DI TORINO Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Tesi di Laurea

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1 UNIVERSITÀ DI TORINO Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Laurea in fisica delle tecnologie avanzate Tesi di Laurea Studio di una cavità chiusa per la facility PhoNeS per BNCT; primi trials biologici Relatore: Claudio Manfredotti Corelatore: Alba Zanini Candidato: Luca Parola Dicembre 2007

2 I Ma le battaglie non si perdono, si vincono sempre. Te lo dico qui da lontano: le abbiamo vinte. Edmundo Aray

3 Indice Introduzione 1 1 La BNCT Storia della BNCT Basi fisiche della BNCT Calcolo della dose in BNCT Il metodo TAOrMINA Sorgenti per BNCT Reattori nucleari Sorgenti ospedaliere per BNCT Acceleratori di particelle Sorgenti a fusione D-D/D-T Acceleratori Lineari Linac - Progetto PhoNeS Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Metodo sperimentale Caratteri dei dosimetri per neutroni Rivelatori utilizzati: Dosimetri a bolle Fisica dei rivelatori a bolle Caratteristiche dei rivelatori a bolle Codice di unfolding BUNTO Codice di simulazione Metodo Monte Carlo MCNP-4B Sezioni d urto MCNP-4B input file MCNP-GN Produzione fotoneutronica in MCNP-G Test del metodo Simulazione della testata dell acceleratore e della sala di trattamento Set-up sperimetale Risultati ottenuti II

4 3 Misure di spettro su reattori Reattori nucleari Reattori termici e veloci Componenti di un reattore Reattore Tapiro di Casaccia, Roma Colonna epitermica Misure sperimentali Reattore LVR-15 di Rez, Praga Colonna epitermica Misure sperimentali Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Produzione da (γ,n), risonanza gigante di dipolo Moderazione di neutroni Tappe del progetto Prototipo PhoNeS bianco per misure su campioni biologici Descrizione delle componenti modulari Struttura esterna Struttura in grafite Schermo in piombo Struttura moderante Posizionamento prototipo Configurazioni studiate Misure Prima configurazione Seconda configurazione Terza configurazione: cavità chiusa Confronto Configurazioni Considerazioni finali Utilizzo della cavità PhoNeS per lo studio di campioni biologici Studio dei tumori polmonari Metodo di preparazione e di misura dei campioni biologici Metodi fisici per la valutazione delle concentrazioni di 10 B Prelevamento campioni Somministrazione del carrier Preparazione dei campioni Considerazioni finali Conclusioni 113 III

5 A Elementi di dosimetria 115 A.1 Grandezze fisiche A.2 Grandezze radioprotezionistiche A.3 Grandezze operative A.3.1 Monitoraggio ambientale A.3.2 Monitoraggio Personale Bibliografia 123 Ringraziamenti 126 IV

6 Introduzione La BNCT è una tecnica di radioterapia che sfrutta l elevata sezione d urto di cattura di neutroni termici da parte del 10 B. I prodotti di reazione ( 10 B(n,α) 7 Li) rilasciano la loro energia in pochi µm cioè all interno della cellula contenente l atomo di 10 B colpito; la tecnica risulta particolarmente selettiva a causa del maggior assorbimento di 10 B da parte delle cellule tumorali rispetto alle cellule sane. La BNCT viene praticata pricipalmente negli Stati Uniti ed in Giappone; in pochi altri paesi avvengono trattamenti di questo tipo. Il motivo che ha ostacolato l evolversi e la diffusione di questa terapia è la difficoltà nel reperire sorgenti di neutroni opportune. Attualmente la BNCT è infatti strettamente legata all impiego di reattori nucleari i quali rappresentano le uniche sorgenti in grado di fornire gli elevati flussi neutronici necessari. I casi trattati fin ora hanno però dimostrato le grandi potenzialità di tale tecnica. In Italia il primo tentativo è stato effettuato nel 2001 a Pavia presso il reattore di ricerca Triga Mark II tramite il metodo TAOrMINA (Trattamento Avanzato di Organi Mediante Irraggiamento Neutronico ed Autotrapianto). Un paziente di 48 anni affetto da metastasi epatiche multiple da adenocarcinoma del colon, a cui erano state diagnosticate poche settimane di vita, è stato sottoposto a trattamento BNCT. Dopo alcune settimane il fegato presentava la necrosi delle cellule tumorali e buone condizioni per le cellule sane. Il paziente in questione è deceduto dopo cinque anni di ottima qualità di vita per l insorgenza di nuove metastasi epatiche. Nonostante ciò tale caso ha dimostrato le potenzialità della terapia in sè che ha permesso la distruzione delle metastasi tumorali in un caso in cui ogni altra terapia aveva fallito. Questo parziale successo e i risultati ottenuti nei centri statunitensi, al MITR II (Massachusetts Institute of Technology Reactor), e in quelli giapponesi, in particolare nel trattamento del glioblastoma multiforme, hanno incoraggiato la nascita di numerosi progetti di ricerca volti allo sviluppo di tale tecnica. Nell Aprile 2004 al congresso internazione sulla BNCT tenuto a Boston è stato elaborato un memorandum che invita la comunità scientifica ad operare per individuare sorgenti alternative ai reattori per BNCT. Lo sviluppo di una sorgente ospedaliera porterebbe ad immediati vantaggi 1

7 e alla possibiltà di utilizzare tale tecnica anche in quei paesi dove non sono disponibili reattori nucleari per trattamenti clinici, come ad esempio in Italia. Nel 2005 in Italia nasce il progetto PhoNeS, Photo Neutron Source, finanziato dalla sezioni di Torino e Trieste dell INFN, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che intende sfruttare i Linac ospedalieri, attualmete disponibili in tutti i reparti di radioterapia, per la produzione di neutroni. Il metodo proposto intende convertire il flusso gamma prodotto dai Linac in un flusso di neutroni tramite reazione (γ,n) su un blocco fotoconvertitore da applicare alla testata dell acceleratore. Il progetto si svolge in collaborazione con: le sezioni INFN di Torino e di Trieste; l Università di Trieste; l Università Uninsubria di Como; l Azienda ospedaliera Sant Anna di Como; l Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste; l Ospedale Molinette di Torino; l Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo; l Ospedale S. Luigi di Orbassano, Torino. La possibilità di sviluppare una sorgente ospedaliera per BNCT ha suscitato un notevole interesse nella componente medica e, in particolare, il gruppo facente capo all Ospedale S. Luigi di Orbassano si è dimostrata disponibile all avvio di una collaborazione finalizzata all utilizzo della sorgente ospedaliera per irraggiamenti con tecnica BNCT di campioni biologici. In sintonia con gli obiettivi del progetto PhoNeS, all interno del quale si inserisce il mio lavoro di tesi, è stata messa a punto una tecnica di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni basata sull utilizzo di un sistema di rivelatori a bolle e su simulazioni Monte Carlo (codice MCNP-GN). La tecnica è stata testata presso l Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo e quindi utilizzata per la caratterizzazione di due fasci epitermici da reattori nucleari di ricerca: il TAPIRO presso il centro ENEA (Ente Nazionale per le Energie Alternative) di Casaccia (Roma) e il reattore LVR-15 presso il Nuclear Physics Institute di Rez (Praga). La stessa tecnica è stata impiegata per la caratterizzazione del prototipo PhoNeS Bianco. Lo scopo di tale caratterizzazione è di studiare una configurazione ottimizzata con un elevato flusso di neutroni termici nella cavità terapeutica, adatta all irraggiamento di campioni biologici contenenti boro. In particolar modo si è cercato di ottenere la configurazione che permette di: 2

8 massimizzare il flusso di neutroni termici; minimizzare il flusso di neutroni veloci; ottenere l uniformità della dose termica. A tale proposito si è utilizzato un prototipo a cavità chiusa ideato espressamente per l irraggiamento di campioni biologici. In particolar modo, sempre all interno del progetto INFN PhoNeS, si prevede di irraggiare per la prima volta al mondo un campione di polmone umano affetto da cancro polmonare per studi di concentrazione di BPA nelle cellule tumorali ed in quelle sane e testare in questo modo la risposta di questo organo alla BNCT. 3

9 Capitolo 1 La BNCT 1.1 Storia della BNCT La Boron Neutron Capture Therapy è una terapia antitumorale particolarmente selettiva che sfrutta il differente accumulo nel tessuto sano e in quello tumorale di un composto a base di 10 B (BPA, borofenilalanina, o BSH, dodecaborato). Essa comprende due fasi: nella prima viene somministrato al paziente un composto contenente 10 B, nella seconda la zona tumorale viene esposta ad un intenso campo neutronico. L idea di usare i neutroni per la cura dei tumori fu avanzata per la prima volta da Gordon J. Locher nel 1936, appena quattro anni dopo la scoperta del neutrone da parte di Chadwick e due anni dopo che E. Fermi aveva misurato l elevata sezione d urto di cattura dei neutroni termici da parte del 10 B. La scelta del tumore da trattare, come prima applicazione rilevante, cadde sul glioblastoma a causa della sua assoluta incurabilità ed al suo notevole impatto sociale; ancora oggi, però, non è chiaro se il glioma cerebrale rappresenti la patologia più adatta al trattamento con neutroni. Le prime applicazioni cliniche vennero effettuate negli Stati Uniti al Brookhaven National Laboratory (BNL) e al Massachusset General Hospital (MGH) nel 1951, seguite da altri tentativi fra il 59 e il 61 al BNL e al Massachusset Institutes of Technology (MIT). Tuttavia, a causa della scarsa capacità di penetrazione dei neutroni termici negli strati profondi del tessuto e dell inadeguatezza dei composti borati utilizzati, queste prime applicazioni cliniche produssero risultati molto scoraggianti e furono interrotte [1]. Nel 1968 H. Hatanaka [2], in Giappone, riprese la BNCT introducendo un nuovo composto borato (Na 2 B 12 H 11 SH), noto come BSH o dodecaborato, e adottando l irraggiamento intraoperatorio. Nello stesso periodo Mishima intraprese trattamenti BNCT su pazienti affetti da melanoma cutaneo tramite l utilizzo di un ulteriore composto borato, la Borofenilalanina (BPA). Negli 4

10 1 La BNCT anni 90 in seguito a incoraggianti risultati ottenuti in sperimentazioni animali con BPA, le sperimentazioni cliniche ripresero anche negli Stati Uniti. Nel 1994 presso il Massachusset Institutes of Technology Research Reactor (MITR) iniziarono trattamenti BNCT con fasci epitermici (0.4 ev < E < 10 kev) in grado di risolvere il problema della scarsa capacità di penetrazione dei neutroni termici (E < 0.4 ev) negli strati profondi del tessuto. Le prime sperimentazioni di trattamenti BNCT in Europa iniziarono al High Flux Reactor (HFR) di Petten, in Olanda, nell ottobre del 1997, e in Repubblica Ceca nel Tali studi avvennero su tumori cerebrali maligni utilizzando come composto borato il BSH mentre nel 1998 in Finlandia e nel 2000 in Svezia avvennero i primi tentativi europei di utilizzo di BPA. Attualmente in Europa, sono operativi tre Centri per la BNCT, il JRC (Joint Research Center) di Petten (Olanda), il Medical AB di Studsvik (Svezia) ed il FiR1 (Finnish Reactor) di Otaniemi, Espoo (Finlandia) In Italia, un importante contributo alla terapia neutronica è stato fornito dai gruppi di A. Zonta e T.Pinelli che, presso il reattore TRIGA-MARK II dell università di Pavia, nel 2001, sottoposero a trattamento BNCT tramite un metodo rivoluzionario, denominato TAOrMINA (Trattamento Avanzato di Organi Mediante Irraggiamento Neutronico ed Autotrapianto), un paziente affetto da metastasi epatiche diffuse da adenocarcinoma del colon. Tale metodo prevedeva l espianto dell organo malato quindi la sua esposizione al campo neutronico ed infine il reimpianto dell organo stesso. Attualmente in tutto il mondo l esposizione a neutroni nel trattamento BNCT è effettuata utilizzando colonne termiche o epitermiche di reattori nucleari poiché questi rappresentano le uniche sorgenti in grado di fornire gli elevati flussi neutronici necessari per tale terapia; tramite fasci epitermici vengono trattati glioblastomi multiformi o tumori del capocollo mentre fasci termici vengono utilizzati per melanomi cutanei. Le tabelle 1.1, 1.2 riassumono i vari gruppi che attualmente stanno attuando prove di trattamenti clinici tramite BNCT [3]. 5

11 1 La BNCT Fasci neutronici epitermici Glioblastoma multiforme (GBM) 1 MW R2-0 research reactor Studsvik, Svezia 250 kw TRIGA Finnish research reactor (Fir-1) Espoo Helsinki, Finlandia 45 MW High Flux Reactor Petten, Olanda 10 MW LVR-15 research reactor Repubblica Ceca 5 MW MITR-II Massachusetts Institute of Technology (MIT) 3 MW Brookhaven Medical Research Reactor (BMRR) 5 MW Kyoto University Research Reactor, Giappone (KUR) 3.5 MW Japan Research Reactor 4 (JRR-4) utilizzo misto di fasci termici e epitermici Intraoperative BNCT Tokai Research Establishment, JAERI Tumori del capocollo 250 kw TRIGA Finnish research reactor (Fir-1) Espoo - Helsinki, Finlandia 5 MW Kyoto University Research Reactor, Giappone (KUR) Tabella 1.1. Prove di trattamenti clinici tramite fasci epitermici. 6

