato Usanze e tradizioni legate al Natale Il Natale è intriso di tradizione, ogni gesto, ogni rito che ancora sopravvive a Faeto, è nel rispetto della tradizione, come il cenone della Vigilia, il pranzo in famiglia, il presepe, le recite dei bambini, la Santa Messa, da quarant anni animata dalla Corale Nuova Provenza - i relativi botti finali sparati dai ragazzini... sebbene più potenti rispetto alle vecchie pisciaunnèlle e meno poetici dei bengala Anche se ormai non si aspetta più il Natale per mangiar pesce e ogni ben di Dio che scarseggiava normalmente sulle tavole, anche se sull'albero non si appendono più mandarini ma costosi addobbi, il Natale non è solo luci e lustrini, panettone e regali, ma rimane senz'altro la festa per eccellenza che riunisce la famiglia, simbolo della famiglia e dei buoni sentimenti. Un tempo i ragazzi, il giorno della Vigilia, giravano fino a sera per le vie del paese, ciascuno con una fiaccola in mano, una fascina di arbusti vari, "la falje", invitando così i fedeli a recarsi alla Messa della Notte Santa. Anche gli Evangelici presenti fino a qualche anno fa a Faeto usavano girare per il paese la sera della Vigilia, augurando a tutti un Santo Natale con musica e canti; a mezzanotte rientravano nella propria chiesa per la celebrazione del culto. In ogni casa di Faeto la notte di Natale era tradizione bruciare un ceppo, il ceppo di Natale, e riunirsi intorno al focolare per pregare: al primo tocco delle campane di mezzanotte il capofamiglia spargeva sul ceppo e sulle frasche un po' di sale, un po' di olio, molliche di pane, spezie e accendeva il fuoco; poi chiamava tutti i fami

16 liari e insieme recitavano un Paternoster, un Ave Maria e un Gloria; quindi, lasciando la luce accesa e il ciocco che ardeva, tutta la famiglia andava a Messa. Il ceppo che veniva consumato la notte di Natale era stato conservato gelosamente per l'occasione, perché si credeva che con quel rito si scongiurasse la minaccia di temporali e grandinate e soprattutto perché esso doveva durare tutta la notte (possibilmente tutto il tempo natalizio), qualora Gesù Bambino fosse andato a riscaldarsi in quella casa e la Madonna avesse asciugato con quel fuoco le sue fasce (lo pi-à). Queste, purtroppo, sono tradizioni scomparse. La tradizione, invece, del presepe vivente, come quello che si faceva tanti anni fa coinvolgendo le piazze e i vicoli intorno la chiesa del SS. Salvatore, con i pastori, gli agnellini, il suonatore di cornamusa, è stata più volte ripresa. Negli anni passati ci sono state varie edizioni di concorso a premi per i presepi allestiti nelle case; è recente, invece, l allestimento di un presepe nel paese fatto di fantocci a dimensione umana, presepe che partecipa al concorso provinciale de Il Presepe più bello, rivolto ai Comuni e alle Associazioni della Provincia di Foggia. Il gruppo folk Le Faitare, infine, come anche l Amministrazione Comunale, ricollegandosi in qualche modo con l antica usanza dell Azione Cattolica, nei giorni che immediatamente precedono il Natale, si reca nelle case degli anziani e degli ammalati portando insieme agli auguri, dei doni e tanta gioia. In più, Le Faitare organizzano una festa all aperto, davanti a un presepe, esultando ne La ballata del Pane e dell Ostia e nelle tradizionali canzoni natalizie tradotte in francoproven- 16 (traduzione) A Gesù Bambino O Bambino padrone del mondo sei il Re di tutti i re l'universo da Te è stato fatto solo Tu lo puoi dominare. Questa potenza nessuno ce l'ha; le virtù son tutte tue ciò ch esiste è tutto presso di Te e per noi Ti sei sacrificato. In una grotta hai voluto nascere: senza fuoco, né panni, né fasce; con l'alito dell'asino e il bue, quello fu a farti un po' riscaldare. Questa storia si rinnova ogni anno: i devoti di tutto il mondo conservano il ceppo più grosso a Natale viene acceso. O Bambino resta con noi sei venuto... non andartene! Resta qui... accontentaci: senza Te come si fa? Sei la Via la Gioia la Vita, abbiamo tanti peccati... Ti preghiamo con tutto il cuore solo Tu ci puoi salvare. Stai con noi... non andartene!!! 21

