AIFI LO SVILUPPO DEL PRIVATE EQUITY IN ITALIA: OPPORTUNITÀ E CRITICITÀ
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1 AIFI LO SVILUPPO DEL PRIVATE EQUITY IN ITALIA: OPPORTUNITÀ E CRITICITÀ Intervento di Giampio Bracchi al Convegno Annuale AIFI Milano, 4 Aprile 2005
2 INDICE 1. OPPORTUNITÀ E PROBLEMATICHE DEL LA SITUAZIONE DEL PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL ITALIANO E IL RUOLO DI AIFI LA RACCOLTA DI FONDI E IL RAPPORTO CON GLI INVESTITORI ISTITUZIONALI LA STRUTTURA DEL MERCATO DELL OFFERTA DI CAPITALE DI RISCHIO L ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO E I RAPPORTI CON LE IMPRESE PARTECIPATE IL DISINVESTIMENTO LE PROSPETTIVE PER IL AIFI
3 1. OPPORTUNITÀ E PROBLEMATICHE DEL 2004 È ormai largamente riconosciuto, a livello sia nazionale che internazionale, che l attività di investimento istituzionale in capitale di rischio rappresenta un importante motore di sviluppo sia quando è svolta nei confronti di aziende in fase di avvio, sia se riferita a situazioni tanto di sviluppo, quanto di riorganizzazione. A livello empirico, il private equity e il venture capital hanno infatti dimostrato di saper generare un impatto economico positivo nelle realtà in cui si diffonde, accelerando lo sviluppo delle imprese e contribuendo, così, alla crescita del sistema imprenditoriale e a creare valore per l intero tessuto economico. Più in particolare, gli effetti positivi generati da un efficiente mercato del capitale di rischio riguardano innanzitutto le imprese partecipate, che si caratterizzano per performance economico-finanziarie superiori rispetto a quelle riconducibili ad imprese simili, mai entrate in contatto con gli investitori professionali. A titolo di esempio, si riporta quanto emerso dallo studio più recente, effettuato nel 2004 dalla NVCA, l Associazione americana del venture capital, circa l impatto economico degli investimenti di venture capital sul mercato statunitense negli ultimi tre anni. L impatto economico del venture capital negli Stati Uniti 14% 12% 11,6% 10% 8% 6% 4% 6,5% 6,5% 2% -2,3% 0% -2% -4% Ricavi Occupazione venture backed altre società Fonte: NVCA, 2004 Secondo tale ricerca, le imprese partecipate dagli investitori nel capitale di rischio hanno fatto registrare, nel periodo considerato, una crescita dei ricavi di circa il 12%, a fronte di un aumento generale (relativo al mercato nel suo complesso) del 6,5%; anche con riferimento all occupazione, il dato relativo alle venture backed AIFI 5
4 (6,5%) è di gran lunga superiore alla contrazione (-2,3%) che ha caratterizzato il tasso di occupazione statunitense nello stesso periodo. Passando al contesto europeo, con riferimento al mercato britannico, un indagine riferita ai cinque anni precedenti il 2003 ha dimostrato che il tasso di crescita annuo del fatturato delle imprese oggetto di operazioni di venture capital si è attestato attorno al 38%, più del triplo rispetto a quanto fatto registrare dalle imprese con simili caratteristiche quotate sul mercato regolamentato. L impatto economico del venture capital nel Regno Unito: crescita annuale del fatturato 40% 38% 30% 20% 10% 12% 10% 0% Venture backed FTSE Small Cap FTSE Mid 250 Fonte: BVCA, 2003 Per quanto riguarda il mercato europeo nel suo complesso, una ricerca effettuata da EVCA, relativa ad operazioni di venture capital concluse tra il 1995 ed il 2001, conferma gli effetti positivi sull andamento di alcuni indici delle imprese oggetto di investimento. In particolare, spicca il dato dell incremento dell occupazione: il 73% delle imprese del campione ha ravvisato un sensibile aumento degli occupati. Risultato simile è stato registrato con riferimento sia agli investimenti sia alle spese per ricerca e sviluppo. Circa la metà delle imprese considerate ha registrato un incremento del livello delle esportazioni, variazione ritenuta impossibile nel caso di mancato intervento da parte dell operatore di venture capital. 6 AIFI
5 L impatto economico del venture capital in Europa Investimenti 13% 15% 71% Esportazioni 11% 40% 50% R&S 12% 18% 69% Occupazione 14% 12% 73% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Incremento Stabilità Diminuzione Fonte: Evca, 2002 Dalle ricerche appena descritte, si evince che l intervento di un operatore istituzionale, oltre a migliorare gli indicatori relativi ai tassi di crescita del fatturato, alle spese di ricerca e sviluppo, ai volumi di esportazioni e al reddito operativo, svolge anche un ruolo importante con riguardo allo sviluppo dell occupazione. Tale impatto occupazionale positivo, si registra, nello specifico, anche con riferimento agli interventi di buy out, come emerge da una ricerca commissionata da AIFI nel L impatto economico dei buy-out in Italia -1,5% Dipendenti 1,6% 1,0% Reddito operativo 2,0% 4,8% 22,7% Fatturato 3,8% 7,6% 11,7% -5,0% 0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% Fonte: AIFI, 2001 Pre buy-out Post buy-out Campione Mediobanca AIFI 7
