UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI M.FANNO DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E CRITICA DEL DIRITTO CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ECONOMIA E MANAGEMENT PROVA FINALE DIRITTO COMUNE EUROPEO DELLA VENDITA: APPLICABILITA E TUTELA DEI CONSUMATORI. RELATORE: CH.MO PROF. Laurence Klesta LAUREANDO: Nicolò Gallocchio MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO

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3 INDICE SOMMARIO: Introduzione 5 CAPITOLO I: Background della Proposta di Regolamento europeo in materia di vendita 1. Le politiche per un diritto contrattuale europeo 9 2. L armonizzazione piena come strumento di ravvicinamento delle legislazioni nazionali La competenza del legislatore europeo: la base legale della CESL 12 CAPITOLO II: Una disciplina comune opzionale: rapporti con altre normative internazionali 1. La CESL e il Regolamento Roma I: regole complementari o sostitutive? Opting-in: lo strumento opzionale e le regole di diritto internazionale privato Ipotesi di conflitto fra la CESL e le norme nazionali di applicazione necessaria Cross-border contract in cui il consumatore è domiciliato in uno Stato Membro Consumatore domiciliato al di fuori dell UE Contratti interni Situazioni di incertezza La CESL nei rapporti B2B: comparazione con la Convenzione di Vienna La questione del coordinamento di discipline Gli aspetti di convenienza della Proposta di Regolamento nei rapporti B2B 24 3

4 CAPITOLO III: La tutela del consumatore: disciplina e obiettivo di protezione 1. L asimmetria informativa L informativa al consumatore Lo Standard Information Notice Le informazioni precontrattuali Il diritto al ripensamento del consumatore La parte debole e sostenibilità economica 34 Conclusioni 39 Riferimenti Bibliografici 43 Sitografia 44 4

5 Introduzione L integrazione economica rimane una delle missioni fondamentali dell Unione Europea, quindi non sorprende il fatto che la disciplina dei contratti sia da sempre stata oggetto di iniziative legislative (Whittaker, 2012, p. 578). E in quest ottica che si va a localizzare la Proposta di Regolamento della Commissione Europea dell ottobre 2011, la quale persegue l obiettivo di mettere a disposizione delle parti contraenti, sia nell ambito B2B che in quello B2C, un unico strumento contrattuale da utilizzare per la vendita a distanza di beni, anche effettuata attraverso gli strumenti elettronici. La Common European Sales Law (in seguito CESL 1 ), di natura opzionale, risponde alla necessità di ampliare il mercato interno europeo, attraverso la crescita degli scambi transfrontalieri. Una ricerca commissionata dalla Direzione Salute Generale e Protezione del Consumatore dell Unione Europea del 2010 ha evidenziato come, in media, il 49% degli acquirenti europei acquistino a distanza a livello domestico, mentre il solo 9% degli stessi abbia nello stesso anno (2009) effettuato un acquisto transfrontaliero a distanza. Le ragioni di tale riluttanza sono molteplici e si ritrovano nella scarsa fiducia dei consumatori, in un insufficiente conoscenza del funzionamento degli organi di risoluzione e nondimeno nella mancanza dell offerta. Spesso, essa, pur essendo presente a livello globale per mezzo dell e-commerce, viene limitata dai venditori stessi, che decidono di concludere la vendita solo con i consumatori di determinati paesi, i cui ostacoli di natura legale e contrattuale sono ridotti. Il maggior problema emerso riguarda le Piccole e Medie Imprese (PMI), che, dotate di risorse esigue e coscienti delle spese che le attività transfrontaliere implicano, spesso evitano di prendere parte a tali scambi. La conseguenza diretta di ciò è la minor offerta presente sul mercato, che causa danno al Social Welfare, anche in termini di limitazione della concorrenza (European Commission - DG Justice, 2010). Lo sviluppo del mercato unico europeo è minato dalla peculiarità delle diverse discipline nazionali causa di costi di transazione aggiuntivi che limitano il libero scambio di merci, servizi, capitali e lavoro. I contratti sono ancora governati dai diritti interni degli Stati Membri. Ne consegue che le aziende che operano nel mercato europeo sono costrette a utilizzare contratti che rispondano 1 CESL è l acronimo di Common European Sales Law. Utilizzato dai redattori della Proposta di Regolamento nei lavori preparatori, predisposti inizialmente in lingua inglese. Tale acronimo è stato adottato per riferirsi al diritto comune europeo della vendita anche nelle altre versioni linguistiche, nonché nella letteratura. Motivo per cui la sigla verrà utilizzata anche nella presente trattazione. 5

6 alle necessità di 28 discipline nazionali diverse. Come sostiene Stanzione, (2012, p. 627) in un mercato fondato sul principio della libera concorrenza, infatti, tutti gli operatori, benché appartenenti a diversi ordinamenti giuridici, devono essere posti sullo stesso piano e devono poter competere, sul mercato medesimo, in condizioni di parità. La mancanza di equiparazione degli agenti del mercato porta alla limitazione delle operazioni commerciali. Alla luce di quanto evidenziato per mezzo dello studio di settore, le volontà perseguite per mezzo della CESL dalla Commissione Europea sono l apertura di nuovi mercati per le imprese e l aumento delle scelte di prodotto a disposizione dei consumatori, ampliando così la concorrenza tra operatori. Ciò sarebbe possibile attraverso un corpus unitario di norme che rimuova gli ostacoli legali del commercio transfrontaliero, riducendo i costi legati alla conoscenza delle legislazioni straniere e la percezione della complessità legale (Explanatory Memorandum, 9, COM (11) 635, definitivo). Infine l intervento della Commissione Europea è strettamente legato a sconfiggere la diffidenza dei consumatori per il commercio transfrontaliero e collegato a una migliore protezione, maggiore certezza e consapevolezza dei loro diritti. Il carattere opzionale del diritto comune europeo della vendita risulta una caratteristica importante ed innovativa, poiché permette la regolamentazione del rapporto contrattuale per mezzo dell accordo delle parti (Torino, 2012, p. 166). Come sostenuto da Peleggi (2013, p. 983) se da un lato la discrezionalità d utilizzo dello strumento ne rafforza il legame con la base legale e ne consente la prevalenza rispetto alle norme di applicazione necessaria, dall altro è causa di complessità d utilizzo e genera problemi di coordinamento con le normative di diritto internazionale. La presente trattazione effettuerà un confronto tra lo strumento opzionale per un diritto comune ed i complessi di regole che l hanno preceduto, in particolare con la Convenzione di Vienna del 1980 (in sigla CISG), che disciplina la vendita internazionale di beni nel mercato B2B; inoltre, e sempre nell ottica di valutare la convenienza della Proposta di Regolamento rispetto a normative già a disposizione dei contraenti, verrà preso in considerazione il Regolamento europeo Roma I in materia di conflitto di leggi. Verrà successivamente sottolineato come la critica non si spieghi perché siano state fatte delle restrizioni all applicazione della CESL se la volontà è quella di ampliare il mercato interno. Nelle relazioni tra professionisti, ad esempio, l adozione della CESL è concessa nei soli rapporti contrattuali in cui una parte coincida con una Piccola Media Impresa; previsione, questa, che come altre, rende poco chiara la normativa. Il secondo obiettivo della CESL è quello di cercare delle possibili soluzioni all asimmetria informativa tipicamente a svantaggio dell acquirente, al fine di ristabilire l equilibrio tra le parti 6

