La famiglia incompleta: attaccamento di coppia e crisi della genitorialità

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1 La famiglia incompleta: attaccamento di coppia e crisi della genitorialità Franco Baldoni In: Crocetti G., Tavella S. (a cura di): Intimità e solitudine della coppia-famiglia. Ed. Città Aperta, Troina, 2009, pp Ad un certo punto della loro vita, io credo, la maggior parte degli esseri umani desidera avere dei bambini e desidera anche che i propri figli crescano sani, felici e fiduciosi di Sé. ( ) Impegnarsi a fare i genitori significa perciò mirare in alto. (John Bowlby, 1988) 1. La motivazione alla genitorialità Il desiderio di avere un figlio e il comportamento di un essere umano quando diventa genitore, la sua disponibilità a calarsi in questo ruolo e la capacità di farlo in modo complementare al proprio compagno, non possono essere considerati esclusivamente l espressione di un istinto e nemmeno la conseguenza di un semplice apprendimento di carattere culturale. Le ragioni di questa condizione umana sono complesse e devono essere ricercate non solo nella storia dei singoli individui (nella loro infanzia o nel rapporto con la famiglia di origine), ma anche in quella della nostra specie (Baldoni, 2003, 2005a). La genitorialità umana si manifesta soprattutto come disposizione psicologica e non consiste solo nel desiderio di avere figli, ma anche nella capacità di crescerli in modo adeguato. Essa è in relazione con quello che un adulto è concretamente in grado di fare e non solo con i suoi modelli ideali e sociali. Essere un genitore adeguato, infatti, non richiede una particolare intelligenza o preparazione culturale (Winnicott, 1952). Questa capacità, inoltre, non si manifesta solamente nel rapporto con i propri figli, ma, più in generale, nella disponibilità a dedicarsi alle generazioni successive, favorendo il loro sviluppo e il loro inserimento nel mondo. Tali attitudini, infatti, non sono necessariamente una prerogativa dei genitori biologici, ma possono essere manifestate anche da coloro che non hanno potuto avere figli, oppure nei confronti di figli altrui. Funzioni genitoriali, infatti, possono essere svolte da altri componenti della famiglia (nonni, zii, fratelli maggiori) oltre che da maestri, insegnati, educatori, sacerdoti, psicologi e operatori sociali. La motivazione alla genitorialità, in un giovane adulto, si sviluppa principalmente come conseguenza di queste relazioni e dei relativi modelli di identificazione che vengono trasmessi e interiorizzati. Da questo punto di vista una coppia psicologicamente infertile è figlia di una società sterile. 2. Le funzioni genitoriali in una prospettiva evolutiva Per valutare adeguatamente il problema della genitorialità è necessario considerare il significato che assume per la nostra specie. La teoria dell attaccamento, arricchendo la visione pulsionale offerta dalla psicoanalisi, segue una prospettiva etologica ed evolutiva, considerando il comportamento genitoriale (come altri legati alla protezione dai pericoli, all alimentazione e alla sessualità) come uno schema di origine genetica finalizzato alla sopravvivenza dell individuo e della sua prole. Attraverso le esperienze 1

2 individuali, particolarmente quelle della prima infanzia, questa predisposizione biologica assume caratteristiche precise e distinte in ciascun individuo, nel tentativo di adattare al meglio le esigenze personali e quelle della specie alle singole condizioni ambientali. In questa prospettiva le relazioni familiari, le esperienze amorose, la vita di coppia, le funzioni materne e quelle paterne assumono nuovi significati. Secondo la Teoria dell Attaccamento l essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare relazioni di attaccamento con figure genitoriali primarie. Tali relazioni sono finalizzate a garantire la sicurezza e la protezione nei confronti dei pericoli ed esisterebbero in forma organizzata dalla fine del primo anno di vita. John Bowlby (1958, 1969/82, 1973, 1979, 1980, 1988), che propose questa prospettiva integrando teorie psicoanalitiche, etologiche, evoluzioniste, cognitiviste e sistemiche, indicò con il nome di modelli operativi interni (internal working models) le rappresentazioni interne di se stessi, delle proprie figure d attaccamento e del mondo, nonché delle relazioni che li legano. Questi modelli di relazione rappresentati internamente sono relativamente stabili e vengono utilizzati per predire il mondo e per rapportarsi con esso. Le esperienze passate possono in questo modo essere conservate nel tempo e utilizzate per guidare le aspettative e i comportamenti futuri. Per capire l importanza di questo approccio teorico dobbiamo pensare a quali sono i bisogni fondamentali per la sopravvivenza di una specie animale (compresa la nostra) (vedi Fig. 1). Protezione dai pericoli Paura Affetti Cibo Cure corporee Desiderio Riproduzione Fig. 1- I bisogni fondamentali Possiamo individuare il bisogno di nutrimento, di riposo, di essere accuditi sul piano fisico, puliti dal punto di vista igienico, protetti dalle intemperie e dalle escursioni termiche. Vi è poi la necessità di riprodursi e quindi di garantire, attraverso le generazioni future, la sopravvivenza della specie. Inoltre è estremamente importante la difesa nei confronti dei pericoli, soprattutto quelli provenienti dai predatori. Questa, probabilmente, è una delle prime necessità. Si pensi alla possibilità che i piccoli di una nidiata possano essere divorati da un altro animale. Nelle specie più evolute, a partire dai primi mammiferi, lo sviluppo del sistema nervoso centrale (in particolare di strutture come il sistema limbico) ha permesso di acquisire la capacità di provare emozioni, cioè stati mentali differenziati (affetti) che motivano l individuo a comportamenti sempre più complessi e adattivi. Se consideriamo gli affetti generati nell essere umano in risposta ai propri bisogni, potremmo pensare che la necessità di cibo, di cure corporee e quella della riproduzione comportino l insorgenza di un desiderio, mentre l esigenza di protezione dai pericoli susciti una reazione emotiva che chiamiamo paura. Per poter soddisfare queste necessità di base la nostra specie ha sviluppato dei sistemi comportamentali specifici. 2

