2 Gramsci e il «Corriere Universitario»

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1 2 Gramsci e il «Corriere Universitario» È senza dubbio questo il vero esordio giornalistico di Gramsci, dopo la menzionata corrispondenza da Aidomaggiore su L Unione Sarda. Nell articolo, la figura di Giovanni Papini diviene occasione per una serrata critica culturale, difficilmente confondibile con facili e superficiali stroncature di un personaggio così complesso della cultura italiana d inizio Novecento. Renzo Martinelli, alle cui ricerche è dovuta l attribuzione certa di questi articoli, introducendosi nel contesto di questa collaborazione giornalistica del «Corriere Universitario», ha osservato come la precedente «esperienza di cronista è forse da richiamare come un possibile biglietto da visita per la collaborazione al Corriere Universitario». Essa prosegue lo studioso «è da collegare per quanto riguarda la formazione culturale riflessa nei due pezzi alla lettura delle più significative riviste italiane; in particolare de «La Voce» che Gramsci legga ancora giovanissimo, fin da quando era in Sardegna» 1. Già nel precedente capitolo si è avuto modo di trattenersi, si ritiene con dovizia di elementi, su queste peculiari fonti formative dell adolescente Gramsci. Tuttavia la ricerca di Martinelli ci consente di stabilire nei due pezzi Per la verità e, soprattutto, I futuristi, l esistenza di «una medesima testimonianza che ci mostra un giovane appassionato di letture moderne, divoratore e conoscitore non superficiale delle riviste e dei movimenti culturali d avanguardia» 2. Vale senz altro la pena d insistere su questo peculiare apporto storiografico e di ricerca di Martinelli che, tra l altro, si sofferma sulla complessità e contradditorietà di un rinnovamento culturale che si profilava in quello scorcio d inizio del secolo scorso. E non a caso torna in ambedue (gli articoli) la figura di Giovanni Papini, uno degli intellettuali più in voga del tempo, simbolo di un rinnovamento culturale di cui Gramsci avverte già i limiti ben precisi e tuttavia anche tutto il valore anticonformista e dissacratore nei confronti della vecchia cultura libresca. Una personalità i cui aspetti contraddittori segnavano profondamente il mo- 1 R. Martinelli, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino, Studi Storici n. 4, Anno XIV, 1973, p Ibidem.

2 vimento de «La Voce», facendone un canale di espressioni e di presenza intellettuale che avrebbe dato luogo agli esiti più diversi; e che si esprimeva in un vasto proliferare di iniziative letterarie, artistiche, culturali, che trovavano il loro raccordo in sempre nuovi periodici, e aveva già prodotto riviste come «Leonardo», «Anima», e ora «Larceba», l organo dei futuristi. La figura di Papini «è dunque il punto di riferimento, per il giovane Gramsci, di una complessa realtà culturale, da non giudicare frettolosamente o superficialmente» 3. Nella successione variegata e articolata di un tale scenario culturale è da collocare la polemica che Antonio Gramsci innesca con Giovanni Papini e che, per tornare alla vitalità di un esperienza formativa come quella in esame, esalta il ruolo di docente di Arturo Farinelli. Nel primo pezzo osserva Martinelli, Alfa Gamma prende le distanze dal letterato fiorentino i cui limiti di dilettantismo e istrionismo, atto a pater le bourgeois sono evidenti al confronto con Arturo Farinelli, il professore dell Università di Torino, docente di letteratura tedesca, che esercitava allora su Gramsci e su Togliatti un influenza e un fascino particolare È evidente, nelle parole di Gramsci, il valore morale e affettivo di quell insegnamento e il potere di formazione che rappresentava in quel momento cruciale della sua evoluzione intellettuale 4. Difficile non concordare con questa valutazione, alla luce delle dirette riflessioni di Alfa Gamma, che così scriveva: Ricade egli (Papini) nell errore volgarissimo, altrui rimproverato, di credere che un mezzo di studi, una cosa affatto empirica (per es. la scheda), svalori l opera di chi se ne è servito: così del resto, può fare a meno di leggere e di studiare l opera. E così nella fine del suo scritto sul Farinelli, per accentuare la posizione drammatica dell illustre maestro nella ritrovata Italia, afferma che egli è il solo, non solo fra i dotti colleghi, ma anche, e ciò sarebbe davvero più grave, fra i giovani, ai quali vorrebbe date tutta l appassionata anima sua. Ma con molta probabilità il Papini non sa neppure lui cosa diamine abbia voluto dire con queste parole: le quali, a quanto pare, gli piacciono perché altre volte (nel «Leonardo» del luglio 1926 le ha dette, non meno sibillinamente a proposito del Carducci. Ma ammettiamo che questa volta non si tratti delle amletiane parole, parole, parole: che ha voluto dire Papini? Forse che ogni uomo di genio sia dotato di squisita sensibilità morale è condannato alla soli- 3 Ibidem. 4 Ivi, p. 914.

