Tocqueville e l autonomia della società

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1 per il ciclo Che cos è la democrazia? quarto appuntamento Tocqueville e l autonomia della società incontro con Andrea Simoncini, professore di Diritto costituzionale nell Università degli Studi di Firenze Salvatore Carrubba, editorialista de Il Sole 24 Ore Saluto introduttivo di Paolo Giuggioli, Presidente dell Ordine degli Avvocati di Milano Letture dei testi di Tocqueville a cura di Andrea Carabelli Sala Verri di via Zebedia 2, Milano Lunedì 31 marzo 2014 Via Zebedia, 2, Milano tel fax

2 CAMILLO FORNASIERI: Buonasera e benvenuti. Oggi abbiamo l ultimo appuntamento di questo ciclo di incontri dedicati alla riflessione sulla grande domanda: che cos è la democrazia? È una domanda sempre attuale e che è stata nutrita dal pensiero di Tocqueville e questa sera con Salvatore Carrubba, a cui do subito la parola, ci avviciniamo un po al fulcro del suo pensiero e cioè il tema della società, il ruolo che essa svolge e anche la forma della democrazia stessa che la società ha concepito e ha generato. Questa sera abbiamo con noi il professor Andrea Simoncini, che viene da Firenze appositamente per noi, è docente di Diritto Costituzionale all Università degli Studi di Firenze e ha fatto anche alcune pubblicazioni che potete trovare al banco dei libri, insieme a un libro bellissimo su Milano di Salvatore Carubba, Il cuore di Milano, alcuni libri di riflessione sul tema del diritto secondo anche la visione di Benedetto XVI, l esperienza del diritto positivo. È una persona che dal lato dello studio delle costituzioni e quindi di come le società si sono date una forma giuridica, può ben aiutarci in quest ultima tappa del cammino. Salvatore a te la parola per l introduzione. SALVATORE CARUBBA: Grazie Camillo. Come tu dicevi questa sera concludiamo questo percorso nel pensiero di Tocqueville che abbiamo fatto in queste quattro puntate con degli ospiti d eccezione e accompagnate anche da alcune letture che ci saranno anche questa sera dello stesso Tocqueville. Abbiamo scoperto che Milano è una città tocquevilliana perché, facevamo il conto con Camillo poco fa, abbiamo scoperto che, fra la partecipazione reale e la partecipazione virtuale in streaming, circa un migliaio di persone hanno partecipato a questo nostro ciclo e devo dire che un altro dato interessante è rappresentato dal fatto che, lo voglio ricordare perché siamo alla conclusione del ciclo stesso, intorno al lavoro che abbiamo fatto su Tocqueville si sono incontrate delle culture diverse come quella cattolica, rappresentata dal Centro Culturale di Milano e da Camillo Fornasieri e questa sera dal professor Simoncini, la cultura socialista con Critica Sociale che è stata l altro soggetto che ha partecipato con noi all organizzazione di questi incontri, la cultura liberale e voglio ricordare, a questo proposito, anche i nostri partner. Trovandoci alla fine del viaggio voglio ringraziarli perché questo ciclo è stato organizzato dal Centro Culturale di Milano con la fondazione Corriere della Sera, Critica Sociale, la Libera Associazione Forense, con il patrocinio del Consolato degli Stati Uniti a Milano, dell Ordine degli Avvocati di Milano e con la collaborazione dell Ufficio di Milano del Parlamento Europeo, quindi anche tanti soggetti istituzionali che hanno manifestato il loro interesse a questa iniziativa. 2

3 Concludiamo il viaggio tocquevilliano tornando, nelle letture, al capolavoro di Tocqueville, all opera più nota, La democrazia in America e le letture che sentiremo questa sera e che saranno lo spunto dell intervento del professor Simoncini sono delle letture che ci aiutano a rispondere alla domanda di questo ciclo Che cos è la democrazia? ma soprattutto aiutano a individuare delle soluzioni ad alcuni problemi che Tocqueville stesso aveva individuato a proposito del funzionamento della democrazia, quei problemi che abbiamo visto nel corso delle puntate precedenti, forse soprattutto la prima dove abbiamo parlato di politica con il professor Panebianco e la seconda in cui abbiamo parlato di federalismo e di economia con il professor Forte. Tocqueville non è un critico distruttore della democrazia, non è un pensatore reazionario, ma un pensatore che ha avuto la straordinaria capacità di previsioni su quelli che sono i grandi rischi, ha messo in guardia in maniera molto efficace sui pericoli che la democrazia può determinare, ma non è contro la democrazia e infatti Tocqueville stesso indica nel suo lavoro e soprattutto ne La democrazia in America le soluzioni a questi rischi paventati e descritti ampiamente anche nelle puntate precedenti. La soluzione principale sta nella forza, nella vitalità della società civile, nella sua capacità di articolarsi e credo che questo sia il tema principale dell incontro di questa sera con il professor Andrea Simoncini. Per Tocqueville, proprio per sfuggire a quell omologazione delle democrazie di massa che, come abbiamo visto, era il timore principale che egli paventava e per sfuggire al rischio di sottile dispotismo che la democrazia di massa può provocare, la ricchezza dell articolazione della società civile è una via d uscita e un antidoto sia a livello territoriale, e ne abbiamo parlato quando abbiamo conversato sul federalismo, sia a livello sociale quando Tocqueville insiste, e stasera parleremo di questo, sulle varie espressioni della vitalità della società civile americana e sulla forza dell associazionismo che rappresenta ai suoi occhi l esempio migliore e più efficace per far capire come l America abbia in qualche modo prefigurato il modello della democrazia di massa, ma nello stesso tempo abbia alimentato le possibilità di vincere i pericoli e i rischi che questa democrazia di massa con sé determina. Voglio ricordare a questo proposito un passo di Tocqueville che cita un grande studioso italiano, uno di quelli che ha contribuito a riportare al centro dell attenzione in Italia il pensiero di Tocqueville cioè Vittorio de Caprari, il quale cita una lettera di Tocqueville del 1840 nella quale scrive che il grande pericolo delle età democratiche è la distruzione o l eccessivo indebolimento delle parti del corpo sociale rispetto al tutto. La dottrina dei realisti, aggiunge Tocqueville, introdotta nel mondo politico, spinge verso tutti gli abusi della democrazia, è essa 3