3 Attaccamento (protezione dai pericoli) Sicurezza Affetti Accudimento (cibo, cure corporee) Piacere Sessualità (riproduzione) Fig. 2 - I sistemi comportamentali Semplificando, possiamo pensare al nostro comportamento come organizzato in sistemi finalizzati all accudimento (cibo, pulizia, cure corporee), sistemi che garantiscono un efficace riproduzione (la sessualità) e sistemi che favoriscono la protezione dai pericoli (l attaccamento) (vedi Fig. 2). Questi sistemi comportamentali generano in noi affetti complementari a quelli prima descritti: la gratificazione dei bisogni alimentari e corporei o di quelli sessuali comporta un senso di piacere, la protezione nei confronti di pericoli genera sicurezza. Non bisogna pensare che questi sistemi comportamentali siano totalmente separati, è evidente che non si può parlare di attaccamento senza considerare elementi di accudimento e di sessualità, così come non si può parlare di accudimento senza tenere conto anche della protezione dal pericolo e della sessualità. 3. La relazione d attaccamento Non tutte le relazioni umane, anche quando sono significative, devono essere ritenute relazioni di attaccamento. Perché si parli di attaccamento, devono essere presenti almeno tre condizioni di base (Weiss, 1991) (vedi Fig. 3). Ricerca della vicinanza Protesta per la separazione Attaccamento Base sicura Fig. 3 - Caratteristiche della relazione d attaccamento 3

4 In primo luogo è necessaria una ricerca della vicinanza tra la persona attaccata e la persona che offre attaccamento; questa ricerca è molto evidente nel bambino piccolo in relazione con la madre: deve essere sicuro della sua presenza e, per sentirsi tranquillo, la tiene per mano, la abbraccia oppure la vuole a portata di sguardo. L altro elemento fondamentale è la reazione di protesta per la separazione, cioè quell insieme di comportamenti di attaccamento che si manifestano nel momento in cui ci si sente in pericolo perché la relazione di attaccamento non è più garantita. Ancora una volta tale aspetto è evidente nel bambino piccolo quando è allontanato dalla madre in un ambiente poco familiare (ad esempio quando viene portato all asilo): piange, urla, si aggrappa, si mette a tremare per la paura ed emette una serie di segnali che hanno la finalità di garantire il più possibile la vicinanza e la protezione della figura di attaccamento. Anche nell adulto si possono manifestare comportamenti simili, anche se più sofisticati ed elaborati: ad esempio all interno di una relazione amorosa quando avviene una separazione forzata oppure se un membro della coppia minaccia di abbandonare l altro. La terza condizione che ci permette di parlare di attaccamento è la base sicura, cioè la particolare atmosfera di sicurezza e di fiducia che si instaura tra figura attaccata e figura di attaccamento. Questo concetto, sviluppato inizialmente da Mary Ainsworth, è stato particolarmente valorizzato da Bowlby (1979, 1988) che ha spiegato come un bambino o un adolescente, per affacciarsi al mondo esterno ed esplorare in modo sereno l ambiente extra-familiare, abbia bisogno di sentirsi sicuro di poter ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato (1988, p.10). Un aspetto fondamentale della funzione genitoriale, sia materna che paterna, consiste quindi nel favorire un clima fiducioso di sostegno: essere disponibili, quando richiesto, a confortare, dare assistenza e incoraggiare i propri figli, ma anche sapersi ritirare sullo sfondo quando il proprio intervento attivo non è necessario. Un bambino o un adolescente che può contare su queste sicurezze sarà disposto ad allontanarsi sempre più dal controllo rassicurante dei propri genitori dedicandosi con fiducia a quelle esperienze che gradatamente lo renderanno un adulto autonomo. Se la tranquillità di una base sicura non si sviluppa o viene a mancare, come nel caso di genitori rifiutanti o maltrattanti, oppure quando un genitore si ammala gravemente o muore, oppure in occasione di separazioni traumatiche e divorzi, l insicurezza emotiva e la difficoltà manifestate dai figli diventano evidenti e si potranno manifestare alterazioni del comportamento assieme a disturbi di carattere psicologico o somatico. 4. Attaccamento di coppia, amore romantico e genitorialità La teoria dell attaccamento sostiene che, nonostante i comportamenti di attaccamento siano più evidenti nella prima infanzia, essi rimangono attivi per tutta la vita. In effetti molte relazioni tra adulti, come quelle di coppia, quelle tra amici e quelle tra figli adulti e genitori, presentano vari punti in comune con le relazioni di attaccamento infantili, in particolare il bisogno di vicinanza, la protesta per la separazione forzata e l effetto base sicura, cioè il clima di sicurezza e fiducia che si instaura all interno del legame (vedi Fig. 4). Le differenze sono però altrettanto importanti. Mentre il bambino si aspetta di essere protetto e rassicurato dalla propria figura di attaccamento, ma non è in grado di svolgere queste funzioni nei confronti dell altro, gli adulti sviluppano tra loro rapporti improntati maggiormente alla simmetria e alla reciprocità (nel caso di rapporti tra figli e genitori anziani i ruoli sperimentati durante l infanzia possono addirittura invertirsi). In secondo luogo l adulto, a differenza del bambino, integra comportamenti di attaccamento (finalizzati alla protezione dai pericoli), con quelli sessuali e quelli legati al prendersi cura dell altro, anche se questi tre sistemi comportamentali assumono un importanza molto differente secondo il tipo di relazione (Carli 1995, 1999; Baldoni, 2005a). 4

5 Ciclo vitale della famiglia Infanzia Giovane adulto Coppia appena sposata Figli piccoli Figli adolescenti Coppia di mezza età Coppia anziana Legame asimmetrico con i genitori Legame simmetrico con il partner Legame simmetrico o quasi simmetrico con i genitori Legame asimmetrico Cura dei genitori anziani Legame genitoriale asimmetrico Cura dei figli Ciclo evolutivo dell attaccamento Fig. 4 L attaccamento nel ciclo vitale (da Carli 1999, modificato) In questa prospettiva, quindi, la scelta del partner, i rapporti di coppia e le esperienze amorose possono essere considerati un espressione dell attaccamento. Abbiamo visto che, in questo caso, l attaccamento è solitamente caratterizzato da una maggiore simmetria e reciprocità del rapporto. In una relazione amorosa tra adulti, infatti, entrambi i membri della coppia dovrebbero essere in grado di svolgere funzioni di attaccamento nei confronti del partner. Questo legame, però, si distingue da ogni altra forma di attaccamento infantile o adulto in quanto è l unico in cui l espressione dell attaccamento si integra con quella di comportamenti sessuali e di accudimento. Non tutte le relazioni di coppia, ovviamente, presentano queste caratteristiche, ma quando manca una componente il legame perde la sua connotazione e non può essere considerato amoroso. Un rapporto che non offre conforto e sicurezza, ma è basato soltanto sulla attrazione sessuale, tende a configurarsi più come una relazione tra amanti. Allo stesso modo, anche l espressione della sessualità genitale è indispensabile, in caso contrario il legame di coppia risulterebbe simile a quello tra parenti o tra amici (Baldoni 2004, 2005a). Nell ambito delle ricerche sull attaccamento di coppia (romantic love) vi sono molti dati interessanti ottenuti sia tramite l utilizzo di questionari self-report, che attraverso la somministrazione di interviste semistrutturate come l Adult Attachment Interview. Nonostante alcuni limiti metodologici relativi agli strumenti utilizzati (Poerio, 1998; Baldoni 2004), da studi svolti su ampi campioni della popolazione si è visto che nelle relazioni amorose possono manifestarsi sostanzialmente tre tipologie di attaccamento (Hazan, Shaver, 1987). Oltre la metà delle persone (55%) manifestano una forma di attaccamento sicuro, caratterizzato dalla capacità di vivere esperienze intime, di porsi con il partner in una relazione di reciprocità e di offrire e ricevere aiuto se necessario. Un altra parte, circa un quarto, presenta una forma di attaccamento insicuro evitante (o distanziante), cioè manifesta la tendenza a minimizzare i propri bisogni, a distanziare i sentimenti negativi o pericolosi per il Sé (rabbia, paura, vulnerabilità, eccitazione sessuale), a non coinvolgersi nella vita intima della coppia e a non chiedere aiuto agli altri anche in caso di bisogno. Nel 20% circa degli individui si evidenzia, invece, un attaccamento insicuro preoccupato (o ansioso-ambivalente), si tratta di persone costantemente in tensione che si lamentano della affidabilità, della disponibilità e della capacità di amare del proprio partner. E particolarmente interessante considerare come i diversi stili di attaccamento si combinano all interno della coppia. Riguardo alla scelta del partner, infatti, i dati emersi dalle ricerche concordano ampiamente (Carli 1995, 1999; Baldoni 2003, 2004, 2005a). Le persone che 5