3 tudine tra i contemporanei che non riescono ad eguagliarlo? Potrebbe aver ragione: ma ha torto per quanto riguarda il Farinelli, il quale sa, e di ciò gli siamo grati, accostarsi anche ai piccoli, agli umili, cercando di trarli a sé verso l alto, in una visione sempre più ampia della vita umana; perché è prerogativa del suo genio, come ha detto altrove Papini, di farsi un ambiente adatto a ricevere la sua divina impronta. E se il Papini vuol affermare che nessuno, e in questo caso i giovani dell Università di Torino, non seguono con reverente affetto l oper a di Arturo Farinelli e non si lasciano conquistare dal suo grande entusiasmo per ogni grande e bella manifestazione dello spirito nuovo, ha di nuovo torto, e torto grave, perché egli fa un affermazione gratuita alla quale non si è curato di dare una qualsiasi base di verità 5. Il significato squisitamente accademico dell insegnamento di Farinelli è appena ai margini di una forte carica umana e affettiva che, proprio per ciò, conferisce a tale relazione la valenza di una forte e penetrante influenza, non solo sul generale processo di formazione di Gramsci, ma degli stessi coetanei e colleghi dell Ateneo torinese: E questo solo io volevo dire, e insieme con me altri giovani, che sebbene dimostrino con clamori e con inni laudativi, sentono quanta parte del loro animo occupi il Farinelli, che hanno trepidato quando per un momento dubitarono che il maestro li lasciasse per portare il suo insegnamento in altra scuola, dove certo avrebbe trovato uditorio più numeroso ma non più affettuoso e fervido, e che si stringono intorno a lui lasciandosi investire dalla fiamma della sua passione, perché in lui trovano una fonte d energia nella davvero non sempre gaia, spensierata e creatrice d affetti vita universitaria 6. Quello che per Fiori era «il centro esclusivo degli interessi di Gramsci», grazie all attenta e accurata ricerca di Martinelli, si tinge di aspetti inquieti e problematici che rimandano alle precarie condizioni economiche con cui era costretto ad affrontare il suo garzonato universitario. Il certosino lavoro di ricerca, anche filologico, di Renzo Martinelli ha consentito di introdurre un elemento di novità nella storiografia 5 A. GRAMSCI, Per la verità, articolo firmato Alfa Gamma apparso sul «Corriere Universitario» anno I, n. 1, 5 febbraio 1913, sta in Cronache Torinesi, Einaudi, Torino 1980, pp Ibidem.

4 della formazione culturale gramsciana per gli scritti anteriori al Così, grazie ad un minuzioso lavoro di ricomposizione, partendo dal rapporto con Angelo Tasca, egli ha potuto decidere per la quasi certa attribuzione degli articoli firmati Alfa Gamma. Nel ripercorrere questo processo ha, contestualmente, non solo scoperto l esistenza di un efficace collaborazione giornalistica, ma ha tracciato i termini reali e diretti del primo manifestarsi della formazione universitaria nel periodo antecedente il 1914, e soprattutto il 1916, in due articoli: Socialismo e cultura e Il Sillabo di Hegel. Così Martinelli ha potuto concludere che gli elementi di attribuzione che ci sembrano inequivocabili ci consentono di retrodatare gli inizi dell attività giornalistica di Gramsci a Torino sia pure un attività estremamente saltuaria e ridotta e di fare nuova luce sul processo di formazione intellettuale del giovane sardo nel momento iniziale della sua provincializzazione, prima ancora che si iscrivesse al Partito Socialista 7. La novità che Renzo Martinelli introduce sul piano della ricerca e della biografia intellettuale gramsciana più che su quello interpretativo, consente, comunque, di scavare più a fondo nel cuore di questa prima autentica collaborazione giornalistica di Gramsci. È lo stesso ruolo del «Corriere Universitario» di Torino che, da questo approfondimento di ricerca, emerge nell ambito del garzonato universitario. Nato nel 1913 come organo dell Associazione Torinese Universitaria, «una società di studenti sorta nel 1909», il «Corriere Universitario» diventa tribuna e cassa di risonanza dei problemi quotidiani della vita accademica, ma anche di impegnati articoli sulla questione sessuale e sull emancipazione femminile. Nell editoriale Ai lettori, fin dalla prima uscita, vengono programmaticamente fissati gli obiettivi: Il «Corriere Universitario» vi è scritto in quanto servirà a stringere viepiù i vincoli che legano gli studenti fra di loro, vuol essere come un prolungamento, diremo meglio come un elemento di perfezione dell Associazione 7 R. MARTINELLI, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino, p. 908.