4 che agevola il dispotismo, la centralizzazione, il disprezzo dei diritti individuali, la dottrina della necessità, tutte le istituzioni e tutte le teorie che consentono al corpo sociale di schiacciare gli individui e che fanno della nazione tutto e dei cittadini nulla. Fin qui Tocqueville, e De Capraris commenta che, per Tocqueville, «tra tutte le leggi che regolano le società umane, ve n è una più precisa e più chiara di tutte le altre, ed è quella secondo la quale gli uomini resteranno civili o lo diverranno solo se lo spirito associazionistico si svilupperà in misura proporzionale al processo di livellamento delle condizioni e se ben si riflette, è la dottrina della separazione e dell equilibrio dei poteri dello Stato stesso al centro della società. Tocqueville aveva compreso, conclude De Capraris, che le istituzioni politiche propriamente dette non potevano reggere da sole il peso delle nuove tensioni derivanti dal desiderio delle masse di partecipare alla vita politica, e che pertanto la libertà non era più garantita soltanto dall equilibrio dei poteri a livello istituzionale, ma doveva essere tutelata e come rinvigorita nel seno stesso della società da nuovi equilibri tra i vari segmenti di cui la società stessa era costituita. Di qui quindi la ferma polemica anti-centralistica che caratterizza tutto il pensiero politico di Tocqueville». Quindi vedete, in queste parole di De Capraris sono riassunti alcuni elementi che ci hanno accompagnato in questo viaggio intorno a Tocqueville: il pericolo che questo egualitarismo di massa snaturi la democrazia fino a provocare un vero e proprio dispotismo e invece la terapia contro questo rischio che nasce dalla ricchezza e dalla vitalità della società civile, presentata soprattutto dall associazionismo. La società di Tocqueville è una società quindi sicuramente sussidiaria, come abbiamo visto adesso, ed è una società poliarchica, che non deve riconoscersi soltanto nello Stato ma che deve distribuire il potere nei suoi rami. In questa società di Tocqueville, e qui concludo, un ruolo importante lo svolge la religione. Ne La democrazia in America ci sono molti capitoli finali dedicati a questo aspetto, all importanza che la religione ha negli Stati Uniti, proprio dal punto di vista di garantire degli spazi di libertà, degli spazi di autonomia critica (potremmo dire oggi con linguaggio moderno) nei confronti del pensiero unico e democratico. Quindi per Tocqueville la religione, il forte spirito religioso degli americani, pur nella forte separazione tra Stato e Chiese (che negli Stati Uniti è un principio costituzionale), ebbe tuttavia un principio molto importante. E devo dire che ne ho avuta una conferma in questi giorni. Non so se in Italia i giornali abbiano dato molto spazio ad una vicenda che invece sta appassionando molto la stampa e l informazione americana. Nei giorni scorsi a New York in tutte le prime pagine dei giornali si parlava di una vicenda che vede protagonista un azienda che si chiama 4

5 Hobby Lobby, che è una società di distribuzione di oggetti d arte, diffusa negli Stati Uniti, di proprietà di una famiglia evangelica. Questa famiglia è molto religiosa, al punto di sostenere che l azienda non è loro ma appartiene a Dio, e si è rifiutata di applicare la riforma sanitaria Obama, perché essa impone alle società di assicurare dei pacchetti sanitari ai propri dipendenti, fra i quali sono comprese anche le pratiche anticoncezionali e tra queste alcune che hanno carattere abortivo (per esempio la pillola del giorno dopo). Quindi questa società, riferendosi a questo come contrario alle proprie concezioni religiose, non ha voluto applicare questa legge. Il Governo è intervenuto, martedì scorso è cominciato il procedimento alla Corte Suprema e devo dire che questa vicenda, che sembra un po ridicola se letta con gli occhi italiani o europei, in America è, invece, una vicenda centrale, sulla quale c è una forte tensione e che non è per nulla scontata, perché il punto su cui si deve pronunciare la Corte Suprema sostanzialmente è se una società profit (perché questa società non è una cooperativa) possa appellarsi al principio della libertà religiosa e possa appellarsi alla tutela del Religious Freedom Restoration Act (che è una norma recente che appunto garantisce la libertà religiosa a tutti i cittadini), e se quindi la libertà religiosa si applichi anche alle società. Vedete, dunque, che c è un dibattito su un tema di straordinaria attualità, che dimostra come la società americana sia profondamente permeata di attenzione e di sensibilità a questo tema. Perché? Perché questo è uno spazio lasciato, appunto, alla libertà non soltanto più degli individui e delle persone, ma anche delle persone giuridiche, dei soggetti giuridici, che dimostra quanto la religione conti nel dibattito pubblico americano, proprio perché garantisce degli spazi di libertà, perché garantisce degli spazi di autonomia critica rispetto al pensiero unico e rispetto al pensiero statalista. Quindi, le riflessioni che faceva Tocqueville centocinquant anni fa e più, sono delle riflessioni che in America sono ancora attuali. Certo lette dall Italia e dagli Stati Uniti dove ormai vige questa sorta di ateismo libertino come l ha chiamato un filosofo molto caro al pontefice, felicemente regnante fa impressione. Però, dobbiamo sottolineare questo aspetto e lo faremo anche con le letture di adesso, abbiamo scelto un passo che si riferisce proprio a questo tema perché per Tocqueville questa importanza della religione è un aspetto fondamentale proprio per garantire che la società civile mantenga una sua libertà, una sua autonomia, un suo spazio e possa, quindi, contrastare quelle spinte all omologazione e a un sostanziale dispotismo che possono venire dalla democrazia di massa. Ma a questo punto lasciamo la parola a Tocqueville. Stasera sarà con noi Andrea Carabelli, che ci leggerà i tre passi, dai quali poi prenderà spunto il professor Simoncini per il suo intervento. 5

6 Da LA DEMOCRAZIA IN AMERICA di Alexis de Tocqueville LIBERTÀ LIBRO SECONDO - PARTE II: Influsso della democrazia sui sentimenti degli Americani CAPITOLO PRIMO: Perché i popoli democratici mostrano un amore più ardente e più duraturo per l uguaglianza piuttosto che per la libertà La prima e la più viva passione che l uguaglianza delle condizioni fa nascere, non averi neppure bisogno di dirlo, è l amore di questa stessa uguaglianza. Non c è da stupirsi, quindi, se ne parlo per prima. Ciascuno ha potuto notare come ai nostri tempi, e specialmente in Francia, questa passione per l uguaglianza prenda, giorno per giorno, un posto sempre più rilevante nel cuore umano. È stato ripetuto cento volte che i nostri contemporanei sentivano un amore molto più intenso e molto più tenace per l uguaglianza piuttosto che per la libertà; ma non trovo che si sia ancora risaliti sufficientemente alle cause di questo fatto. Ora cercherò di farlo. Si può immaginare un punto estremo in cui uguaglianza e libertà si toccano e si confondono. Parto dall idea che tutti i cittadini concorrano al governo e che ciascuno abbia uguale diritto di concorrervi. Poiché nessuno differisce dai suoi simili, nessuno potrà esercitare un potere tirannico: gli uomini saranno perfettamente liberi poiché saranno completamente uguali; e saranno perfettamente uguali, perché saranno completamente liberi. Appunto verso quest ideale tendono i popoli democratici. Ecco la forma più completa che possa prendere l uguaglianza sulla terra; ne esistono però mille altre che, senza essere altrettanto perfette, non sono per questo meno care a questi popoli. 6