6 manifestano una forma di attaccamento sicuro frequentemente si legano a persone altrettanto sicure. Le persone insicure possono anch esse legarsi a una persona sicura, ma più spesso sviluppano una relazione con un altra persona insicura di tipologia opposta: le persone evitanti tendono a legarsi con soggetti preoccupati e quelle preoccupate con evitanti. Le relazioni tra persone insicure dello stesso tipo sono molto rare e di breve durata. Su questo punto i dati delle ricerche sono concordi. Per spiegare questa tendenza si può ipotizzare una ragione di carattere evolutivo. Probabilmente la nostra specie è dotata della capacità, attraverso il rapporto di coppia, di correggere aspetti sfavorevoli dei modelli individuali di attaccamento. La relazione con una persona di caratteristiche opposte può ampliare le possibilità di adattamento e la tenuta nel tempo della coppia, permettendole di esprimere al meglio le proprie potenzialità, compresa quella di avere figli. Questi dati depongono a favore dell importanza evolutiva della relazione di coppia e, in senso lato, della famiglia. Riguardo alla generatività (cioè la possibilità di avere figli) e alla genitorialità (la diponibilità a vivere il ruolo di genitori), le persone con attaccamento sicuro sono quelle che manifestano le maggiori capacità di fornire un supporto reciproco al partner e di sviluppare progetti di coppia comuni, come quello di diventare genitori. Anche i soggetti insicuri, ovviamente, possono avere dei figli, ma si differenziano per come vivono questa esperienza. Le persone evitanti tendono a sviluppare con i familiari relazioni di tipo strumentale e opportunistico, spesso non desiderano avere figli o si riconoscono poco nel ruolo di genitori, delegando al coniuge questo compito. Le persone preoccupate, invece, vivono le relazioni intime in modo intrusivo e manipolatorio e si attendono di ricevere da esse aiuto e protezione; solitamente desiderano diventare genitori, ma si aspettano di essere accuditi e rassicurati dai figli, confondendo i propri bisogni con i loro. In questo modo la relazione di attaccamento tende paradossalmente ad invertirsi (Belsky 1997; Baldoni 2004, 2005a). 5. La famiglia come base sicura Secondo la teoria dell attaccamento una funzione principale dell essere genitori è fornire una base sicura per i propri figli. Questa condizione favorisce il loro sviluppo e la loro progressiva autonomia. La necessità di una base sicura non si avverte, però, solo durante l infanzia, ma è una caratteristica anche dell età adulta, evidente sia nel rapporto con la propria famiglia di origine e con i genitori anziani, ma ancora di più all interno del rapporto di coppia. E interessante notare come molti uomini socialmente affermati (imprenditori, politici, scienziati, artisti) debbano il loro successo personale alla presenza di una moglie accogliente e premurosa che, nell ambito della relazione di coppia e della famiglia, favorisce in modo protettivo la carriera del marito. Possiamo legittimamente ritenere che, in misura variabile, questo avvenga anche in molti altri rapporti di coppia. Ovviamente può accadere anche il contrario, cioè che sia il marito a sostenere la moglie nelle esperienze extra-familiari, ma questa condizione, per ragioni anche di carattere culturale, è decisamente meno frequente. In effetti, mentre le funzioni femminili all interno della famiglia, attraverso i ruoli di moglie e di madre, sono state molto studiate, quelle maschili sono tuttora poco conosciute. Come tutti sanno, la funzione del padre era stata molto valorizzata da Freud, che individuò la sua importanza soprattutto nei processi legati alla costituzione e all elaborazione del conflitto di Edipo, allo sviluppo dell identità sessuale, all interiorizzazione di un codice etico e morale e allo sviluppo del Super-Io. Si sa, però, ancora pochissimo, e si è scritto ancora meno, riguardo alle funzioni svolte dal padre nei primi tre anni di vita del bambino, cioè nel periodo pre-edipico. La maggior parte degli studi, inoltre, si è limitata a considerare il bambino nell interazione con un solo genitore, all interno di una diade. I dati delle ricerche sull attaccamento depongono per il fatto che il padre è estremamente importante anche nei primi anni della vita infantile, ma il suo ruolo va studiato non tanto nel 6