6 Sempre con riferimento al mercato italiano, è interessante citare una stima elaborata da AIFI circa il numero dei dipendenti delle aziende target interessate annualmente dall ingresso degli operatori attivi in Italia, che nel periodo tra il 2001 e il 2003 si è attestato tra le e le unità. Si tratta di valori sicuramente elevati, ancor più se considerati in termini di rapporto rispetto al numero degli investitori attivi sul mercato. Italia: dipendenti delle aziende target di investimento Fonte: AIFI Passando al punto di vista dei fornitori di capitali, la partecipazione a fondi di capitale di rischio offre all investitore la possibilità di conseguire cospicui guadagni: è, infatti, evidente che il private equity e il venture capital nel lungo periodo assicurano dei rendimenti più elevati rispetto a quelli relativi ad altre forme di investimento considerate più tradizionali. Sempre dal punto di vista dell investitore, l investimento in fondi di capitale di rischio permette di diversificare il proprio portafoglio all interno dei cosiddetti investimenti alternativi, riducendo così i rischi insiti in tali tipologie di impiego dei capitali. Alla luce di quanto sopra, lo sviluppo di un adeguato mercato del private equity e venture capital assume un importanza particolarmente rilevante per migliorare la competitività di un sistema economico e la crescita dell intero contesto imprenditoriale e finanziario. In tale ambito, il mercato italiano del private equity e venture capital, che pure ha assunto un ruolo di rilievo all interno del panorama internazionale, presenta caratteristiche, sia quantitative che qualitative, che ne evidenziano la difficoltà di espressione di importanti potenzialità, rendendosi pertanto necessario un continuo impegno. 8 AIFI
7 A livello quantitativo, nel corso del 2004, il mercato del capitale di rischio italiano non ha, infatti, confermato i tassi di crescita dell anno precedente, che si era caratterizzato per livelli di investimento record e che aveva visto l Italia posizionarsi al terzo posto a livello europeo e al quarto nel mondo. Pur non volendo in questa sede analizzare nel dettaglio i dati, che sono illustrati nel rapporto annuale AIFI, è possibile comunque innanzitutto sottolineare alcune caratteristiche generali, relative alle principali criticità del mercato, sulla base dei riscontri forniti dagli operatori stessi. AIFI, infatti, con l obiettivo di rilevare in modo semplice e immediato le opinioni dei Soci su argomenti di comune interesse, ha recentemente attivato un Barometro, individuando un campione di circa trenta professionisti del settore, selezionati in modo da rappresentare fedelmente la distribuzione del mercato. Le criticità del mercato: i risultati del Barometro AIFI 24,1% 17,3% 58,6% Assenza di un deal flow di qualità Difficoltà di fund raising Difficoltà di disinvestimento Fonte: AIFI In occasione della prima consultazione, è stato chiesto agli investitori qual è, a loro avviso, la principale criticità che attualmente caratterizza il mercato del private equity e venture capital italiano. La maggioranza degli operatori (il 58,6%) ha individuato nella mancanza di deal flow di qualità la principale problematica del settore, seguita dalle difficoltà incontrate in fase di disinvestimento (opzione selezionata dal 24% degli intervistati); una percentuale minore (il 17,3%) ha indicato le difficoltà relative al processo di fund raising come l ostacolo più rilevante che rallenta la crescita del mercato. AIFI 9
8 Quindi, agli occhi degli investitori, non appare oggi un vasto portafoglio di opportunità di investimento particolarmente interessanti. D altra parte, dal lato della domanda, un fattore che da sempre ostacola l apertura del capitale delle aziende è sicuramente la scarsa conoscenza, da parte degli imprenditori, delle modalità operative caratteristiche degli investitori di private equity e venture capital. Ne consegue che il mondo imprenditoriale molte volte non si avvicina al settore per una visione deformata delle dinamiche che lo regolano, e che le iniziative delle associazioni di categoria degli imprenditori, nate per promuovere un confronto serio, non sono risultate ancora del tutto efficaci. Le imprese continuano, dunque, a manifestare una propensione per i canali tradizionali di finanziamento, come il ricorso al debito. Tuttavia, vista la sottocapitalizzazione che caratterizza soprattutto le piccole e medie imprese italiane, non sempre il ricorso al debito risulta essere la scelta migliore per sostenere processi di crescita, sviluppo e innovazione, indispensabili in un contesto sempre più competitivo. Sicuramente tale situazione denota una persistente difficoltà di incontro tra domanda e offerta, sia sul lato della domanda, a causa anche di meccanismi di proposta delle operazioni sempre più gestiti da intermediari che spersonalizzano il contatto tra imprenditori ed investitori, sia sul lato dell offerta, con alcuni importanti segmenti, quali gli investimenti in high tech e le operazioni di turnaround, che risultano ancora scarsamente coperti da operatori specializzati. Per quanto concerne le difficoltà riscontrate dagli operatori con riguardo al disinvestimento, una riflessione va fatta con particolare riferimento al mercato borsistico come canale di smobilizzo: il rapporto con la quotazione nei mercati regolamentati, infatti, presenta ancora elementi di forte criticità. Va facilitata, quindi, la quotazione di realtà economiche ben gestite, anche di non grandi dimensioni, che generino utili e che, anche in prospettiva, siano in grado di mantenere tassi di crescita e profittabilità sostenibili nel tempo. Da ultimo, per quanto concerne le difficoltà riscontrate nella fase di fund raising, alcuni Soci hanno sottolineato come queste possano rappresentare una reale problematica per la nascita di nuovi fondi a carattere locale (country funds) gestiti da nuovi team di operatori indipendenti, che non possono ancora affacciarsi al mercato estero della raccolta per mancanza di un consolidato track record. Nel seguito si analizzeranno le principali cause che ancora frenano lo sviluppo del mercato e si indicheranno alcune possibili linee di intervento. 10 AIFI