7 contrattuali. Sarà però necessario individuare il trade-off tra la tutela della parte debole contrattuale da un lato e l obiettivo di efficienza economica dall altro. Tali aspetti verranno considerati partendo dall analisi della disparità che la disciplina di diritto comune prevede per consumatori e PMI. 7

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9 Capitolo I Background della Proposta di Regolamento europeo in materia di vendita 1. Le politiche per un diritto contrattuale europeo La Proposta di Regolamento per il diritto comune europeo della vendita viene a collocarsi all interno di un percorso volto all elaborazione di un diritto privato europeo, il quale non è risultato né breve né lineare (Valle, 2012, p.2). Le prime risoluzioni del Parlamento Europeo in tale ambito risalgono al 1989 e 1994 e in esse appare manifesta la volontà di creare un codice comune europeo di diritto privato. Nel 2001 la Commissione Europea, attraverso la Communication on European Contract Law, COM (2001) 398, ha lanciato un processo di consultazione pubblica per il problema legato alla coesistenza di differenti leggi contrattuali negli Stati Membri, al fine di analizzare le potenziali azioni che potevano essere intraprese. E poi seguita nel 2004 una comunicazione sul diritto contrattuale europeo e la revisione dell acquis. Precedentemente, nel 2003, si era intervenuti attraverso la definizione dell Action Plan con l obiettivo di definire qualità e coerenza della European Contract Law. La volontà di migliorare la legislazione vigente, ha portato nel 2008 alla pubblicazione della prima versione del Draft Common Frame of Reference, contenente un quadro comune di riferimento, relativo a terminologia comune, principi comuni, definizioni, regole (Valle, 2012, p. 3). Nel 2009 ne è stata pubblicata la versione definitiva, un testo accademico volto alla definizione dei tratti di somiglianza del diritto privato vigente nei diversi ordinamenti europei. Il risultato del gruppo di lavoro è stato successivamente utilizzato, in forma ridotta, per la redazione del diritto comune europeo della vendita. L attività legislativa che ha caratterizzato la CESL è poi da intendersi come parte di un più ampio progetto, Stockholm Programme , secondo il quale le istituzioni dell UE sono tenute a supportare l attività economica del mercato interno. A questo si è poi aggiunto nel 2010 lo Europe 2020, una comunicazione il cui obiettivo è quello di incentivare lo sviluppo del mercato interno diminuendone i costi legali e trovando delle soluzioni per i contratti con i consumatori. Nello stesso anno ricordiamo inoltre la Digital Agenda for Europe progetto volto alla sostenibilità economica di un mercato digitale interno. 9

10 L insieme di questi elementi sono culminati nella redazione e pubblicazione nel luglio 2010, da parte della Commissione Europea, di una Green Paper European Contract Law for consumers and businesses. Nel documento preso in esame, la Commissione segnala le diverse opzioni utilizzabili per sviluppare il diritto contrattuale europeo. A tale documento è poi seguito il Feasibility Study realizzato da un gruppo di esperti, pubblicato nel maggio Gli elementi emersi dallo studio di fattibilità sono stati poi utilizzati dalla Commissione come cassetta degli attrezzi per la realizzazione del progetto di sviluppo del mercato interno europeo. Il passaggio successivo, del quale ci occuperemo in questa sede riguarda invece la Proposta di Regolamento adottata dalla Commissione Europea l 11 ottobre La numerosità delle tappe percorse per arrivare alla redazione della Proposta di Regolamento, sono segnale della difficoltà di definire lo strumento ottimale attraverso cui perseguire l armonizzazione delle discipline nazionali; proprio per questo si è arrivati ad un risultato limitato al solo contratto di vendita. La Proposta legislativa del 2011, seguendo l iter della procedura legislativa ordinaria, è stata oggetto di dibattito in seno al Consiglio nel giugno In tale occasione, si è concluso che, nonostante le divergenti visioni degli Stati Membri, lo strumento è di supporto alla realizzazione di una disciplina contrattuale comune, quindi si è dato inizio ai lavori di esame dell Allegato I della Proposta di Regolamento. Il procedimento si è poi arrestato per la proposizione di emendamenti da parte del Parlamento Europeo, nel corso della seconda sessione plenaria di febbraio Tale organo ha infine previsto che la Commissione istituisca, al più tardi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, un gruppo di esperti incaricato di contribuire allo sviluppo e alla definizione di contratti-tipo europei. Spetterà ora al Consiglio approvare formalmente il regolamento (Unioncamere, 2014). 2. L armonizzazione piena come strumento di ravvicinamento delle legislazioni nazionali L adozione della CESL segnerebbe il passaggio da un diritto contrattuale di derivazione europea, basato su direttive da recepire all interno degli Stati Membri, ad un diritto contrattuale europeo di regole uniformi, adottato per mezzo di un regolamento e direttamente efficace negli ordinamenti degli Stati Membri (Valle, 2012, p. 1). La strategia che è stata adottata dall Unione Europea nel disciplinare il settore contrattuale è da sempre stata quella dell armonizzazione minima in alcune materie specifiche (Stanzione, 2012, p. 625). Il legislatore, in particolare, si è focalizzato sui contratti tra imprese e consumatori, 10