12 1 La BNCT Fasci neutronici termici Melanomi della pelle 5 MW MITR-II Massachusetts Institute of Technology (MIT) RA-6 reactor Centro Atómico Bariloche Buenos Aires, Argentina (utilizzo misto di fasci termici e epitermici) Metastasi multiple al fegato (irraggiamento dopo espianto dell organo) 250 kw Triga Mark II Reactor Pavia, Italia Tabella 1.2. Prove di trattamenti clinici tramite fasci termici 1.2 Basi fisiche della BNCT Una delle caratteristiche fondamentali di una terapia antitumorale è la selettività ossia la possibilità di colpire le cellule tumorali risparmiando quelle sane. Fra le cure che utilizzano le radiazioni ionizzanti, la terapia per cattura neutronica (BNCT) è sicuramente una delle più selettive. La terapia prevede che al paziente venga in primo luogo somministrato un composto borato, ad esempio la borofenilalanina, che contiene 10 B, un isotopo del boro. Tutte le cellule, infatti, utilizzano il Boro per i normali processi metabolici, ma le cellule tumorali, avendo un meccanismo di duplicazione più rapido, metabolizzano maggiormente il composto borato. Per questo motivo la concentrazione di borofenilalanina nelle cellule neoplastiche risulta maggiore rispetto a quella che si raggiunge nei tessuti sani. A questo punto la zona tumorale viene sottoposta ad irraggiamento neutronico. La dose di radiazione viene assegnata durante l irraggiamento attraverso la reazione di cattura di un neutrone di energia termica da parte di un nucleo di 10 B (figura 1.1): n + 10 B 11 B 7 Li (1.01MeV) + α (1.78MeV) (6%) n + 10 B 11 B 7 Li (0.84MeV) + α (1.47MeV) + γ (0.48MeV) (94%) La reazione di cattura del γ da parte del 10 B porta alla creazione di un nucleo di 11 B in uno stato eccitato che nel 6% decade portando alla formazione di 7

13 1 La BNCT un nucleo di 7 Li e una particella α e nel 94% dei casi porta alla formazione dei medesimi nuclei più all emissione di un γ da 0.48 MeV. Figura 1.1. Il meccanismo d azione della BNCT Questa reazione presenta varie caratteristiche che la rendono particolarmente adatta alla radioterapia: 1. Ha una elevata sezione d urto di cattura per neutroni termici (3840 barn a ev) e un Q-value positivo (Q = MeV); 2. I prodotti di reazione (una particella α e un nucleo di 7 Li) rilasciano tutta la loro energia entro un raggio di pochi µm dal punto in cui sono stati creati (9 e 6 µm rispettivamente), ossia praticamente all interno della cellula in cui avviene la reazione; 3. La dose di radiazione viene rilasciata solo durante l irraggiamento neutronico, dato che i prodotti di reazione non sono radioattivi; quindi il resto del corpo del paziente viene preservato da dosi indesiderate. Poiché anche le cellule sane assorbono il 10 B, la selettività della terapia dipende da un maggiore assorbimento del boro nel tumore rispetto al tessuto sano (figura 1.2). Le concentrazioni di 10 B nelle cellule tumorali e in quelle sane vengono indicate rispettivamente con C T e C H e il loro rapporto con T = C T / C H. Il valore di tale rapporto dipende dal tempo passato dalla somministrazione del composto borato al paziente. Solitamente esso raggiunge il suo massimo dopo alcune ore dalla somministrazione e poi diminuisce con il passare del tempo (vedi esempio TAOrMINA in paragrafo 1.3). L irraggiamento neutronico avviene generalmente quando tale rapporto ha raggiunto il suo massimo. In base a tale valore di T viene scelto il tempo di irraggiamento in modo tale da impartire una dose letale alle cellule tumorali e una dose al di sotto del valore di tolleranza alle cellule sane. 8

14 1 La BNCT Figura 1.2. L esposizione ad una stessa fluenza neutronica di una cellula tumorale ed una sana produce il rilascio in ciascuna di esse di una diversa dose di radiazione a seconda della concentrazione (C T o C H ) di 10 B in esse contenuta. Per determinati valori di T è quindi possibile impartire una dose letale alle cellule tumorali e una dose al di sotto del valore di tolleranza alle cellule sane. Nella scelta del tempo di irraggiamento va anche tenuto conto che quando un tessuto viene irraggiato con neutroni termici esso assorbe una dose di radiazione anche attraverso [4]: 1. le reazioni che i neutroni inducono sui nuclei degli elementi di cui il tessuto è composto (H, C, N, O e vari altri elementi secondari); tra queste le principali sono: 1 H(n,γ) 2 H 14 N(n,p) 14 C 35 Cl(n,γ) 36 Cl poiché H,N e Cl sono contenuti nella stessa misura sia nel tessuto sano che in quello tumorale, questa dose viene rilasciata anche nei tessuti sani; 2. il fondo indesiderato di γ (o di neutroni di alta energia) presente nella posizione di irraggiamento; 3. la reazione 10 B(n,α) 7 Li sul 10 B eventualmente contenuto nei tessuti sani La terapia risulta perciò tanto più selettiva quanto più è basso il fondo γ e quanto più è alto il rapporto T tra le concentrazioni di 10 B nel tessuto tumorale e in quello sano. 9

15 1 La BNCT Calcolo della dose in BNCT La valutazione dell efficacia clinica di un fascio per BNCT necessita il calcolo della dose sia nel tessuto sano (D H ) sia in quello tumorale (D T ). Il calcolo risulta particolarmente macchinoso in quanto i differenti contributi alla dose totale dati da differenti radiazioni hanno diversi valori di efficacia biologica relativa (RBE = Relative Biological Effectiveness). L efficacia biologica relativa di un particolare tipo di radiazione è il rapporto tra la dose di raggi gamma e la dose della radiazione che produce lo stesso effetto biologico. La componente più importante della dose è quella rilasciata nella reazione di cattura neutronica da parte del Boro, D B. I neutroni termici, richiesti per la reazione 10 B(n,α) 7 Li, producono anche dose azoto, D N, attraverso la reazione di cattura da parte dell azoto, 14 N(n,p) 14 C, e una componente gamma, D γ, a causa della reazione di cattura con nuclei di idrogeno che compongono il tessuto, 1 H(n,γ) 2 H. Come ultima componente caratterizzante la dose in BNCT abbiamo la dose idrogeno o fast dose, D H, dovuta ai protoni di rinculo prodotti dall interazione di neutroni di energia > 1 kev con gli atomi di idrogeno presenti nel tessuto. La dose complessiva D tot viene calcolata in termini di Gy-eq (Gray-equivalent), moltiplicando ciascun termine per la rispettiva efficacia biologica (valori tipici sono: RBE N = 3.2; RBE H = 3.2; RBE γ = 1). Dtot = CF D B + RBE N D N + RBE H D H + RBE γ D γ Il Compound Factor (CF o CBE) è definito come la RBE, ma tiene in conto gli effetti dovuti al tipo di composto usato e alla microdistribuzione nel tessuto sano e in quello tumorale. Ad esempio, valori tipici di questa grandezza sono per il tessuto cerebrale, nel caso si utilizzi come carrier per il Boro la BPA, 1.3 nel tessuto sano e 3.8 nel tessuto tumorale. È interessante notare come le componenti della dose varino il loro contributo se osservate in tessuto sano o tumorale. In figura 1.3 e 1.4 vengono riportati a titolo d esempio i calcoli dei profili di dose, stimati con codice MCNP, per un fascio di neutroni di 10 kev (sorgente monodirezionale) in tessuto sano e in tessuto malato, mettendo in evidenza il contributo delle diverse componenti: idrogeno, azoto, boro e gamma. Come si può notare, confrontando gli andamenti della concentrazione del Boro nel tessuto sano e in quello neoplastico, a 3 centimetri di profondità nel fegato dove è localizzata la massima concentrazione si ha una differenza di dose rilasciata di circa 15 volte. 10

16 1 La BNCT Figura 1.3. Profilo di dose nel tessuto sano Figura 1.4. Profilo di dose nel tessuto tumorale 1.3 Il metodo TAOrMINA [4] Il 19 dicembre del 2002 sul New Scientist si leggeva:... Per la prima volta al mondo il cancro è stato curato rimuovendo un organo dal corpo, sottoponendolo a radioterapia e reimpiantandolo... In Italia hanno usato questa tecnica per trattare un uomo di 48 anni con metastasi multiple nel suo fegato. Un anno dopo l intervento, che è durato 21 ore, l uomo è vivo e 11

17 1 La BNCT sta bene. Il suo fegato sta funzionando normalmente e gli ultimi controlli non hanno rivelato nessuna traccia di tumore... La notizia veniva ripresa da varie agenzie internazionali e faceva il giro del mondo. La tecnica in questione è quella del metodo TAOrMINA (Trattamento Avanzato di Organi Mediante Irraggiamento Neutronico ed Autotrapianto) messa a punto presso l Università degli Studi di Pavia con i finanziamenti dell Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). La ricerca di base è durata circa quindici anni ed ha visto coinvolti ricercatori di varie strutture e discipline. Mentre il resto del mondo ha concentrato tutti i suoi sforzi nella cura dei gliomi cerebrali e dei melanomi della pelle con fasci collimati di neutroni epitermici, Pavia si è dedicata alla cura di organi espiantabili mediante il loro irraggiamento in un campo di neutroni termici; il primo organo preso in considerazione è stato il fegato. L Adenocarcinoma del Colon è uno dei tumori più frequenti che colpiscono l uomo. Nel mondo intero vengono stimati circa casi per anno, di cui negli Stati Uniti d America. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è inferiore al 40-50%; ciò è dovuto anche al fatto che in un terzo dei casi la diagnosi è tardiva. L esito letale della patologia in questione è dovuto, per i due terzi del totale, all insorgenza di metastasi epatiche che spesso si presentano multiple e diffuse, quindi non asportabili chirurgicamente. È particolarmente increscioso e frustrante l impossibilità di intervenire in modo decisivo in un quadro clinico ove un tumore primario, facilmente resecabile, si presenta associato a metastasi confinate esclusivamente nel fegato. Le statistiche evidenziano che in Italia i pazienti affetti da tale patologia incurabile sono circa 3400 all anno. Il primo problema affrontato è stata la ricerca di un buon composto borato; fra i vari veicolanti studiati con un modello animale (metastasi epatiche da adenocarcinoma del colon del ratto) i migliori risultati li ha forniti la Borofenilalanina (BPA). L assorbimento del 10 B è stato studiato sia qualitativamente sia quantitativamente misurando la concentrazione in campioni sottili di tessuto epatico. I risultati dell analisi quantitativa della cinetica del Boro condotto su una popolazione di 100 ratti sono riassunti nella figura 1.5; in essa sono riportati l andamento delle concentrazioni del 10 B nelle cellule tumorali e in quelle sane e l andamento del rapporto T delle suddette concentrazioni; il tempo in ascisse rappresenta l intervallo fra la somministrazione della Borofenilalanina (BPA) e il sacrificio del ratto. Come si vede, almeno fino a 12 ore la concentrazione nel tumore è più alta di quella nel tessuto sano; e nell intervallo fra 2 e 4 ore si ottengono per il rapporto T valori compresi fra 4 e 6. Prendendo come riferimento i valori riscontrati al tempo t = 2 ore (C T 30 ppm e C H 6 ppm) con una fluenza neutronica φ n = cm 2, le dosi al tessuto tumorale e a quello sano sono, rispettivamente, D T = 60 Gy-Eq e D H = 11 Gy-Eq; il primo di questi valori risulta abbondantemente al di sopra di quello letale (40 Gy-Eq) per le cellule tumorali, mentre il secondo 12

18 1 La BNCT è abbondantemente al di sotto del valore di tolleranza (15 Gy-Eq ) per il tessuto epatico. Ciò indica che con questi valori è possibile eseguire una buona terapia delle metastasi epatiche. Figura 1.5. Andamento delle concentrazioni di 10 B nelle cellule tumorali (C T ) e in quelle sane (C H ) del ratto e del rapporto medio T=(C T )/(C H ) fra le suddette concentrazioni. Il tempo t rappresenta il numero di ore trascorse fra l infusione del BPA e il sacrificio del ratto [4]. Come sorgente neutronica si è usato il reattore nucleare Triga Mark II dell Università di Pavia; la struttura originale della colonna termica è stata modificata allo scopo di ottenere una postazione di irraggiamento con un basso fondo γ e un campo di neutroni termici che produca una distribuzione uniforme del flusso all interno dell organo. L intensità della dose γ è stata ridotta da Gy/min a Gy/min con l inserimento di due schermi di bismuto. Per rendere più uniforme la distribuzione del flusso neutronico all interno dell organo, durante l irraggiamento il fegato viene ruotato di 180 intorno all asse verticale; in questo modo la disuniformità tra la periferia e il centro del fegato viene contenuta entro il 30% circa. Lo studio della distribuzione del flusso neutronico nella posizione di irraggiamento e all interno del fegato è stato effettuato per mezzo del codice MCNP, un Monte Carlo che trasporta neutroni (da 10 5 ev a 20 MeV), elettroni (da 1keV a 1GeV) e fotoni in geometrie anche molto complesse e con strutture ripetute come il nocciolo di un reattore; le simulazioni sono state ampiamente confermate con varie misure sperimentali. Le caratteristiche del flusso neutronico misurato in aria nella posizione di irraggiamento sono riportate qui di seguito: φ termico = cm 2 s 1 (En < 0.2eV ) φ epitermico = cm 2 s 1 (0.2eV < En < 0.5MeV ) φ veloce = cm 2 s 1 (En > 3.5MeV ) 13