5 Universitaria, dalla quale trae direttamente le origini sue. In due modi si potrà avere tale perfezione: tutelando pubblicamente e con metodo gli interessi della classe goliardica, trattando pubblicamente le questioni che chiameremo di cultura, le quali interessano più da vicino gli studenti Così adunque, Professori e studenti che abbiano studiato a fondo una questione qualunque noi non vi poniamo limiti di sorta daranno a questa loro conoscenza una veste esteriore semplice, scientifica, attraente e la renderanno di dominio pubblico; pubblico in quanto l argomento dovrà essere trattato in modo da interessare la generalità dei lettori 8. Particolarmente significativa l impostazione politica del Corriere che la Direzione redazionale intende non esercitata «fine a se stessa per la semplice ragione che noi non dobbiamo schierarci né per l uno né per l altro partito a scindere, frazionare in tante parti staccate, la nostra bella unità goliardica» 9. Questa prima istanza apartitica viene, però, repentinamente temperata con questa immediata precisazione: Né d altra parte prosegue l editoriale bisogna credere che noi esigiamo dai nostri collaboratori una completa rinuncia a quello che chiameranno il loro ideale politico; questo solo vogliamo: che ciascun collaboratore, cioè non faccia mai delle questioni personali e conservi sempre un rigoroso rispetto per le opinioni altrui nelle eventuali discussioni che noi ci auguriamo che sorgano, perché le feconde di risultati vantaggiosi, ottime per quel lavorio intellettuale che matura il pensiero e sviluppa le idee 10. Per Renzo Martinelli non vi sono dubbi che «in questo appello rivolto agli studenti: il fine è la partecipazione di noi tutti alla marcia in avanti dell Italia nostra rivolto alla Direzione, sia racchiuso l intento nazionalista del Corriere e che rifletteva le istanze irredentistiche dell ambiente universitario». Il primo numero del periodico ospitò anche un messaggio augurale del Rettore dell Università di Torino, Francesco Ruffini, docente di diritto ecclesiastico, giurista e storico insigne, e di altri professori «che conferivano così un carattere ufficiale alla pubblicazione». 8 Ivi, p Ibidem. 10 Ibidem.

6 A proposito del Rettore dell Ateneo torinese è da sottolineare come egli sia stato definito da P. Spriano «un altro dei più formativi tra gli insegnanti universitari del periodo» 11. Soffermandosi sulla peculiare efficacia di questa penetrazione culturale nel processo di formazione di Gramsci, lo storico illustrò le caratteristiche della sua personalità intellettuale: Arturo Carlo Jemolo ha ricordato in un efficace scritto biografico la lezione liberale di Ruffini, il suo dare «alla libertà un valore assoluto, kantiano», il suo interesse per il giansenismo e per la storia della libertà religiosa. Personalissime sono le componenti di spirito conservatore e di ispirazioni democratiche in Ruffini, e verranno messe duramente alla prova nel periodo La parentesi qui aperta ha permesso di evidenziare un altro rilevante aspetto culturale del panorama formativo di quel mondo accademico del quale il «Corriere Universitario» era elemento goliardico ma, per quanto scritto, nondimeno ufficiale. Ad eccezione del periodo estivo, per tutto il 1913, il periodico fu pubblicato con cadenza quindicinale. Il suo non era esclusivamente un compito di informazione quanto anche di una sorta di movimento sindacale studentesco. Lo stesso editoriale, infatti, prevedeva la «tutela degli interessi della classe goliardica» in ordine a «i progettati e- sami di stato, la condizione economica precaria di quei studenti che usufruiscono di borse di studio, l ordinamento delle scuole superiori di commercio». Martinelli ha sottolineato il rilievo di questa azione sindacale nella difesa dei borsisti come Gramsci. Doveva essere davvero rilevante il peso esercitato dal «Corriere Universitario» nell esercizio della tutela se, dopo un intensa fase di mobilitazione degli studenti universitari torinesi (l assemblea del 19 febbraio 1913 tenuta nel Theatrum dell Ateneo ne rappresenta illuminante episodio), il periodico poteva annunciare 11 P. SPRIANO, Storia di Torino operaia e socialista, p Ibidem.