9 2. LA SITUAZIONE DEL PRIVATE EQUITY E VENTURE CAPITAL ITALIANO E IL RUOLO DI AIFI Può essere utile partire dall immagine di sintesi, di seguito rappresentata, che lega i diversi attori del mercato del private equity e venture capital e il flusso di capitali in un circolo virtuoso di creazione del valore. L attenzione sarà posta, dunque, sulle diverse fasi del ciclo, per analizzare le caratteristiche tipiche del mercato italiano e per illustrare qual è stato l impegno di AIFI durante quest ultimo anno, a sostegno del suo sviluppo. Il circolo virtuoso del private equity e venture capital Investitori Istituzionali Capital gain Sottoscrizioni Fondi di PE e VC Fondi di PE e VC Disinvestimenti Investimenti Fonte: AIFI, EVCA Imprese Target A titolo di confronto con il contesto europeo, è utile citare le priorità per lo sviluppo del mercato continentale, presentate dall associazione europea EVCA in occasione del Policy Meeting, del Febbraio 2005 a Bruxelles. EVCA, nello specifico, individua tre priorità da affrontare attraverso misure strutturali per la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo del private equity e del venture capital: - promuovere il contesto, la cultura e la formazione imprenditoriale; - sviluppare l innovazione e la spesa in ricerca e sviluppo; - facilitare la raccolta e la diffusione dei fondi di private equity e venture capital, per sostenere la crescita del sistema imprenditoriale. AIFI 11
10 2.1 LA RACCOLTA DI FONDI E IL RAPPORTO CON GLI INVESTITORI ISTITUZIONALI Partiamo dal primo anello della catena, rappresentato dagli investitori istituzionali, che sono i fornitori di risorse per l attività di investimento nel capitale di rischio. Con riferimento al processo di raccolta dei capitali, il mercato italiano è stato, in questi ultimi anni, oggetto di grande attenzione da parte degli investitori istituzionali internazionali, che hanno dimostrato interesse ad investire in Italia, considerata un mercato con elevate potenzialità di sviluppo. Rilevante, dunque, è stata la fiducia nutrita nei confronti del nostro mercato in generale e, in particolare, nelle capacità dei management team, testimoniata dal fatto che oltre il 60% della raccolta dei nostri operatori indipendenti ha avuto origine estera. Sul fronte della raccolta domestica, caratteristica peculiare del mercato italiano è l elevata dipendenza nei confronti del sistema bancario, che rappresenta il maggiore sottoscrittore di fondi di private equity e venture capital nel nostro Paese. L elevato peso percentuale delle banche emerge ancora più chiaramente nel confronto con l Europa: in questo caso, la media italiana nel periodo raggiunge il 63%, contro il 24% dell intero mercato europeo. Italia: origine dei capitali raccolti nel periodo % 5% 7% 2% 2% 9% 3% 63% Banche Fondi pensione Fondi di fondi Gruppi industriali Assicuraz. Invest. Individuali Istituzioni pubbliche Altro Fonte: AIFI 12 AIFI
11 Europa: origine dei capitali raccolti nel periodo % 11% 24% 5% 12% 6% 14% 21% Banche Fondi pensione Fondi di fondi Gruppi industriali Assicuraz. Invest. Individuali Istituzioni pubbliche Altro Fonte: EVCA USA: origine dei capitali raccolti nel periodo % 42% 9% 21% 2% Fondi Pensione Gruppi Industriali Fondazioni Investitori Individuali Assicuraz./Finanziarie Fonte: NVCA L analisi del sistema americano, dove il fenomeno vanta una più lunga esperienza, evidenzia un ruolo fondamentale dei capitale provenienti da investitori istituzionali, quali fondi pensione e assicurazioni. Da questo confronto emerge che anche in Italia, così come avviene nei mercati finanziari più maturi, è necessario potenziare le fonti interne di raccolta di capitali, incentivando le categorie di investitori istituzionali a diversificare il proprio portafoglio, investendo in private equity e venture capital come asset class alternativa. AIFI 13
12 In materia di raccolta di nuovi capitali, AIFI, anche attraverso il supporto della propria Commissione Rapporti con gli Investitori Istituzionali, si è impegnata attivamente per cercare di aumentare il grado di comprensione, da parte di questi soggetti, dei meccanismi tipici dell investimento in fondi di private equity e venture capital, dissipando la diffidenza nutrita nei confronti di questi strumenti. Il rapporto Investire in Private Equity, che affronta questi temi con un taglio divulgativo, è stato già distribuito ad oltre 500 potenziali investitori istituzionali. Con la stessa finalità, durante l anno si è cercato di impostare una più stretta collaborazione con ACRI (Associazione delle Casse di Risparmio italiane e delle Fondazioni di origine bancaria), MEFOP (Società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione) e ANIA (Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici), e di analizzare gli eventuali vincoli di tipo tecnico o normativo che ostacolano l investimento in private equity e venture capital. In particolare, nel mese di ottobre si è tenuto un incontro tra una delegazione di AIFI e i rappresentanti del Consiglio Direttivo di ACRI, finalizzato a presentare i vantaggi dimostrati del private equity e venture capital in termini di elevati rendimenti non correlati con quello di altre tipologie di investimenti. Sono state anche illustrate le modalità con cui si definiscono le clausole contrattuali del regolamento dei fondi in accordo con i sottoscrittori e i fattori che devono essere presi in considerazione nel processo di due diligence attraverso il quale gli investitori istituzionali selezionano i fondi in cui investire. Con Mefop (Società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione) AIFI ha organizzato nel marzo scorso un seminario tecnico, Fondi pensione e private