19 1 La BNCT φ veloce = cm 2 s 1 (En > 8.2MeV ) Il 19 dicembre 2001 il metodo TAOrMINA è stato applicato, per la prima volta al mondo, su un paziente di 48 anni affetto da metastasi epatiche da adenocarcinoma del colon. Il fegato, dopo l infusione di BPA, è stato espiantato, racchiuso in due sacchi sterili di teflon e posto in un contenitore rigido anch esso di teflon. Trasportato al reattore, il contenitore è stato posto su un carrello semiautomatico utilizzato per inserire il fegato nel reattore fino alla posizione d irraggiamento. Prima dell espianto, e durante l infusione del BPA, sono stati prelevati dei campioni di fegato sano e di metastasi per misurare la concentrazione del Boro contenuto in essi. La concentrazione nel tessuto tumorale e in quello sano è risultata rispettivamente pari a C T = 47 ± 2 ppm e C H = 8 ± 1 ppm, rispettivamente; l irraggiamento (durato 11 minuti) con queste concentrazioni ha portato all assorbimento di una dose D T = 62 ± 2 Gy-Eq e D H = 8.6 ± 0.5 Gy-Eq nel tumore e nel tessuto sano. La fig. 1.6 infine mette in evidenza l immagine di una piccola metastasi (qualche decimo di mm), nella quale è presente un elevata concentrazione di 10 B; essa dimostra come con questa tecnica si possano raggiungere e curare anche metastasi molto piccole normalmente non rivelabili con gli attuali mezzi diagnostici. Figura 1.6. Radiografia neutronica di un nodulo metastatico prelevato dal paziente durante l infusione di BPA; successivi ingrandimenti di una zona in cui è messa in evidenza una piccola metastasi (qualche decimo di µm di diametro); questa sequenza mostra come il 10 B sia in grado di raggiungere anche metastasi molto piccole [4]. Dopo 10 giorni dal trattamento una TAC ha mostrato che il fegato sano era in buone condizioni mentre le 14 metastasi rilevate con l ecografia intraoperatoria erano in stato di necrosi. Il trattamento neutronico ha agito su tutto il fegato e tutte le metastasi, piccole o grandi che fossero, sono state 14

20 1 La BNCT trattate con efficacia. Il paziente è stato dimesso il 25 gennaio del 2002, 37 giorni dopo il trattamento. Prima di lasciare il Policlinico aveva recuperato tutte le sue funzioni e le condizioni generali apparivano buone; i controlli successivi, effettuati ogni tre mesi, hanno registrato il progressivo miglioramento dello stato di salute del paziente. Dopo circa 20 mesi due piccole metastasi sono state rilevate fuori dal fegato ed asportate chirurgicamente. Nel luglio del 2002 è stato trattato un secondo paziente; anche in questo caso è stato registrato un ottimo assorbimento selettivo del Boro da parte del tumore e l irraggiamento neutronico ha provocato la distruzione delle metastasi (sebbene alcune fossero dell ordine di qualche cm di diametro); purtroppo, dopo un mese il paziente è deceduto per complicazioni postoperatorie. Queste prime due applicazioni del metodo TAOrMINA sull uomo, sebbene applicate su pazienti terminali, hanno dimostrato chiaramente l efficacia del metodo nella distruzione locale del tumore; tuttavia, affinché questo metodo possa entrare nella pratica medica, sarebbe necessario effettuare un accurata sperimentazione clinica. 1.4 Sorgenti per BNCT Attualmente nel Mondo i centri per trattamenti BNCT sono pochi in particolar modo a causa della difficoltà nel reperire sorgenti nucleari che forniscano flussi neutronici adatti per tale tecnica di radioterapia. Una sorgente di neutroni viene definita adeguata al suo utilizzo per trattamenti BNCT se il fascio di neutroni prodotti rispetta alcuni limiti definiti dalla IAEA (International Atomic Energy Agency) detti figure di merito. Le figure di merito definiscono il flusso utile (termici o epitermici a seconda del trattamento che si vuole effettuare) minimo di neutroni ma anche le dosi indesiderate massime dovute a radiazione γ e a neutroni veloci. L intensità del fascio di neutroni desiderati deve essere il più alto possibile o perlomeno superiore a 10 8 n cm 2 s 1. Per un fascio termico: φ th > 10 8 cm 2 s 1 L utilizzo di un fascio termico molto più elevato di quello minimo deve essere ben ponderato; infatti l aumento di flusso utile può essere accompagnato da un corrispondente aumento di dosi indesiderate. Per questo motivo sono definite anche le figure di merito che limitano la dose massima indesiderata fornita. Risulta essere molto importante ridurre la componente di neutroni veloci che deve fornire una dose normalizzata al flusso utile minore a Gy cm 2 : D veloce φ th < È molto importante ridurre anche la componente γ; La IAEA impone per la dose indesiderata γ normalizzata al flusso utile un valore massimo di 15

21 1 La BNCT Gy cm 2 : D γ φ th < Attualmente le uniche sorgenti di neutroni che riescono a soddisfare tali richieste e che vengono quindi utilizzate per trattamenti BNCT risultano essere reattori nucleari. La maggior parte di tali reattori è situata lontano dagli ospedali, rendendo così difficile il loro utilizzo per applicazioni cliniche e inoltre in molti paesi (tra cui l Italia) è proibito costruirne di nuovi Reattori nucleari I reattori nucleari al momento sono l unica fonte di neutroni adottata nelle prove cliniche. I neutroni prodotti dal processo di fissione nel core del reattore hanno diversa energia: possono essere termici (E < 0.4 ev), epitermici (0.4 ev < E < 10 kev) o veloci (E >10 kev). Come è già stato sottolineato applicazioni terapeutiche avvengono però solamente tramite fasci termici o fasci epitermici. I flussi neutronici prodotti dal core di un reattore devono quindi essere modificati cercando di renderli o completamente termici o completamente epitermici. Ci sono due metodi per ottenere un flusso di neutroni appropriato in una sala di trattamento attigua ad un reattore [5]: 1. lo spectrum shifting approach, utilizzato per esempio al Tapiro (fig. 1.7) di Casaccia (Roma), in cui vengono posti degli opportuni filtri e moderatori tra la fonte primaria (il core del reattore) ed il paziente; i filtri assorbono o ridirezionano i neutroni indesiderati mentre i moderatori attenuano l energia dei neutroni veloci fino al raggiungimento dell energia desiderata; 2. il fission converter plate approach, utilizzato ad esempio al MITR, in cui i neutroni del core urtano un converter plate, adiacente ad un blocco moderatore, e danno luogo a rezioni di fissione che generano i neutroni utilizzati nel trattamento. Tuttavia i fasci ottenuti da reattori con tali modalità presentano solitamente alcuni inconvenienti: i fasci di neutroni prodotti sono in genere affetti da contaminazioni di neutroni veloci e raggi γ responsabili di una dose aggiuntiva indesiderata rilasciata ai tessuti sani; lo spettro dei neutroni ottenuti è molto largo (da qualche ev a qualche kev), laddove invece il massimo effetto tarapeutico sarebbe ottenuto per neutroni monoenergetici di energia opportunamente scelta in funzione della profondità del tumore da trattare. 16

22 1 La BNCT Figura 1.7. Reattore sperimentale Tapiro dell Ente Nazionale per l Energia Atomica (ENEA) 1.5 Sorgenti ospedaliere per BNCT Durante il Congresso Internazionale di Boston dell Aprile 2004, é stato elaborato un memorandum (figura 1.8) che invita la comunitá scientifica della BNCT ad operare per individuare sorgenti ospedaliere per trattamenti BNCT e risolvere cos i i problemi derivanti dell utilizzo dei reattori nucleari. I vantaggi derivanti dall utilizzo di una sorgente di neutroni interna ad una struttura ospedaliera sarebbero notevoli: possibilità di effettuare trattamenti BNCT nei normali reparti di radioterapia degli ospedali; disponibilità di una apparecchiatura versatile, di dimensioni contenute e facilmente rimovibile; possibilità di realizzare diversi tipi di moderatore per fornire fasci di neutroni termici, epitermici o misti, in funzione delle esigenze mediche; richieste mediche soddisfatte (ad esempio condizioni asettiche); possibilità di disporre di tutto il necessario per assistenza, degenza, terapie congiunte e situazioni di emergenza; miglior impatto sull opinione pubblica rispetto all utilizzo di un reattore nucleare. La comunità scientifica mondiale sta quindi rivolgendo i suoi forzi alla ricerca e allo sviluppo di sorgenti ospedaliere per NCT. Tali sorgenti possono essere acceleratori di particelle o sorgenti a fusione D-D/D-T (deuteriodeuterio/deuterio-trizio); queste ultime sono tuttavia ancora in fase sperimentale e non hanno ancora alcuna applicazione terapeutica. All interno del 17

23 1 La BNCT Figura 1.8. Memorandum elaborato nell Aprile 2004 al Congresso Internazionale di Boston sulla BNCT. progetto INFN PhoNeS ci si è invece proposti di ottenere una sorgente di neutroni utilizzando gli acceleratori Linac normalmente presenti nei reparti di radioterapia. 18

24 1 La BNCT Acceleratori di particelle Acceleratori di particelle possono essere utilizzati per la produzione di neutroni. In essi particelle cariche vengono accelerate fino a determinate energie e quindi fatte scatterare su target opportuni dove avvengono le reazioni nucleari che portano alla produzione di neutroni. Alcuni esempi di reazioni che possono essere utilizzate in questo tipo di acceleratori sono riportate nella tabella 1.3. La reazione maggiormente efficace sembra essere 7 Li(p,n) 7 Be. In particolare i neutroni prodotti da questa reazione presentano energie minori rispetto alle altre reazioni rendendo più semplice la moderazione dei neutroni fino alle energie terapeuticamente utili. D altra parte il protone necessita però di un energia di attivazione della reazione abbastanza alta il che implica l utilizzo di acceleratori a radiofrequenza di quadrupolo particolarmnete costosi e che difficilmente possono raggiungere correnti maggiori delle decine di ma. Reazione E(particella) Q-Value E n(max) <E n > Neutroni prodotti (MeV) (MeV) (MeV) (MeV) (ma s) 1 7 Li(p,n) 7 Be Be(p,n) 9 B Be(p,n) 9 B Be(d,n) 10 B C(p,n) 13 N C(d,n) 14 N C(d,n) 14 N Tabella 1.3. Proprietà di alcune reazioni utilizzabili per la produzione di neutroni [7] Sorgenti a fusione D-D/D-T Presso il Lawrence Berkeley National Laboratory (LBNL) sono stati sviluppati generatori compatti di neutroni [6] (dimensioni approssimativamente di 25 cm di diametro e 40 cm in altezza, fig.1.9) in cui viene sfruttata una scarica di radiofrequenza per la produzione di un plasma di ioni deuterio D o trizio T. La quantità di ioni monoatomici prodotta, sfruttando tale scarica, è pari a: 100% D+ per la sorgente di tipo D-D e 50% D+ e 50% T+ per la sorgente di tipo D-T. Gli ioni prodotti vengono poi accelerati fino al raggiungimento di energie superiori a 100 kev per essere, successivamente, fatti 19

25 1 La BNCT Figura 1.9. Sorgente compatta a fusione incidere su un target rivestito di titanio o alluminio in modo da produrre neutroni per fusione tramite le reazioni: 2 H(d,n) 3 He per sorgenti D-D 2 H(d,n) 4 He per sorgenti D-T I neutroni prodotti hanno energie medie di 2.45 MeV per la D-D e 14.1 MeV per la D-T e vengono generati isotropicamente; essi vengono, poi, moderati fino alle energie termiche o epitermiche a seconda del trattamanto terapeutico da effettuare. Il vantaggio più importante offerto da queste sorgenti consiste nell ausilio di acceleratori di forma piuttosto compatta, relativamente semplici nella tecnologia e dal costo competitivo essendo richieste energie di poche centinaia di kev per l accelerazione del fascio, ottenendo al contempo elevate intesità di emissione. Da un punto di vista delle sezioni d urto, si ha che la più favorevole è quella relativa alla reazione D-T in quanto di due ordini di grandezza maggiore rispetto a quella per la D-D (figura 1.10 ). Questa differenza, tradotta in termini di produzione neutronica, ha una risposta lineare nel senso che, anche il fascio neutronico risulta di circa 100 volte maggiore se prodotto per fusione da D-T. Tali sorgenti compatte tuttavia sono ancora in una fase di studio preliminare tramite simulazioni con codici MCNP e non hanno alcuna applicazione pratica. 20

26 1 La BNCT Figura Andamento delle sezioni d urto delle reazioni D-D e D-T Acceleratori Lineari Linac - Progetto PhoNeS Il progetto INFN PhoNeS (Photo Neutron Source) [8], nato nel 2005 e all interno del quale si inserisce il mio progetto di tesi, si propone di sviluppare una sorgente di neutroni che possa essere facilmente introdotta all interno di una struttura ospedaliera al fine di effettuare trattamenti NCT. Come visto nelle sezioni precedenti di questo capitolo, in tutto il mondo le applicazioni NCT vengono effettuate presso appositi centri dotati di un reattore nucleare e quindi in siti lontani da ospedali; il trattamento interno consentirebbe di eliminare la fase di trasporto del paziente (da ospedale a reattore) con tutte le problematiche associate. Tale progetto propone un approccio di ricerca innovativo, in particolare si intende utilizzare fotoneutroni prodotti dalla conversione della radiazione gamma generata dagli acceleratori lineari (18 e 25 MeV), già esistenti in molte strutture ospedaliere, attraverso il meccanismo della risonanza gigante. Per raggiungere questo obiettivo sono state introdotte delle opportune strutture schermanti e moderanti, senza necessitá di modificare ad hoc apparecchiature esistenti negli ospedali. Attualmente sono state studiate diverse configurazioni tramite simulazioni Monte-Carlo e test sperimentali. I risultati ottenuti [8], [9] ancora non permettono l utilizzo di tali sorgenti per trattamenti BNCT ma si pensa 21

27 1 La BNCT che tramite l utilizzo di Linac di maggior resa, aumentando la corrente, la frequenza, le UM (Unità Monitor) al minuto, l energia degli elttroni che incidono sul target e inoltre ottimizzando la configurazione del fotoconvertitore si possa in futuro ottenere fasci adatti allo studio di campioni biologici e in seguito a trattamenti BNCT. Il mio lavoro di tesi si propone proprio la caratterizzazione di una configurazione a cavità chiusa nel tentativo di: massimizzare il flusso di neutroni termici; minimizzare il flusso di neutroni veloci; ottenere l uniformità della dose termica all interno della cavità; effettuare dei primi esperimenti su campioni biologici. 22