7 che il desiderio degli allievi del Collegio delle Province, che non fosse computato nel reddito famigliare il provento della borsa, è stato esaudito dal Ministro delle Finanze, sì che la Regia Intendenza locale ha rilasciato il nullaosta per la dispensa al pagamento delle tasse a quei giovani il reddito dei quali oltrepassava il minimo richiesto solo per causa del sussidio stesso tra questi giovani doveva essere certamente Gramsci le cui condizioni finanziarie erano, com è noto, particolarmente disagiate 13. Il riferimento che Martinelli ha effettuato in occasione dell illustrazione di questa difesa degli interessi goliardici torinesi svolta dal «Corriere Universitario», costituisce un ulteriore, sebbene indiretta, testimonianza della partecipazione di Gramsci alle rivendicazioni sostenute dal periodico goliardico. È vero che, comunque, essa non consente di attestare la collaborazione diretta dello studente sardo al «Corriere Universitario». È da osservare, in proposito, che essa è stata rilevata partendo proprio da questo esame di circostanza apparentemente indiretto quali la frequentazione degli ambienti universitari e, in particolare, dall amicizia con Angelo Tasca. Martinelli, infatti, sviluppa alcune originarie intuizioni di Sergio Caprioglio indicate in premessa agli Scritti di Gramsci. Rilevava qui lo studioso che per il periodo anteriore al 31 ottobre 1914 (data di pubblicazione nel Grido del Popolo dell articolo Neutralità attiva operante) «non c è stato possibile identificare nessuno scritto. Ciò non esclude che Gramsci prima di tale data abbia svolto qualche, anche saltuaria, attività pubblicistica, per esempio su fogli universitari. L ipotesi, anzi, non pare improbabile. Sappiamo che l amico Tasca collaborava al «Corriere Universitario»» 14. Angelo Tasca e Antonio Gramsci frequentavano nell anno accademico , nel quale pure s inquadra la breve esperienza del «Corriere Universitario», il secondo anno di università e da Fiori sappiamo che «nell ambiente studentesco Gramsci non aveva che pochi amici: Cesare Berger, suo compagno al concorso della Fondazione 13 Cose del Collegio delle Province, anno I, n. 6, 20 aprile 1913 in Corriere U- niversitario, sta in R. Martinelli, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino, p A. GRAMSCI, Scritti , Milano 1968, p. X della premessa.

8 Albertina, e due altri colleghi di facoltà, Camillo Berra e Angelo Tasca, figlio di un operaio socialista» 15. Tasca, come ci rammenta Martinelli, «era già impegnato da qualche anno nell attività politica: aveva fondato a Torino il primo Fascio aderente alla Federazione giovanile socialista di Roma, scriveva sull Avanguardia e aveva sostenuto, nel 1912, il famoso dibattito sul culturismo con Bordiga al Congresso nazionale dei giovani socialisti, era già insomma una figura di un certo rilievo tra i giovani di Torino» 16. Quell importante dibattito sul culturismo sarà, per la nostra ricerca, un occasione di verificare i primi concreti risultati della formazione universitaria proprio di questo periodo; nel frattempo preme sottolineare il ruolo che la storiografia in tale fase assegna a Tasca nell evoluzione del processo formativo gramsciano sicché «è probabile che proprio Tasca che, in quel periodo, poteva conoscere ed apprezzare Gramsci meglio degli altri lo abbia incoraggiato a contribuire all iniziativa» 17 della redazione e diffusione del «Corriere Universitario» nell Ateneo torinese. L azione di Angelo Tasca in questa collaborazione giornalistica a- veva «la funzione di introdurre nell ambiente universitario i temi della propaganda socialista» e s inseriva con questa sua peculiarità politica e culturale nell impostazione generale del «Corriere Universitario». L esperienza vociana è appunto uno dei punti fermi da cui essa promana e «proprio Angelo Tasca, il culturista del Congresso giovanile socialista, riprende, in un articolo apparso sul secondo numero del periodico, una serie di articoli di Guido de Ruggiero sulla critica del concetto di cultura pubblicati sulla rivista fiorentina» 18. Il Tasca è, senza alcun dubbio «il collaboratore che fornisce al giornale i contributi più significativi: dopo questo articolo vociano pubblica la concentrazione capitalistica, sulla base del libro di Arturo Labriola e sostiene una dura polemica con Camillo Pellizzi sul tema del- 15 G. FIORI, Vita di A. Gramsci, Bari 1966, p R. MARTINELLI, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino, p Ibidem. 18 Ivi, pp