equity, con l obiettivo di promuovere una maggiore partecipazione al nostro fund raising da parte dei fondi pensione, che negli ultimi quattro anni hanno contribuito per meno del 4% al totale della raccolta. Nel corso dell incontro sono stati effettuati alcuni approfondimenti in merito alla accertata compatibilità dell investimento in private equity con la disciplina dei fondi pensione, ed è stata sottolineata la rilevanza sia della misura della performance dei fondi ai fini di una loro corretta selezione da parte dell investitore, sia dell analisi della professionalità e del track record del team dei gestori dei fondi. AIFI si è anche fatta portavoce, presso il Ministero del Welfare, dell esigenza di tenere in adeguata considerazione la rilevanza del private equity e venture capital come asset class, proprio in un momento in cui ai fondi pensione verranno devoluti capitali derivanti dal TFR di molte piccole e medie aziende non quotate. Sempre per incoraggiare la base di raccolta di capitali, risulta importante, innanzitutto, ridurre l onere fiscale a carico dei sottoscrittori dei fondi chiusi. Con 14 AIFI
13 specifico riferimento alle partecipazioni detenute da persone giuridiche residenti, AIFI propone che, in caso di cessione delle quote del fondo, le plusvalenze realizzate beneficino della esenzione dall imposta sul reddito delle società, allineando così il trattamento fiscale previsto per gli investimenti diretti ed indiretti. Inoltre i fondi, oggi, sono fiscalmente trasparenti solo per gli investitori internazionali ed è pertanto plausibile che un loro maggiore sviluppo potrebbe essere favorito da un regime fiscale più omogeneo tra investitori residenti e investitori internazionali. In proposito, AIFI propone un sistema di tassazione che si avvicini a quello attualmente in vigore per i proventi derivanti dalla partecipazione a fondi di investimento immobiliare chiusi. Di conseguenza, il fondo non dovrebbe essere più soggetto ad alcuna forma di imposizione reddituale e si dovrebbe prevedere l introduzione di una ritenuta d imposta del 12,5%, applicabile sui proventi distribuiti dal fondo mobiliare chiuso o percepiti dagli investitori in sede di liquidazione delle quote del fondo. Inoltre, in questo modo, si risolverebbero le problematiche contingenti relative alla diffusione delle Valuation Guidelines promosse a livello internazionale e incentrate sul principio del fair market value, che potrebbero comportare, allo stato attuale, la evidenziazione e la tassazione di plusvalenze non realizzate. 2.2 LA STRUTTURA DEL MERCATO DELL OFFERTA DI CAPITALE DI RISCHIO Passando a considerare la struttura dell offerta del mercato italiano, cioè i veicoli che ricevono i capitali sottoscritti dagli investitori istituzionali, si nota che, in valore assoluto, gli operatori del nostro mercato risultano in crescita numerica. A dimostrazione di ciò, si può citare il numero degli Associati AIFI, passati da 79 a 83 tra il 2003 e lo scorso anno. Tuttavia, il loro numero è ancora limitato rispetto a quello relativo agli altri Paesi europei. In particolare, se oggi in Italia possono essere complessivamente individuati circa 100 investitori attivi, in Germania l offerta di capitale di rischio è rappresentata da 237 operatori, da 200 in Francia, da 283 nel Regno Unito. Anche la Spagna ha un numero di investitori attivi superiore al nostro, pari a 107 soggetti. Circa la tipologia degli operatori, un segnale importante e positivo nell evoluzione del mercato è il grande sviluppo dei fondi mobiliari chiusi di diritto italiano, che sta avvenendo, negli ultimi anni, parallelamente al miglioramento del quadro normativo di riferimento. AIFI 15
14 Si pensi, infatti, che il numero di fondi mobiliari chiusi autorizzati è aumentato da 5 nel 1995, subito dopo l emanazione della legge istitutiva, a 16 nel 2000, per arrivare a 57 nel Evoluzione del numero di fondi mobiliari chiusi per data di autorizzazione Fondi chiusi autorizzati Fonte: Banca d Italia, Relazione annuale del Governatore vari anni; AIFI A questo riguardo, la collaborazione di AIFI con Banca d Italia ha fatto sì che, a partire dalla regolamentazione attuativa del Testo Unico della Finanza, siano state introdotte una progressiva flessibilità nelle politiche di raccolta e di impiego, e ampie deroghe concesse nell ambito della gestione di fondi riservati agli investitori qualificati. Questi veicoli, praticamente ancora assenti sul mercato nel 2000, sono divenuti 11 nel 2001, fino ad arrivare a 43 nel Anche nell ultimo anno è stato proficuo il rapporto di AIFI con gli Organi di Vigilanza. In particolare, l Associazione è stata consultata da Banca d Italia in sede di definizione del nuovo regolamento sul risparmio gestito, di prossima emanazione. Sulla bozza di regolamento, l Associazione ha potuto formulare alcune osservazioni, avvalendosi anche dei contributi e dei suggerimenti dei Soci, che si ringraziano. In generale, il testo sembra recepire alcuni dei contributi di AIFI e contiene importanti novità riguardo alla riduzione dei tempi di approvazione dei regolamenti e a nuove deroghe ai limiti di investimento per i fondi riservati, che consentiranno una maggiore flessibilità nell ambito delle operazioni public to private e nell utilizzo della leva finanziaria. Si stanno così rimuovendo, anche in base all impulso di AIFI, diverse barriere normative che in passato disincentivavano la nascita di nuovi fondi. Inoltre, il miglioramento del quadro normativo continua a influire positivamente sulla percezione degli investitori internazionali nei confronti del nostro mercato, che diventa maggiormente attrattivo. Si creano quindi più ampie possibilità affinché si alimenti il circolo virtuoso di creazione del valore. Anche sul fronte dell offerta di capitale di rischio le banche italiane continuano a svolgere un ruolo rilevante, sia come investitori diretti che tramite SGR di loro emanazione. Dal primo punto di vista, tra il 2000 e il 2003 la quota di investimenti diretti effettuati dalle banche, rispetto alla totalità del mercato, è stata mediamente pari al 24% per quel che riguarda l ammontare investito e al 17% in termini di numero di investimenti effettuati. Da rilevare come il segmento sia particolarmente 16 AIFI