17 A lu Bambenielle Bambenielle pattrun de lu mun T'e' lu Raje de tutte lo raje l'unevèrse de Ti gli e sta feje sule Ti te lu puó dumenà. Sta putènze la tint mancun; le vertì i sunt tutte le tije sen ch'a-gn-atte e' tutte sen tin e pe nusse Te' sacrefeccà. Denghjie' na rutte T'a' vulì netre: senze fuà, né pi-à e né fesce; do lu iate du ciucce e lu bue selle o fitte a Te fa 'n pue 'nciatà. Setta storje ciach'an se rennoue: lo devòte de tutte lu mun i stiunt lu ciòcchere me' roue a Cialen i vint 'mpezzà. Bambenielle statte do nusse T'e' venì... vattenna pa! Rummagne icchì... fan cunten: senze de Ti cumme se fa'? T'e' la Vi la Gioje e la Vite, ne tenun tant peccià... Te priun do tutte lu cuore sule Ti te ne puó salvà. Statte do nusse... vattenna pa!!! zale, coinvolgendo i presenti non solo nell assaggio delle pettole, in un clima di pace e vera gioia del cuore. Sopravvive o piuttosto vive, quindi, una tradizione natalizia intesa come trasmissione di consuetudini prettamente cristiane; in passato - a testimonianza della ricchezza della tradizione orale - certamente la sacralità dei riti natalizi conviveva con la credenza popolare dell esistenza di streghe e licantropi ( ianare e pumenare ), uomini e donne nate appunto, secondo l antica credenza, la notte di Natale: dicitur che per scoprire chi fosse una strega bastava appostarsi dietro il portone della chiesa con una falce sotto il mantello, la notte del 24 Dicembre, e vedere chi dopo la Messa stentasse a uscire percependo la presenza della falce (il ferro e l acciaio tenevano lontano le streghe). Domenico Iannelli 20 17

18 Canti tipici e poesie a tema Per quanto riguarda la tradizione orale e scritta legata al tema del Natale Faeto ha risentito molto dell influenza dei paesi confinanti, a cui si aprì dopo decenni di isolamento. Tale patrimonio consiste, pertanto, di canti per lo più tramandati in lingua italiana o in dialetto campano: il canto Quanno nascette ninne ne è un esempio. Più di un faetano, invece, si è cimentato nell arte della poesia, in lingua francoprovenzale. O IÒCCHE Pe lu siere, avì, o paraje tutte un già de tan 'nfan che se currunt appreje e se strusciunt e i resciunt do la buccelle miece avèrete; nìevele de tutte fuorme e mesirre s'abbrassiunt e i averiunt los ije cumme pe piarà: tutt'e 'nzèn, pe merachje, o abbiunt a cere fallepple 'nghiocche a fallepple... O iòcche... che beje! O iòcche 'nghiòcche lo taje, le ciarriere e lo burattaue, 'nghiòcche bete e crestian; poue, chiane chiane se sint re' meje e tutte le ciuose se se veiunt pa meje... Ando' te vire la tete, attuorne attuorne, te vaje sule iòcche, tante iòcche, bèlle, biance e tuttuaje me' aute... O paraje propete un paravije! E tutte los albre de lu paije e de lu boue, che affije a pue premmije i stevant a la nute, i paresciunt vestì a fete cumme se i auardevant sti cunt da chessece can ten... Biate a ise ch'i putunt tenije un uarnemmenne accussì frische e delecà! 18 (traduzione) Nevica Per il cielo, oggi, sembra tutto un gioco di tanti bambini che si rincorrono, si lambiscono e sorridono con la boccuccia semiaperta; nubi di ogni forma e dimensione si abbracciano e aprono gli occhi come per piangere: all'improvviso, per miracolo, cominciano a cadere fiocchi di neve su fiocchi di neve... Nevica... che bello! Nevica sui tetti, le strade, gli abbeveratoi, su animali e persone; poi, pian piano non si ode più nulla e non si vede più alcuna cosa... Dovunque volgi lo sguardo vedi solo neve, tanta neve bella, bianca e sempre più alta... Sembra proprio il paradiso! E tutti gli alberi del paese e de bosco, che sino a poco prima erano ignudi, sembrano ora vestiti a festa... come se avessero aspettato questa circostanza da chissà quanto tempo... Fortunati loro che possono avere un addobbo così fresco e delicato! Giuseppe Cocco N.B. Il testo in francoprovenzale di questa poesia è stato messo in musica da Peppino Pavia. 19

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