7 L uguaglianza può regnare nella società civile e non regnare affatto nel mondo politico. Si può avere il diritto di abbandonarsi agli stessi piaceri, di intraprendere le stesse professioni, di incontrarsi negli stessi posti, insomma di vivere nello stesso modo e di inseguire la ricchezza con gli stessi mezzi, senza comunque avere tutti la stessa parte al governo. Una specie di uguaglianza si può persino stabilire nel mondo politico, benché non vi si trovi affatto libertà politica. Si è uguali a tutti i propri simili, meno uno che è, senza distinzioni, il capo di tutti e che sceglie ugualmente, tra tutti, gli agenti del suo potere. Sarebbe facile formulare varie altre ipotesi, secondo le quali una forte uguaglianza potrebbe agevolmente combinarsi con istituzioni più o meno libere o anche con istituzioni che non lo fossero affatto. Benché gli uomini non possano diventare interamente uguali senza essere totalmente liberi, e di conseguenza l uguaglianza, al suo livello più alto, si confonda con la libertà, si ha dunque ragione di distinguere l una dall altra. Il gusto che gli uomini provano per la libertà e ciò che sentono per l uguaglianza sono, in effetti, due cose distinte, e non temo di aggiungere che nelle democrazie sono due cose diseguali. Se si considerano le cose attentamente, si vedrà che è possibile ritrovare in ogni secolo un fatto caratteristico e dominante, dal quale gli altri dipendono: questo fatto dà quasi sempre origine a un idea dominante, o ad una passione principale, che finisce poi per attirare a sé e per trascinarsi dietro tutti i sentimenti e le idee. È come il fiume verso cui sembra che corrano tutti i ruscelli del circondario. La libertà si è manifestata agli uomini in diverse forme e in periodi diversi; non è affatto legata a una condizione sociale e la si trova anche fuori dalle democrazie: non può quindi costituire il carattere distintivo dei secoli democratici. Il fatto particolare e dominante che caratterizza questi secoli è l uguaglianza delle condizioni: la passione principale che agita gli uomini in questi tempi è l amore di tale uguaglianza. Non domandate quale particolare attrattiva provino gli uomini delle età democratiche nel vivere uguali, né le ragioni particolari che possano avere per 7

8 attaccarsi con tanta ostinazione all uguaglianza, piuttosto che ad altri beni che la società presenta loro. L uguaglianza costituisce il carattere distintivo dell epoca in cui vivono; questo basta a spiegare perché la preferiscano a tutto il resto. Comunque, indipendentemente da questa ragione, ve ne sono parecchie altre che, in tutti i tempi, spingeranno in genere gli uomini a preferire l uguaglianza alla libertà. Se fosse mai possibile che un popolo arrivasse a distruggere, o anche soltanto a ridurre l uguaglianza che regna nel suo seno, potrebbe riuscirvi solo attraverso lunghi e penosi sforzi. Bisognerebbe che modificasse il proprio assetto sociale, abolisse leggi, rinnovasse idee, cambiasse abitudini, alterasse costumi. Invece, per perdere la libertà politica, basta non trattenerla, ed essa sfugge Gli uomini non tengono quindi all uguaglianza soltanto perché è loro cara: vi sono attaccati anche perché credono che debba durare sempre. Che la libertà politica possa, se eccessiva, compromettere la tranquillità, il patrimonio, la vita dei privati, non c è nessuno che sia tanto cieco e tanto superficiale da non accorgersene. Invece solo le persone attente e lungimiranti si avvedono dei pericoli di cui ci minaccia l uguaglianza e, di solito, evitano di segnalarli. Sanno che i mali che paventano sono lontani, e si illudono che non colpiranno che le generazioni future, di cui la generazione presente non si dà pensiero. I mali portati dalla libertà sono a volte immediati, visibili a tutti, e tutti, più o meno, ne risentono. I mali che può produrre l estrema uguaglianza non si manifestano che a poco a poco: si insinuano gradualmente nell organismo sociale, e non li si scorge che alla lontana; quando poi diventano più violenti, l abitudine ha già fatto si che non li si senta più. I beni procurati dalla libertà non appaiono che a lungo andare ed è sempre facile misconoscere la causa da cui provengono. I vantaggi dell uguaglianza si fanno sentire sin dal primo istante, e se ne vedono gli effetti quotidianamente. La libertà politica dà, di tanto in tanto, a una certa cerchia di cittadini piaceri sublimi. L uguaglianza procura quotidianamente una quantità di piccole gioie a ciascuno. Le attrattive dell uguaglianza si fanno sentire ad ogni istante e sono alla portata di 8

9 tutti; i cuori più nobili non sono loro insensibili e le anime più volgari ne fanno la loro delizia. La passione, che l uguaglianza suscita, deve quindi essere al contempo energica e generale. SOCIETÀ CIVILE LIBRO SECONDO - PARTE II: Influsso della democrazia sui sentimenti degli Americani CAPITOLO QUINTO: L uso che gli Americani fanno del sistema dell associazione nella vita civile Gli Americani di tutte le età, condizioni e tendenze, si associano di continuo. Non soltanto possiedono associazioni commerciali e industriali, di cui tutti fanno parte, ne hanno anche di mille altre specie: religiose, morali, gravi, futili, generali e specifiche, vastissime e ristrette. Gli Americani si associano per dare feste, fondare seminari, costruire alberghi, innalzare chiese, diffondere libri, inviare missionari agli antipodi; creano in questo modo ospedali, prigioni, scuole. Dappertutto, ove alla testa di una nuova iniziativa vedete, in Francia, il governo, e in Inghilterra un gran signore, state sicuri di vedere negli Stati Uniti un associazione. Ho visto in America certi tipi di associazione di cui, confesso, non avevo neppure l idea, e ho ammirato l arte infinita con cui gli abitanti degli Stati Uniti riuscivano a fissare uno scopo comune agli sforzi di una massa di uomini, e far sì che ognuno vi si indirizzasse liberamente. Ho visitato più tardi l Inghilterra, ove gli Americani hanno preso alcune delle loro leggi e parecchie delle loro usanze e mi è sembrato che si fosse molto lontani da fare un uso altrettanto costante e altrettanto abile dell associazione. Avviene spesso che gli Inglesi compiano da soli grandi imprese. Mentre si può dire che non esista iniziativa tanto piccola, per la quale gli Americani non si uniscano. Evidentemente i primi considerano l associazione come un potente mezzo d azione, gli altri invece sembrano vedervi il solo mezzo che abbiano per agire. 9