7 rapporto diretto con il figlio, ma all interno di una triade. Se consideriamo il padre in questa prospettiva, potremmo riconoscere la sua funzione in almeno tre momenti dello sviluppo del ciclo familiare: la prima infanzia, il periodo edipico e l adolescenza (vedi Fig, 5). Prima infanzia Edipo Adolescenza P P P M F M F M Bebè Bambino Adolescente F Fig. 5 Relazioni triadiche nel ciclo vitale della famiglia (Baldoni, 2005a) Nella prima infanzia il rapporto diretto del padre con il neonato è secondario rispetto a quello della madre (linea tratteggiata), ma la qualità della relazione con la propria compagna è fondamentale per consentire alla madre e al bambino di svolgere adeguatamente il proprio compito evolutivo. Nel periodo edipico il coinvolgimento tra i tre componenti della triade e ugualmente intenso (questa è la fase maggiormente studiata dalla psicoanalisi). Durante l adolescenza, la relazione del padre con la propria compagna e quella con il figlio sono entrambe molto importanti. In questo caso la linea tratteggiata sta tra la madre e il figlio ad indicare la necessità per entrambi di una graduale separazione e autonomia psicologica. Vediamo ora come può essere interpretata la funzione paterna nella triade familiare alla luce della teoria dell attaccamento e in particolare attraverso il concetto di base sicura (Baldoni, 2005a) (vedi Tab. 1). Prima infanzia Favorire e tutelare la relazione madre-bambino (abitazione adeguata, sostegno economico, procurare cibo ed altri beni necessari, rappresentare e proteggere il nucleo familiare) Supporto e contenimento psicologico della madre durante la gravidanza e nel periodo successivo al parto Adolescenza Sostenere il figlio nel processo di emancipazione Proteggere la propria compagna dalla sofferenza emotiva per la separazione dal figlio e i cambiamenti delle funzioni affettive (ruolo materno) e sessuali (menopausa) Tab. 1 La funzione paterna come base sicura Un compito fondamentale del padre durante la prima infanzia è quello di favorire le condizioni perché la relazione privilegiata tra madre e bambino si sviluppi e si mantenga in modo adeguato. Questo avviene in primo luogo occupandosi delle questioni di ordine pratico: garantire una dimora confortevole e sicura, fornire un sostegno economico, procurare il cibo e gli altri beni necessari alla famiglia, rappresentare e proteggere i propri cari nella relazione con l ambiente 7

8 esterno occupandosi di eventuali problemi e conflitti. Questi compiti sono condivisi dalla maggior parte dei primati. Una seconda funzione maschile di straordinaria importanza, per lungo tempo sottovalutata e solo recentemente oggetto di ricerche, è quella di proteggere la propria compagna nei periodi in cui è maggiormente esposta a condizioni di potenziale pericolo e a problemi emotivi, particolarmente alla depressione. Questi momenti cruciali, nel ciclo vitale della donna, sono fondamentalmente due: il primo è quello relativo alla gravidanza e ai primi mesi dopo il parto, il secondo coincide con l adolescenza e l emancipazione dei figli. In questi due momenti le donne sono maggiormente esposte a difficoltà emotive e reazioni di carattere depressivo legate non solo ai mutamenti fisici e ormonali, ma anche ai cambiamenti del proprio ruolo sessuale femminile di donna e di madre. La funzione del maschio, in questi casi, è quella di aiutare la propria compagna a superare le difficoltà mantenendo la sofferenza e la problematicità a livelli tollerabili. Sappiamo, infatti, che durante la gravidanza e nei primi mesi successivi alla nascita del bambino sono frequenti le reazioni emotive di carattere ansioso e depressivo, che possono andare alla semplice disforia post-partum o maternity blues (un alterazione transitoria dell umore che si manifesta nel 60-70% delle puerpere nei giorni immediatamente successivi al parto) fino alle vere e proprie depressioni post-partum. In questi casi gli aspetti psicologici e biologici si intrecciano in modo particolarmente evidente in quanto le modificazioni corporee dovute alla gravidanza e al parto e i cambiamenti ormonali legati alla montata lattea svolgono sicuramente un ruolo importante nel favorire lo sviluppo di un disturbo affettivo. Donald Winnicott ha descritto questa condizione con il nome di preoccupazione materna primaria (1956) e riteneva che, se si fosse manifestata al di fuori della maternità, sarebbe stata considerata uno stato psichiatrico, mentre nei primi mesi dalla nascita del bambino è uno stato fisiologico e normale di regressione utile per l accudimento del bambino. In questi momenti, la funzione del padre sembra essere quella di fornire alla propria compagna supporto psicologico e sicurezza proteggendola da un eccessiva sofferenza emotiva. Questa funzione può essere interpretata in termini di base sicura. Vi sono interessanti dati di ricerca a sostegno di questa tesi. I compagni delle donne che nel post-partum soffrono di sintomi depressivi manifestano anch essi un maggior livello di ansia e depressione già durante il V mese della gravidanza (Baldoni, 2005a, Baldoni, Baldaro, Benassi, in corso di stampa). Da uno studio recente svolto su coppie che si sottopongono a procedura di fertilizzazione assistita in vitro è risultato che quando il maschio manifesta una sintomatologia ansiosa e depressiva significativa, oppure un aumento dell ostilità, le donne, indipendentemente dal successo della procedura, soffrono maggiormente di disturbi affettivi, di ansia e di sintomi somatici (Baldoni et al., in corso di stampa). I padri preoccupati, troppo emotivi o depressi sembrano quindi costituire uno svantaggio per l equilibrio emotivo della propria compagna e per il buon andamento del rapporto tra madre e bambino (van IJzendoorn, 1995; Das-Eiden, Leonard, 1996; van IJzendoorn, De Wolff 1997; Luca, Bydlowsky 2001; Baldoni, 2005a). Questo deve fare riflettere, in quanto una tendenza attuale della nostra società è quella di valorizzare nei padri lo svolgimento di funzioni sostanzialmente materne, come l accudimento fisico del bambino, l alimentazione o il cambio del pannolino. E sempre più frequente assistere, durante la gravidanza, alle manifestazioni preoccupate e ansiose dei padri che in alcuni casi arrivano ad accusare sensazioni corporee e disturbi simili a quelli della moglie (fenomeno noto come sindrome della couvade ). Questi atteggiamenti eccessivi, simili per certi aspetti alla condizione di preoccupazione materna primaria descritta da Winnicott e da lui considerata uno stato normale e utile nella donna, quando si manifestano nel maschio dovrebbero essere considerati con attenzione, in quanto compromettono la funzione maritale e paterna di base sicura. Il compito protettivo antidepressivo dell uomo nei confronti della propria compagna si rivela anche in un altro momento del ciclo vitale della famiglia: durante l adolescenza e la graduale emancipazione dei figli. In questo periodo la madre deve saper rinunciare alla funzione svolta durante l infanzia e prepararsi a vedere il figlio uscire dalla famiglia. La funzione del padre, in 8