9 la compagnie di disciplina, un tema tradizionale della lotta e della propaganda dei giovani socialisti» 19. È, a questo punto, interessante soffermarsi sui contenuti di questa polemica, per la particolare influenza sul processo di formazione intellettuale e politico di Gramsci. Il Pellizzi, invero, aveva, proprio dalle colonne del «Corriere Universitario», espresso tutta la sua avversione alla concezione stessa del socialismo, ignorando ogni riferimento alle condizioni «disumane che i giovani coscritti socialisti dovevano sopportare». Tasca risponde immediatamente, nel numero successivo, a questa impostazione antisocialista; il diretto del «Corriere Universitario» sigla un commento della redazione che biasima «le brutalità commesse contro i socialisti nelle compagnie di disciplina», ma riporta anche l opinione di Pellizzi. Questa obiettività della direzione del giornale, evidentemente, non è sufficiente al Pellizzi che, di nuovo, ottiene di poter replicare al Tasca con un altro articolo. È questo «un piccolo episodio, ma che è sufficiente a delineare rapidamente l opposizione e i contrasti che poteva suscitare nell ambiente studentesco il richiamarsi apertamente al socialismo» 20. Questo peculiare aspetto mancava nel panorama storiografico del garzonato universitario gramsciano, sicché l ipotesi avanzata dal Martinelli appare tutt altro che infondata: «Questa polemica osserva lo studioso deve aver fatto riflettere Gramsci, e l amicizia di Tasca ha probabilmente tratto profitto anche da questo episodio per far avvicinare il giovane sardo al Partito Socialista» 21. In effetti ogni altra ricerca che escludesse le ipotesi e si fondasse sugli scritti gramsciani di questo periodo sarebbe destinata a registrare l assenza di motivi squisitamente politici, prevalendo, invece, un impostazione preminentemente culturale, tipica della formazione di questi anni dove è chiaro «che il giovane che è a Torino per il secondo anno di università ha già alle spalle una sia pur piccola espe- 19 Ivi, p Ibidem. 21 Ibidem.

10 rienza culturale e giornalistica su cui non si è forse indagato abbastanza». Tuttavia è da rimarcare che, proprio in virtù di questo retroterra, «i due articoli di Alfa Gamma ospitati dal «Corriere Universitario» spiccano decisamente, per la loro irruente vivacità e il tono polemico, tra gli altri scritti, in genere molto più educati e scolastici Gramsci si rivela, a soli ventidue anni, già capace di incidere con una prosa caustica e originale» 22. Come il precedente articolo Per la verità, quello intitolato I futuristi riflette questa peculiarità della formazione nel periodo del suo garzonato universitario. La stessa temperie culturale del Corriere nella sua generale definizione risulterebbe di difficile comprensione se non si cogliesse la carica dirompente in esso contenuta. Il punto di riferimento è ancora Papini ma visto, rispetto al precedente articolo, da un altra angolazione. Papini è qui considerato con una funzione culturale positiva per «la validità rinnovatrice del suo metodo dissacratore». Gramsci, nel tessere le lodi di Giovanni Papini, persegue l obiettivo di far affiorare, con sottile e penetrante ironia, tutta intera la grettezza di un giudizio negativo riservato dal mondo letterario italiano al movimento futurista sin dalle sue origini. Anche se non proprio aderente ad una siffatta interpretazione, sarebbe tuttavia difficilmente decifrabile questa di Gramsci allorchè considera: il pollaio intellettuale italiano è in grande agitazione. Non basta più gridare allo scandalo; molti si mettono le mani nei capelli: non c è più religione! Urlano in grammatica: il mondo va a rotoli! S approssima il secondo millennio che segnerà la fine di questa putrida umanità! Uno persino ha trovato nel vocabolario le parole per incitare i compagni di fede a difendere col pugnale e con la pistola i Mani sacrilegalmente violentati! I futuristi! Per i buoni italiani non potevano essere che un numero da caffè concerto, un sostituto delle pulci ammaestrate ai baracconi delle fiere, e ora c è qualcuno che minaccia di prenderli sul serio, di studiarli, e di capirli! È grave, veramente si è grave! 22 Ibidem.

