Prefazione. di Margherita Orsolini, Clotilde Pontecorvo e Virginia Volterra
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- Orsola Massari
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1 Prefazione di Margherita Orsolini, Clotilde Pontecorvo e Virginia Volterra Daniela Fabbretti aveva un grande talento umano e professionale. Era una giovane studiosa di psicolinguistica che aveva saputo coniugare l interesse per gli aspetti cognitivi del linguaggio con un attenzione per le dimensioni sociali e culturali delle funzioni linguistiche e in particolare della scrittura. In una presentazione di studi all Ospedale Bambino Gesù, Daniela affermava che la scrittura si può analizzare come prodotto, come processo e come pratica sociale. Gli scritti raccolti in questo libro sono rappresentativi dell integrazione di questi diversi punti di vista sulla scrittura. Nel primo capitolo del libro, affrontando la questione di che cosa significhi apprendere a scrivere Daniela Fabbretti e Clotilde Pontecorvo tolgono il campo all idea semplicistica che scrivere significhi appropriarsi di una tecnica per trasferire il linguaggio parlato in segni scritti. Apprendere a scrivere significa invece apprendere una lingua scritta; dal punto di vista del processo di acquisizione, questo apprendimento richiede uno sforzo di concettualizzazione che permette ai bambini di comprendere la struttura del codice scritto; una struttura alfabetica, nel caso di ortografie come l italiano o lo spagnolo. Dal punto di vista del prodotto, apprendere una lingua scritta significa appropriarsi sia di strutture ortografiche sia di forme del discorso. E l apprendimento di queste forme è guidato dalla partecipazione a pratiche sociali con cui il bambino può scoprire e ricostruire usi e funzioni di diversi generi testuali. Il secondo capitolo del libro espone il concetto di sordità, che Daniela Fabbretti aveva appreso lavorando intensamente all Istituto di Psicologia del CNR (attualmente Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione) e che aveva anche avuto modo di approfondire riflettendo su alcuni scritti di Lev S. Vygotskij. In un libro di Vygotskij che in italiano ha il titolo Fondamenti di difettologia Daniela ha sottolineato e marcato, tra gli altri, questo passaggio: «La sordità come deficit organico, considerato esclusivamente dal punto di vista dello svi- 11
2 SCRITTURA E SORDITÀ luppo e della formazione fisica del bambino, non è un insufficienza molto grave. Per lo più quest insufficienza rimane isolata, la sua influenza diretta sullo sviluppo nel suo insieme è relativamente lieve; solitamente non crea nessuna alterazione o ostacolo particolarmente grave allo sviluppo generale. Ma [...] l impossibilità di assimilare il linguaggio provoca una delle complicazioni più gravi di tutto lo sviluppo culturale» (Vygotskij, 1986, p. 34). Apprendere una lingua significa per i bambini conquistare uno strumento di sviluppo culturale che trasforma profondamente ogni funzione psichica superiore; memoria, attenzione, pensiero verranno utilizzati in maniera radicalmente diversa grazie al linguaggio. Il linguaggio permette infatti a queste funzioni di raggiungere sia un alto grado di astrattezza e consapevolezza, sia di radicamento in una cultura. Identità culturale, relazioni sociali, consapevolezza sono aspetti diversi e integrati di ciò che si sviluppa nell individuo grazie all acquisizione di una lingua. Insegnare il linguaggio a una persona sorda «significa non solo dargli la possibilità di comunicare con le persone, ma anche di svilupparne la coscienza, il pensiero, l autocoscienza. Significa restituirlo alla condizione umana» (ivi, p. 77). Dal periodo in cui scriveva Vygotskij ad oggi la ricerca scientifica ha mostrato molto chiaramente che il linguaggio umano non dipende esclusivamente dal canale uditivo-vocale per poter mantenere le sue caratteristiche di