15 concentrato e risenta fortemente dell attività di un limitato numero di operatori che influenzano sensibilmente le statistiche. Dal punto di vista dell investimento indiretto, le SGR di tipo bancario sono notevolmente aumentate negli ultimi anni (da 11 del 2000 a 21 nel 2004) arrivando a rappresentare così, a fine 2004, la metà del numero dei gestori italiani che ammontava complessivamente a 42. Inoltre, il ruolo della banca nell investimento in private equity e venture capital si sta diversificando sotto diversi aspetti. Prima di tutto, come fornitore di capitale di debito nelle operazioni di buy out che prevedono l uso della leva. Nel corso dell ultimo biennio, è possibile stimare che, rispetto alle operazioni di buy out rilevate da AIFI, siano stati apportati complessivamente 8 miliardi di euro a titolo di capitale di debito. In secondo luogo, come advisor, rappresentando un importante fonte di deal flow per l individuazione di nuove operazioni da sottoporre ad altri investitori nel capitale di rischio. In virtù del rapporto privilegiato con l impresa cliente, infatti, le banche sono le profonde conoscitrici della realtà aziendale, in grado di individuare il tipo di sostegno di cui l impresa ha bisogno, sia per proseguire nel suo percorso di crescita, sia eventualmente, per rilanciarla in presenza di squilibrio finanziario e crisi. In tempi recenti, inoltre, grandi banche, soprattutto internazionali, stanno assumendo un ruolo attivo di advisor nelle procedure di asta competitiva sempre più frequenti per l aggiudicazione delle partecipazioni, in alternativa alla negoziazione diretta tra acquirente e venditore. A questo riguardo, per esaminare più nel dettaglio proprio il rapporto delle banche con il private equity e venture capital e per cercare di individuare ulteriori spazi di collaborazione a livello associativo, AIFI ed ABI hanno organizzato un tavolo tecnico di confronto. Un primo incontro ristretto si è svolto nello scorso mese di dicembre, e se ne prevede un secondo più allargato per il mese di maggio. Oltre alle opportunità, relative alla possibilità per le banche di incrementare il deal flow di qualità a disposizione del settore del private equity e venture capital, verranno anche prese in considerazione le criticità di questo rapporto, quali i possibili conflitti di interesse, la necessità di sviluppare nelle banche strutture idonee all attività di investimento nel capitale di rischio con competenze e ruoli specifici, la opportunità di promozione di strutture organizzative indipendenti, sulla scorta della molte esperienze già riscontrabili a livello internazionale. Per aumentare il numero degli operatori, AIFI sta anche collaborando con diverse amministrazioni a livello regionale, supportandole dal punto di vista tecnico, per favorire la nascita di fondi chiusi a capitale misto pubblico-privato, con un focus di AIFI 17
16 investimento territoriale. Tra i rapporti instaurati in passato, va ricordato quello con la Regione Lombardia; tra i rapporti in corso, quelli con l Emilia Romagna, l Abruzzo, la Puglia, la Campania e la Sicilia. A questo riguardo, la Commissione Europea, nella Comunicazione del 2001 su Aiuti di Stato e capitale di rischio, si è espressa in maniera puntuale, definendo i criteri per valutare la compatibilità del finanziamento pubblico del capitale di rischio con le clausole del Trattato sugli Aiuti di Stato, con l obiettivo di non creare distorsioni nel funzionamento dei mercati. Nella suddetta Comunicazione si introduce il principio di proporzionalità tra i fondi pubblici ed i fallimenti di mercato identificati, in modo tale che il comportamento dello Stato risulti equivalente ( pari passu ) a quello di un investitore privato, sotto il profilo dell orientamento al profitto e della remunerazione collegata al ritorno sull investimento. Alla luce del ritardo nel processo di attuazione della strategia di Lisbona, in relazione alla debole crescita della produttività in tutta l area dell Unione, nel 2005 la Commissione Europea avvierà un processo di revisione delle disposizioni contenute nella citata Comunicazione. Anche AIFI parteciperà al dibattito, attraverso l adesione ad un Comitato, costituito in seno al CNEL, che fornirà un parere in merito alla posizione che il Governo italiano dovrà tenere a riguardo. Si auspica, in questo modo, di potere allentare i vincoli che la stessa Commissione ha introdotto in tema di Aiuti, almeno per le aree e i segmenti in cui il fallimento del mercato è evidente. Circa l articolazione dell offerta di capitali, bisogna infine constatare, a livello generale, che il mercato è piuttosto concentrato e che mancano ancora operatori specializzati su specifici segmenti, come gli investimenti di piccole dimensioni, gli interventi in high tech e le operazioni di turnaround. Di seguito sono decritte, nel dettaglio, quali sono le caratteristiche delle imprese target. 2.3 L ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO E I RAPPORTI CON LE IMPRESE PARTECIPATE Passando a considerare l ulteriore fase del ciclo, emergono alcune tipicità relative all attività di investimento nelle imprese target. Particolare attenzione merita il ridotto numero di operazioni che mediamente viene realizzato ogni anno. In Italia tale valore, sempre con riferimento all ultimo triennio, si è assestato intorno alle 300 operazioni l anno. Mediamente, negli ultimi tre anni, sono state realizzate più di 2000 operazioni in Francia, circa 1000 in Germania e oltre 400 in Spagna. 18 AIFI