9 questo caso, non è solo quella di sostenere il giovane in questo processo (fornendogli una base sicura), ma anche proteggere la compagna dalla sofferenza psicologica legata alla perdita della propria funzione materna e al cambiamento concomitante del proprio ruolo affettivo e sessuale. Ancora una volta fattori di carattere psicologico e biologico si intrecciano (bisogna infatti ricordare che questi anni coincidono in molte donne con l inizio della menopausa). In questo periodo l uomo deve sapere aiutare madre e figlio a separarsi psicologicamente e ricondurre amorevolmente la propria compagna all interno di un rapporto di coppia in cui possa di nuovo sentirsi valorizzata. Al contrario, un padre troppo apprensivo, invadente o iperprotettivo, che si sovrappone alle preoccupazioni materne aggravandole, può limitare il processo di autonomizzazione del figlio, ostacolando il superamento di questa fase del ciclo vitale e favorendo nella propria compagna lo sviluppo di una sintomatologia depressiva. 6. Genitorialità e funzione riflessiva Un altra funzione importante di un genitore, evidenziata dagli studi sull attaccamento, è quella di sapere relazionarsi con i propri figli considerandoli come persone che provano sentimenti, desideri e aspettative autonomi. In generale possiamo affermare che quando sanno cogliere il loro punto di vista e comprendono i loro bisogni li proteggono da esperienze di natura traumatica favorendo lo sviluppo e prevenendo la manifestazione di successivi disturbi psicologici, comportamentali e fisici. Queste attitudini sono state indicate con il nome mentalizzazione e funzione riflessiva e sono in relazione con la qualità dell attaccamento. Il termine funzione riflessiva si riferisce alla capacità di interpretare il proprio comportamento e quello altrui in termini di ipotetici stati mentali, cioè in relazione a pensieri, affetti, desideri, bisogni e intenzioni. Il costrutto rappresenta l operazionalizzazione a scopo di ricerca del concetto di mentalizzazione (Fonagy et al., 2002; Fonagy, Target, 2001, 2003) e dal punto di vista pratico i due termini possono essere considerati sinonimi. Le capacità riflessive permettono di attribuire un significato al proprio comportamento e a quello degli altri e costituiscono la base della comprensione psicologica e dell empatia. Queste facoltà comportano una componente sia autoriflessiva (relativa alle rappresentazioni del Sé) che interpersonale (legata alla rappresentazione degli altri), si acquisiscono nell ambito delle prime relazioni di attaccamento e sono fondamentali per l organizzazione del Sé e la regolazione delle emozioni. La carenza della funzione riflessiva nei figli è legata al fallimento della funzione riflessiva genitoriale e alla disfunzione delle relazioni familiari (Baldoni 2005b, 2008). Le capacità riflessive manifestate da una famiglia, infatti, sono importanti per il mantenimento del benessere, la soluzione dei conflitti e la capacità di adattamento, mentre la loro carenza può essere considerata un fattore prognostico negativo per le difficoltà relazionali e i disturbi psicologici, comportamentali e somatici manifestati dai componenti del nucleo familiare nel corso della loro vita. Le ricerche hanno dimostrato che le carenze di capacità riflessive sono correlate allo sviluppo di un attaccamento insicuro (distanziante o preoccupato), a una minore capacità di espressione emotiva e di regolazione e controllo degli affetti (disturbi del comportamento di malattia, scompensi psicosomatici, falso Sé, alessitimia), a patologie psichiche (autismo, disturbi di personalità, disturbi del comportamento alimentare, depressione) e a comportamenti antisociali (bullismo, vandalismo, violenza individuale o collettiva, abusi di tipo sessuale) (Fonagy et al., 1997; Fonagy, Target, 2001; Baldoni, Trombini, 2005; Baldoni, 2005b). Le capacità riflessive, inoltre, si rivelano particolarmente importanti quando si è esposti a situazioni sfavorevoli come maltrattamenti, violenze o abusi e la loro carenza rende vulnerabili alle esperienze traumatiche. Un adeguata mentalizzazione, infatti, oltre a favorire una manifestazione adeguata delle proprie emozioni, permette di considerare il comportamento altrui come espressione di uno stato mentale specifico (un momento di rabbia, un fraintendimento). In questo modo subire un atteggiamento di rifiuto o un atto di violenza non portano necessariamente a una visione negativa 9

10 di sé o della relazione con l altro. Un bambino, ad esempio, può riflettere sul comportamento del genitore, inserendolo in un contesto specifico e attribuendo ad esso un significato. Questo protegge il bambino dall incoerenza del genitore e permette un elaborazione adeguata dell esperienza rendendola non traumatica. Al contrario, in una condizione di fallimento riflessivo (da parte sia dei genitori che dei loro figli) un episodio di maltrattamento oppure di abuso (psicologico o fisico) non solo si verifica più frequentemente, ma assume un maggiore valore traumatico (Baldoni, 2008). 7. Dalla procreazione inevitabile alla procreazione come scelta Come abbiamo visto, le capacità generative e genitoriali hanno le proprie radici nei sistemi comportamentali che si sono sviluppati in risposta ai bisogni fondamentali della nostra specie. Nel corso degli ultimi secoli, però, lo sviluppo culturale e tecnologico ha modificato profondamente il comportamento umano alterando in modo preoccupante la sua capacità di adattamento. Per molti anni nella nostra specie la procreazione è stata vissuta come una conseguenza inevitabile e non controllabile della vita sessuale. La mortalità infantile era molto elevata, e, soprattutto nei ceti più abbienti, i matrimoni erano combinati e non la conseguenza di relazioni sentimentali. In questa prospettiva l investimento affettivo nei confronti della prole era relativamente scarso e avere un numero elevato di figli perseguiva scopi soprattutto utilitaristici (fornire aiuto sul lavoro, garantire la trasmissione dei beni e del potere della famiglia, consolidare la propria posizione sociale attraverso rapporti di parentela). Un cambiamento significativo si è manifestato nei paesi occidentali attorno al secolo con l affermazione della società industriale e lo sviluppo di una vita cittadina (Aries, 1960). La diffusione di norme igieniche e cure mediche ha portato a una drastica riduzione della mortalità infantile. In questo periodo si è verificata la prima rivoluzione contraccettiva, attraverso la diffusione della pratica dei coitus interruptus. Il numero delle nascite è diminuito progressivamente e l importanza affettiva dei figli aumentata. L infanzia divenne una categoria sociale: si diffuse l istruzione scolastica, si svolsero i primi studi pedagogici e le madri vennero riconosciute come il centro della famiglia e delle cure infantili. Nel corso del novecento, con lo sviluppo e la diffusione di metodi anticoncezionali sempre più sicuri (preservativo, spirale, pillola) si è verificata la seconda rivoluzione contraccettiva in quanto la procreazione è divenuta una scelta personale. Questo ha portato ad investire molto nei pochi figli che vengono messi al mondo. L importanza che viene data loro, però, è maggiormente basata su bisogni personali, mentre le motivazioni etiche, religiose o sociali sono passate gradualmente in secondo piano. Con il passare del tempo la sessualità, e lo stesso rapporto di coppia, tendono ad essere considerati sempre più separati dalla genitorialità e un numero sempre maggiore di adulti decide di non avere figli. I dati sulla fertilità dei paesi occidentali sono allarmanti (Gambini, 2007). Considerando che per garantire un ricambio generazionale è necessario che ogni donna abbia nel corso della vita in media 2,1 figli, la media europea relativa al 2005 (1,52 figli per donna) risulta estremamente bassa. Si possono registrare differenze significative tra le diverse nazioni e tra queste l Italia si presenta come il paese meno fertile (Francia 1,94; Regno Unito 1,77; Spagna 1,34; Germania 1,34; Italia 1,32). Solo recentemente, in alcune aree sviluppate, l indice di fertilità è ritornato in attivo, ma per il contributo delle sempre più numerose famiglie di immigrati extracomunitari che scelgono di avere figli in Europa per le migliori condizioni di assistenza sanitaria e di lavoro. Bisogna inoltre considerare che la maggior parte delle coppie di genitori decide di avere un figlio solo dopo 3-4 anni di matrimonio e che il 42% di loro (dati ISTAT 2003) sceglie di avere un unico figlio. 10