28 Capitolo 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Durante il mio lavoro di tesi parte è stato messo a punto un metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni adatto allo studio di campi neutronici in presenza di intensi campi di radiazione γ come quelli prodotti nei Linac. Tale metodo si divide in due parti: misure sperimentali tramite un sistema passivo di rivelatori a bolle; simulazioni Monte-Carlo tramite codice MCNP-GN. I dati ottenuti sperimentalmente vengono poi confrontati con i risultati delle simulazioni MCNP-GN dell esperimento stesso. 2.1 Metodo sperimentale Caratteri dei dosimetri per neutroni Le caratteristiche fondamentali di un buon dosimetro, a prescindere dal tipo di radiazioni oggetto, sono brevemente elencate di seguito: linearità della risposta in funzione della dose; indipendenza dall energia della radiazione incidente, o se si preferisce, curva di risposta piatta su tutto l intervallo di interesse, ossia stessa reazione del rivelatore se posto a contatto con radiazioni di diversa energia; ripetibilità elevata e grande possibilità di utilizzo; minima perdita di informazioni nel tempo e in funzione delle condizioni ambientali; bassa influenza della radiazione di fondo. 23

29 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Se si tratta di dosimetri personali, alle caratteristiche sopra elencate si devono aggiungere le seguenti: comodità di utilizzo per forma e leggerezza, facilità di identificazione, economicità; copertura di un ampio range di misura in termini di dose equivalente (0.1 msv - 10 Sv ); isotropia della risposta angolare entro l angolo solido 2π in avanti; indipendenza dal rateo di dose fino ad almeno 10 Sv s 1 ; accuratezza della risposta sufficiente a soddisfare le raccomandazioni formulate nelle competenti sedi internazionali. Non esistono dosimetri che soddisfino tutte queste caratteristiche e, contemporaneamente, che siano sensibili a tutti i tipi di radiazioni, quindi in genere in presenza di campi misti di radiazioni è necessario munirsi di diversi tipi di dosimetro. I problemi connessi alla dosimetria neutronica sono in genere molteplici e di difficile soluzione, in quanto le misure che devono essere effettuate sono per lo più svolte in campi di energia non nota, diversi da quelli a cui sono calibrati gli strumenti. Si consideri poi che molto spesso i dosimetri per neutroni impiegati non sono totalmente insensibili alla radiazione γ, che sempre accompagna quella neutronica e che non esistono rivelatori aventi una curva di risposta piatta su tutto l intervallo di energie neutroniche d interesse. Inoltre lo spettro energetico dei neutroni, prodotti da qualunque sorgente si estende solitamente su diverse decadi di energia, da ev (neutroni termici) alle decine di MeV (neutroni veloci) e i fattori di conversione doseflusso variano di oltre due ordini di grandezza nel range ev-mev (come esempio in figura 2.1 si può vedere l andamento dei fattori di conversione H*/φ dove con H* si indica l equivalente di dose ambientale). Se si vogliono quindi effettuare misure integrali di dose su ampi intervalli energetici esiste il problema di scegliere il fattore di conversione che come visto varia notevolmente. Tale problema può essere risolto tramite l acquisizione dello spettro neutronico che permetterebbe di ottenere le grandezze dosimetriche di interesse tramite i fattori di conversione dose /flusso così come sono stati stabiliti nell ICRP 60 del 1992 [11] e ICRP 74 del 1997 [10]. È quindi di estrema importanza utilizzare un sistema di spettrometria neutronica soprattutto per quanto riguarda il range delle energie veloci. 24

30 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Figura 2.1. Fattori di conversione per neutroni da flusso a equivalente di dose ambientale Rivelatori utilizzati: Dosimetri a bolle Fisica dei rivelatori a bolle I dosimetri a bolle sono costituiti da una fiala di policarbonato contenente un polimero elastico tessuto-equivalente trasparente nel quale sono disperse delle micro-goccioline di freon super-riscaldato termodinamicamente metastabili. [12] Un liquido si dice super-riscaldato quando mantiene il suo stato liquido sopra la temperatura di ebollizione. Lo stato super-riscaldato è uno stato metastabile dal momento che il sistema è in uno stato di energia minima, ma non in un minimo assoluto; lo stato è stabile rispetto a piccole perturbazioni ma è instabile per perturbazioni più grandi quale può essere il rilascio di energia dovuto al passaggio di radiazione. L interazione dei neutroni con il polimero provoca l emissione di protoni ed il conseguente rilascio di energia causa la nucleazione delle bolle, ossia le micro-goccioline passano da una fase liquida ad una gassosa. Èquindi possibile ricavare la dose neutronica rilasciata dal momento che il numero di bolle che si sono formate nel polimero è proporzionale alla dose di neutroni. Per la formazione delle bolle ci sono dei valori di soglia che dipendono dalla composizione delle goccioline e dalla condizione di temperatura e pressione, nonché dal grado di super-riscaldamento delle emulsioni. La produzione di bolle richiede che venga depositata un energia sufficiente in una distanza molto breve, ciò determina l incremento della pressione del liquido oltre il valore relativo alla pressione esterna. L energia libera richiesta per formare una bolla di raggio noto r in un liquido fu calcolata per primo da Gibbs con 25

31 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni la termodinamica classica ed è data da [12]: G = 4πγ(T )r 2 4π 3 r3 (p v p o ) (2.1) dove γ(t) risulta essere la tensione superficiale del liquido alla temperatura T, p v è la pressione di vapore del liquido super-riscaldato alla temperatura T, p 0 è la pressione di vapore di equilibrio alla temperatura T e (p v -p 0 ) definisce il grado di super-riscaldamento. G raggiunge il suo massimo per un valore di r: r = 2γ(T ) p v p 0 = r c (2.2) dove r c viene detto raggio critico. Quando una bolla cresce fino a raggiungere un raggio uguale ad r c, diventa termodinamicamente instabile, cresce molto velocemente e si ha la nucleazione delle bolle. La soglia energetica W affinché avvenga la nucleazione si ottiene ponendo r=r c nella equazione 2.1 : W = 16πγ3 (T ) 3(p v p o ) 2 (2.3) Come si può vedere l energia libera critica dipende dal grado di riscaldamento, variando il quale si può variare il tipo di particelle rilevate come si può vedere nella tabella 2.1). Per la dosimetria neutronica si utilizzano dei clorofluoro carburi con un grado di super-riscaldamento moderato; tipicamente vengono usati detector con emulsioni di CCl 2 F 2 (difluorodiclorometano)[12]. liquido super riscaldato R 115 R 12 R 114 C 2 ClF 5 CCl 2 F 2 C 2 Cl 2 F 4 grado super riscaldamento raggio critico r c (cm) W (kev) radiazione rilevata fotoni neutroni termici neutroni veloci Tabella 2.1. proprietá di alcuni liquidi super riscaldati a pressione ambientale e temperatura 25 C [12] Questa energia viene depositata dalla radiazione incidente nel liquido. Nel caso di neutroni si considera lo scattering elastico come meccanismo principale per la nucleazione delle bolle. Quando neutroni di energia E n interagiscono con nuclei atomici di peso atomico A, vi trasferiscono attraverso un urto elastico la loro energia; il nucleo facente parte del liquido superriscaldato, dopo lo scattering, perde energia per interazione coulombiana fino a cessare il suo moto. I nuclei depositano differenti quantità di energia a seconda delle dimensioni del nucleo stesso e del loro valore di de/dx. L energia depositata dagli ioni di rinculo lungo il loro percorso, affinché avvenga 26

32 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni la nucleazione, deve essere superiore al valore di soglia. Ad esempio l energia minima richiesta per la nucleazione delle bolle in dosimetri per neutroni termici costituiti da CCl 2 F 2 è di 0,227 kev (vedi tabella 2.1). Le tipiche reazioni nucleari che portano alla formazione di bolle sono: n + 35 Cl 35 S + p (2.4) n + 35 Cl 32 P + α (2.5) dove la prima è quattro volte più probabile della seconda. I nuclei di carbonio e gli ioni di rinculo delle altre reazioni possibili non presentano un energia sufficiente per la formazione delle bolle. Fiale contenenti emulsioni di goccette di 100 µm di diametro presentano generalmente una sensibilità di 1 bolla/µsv a 25 C. Variazioni di temperatura comportano una variazione sia delle soglie energetiche sia della sensibilità dei rivelatori. L efficienza di rivelazione dei neutroni aumenta rapidamente al di sopra della soglia, ed è approssimata come [13]: ε BD = (1 E th E n )ε max BD (2.6) dove E th è l energia di soglia, mentre E n è l energia dei neutroni. La risposta dei dosimetri è di ε max BD 6x10 5 bolle per n/cm 2. Caratteristiche dei rivelatori a bolle I dosimetri a bolle sono inizialmente chiusi e sigillati, vengono attivati (resi sensibili ai neutroni), attraverso la rimozione del cappuccio, che mantiene pressurizzato il liquido contenuto nei dosimetri. Dal momento dell attivazione la loro vita media è pressoché pari a 6 mesi. Per risalire alla dose rilasciata è sufficiente contare visivamente il numero di bolle e utilizzare i fattori di calibrazione indicati. Esistono eventualmente anche dei lettori elettronici. I vantaggi nell utilizzo di questo tipo di rivelatore sono molteplici: completa insensibilità dichiarata alla radiazione γ incidente; risposta angolare isotropa; passività dello strumento, con conseguente possibilità di utilizzo anche in presenza di campi impulsati abbastanza intensi, come quelli che caratterizzano gli acceleratori; buona capacità di rilevazione su un ampio intervallo di dose; indipendenza dal rateo di dose incidente; praticità e facilità di utilizzo; 27

33 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni buona risoluzione spaziale, date le dimensioni ridotte. L utilizzo di questi strumenti comporta anche qualche svantaggio; in particolare, siccome il polimero elstico e composto da materiale organico, il dosimetro e soggetto a degradazione e quindi ad usura; in questa fase la sua sensibilita potrebbe variare nel tempo e quindi andrebbe periodicamente verificata tramite taratura. Vi sono inoltre differenti tipi di rivelatori a bolle: gli integrali: BDT e BD-PND lo spettrometro formato da 6 BDS (Bubble Detector Spectrometer) Figura 2.2. Dosimetri BDS(foto a sinistra) e dosimetri integrali(a destra) I dosimetri integrali BDT e BD-PND permettono di misurare le dosi equivalenti dovute rispettivamente ai neutroni termici (E<0.4 ev) e ai neutroni veloci con energie comprese tra 100keV e 20 MeV. La relazione fra il numero di bolle e la dose equivalente e per i dosimetri integrali particolarmente semplice: nota la sensibilita, espressa in n bolle /mrem, basta dividere il numero di bolle per la sensibilita per ricavare la dose equivalente letta dal dosimetro in mrem. L incertezza sulle dosi misurate dichiarata dalla casa produttrice e del 20%. Tali dosimetri sono inoltre riutilizzabili piu volte previa l eliminazione delle bolle che si formano tramite apposito pistone presente sulla testa di ciascun rivelatore. Lo spettrometro BDS e composto da sei dosimetri con soglie inferiori differenti ( kev) e che misurano fino a 20 MeV. Inoltre vi sono almeno 3 dosimetri corrispondenti ad ogni soglia in modo tale da incrementare la statistica della misura (di dosimetri BDS a soglia 10 kev ne sono disponibili sei). Quindi lo spettrometro e infine composto da 18 dosimetri, tre per ogni soglia energetica. Elaborando le dosi, da essi misurate, tramite un codice di unfolding BUNTO (implementato dalla sezione 28

34 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni INFN di Torino) è possibile risalire allo spettro neutronico veloce nel punto in cui è avvenuta la misura. Nel corso delle nostre misure non abbiamo utilizzato i BDS poichè la componente tra i 10 MeV e i 20 MeV risulta decisamente inferiore rispetto alle componenti a più basse energie. Ogni dosimetro vede solamente i neutroni di energia superiore alla propria soglia ma la risposta a tali neutroni non è costante ma dipende dalle energie dei neutroni come si può vedere nella figura 2.3. Figura 2.3. Curve di risposta dei BDS normalizzate a risposta unitaria Secondo il manuale di istruzioni fornito dalla casa produttrice (BTI, Bubble Technology Industries) tali dosimetri sono stati calibrati con una sorgente di 25 Cf ad una temperatura di 20 C pertanto è consigliato il loro utilizzo a tale temperatura; infatti all aumentare di questa, si riscontra un aumento in sensibilità dello strumento. Ciò è dovuto al fatto che la soglia energetica dei vari BDS si abbassa per T > 20 C. Questo shift renderebbe necessario l utilizzo di nuove curve di risposta per effettuare le deconvoluzioni dei dati ottenuti con il BDS. L incertezza dei vari BDS dichiarata dalla casa produttrice è del 10%. Anche lo spettrometro BDS è utilizzabile più volte. L eliminazione delle bolle avviene però tramite l utilizzo di una camera di compressione fornita assieme ai dosimetri che consente di sottoporre i dosimetri a pressioni abbastanza elevate, dell ordine delle 10 atm, tramite l acqua distillata in esso contenuta, per un periodo di tempo di circa 25 minuti. 29