17 Direttamente collegata a tale circostanza è la dimensione media degli investimenti portati a termine, sensibilmente maggiore in Italia rispetto agli altri Paesi. In particolare, il taglio medio delle operazioni realizzate dagli investitori italiani negli ultimi anni si è assestato intorno ai 7 milioni di euro, contro un valore ben più contenuto negli altri paesi dell Europa continentale nello stesso periodo. Confronto europeo sull ammontare medio investito nel periodo Regno Italia Francia Germania Spagna Unito Ammontare medio (Euro Mln) 6,9 2,6 2,6 2,8 4,1 Fonte:AIFI, EVCA Nel nostro mercato, infatti, spesso accade che, per ragioni di economie di scala nella fase di fund raising le dimensioni del fondo di investimento siano troppo grandi per gli investimenti in piccole imprese. Se, infatti, il fondo ha una dotazione di capitale molto elevata, non sempre è agevole effettuare investimenti con un taglio ridotto. Inoltre, anche i costi fissi di istruttoria risultano spesso troppo elevati se si tratta di selezionare imprese di taglio medio-piccolo. Per cercare di agevolare l investimento in imprese di piccole e medie dimensioni, AIFI si è impegnata a cercare di migliorare l applicabilità di una delle poche misure di incentivo ad oggi esistenti. Si tratta della disposizione prevista dall art. 106 della Legge 388 del 2000 (Finanziaria per il 2001), riguardante la concessione di anticipazioni ad intermediari abilitati per l acquisizione di partecipazioni in imprese innovative. A riguardo, AIFI ha partecipato ad un tavolo tecnico con il Ministero delle Attività Produttive, e, in particolare, con la Direzione per gli incentivi alle Imprese, e con il Mediocredito Centrale, soggetto gestore della misura, per agevolare le domande di accreditamento e le richieste di anticipazione da parte degli operatori accreditati. Ad oggi, infatti, risulta che siano solo una decina i soggetti accreditati. Sotto il profilo dei settori su cui si concentra l attività degli operatori, a partire dal 2001 gli investimenti in high tech hanno registrato una forte contrazione in tutti i Paesi europei. In Italia, in particolare, la quota di capitale di rischio dedicata all innovazione e all alta tecnologia, a partire dal picco massimo del 46% toccato nel 2001, si è progressivamente contratta, restando negli anni successivi al di sotto del 10% dei volumi totali. In termini relativi, dunque, gli operatori italiani risultano più concentrati sugli investimenti tradizionali. AIFI 19
18 Le ragioni di questa caratteristica del nostro mercato sono da ricercarsi fra l altro nella rischiosità tipica di questo tipo di interventi, dovuta alla mancanza di una storia quantitativa di medio periodo delle imprese target e all assenza di efficienti sistemi di comunicazione dei risultati e delle variabili economico-finanziarie. Difficile è anche in Italia la successiva vendita della partecipazione, a causa della carenza di grandi aziende tecnologiche che si pongano come potenziali acquirenti. Tali elementi rendono difficoltosa la valutazione della probabilità di successo dell iniziativa e causano una diminuzione del rendimento atteso dell investimento, tale da renderlo spesso non attraente. Per accrescere l offerta di capitali nel settore high tech, aumentando le possibilità di sopravvivenza delle imprese che si trovano nella fase iniziale del loro sviluppo, sarebbe importante riuscire a far nascere operatori di venture capital specializzati in questo tipo di interventi, e, soprattutto, capaci di selezionare, sotto il profilo tecnico, i progetti in cui investire. A tale proposito, con il supporto della propria Commissione High Tech, AIFI ha completato, a fine 2004, la stesura del Manifesto per sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese high tech. La proposta in esso contenuta prevede la costituzione di un fondo di capitali pubblici, a gestione privata, in grado di erogare 300 milioni di Euro, in tre anni, per co-investimenti in imprese tecnologicamente avanzate insieme ad altri fondi di venture capital, italiani ed esteri, e per investimenti in fondi di venture capital specializzati in investimenti tecnologici. La selezione delle iniziative target, che si tratti di imprese o fondi, dovrebbe avvenire da parte di un soggetto privato (advisor), che possa vantare una comprovata professionalità nel campo. La proposta, alla quale hanno aderito una quarantina di qualificati esponenti del mondo dell economia, della scienza e della tecnologia, è stata inoltrata ai Ministeri e alle Istituzioni competenti. Accolta favorevolmente, non ha però ancora trovato attuazione in un dispositivo di legge. Su questo fronte continueremo la nostra azione propositiva. Un'altra caratteristica dell offerta di capitali nel nostro mercato è rappresentata dalla scarsa omogeneità degli investimenti a livello territoriale, in relazione alla quale i dati relativi all attività svolta dagli operatori di private equity e venture capital negli ultimi tre anni evidenziano come oltre l 85% delle risorse investite siano confluite verso il Nord della Penisola, contro un circa 10% dedicato al Centro e meno del 5% verso il Sud. 20 AIFI