10 Così, il paese più democratico della terra si trova ad essere quello in cui gli uomini hanno maggiormente perfezionato ai nostri giorni l arte di perseguire in comune l oggetto dei loro comuni desideri, e hanno applicato questa scienza nuova al maggior numero di scopi. È frutto del caso o esiste davvero un rapporto necessario tra le associazioni e l uguaglianza? [ ] Inoltre, se il governo venisse dappertutto a sostituire le associazioni, anche la morale e l intelligenza di un popolo democratico correrebbero pericoli non minori del commercio e dell industria. Le coscienze e le idee non si rinnovano, l animo non si ingrandisce e lo spirito umano non si sviluppa, se non attraverso l azione reciproca degli uomini gli uni sugli altri. Sono alla fine arrivato a capire che centomila Americani, spaventati dal progresso che vedevano fare all ubriachezza, avevano voluto accordare il loro patronato alla sobrietà. Avevano agito precisamente come un grande signore che si vestisse alla buona, allo scopo di ispirare ai semplici cittadini il dispregio del lusso. C è da pensare che, se questi centomila fossero vissuti in Francia, ciascuno singolarmente sui sarebbe indirizzato al governo, per pregarlo di sorvegliare le osterie di tutta la superficie del regno. Nulla, secondo me, merita di attirare l attenzione più delle associazioni intellettuali e morali d America. Le associazioni politiche e industriali degli Americani sono facilmente individuali; le altre invece ci sfuggono; e, se le scopriamo, le capiamo male, perché non abbiamo quasi mai visto nulla di analogo. Eppure bisogna riconoscere che sono necessarie al popolo americano, quanto le prime e forse di più. Nei paesi democratici, la scienza dell associazione è la scienza madre. Il progresso di tutte le altre dipende dai progressi di questa. Tra le leggi che reggono le società umane, ve n è una che sembra più precisa e più chiara delle altre. Perché gli uomini restino civili o lo divengano, bisogna che tra loro l arte di associarsi si sviluppi e si perfezioni, nella stessa proporzione in cui aumenta l uguaglianza delle condizioni. 10

11 RELIGIONE LIBRO SECONDO - PARTE I: Influsso della democrazia sul movimento intellettuale negli Stati Uniti CAPITOLO QUINTO: In che modo negli Stati Uniti la religione sa servirsi degli istinti democratici Le idee generali che si riferiscono a Dio e alla natura umana sono dunque, tra tutte le idee, quelle che è più utile sottrarre all azione abituale della ragione individuale, e per la quale c è più da guadagnare e meno da perdere nel riconoscere un autorità. Il primo scopo delle religioni e uno dei loro principali vantaggi, è di offrire per ognu8na di queste questioni primordiali una soluzione netta, precisa, intellegibile per la massa, e, inoltre, duratura. Certo vi sono religioni false e assurde; si può dire tuttavia che ogni religione, che resti nei limiti che ho indicati e non pretenda di uscirne, come molte hanno tentato per andare a frenare da tutti i lati il libero slancio dello spirito umano, impone un giogo salutare all intelligenza; bisogna riconoscere che, se anche non vale a salvare gli uomini nell altro mondo, è almeno utilissima alla loro felicità e alla loro grandezza in questo. Ciò è vero soprattutto per gli uomini che vivono nei paesi liberi. Quando tra un popolo non esiste più religione, il dubbio si impadronisce delle più alte sfere dell intelligenza e paralizza in gran parte le altre. Ci si abitua ad avere sulle materie che maggiormente interessano noi e i nostri simili, solo idee confuse e mutevoli; si difendono malamente le proprie opinioni o le si abbandona e, siccome si dispera di potere risolvere da soli il maggiore dei problemi che il destino umano presenta, ci si riduce vilmente a non pensarci più. Uno stato simile non può mancare di infiacchire gli animi; allenta le molle della volontà e prepara i cittadini alla servitù. Così succede che non solo essi si lascino portare via la libertà, ma che spesso la cedano. 11

12 Quando non esiste più autorità in fatto di religione, così come in fatto di politica, gli uomini fanno presto a spaventarsi di fronte a questa indipendenza sconfinata. Il mettere continuamente in discussione tutte le cose li preoccupa e li stanca: siccome tutto si muove nel mondo spirituale, vogliono almeno che tutto sia fermo e stabile nell ordine materiale e, non potendo più ritrovare le loro antiche credenze, si danno a un padrone. Dal canto mio, dubito che l uomo possa mai sopportare contemporaneamente una completa indipendenza religiosa e una totale libertà politica; e sono incline a pensare che, se non ha fede, bisogna che serva e, se è libero, che creda. Non so però se questa grande utilità delle religioni non sia ancora più evidente tra i popoli in cui le condizioni sono uguali che non tra tutti gli altri. Bisogna riconoscere che l uguaglianza, che pure porta grandi vantaggi nel mondo, instilla però negli uomini, come dimostreremo qui sotto, istinti pericolosissimi; essa tende ad isolarli gli uni dagli altri, per indurre ciascuno a non occuparsi altro che di se stesso. Inoltre dispone esageratamente il loro animo al culto dei godimenti materiali. Il più grande vantaggio delle religioni è di ispirare istinti totalmente opposti. Non esiste religione che non situi l oggetto dei desideri dell uomo oltre e sopra i beni della terra e non elevi naturalmente la sua anima verso regioni di gran lunga superiori a quelle dei sensi. E parimenti non esiste religione che non imponga a ogni individuo un qualche dovere verso la specie umana, oppure un dovere comune, e non lo sottragga ogni tanto alla contemplazione di se stesso. Questo lo si riscontra anche nelle religioni più false e più pericolose. I popoli religiosi sono dunque per natura forti proprio ove i popoli democratici sono deboli; il che dimostra di quale importanza sia che gli uomini, diventando uguali, mantengano la propria religione. 12