35 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni La tabella 2.2 riassume le caratteristiche pricipali dei vari tipi di dosimetri. BD PND BDT BDS range energetico 100keV<E<20MeV E<0.4eV 5 soglie:10,100,600,1000, 2500 kev e fino a 20MeV sensibilità bolle/mrem 30bolle/mrem 1 2bolle/mrem range di dose mrem mrem 50mrem incertezza 20% 20% 10% Tabella 2.2. proprietá dei vari dosimetri a bolle Codice di unfolding BUNTO Le informazioni che si possono ricavare dalle letture effettuate con lo spettrometro BDS da sole non sono sufficienti per ricavare informazioni sullo spettro completo dei neutroni nel range di energia coperto dalle soglie dei sei rivelatori (10 kev, 20 MeV). Per ricavare i valori di fluenza dello spettro neutronico nell intervallo energetico desiderato occorre risolvere un sistema di equazioni integrali, dette equazioni di Fredholm, che hanno la seguente forma [15]: Y j = Emax E min R j (E)Φ E (E)dE j = 1,...,M dove Φ E (E) è la distribuzione in fluenza dell energia dei neutroni, R j (E) è la risposta del j-esimo rivelatore, Y j è la lettura del j-esimo dosimetro; per noi i valori di j corrono da 1 a 6 e rappresentano i sei rivelatori alle sei diverse soglie. Solitamente la funzione di risposta R j (E) non è nota analiticamente: nel nostro caso, ad esempio, si conosce una matrice di risposta dei rivelatori. L equazione integrale scritta sopra è quindi sostituita da un sistema di M equazioni lineari in N incognite, dove N è il numero di punti necessari a definire lo spettro: Y j = N R j (E)Φ E (E)dE 1 j = 1,...,M con N maggiore di M. Questo implica l esistenza di infinite soluzioni, da un punto di vista matematico. Molte di queste soluzioni però non avranno alcun significato fisico (non esistono fluenze negative o molto oscillanti). Si dicono soluzioni esatte tutte quelle che soddisfano il sistema, approssimate quelle che soddisfano il sistema entro ragionevoli limiti d errore, appropriate quelle soluzioni approssimate del sistema che offrono le descrizioni fisicamente più appropriate. La ricerca della soluzione appropriata da un insieme 30

36 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni di soluzioni approssimate è un problema di analisi numerica, comunemente chiamato unfolding o deconvoluzione. L idea da cui si parte nell unfolding di un set di dati sperimentali è ipotizzare una forma dello spettro su cui un programma elaborerà le soluzioni che meglio si adattano al problema in questione. Il metodo utilizzato nell unfolding dei dati sperimentali è in grado di trovare soluzioni fisiche anche in assenza di informazioni precise sullo spettro iniziale (spettro iniziale piatto). BUNTO è basato sull algoritmo SPUNIT del codice BUNKI: il programma cerca soluzioni non negative attraverso una procedura iterativa che è stata appositamente studiata per superare il problema rappresentato dalla grande incertezza delle misure sperimentali, intrinseca nell utilizzo di rivelatori passivi. Nella procedura adottata in BUNTO la soluzione Φ E (E) è la media calcolata da un numero di spettri Φ E,i (E). Ogni spettro Φ E,i (E) è ottenuto da una generazione random di valori Y j,i, campionati su una distribuzione normale i cui parametri µ e σ sono le letture sperimentali e l incertezza associata a ciascuna lettura. Per un migliore trattamento delle incertezze viene usato un ulteriore criterio di convergenza che si basa sulla fluenza integrale e serve a minimizzare la differenza tra le risposte dei singoli rivelatori calcolate e misurate. 2.2 Codice di simulazione Il codice utilizzato per la simulazione delle sorgenti studiate è MCNP-4B nella versione GN. Tale codice di simulazione è in grado di effettuare il trasporto di neutroni, elettroni e fotoni all interno di geometrie tridimensionali ed arbitrarie e permette la valutazione degli spettri e il calcolo delle dosi indesiderate relative alla componente veloce dei neutroni e alla componente gamma Metodo Monte Carlo Nato nel 1947 da un lavoro di Ulan e Von Neumann, è stato utilizzato da Goldberger un anno più tardi per stimare la disintegrazione dei nuclei per collisione con particelle ad alta energia. Il principio su cui si basa il metodo Monte Carlo (MC) [17] è un calcolo numerico statistico che utilizzando numeri random fornisce la descrizione di sistemi o processi fisici la cui probabilità di accadimento è di tipo stocastico. Un numero random può essere pensato come ad un particolare valore x di una variabile casuale X distribuita in modo uniforme nell intervallo compreso tra zero e uno e ottenuto attraverso un calcolo numerico effettuato da un ben preciso algoritmo matematico. Rispetto ai primi codici scritti in linguaggio macchina l avvento di linguaggi di programmazione come il FORTRAN agli inizi degli anni sessanta permise la compilazione di codici più generali. Il percorso evolutivo del codice Monte Carlo per il trasporto di particelle inizia nel 1963 con l introduzione della versione MCS e del successivo ampliamento, nel 1965, all interazione 31

37 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni dei neutroni con la materia in geometrie 3D nella versione MCN. Tali versioni permettevano anche agli scienziati meno esperti in tecniche matematiche Monte Carlo di cimentarsi in simulazioni di sistemi per il trasporto di radiazione. La trattazione di fotoni ad alta energia avvenne nel 1973 con l unione dei due precedenti codici, dando così vita alla versione MCNG. In questo modo si era creato un codice che permetteva la soluzione di problemi che prevedevano la presenza sia di neutroni che di fotoni. Un ulteriore modifica introdotta nel 1977, basata sull integrazione del codice precedente con una nuova versione, la MCP, diede la possibilità di descrivere con una notevole precisione l interazione fra neutroni e fotoni per energie inferiori ad 1 kev. Da allora è nato MCNP, acronimo di Monte Carlo N-Particle. Nel corso degli anni sono stati introdotti altri accorgimenti che permettevano, ad esempio, di calcolare automaticamente il volume di alcune celle o di avere a disposizione dei contatori, detti tally, dalla struttura più generale. La prima versione ad essere distribuita a livello internazionale fu quella del 1983 che riscritta interamente in un nuovo linguaggio, il FORTRAN, prese il nome di MCNP3. Le versioni del 1986 e 1988, rispettivamente la MCNP3A e MCNP3B, oltre a disporre di nuovi pacchetti grafici davano la possibilità di simulare sorgenti di particelle più generali e di poter creare strutture ripetute. Il passaggio a MCNP4B nel 1997 coincise con l introduzione del trasporto di elettroni e di ulteriori modifiche alla componente grafica. Parallelamente si è ampliato anche il range energetico fino al raggiungimento del trasporto di circa venti tipi differenti di particelle con energie fino a 5 GeV (versione MCNPX). Grazie anche allo sviluppo negli ultimi anni dei calcolatori che permettono la gestione di un elevato numero di processi, il metodo Monte Carlo è attualmente usato per le trattazioni di molteplici problemi a carattere fisico e tecnologico MCNP-4B Il codice Monte Carlo MCNP-4B, da noi usato per la trattazione di problemi dosimetrici, permette di studiare il trasporto di neutroni, fotoni ed elettroni, separatamente o accoppiati tra loro, attraverso geometrie tridimensionali arbitrarie. Tale metodo può essere utilizzato per simulare processi statistici, quali l interazione di particelle con la materia, e in tutti quei casi in cui la complessità del problema impedisce di ricorrere a metodi deterministici. I singoli eventi probabilistici che costituiscono l intero processo sono simulati in sequenza e le distribuzioni di probabilità che governano questi eventi sono campionate statisticamente in modo da descrivere correttamente l intero fenomeno. Realizzare un campionamento statistico equivale a selezionare una serie di numeri random. In particolare nel trasporto di particelle la tecnica Monte Carlo è particolarmente realistica; consiste, infatti, nel seguire realmente la storia di ciascuna particella dal momento in cui viene emessa dalla sorgente fino a quando muore attraverso processi di scattering, 32

38 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni assorbimento o uscita dalla geometria di interesse. Le distribuzioni di probabilità sono campionate casualmente usando i dati inseriti nel codice al fine di determinare l esito dell interazione della particella. In figura 2.4 è illustrata, a titolo di esempio, la storia di un neutrone incidente su una lastra di materiale fissile. Numeri tra 0 e 1 sono selezionati Figura 2.4. Storia di un neutrone incidente su un materiale fissile. casualmente per determinare il tipo di interazione e il luogo in cui questa avviene, sulla base delle regole fisiche e delle distribuzioni di probabilità che governano i singoli processi ed i materiali coinvolti. In questo particolare esempio, l evento 1 indica la collisione del neutrone; quest ultimo viene scatterato nella direzione mostrata in figura mentre il fotone prodotto è temporaneamente immagazzinato per essere analizzato in seguito. In corrispondenza dell evento 2 avviene la fissione: il neutrone incidente termina la sua storia originando altri due neutroni ed un fotone. Tra i prodotti della fissione un neutrone ed un fotone vengono immagazzinati per essere analizzati successivamente. Il neutrone rimasto va incontro ad un processo di cattura (evento 3) e termina in questo modo il suo percorso. A questo punto è necessario seguire la storia di tutte le particelle immagazzinate: il secondo neutrone prodotto dalla fissione esce fuori dalla lastra (evento 4), mentre il fotone, sempre prodotto dalla fissione, segue una sorte analoga dopo una collisione (evento 5). L ultima particella da considerare è il fotone prodotto all evento 1; quest ultimo sparisce in seguito ad una processo di cattura. La storia del neutrone ora è completa. Per ottenere un quadro completo sulle possibili storie di neutroni e fotoni è necessario esaminare un numero maggiore di particelle iniziali. 33

39 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Sezioni d urto I dati necessari per la descrizione del fenomeno, come le sezioni d urto e le energie di soglia, sono contenute in cartelle apposite, dette librerie. Un neutrone emesso dalla sorgente ha probabilità di collidere nell intervallo compreso tra l e l + dl data dalla relazione: p(l)dl = e Σtl Σ t dl (2.7) dove Σ t è la sezione d urto macroscopica del mezzo ed è considerata come la probabilità per unità di lunghezza che si verifichi la collisione. Fissato poi ξ come numero casuale compreso fra 0 e 1, uguale a: si ottiene: ξ = l 0 e Σts Σ t ds = 1 e Σtl (2.8) l = 1 Σ t ln(1 ξ). (2.9) Siccome 1-ξ ha la stessa distribuzione di ξ, può essere sostituito ottenendo così l espressione della distanza percorsa dal neutrone prima di un urto: l = 1 Σ t ln ξ (2.10) Avvenuta la collisione ed individuato il nucleo bersaglio, il neutrone può subire un processo di scattering elastico o inelastico, oppure può andare incontro ad un processo di cattura. Per quanto riguarda i fotoni, il codice tratta le interazioni essenzialmente seguendo due modelli, uno più semplice ed uno più dettagliato. Nel primo sono trascurati sia i fenomeni di scattering coerente sia quelli di fluorescenza che possono seguire l effetto fotoelettrico, pertanto tale modello è adottato quando si trattano problemi con fotoni di alta energia. I processi fisici considerati sono l effetto fotoelettrico, la produzione di coppie e lo scattering Compton su elettroni liberi; quindi la sezione d urto totale σ t si può esprimere come: σ t = σ pe + σ pp + σ s (2.11) Il secondo modello include scattering coerente, fluorescenza e fenomeni di cattura che sono stati introdotti per descrivere le interazioni di fotoni con energia inferiore a quella necessaria per originare un effetto fotoelettrico. Tale modello è utilizzato quando sono coinvolti materiali ad alto numero atomico o quando si trattano problemi con fotoni a bassa energia. Infatti se l energia del gamma è minore dell energia di legame dell elettrone, si può avere una particolare forma di scattering, detto scattering coerente: il fotone cambia direzione matenendo inalterata la sua energia iniziale mentre l atomo assorbe il rinculo del nucleo. Nel modello, inoltre, sono utilizzati i fattori di 34

40 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni forma nucleari sia nello scattering coerente sia in quello incoerente per tener conto degli effetti legati agli elettroni. Il trasporto di elettroni e di altre particelle cariche è essenzialmente differente da quello di neutroni e fotoni. Se questi ultimi sono soggetti ad interazioni che si possono considerare isolate, il trasporto degli elettroni è dominato dalla forza coulombiana il cui effetto si manifesta attraverso un gran numero di piccole interazioni. Ad esempio, un neutrone da 0.5 MeV, interagendo con uno strato di alluminio, dopo circa 30 collisioni avrà un energia pari a MeV; un fotone realizzerà lo stesso salto energetico dopo appena 10 collisioni; un elettrone, invece, subirà 10 5 interazioni per diminuire la sua energia della stessa quantità. Risulta evidente che seguire tutte le singole interazioni di un elettrone non è fattibile dal punto di vista della simulazione Monte Carlo, perchè richiederebbe troppe risorse in termini velocità di calcolo e tempo necessario; pertanto, si sono sviluppate una serie di teorie per il trasporto delle particelle cariche basate sull uso di sezioni d urto fondamentali e sulla natura statistica del trasporto al fine di predire le distribuzioni di probabilità di quantità significative come la perdita di energia e la deflessione angolare. MCNP-4B input file Le informazioni necessarie per la compilazione di un input file si possono riassumere in: 1. definizione della geometria del problema utilizzando superfici di primo e secondo grado; 2. conoscenza della densità e della composizione chimica dei materiali che costituiscono le celle; 3. definizione della sorgente specificandone dimensioni, forma e spettro energetico; 4. richiesta dei dati che si vogliono stimare dalla simulazione (ad esempio il flusso di particelle o energia depositata) tramite l utilizzo di apposite strutture dette tally; 5. definizione delle tecniche di riduzione della varianza per velocizzare i tempi di calcolo, energy cut-off o geometry splitting o Russian Roulette MCNP-GN Nel 1997 nasce la versione MCNP-GN distribuito dalla NEA (Neutro Energy Agency) per risolvere l incapacità del codice MCNP4B nel simulare la 35