11 intervenendo ripetutamente, sia in relazione alla parte generale del contratto, sia in riferimento ai singoli contratti, e a quello di compravendita in particolare. Come sostenuto da Stanzione (2012, p.625), la legislazione è intervenuta su aspetti dei contratti come i termini contrattuali sleali e alcuni modi in cui essi vengono conclusi, soprattutto per quanto riguarda le contromisure alle tecniche di vendita cd. aggressiva, come le vendite concluse fuori dai locali commerciali (direttiva 85/577/CEE del 20 dicembre 1985) o le vendite a distanza (direttiva 97/7/CE del 20 maggio 1997). La tecnica dell armonizzazione minima, però, presenta una serie di limiti, il più rilevante dei quali è la minaccia alla coerenza dell ordinamento giuridico nazionale, a causa della frammentazione e introduzione di concetti estranei alla tradizione giuridica. Nonostante ciò, il diritto di derivazione comunitaria ha apportato elementi innovativi e spinto gli ordinamenti nazionali ad occuparsi di determinate tematiche. Nel nostro ordinamento, ad esempio, il recepimento delle direttive europee ha condotto all introduzione della figura del consumatore, delle garanzie più forti a tutela dell acquirente-consumatore (Valle, 2012, p. 15). Il mancato raggiungimento dei prefissati obiettivi propri dell armonizzazione minima, rispettivamente l apporto di benefici economici e l incremento del commercio transfrontaliero, è stato causato da un lato dalla tecnica legislativa di armonizzazione minima implementata e dall altro dal contrasto operato a livello nazionale tramite regole maggiormente protettive. Appare quindi evidente la necessità di optare per una diversa tecnica legislativa, ricorrendo all armonizzazione piena. La necessità di passare da una politica di armonizzazione minima ad una tecnica legislativa più ampia si fa sentire anche in merito alla compravendita, con l obiettivo di istituire un diritto della vendita comune in tutta l Unione Europea; con la Common European Sales Law la volontà è quella di creare un modello uniforme volto a garantire un unica regolamentazione per tutti gli attori del mercato europeo. L obiettivo viene perseguito con il tentativo di introdurre una disciplina uniforme del più importante ed utilizzato schema contrattuale di scambio: la compravendita. L intento che si prefigura è quello di disciplinare il contratto di vendita nel suo insieme e non più solo per quanto riguarda singoli profili; vengono infatti affrontate la maggior parte delle problematiche di carattere generale (Stanzione, 2012, p. 628). La volontà in questo caso non è quella di armonizzare gli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati Membri, ma di creare un corpus unico ed uniforme di norme di diritto dei contratti, che abbiano lo stesso significato e siano interpretate allo stesso modo in tutti gli Stati Membri (Considerando 8 della Proposta di Regolamento). Se si considera che la disciplina della vendita costituisce il nucleo centrale del diritto generale del contratto, il quale a sua volta costituisce il nucleo centrale di qualsiasi codice civile, si può quindi ben dire che l introduzione di una siffatta disciplina 11

12 europea equivarrebbe alla creazione del vero e proprio prototipo di un codice civile europeo (Sirena, 2012, p. 634). Al fine di perseguire l obiettivo di armonizzazione piena lo strumento di diritto derivato, utilizzato per l implementazione della CESL, è stato il regolamento. I regolamenti sono, però, finalizzati ad assicurare l applicazione uniforme del diritto comunitario in tutti gli Stati Membri. Pertanto, le norme nazionali incompatibili con il contenuto di un regolamento devono essere dichiarate inapplicabili negli Stati (Gianassi, 2012, p.11). Dunque, gli obiettivi che la natura propria del regolamento porta con se sembrano essere più vicini all uniformazione delle discipline nazionali piuttosto che all armonizzazione delle stesse. Lo strumento della direttiva, d altra parte, ha portato a divergenze tra le discipline nazionali nella fase di recepimento ed anche successivamente, nel momento di interpretazione e applicazione delle norme nazionali elaborate (Valle, 2012, p.10). La CESL, contiene regole che vanno a disciplinare le diverse fasi del percorso che porta alla conclusione del contratto, andandosi a distinguere rispetto la frammentarietà delle discipline da sempre apportate dalle istituzioni europee. 3. La competenza del legislatore europeo: la base legale della CESL Sin dal preambolo del Trattato sull Unione Europea, gli Stati Membri hanno intrapreso un percorso di integrazione. Il ravvicinamento delle legislazioni nazionali si inserisce nel solco di tale processo (Gianassi, 2012, p.1) e viene a definirsi come lo strumento concretamente utilizzato al fine di eliminare gradualmente l eccessiva diversità delle norme nazionali. L obiettivo di ravvicinamento dell Unione Europea, deve essere perseguito secondo quanto definito dal Trattato di Lisbona all interno del CAPO III TITOLO VII del Trattato sul Funzionamento dell Unione Europea, il quale contiene le norme fondanti per la definizione della competenza legislativa dell UE. Tali disposizioni dettano norme speciali che consentono l intervento dell Unione solo per materie espressamente previste, alle condizioni e ai limiti di volta in volta indicati (Gianassi, 2012, p.7). Oltre a quanto definito da tali previsioni esplicite, l UE ha il potere di perseguire il ravvicinamento anche rispetto ad ambiti non apertamente previsti dai Trattati, ma che sono parte degli obiettivi propri dell Unione Europea. Le basi legali generali sono rappresentate dagli art. 114 e 115 TFUE. Proprio sulla base dell art. 114 TFUE la Commissione Europea ha presentato la Proposta di Regolamento per un diritto comune europeo della vendita. La connessione tra la Proposta di Regolamento e la base legale sopra indicata non è stata però priva di critiche. Tale fondamento legislativo, infatti, deve essere utilizzato per quegli interventi volti alla definizione e al funzionamento del mercato interno. 12