11 8. Narcisismo di coppia e disfunzioni della genitorialità Nella società odierna, diversamente dal passato, si tende ad essere motivati più dall affermazione dei nostri bisogni narcisistici e dalla necessità di godere che da ragioni di natura etica o religiosa. Questo cambiamento ha spostato la prospettiva esistenziale da tematiche di carattere nevrotico ed edipico (il senso del dovere e della responsabilità, le angosce relative all essere giudicato o al non essere amato sufficientemente) ad altre tematiche che riguardano come posso fare per diventare qualcuno, per avere successo, per essere soddisfatto?. Affermarsi, curare la propria immagine e godere giorno per giorno della propria vita è divenuta una necessità, un dovere, per sentirsi realizzati, identificarsi e riconoscersi. Altrimenti non ci si sente normali e integrati, non si è nessuno. Sono problemi di identità, piuttosto che conflitti di natura nevrotica, e riportano a tematiche che riguardano lo sviluppo del sé all interno delle relazioni primarie. Per questa ragione i processi di identificazione che sono alla base della delle proprie motivazioni e dei propri ideali si stanno modificando. Queste influenze si manifestano anche all interno della vita di coppia e di famiglia. Gli adulti oggi non vogliono invecchiare e non si dedicano sufficientemente ai loro successori, si tende a vivere nel presente e un obiettivo primario è la realizzazione di se stessi e dei propri bisogni immediati, con la conseguente perdita del senso di continuità storica e di responsabilità sociale (Lash, 1975; Selvini Palazzoli et al., 1998; Baldoni, 2001). Il benessere dei figli sembra l interesse centrale della famiglia, ma solo apparentemente, in quanto ci si occupa di loro più dal punto di vista economico che da quello affettivo ed educativo e questo induce i giovani a percepire i propri genitori in modo meno autorevole. Le generazioni attuali degli adulti, infatti, manifestano molte difficoltà ad occuparsi dei propri figli. Molti di loro, angosciati dalla paura di invecchiare, si comportano ancora come adolescenti: il loro interesse centrale è curare il proprio corpo e la propria immagine, frequentare le palestre e i centri estetici, vestirsi in modo giovanile e originale, uscire con gli amici, comprarsi la moto o una macchina sportiva, viaggiare all estero in paesi esotici o in villaggi turistici. Troppo spesso decidono di avere un figlio alle soglie dei quarant anni, angosciati dal tempo che passa, per sentirsi normali, piuttosto che per un autentico desiderio di genitorialità. Nella loro mente c è poco spazio per pensieri che riguardano le generazioni future. Un tempo i giovani adulti desideravano sembrare più anziani, i maschi si vestivano in giacca e cravatta, alcuni sfoggiavano barba e baffi per sembrare più autorevoli. Oggi vogliono sembrare più giovani, simili ai loro figli, e non si riconoscono più nei modelli di comportamento delle generazioni precedenti. Si propongono ai loro figli più come amici o fratelli (Bly, 1996), rinnegando inconsciamente il proprio ruolo e le proprie responsabilità di genitori. La funzione familiare, sociale e culturale degli anziani, di conseguenza, è sempre più svalorizzata. Fino a pochi decenni fa i cambiamenti delle condizioni di vita erano lenti e i modelli socioculturali (i ruoli sessuali, la famiglia, la religione, lo stato) maggiormente condivisi. I valori, gli ideali e le abitudini non erano molto diversi da quelli dei propri genitori o dei propri nonni. Oggi differenze significative di modelli culturali si riscontrano già tra fratelli e la possibilità per un giovane di utilizzare gli esempi delle generazioni precedenti è molto limitata (Baldoni 2004, 2005b). Questo fenomeno allarmante si è accentuato dal dopoguerra ed era stato già descritto da Konrad Lorenz (1973), che aveva parlato di tradizione demolita, in quanto i giovani manifestano sempre più difficoltà a identificarsi nei modelli culturali precedenti e arrivano a considerare gli anziani come un gruppo etnico differente verso il quale manifestano diffidenza e spregio. I motivi principali possono essere individuati nello sviluppo culturale troppo rapido, nello scarso contatto tra figli e genitori (soprattutto i padri) e nella minore disponibilità degli adulti a dedicarsi alle generazioni precedenti. Infine la nostra cultura industriale, basata sulla produzione e sul consumismo, non valorizza il ruolo dei genitori ed, in generale, la funzione di chi si occupa della crescita e dell educazione dei bambini. Basti pensare al fatto che la permanenza a casa dal lavoro in maternità non è favorita e sufficientemente tutelata (nonostante quello che ci hanno insegnato gli studi di 11