11 Pur nel contesto di un elogio sincero, con scarto tipicamente gramsciano, affiora una sottile e velata ironia nell articolo di Alfa Gamma quando considera: Che uomo meraviglioso Giovanni Papini! È bastato che con le sue bestemmie sulla diva Roma si attirasse le urlate e gli sberleffi del gaglioffo canagliume giornalistico ancor fresco di aver intonato con pifferi e cennamelle il classico taratantarà Tripolino, perché avvenisse nelle coscienze di coloro che ancora una scintilla d intelligenza conservano, in qualche riposta piega del loro cervello una reazione contro l incarognimento generale. Ma del resto il riconoscimento non poteva mancare; nella presente spaventosa povertà di produzione artistica era fatale che chi lavorava per una fede, per un idea, dovesse prevalere 23. Dal punto di vista dell indicazione dell evoluzione della sua formazione culturale, è indubbio che questo secondo articolo, nella sua carica polemica e dissacrante, dimostri che «l apprezzamento di Gramsci per i futuristi, in una forma così immediata, è la prima espressione di un attenzione costante per le sorti e gli sviluppi del movimento futurista che, com è noto, è ampliamente testimoniata dagli scritti successivi» 24. Questa constatazione è, tuttavia occasione per Martinelli di poter osservare che dopo l adesione al Partito Socialista, la maturazione politica spinge Gramsci a ricercare in questo fenomeno, considerato per la prima volta sulle colonne del «Corriere Universitario», più gli stimoli per un analisi sociale che i temi di una ricerca culturale e artistica. Il valore rinnovatore del futurismo è comunque sempre riaffermato come carattere originale e transeunte del movimento 25. Nel 1921, in un articolo non firmato, apparso sulle colonne di «Ordine Nuovo», dove veniva posto un quesito, retorico, ma originale Marinetti rivoluzionario?, Gramsci scriveva, infatti: 23 I futuristi, articolo firmato Alfa Gamma, Corriere Universitario, anno I, n. 8, 20 maggio R. MARTINELLI, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino, p Ibidem.

12 i futuristi, nel loro campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà più per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi: quando sostenevano i futuristi, i gruppi operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi, questi operai sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi 26. Il carattere dirompente del futurismo rispetto alla vecchia «cultura accademica sarà ribadito, osserva Martinelli, nella lettera sul futurismo indirizzata a Trotskij, che preparando un volume sul tema Arte e rivoluzione aveva chiesto una breve informazione su questo fenomeno» 27. In effetti Gramsci scriverà nel 1922: «I lavoratori che vedevano nel futurismo gli elementi di una lotta contro la vecchia cultura accademica italiana, ossificata, estranea al popolo devono oggi lottare, le armi alla mano, per la loro libertà e hanno interesse per le vecchie dispute» 28. Scritte nel crogiuolo della lotta contro il fascismo pressante e che si apprestava ad imperare, queste note testimoniano il carattere dirompente del movimento futurista in quel 1913 in cui «Gramsci verrà avvicinandosi decisamente ai problemi sociali e politici evidenti in una grande città come Torino, e svilupperà in senso rivoluzionario la passione e la tensione ideale tipici della sua formazione culturale, l irrequietezza e l anticonformismo che sono ravvisabili anche nel pezzo sui futuristi» 29. Espressione intensa di quell atmosfera inquieta dell apprendistato universitario, l esperienza giornalistica al «Corriere Universitario» non consentirà ancora, anche secondo Caprioglio, di veder nascere il giornalista Gramsci. Nella premessa alle sue Cronache torinesi, così, infatti, ha scritto lo studioso più sistematico di Gramsci. 26 A. GRAMSCI, Marinetti rivoluzionario?, in Scritti politici, a cura di Paolo Spriano, Editori Riuniti, Roma 1973, p R. MARTINELLI, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino. 28 A. GRAMSCI, Scritti politici, a cura di Paolo Spriano, Editori Riuniti, Roma 1973, p R. MARTINELLI, Gramsci e il Corriere Universitario di Torino, p. 916.