13 Nelle intenzioni della Commissione Europea l obiettivo della CESL è quello di rimuovere gli ostacoli all esercizio delle libertà fondamentali, derivanti dalle differenze tra diritti nazionali, con particolare attenzione ai costi addizionali di transazione, la complessità legale percepita e la mancanza di dimestichezza dei consumatori nelle transazioni transfrontaliere. Tutti questi elementi impattano direttamente nella definizione e nel funzionamento del mercato interno nonché nel limitare la competizione fra imprese. La critica che, però, viene mossa rispetto al collegamento tra base legale e la Proposta di Regolamento, è legata al fatto che il Regolamento per un diritto comune europeo della vendita, fa sì che la disciplina in esso insita vada ad affiancarsi a quella nazionale, lasciando libere le parti contraenti di optare per l uno o per l altro complesso di regole. La conseguenza di ciò è che la disciplina prevista dalla Commissione Europea non va a modificare le regole nazionali preesistenti. Tale modifica risulta invece requisito richiesto dall art.114 TFUE come viene chiarito dalla Sentenza della Corte di Giustizia Europea 2 maggio In tale occasione è stato definito che i regolamenti, volti alla creazione di una nuova forma societaria, da sovrapporre a quelle già esistenti, lasciavano invariati i diritti nazionali non potendo così trovare la propria base legale nell art. 114 TFUE. Seguendo tale logica, anche l obiettivo di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in relazione al contratto di vendita transfrontaliero, non potrebbe essere perseguito per mezzo dell art 114 TFUE (Torino, 2012, p. 159). A confermare tale tesi, Sensburg (2012, p. 198) suggerisce di confrontare l art. 114 con l art. 118 TFUE; quest ultimo conferisce la possibilità al legislatore europeo di definire delle regole che vadano ad aggiungersi alle previsioni già stabilite da parte degli Stati Membri, ma limitatamente al diritto per la proprietà intellettuale. In via residuale viene a definirsi necessario che l intervento europeo basato sull art. 114 TFUE, implichi la modifica delle legislazioni nazionali. La posizione che viene invece sostenuta dai redattori della Proposta, ritrova fondamento sul fatto che l art. 114 TFUE può essere considerato come base legale nel caso in cui l obiettivo dell intervento del legislatore sia quello di costituire delle misure volte a prevenire l emergere di ostacoli futuri del commercio, risultanti da molteplici sviluppi della legge nazionale. Tale considerazione segue la linea emergente dalla European Commission of Justice in merito alla vicenda British American Tobacco, come sostenuto da Kuipers (2011, p. 557). In tale occasione è stato definito che l art. 114 TFUE possa essere utilizzato come base legale per degli strumenti di ravvicinamento volti a migliorare le condizioni del mercato e che contribuiscano alla eliminazione e prevenzione di ostacoli, attuali o futuri, al libero scambio. La CESL, come emergerà anche dal seguito della trattazione, si occupa di regolare all interno della compravendita anche fattispecie dal carattere innovativo, rispetto alle quali i singoli Stati 13

14 Membri devono spesso ancora intervenire. Un esempio è la prestazione di contenuti digitali con espresso rinvio alle disposizioni concernenti il cloud computing. La volontà perseguita dai redattori è quindi quella di prevedere una disciplina in tal merito, evitando l emergere di disparità delle normative nazionali. Kuipers (2011, p. 559) sottolinea come vi sarebbe congruenza tra CESL e l art. 114 TFUE nel caso in cui fosse riscontrabile che l opzione del secondo regime legale nazionale determini la non attuazione delle norme nazionali di applicazione necessaria. L immunità della CESL rispetto tali norme imperative viene infatti stabilita dai Considerando della Proposta di Regolamento (v. infra). Kuipers (op. cit.) ricorda infine come la competenza del legislatore europeo, debba essere scelta avendo riguardo ad obiettivo e contenuto della Proposta e non sulla base di iniziative legislative precedenti aventi lo stesso oggetto. 14

15 CAPITOLO II Una disciplina comune opzionale: rapporti con altre normative internazionali 1. La CESL e il Regolamento Roma I: regole complementari o sostitutive? La CESL non può essere definita come una codificazione onnicomprensiva di diritto della vendita, si fa necessario perciò far ricorso alle regole definite dal Regolamento Roma I o altre regole di conflitto di leggi, in particolare per quanto riguarda le questioni di capacità giuridica, illegalità, immoralità, rappresentanza e cessione del contratto. Inoltre, le regole sul conflitto di leggi divengono importanti da considerare poiché rappresentano la prima parte del meccanismo sul quale si basa l applicazione della CESL, che secondo la Proposta di Regolamento non avviene automaticamente. Al fine di migliorare la certezza del diritto nelle transazioni transfrontaliere, l Unione Europea ha elaborato una serie di norme uniformi sui conflitti di leggi. Il Regolamento Roma I consente alle parti del contratto di scegliere la legge che andrà a regolare tale rapporto e di determinare quale sarà la legge applicabile in assenza di una scelta esplicita (Stanzione, 2012, p. 625). Tuttavia, per loro natura, le norme sui conflitti di leggi non possono rimuovere le divergenze tra diritti sostanziali dei contratti; esse permettono unicamente di determinare quale sia il diritto sostanziale nazionale che si applica ad un operazione commerciale transfrontaliera, nel caso in cui diversi diritti nazionali siano potenzialmente applicabili. Considerando il testo dell art. 6 del Regolamento Roma I vediamo come lo stesso abbia scarso significato applicativo nei confronti delle vendite effettuate presso l alienante e come, invece, assuma rilevanza nelle vendite a distanza transfrontaliere (Sirena, 2012, p. 636). Il comma 1 dell art. 6 Regolamento Roma I prevede esplicitamente delle condizioni necessarie affinché le disposizioni di tutela del consumatore in esso insite vengano applicate, tra cui che il professionista diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest ultimo. Al fine di determinare le implicazioni di tale disposizione per i commercianti che intendono svolgere attività transfrontaliera, è possibile ricondursi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che si è espressa a riguardo dell art. 15 n.1 lett. c) del Regolamento Bruxelles I, che si occupa della regolamentazione della competenza giurisdizionale in caso di contratto a 15