12 psicologia dello sviluppo), oppure a quanto poco siano pagati e socialmente considerati gli insegnanti e gli educatori. Un segnale preoccupante della confusione che si vive all interno della famiglie e della svalorizzazione sociale della funzione genitoriale ed educativa degli adulti è dato dall aumento dei fenomeni di violenza e di abuso intra e extra-familiare nei confronti dei minori o delle donne e da parte dei giovani verso gli adulti. Queste esperienze segnano chi le subisce sia sul piano psicologico che somatico, come dimostra l aumento di disturbi somatici organici e funzionali (in particolare gastrointestinali, urinari e ginecologici) e di disturbi del comportamento alimentare nelle persone che hanno subito un abuso (Lechner, Vogel, Garcia-Shelton 1993; Drossmann, Talley, Laserman 1995; Baldoni, 2001; Baldoni, Trombini, 2005). Nella nostra società, inoltre, assistiamo al diffondersi di forme di vita familiare e di convivenza che si allontanano dai modelli delle generazioni precedenti: coppie non sposate, separate o divorziate, coppie omosessuali, famiglie monoparentali, allargate, ricomposte, multietniche, multiculturali e multireligiose. La motivazione ad avere figli e la capacità di svolgere funzioni genitoriali all interno di questi nuovi gruppi sociali si manifesta in modo necessariamente più complesso e differente dal passato. In ogni caso, vista la drammatica riduzione del numero delle nascite e l aumento delle problematiche giovanili (minore motivazione alla relazione di coppia, difficoltà sessuali, tossicodipendenza, comportamenti violenti, devianza psicosociale) emerge una generale difficoltà da parte degli adulti a generare e a crescere figli in modo adeguato. Questo ha portato a forme disfunzionali di genitorialità di cui sono possibili alcuni esempi. a) La genitorialità ritardata Un numero sempre più elevato di coppie manifesta il desiderio di avere un figlio solo in età avanzata, verso i quarant anni e anche oltre. Le motivazioni sono basate più sui bisogni della coppia che su quelli del figlio. Può essere un modo per dimostrare di essere adulti sessualmente e socialmente normali, per affrontare le angosce relative all età che avanza oppure per riparare a precedenti ferite narcisistiche (sterilità di coppia, malattie, figli malati o morti, precedenti esperienze genitoriali fallite, difficoltà di coppia, conflitti con la famiglia di origine). Le stesse ragioni possono portare alla ricerca di una genitorialità ad ogni costo, insistendo a sottoporsi a pratiche di fertilizzazione assistita ossessionati dal desiderio di avere un figlio anche quando i limiti di ètà oppure quelli biologici non consiglierebbero una gravidanza. b) La genitorialità rifiutata E la situazione, oggi sempre più frequente, in cui una coppia decide di non avere figli. In questo caso i bisogni narcisistici individuali (maggiore libertà, minore assunzione di responsabilità, illusione adolescenziale di avere ancora tutta la vita davanti a sé, timore di fallire o di risultare un adulto inadeguato) o di coppia (essere liberi di frequentarsi come fidanzati, chiusura nei confronti di altri) prevalgono su quelli generativi. La coppia spesso giustifica la propria scelta con razionalizzazioni (questo mondo non è adatto per i bambini, problemi economici o lavorativi, mancato sostegno dalla famiglia di origine). In alcuni casi questa situazione è la conseguenza di una decisione eccessivamente rimandata di avere un figlio. L immaturità affettiva e la persistenza di angosce sessuali persecutorie può portare a manifestare uno scarso desiderio anche nei confronti del partner e alla rinuncia (a volte condivisa da entrambi) di avere rapporti intimi, in questo caso si parla di matrimoni bianchi. La vita di coppia diviene una forma di amicizia o la ripetizione di una relazione infantile in cui ci si scambiano attenzioni, accudendosi e proteggendosi l un l altro senza manifestare desideri sessuali o bisogni procreativi. In questo caso si manifestano comportamenti di accudimento e di attaccamento, mentre il sistema comportamentale sessuale viene completamente inibito. 12

13 c) La genitorialità negata Si verifica quando una coppia che ha figli rifiuta inconsciamente il proprio ruolo di genitori. Padre e madre sono focalizzati sulle proprie necessità personali o di coppia e, manifestando una scarsa funzione riflessiva, non sanno percepire adeguatamente i bisogni e i sentimenti dei propri figli. In modo simile al caso precedente, lo stesso partner può essere concepito in modo pre-genitale (come un genitore, un amico o un rivale). Sono genitori che escludono i figli dalla propria vita, oppure si propongono loro come amici (a volte facendosi chiamare per nome proprio). I figli non sono desiderati, oppure sono considerati come un possesso e svolgono una funzione necessaria al narcisismo dei genitori (farli sentire bravi, buoni, capaci, intelligenti), sono quindi concepiti inconsciamente come uno strumento per la propria affermazione e quando deludono il genitore vengono rifiutati. La nascità di un figlio, ma anche la separazione da esso durante il suo percorso di crescita (in quanto la sua presenza è utile alla gratificazione del proprio narcisismo), sono avvertiti inconsciamente come una minaccia. 9. Alcune considerazioni conclusive Come abbiamo visto, l importanza della vita di coppia e della famiglia è confermata dagli studi sull evoluzione e adattamento della nostra specie. In particolare le funzioni svolte dai genitori nella protezione della prole e nel garantire la crescita adeguata e la graduale autonomia dei propri figli, chiarite dalla psicoanalisi contemporanea e delle ricerche sull attaccamento, possono essere riassunte nel modo seguente: 1. Fornire una base sicura (creare una condizione di fiducia e relativa sicurezza) 2. Manifestare capacità di mentalizzazione e di funzione riflessiva (considerare i propri figli per i loro bisogni, aspettative e sentimenti) 3. Stimolare lo sviluppo, l esplorazione dell ambiente e le esperienze di autonomia 4. Favorire una graduale individuazione e separazione psicologica 5. Fornire un modello adeguato di vita di coppia e di famiglia Svolgere queste funzioni, nella società di oggi, è sempre più difficile. Negli ultimi anni il processo mondiale di globalizzazione sta comportando una trasformazione radicale dell economia, della tecnologia, della comunicazione, degli assetti politici, degli stili di vita e dei valori culturali. Lo sviluppo di una società consumistica, centrata sul benessere e sulla affermazione individuale ha portato a privilegiare i bisogni narcisisistici dell essere umano alterando le sue capacità generative e genitoriali indispensabili per la sopravvivenza della specie. L importanza sociale della famiglia e il ruolo dei genitori, particolarmente quello del padre, si stanno rapidamente modificando e questo mette in difficoltà molti adulti che non riescono a porsi come modelli autorevoli e adeguati alla crescita e alla guida delle generazioni future. Le stesse relazioni familiari, con particolare riferimento alla funzione del padre, troppo spesso tendono a essere considerate meno importanti dell istruzione e del benessere economico e questo ha generato nell uomo un maggiore senso di inquietudine e solitudine. In generale, il ruolo di coloro che si occupano dei bambini e degli adolescenti deve essere maggiormente valorizzato e gli adulti dovrebbero riappropriarsi di una funzione etica che costituisca un esempio per i giovani. Affrontare questi problemi e preservare le capacità di sviluppo e di adattamento della specie umana sarà una grande sfida per il futuro. Bibliografia 1. Aries P. (1960): Padri e figli nell Europa medioevale e moderna. Laterza, Bari,