13 L esordio giornalistico di Antonio Gramsci avvenne quasi certamente nel 1913 con i due articoli scritti per il foglio studentesco torinese il «Corriere Universitario», nei quali appare anche per la prima volta lo pseudonimo, da lui spesso ripreso in seguito, Alfa Gamma. Se si eccettua l intervento, sul Grido del Popolo del 31 ottobre 1914, nel dibattito sulla posizione del Partito Socialista di fronte alla guerra articolo di grande rilievo per la sua biografia politica, ma non ancora indicativo di una scelta d impegno pubblicistico occorre attendere la fine del 1915 per veder nascere il giornalista Gramsci 30. A prima vista questo giudizio di Caprioglio sembra porsi in contrasto con quello di Martinelli; tuttavia occorre rilevare come la validità della collaborazione giornalistica al «Corriere Universitario» sia data dalla sua peculiare originalità culturale, che riflette lo stadio del processo vitale di Gramsci di questo 1913; essa è infatti, espressione di una fase non secondaria del garzonato universitario di Gramsci. Peraltro questo apprendistato rimarrebbe incompiuto nella sua disamina, sia pure nelle grandi linee che sono state proposte, se non fosse adeguatamente approfondita la relazione che in questa fase si stabilisce tra Gramsci e Umberto Cosmo. È la diretta testimonianza di Gramsci a sottolineare la validità di questa influenza culturale, che consente di stabilire il nesso di questo aspetto del suo processo formativo con la temperie propria di quegli anni, tra positivismo e rinascita idealistica. Così due significative lettere dal carcere ribadiscono questa fecondità formativa e ne colgono gli aspetti consolidatisi nel pensiero maturo di Gramsci. Nella lettera del 23 febbraio 1931, rivolta alla carissima Tatiana, in un momento in ci «il passato ha una grande importanza, come unica cosa certa», Gramsci dimostra di serbare del «Cosmo un ricordo pieno di affetto e direi di venerazione». In particolare il ricorso si fissa su «quando nel maggio 1922 egli ancora insistette perché egli scrivesse uno studio sul Machiavelli e il machiavellismo». 30 A. GRAMSCI, Cronache torinesi ( ), a cura di Sergio Caprioglio, p. II della premessa.

14 Osserva A. Gramsci: «era un idea fissa, fin dal 1917, che io dovessi scrivere uno studio sul Machiavelli, e me lo ricordava in ogni occasione» 31. Non sfuggirà ad un lettore attento come il Sanguineti la rilevanza di questa testimonianza che gli consentirà di affermare che «in effetti Gramsci si avvicina all opera di Machiavelli negli anni della sua formazione culturale, attraverso lo studio del pensiero di De Sanctis, al quale lo indirizza il prof. Cosmo, che negli anni accademici e 1913 sostituisce Arturo Graf alla cattedra di Letteratura Italiana all Università di Torino» 32. «In effetti prosegue lo studioso definendo nel 1915 De Sanctis come il più grande critico che l Europa abbia mai avuto, Gramsci non fa che aderire al giudizio di Croce»,, per il quale l Irpino è «il più geniale espositore dei capolavori letterari che mai sia sorto in Italia e forse non solo in Italia». L impostazione di una siffatta linea d approccio da parte di Federico Sanguineti è consentita dagli esiti delle ricerche di Sergio Caprioglio e Renzo Martinelli che avevano stabilito che «fin dal 1915 Gramsci s interessa al problema del rapporto fra Machiavelli e il machiavellismo, e intende il Machiavelli come espressione di un effettivo sentimento nazionale e popolare: che è appunto la conclusione cui era giunto De Sanctis» 33. Esula da questa ricerca addentrarsi nella complessità dello studio di questo rapporto che, soprattutto ne I Quaderni, Gramsci stabilirà con Machiavelli; tuttavia, val la pena soffermarsi su alcuni aspetti di questa relazione che l originalità del taglio ermeneutico del Sanguineti induce a stabilire a partire dal È da osservare che degli anni non sappiamo nulla della vita privata di Gramsci anche se vi getta un po di luce un brano di una lettera che scrisse tra la fine del 1915 e i primi mesi del 1916 alla sorella Grazietta: «Ho vissuto per un paio d anni fuori dal mondo. Un po nel sogno. Ho lasciato che si troncassero uno ad uno tutti i fili che mi 31 A. GRAMSCI, Lettere dal carcere, a cura di Sergio Caprioglio ed Elsa Fubini, 1965, p F. SANGUINETI, Gramsci e Machiavelli, Laterza, 1981, p. VIII della premessa. 33 Ibidem.