16 distanza. La Corte di Giustizia ha individuato in tale occasione una lista di elementi di fatto 2, che possono rilevare come indizi della natura internazionale dell attività svolta dal professionista. Sirena, (2012, p. 636) sottolineando la coerenza dell art. 6 Regolamento Roma I con l art. 15 Regolamento Bruxelles I, afferma che, se sussiste anche uno solo degli elementi di fatto individuati dalla Corte di Giustizia, l imprenditore italiano che esercita la propria attività commerciale mediante un sito internet dovrà predisporre e applicare ventotto contratti diversi, tanti quanti sono gli Stati Membri in cui potrà risiedere un consumatore che effettui acquisti mediante quel sito internet. La Proposta di Regolamento è una risposta a tale problema, poiché, ai sensi dell art. 11, «ove le parti abbiano validamente convenuto di applicare il diritto comune europeo della vendita, questo solo questo ne disciplina le materie rientranti nel proprio campo di applicazione». La Proposta di Regolamento consente, quindi, di non applicare il Regolamento Roma I e, segnatamente, il suo art. 6, eliminando il contrasto con il futuro diritto comune europeo della vendita. Questa caratteristica costituisce il suo punto di forza, che dovrebbe, fra l altro, incentivare i professionisti ad adottarlo, soprattutto nelle vendite on-line (Sirena, 2012, 637). Il confronto tra l art. 1 del Regolamento Roma I e l art. 4 della Proposta di Regolamento fa emergere la necessità di definire come le discipline possano intrecciarsi. Nella Proposta di Regolamento viene data una definizione di contratto transfrontaliero, che si ha nelle occasioni nelle quali i contraenti hanno residenza abituale in paesi diversi, di cui almeno uno è uno Stato Membro. Tali situazioni ricadono chiaramente anche nella sfera d applicazione del Regolamento Roma I, il quale si riferisce alle circostanze che comportano un conflitto di leggi, rispetto alle obbligazioni contrattuali in materia civile e commerciale e, per inciso, nei contratti transfrontalieri le cui parti siano residenti in Stati diversi. 1.1 Opting-in: lo strumento opzionale e le regole di diritto internazionale privato La CESL si caratterizza per aver implementato una 2nd regime solution. La tecnica prescelta prevede, quindi, che le parti contrattuali abbiano innanzitutto definito l applicazione della legge 2 La giurisprudenza della Corte di Giustizia si è espressa rispetto all art. 15 Regolamento di Bruxelles I, in riferimento ai Procedimenti riuniti C-585/08 e C-144/09 Peter Pammer c. Reederei Karl Schlüter GmbH. Evidenziando degli elementi di fatto che implicano la natura internazionale dell attività svolta dal professionista, come ad esempio l utilizzo di un dominio diverso da quello dello Stato Membro in cui il commerciante è stabilito, oppure la possibilità di effettuare la prenotazione on-line in una lingua diversa rispetto a quella abitualmente utilizzata nello Stato Membro in cui il commerciante è stabilito. 16

17 di uno Stato Membro e, in via successiva, si sia optato per l applicazione della CESL rispetto alla legge autonoma altrimenti applicabile (Bisping, 2013, p. 468). L iter prevede quindi l effettuazione di due diverse scelte delle parti: la prima da esercitare all interno delle regole di diritto privato internazionale, cioè secondo il Regolamento Roma I o altre regole sul conflitto di leggi; la seconda, che andrà invece esercitata secondo la legge domestica, volta a determinare l applicazione del primo regime nazionale o del secondo, la CESL. A sostegno di quanto detto, citiamo il Considerando 10 che accompagna la Proposta di Regolamento, secondo il quale la scelta di utilizzare la CESL, è una scelta esercitata all interno del campo d applicazione e applicabile ai sensi del Regolamento Roma I o qualsiasi altra regola di conflitto di leggi. Il Considerando 14 precisa però che la Proposta di Regolamento non influenzerà alcuna delle presenti discipline per il conflitto di leggi. Nell Explenatory Memorandum la Commissione Europea conclude sostenendo che lo strumento opzionale, crea un secondo regime di legge domestica, e che in particolare non vi è conflitto tra Regolamento Roma I e la CESL. Inoltre precisa che, se adottata, la Proposta, non avrà impatto diretto sul Regolamento Roma I, poiché le parti utilizzeranno l autonomia loro riservata dall art. 3 del Regolamento Roma I al fine di optare per la CESL. Solo nel momento in cui le parti abbiano optato per l applicazione della CESL, le sue regole saranno le uniche a poter essere applicate per la risoluzione di vicende nate dal contratto nel quale lo strumento è stato opzionato (Behar Touchais, 2012, p. 17). L immunità della CESL verso l art. 6 del Regolamento sul conflitto di leggi viene però da molti vista come un punto di debolezza, perché lo espone all accusa di sottrarsi a quella concorrenza fra gli ordinamenti giuridici alla quale dovrebbe assoggettarsi il diritto dell Unione Europea, per lo meno quando esso è applicabile in base alla libera scelta delle parti contraenti (Sirena, 2012, p. 637). 1.2 Ipotesi di conflitto fra la CESL e le norme nazionali di applicazione necessaria L art. 6 del Regolamento Roma I sostiene che, quando parte del contratto è un consumatore, la disciplina contrattuale è quella della legge di residenza abituale dello stesso. La tutela del consumatore è rafforzata nel paragrafo successivo dove viene previsto che le parti possono scegliere la legge applicabile a un contratto che soddisfa i requisiti del paragrafo 1 in conformità dell articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il consumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente ai sensi 17

