Roma, lì 9 maggio Prot. n. 44/2017/CC/VF/gc

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1 Confederazione Nazionale dell Artigianato e della Piccola e Media Impresa Sede Nazionale Piazza Armellini, 9A Roma Tel. 06/ Fax. 06/ polfis@cna.it Rue Joseph II - B Bruxelles Tel Fax bruxelles@cna.it Divisione Economica e Sociale Politiche fiscali e societarie Roma, lì 9 maggio 2017 Prot. n. 44/2017/CC/VF/gc OGGETTO: l erogazione dei nuovi servizi da parte degli Istituti di patronato attraverso l istituto della decommercializzazione (art. 10 della Legge 30 marzo 2001 n. 152, come modificato dalla Legge 23 dicembre 2014 n. 190) Sommario 1. Premessa La decommercializzazione come strumento giuridico per escludere la natura commerciale dei nuovi servizi Condizioni e requisiti dell istituto della decommercializzazione I limiti della decommercializzazione in riferimento ad alcune attività specifiche... 5

2 pag Premessa Le attività erogabili dagli Istituti di patronato sono state completamente riscritte dall art. 1, comma 310, lettera c) della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità per l anno 2015). In particolare, il riformulato articolo 10 della Legge che disciplina gli Istituti di patronato (Legge 30 marzo 2001, n. 152), rubricato Attività diverse, attribuisce a tali Enti la possibilità di svolgere una serie di attività, in passato non contemplate, sia nei confronti di soggetti privati sia nei confronti di soggetti pubblici, escludendo quelle attività che rientrano nel finanziamento di cui all articolo 13 della stessa Legge n. 152/2001 e con l elemento unificante dell assenza dello scopo di lucro. Le medesime attività si distinguono, altresì, in funzione della diversa materia di competenza, quale, ad esempio: sanità, diritto di famiglia, previdenza e assistenza sociale, risparmio, diritto civile e legislazione fiscale, tutela e sicurezza sul lavoro, ed altre ancora. Preme precisare che, nel momento in cui si redige il presente documento, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha provveduto ad emanare i decreti attuativi( 1 ) del novellato art. 10 Legge n. 152 del 30 marzo Tali decreti, tuttavia, fornisco informazioni relative esclusivamente alle modalità di erogazione dei nuovi servizi attraverso l approvazione di schemi di convenzione che le parti dovranno utilizzare e pubblicizzare nei modi richiesti. Nulla viene precisato, invece, riguardo agli aspetti fiscali dei nuovi servizi; restano, pertanto, attuali le informazioni contenute nell art. 18 della Legge n. 152 del 30 marzo 2001 rubricato Trattamento fiscale e quanto dettato dal D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 (TUIR) e dal D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 (IVA) in relazione agli Enti non commerciali. Nell ambito di questo mutato scenario normativo, la scelta organizzativa della Confederazione è quella di consentire all Ente di Patronato di erogare alcuni dei nuovi servizi avvalendosi dell istituto della decommercializzazione, per le ragioni esposte al paragrafo n La decommercializzazione come strumento giuridico per escludere la natura commerciale dei nuovi servizi Alcune delle attività previste dal novellato art. 10 rientrano fra quelle che, sia ai fini delle imposte sui redditi (cfr articolo 143 del DPR n. 917/1986) sia ai fini 1 Decreti del 16 settembre 2015, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 265 e n. 266 del 13 novembre 2015 e Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 276 del 26 novembre 2015.

3 pag. 3 dell imposta sul valore aggiunto (cfr articolo 4 del DPR n. 633/1972), in assenza di determinati requisiti, possono essere svolte da enti non commerciali, quali i patronati, solamente dopo l apertura di una partita Iva. In base alle disposizioni sopra citate, infatti, per gli enti privati non commerciali (EPASA-ITACO) le prestazioni di servizi diverse da quelle propriamente commerciali, individuate dall art del Codice Civile, non danno origine ad attività commerciale a patto che siano rispettate le seguenti tre condizioni: 1. siano conformi alle finalità istituzionali dell ente; 2. manchi una specifica organizzazione; 3. i corrispettivi non eccedano i costi di diretta imputazione. Ciò significa che i corrispettivi conseguiti devono remunerare solo le spese sostenute per lo svolgimento delle prestazioni, senza dar luogo alla formazione di utili (Ris. Min. 23 ottobre 1992, n.11/274). Considerato che i nuovi servizi nella generalità dei casi, per loro natura, richiedono l esistenza di una specifica organizzazione, viene conseguentemente meno uno dei requisiti che esclude la natura non commerciale degli stessi. Si consideri, inoltre, che l assenza di una specifica organizzazione in alcuni casi è difficilmente dimostrabile dinanzi gli uffici dell Agenzia delle entrate. Pertanto, al fine di escludere la natura commerciale dei nuovi servizi e conseguentemente consentire al Patronato di erogarli senza che sia necessario l apertura di una partita IVA, si può ricorrere all istituto della decommercializzazione applicabile ad Epasa-Itaco in virtù dell articolo 18, comma 2 della legge 152/2001. In particolare, la norma da ultimo citata prevede che le attività istituzionali svolte dalle associazioni promotrici, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, possono essere svolte, in luogo dell associazione - nel nostro caso, in luogo di CNA o Confesercenti - dagli Istituti di patronato. In quest ultimo caso trova applicazione il medesimo regime fiscale che si sarebbe reso applicabile qualora quelle stesse attività fossero state svolte dall associazione promotrice. Anche se non citato espressamente, la norma si riferisce, con tutta evidenza, all istituto della decommercializzazione disciplinato dall articolo 148, commi 3, 7 e 8 del TUIR, ovvero, dall articolo 4 del D.P.R. n. 633/1972.