astrattezza, generalizzabilità, riflessività. Anche il linguaggio che utilizza il canale visivo-gestuale piuttosto che uditivo-fonatorio ha queste caratteristiche. I gesti creati dai sordi per comunicare sono i segni di una lingua, nel nostro caso della Lingua Italiana dei Segni (LIS). Questa lingua può essere appresa molto precocemente dai bambini sordi consentendo alle loro funzioni psichiche superiori di svilupparsi pienamente. Daniela Fabbretti sottolinea che abbandonando, come suggerisce Vygotskij, l ottica della sottrazione possiamo pensare ai sordi come a persone il cui sviluppo ha seguito percorsi alternativi a quelli normali. Questi percorsi vanno compresi non solo dal punto di vista linguistico, ma anche dal punto di vista socioculturale. Nel capitolo vengono esposti con molta chiarezza e senso critico i concetti di cultura sorda e identità sorda discutendone l intreccio con le vicende della comunità sorda che ruotano attorno alla vita degli Istituti speciali per l Educazione dei sordi, dei circoli per sordi e delle associazioni che si occupano di sordità. Comprendiamo che c è un mondo dei sordi dotato di una cultura e di una lingua proprie; in questo mondo si costruisce una identità sorda con percorsi che afferma Daniela Fabbretti sono ancora tutt altro che chiari: «È il semplice fatto di avere una lingua in comune che ci 12
3 PREFAZIONE può far parlare di cultura sorda o esiste un approccio alla realtà e ai significati tipico della sordità?». Nel terzo capitolo del libro vengono esposte e discusse diverse prospettive teoriche particolarmente rilevanti per l indagine sui testi scritti dalle persone sorde. Una prima prospettiva è quella del bilinguismo: così come si può analizzare l uso di una seconda lingua in termini di trasferimento e interferenza di una lingua 1 in una lingua 2, così l uso dell italiano scritto dei sordi segnanti si può analizzare considerando l influenza che la lingua dei segni potrebbe esercitare sulla produzione scritta in italiano. Come viene chiarito anche nel successivo CAP. 5, probabilmente non è tanto la lingua dei segni quanto un punto di vista sostanzialmente visivo a influenzare la scrittura dei ragazzi e degli adulti sordi. Coerentemente con questa prospettiva le analisi compiute da Daniela Fabbretti sugli scritti dei sordi utilizzano la categoria forme non standard piuttosto che la categoria di errore ; si tratta di una differenza sostanziale: la forma non standard è l espressione della facoltà di linguaggio che sottostà all uso di una lingua, non è assenza di competenza linguistica. Una seconda prospettiva considera i processi di semplificazione della grammatica dell italiano scritto (oltre che il mancato rispetto dell ortografia o la scarsa presenza di punteggiatura) come espressione di una scrittura popolare, in cui permangono tracce degli usi linguistici tipici di una comunicazione faccia a faccia. Tuttavia, mentre nei testi prodotti da persone semianalfabete le forme di italiano popolare riflettono appunto una scarsa alfabetizzazione, i testi prodotti dalle persone segnanti riflettono anche la condizione particolarmente complessa di chi si trova ad apprendere la scrittura in una lingua vocale (l italiano) spesso appresa in ritardo e con difficoltà, e che è diversa dalla lingua (dei segni) usata per comunicare. Una terza prospettiva è quella della scrittura come pratica sociale. Daniela Fabbretti avrebbe voluto che i ricercatori si occupassero di più degli usi comunicativi della scrittura nei sordi: «poco o nulla si sa su quanto scrivono le persone sorde, su cosa scrivono, su quale ruolo svolge la scrittura nella loro vita quotidiana e nei loro scambi comunicativi». Queste informazioni sono a suo avviso essenziali per poter costruire un intervento pedagogico mirato alle reali esigenze delle persone sorde. Gli studi esposti nei CAPP. 4 e 5 del libro hanno costituito l avvio dell applicazione di queste prospettive alla ricerca sulla scrittura dei sordi. Nel CAP. 4 vengono esaminati i testi di un gruppo di bambini sordi a cui era stato chiesto di scrivere la storia di Cappuccetto Rosso 13