18 della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma del paragrafo 1. (Regolamento Roma I). A questo punto si fa necessario riprendere la generale caratteristica di autonomia delle parti considerata nell Explenatory Memorandum come elemento chiave per assicurare l immunità della CESL rispetto l art. 6(2) Regolamento Roma I. Tale linea generale viene limitata in diverse occasioni, prevedendo la necessità che la scelta della legge applicabile ricada (i) sulla legge di uno Stato, nel rispetto delle (ii) disposizioni obbligatorie, (iii) delle leggi di applicazione necessaria, (iv) politiche pubbliche di carattere giudiziario e alle politiche pubbliche in genere. Rispetto a queste ci concentreremo sulla normativa volta alla tutela del consumatore e per inciso sull art. 6(2) che non permette la scelta di una legge (per le obbligazioni contrattuali considerate) che veda diminuire la protezione affidata al consumatore rispetto alla legge, che in assenza di scelta, si sarebbe applicata al rapporto. Il problema a questo punto sta nell accreditare o meno la tesi sostenuta dai redattori della Proposta di Regolamento, secondo i quali lo strumento può escludere l applicazione dell art. 6 del Regolamento Roma I. Il Considerando 12 spiega come l art. 6(2) non abbia importanza sostanziale per le questioni trattate dalla CESL, poiché non vi è un differente livello di protezione del consumatore tra Stati Membri, dato che essa contiene un insieme completo di regole armonizzate in tale ambito. I redattori del testo non ritengono quindi necessario comparare i diversi livelli di tutela del consumatore nel caso in cui quest ultimo abbia accettato la regolamentazione del contratto per mezzo della CESL. Per una migliore comprensione analizziamo la questione sotto diversi profili: Cross-Border Contract in cui il consumatore è domiciliato in uno Stato Membro In linea generale l art. 6(2) richiede che la legge scelta dalle parti per regolare il contratto venga confrontata con la legge altrimenti applicabile, ossia quella dello Stato in cui il consumatore ha residenza abituale. I redattori del regolamento per un diritto comune europeo della vendita ritengono questo confronto inutile nel caso in cui le parti abbiano optato per la CESL. Così come prevista dai redattori però, l assenza del confronto tra i livelli di tutela del consumatore, causerebbe una mancanza di paragone anche tra la legge altrimenti applicabile e quella scelta dalle parti. In linea generale è possibile affermare che il livello di protezione assicurato dalla CESL è simile a quello garantito dalle leggi nazionali, ma sembra altresì incongruo togliere al consumatore una tutela, che senza opzione della CESL lo stesso avrebbe potuto vantare. La teoria usata dai redattori è quella secondo cui la CESL viene opzionata solo 18

19 in un secondo momento, quindi non richiede alcun confronto. Il primo ed il secondo regime coesistono in un ordine legale e l opzione risulta essere a discrezione delle parti. Di conseguenza le leggi di applicazione necessaria del primo regime non possono essere intese come di pregnante interesse per il consumatore, nel caso lo stesso abbia esercitato l autonomia che gli viene riconosciuta optando per il secondo regime. L opposta visione condivisa, ad esempio, da Bergé, secondo cui il confronto tra regimi dovrebbe essere effettuato; l assenza sembrerebbe infatti privare le parti della possibilità di scegliere tra il primo ed il secondo regime disponibile a livello domestico (Behar Touchais, 2012, p. 18). Se le parti non effettuano alcuna scelta esplicita, si applicherà la legge della nazione in cui il consumatore ha abituale residenza, secondo l art. 6(1) Regolamento Roma I, e non vi sarà alcun confronto per definire quale sia l assetto legale più conveniente per il consumatore. Nel caso in cui invece venga effettuata una scelta delle parti e le stesse optino in via successiva per l applicazione della CESL, la questione che sorge è volta a capire se sia la legge nazionale prescelta o la CESL a dover essere oggetto del confronto. Al fine di risolvere il problema proviamo a considerare quelli che sono gli obiettivi propri della previsione; il secondo di essi coincide con la tutela del consumatore. Questo crea chiaramente un problema rispetto al primo degli obiettivi della CESL: lo sviluppo del commercio transfrontaliero, che deve avere un peso maggiore rispetto alla tutela del consumatore, anche secondo le basi legali. Chiaramente lo sviluppo del commercio interno richiede la tutela della parte debole contrattuale, obiettivo che deve essere tenuto a mente in sede di interpretazione; ma senza dimenticare che il fine primario è lo sviluppo del commercio transfrontaliero. Inoltre, la circostanza che l opzione della CESL debba essere effettuata tramite una scelta espressa da parte del consumatore che dovrà confluire in una dichiarazione esplicita e separata dall accordo contrattuale, risulta essere indicatore del fatto che tale decisione possa comprendere la neutralizzazione delle leggi di applicazione necessaria altrimenti garantite dal primo regime disponibile. Considerazioni effettuate dalla dottrina riconoscono però un limite, ossia il fatto che un elemento così importante come la neutralizzazione dell art. 6 Regolamento Roma I venga trattato unicamente nell Explenatory Memorandum e nel Considerando 12. Elementi che successivamente all adozione del Regolamento, avranno un importanza di second ordine. Il rischio corso è che successivamente all adozione della CESL i giudici nazionali, in sede giudiziale ed interpretativa, dimentichino la relazione che accompagna la Proposta di Regolamento o non diano troppo peso a quanto sottolineato nel Considerando. 19

20 1.2.2 Consumatore domiciliato al di fuori dell UE - Nel caso in cui non sia esercitata la scelta dell assetto legale da applicare allora, secondo il Regolamento Roma I, la legge da applicare sarà quella della nazione in cui il consumatore ha abituale residenza. - Nel caso in cui la scelta ricada su di una legge diversa, probabilmente corrispondente a quella della nazione propria del commerciante, seguita dall opzione della CESL, allora si pone nuovamente il problema di decidere se il confronto avverrà tra leggi nazionali o tra la legge della nazione in cui il consumatore ha residenza abituale e la CESL. La logica, supportata dal fatto che la CESL risulta applicata ad uno step successivo rispetto la scelta legata all art. 6(2), sembra prevedere un confronto tra regole di diritto nazionale. Questo tipo di logica porta però a dei risultati assurdi, arrivando ad una protezione del consumatore di second-best 3 (Bisping, 2013, 475). Pensiamo ad esempio al caso in cui, la maggiore tutela del consumatore prevista dalla legge nazionale propria dell acquirente, faccia sì che sia quest ultima a disciplinare il contratto, anche nel caso in cui la CESL, prevedesse per il consumatore stesso un più alto livello di tutela. Solo le leggi di applicazione necessaria appartenenti ad ordinamenti extracomunitari, dovranno essere applicate nelle situazioni internazionali interessate (Behar Touchais, 2012, p. 16). Consideriamo, per esempio, un acquirente-consumatore residente al di fuori dell UE e un professionista che esercita la propria attività all interno dell Unione, i quali decidano di adottare la CESL come insieme di regole per la regolamentazione del rapporto contrattuale. Se dal confronto tra normative nazionali emergesse una maggior tutela assicurata dalla legge del paese di residenza del consumatore, sulla base dell art. 6, verrà ad applicarsi la legge che assicura protezione della parte debole, in questo caso la legge extra-ue. Concludendo, ciò significa che i commercianti europei non possono confidare nell applicazione della CESL nelle situazioni di contatto con paesi terzi rispetto l UE (Bisping, 2013, p. 475) Contratti interni La CESL non è direttamente applicabile ai contratti puramente interni, ma lo potrà essere solo nei casi in cui, come stabilito dal art. 13 della Proposta di Regolamento, il legislatore nazionale decida di rendere disponibile applicazione della CESL anche ai rapporti meramente interni. Una scelta di questo tipo significherebbe un alto livello di protezione offerto dalla Proposta di Regolamento e l assenza della necessità di mantenere regole dalle quali non sia possibile 3 Second-best: Termine utilizzato nell economia del benessere per indicare le situazioni in cui non si realizzano tutte le condizioni che garantiscono l ottimo assoluto in senso paretiano. Contestualizzando rispetto la presente trattazione, si sottolinea come un confronto tra leggi nazionali, porti in questo caso, ad una tutela del consumatore inferiore rispetto a quella massima disponibile, nella fattispecie rappresentata dalla CESL. 20