4 pag Condizioni e requisiti dell istituto della decommercializzazione Per le associazioni di categoria (CNA - Confesercenti), il comma 3 dell art. 148 del TUIR prevede un regime fiscale particolarmente agevolato, subordinato alla presenza nell atto costitutivo o nello statuto di determinate clausole (vedi infra). Secondo tale disposizione, applicabile sia a fini delle imposte sui redditi sia ai fini IVA, sono considerate non commerciali le prestazioni di servizi rese dietro pagamento di corrispettivi specifici purché: 1. siano effettuate in diretta attuazione degli scopi istituzionali; 2. siano svolte nei confronti dei seguenti soggetti: iscritti, associati o partecipanti; altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un unica organizzazione locale o nazionale e dei rispettivi associati o partecipanti; tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali. Ne consegue che i corrispettivi derivanti da tali attività sono ininfluenti ai fini della formazione del reddito d impresa delle associazioni percipienti nonché ai fini dell Iva, anche quando le relative operazioni rientrano tra le attività commerciali per definizione, elencate all art del Codice Civile o tra le prestazioni di servizi non rientranti in tali attività, ma organizzate in forma di impresa, quindi dotandosi di una specifica organizzazione: cosiddette attività decommercializzate. Si ritiene che ai fini del riconoscimento dell istituto della decommercializzazione, le attività debbano essere svolte nei confronti dei soggetti indicati all art. 148, comma 3 del TUIR, vale a dire: associati, partecipanti, iscritti, ecc.) dell associazione promotrice dell Istituto di patronato, posto che quest ultimo, per sua natura, non ha associati. Come sopra ricordato, per fruire della decommercializzazione, l atto costitutivo o lo statuto dell associazione (CNA Confesercenti), redatto in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata, deve contenere le seguenti clausole( 2 ): a) divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell associazione, salvo che la distribuzione o la destinazione siano imposte dalla legge; 2 Gli enti che non hanno provveduto ad adeguare lo statuto o l atto costitutivo possono farlo in qualsiasi momento successivo, tenendo presente che il regime agevolato, in tal caso, si applica, ai fini delle imposte sui redditi, per l intero periodo d imposta in corso alla data di adeguamento; mentre, ai fini IVA, per le operazioni effettuate a partire dalla data di adeguamento in poi (Circ. Min. 22 gennaio 1999 n. 22/E).

5 pag. 5 b) obbligo di devolvere il patrimonio dell ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità; c) obbligo di redigere e di predisporre un rendiconto economico e finanziario; d) intrasmissibilità della quota o contributo associativo. 4. I limiti della decommercializzazione in riferimento ad alcune attività specifiche Il novellato art. 10, comma 1 lettera a) consente agli Istituti di patronato di prestare in favore di soggetti privati e pubblici consulenza in materia di diritto del lavoro e legislazione fiscale, laddove, invece, la precedente formulazione del medesimo articolo faceva esclusivo riferimento ad attività di informazione sulla legislazione fiscale. Prima della modifica apportata all art. 10 della Legge 30 marzo 2001, n. 152 ad opera della Legge di stabilità 2015, pertanto, la consulenza del lavoro e la consulenza fiscale non rientravano tra le attività che potevano essere svolte dagli Istituti di patronato. Preme precisare che i decreti attuativi nulla specificano in merito al trattamento fiscale. Si ritiene, pertanto, applicabile la disciplina che il legislatore ha previsto per gli enti di tipo associativo, in particolare per le associazioni sindacali e di categoria in virtù dell art. 18, comma 2, della Legge 30 marzo 2001, n Poiché tali attività seguono discipline particolari, si ritiene opportuno indicare separatamente la soluzione fiscale proposta. Attività di assistenza fiscale L attività di assistenza fiscale, in deroga al criterio generale di cui al comma 3 dell art. 148 del TUIR - cosiddette attività decommercializzate è sempre considerata commerciale sia ai fini delle imposte sul reddito, sia ai fini IVA. L art. 78, comma 8, Legge 413/91, infatti, prevede che a decorrere dal 1 gennaio 1994, le prestazioni corrispondenti a quelle rese dai centri di assistenza fiscale si considerano rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell imposta sul valore aggiunto, ancorché rese da associazioni sindacali e di categoria e rientranti tra le finalità istituzionali delle stesse, in quanto richieste dall associato per ottemperare agli obblighi derivanti dall esercizio dell attività.. A titolo esemplificativo, si considerano sempre commerciali le seguenti attività: tenuta e conservazione delle scritture contabili; predisposizione delle dichiarazioni dei redditi rese ai propri associati e conseguenti adempimenti tributari, inclusa la presentazione delle stesse agli uffici tributari; predisposizione della dichiarazione dei sostituti d imposta (mod. 770).

6 pag. 6 Attività di consulenza del lavoro La consulenza del lavoro, ai sensi dell art. 148, comma 7 del TUIR, non costituisce attività commerciale ai soli fini IRES, anche a fronte di corrispettivi specifici, a patto che vengano soddisfatte le seguenti condizioni: deve essere svolta esclusivamente nei confronti dei propri associati; l atto costitutivo o lo statuto di CNA e di Confesercenti deve contenere le clausole indicate nell art. 148, comma 8 del TUIR, dirette a garantire la non lucratività e ad evitare fenomeni elusivi; è necessario essere assistiti da un professionista iscritto nell albo dei consulenti del lavoro. L incarico può essere conferito anche ai soggetti iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali purché ne diano comunicazione agli ispettori del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti in oggetto. F.to Claudio Carpentieri Resp. Politiche Fiscali e societarie

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