4 SCRITTURA E SORDITÀ (da loro già conosciuta). In questo lavoro si nota la particolare capacità di Daniela Fabbretti di osservare in profondità aspetti significativi della scrittura. Sarebbe stato più semplice guardare a tutto quello che non c è in questi testi; cercando invece strutture linguistiche (ad esempio, la presenza del discorso diretto o di espressioni convenzionali di apertura e chiusura del testo) si è trovato che al di là di una forma generale spesso fortemente carente queste produzioni avevano un certo grado di complessità testuale. I testi avevano tutti numerose forme non standard ed era forte il rischio che l osservatore esterno fraintendesse l intenzione comunicativa e linguistica dell autore. Si afferma perciò la necessità di elaborare «un metodo che consenta di adottare un punto di vista interno ai testi stessi e che consenta di descrivere le competenze di scrittura di questi bambini diminuendo il rischio di un eccessiva interpretazione dei testi». Il CAP. 5 espone la ricerca compiuta da Daniela Fabbretti per il suo dottorato in Psicologia dell interazione in cui si analizzano i testi prodotti da adulti sordi in diverse circostanze. In un caso, gli eventi da narrare nel testo scritto vengono visti da un filmato e non c è alcuna struttura linguistica fornita da un narratore o dai personaggi; in un altro caso, il filmato non ha una struttura narrativa (si tratta di una partita a carte); in un terzo caso, c è soltanto una narrazione in lingua dei segni (un sordo racconta di un furto); infine, c è la scrittura di una lettera. In questo capitolo si individuano molto puntualmente i tipi di difficoltà con l italiano scritto che presentano le persone sorde; inoltre viene messo in luce che il tipo di testo influenza la valutazione delle abilità di scrittura. Gli eventi che non hanno una struttura narrativa sono quelli in cui i sordi hanno mostrato le maggiori difficoltà. La scrittura della lettera, in cui non si trattava di descrivere eventi ma di esprimere un atto comunicativo (declinare l invito a un matrimonio), è risultato il compito di scrittura più facile. Gli ultimi quattro capitoli del libro affrontano temi di grande importanza per chi si occupa di sordità. Il capitolo di Arfé, una giovane ricercatrice dell Università di Verona con cui Daniela Fabbretti aveva stabilito una collaborazione, ha un interesse per le applicazioni cliniche della ricerca sulla scrittura e discute sui problemi e le cautele metodologiche che deve affrontare una procedura di valutazione delle competenze alfabetiche del bambino sordo. Il capitolo di Fabbretti e Pizzuto esplicita alcune questioni di natura teorica e metodologica nello studio delle lingue visivo-gestuali, o dei segni, usate nella comunicazione fra le persone sorde. Infine il CAP. 8 illustra i risultati di un progetto sulla rappresentazione in forma scritta della lingua dei segni: 14
5 PREFAZIONE uno sviluppo di ricerca che sarebbe molto piaciuto a Daniela Fabbretti. Creare una trasposizione scritta del discorso segnato è una sfida metodologica che può essere affrontata solo coinvolgendo i sordi nella riflessione linguistica e metalinguistica. Questa stessa prospettiva ha guidato Daniela Fabbretti e Giulia Porcari nella progettazione del corso di scrittura per studenti universitari sordi descritto nel CAP. 9. Ispirata da una iniziativa analoga già condotta con molto interesse e successo con gli studenti udenti, questa attività è stata realizzata all interno dell Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove Daniela si era laureata, dottorata ed era infine diventata ricercatrice. L esperienza, condotta da entrambe le studiose, ha dimostrato l efficacia di un team in cui le