21 derogare convenzionalmente. Solo nel caso in cui la legge opzionata dalle parti si caratterizzasse per un maggior livello di tutela, allora le leggi di applicazione necessaria non avrebbero più significato. D altronde, non sorge alcun problema di contrasto con il Regolamento Roma I poiché esso non verrà ad applicarsi dato che la situazione non presenta alcun conflitto di leggi Situazioni di incertezza Nelle situazioni di incertezza, come ad esempio quelle in cui, alla stipula del contratto segua l opzione della CESL, senza una precedente scelta della legge applicabile, per rendere maggiormente trasparente la connessione tra le due scelte che le parti devono operare, sarebbe sufficiente includere nella CESL un articolo secondo il quale stabilire l implicita determinazione della legge dello Stato Membro da utilizzare per regolare il rapporto, poiché l intenzione delle parti emerge chiaramente dall esercizio dell opzione stessa. Un implicito cambio di legge da utilizzare sarà invece necessario se, in assenza di previsione esplicita delle parti, la legge applicata al contratto fosse quella del Paese in cui il consumatore è abitualmente residente, al di fuori dell Unione Europea, cui segue successiva opzione della CESL. L opzione della CESL è segnale della volontà delle parti, di regolamentare il contratto con la legge di uno Stato Membro. 2. La CESL nei rapporti B2B: comparazione con la Convenzione di Vienna Per completezza occorre ricordare che l attuale quadro normativo relativo alle transazioni transfrontaliere nell ambito B2B trova un suo importante riferimento nella disciplina di livello internazionale e, per inciso, nella Convenzione di Vienna (in sigla CISG) del 1980 sulla vendita internazionale di merci. Tale disciplina, che si applica ogniqualvolta le parti non abbiano optato per una legge specifica, riguarda alcuni aspetti dei contratti di vendita di beni. La Convenzione rappresenta, quindi, un tentativo su base internazionale di individuare una disciplina del contratto di compravendita comune a tutti gli Stati aderenti, dal momento che non si cura di stabilire, sul piano sostanziale, quale sia la legge da applicare al contratto di compravendita, ma lo regola in concreto (D Amico, 2012, p. 618). In considerazione del suo ambito di applicazione e del suo contenuto sostanziale, il progettato diritto comune europeo della vendita si annuncia come un effettivo concorrente della Convenzione di Vienna o come una sua sostanziale riedizione su scala regionale? (Peleggi, 2013, p. 983). 21

22 Utilizziamo la carismatica frase di Peleggi (op. cit.) al fine di sottolineare la necessità in questa trattazione di stabilire il rapporto tra la Convenzione e la Proposta di Regolamento rispetto due principali aspetti: quello d applicazione e quello contenutistico; sarà quindi interessante esaminare i tratti di somiglianza e quelli di differenza tra i due testi normativi, così da avere la possibilità di contestualizzare i pareri di critica e quelli a favore della CESL. 2.1 La questione del coordinamento di discipline La Convenzione di Vienna si applica quando ricorrono i presupposti di cui al suo art. 1, salvo che le parti l'abbiano esclusa (cd. opt-out approach), anche implicitamente. La sua applicazione può essere diretta, quando le sedi di affari delle parti sono ubicate in Stati diversi, e tali Stati sono parti della Convenzione; oppure indiretta, quando le norme di conflitto del foro rinviano alla legge di uno Stato contraente (Peleggi, 2013, p. 984). Ai fini del progettato Regolamento, perché la vendita possa definirsi transfrontaliera è, invece, sufficiente che almeno uno degli Stati in cui il professionista ha la residenza abituale, o la società, ha la sua amministrazione centrale, sia uno Stato Membro. L'applicazione della CESL non può, però, avvenire automaticamente: a tal fine, è infatti richiesta la concorde scelta dei contraenti (cd. opt-in approach); scelta che, nei contratti B2B, può essere anche implicita e parziale (op. cit.). Tali elementi ci vengono suggeriti dal fatto che la Proposta, nella sezione B2B, non prevede gli elementi di dichiarazione esplicita e di integralità nella scelta della CESL, come viene invece effettuato nella normativa B2C attraverso l art. 8 della Proposta di Regolamento. La qualificazione della CESL come un secondo regime normativo, presuppone un procedimento in due fasi, in cui la prima è rappresentata dall'individuazione della legge statale secondo le regole di conflitto, la seconda dalla scelta in favore della CESL. La Convenzione di Vienna, in quanto convenzione di diritto materiale uniforme, diventa parte integrante del diritto dello Stato, operando di fatto, come un regime alternativo al diritto non unificato (op. cit.), potendo causare un conflitto con la Proposta di Regolamento. Per quanto riguarda il coordinamento tra le due discipline, le situazioni che potrebbero prospettarsi sono differenti. Esclusa la situazione nella quale le parti, nell optare per la CESL, facciano menzione per iscritto dell esclusione del CISG, il legislatore comunitario ha comunque previsto che è opportuno che la scelta del diritto comune europeo della vendita comporti l accordo delle parti ad escludere tale convenzione (Considerando n. 25 della Proposta di Regolamento). Ciò significa in sostanza che dalla scelta in favore della CESL, dovrebbe implicitamente discendere l esclusione della Convenzione (Peleggi, 2013, 986); è 22