19 A questo proposito, oltre al già citato impegno di AIFI per favorire la nascita di fondi regionali, occorre ricordare che è attiva la collaborazione con il Ministero dell Innovazione e delle Tecnologie e con il Ministero dell Economia e delle Finanze, per l attuazione della misura contenuta nella Finanziaria per il 2005, volta a favorire l afflusso di capitale di rischio verso le piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sotto-utilizzate del centro e del sud Italia. La disposizione prevede la sottoscrizione di quote di fondi chiusi, i cui gestori saranno selezionati tramite procedure competitive da parte del Dipartimento per l Innovazione e le Tecnologie. Altra priorità per il settore è il potenziamento delle operazioni di turnaround. Mancano, infatti, in Italia fondi specializzati nell investimento in aziende in crisi da risanare e rilanciare, a differenza di quanto avviene nel resto d Europa dove le operazioni di turnaround attirano già capitali istituzionali significativi. La scarsa diffusione in Italia è stata fino ad oggi riconducibile prevalentemente all esistenza di alcuni rischi specifici a cui è esposto un investitore che decida di effettuare un intervento di turnaround, che vanno al di là della perdita del capitale investito, quali l assunzione di rischi ed oneri che derivano dal fatto di subentrare nei rapporti giuridici della precedente gestione e l esposizione alle azioni revocatorie che colpiscono gli atti effettuati in pregiudizio dei creditori. A questo riguardo, AIFI ha sempre sostenuto che un contesto normativo più favorevole avrebbe agevolato la nascita di fondi specializzati, offrendo anche un contributo importante affinché aumentasse l interesse per il nostro mercato non solo degli investitori istituzionali internazionali, ma anche di quelli italiani. In questo senso, l Associazione si è fatta portavoce di un miglioramento del diritto fallimentare in chiave favorevole all intervento nel capitale di rischio, seguendo anche nel 2004 con attenzione i diversi fronti, parlamentari e governativi, del processo di riforma. Con riferimento agli interventi più recenti, vanno accolte positivamente alcune disposizioni contenute nel Piano d azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Nonostante la proposta di AIFI fosse di più ampio respiro e finalizzata a consentire l intervento di operatori specializzati e di nuovi manager, in grado di fornire idonee garanzie, nella gestione dell azienda al posto del curatore, si può presumere che alcune delle disposizioni introdotte potranno essere utili per aumentare il grado di chiarezza e certezza del quadro giuridico. È questo, ad esempio, il caso delle norme sulle revocatorie, che diminuiscono il periodo sospetto ed esplicitano i casi di esenzione. AIFI 21
20 AIFI conferma la sua disponibilità e volontà di collaborare per la stesura dei decreti attuativi e sta già organizzando alcune giornate di approfondimento sulle novità introdotte. Sul fronte della domanda di capitale di rischio, AIFI ha cercato di avvicinare le imprese agli investitori migliorando il grado di comprensione delle modalità del loro intervento. L obiettivo è quello di contenere l atteggiamento di diffidenza e di scarsa propensione all apertura del capitale, che si consolida con il perdurare della congiuntura negativa. La Commissione Corporate Governance ha, infatti, concluso nell ottobre 2004 l elaborazione di un rapporto Private Equity e Corporate Governance delle imprese, rivolto al mondo degli imprenditori, manager, commercialisti e professionisti in genere, potenzialmente interessati al private equity e venture capital. ll rapporto mette in evidenza i meccanismi e le clausole maggiormente diffusi nella prassi operativa del private equity e venture capital per stabilizzare la compagine sociale e regolare il coinvolgimento dell investitore nella gestione. Si evidenzia anche come viene di solito disciplinato il momento del disinvestimento, con particolare riguardo alla definizione di un percorso che porti alla cessione della partecipazione, alla selezione del canale e delle relative modalità di valutazione della partecipazione ceduta. Si sottolinea dunque l importanza delle regole di corporate governance nell ambito dell attività di investimento istituzionale nel capitale di rischio, con particolare riferimento alle best practice che disciplinano i rapporti tra investitore e impresa. Nel documento si fa riferimento all ipotesi di acquisizione, da parte di un investitore, di quote di minoranza di una impresa e alle principali caratteristiche che il rapporto tra le due tipologie di azionisti deve assumere. La Commissione sta anche valutando diverse iniziative di divulgazione del rapporto, tra le quali si prospetta la possibilità di presentare il documento ad una manifestazione pubblica, specificamente organizzata sul tema e rivolta principalmente al mondo imprenditoriale, che veda il coinvolgimento di AIFI e di altre istituzioni. 22 AIFI