13 S. CARRUBBA: Grazie ad Andrea Carabelli, grazie ad Alexis de Tocqueville. La parola adesso al professor Andrea Simoncini. ANDREA SIMONCINI: Vi ringrazio per questa occasione di ascoltare Tocqueville, quasi di ascoltare proprio lui, per come è stato letto magistralmente. Ringrazio perché per me è una di quelle letture che ha un carattere tipico, quello di non esaurirsi mai. È una di quelle letture che nella storia della mia formazione è venuta fuori più volte molto tempo fa e poi in fasi successive. Eppure ogni volta è sempre una fonte di ispirazione dal punto di vista anche del giudizio, è strepitosa. Ringrazio il professor Carubba e il Centro Culturale di Milano per aver organizzato questa opportunità. Il tema sul quale vorrei riflettere, che emerge da queste letture, è questo ruolo della società civile: la società civile e lo Stato, la società civile e la democrazia. In seconda battuta, riguardo alla seconda parte di queste letture, approfondirei che nesso c'è tra il condensarsi della società civile e il fenomeno religioso. Io vorrei provare rapidamente a fare qualche osservazione su questi due, che mi sembrano i temi centrali al cuore di quello che abbiamo ascoltato. Dunque il primo punto. Tocqueville è uno dei grandi autori della società civile e allora potremmo farci questa domanda: ma quand'è che nasce il concetto di società civile? Quand'è che a un certo punto si afferma nel pensiero filosofico politico ma anche nella prassi dal punto di vista del linguaggio pubblico il tema della società civile? Perché, vedete, la società in quanto tale, cioè l'idea della società, nasce assieme alla stessa civiltà umana, diciamo già dall'homo sapiens sapiens, cioè quello che sa di essere sapiente. Il fatto che l'uomo viva in degli aggregati e che questi aggregati costituiscano un elemento fondamentale per la percezione di sé che ha l'uomo, non semplicemente un dato fattuale, il fatto che debba vivere in queste congregazioni, ma il fatto che l'uomo per percepire sè stesso abbia bisogno di questo rapporto sociale quindi che l'uomo viva inevitabilmente in queste forme che noi chiamiamo società è un dato che nasce assieme alla civiltà. Mi fa sempre piacere citare colui che è un grandissimo milanese prestato al mondo della scienza, uno dei più grandi archeologi viventi che è Giorgio Buccellati, uno dei più grandi studiosi dell'area mesopotamica. Lui nell'ultimo libro che ha pubblicato sulle sue riflessioni lui ha scavato per cinquanta anni nell'area della Mesopotamia, in particolare a Urkesh, questa città che costituiva una delle città-stato della Mesopotamia lui tende a datare attorno al a.c. la nascita dell'idea di società come percezione di sé. D altronde tutto il pensiero antico, il 13

14 pensiero dei Greci e dei Latini, è il pensiero che gira attorno al concetto di polis o al concetto di civitas che non sono sicuramente la stessa cosa, sarebbe bello approfondire le differenze, ma sono sicuramente uno dei contributi più importanti al formarsi stesso del pensiero occidentale. D altronde se prendiamo Platone e Aristotele, le prime grandi riflessioni sul perché l'uomo avesse questa natura, perché avesse questa spinta a congregarsi a mettersi assieme, le grandi riflessioni su cos'è la società nascono con il pensiero greco, l idea di polis di società politica nasce così, e si sviluppano in una maniera estremamente originale col pensiero romano, con l idea di civitas, da cui viene civile, da cui viene società civile. Il Medioevo, potremmo dire, è il grande periodo in cui questi presupposti degli antichi si sviluppano, fioriscono fino al massimo grado. Il Professor Paolo Grossi, che attualmente è giudice della Corte Costituzionale ed è uno degli storici del pensiero giuridico più eminenti che noi abbiamo, grande esperto di storia del diritto medievale, che ho avuto la fortuna di avere tra i miei professori, a lezione diceva sempre: «Cos è il Medioevo? Il Medioevo è un periodo caratterizzato da due assenze: manca l individuo e manca lo Stato». Il Medioevo è il periodo delle società, delle comunità, delle arti, delle corporazioni, delle gilde, delle signorie, dei comuni, dei mestieri, cioè il medioevo è un periodo intrinsecamente sociale, è il periodo probabilmente più pluralista dal punto di vista dell assetto giuridico che noi abbiamo avuto. Non c è uno che ha l ultima parola, non c è nessun monopolista, nel Medioevo, della regolazione e del potere pubblico. È una continua competizione, quella tra Papa e imperatore, e quella che forse la rende più visivamente e nessuno alla fine vince in questa competizione, ma scendendo anche di livello, sicuramente il Medioevo è un grande periodo in cui la società è il dato primordiale, l individuo è difficile che esista, diciamo è una conquista moderna l individuo. Dunque, quand è che nasce questa società civile? Qui un po la cosa si tinge di giallo, perché in realtà emerge un soggetto che vuole ucciderla. La società, il concetto stesso della società civile, nasce con lo Stato moderno, cioè con un entità che ha espressamente tra i suoi obiettivi quella di farla fuori, di distruggerla. E questo è il motivo per cui il termine stesso che in realtà comincia ad essere pensato prima del costituirsi classico dello Stato moderno, dello Stato borghese, cioè delle rivoluzioni francese e americana. Lì comincia la riflessione, Fergus o Rousseau e gli altri, ma il dato che a me sembra più interessante è che l idea di società civile che ne abbiamo oggi e, soprattutto, come ne parla Tocqueville, (che è un testimone in presa diretta di questo cambiamento), nasce nel momento in cui si afferma lo Stato e lo Stato borghese, che nasce agli inizi dell Ottocento, che nasce con le due grandi rivoluzioni, 14