41 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni produzione di neutroni come effetto dell interazione di fotoni con la materia. [14] A causa della minore sezione d urto fotoneutronica rispetto a quelle tipiche dell interazione fra fotoni e materia nella versione MCNP-GN sono state introdotte delle routine che utilizzando tecniche statistiche sono in grado di aumentare la produzione di fotoneutroni. La capacità di generare neutroni durante lo sviluppo della cascata elettromagnetica, rappresenta quindi l aspetto più interessante di tale metodo, e rende possibile la determinazione delle coordinate dei punti di origine dei neutroni e la loro distribuzione angolare; l energia dei neutroni è calcolata prendendo in considerazione sia il canale evaporativo sia quello diretto, di cui si tratta diffusamente più avanti, in funzione dell energia del fotone incidente. Queste routine sono state inserite nel codice Monte Carlo MCNP-4B, consentendo di trattare l intero processo di generazione e trasporto di fotoneutroni con un unico codice e di gestire facilmente la modellazione di complesse geometrie, rendendo il sistema particolarmente adatto alla simulazione degli acceleratori lineari. Nel 1996 è stata inserita nel codice la produzione di fotoneutroni per interazioni con materiali ad alto numero atomico. L energia di soglia della reazione (γ,n) vale circa 7 MeV e assume valori via via crescenti al diminuire del numero di massa del nuclide bersaglio; la sezione d urto presenta un picco, detto di risonanza gigante di dipolo, più alto rispetto agli altri processi fotonucleari: varia tra 50 e 500 mb per numeri di massa compresi tra 50 e 200 e per energie dei gamma tra 15 e 18 MeV. La produzione di neutroni per interazione dei fotoni con gli elementi leggeri è stata invece implementata nel codice soltanto nel febbraio 2002 con l intento di utilizzare il codice per simulare trattamenti radioterapici reali e quindi ricavare valori di dose neutronica assorbita da organi umani (simulati da fantocci appositi) composti appunto da elementi leggeri. Produzione fotoneutronica in MCNP-GN L emissione di uno o più neutroni da parte di un nucleo in seguito all urto con un fotone di energia E n può essere descritta da due modelli differenti: il modello evaporativo del nucleo e il processo diretto. Secondo il modello evaporativo un fotone, penetrando nel nucleo, origina un nucleo altamente eccitato. Tale energia può essere considerata come il calore prodotto dall impatto del fotone con il nucleo, ed è proprio tale calore la causa dell evaporazione dei neutroni. Detta E l energia corrispondente al livello eccitato del nucleo, allora la massima energia cinetica del neutrone emesso sarà data da E S n (2.12) con S n energia di separazione del neutrone dal nucleo. Nel caso in cui il 36

42 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni neutrone lascia il nucleo residuo (Z,A-1) in un livello eccitato E r, l energia corrispondente alla particella emessa sarà: E n = E S n E r (2.13) L energia associata ad ogni livello E r del nucleo residuo sarà pari ad un energia E n del neutrone, fino a che vale la relazione: E r < E M, dove E M è il massimo valore energetico possibile della particella emessa, cioè quando il nucleo rimane nel suo stato fondamentale. Lo distribuzione energetica delle particelle emesse dal nucleo consisterà in una serie di picchi che corrispondono allo spettro dei livelli del nucleo residuo; alle alte energie corrisponderanno gli stati di eccitazione più bassi del nucleo. Se l energia della particella incidente raggiunge un valore sufficientemente elevato, allora, un gran numero di livelli del nucleo può essere eccitato. Quello che risulterà sarà una distribuzione energetica continua delle particelle emesse, in quanto le energie E r sono molto vicine fra loro. La meccanica statistica ci fornisce una precisa spiegazione del comportamento fisico dei nuclei fortemente eccitati, infatti, possiamo paragonare l emissione di un neutrone dal nucleo eccitato all evaporazione di una molecola da un liquido riscaldato. Lo spettro in energia delle particelle emesse seguirà una distribuzione di tipo maxwelliano e dipende dalla temperatura nucleare dopo l emissione, che può essere espressa come: T = ( E r a )1/2 (2.14) dove E r è l energia di eccitazione del nucleo residuo ed a il parametro di densità dei livelli. Nel calcolo della temperatura T viene utilizzato come energia di eccitazione il suo valore massimo, mentre a è calcolato empiricamente. Esso è espresso in MeV e dipende dal numero di neutroni e protoni del nuclide considerato. I fotoneutroni generati dal processo evaporativo sono emessi isotropicamente. Nel modello diretto il fotone incidente porta all emissione di un neutrone di alta energia. Ciò è possibile in quanto in ogni nuclide (A-1,Z) ci sono sempre alcuni bassi stati energetici legati da una semplice relazione a particella singola allo stato fondamentale del nuclide confinante (A,Z); è quindi possibile per un fotone che interagisca con il nucleo (A,Z) indurre una transizione diretta con uno di questi stati. Tale processo è rivelato sperimentalmente dalla presenza di una componente anisotropa nella distribuzione angolare dei nucleoni emessi nelle reazioni fotonucleari. Tale componente si può esprimere secondo la seguente funzione: f(ϑ) = 1 + C sin 2 (ϑ) (2.15) dove ϑ è l angolo tra il fotone incidente e il neutrone emesso mentre C è una costante empirica caratteristica dei diversi materiali e funzione dell energia del neutrone. Sperimentalmente si può osservare come questo effetto 37

43 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni aumenta di importanza all aumentare dell energia dei fotoni incidenti e che il rapporto fra neutroni emessi per effetto diretto e quelli emessi per evaporazione è dell ordine del 13-14%. In letteratura non si trovano molte informazioni sulla fisica dell effetto fotonucleare diretto. In un articolo di W. R. Nelson (1995), [16] è contenuto un algoritmo semiempirico che permette di calcolare la percentuale di energia dei neutroni prodotti per processo diretto dall interazione dei fotoni con la materia; dal metodo di calcolo utilizzato si possono dedurre alcune caratteristiche dell effetto. Si definisce F d la frazione di neutroni diretti prodotti, ossia il rapporto tra i neutroni dovuti al processo diretto e quelli totali; tale quantità, quindi, tenderà ad aumentare al crescere dell energia di eccitazione del nucleo. In figura 2.5 è rappresentato il valore che F d assume per diversi materiali ad alto Z in funzione della differenza tra l energia del γ incidente, E γ, e l energia di separazione del neutrone, S n. Figura 2.5. Frazione di neutroni diretti in funzione dell energia disponibile per l emissione (E γ - S n ) Nella figura precedente, si può osservare come sia stata utilizzata una relazione lineare per esprimere il valore di F d in funzione dell energia del fotone incidente: F d = 0 se (E γ S n ) < 2.5 MeV (E γ S n ) se 2.5 MeV < (E γ S n ) < 9.0 MeV 0.2 se (E γ S n ) > 9.0 MeV 38

44 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Sebbene la funzione sia in realtà molto più complicata, questa espressione sarebbe sufficientemente corretta da permettere di predire in maniera ragionevole la frazione di neutroni diretti prodotti nella maggior parte dei casi di nostro interesse. La trattazione della produzione fotonucleare negli elementi pesanti usa entrambi i modelli descritti, mentre la versione implementata per gli elementi leggeri è leggermente differente. Fotoni con energia compresa fra qualche MeV e 60 MeV interagiscono con gli elementi leggeri presenti nei tessuti biologici producendo particelle ad alto LET come neutroni, protoni, 2 H, 3 H, 4 He, ed altre più pesanti che dipendono dall energia del fascio incidente. Nel range energetico della risonanza gigante, tra 5 e 25 MeV, il processo fotonucleare è regolato dalle reazioni (γ,n) e (γ,p) e il massimo delle sezioni d urto è compreso tra 10 e 20 mb a seconda del nucleo considerato. Per energie superiori ai 25 MeV il processo dominante è l effetto di quasi deutone, che consiste nell emissione da parte del nucleo di una coppia neutrone-protone. Gli elementi leggeri considerati dal codice, ed elencati in tabella 2.3, le relative sezioni d urto e la scelta del modello teorico si riferiscono ai dati pubblicati nel 1999 da un gruppo di ricercatori svedesi (I.Gudowska, A.Brame, P.Andreo, W.Gudowski e J.Kierkegaard [18]). Il modello fotonucleare utilizzato è notevolmente semplificato: si considera il solo canale diretto in cui il fotone incidente trasferisce tutta la sua energia alla singola particella che esce dal nucleo con un energia E N pari a: E N = (E E t E e )(A A N )/A (2.16) dove E indica l energia del fotone incidente, E t l energia di soglia per la reazione, E e l energia di transizione tra il primo stato eccitato e lo stato fondamentale del nucleo residuo; A è la massa atomica di quest ultimo, mentre A N è quella della particella emessa; il fattore (A - A N )/A, invece, tiene in considerazione il rinculo del nucleo residuo. Durante il lavoro di tesi il codice è stato utilizzato per simulare la produzione e la successiva moderazione energetica di neutroni al fine di ottenere un fascio terapeutico (componente termica e componente epitermica) e il suo spettro, per poi confrontarlo con spettri ottenuti sperimentalmente. 39

45 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Element Photonuclear Threshold reaction energy (MeV) 16 O (γ,n 0) 15.7 (γ,2n) 28.5 (γ,n ) 21.0 (γ,np) C (γ,n 0) 18.7 (γ,n ) 20.7 (γ,np) 27.4 (γ,nα) 26.0 (γ,npα) N (γ,n 0) 10.5 (γ,np ) O (γ,n) 8.05 (γ,2n) C (γ,n) 4.95 (γ,2n) Na (γ,n) 12.4 (γ,np) 19.2 (γ,2n) Cl (75.5%) (γ,n) 12.6 (γ,np) 17.8 (γ,2n) Cl (24.5%) (γ,n) 10.3 (γ,np) 18.3 (γ,2n) P (γ,n) 12.3 (γ,np) S (γ,n) 15.0 (γ,np) K (γ,n) 13.1 (γ,np) Ca (γ,n) 15.6 Tabella 2.3. Elementi leggeri presenti, reazioni fotonucleari ed energie di soglia. (γ,n 0 ) e (γ,n ) indicano rispettivamente lo stato fondamentale e quello eccitato in cui rimane il nucleo dopo l emissione di un neutrone. 2.3 Test del metodo Il metodo di caratterizzazione descritto in questo capitolo è stato testato tramite la caratterizzazione dell acceleratore VARIAN 2300-CD da 18 MeV dell Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (IRCC). Precedentemente l acceleratore è stato simulato tramite il codice MCNP- GN quindi i risultati della simulazione [14] sono stati confrontati con i dati 40

46 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni ottenuti sperimentalmente utilizzando lo spettrometro BDS Simulazione della testata dell acceleratore e della sala di trattamento L acceleratore lineare VARIAN 2300 CD produce un fascio collimato di elettroni monoenergetici da 18 MeV che, incidendo su un target in tungsteno e rame, generano fotoni di bremsstrahlung di energia massima di 18 MeV. Poichè tale fascio non è monoenergetico, generalmente non gli si attribuisce un valore di energia, ma di tensione espressa in MV, come se il fascio fosse stato ottenuto applicando quella tensione ad un tubo a raggi X. Subito dopo il target, il fascio passa attraverso un collimatore primario in tungsteno che consiste in un cono troncato che definisce la massima dispersione angolare del fascio. Successivamente i fotoni attraversano un filtro in ferro e tantalio, chiamato flattening filter, che serve ad appiattire il fascio, ossia a rendere l intensità del fascio uniforme lungo tutto il campo. Sotto il flattening filter è presente un complesso sistema di monitoraggio della dose composto da camere a ionizzazione che controllano il rateo di dose e la simmetria del fascio istante per istante. Un collegamento elettronico del circuito della camera ad un sistema di bobine situate intorno alla struttura accelerante, permette la correzione automatica di un eventuale asimmetria del fascio. Dopo le camere a ionizzazione, il fascio è ulteriormente sagomato da un collimatore secondario con apertura variabile; esso consiste in due coppie di blocchi in tungsteno, detti jaws (CT), che definiscono il campo di trattamento (rettangolare). Tra le camere a ionizzazione e i collimatori secondari è presente un sistema ottico, composto da uno specchio e da una sorgente di luce, la quale proietta un fascio luminoso come se fosse emesso dal punto focale dei raggi X. Questo fascio luminoso, essendo centrato rispetto al fascio di radiazione, serve per individuare la superficie ed il centro del campo. Al di sotto dei jaws è presente un altro collimatore, detto multileaf collimator (MLC), costituito da 40 coppie di lamelle in tungsteno. In tabella 2.4, sono riassunti gli elementi che sono stati inseriti nella simulazione dell acceleratore, i materiali relativi e la forma approssimativa. Si è scelto, inoltre, di posizionare l origine del sistema di riferimento nel centro del target e di orientare l asse Z verso il basso, lungo la linea dell isocentro (figura 2.6). In previsione di un confronto tra i dati sperimentali e quelli ottenuti dalla simulazione, sono state inserite nel file di input sia la geometria della stanza in cui si effettua il trattamento: dimensioni: 6.30 m x 7.50 m x 4 m 41

47 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Elemento Distanza dal target Materiale Forma su linea isocentro approssimativa target 0 cm W + Cu 2 cilindri coassiali primary superficie sup: 1.6 cm W cilindro più collimator superficie inf: 7.8 cm cono flattening 12.5 cm Fe +Ta 2 coni di cui filter uno bucato collimatore superficie sup: 28 cm W coppia di superiore (x) superficie inf: 35.8 cm parallelepipedi collimatore superficie sup: 36.7 cm W coppia di inferiore (y) superficie inf: 44.5 cm parallelepipedi multileaf superficie sup: cm W 40 coppie di collimator (x) superficie inf: cm lamelle Tabella 2.4. Tabella riassuntiva della testata dell acceleratore VARIAN 2300 CD per la simulazione. Figura 2.6. Testata dell acceleratore e assi di orientazione del lettino. spessore delle pareti: da 1.10 m a 1.30 m spessore del soffitto: 0.96 m; spessore del pavimento: 0.80 m materiale: calcestruzzo pesante arricchito con barite per la presenza dei gamma (4.76% H, 47.7% O, 15.6% Si, 0.79% Al, 6.45% Ca, 16% Fe 56, 4% Fe 57, 0.2% Mg, 0.1% S, 60.7% Ba) 42