21 2.4 IL DISINVESTIMENTO Il disinvestimento chiude il ciclo del private equity e venture capital attraverso la realizzazione del valore creato e incorporato nelle imprese target. Attraverso il disinvestimento si liberano risorse che possono essere sia reinvestite per acquistare partecipazioni in altre imprese, sia distribuite ai sottoscrittori, che le investiranno, a loro volta, in altri fondi. Se si considera, anche per questa fase, il confronto con il mercato europeo, la nota positiva è che negli ultimi tre anni il nostro Paese ha registrato tassi di fallimento delle iniziative di investimento (write off) leggermente inferiori a quelli medi europei. Per il raggiungimento di tale risultato sono stati determinanti le professionalità e le capacità dei nostri gestori, che si accompagnano ad una selezione iniziale molto attenta degli investimenti. Un analisi più dettagliata circa le modalità di dismissione utilizzate nel periodo fa emergere, poi, un maggior utilizzo da parte dei nostri operatori della vendita a soggetti industriali (trade sale), rispetto a quanto avviene mediamente in Europa. Al tempo stesso, risulta inferiore il ricorso al mercato borsistico, praticato, in Italia, in meno del 10% dei casi. Confronto Italia-Europa sui canali di disinvestimento nel periodo % 46% 40% 40% 30% 20% 19% 25% 23% 18% 10% 7% 10% 6% 7% 0% Trade sale Vendita a Inv. Ist. IPO-Vendita post Ipo Write off Altro Europa Italia Fonte: AIFI, EVCA A questo proposito, AIFI ha continuato il dialogo avviato con Borsa Italiana per facilitare l utilizzo del mercato borsistico come via per lo smobilizzo delle partecipazioni nel portafoglio delle società di venture capital e private equity. AIFI 23
22 Di recente, AIFI è stata chiamata a partecipare ad un tavolo tecnico di lavoro, promosso da ABI e Confindustria, al quale è stata invitata anche Borsa Italiana, per studiare come facilitare le way out per la cessione di partecipazioni di minoranza in imprese di piccole e medie dimensioni. Nell ambito della chiusura del ciclo e del processo di distribuzione del capitale agli investitori, occorre anche ricordare che negli ultimi anni sta acquisendo rilevanza la corretta impostazione del rapporto con questi soggetti, che deve essere improntato alla massima trasparenza e alla possibilità di monitoraggio sull operato dei gestori. Nell importante processo di elaborazione di strumenti volti a presidiare i potenziali conflitti di interesse, si segnala la redazione nel 2004, da parte di AIFI, di un Protocollo di Autonomia, riconosciuto da Banca d Italia e da Consob, specifico per le società di gestione del risparmio che gestiscono fondi mobiliari chiusi di diritto italiano. Si tratta di un documento di self regulation che valorizza e rafforza la trasparenza e la professionalità dell attività di investimento nel capitale di rischio nei confronti dei sottoscrittori. A questo proposito, un indagine svolta da AIFI tra le SGR associate ha riscontrato una volontà generalizzata di procedere all adozione del Protocollo in tempi brevi. 3. LE PROSPETTIVE PER IL 2005 Al di là dei risultati quantitativi relativi agli ultimi mesi, il 2005 si è aperto con segnali positivi per il mercato. Innanzitutto è necessario sottolineare come stiano arrivando a conclusione alcuni importanti procedimenti di vendita di aziende di dimensioni medio-grandi, che vedono protagonisti, tra le cordate degli acquirenti, fondi di private equity e venture capital. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di procedimenti di asta avviati intorno alla metà del 2004 e che, quindi, hanno assorbito l attenzione e le risorse di un gran numero di operatori, limitandone, al tempo stesso, le possibilità operative su altri fronti. Contemporaneamente, si è assistito, in questi ultimi mesi, alla nascita di alcuni nuovi operatori di ridotte dimensioni e specializzati in attività di venture capital rivolta ad aziende ad elevato contenuto tecnologico. Quasi sicuramente i risultati di tale fenomeno, in termini di nuovi investimenti, potranno cominciare a vedersi soltanto a partire dalla fine di quest anno, ma si tratta di un segnale importantissimo di riavvio di un segmento rilevante e critico. Sul fronte del disinvestimento, la riapertura del canale borsistico avviata nella seconda metà del 2004, dopo alcuni anni di scarsissimo ricorso a tale modalità di 24 AIFI
23 uscita, sembra poter proseguire positivamente. Sono, infatti, diversi i progetti di quotazione che potrebbero vedere alcune medie imprese presenti nei portafogli degli operatori di private equity e venture capital italiani approdare in Borsa già nei prossimi mesi. Tali segnali positivi sono parzialmente riscontrabili anche nell opinione degli investitori. I risultati della ricerca realizzata dal Financial Advisory Services di Deloitte circa il sentiment degli operatori del settore per il primo semestre 2005, mostrano, infatti, sia una maggioranza di investitori che prevede di dedicare principalmente la propria attività futura alla ricerca di nuove opportunità di investimento, sia una forte crescita di coloro che si dedicheranno alla raccolta di nuovi fondi da immettere su mercato. A livello settoriale, è da segnalare che quasi metà degli operatori si attende una ripresa degli investimenti nel settore tecnologico. Inoltre, dalla stessa ricerca emerge una maggiore fiducia degli operatori in merito alla qualità e all integrità del management delle imprese, confermata da una sensibile riduzione del numero di opportunità di investimento non concluse per motivi legati al fattore umano. A tal riguardo, gli stessi operatori stanno studiando nuove soluzioni per aumentare la loro capacità di controllo sull attività di gestione, fra le quali spiccano: una maggiore presenza di consiglieri indipendenti, la predisposizione di una reportistica sulle performance più dettagliata e l adozione di regole di corporate governance. Infine, da segnalare che più di due terzi degli operatori prevede un aumento nei prossimi mesi del valore delle partecipazioni detenute in portafoglio, così come è in aumento il numero degli operatori che si aspetta un incremento dei valori di cessione delle stesse. AIFI 25
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