23 normalmente accettato ad oggi che l esclusione del CISG possa essere esercitata implicitamente e quindi non dovrebbe essere complicato per le corti europee dedurre la disapplicazione del CISG nel caso in cui la CESL sia stata adottata. Vi potrebbero comunque essere delle situazioni di conflitto, si pensi ad un esclusione inefficacie della Convenzione a fronte di una valida scelta della CESL; oppure l esclusione della Convenzione venga effettuata in un modo vincolante per la CESL ma non per il CISG. Sorge in questo caso un ampio dibattito sulla prevalenza dell una o dell altra disciplina. Secondo alcuni, a prevalere sarebbe la Proposta di Regolamento. L art. 90 della Convenzione afferma che la presente Convenzione non prevale sulle Convenzioni internazionali già concluse o da concludere che contengano disposizioni concernenti le materie regolate dalla presente Convenzione, a condizione che entrambi i contraenti abbiano le loro sedi di affari in Stati parti di tali convenzioni. Secondo altri invece la prevalenza della CESL vi sarebbe nel caso in cui gli Stati formulassero una riserva di conformità rispetto il CISG. Per altri ancora dovrebbe essere la Convenzione a prevalere sulla base della sua diretta applicabilità; va però ricordato come la Convenzione di Vienna si caratterizzi per prevedere un sistema di norme non imperative, che le parti possono decidere di far valere o meno per il contratto che va a regolare il loro rapporto. Le parti possono infatti escludere o limitare la valenza del CISG rispetto al suo campo d applicazione, secondo quanto previsto dall art. 6 della Convenzione stessa (op. cit.). D altra parte è anche possibile che le due discipline vadano a compensarsi ed intrecciarsi, come nel caso delle relazioni B2B, nelle quali la CESL venga ad essere opzionata solo per una parte del contratto (dépeçage). Le questioni restanti dovranno essere disciplinate dalla legge altrimenti applicabile, ed in assenza di esclusione della Convenzione, nella stessa potrà ritrovarsi la disciplina per tali elementi (Peleggi, 2013, p. 987). Nei rapporti B2B, nei quali il dépeçage è ammesso, la sinergia delle due discipline non sarà però delle più semplici, considerando che i due testi di legge non sono perfettamente corrispondenti e che ci si interfaccerà di conseguenza con situazioni di sovrapposizione o mancanze di disciplina. All art. 4 CESL si esprime la necessità di interpretare il testo in modo autonomo e conformemente agli obiettivi e ai principi che lo ispirano. Al comma secondo dell art. 4 CESL, si prevede come Le questioni rientranti nel campo di applicazione del diritto comune europeo della vendita che non siano da questo espressamente disciplinate devono essere risolte in base agli obiettivi e ai principi che lo ispirano e a tutte le disposizioni, senza ricorrere alla legge nazionale che sarebbe applicabile qualora non fosse stata concordata l applicazione, né a qualunque altra legge. Sono in molti a sostenere come una previsione di questo tipo renda non solo ammissibile, ma anche auspicabile il ricorso ad uno strumento opzionale quale la 23

24 Convenzione di Vienna, in particolare per la vasta giurisprudenza applicativa, elemento chiave per chiarire il significato di alcune disposizioni della CESL. Anche la Corte di Giustizia Europea ha dato prova dell opportunità di rifarsi a normative internazionali quali il CISG al fine di interpretare il diritto dell Unione (op. cit.). Si può così sostenere che l obiettivo dell art. 4 CESL sia quello di escludere il riferimento da parte dell interprete a principi derivanti dalle discipline nazionali, senza che questo vada ad implicare l impermeabilità, in sede di interpretazione, tra la Proposta di Regolamento e la Convenzione di Vienna. 2.2 Gli aspetti di convenienza della Proposta di Regolamento nei rapporti B2B Se il problema relativo all applicazione della CESL nell ambito B2B è pressoché risolto facendo riferimento ai sopraccitati articolo 6 CISG e al Considerando 25 della Proposta di Regolamento, rimane da valutare invece l appetibilità della Proposta come secondo regime legale ed il vantaggio per le parti di optare per la disapplicazione del CISG a favore della CESL. In primo luogo, per quanto riguarda i contratti B2B, salvo diversa decisione dello Stato Membro che la applica, è necessario che almeno una delle parti sia una Piccola Media Impresa. Secondo il legislatore europeo sono appunto queste le imprese maggiormente svantaggiate nell applicazione della legge straniera, di regola imposta dalla controparte più forte, e quindi spesso dissuase dall intraprendere rapporti commerciali con l estero (Peleggi, 2013, p.986). Per individuare i caratteri della PMI ci rifacciamo all art. 7, comma 2, della Proposta di Regolamento [è tale l'impresa che] «occupa meno di 250 persone e ha un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro». La definizione è tratta dalla Raccomandazione 2003/361/CE, nella quale vediamo sviluppati i tre parametri rilevanti (numero di occupati, fatturato, bilancio totale annuale), allorché, ad esempio, si afferma (art. 4) che «i dati impiegati per calcolare gli effettivi e gli importi finanziari sono quelli riguardanti l'ultimo esercizio contabile chiuso e vengono calcolati su base annua. (...) Se un'impresa, alla data di chiusura dei conti, constata di aver superato, nell'uno o nell'altro senso e su base annua, le soglie degli effettivi o le soglie finanziarie (...) essa perde o acquisisce la qualifica di media [impresa] solo se questo superamento avviene per due esercizi consecutivi. Se si tratta di un'impresa di nuova costituzione, i cui conti non sono ancora stati chiusi, i dati in questione sono oggetto di una stima in buona fede ad esercizio in corso». Alla luce di ciò, non sembra inverosimile che un'impresa coinvolta in un contratto cui si applichi il (futuro) diritto comune europeo della vendita possa, dopo un certo tempo dalla conclusione 24

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