14 2. Baldoni F. (2001): Psicosomatica dell adolescenza. In: Acanfora L. (a cura di), Disagio giovanile. Gioventù cotta, cruda o bruciata? Edizioni Scientifiche Ma.Gi., Roma, pp Baldoni F. (2003): Attaccamento e funzione genitoriale. In Galli G. (a cura di): Interpretazione e nascita. Atti XXIII Colloquio sull Interpretazione Interpretazione e Nascita (Macerata 4-5 Aprile 2003). Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa- Roma. 4. Baldoni F. (2004): Attaccamento di coppia e cambiamento sociale. In Crocetti G. (a cura di): Il Girasole e l ombra. Intimità e solitudine del bambino nella cultura del clamore. Pendragon, Bologna, pp Baldoni F. (2005a): Funzione paterna e attaccamento di coppia: l importanza di una base sicura. In: Bertozzi N., Hamon C. (a cura di): Padri & paternità. Edizioni Junior, Bergamo, pp Baldoni F. (2005b): Aggressività, comportamento antisociale e attaccamento. In: Crocetti G., Galassi D. (a cura di): Bulli marionette. Bullismi nella cultura del disagio impossibile. Pendragon, Bologna, pp Baldoni F. (2008): Alle origini del trauma: confusione delle lingue e fallimento della funzione riflessiva. In: Crocetti G., Zarri A. (a cura di): Gli dei della notte sulle sorgenti della vita, il trauma precoce dalla coppiamadre al bambino. Pendragon, Bologna. 8. Baldoni F., Baldaro B., Benassi M. (in corso di stampa): Affective suffering and somatic compliance during pregnancy and post partum. 9. Baldoni F., Garutti F., Baldaro B., Gallinelli A., Facchinetti F. (in corso di stampa): Sofferenza emotiva e insuccesso della procedura IVF-ET (In Vitro Fertilization and Embryo Transfer). 10. Baldoni F., Trombini G. (2005): La psychosomatique. Éditions in Press, Paris (Edizione francese a cura di J. Chemouni di: Psicosomatica: l equilibrio tra mente e corpo. Il Mulino, Bologna, 1999). 11. Belsky J. (1997): Variation in susceptibility to environmental influence: an evolutionary argument. Psychological Inquiry, 8, pp Bly R. (1996): The sibling society. Addison Wesley Reading, Mass. 13. Bowlby J. (1958): The nature of the child s tie to his mother. International Journal of Psychoanalysis, 39, pp Bowlby J. (1969/82): Attaccamento e perdita, vol. 1: L attaccamento alla madre (seconda edizione). Boringhieri, Torino, 1972/ Bowlby J. (1973): Attaccamento e perdita, vol. 2: La separazione dalla madre. Boringhieri, Torino, Bowlby J. (1979): Costruzione e rottura dei legami affettivi. Raffaello Cortina, Milano, Bowlby J. (1980): Attaccamento e perdita, vol. 3: La perdita della madre. Boringhieri, Torino, Bowlby J. (1988): Una base sicura. Raffaello Cortina, Milano, Carli L. (a cura di) (1995): Attaccamento e rapporto di coppia. Raffaello Cortina, Milano. 20. Carli L. (a cura di) (1999): Dalla diade alla famiglia. I legami di attaccamento nella rete familiare. Raffaello Cortina, Milano. 21. Das-Eiden R., Leonard K.E. (1996): Pathernal alchool use and the mother infant relationship. Development and Psychopathology, 8, pp Drossman, D.A., Talley, N.J., Laserman, J. (1995): Sexual and physical abuse and gastrointestinal illness: review and recommendations. Annals of Internal Medicine, 123, pp Fonagy P., Gergely G., Jurist E.L., Target M. (2002): Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del Sé. Raffaello Cortina, Milano, Fonagy P., Target M. (2001): Attaccamento e funzione riflessiva. Raffaello Cortina, Milano. 14

15 25. Fonagy P., Target M. (2003): Psicopatologia evolutiva. Le tecniche psicoanalitiche. Raffaello Cortina, Milano, Fonagy P., Target M., Steele M., Steele H., Leith T., Levinson A., Kennedy R. (1997): Crime and attachment: morality, disruptive behavior, borderline personality, crime, and their relationships to security of attachment. In: Atkinson L., Zuker K.J. (a cura di): Attachment and psychopathology. Guildford Press, New York, pp Gambini P. (2007): Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale. Franco Angeli, Milano. 28. Hazan C., Shaver P.R. (1987): Romantic love conceptualized as an attachment process. Journal of Personality and Social Psychology, 52( 3), pp Lash C. (1975): La cultura del narcisismo. Bompiani, Milano, Lechner M., Vogel, M., Garcia-Shelton, L. (1993): Self-reported medical problems of adult female survivors of childhood sexual abuse. Journal of Family Practictioners, 36, pp Lorenz K. (1973): Gli otto peccati capitali della nostra civiltà. Adelphi, Milano, Luca D., Bydlowski M. (2001): Dépression Paternelle et périnatalité. Le CarnetPsy, 67: Poerio V. (1998): Stili di attaccamento nell adulto: dimensioni psicologiche sottostanti. Psicoterapia cognitiva e comportamentale, 4(1), pp Selvini Palazzoli M., Cirillo S., Selvini M. e Sorrentino A.M. (1998): Ragazze anoressiche e bulimiche. La terapia familiare. Raffaello Cortina, Milano. 35. van IJzendoorn M.H. (1995): Adult attachment representations, parental responsiveness, and infant attachment: a meta-analysis on the predictive validity of the Adult Attachment Interview. Psychological Bulletin, 117, pp van IJzendoorn M.H., De Wolff M.S. (1997): In search of the absent father - Meta-analyses of infant-father attachment. Child Development, 68 (4): Weiss R.S. (1991): Il legame di attaccamento nell infanzia e nell età adulta. In: Parkes C.M., Stevenson Hinde J., Marris P. (a cura di): L attaccamento nel ciclo di vita. Il Pensiero Scientifico, Roma, 1995, pp Winnicott D.W. (1952): La psicosi e l assistenza del bambino. In: Dalla pediatria alla psicoanalisi, Firenze, Martinelli, 1975, pp Winnicott D.W. (1956): La preoccupazione materna primaria. In: Dalla pediatria alla psicoanalisi. Martinelli, Firenze, 1975, pp Riassunto L importanza della vita di coppia e della famiglia è confermata dagli studi sull evoluzione e adattamento della nostra specie. In particolare le funzioni svolte dai genitori nella protezione della prole e nel garantire la crescita adeguata e la graduale autonomia dei propri figli sono state chiarite dalla psicoanalisi contemporanea e delle ricerche sull attaccamento. Nel corso degli ultimi anni, però, lo sviluppo culturale e tecnologico ha modificato profondamente il comportamento umano alterando in modo preoccupante la sua capacità di adattamento. Questo ha portato a forme disfunzionali di genitorialità in cui è particolarmente evidente una problematica narcisistica della coppia e la crisi della funzione del padre. Franco Baldoni Medico Psicologo, Psicoterapeuta Professore associato di Psicologia Clinica Responsabile del Laboratorio sulla Valutazione dell Attaccamento 15

16 Dipartimento di Psicologia Università di Bologna 16

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