48 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni sia il lettino sul quale è posizionato il paziente: dimensioni: 70 cm x 200 cm x 0.5 cm materiale: plexiglas. In questo modo, anche nella simulazione, si considera il contributo alla dose fotonica derivante dal backscattering dei fotoni con le pareti e quello alla dose neutronica per interazione dei gamma con gli elementi leggeri presenti Set-up sperimetale Al fine di confrontare i valori sperimentali con i valori simulati si è utilizzata la stessa configurazione. I dati sperimentali sono stati ottenuti con un campo di radiazione 10x10 cm 2 sulla superficie del lettino (SSD), posizionato a 100 cm dal target, definito da un apertura 10x10cm 2 dei jaws e 40x40cm 2 del multileaf collimator; i dosimetri componenti lo spettrometro sono stati posti uno alla volta a 15 cm di distanza dall isocentro del campo (figura 2.7). Figura 2.7. Posizione dei dosimetri sul lettino Durante le misure è stato impostato un rateo di UM = 300 UM/min con fattore di calibrazione dell acceleratore di 100 UM/Gy. La tabella 2.5 riassume il set-up sperimentale Risultati ottenuti Lo spettrometro BDS è in grado di misurare spettri neutronici nel range energetico compreso fra 10 kev e 20 MeV. In questo paragrafo si intende quindi confrontare lo spettro ottenuto in questo range sperimentalmente con quello simulato con il codice MCNP-GN. Il set di dosimetri a disposizione era già stato utilizzato alcune volte e alcuni rivelatori presentavano delle bolle residue anche dopo la ricompressione, pertanto questi non sono stati utilizzati ai fini della nostra misura. In particolar modo sono stati eliminati 43

49 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni campo di radiazione 10x10 cm 2 configurazione Jaws 10x10 cm 2 configurazione MLC 40x40 cm 2 SSD 100 cm dose rate 300 UM/min fattore di calibrazione posizione di misura 100 UM/Gy piano del paziente 15 cm dall isocentro Tabella 2.5. Tabella riassuntiva set-up sperimetale. i BDS con soglia 1000 kev poichè particolarmente usurati. La tabella 2.6 riporta l equivalente di dose misurata dai diversi dosimetri a disposizione. Soglia BDS (kev) dose equivalente (mrem/um) Tabella 2.6. Misura dell equivalente di dose neutronica tramite lo spettrometro BDS. Tramite l elaborazione di questi dati con il codice di unfolding BUNTO si è quindi ottenuto lo spettro neutronico nel range 10 kev - 20 MeV. Come si può vedere dalla figura 2.8 la simulazione MCNP-GN conferma pienamente i risultati sperimentali ottenuti. Infatti i due spettri, sperimentale e simulato, sono molto simili e, cosa ancora più importante, le dosi integrali ottenute tramite i due metodi sono confrontabili all interno degli errori stimati. 44

50 2 Metodo di caratterizzazione delle sorgenti di neutroni Figura 2.8. Confronto tra lo spettro sperimentale e quello simulato. Acceleratore VARIAN 2300-CD da 18 MeV; campo di radiazione 10x10 cm 2 ; posizione di misura: piano del paziente 15 cm dall isocentro. 45

51 Capitolo 3 Misure di spettro su reattori Attualmente in tutto il mondo l esposizione a neutroni nel trattamento BNCT è effettuata utilizzando colonne termiche o epitermiche di reattori nucleari poiché questi rappresentano le uniche sorgenti in grado di fornire gli elevati flussi neutronici necessari per la terapia. Il flusso neutronico vicino al nocciolo di un reattore a fissione è tipicamente dell ordine di neutroni cm 2 s 1. Lo spettro energetico si estende fino a 5-7 MeV con un picco tra 1-2 MeV. Questi neutroni sono generalmente rallentati ad energie termiche già all interno del reattore, ma è tuttavia anche presente una componente di neutroni veloci che contamina il fascio. Un piccolo oblò nella struttura di schermatura del reattore permette di estrarre un fascio di neutroni utilizzabile per applicazioni NCT. All interno di un progetto INFN di caratterrizzazione di sorgenti di neutroni ho quindi effettuato delle campagne di misura presso il reattore di ricerca Tapiro del centro ENEA (Ente Nazionale per le Energie Alternative) di Casaccia, Roma, e presso l LVR-15 di Retz, Praga. 3.1 Reattori nucleari Il reattore nucleare a fissione è un impianto costituito da un nocciolo (o core) contenente il combustibile fissile (uranio, plutonio, torio) che, in quantità sufficiente (superiore alla massa critica), alimenta la reazione a catena di fissione. Affinché il numero di neutroni nel nocciolo resti costante (condizione di criticità: necessaria perché non avvenga una reazione esplosiva) è necessaria la presenza di barre di controllo costituite da materiali diversi (acciaio al boro, cadmio, afnio, ecc.) con la proprietà di assorbire i neutroni in eccesso. La condizione di criticità viene raggiunta se per ogni reazione di fissione almeno uno dei neutroni prodotti urta contro un altro nucleo di combustibile dando luogo a un altra fissione realizzando così una reazione controllata 46

52 3 Misure di spettro su reattori autosostenuta. Se il numero medio di neutroni efficaci per reazione è inferiore a uno, il reattore è sottocritico, e la reazione è destinata a esaurirsi; se, invece, il numero di neutroni è maggiore di uno, a ogni passo aumenta il numero di reazioni di fissione prodotte e il processo tende a degenerare in un esplosione Reattori termici e veloci Attualmente la maggior parte delle sorgenti per NCT sono reattori nucleari termici anche se si stanno sviluppando sempre più progetti di ricerca che prevedono l utilizzo di reattori nucleari veloci. Nei reattori nucleari termici ( 235 U, 239 Pu) la reazione di fissione è alimentata solo dai neutroni a bassa energia: nel nocciolo è quindi presente un moderatore (acqua pesante, berillio, grafite) in grado di rallentare, tramite gli urti, i neutroni veloci per aumentare la probabilità di produrre la reazione. Nei reattori nucleari veloci (oltre a 235 si sfrutta anche U 238 U) la reazione a catena è mantenuta anche dai neutroni ad alta energia che non necessitano di un moderatore: tipico caso è il reattore autofertilizzante (FBR o fast breeder reactor) in cui l eccesso di neutroni prodotti dalla fissione di 235 U viene assorbito dal 238 U, elemento fertile, più abbondante in natura, che si trasforma in 239 Pu (fissile), utilizzabile a sua volta per la reazione (es. il Superphénix a Creys-Malville nei pressi di Lione, con potenza di 1300 MW). Sebbene attualmente tutte le applicazioni di BNCT vengano effettuate presso reattori termici, sembra che l utilizzo di reattori veloci possa portare ad alcuni vantaggi. Ad esempio la ridotta componente di neutroni termici porta ad un ridotto flusso di gamma di cattura ed alla conseguente possibilità di rendere più sottile lo schermo per i raggi γ o addirittura alla sua eliminazione. Inoltre se si vuole ottenere un fascio epitermico può essere eliminato anche lo schermo per neutroni termici (nel caso di fascio termico già non sarebbe presente). Di conseguenza sembra che l utilizzo di reattori nucleari veloci possa garantire un maggiore rapporto flusso/energia di quello fornito da un reattore termico. I primi risultati sembrano indicare che un reattore veloce di potenza 5 kw possa produrre un flusso di neutroni epitermici sufficienti per un efficace utilizzo clinico. In Italia, proprio su questa linea, si sta svolgendo un interessante progetto di ricerca presso il reattore veloce Tapiro al centro ENEA di Casaccia nei pressi di Roma Componenti di un reattore I principali componenti di un reattore a fissione sono il combustibile, il moderatore (se si tratta di un reattore termico) e il sistema di raffreddamento. I primi due elementi costituiscono il nocciolo del reattore: la zona 47

53 3 Misure di spettro su reattori in cui hanno luogo le reazioni nucleari; il sistema di raffreddamento, invece, circonda il nocciolo e preleva il calore prodotto trasferendolo alle turbine. Completano l impianto diversi dispositivi di controllo, strumenti di misura, le schermature, sistemi ausiliari e di emergenza. I reattori utilizzati per trattamenti BNCT sono inoltre forniti di una colonna termica o epitermica (a seconda dei trattamenti clinici previsti), da inserire direttamente a contatto con il core, in grado di shiftare l energia dei neutroni prodotti nel core fino alle energie necessarie. Qui di seguito vengono presentati i componenti principali di un reattore; le colonne di trattamento verranno invece ampiamente descritte nei paragrafi seguenti. Combustibile Il combustibile è costituito da un materiale fissile, un composto di un elemento pesante come l uranio o il plutonio. I nuclei di questi elementi, infatti, hanno la proprietà di andare incontro a fissione, spontaneamente o in seguito all urto con altre particelle. L uranio può essere utilizzato in due forme: naturale o arricchita. L uranio naturale contiene i diversi isotopi dell elemento nelle stesse percentuali presenti in natura, vale a dire, il % di 238 U, una piccolissima percentuale di 235 U (0.7110%) e una ancora minore di 234 U (0.0054%). Dei tre, l isotopo fissile vero e proprio è l isotopo 235 U; per questo, in alcuni reattori si utilizza, in luogo della miscela naturale, una miscela arricchita di 235 U. La reazione di fissione può avvenire spontaneamente o, con maggiore probabilità, in seguito ad un urto con un neutrone. I nuclei di 235 U dopo la cattura neutronica diventavano molto instabili (figura 3.1) e si dividono praticamente a metà, rilasciando una grande quantità di energia. Figura 3.1. Processo di fissione dell isotopo 235 U in seguito ad un urto con un neutrone. I prodotti della fissione non sono determinati univocamente e sono possibili diversi modi di ripartire le masse dei frammenti; mediamente vengono comunque emessi 2.5 neutroni per ogni reazione di fissione. Un esempio tipico 48

54 3 Misure di spettro su reattori di reazione di fissione è: n U 236 U 147 La + 87 Br + 2n con un Q-value intorno ai 200 MeV. L isotopo 238 U, che rappresenta la percentuale maggiore della miscela isotopica, può andare incontro a fissione solo in seguito all urto con neutroni veloci (vedere figura 3.2); normalmente, invece, tende a catturare i neutroni da cui viene colpito. Ogni volta che un nucleo di 238 U cattura un neutrone, si trasforma in un nucleo instabile di 239 U che, attraverso due decadimenti beta successivi, si trasforma in 239 Pu. Quest ultimo è anch esso un nucleo fissile, utilizzabile come combustibile. Figura 3.2. Sezione d urto neutronica totale e di fissione per 235 U e 238 U Moderatore Il moderatore è una sostanza che viene inserita nel nocciolo della maggior parte dei reattori (detti reattori termici), per rallentare i neutroni emessi come prodotti secondari nella fissione del combustibile. La necessità di rallentare i neutroni si deve alla loro funzione di catalizzatori: urtando ad una velocità opportuna contro i nuclei di 235 U, infatti, essi possono indurre altre fissioni, permettendo l autosostentamento delle reazioni nel nocciolo. Affinchè la probabilità di urto dei neutroni con i nuclei di 235 U sia massima, e la probabilità di cattura da parte di 238 U sia minima, è necessario shiftare l energia dei neutroni ottenuti da fissione verso le energie termiche. Infatti, come illustrato in figura 3.2, per energie inferiori ad 1 ev la sezione d urto di fissione dell 235 U (a quelle energie corrispondente alla sezione d urto totale) è di due ordini di grandezza superiore alla sezione d urto totale dell isotopo 238 U. Dal momento che l energia a cui normalmente i neutroni vengono 49

55 3 Misure di spettro su reattori emessi è di gran lunga maggiore (circa 2 MeV, ossia quasi 100 milioni di volte maggiore), si fa in modo che, prima di colpire i nuclei di uranio, i neutroni urtino contro le molecole di una sostanza capace di rallentarli. Quest ultima deve avere un peso molecolare contenuto, in modo che nell urto i neutroni possano perdere grandi quantità di energia, ed una densità sufficientemente elevata; per questo, a seconda dei casi, si utilizza come moderatore acqua, acqua pesante o grafite. Sistema di raffreddamento Il sistema di raffreddamento preleva il calore prodotto nel nocciolo e lo trasferisce alle turbine. Nella maggior parte degli impianti il sistema di raffreddamento è composto da due circuiti: uno primario ed uno secondario. Il calore prodotto nel nocciolo del reattore viene prelevato dal circuito primario ed, attraverso uno scambiatore, viene trasferito ad un circuito secondario dove ha luogo la trasformazione in vapore. Quest ultimo aziona le turbine del generatore che produce energia elettrica. Il liquido che circola nel sistema può essere acqua o, nel caso dei reattori autofertilizzanti, un metallo liquido come il sodio. Sistemi di controllo Il livello di potenza di un reattore in funzione viene costantemente controllato attraverso la misurazione di una serie di parametri rilevanti come la temperatura, il flusso di calore ed il livello di attività nucleare. La potenza in uscita viene regolata con l introduzione o l estrazione dal nocciolo delle barre di controllo, elementi costituiti da un materiale capace di assorbire neutroni. La posizione delle barre viene determinata in modo che il numero di neutroni prodotti in ogni ciclo si mantenga costante, e la reazione nucleare non assuma un andamento esplosivo. Le radiazioni prodotte dal reattore durante la fissione e dai residui dei processi dopo lo spegnimento sono assorbite da blocchi massicci di cemento posti intorno al reattore e al circuito di raffreddamento primario. Altre strutture di sicurezza includono: un sistema di raffreddamento del nucleo, per impedirne il surriscaldamento e la successiva fusione in caso di avaria del sistema di raffreddamento principale; una costruzione esterna di contenimento che blocca qualsiasi tipo di fuga di materiale radioattivo in caso di malfunzionamento dell impianto. 3.2 Reattore Tapiro di Casaccia, Roma Il Tapiro è un reattore veloce situato all interno del centro ENEA di Casaccia nei pressi di Roma; esso è caratterizzato da un nocciolo molto piccolo (11 cm di altezza e 12 cm di diametro) altamente arricchito (93,5% in 235 U); è 50