15 quella liberale americana e quella borghese francese. Lo Stato nasce con questa profonda ostilità, quello continentale europeo, poi faremo invece un approfondimento su come nasce negli Stati Uniti, e si capisce bene dalla lettura di Tocqueville, che nasce su basi completamente diverse, ma lo Stato così come lo abbiamo studiato noi, così come lo abbiamo nel nostro DNA, lo Stato liberale è quello Stato che nasce con una profonda antipatia per la società civile. Vi faccio due esempi per chiarire in maniera paradigmatica questa ostilità profonda. Il primo è la stessa rivoluzione francese: la rivoluzione francese, come voi sapete, si afferma con il documento classico che viene citato, la Dichiarazione universale dei diritti dell uomo e del cittadino. Pochi anni dopo, due anni dopo, 14 giugno 1791 viene approvata una delle leggi simbolo della rivoluzione francese, viene proposta da un giacobino, Isaac Le Chapelier, che poi fa una brutta fine come un po tutti, (voi sapete, nella rivoluzione francese era facile fare una brutta fine) nonostante fosse uno dei promotori del Club dei Giacobini. Questo Le Chapelier approva questa legge, la quale ha questo obiettivo: la abolizione di tutte le associazioni. Nel La legge Le Chapelier ha proprio questo obiettivo espresso, non è che ci gira intorno, dice: «Poiché l eliminazione di ogni specie di corporazione di cittadini dello stesso Stato o professione», aggregazioni tipo sindacati, corporazioni, arti, mestieri, leghe, gilde etc. «Poiché l eliminazione di ogni specie di corporazione è una delle basi fondamentali della Costituzione francese, è vietato ristabilirle di fatto sotto ogni qualsiasi pretesto e forma. I cittadini di uno stesso Stato, di una stessa professione, gli imprenditori, chi ha una bottega o un attività, gli operai, gli apprendisti di qualsiasi arte e mestiere, non potranno, allorché si troveranno insieme, nominare né presidenti, né segretari, né sindaci, né tenere registri, né prendere decisioni e deliberazioni, né stabilire regolamenti sui loro pretesi interessi». La rivoluzione francese nasce sul presupposto fondamentale di opporsi a queste aggregazioni, a questi gruppi, a queste tendenze ad aggrumarsi della società, che vengono visti come profondamente in contrasto con l idea di sovranità nazionale, di volontà, del contratto sociale di Rousseau, cioè l idea che la legge deve essere uguale per tutti, non ci può essere differenziazione. Il principio fondante della libertà, come vedremo, che poi è il cuore del problema, è la legge: solo la legge, siccome è astratta e artificiale, riesce a creare l uguaglianza. Non è un caso che la Costituzione francese del 58, (perché poi i francesi ce l hanno nel DNA questa) afferma espressamente che la sovranità spetta alla Nazione e nessuna frazione del popolo potrà mai avere esercizio della sovranità: cioè, rimane nella Francia di oggi questo carattere assolutamente centrale dello Stato. Lo Statuto albertino, 1848, 15

16 che è il nostro tentativo di darci una costituzione borghese e liberale sul modello di quelle rivoluzionarie, che viene imposto sostanzialmente a Carlo Alberto, non è un caso che, nell elenco delle libertà, non prevede la libertà di associazione, non esiste la libertà di associazione. Ma c è un altro grande testimone di quegli anni, che nasce nel 1770, che ha 19 anni durante la Rivoluzione, ed è Georg Friedrich Hegel. Hegel è il teorico di questo passaggio, perché lui, nella Fenomenologia dello spirito che è l opera pamphlet di tutta l idea e il sistema hegeliano, cioè del modo in cui lo Spirito si manifesta nella storia e nel mondo, voi sapete che Hegel analizza questo progresso dello Spirito nella storia, attraverso triadi dialettiche, tesi, antitesi e sintesi, parlando dell eticità, cioè di come l uomo assume costumi morali lui dice: la tesi è la famiglia, il primo luogo in cui l uomo assume la sua forma di costume etico è la famiglia, l antitesi è la società civile, quindi la società civile nasce come contrapposta alla famiglia, nel luogo in cui si rompe la famiglia, l uomo esprime e assume un costume esterno, ma attenzione: l antitesi è destinata ad essere superata nella sintesi e la sintesi è lo Stato, come sintesi etica, il luogo in cui la diversità sociale viene sublimata in questa capacità dello Spirito di identificare ciò che è comune a tutti. Lo Stato è «l ingresso di Dio nel mondo» e siccome è nel mondo, come tutte le cose del mondo può essere sbagliato ma, come dice Hegel, così come l uomo più odioso è pur sempre uomo, così anche lo Stato peggiore è pur sempre Dio. E questo è la Fenomenologia dello Spirito (1807), che viene scritta trent anni prima de La democrazia in America (1830). Questo lo dico per capire il nostro Alexis Tocqueville che nasce nel 1805, il contesto in cui lui fa questo viaggio famoso di cui nasce poi lo scritto è questo. Cioè, noi abbiamo un clima in cui lo Stato nasce dal punto di vista istituzionale-politico con la rivoluzione francese e diventa dal punto di vista filosofico, con la grande autorità di Hegel, sostanzialmente l antagonista della società civile, perché la società civile è vista come confusione, come differenze che non conciliano. Ricordiamoci che la sostanza della rivoluzione francese è la classe borghese, per cui stiamo parlando di una spinta estremamente elitaria: voi sapete che durante tutto il periodo liberale-borghese, liberale nel senso della rivoluzione francese, in Italia il massimo della partecipazione che lo Stato crispino e giolittiano, fino a Giolitti consentiva, era il 5% della popolazione, perché si votava su base censitaria. L idea di fondo è: può prendersi cura della cosa pubblica solo chi produce ed ha un interesse economicamente attivo a partecipare alla vita sociale. Dico, Tocqueville, in questo clima, affronta il suo viaggio famoso in America, e quindi da un lato ha uno Stato nato dalla rivoluzione francese che intende sostituirsi 16

17 completamente alla società, togliendo tutte quelle incrostazioni, tutte quelle difettosità sostituendo tutte quelle differenze perché l ancient regime era in realtà una stratificazione di una molteplicità di diritti, regole e costumi assolutamente confusa e confusionaria, quindi non è che il Codice napoleonico non avesse un suo senso, serviva a fissare finalmente una regola per una società civile che aveva preso completamente il sopravvento sullo stato. Dall altro, un altro Stato, perché lui facendo questo viaggio incontra gli Stati Uniti, nato da una rivoluzione sostanzialmente coeva, perché la rivoluzione americana è del 1776, poco prima di quella francese, eppure uno stato in cui, abbiamo ascoltato nella lettura, gli americani di tutte le età, condizioni e tendenze, si associano di continuo. Non soltanto possiedono associazioni commerciali e industriali di cui tutti fanno parte, ma ne hanno anche altre mille di mille specie. Ora capiamo lo stupore di Tocqueville nel vedere questa società così piena di associazioni, erano semplicemente vietate in Francia, soprattutto quelle economiche, soprattutto quelle industriali. Gli americani si associano per fare feste, fondare seminari, costruire alberghi, innalzare chiese, diffondere libri. Dappertutto, alla testa di ogni iniziativa, vedrete in Francia il governo, in Inghilterra un gran signore, negli Stati Uniti un associazione. Immaginiamo dunque lo stupore e qui, se mi è consentito questo lo traggo dalle mie lezioni per avere visivamente un paragone, vorrei dare un idea di quanto lo stupore di Tocqueville fosse grande, perché il suo stupore di fronte alla società americana è uno stupore cordiale, è uno stupore in cui lui ammira, è lo stupore di qualcuno che capisce che lì c è il segreto di una democrazia che funziona, e quindi si chiede perché. Ma io, sempre per darvi un po l idea di quale fosse la mentalità che cominciava ad affermarsi in quel periodo, tendo a leggere vicino a Tocqueville un altro autore che certe volte non viene ritenuto allo stesso livello filosofico-politico, ma è un autore degli stessi anni, di poco successivo, che anche lui descrive un arrivo negli Stati Uniti: è Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne. Jules Verne nasce nel 1828 e scrive nel 1870 circa. Sono più o meno coevi ma sono due visioni completamente diverse: Tocqueville è un visconte, fa parte di una famiglia nobile, una famiglia che durante il periodo rivoluzionario se l è vista sufficientemente brutta, mentre Verne è figlio di borghesi, un notorio massone, uno che aderisce con grande convinzione al nuovo spirito. Non so se vi ricordate anche voi dall infanzia la storia del libro: si parte dall Italia, si attraversa tutta la Russia, si arriva fino in Giappone, poi in Giappone Phileas Fogg si imbarca e sbarca a San Francisco. E c è la descrizione di quando lui arriva a San Francisco: quando il protagonista arriva si trova in mezzo ad una baraonda che non capisce, dice: «Si trovarono ben 17