15 univano al mondo e agli uomini. Ho vissuto tutto per il cervello e niente per il cuore Ho lavorato per vivere, mentre per vivere avrei dovuto riposare, a- vrei dovuto divertirmi. Forse in due anni non ho riso mai, come non ho pianto mai». Questi elementi d autocritica mista a rimpianto sulla sua esistenza testimoniano la crudezza di un esperienza torinese che lo mina nel vivere quotidiano fino a fargli cogliere quella frattura tra cervello e cuore «tra vita pubblica e privata che si sanò» solo dopo l incontro con Giulia Schucth. La solitudine gli pesava oltre modo e la situazione economica alla base del suo garzonato universitario non era delle migliori; si reggeva con borse di studio e lezioni private e tra il posto di Direttore di un collegio e quello nella redazione torinese del L Avanti scelse quest ultimo. Si era nel dicembre 1915 e nel 1916 scrisse moltissimo occupandosi di teatro e di cronaca cittadina, in complesso quasi un articolo al giorno 34. In questo contesto, partendo dall influenza culturale di Umberto Cosmo nel processo formativo gramsciano, Sanguineti individua nello scritto La Matrice del 23/06/1916, l origine dello stabilirsi del rapporto Gramsci Machiavelli. In effetti all interno di questo articolo apparso sulle colonne della rubrica Sotto la Mole de L Avanti, Caterina Sforza rappresenta il simbolo della Weltanshaung di Machiavelli. Ella, come «simbolo della virtù del mondo prende il posto nelle coscienze delle divinità», per cui «Gramsci esprime così la sua fede nel Vangelo di Machiavelli, cioè nel vangelo della filosofia moderna di Hegel e di Marx che non ha bisogno dell ipotesi di Dio nell universo, perché pone le sue fondamenta nella storia». Ancorato ad uno schema interpretativo di Eugenio Garin, Sanguineti rileva che «Caterina Sforza resta, attraverso il ritmo del pensiero in sviluppo, elemento stabile e permanente del pensiero di Gramsci»; ne consegue che «il simbolo della matrice è applicato direttamente alla storia intesa come catena degli sforzi che l uomo ha fatto per liberarsi da privilegi e da pregiudizi». 34 A. LEPRE, Il Prigioniero Vita di Antonio Gramsci, Laterza, Bari 1998, pp

16 Per Sanguineti, dunque, «la storia che è la religione, cioè la concezione del mondo di Gramsci, è intesa come matrice feconda d esperienze sempre nuove, quantunque nutrite di vecchio e di tradizione». È questo «il tema che rimarrà sempre caro a Gramsci, della storia come matrice di tutto ciò che gli uomini conoscono e possono conoscere». Il mito di Caterina Sforza rappresenta la concentrazione in un simbolo dell «intero periodo giovanile del evoluzione gramsciana, il distacco dal marxismo della Seconda Internazionale; senza che questo superamento abbia dato ancora i suoi frutti, senza che Gramsci sia ancora definitivamente approdato al marxismo della Terza Internazionale, al leninismo come autentico ritorno a Marx». Non è possibile, in questa fase, andare oltre la registrazione di questa reinterpretazione che il Sanguineti propone del machiavellismo di Gramsci, anche perché l aver individuato e accentuato lo sviluppo del processo formativo con l influsso di Umberto Cosmo, è la premessa per la disamina di un ulteriore incidenza del mondo accademico torinese sul garzonato universitario dello studente sardo. È questa relazione culturale e umana, peraltro, l occasione per porre in risalto l ulteriore nesso con Croce e il suo idealismo. È proprio nelle Lettere dal carcere, il 17 agosto 1931, che quest aspetto viene autobiograficamente evocato: Quando ero allievo del Cosmo rammenta Gramsci in molte cose non ero d accordo con lui, naturalmente, sebbene allora avessi precisato la mia posizione, e a parte l affetto che mi legava a lui. Ma mi pareva che tanto io come il Cosmo, come molti altri intellettuali del tempo (si può dire nei primi quindici anni del secolo), ci trovassimo su un terreno comune che era questo: partecipavamo in tutto o in parte al movimento di riforma morale ed intellettuale promosso in Italia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo: che l uomo moderno può e deve vivere senza religione e s intende senza religione rivelata o positiva, o mitologica o come altrimenti si vuole 35. Non sarà, del resto, senza significanza ha poi osservato Spriano il fatto che Gramsci, nel 1917, nel numero unico de «La città futura» da lui interamente redatto a cura della Federazione giovanile piemontese, ad «invito ed incitamento dei giovani pensosi del compito che la vita impone loro», pubbli- 35 A. GRAMSCI, Lettere dal carcere, Einaudi, Torino 1965, p. 466.

17 chi un brano di Benedetto Croce, definito «il più grande pensatore d Europa in quel momento, e che questo brano appunto intitolato Religione e serenità ed esalti la possibilità, o piuttosto la bellezza e la moralità del vivere senza religione, paghi dell immortalità della ragione 36. Ma, al di là della diretta influenza crociana è presente in quest evocazione un richiamo, per nulla episodico, «alla problematica intellettuale ed etica legata al rinnovamento della cultura italiana che si mosse attorno all attività del Croce» P. SPRIANO, Storia di Torino operaia e socialista, Einaudi, Torino 1971, p Ibidem.

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