diverse competenze potevano integrarsi completandosi a vicenda: quelle di Daniela come persona udente e quelle di Giulia come persona sorda laureatasi presso la stessa Università quando nessuna forma di aiuto veniva ancora offerta agli studenti sordi. Una costante preoccupazione di Daniela è stata anche di non limitarsi alle parole ma cercare di contribuire a modificare la realtà creando strumenti operativi. Due di questi strumenti sono attualmente reperibili nel sito un Questionario anamnestico e informativo, che può venir utilizzato nelle ricerche con bambini e ragazzi sordi, e le Indicazioni per la didattica, che possono venir utilmente seguite da docenti universitari che vogliano rendere le loro lezioni realmente accessibili anche a studenti sordi. Un terzo strumento, a cui si accenna sia nel CAP. 1 che nel CAP. 5, è rappresentato dal software Textus realizzato da Emilia Ferreiro e Isabel Garcia Hidalgo e che Daniela ha applicato, in una ricerca comparativa internazionale, ai testi scritti da bambini di scuola elementare nelle fasi iniziali di alfabetizzazione. Leggendo questo libro comprendiamo che a Daniela Fabbretti interessava descrivere i prodotti scritti da bambini e adulti non solo per poter indagare sull apprendimento della lingua scritta. Soprattutto le interessava capire il particolare pensiero che sta dietro un certo prodotto: il pensiero narrativo che sta dietro un certo testo, la particolare elaborazione mentale che sta dietro un uso non convenzionale dell ortografia. Per sottolineare quest interesse di Daniela, ci aiutano due righe del poeta Rilke: «È possibile che si dica le donne, i bambini, i ragazzi senza il sospetto (nonostante tutto il sapere) che da lungo tempo queste parole non hanno più alcun plurale, ma solo innumerevoli singolari?». Nello studiare la scrittura dei sordi Daniela non perdeva di vista gli innumerevoli singolari che formano la comunità sorda. Qualcuno di recente ha scritto che l unico sapere possibile è 15
6 SCRITTURA E SORDITÀ un sapere esitante. Daniela Fabbretti produceva questo tipo di sapere. Lo faceva con grande capacità, con molta grazia, e persino con divertimento. Vorremmo ora chiudere con qualche ricordo più personale. Daniela Fabbretti era una persona attenta, estremamente affidabile e nello stesso tempo curiosa e coraggiosa. Era lei a trovare nuovi temi di ricerca e a spingerci verso nuovi settori; perseguiva le sue idee e intuizioni con tenacia. Daniela aveva un raro senso dell umorismo ed era sempre pronta a prendersi in giro, non si fermava mai a lamentarsi ma si rimboccava le maniche. Tutto quello che aveva ottenuto sul piano scientifico se lo era guadagnato e sicuramente avrebbe meritato molto di più. Daniela ci ha lasciato un patrimonio di idee di ricerca e di impegno didattico, che cercheremo di proseguire e di trasmettere alle nuove generazioni. Grazie per quello che ci ha dato e che ci ha insegnato. Questo volume è per noi un modo per ringraziarla e ricordarla. Vogliamo ringraziare anche alcune delle studentesse (ora dottorate o laureate) che hanno avuto la fortuna di conoscerla e collaborare con lei negli ultimi anni della sua attività accademica: Elena Tomasuolo, curatrice degli scritti di Daniela che compaiono in questo volume, Marianna Castrataro e Laura Fellini, che hanno aiutato Elena nel lavoro di riorganizzazione e aggiornamento dei riferimenti bibliografici. Vogliamo inoltre ringraziare Alessio Di Renzo, Francesco D Amico e Gabriella Alesi per aver contribuito alla realizzazione di alcune immagini inserite in questo testo. La pubblicazione di questo volume è stata inoltre resa possibile da un finanziamento delle due istituzioni presso cui Daniela Fabbretti ha operato: la Facoltà di Psicologia 2 dell Università degli Studi di Roma La Sapienza e l Istituto Statale dei Sordi di via Nomentana, sempre a Roma. 16
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