18 presto in Montgomery Street, in cui l afflusso della folla era enorme. Sui marciapiedi, in mezzo alla carreggiata, sulle rotaie del tram nonostante il passaggio incessante di carrozze, c era una folla senza numero. Uomini-sandwich circolavano in mezzo a gruppi di pedoni, bandiere stendardi fluttuavano nel vento, grida echeggiavano da ogni dove: Urrà per Kamerfield! Urrà per MandiBoy!. Suppongo che si tratti di una competizione, di un meeting come lo chiamano qui, per l elezione di qualche alto funzionario militare o civile, o addirittura di un membro del Congresso disse Fix. In ogni modo, osservò Phileas Fogg che come sapete è un inglese nella storia, mentre in realtà qui è l animo di Jules Verne che emerge, è molto francese per essere un inglese forse faremo bene a non mischiarci troppo a questa calca: i pugni, anche se sono politici, non cessano di essere pugni. [ ] Ad un certo momento, mentre Fix stava per chiedere ad un vicino quale fosse la precisa ragione di tanta effervescenza popolare, un movimento più vivo si determinò. Gli «urrà» conditi di improperi raddoppiarono. L asta delle bandiere si trasformò in arma offensiva. Non più mani: pugni dappertutto. Dall alto delle carrozze e degli omnibus bloccati era uno scambio di insulti e un lancio di corpi contundenti e qui si va avanti con questa descrizione «E consigliabile non rimanere qui, signor Fogg. Se in tutta questa faccenda c entra per caso l Inghilterra e se noi veniamo riconosciuti, ci troveremo molto compromessi in un anticipata baruffa.» quindi lui si trova in questa competizione popolare, in cui c è tutta la gente che strilla e che urla. E questa è la conclusione: «Alle sei meno un quarto i viaggiatori erano in stazione e trovarono il treno pronto alla partenza perché lui sopravvive, strappandosi i vestiti, prende dei cazzotti. Al momento di salirvi sopra, il signor Fogg fece un cenno a un addetto e gli chiese: «Scusate, c è notizia che si siano verificati gravi incidenti oggi a San Francisco? Oh, no, no, signore! Era un semplice meeting organizzato per una elezione.» «L elezione di qualche generale dell esercito, senza dubbio.» «No, signore: di un giudice di pace». Io cito sempre questo, perché vedete proprio due atteggiamenti completamente diversi di fronte a questa idea di società civile che c ha della partecipazione, nell idea di riprendersi la vita politica. Da un lato un atteggiamento curioso, quello di Tocqueville, curioso e cordiale, adesivo. Dall altro un atteggiamento sostanzialmente indispettito, un po distante, di qualcuno che dice che così non si possono far funzionare le cose. E guardate che questo non era un dibattito, come dire, tra due concezioni astratte. Era un dibattito tra due modelli completamente diversi, di libertà, di cultura. L analisi di Tocqueville di fronte a quel che vede è chiarissima. Abbiamo ascoltato: «Se il governo venisse dappertutto a 18

19 sostituire le associazioni, anche la morale e l intelligenza di un popolo democratico, correrebbe pericoli non minori del commercio e dell industria. Le coscienze e le idee non si rinnovano, l animo non si ingrandisce e lo spirito umano non si sviluppa se non attraverso l azione reciproca.» L analisi di Tocqueville è molto interessante perché lui dice che non c è soltanto un problema di deprivazione della libertà nel momento in cui lo stato diventa prevaricatore, ma c è un effetto di lungo periodo, cioè si va a toccare la capacità dell uomo di partecipare, di domandare, di assumersi la responsabilità. In questo, come diceva prima chi mi introduceva, l attualità di questo giudizio è strepitosa. Noi oggi ci troviamo di fronte ad una società civile sfinita, sfilacciata, totalmente deprivata di qualsiasi capacità reale di proposizione. Se va bene oggi la società civile serve a tappare i buchi dello Stato. A riempire qua e là quel terziario che non funziona. Io vengo da una regione, la Toscana, in cui abbiamo una tradizione molto bella, che è veramente medievale: le misericordie. Anche nel Nord ci sono, sono queste libere associazioni di persone che si fanno carico dei bisogni, soprattutto nel campo sanitario, di altre persone, aiutano. Oggi che cos è la misericordia nel piano della Regione Toscana? Molto spesso è un pezzo del sistema pubblico, il pezzo del trasporto. Ormai si occupano sistematicamente della ambulanze, quelle che ti portano all ospedale. È terribile vedere come la società civile, da un soggetto centrale diventa un elemento del sistema. Ultimo passaggio prima di venire alla libertà religiosa. Sono stato presentato come di ispirazione o di area cattolica. Attenzione, c è in quegli anni qualcuno che si è profondamente accorto di questo problema e che pubblicamente interviene su questo tema. Voi sapete che Tocqueville non era cattolico, non era cristiano, è un uomo che ha grande stima del fenomeno religioso, ma del fenomeno religioso in quanto tale, non è un tipo confessionale, diciamo. Qual è il soggetto pubblico che si accorge di questa deriva dello Stato così forte, in termini antagonisti, rispetto alla società pubblica? In quel momento è sicuramente la Chiesa. Quelli sono gli anni di Papa Leone XIII ( , non lo chiamavano Sua Santità ma Sua Eternità ) e voi sapete che in quel pontificato accade uno dei fenomeni, dal punto di vista del dibattito e delle idee culturali, davvero più rilevante che noi abbiamo in quegli anni: l Enciclica De rerum novarum. Io adesso non mi permetto di analizzarla nel dettaglio, è molto complessa e sfaccettata, la si può interpretare da punti di vista diversi. Sicuramente in quell enciclica c è la denuncia chiarissima di questa deriva dello Stato. Vi leggo alcuni rapidissimi passi; punto 28:«Non è giusto, come abbiamo detto, che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo Stato. È giusto invece che si 19

20 lasci all uno e all altra, tanta indipendenza di operare quanta se ne può, salvo il bene comune e gli altrui diritti». Oppure, il punto 36 si intitola (voi immaginatevi in quegli anni cosa succedeva in Francia): Il diritto all associazione è naturale. Perché «il sentimento della propria debolezza spinge l uomo a voler unire la propria opera all altrui. La Scrittura dice: è meglio essere in due che uno solo, poiché due hanno maggior vantaggio nel lavoro. L istinto a questa naturale inclinazione lo muove, come alla società civile, così ad altre particolari società, piccole e certamente non perfette, ma pur società vere. Fra queste e quella corre grandissima differenza per la diversità dei loro fini prossimi. Il fine della società civile è universale, perché è quello che riguarda il bene comune». Il tema e il concetto della società civile viene proprio preso di petto da questa enciclica, e proprio per riaffermare il diritto inalienabile dell uomo ad associarsi, a legarsi. «Ora, sebbene queste private associazioni esistano dentro lo Stato e ne siano come tante parti, tuttavia e in generale e assolutamente parlando, non può lo Stato proibirne la formazione». La Rerum novarum è considerata l apertura ai socialisti, l apertura agli operai, ai sindacati, alla sinistra, diremmo con schemi del tutto inutilizzabili in quei tempi. Eppure è sicuramente quella che risente di quell accento tocquevilliano e del diritto di associazione che è il fondamento del costituzionalismo americano. «Non può dunque lo Stato arrogarsi più quelle competenze, né rivendicarne a sé l amministrazione. Ha il dovere di rispettarle, conservarle, e se occorre difenderle», e commenta sempre la Rerum novarum, «ma quanto diversamente si agisce, soprattutto ai nostri tempi, in molti luoghi e in molti modi lo Stato ha leso i diritti di tali comunità, avendole sottoposte alle leggi civili e private di giuridica personalità, o spogliate dei loro beni». Qui si capisce che non era un discorso totalmente astratto, perché qui la Chiesa era stata considerata una di quelle parti della società civile che lo Stato aveva colpito, e in qualche maniera inglobato, quindi c era anche una spinta difensiva della Chiesa cattolica su questo. Però è indubbio che è il punto che viene richiamato. Voi sapete che quarant anni dopo la Rerum novarum ci sarà la prima enciclica in cui viene teorizzato il principio di sussidiarietà. Esso nasce nell enciclica fatta per ricordare i cent anni della Rerum novarum, che è la Centesimus annus, probabilmente il contributo teorico più rilevante di papa Giovanni Paolo II su questo tema, ed è a cento anni (pochi riflettono sui titoli) dalla Rerum novarum. Questo ci consente rapidamente il secondo passaggio: cosa c entra la libertà religiosa? Perché c entra a questo punto? Come mai la Chiesa si fa paladina? Ripeto: c è una lettura più pragmatico-utilitaristica, che dice che la Chiesa era stata espropriata dagli Stati borghesi e quindi reagisce in questo modo (è difficile una certa 20

21 lettura anche se ci può essere una ragione di questo genere). Ma, l enciclica è molto più ampia, è di respiro ben più grande. Qui, secondo me, c è il contributo forse più geniale di Tocqueville, cioè non solo descrittivo, ma proprio in termini di causa-effetto. Perché qui si capisce la seconda parte della lettura che abbiamo fatto, cioè la parte sulla libertà religiosa. Tocqueville, ateo, riconosce che la religione è l origine della società civile, cioè ha quella capacità aggregante, quella forza coesiva, che unisce gli uomini e che crea queste società. Non è un caso che religione viene da re-ligo, cioè metto insieme. E non è solo lego gli uomini, è che li lego perché lego il valore della cosa singola con il punto trascendente da cui tutto deriva. Questo fissa la dignità, fissa il valore, fissa la capacità dell uomo di avere un rapporto proporzionato. L alternativa a questa è l individualismo metodologico liberale, in cui anche lì c è una difesa e gli amici dell Istituto Bruno Leoni spesso ci discutono su queste cose, non so forse è un co-organizzatore anche di questo incontro, c è più questa affermazione del tema contrattualistico, cioè nasce su base contrattuale questa capacità di legarsi e invece, da questo punto di vista, a mio avviso, senza questa idea di un valore, cioè di un legame assoluto inteso non in termini oggettivi, ma perché relazionale (la verità-relazione di cui parla papa Francesco), a mio avviso questo è l altro punto. «Bisogna riconoscere, qui c è il pezzo che abbiamo ascoltato di Tocqueville bellissimo, che l uguaglianza, che pure porta grandi vantaggi nel mondo, instilla però negli uomini, come dimostreremo qui sotto, istinti pericolosissimi; essa l uguaglianza, la legge è uguale per tutti, lo Stato moderno tende ad isolarli gli uni dagli altri, per indurre ciascuno a non occuparsi più altro che di sé stesso. Inoltre dispone esageratamente il loro animo al culto dei godimenti materiali». Cioè a dire: qual è il rischio dell uomo moderno? Del passo in avanti inevitabile? Come giustamente veniva detto prima, Tocqueville è tutto fuorché reazionario, o conservatore (cioè a dire, contro il progresso). Lui si rende conto che, invece, l associazione, la società civile è il modello del futuro, non del passato. Il vero problema è che normalmente veniva chiamato ancient régime, e invece qui c è un altra idea di associazione che nasce: l uomo ha bisogno di una spinta a muoversi. L uomo è determinato da una spinta, che si chiama senso religioso non è un caso che si chiami così, e questa spinta è esattamente quello che fa dell uomo un soggetto capace di iniziativa. Se noi tagliamo questo, noi di fatto tagliamo la capacità dell uomo di intraprendere, cioè di legare. Vi cito, e chiudo, due testimoni di eccezione su questo. Di lì a poco ci sarà un ardito e attivo sacerdote, che si definiva figlio della Rerum novarum, don Luigi Sturzo, che nasce nel 1871, nel periodo del Non expedit, in cui i cattolici non avevano 21

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