56 3 Misure di spettro su reattori raffreddato ad elio ed è dotato di apparato riflettore in rame. È un reattore a potenza relativamente bassa (potenza massima 5 kw e massimo flusso 3x10 12 cm 2 s 1 ). Nella figura 3.3 è raffigurato il core del reattore così com è stato implementato nella simulazione MCNP-4C effettuata dal dottor Kenneth Burn del centro ENEA di Bologna. Figura 3.3. Sezione orizzontale del core del reattore Tapiro simulata con MCNP-4C Colonna epitermica I trattamenti terapeutici di BNCT, come detto precedentemente, vengono effettuati tramite l utilizzo di fasci termici o epitermici. Al centro ENEA di Casaccia è stata costruita una colonna epitermica da applicare al reattore Tapiro ed ottenere così un fascio adatto al trattamento di glioblastomi. Tale colonna viene detta colonna epitermica (figura 3.4). Figura 3.4. Colonna epitermica da applicare al reattore All interno di questo paragrafo cercheremo di descrivere la colonna epitermica ed il lavoro effettuato dai ricercartori dell ENEA per il suo sviluppo. Lo spettro energetico dei neutroni uscenti dalla finestra ricavata nel riflettore di rame del core ha un picco compreso tra 100 kev e 1 MeV; lo 51

57 3 Misure di spettro su reattori scopo della colonna epitermica è quindi quello di aumentare la componente epitermica del fascio e diminuire quella veloce (E > 10 kev) che produce danno biologico. Una tipica colonna epitermica da applicare a reattore è solitamente composta da una struttura moderante, alcuni schermi, un apparato riflettente e un collimatore; la scelta dei materiali da utilizzare per la costruzione di questi componenti implica uno studio molto accurato [20] delle loro sezioni d urto neutroniche. Il materiale costituente il moderatore è stato scelto innanzitutto in base al rapporto tra la sezione d urto totale sopra i 10 kev (energie veloci) e la sezione d urto totale tra 0.4 ev e 10 kev (energie epitermiche); sono stati presi in considerazione materiali quali alluminio, acqua, rame e titanio. Come si può vedere dalla figura 3.5 il materiale che meglio si presta risulta Figura 3.5. confronto tra sezioni d urto totali di alluminio, rame,titanio e acqua quindi essere da questa prima analisi l alluminio. I ricercatori ENEA hanno inoltre pensato di utilizzare materiali composti da più elementi nel tentativo di sfruttare la sovrapposizione di eventuali risonanze nel range energetico e sono passati allo studio delle sezioni d urto di alcuni composti quali AlF 3 e Al 2 O 3 (figura 3.6). 52

58 3 Misure di spettro su reattori Figura 3.6. Sezioni d urto totali di materiali composti: AlF 3 e Al 2 O 3. Le sezioni d urto totali dei due composti sono molto simili ma il composto AlF 3 può beneficiare dell elevata sezione d urto di scattering inelastico del fluoro che permette perdite di energie più elevate negli urti. Per la costruzione del moderatore è stato quindi scelto l AlF 3. Si è quindi passati alla scelta del materiale da utilizzare per la costruzione del riflettore. Tale materiale deve avere caratteristiche della sezione d urto totale opposte a quelle del materiale moderante; infatti, avendo un elevato rapporto tra la sezione d urto alle energie epitermiche e la sezione d urto alle energie veloci, esso trasmetterà la componente veloce, disperdendola, e rifletterà la componente epitermica. In questo caso il materiale scelto è stato il nichel di cui possiamo vedere la sezione d urto totale nella figura 3.7. Figura 3.7. Sezione d urto del nichel Per la costruzione del collimatore si è invece utilizzato del piombo in quanto esso possiede una piccola sezione d urto di cattura per i neutroni, è un buon riflettore e non modifica molto l energia dei neutroni. Non sono invece stati costruiti schermi per neutroni termici e radiazione γ proprio perchè il Tapiro è un reattore veloce. 53

59 3 Misure di spettro su reattori Nella figura 3.8 possiamo vedere la colonna così come è stata implementata dal dott. Burn nella simulazione MCNP-4C [21]. Figura 3.8. Sezione orizzontale della colonna epitermica (dimensioni in cm). La colonna epitermica risulta infine in [22]: un moderatore di fluoruro di alluminio, AlF 3, compresso (densità 1.85 g cm 3 ) posto dentro scatole di alluminio, Al, (di spessore 5 mm). Sono disponibili 6 scatole in modo tale da poter variare lo spessore del moderatore cambiando il numero di scatole utilizzate. Solitamente si utilizzano tre scatole per uno spessore di 37 cm di AlF 3 e 3 cm di Al; una cavità lunga 76.5 cm circondata da un riflettore in nichel di spessore 7.5 cm; un collimatore di piombo lungo cm con due variazioni di angolo (dopo 30 cm e dopo altri 49.5 cm) che massimizzano il flusso neutronico all apertura del collimatore stesso; uno spessore di 5 cm di polietilene litiato per l assorbimento dei neutroni al di fuori della zona di irraggiamento (viene utilizzato il 6 Li e non il 10 B poichè i γ derivanti dalla reazione di cattura dovuta al Li sono di più bassa energia). Per ottenere una maggiore flessibiltà una parte del collimatore può essere rimossa e si possono così ottenere due aperture differenti, una di 12x12 cm 2 e una di 20x20 cm 2 (figura 3.9) Misure sperimentali Nel Luglio 2007 sono state effettuate misure della componente veloce dello spettro neutronico al Tapiro per poterle confrontare con le simulazioni del 54

60 3 Misure di spettro su reattori Figura 3.9. collimatore con differenti aperture dott. Burn. Le misure sono state realizzate utilizzando lo spettrometro testato presso l Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo. Dopo alcune prove finalizzate a determinare la potenza di utilizzo del reattore al fine di non saturare i dosimetri, si e utilizzato quattro volte il set di dosimetri componenti lo spettrometro ponendolo 2 volte in posizione adiacente alla finestra di uscita del fascio e 2 volte a 10 cm di distanza dalla finestra stessa in modo tale da poter anche valutare come varia con la distanza la dose in aria (3.10). Figura Spettrometro BDS posto alla finestra di uscita del fascio e a 10 cm di distanza. 55

61 3 Misure di spettro su reattori Le misure sono avvenute con: potenza 2 W; tempo di esposizione 300 s apertura del collimatore 20x20 cm 2. I valori ottenuti con i dosimetri sono poi stati elaborati con il codice di unfolding BUNTO per ottenere gli spettri sperimentali da confrontare con quelli simulati. La tabella 3.1 riporta l equivalente di dose misurata dai diversi dosimetri a disposizione. 0 cm da finestra di uscita 10 cm da finestra di uscita SOGLIA BDS SOGLIA BDS (kev) (mrem) (kev) (mrem) Tabella 3.1. Misura dell equivalente di dose neutronica tramite lo spettrometro BDS. Nella figura 3.11 si può vedere il confronto tra lo spettro sperimentale e quello simulato alla finestra di uscita del fascio. Gli spettri sperimentale e simulato sono abbastanza simili se non per una discordanza nella zona delle energie veloci che porta poi anche ad una differente stima delle dosi integrali in gioco; sarebbero forse necessarie ulteriori misure per verificare l esistenza di tale diversità. 56

62 3 Misure di spettro su reattori Figura Confronto spettro sperimentale - spettro simulato a alla finestra di uscita del fascio Nella figura 3.12 si può invece vedere il confronto tra gli spettri sperimentali ottenuti uno alla finestra di uscita del fascio e uno a 10 cm di distanza. Figura Confronto spettro sperimentale alla finestra di uscita del fascio e a 10 cm di distanza 57

63 3 Misure di spettro su reattori L accordo tra i due spettri è il che sembrerebbe confermare la misura precedente; la differenza in dose integrale misurata è circa del 20%. 3.3 Reattore LVR-15 di Rez, Praga L LVR-15 è un reattore veloce situato all interno del Nuclear Physics Institute di Rez nei pressi di Praga. Nel 1987 il Nocciolo presentava un arricchimento in 235 U al 80%, successivamente è stato ricostruito con un arricchimento in 235 U al 36%. È un reattore a potenza elevata (10 MW), raffreddato ad acqua. Figura Reattore LVR-15 del Nuclear Physics Institute di Rez nei pressi di Praga Colonna epitermica All interno del Nuclear Physics Institute di Rez è stata costruita una colonna epitermica da applicare al reattore con lo scopo di ottenere flussi neutronici adatti al trattamento di glioblastomi. Nella figura 3.14 si può vedere la colonna epitermica ed i suoi componenti. All ingresso della colonna è posto uno shutter in quanto il reattore è sempre acceso, quindi l apertura e la chiusura dello shutter permettono di portare flusso di neutroni all interno della colonna. La colonna è composta da: un moderatore è composto da strati alternati di alluminio e fluoruro di alluminio (rispettivamente blu e verde): 4 strati iniziali di AlF 3 di spessore 5 cm per uno spessore totale di 20 cm, quindi si alternano strati di spessore 5 cm di Al e AlF 3, quindi 10 cm di Al, 5 cm di AlF 3 e 10 cm di Al; 58

64 3 Misure di spettro su reattori uno spessore di 11 cm composto da un cilindro in bismuto (in azzurro) di diametro 18.6 cm circondato da piombo (in grigio). Tale strato ha la funzione di diminuire la componente γ e quindi la dose indesiderata; un riflettore lungo 48 cm in piombo; il collimatore lungo 89 cm composto esternamente da Piombo e internamente da strati di AlF 3 uno schermo in titanio (in arancione) di spessore 1 cm; un prolungamento del collimatore in piombo di lunghezza 24.5 cm che porta il flusso all apertura circolare di 12 cm; Tutta la colonna è poi contenuta in un cilindro cavo di ferro (in giallo) di spessore 2 cm circondato da cemento (in viola). Figura Colonna epitermica applicata al reattore LVR Misure sperimentali Nel Luglio 2007 sono state effettuate delle misure della componente veloce dello spettro neutronico al reattore LVR- 15 di Rez. Le misure sono state realizzate con lo spettrometro BDS. La potenza del reattore non può però essere variata e questo ha provocato non pochi problemi. Infatti i flussi neutronici erano troppo elevati e i primi tentativi hanno portato alla saturazione dei dosimetri a bolle: le bolle generate erano talmente fitte da non poter essere contate a occhio nudo (vedi figura Per questo motivo le misure sono state effettuate all interno di una vasca piena d acqua lunga 25 cm in modo tale da poter diminuire la componente veloce che è quella che viene misurata dai dosimetri BDS dello spettrometro. Lo spettrometro BDS è stato posto alla fine della vasca, dopo 24 cm di acqua e lo shutter 59

65 3 Misure di spettro su reattori Figura dosimetro BDS saturato. della colonna è stato tenuto aperto circa 30 secondi. Lo spettro ottenuto in queste condizioni è rappresentato in figura 3.16) ed è stato confrontato con lo spettro simulato dai ricercatori del Nuclear Physics Institute di Rez. Figura Spettro neutronico veloce ottenuto ponendo lo spettrometro in una vasca piena d acqua dopo 24 cm di acqua. Gli spettri mostrati sono normalizzati al flusso totale poichè non si conoscevano le condizioni utilizzate nella simulazione fornitaci. Non possono quindi essere confrontate le dosi integrali fornite ma gli spettri risultano comunque confrontabili tra di loro. 60

66 Capitolo 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Il progetto PhoNeS dell Istituto Nazionale di Fisica Nucleare intende sviluppare una sorgente di neutroni che possa essere facilmente introdotta all interno di una struttura ospedaliera al fine di effettuare trattamenti BNCT. Esso si svolge in collaborazione con: le sezioni INFN di Torino e di Trieste; l Università di Trieste; l Università Uninsubria di Como; l Azienda ospedaliera Sant Anna di Como; l Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste; l Ospedale Molinette di Torino; l Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo; l Ospedale S. Luigi di Orbassano, Torino. In particolare si intende utilizzare fotoneutroni prodotti dalla conversione della radiazione γ generata dagli acceleratori lineari (18 e 25 MeV), già esistenti in molte strutture ospedaliere, attraverso il meccanismo della risonanza gigante. Per raggiungere questo obiettivo vengono introdotte delle opportune strutture schermanti e moderanti (il cui insieme viene detto convertitore fotoneutronico), senza necessità di modificare ad hoc le apparecchiature esistenti negli ospedali. Tale fotonvertitore deve quidi essere in grado di convertire il più possibile il flusso di γ uscente dal Linac in un flusso di neutroni e quindi di moderare tali neutroni fino alle energie termiche o epitermiche a seconda della profondità nel tessuto biologico della zona da trattare. Tale metodo prevede quindi due fasi: 61

67 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) 1. produzione di neutroni da reazione (γ,n) per risonanza gigante di dipolo su materiali ad alto numero atomico; 2. moderazione dei neutroni prodotti fino alle enrgie termiche o epitermiche I vantaggi derivanti dall utilizzo di una sorgente di neutroni interna ad una struttura ospedaliera sono notevoli: possibilità di effettuare trattamenti BNCT nei normali reparti di radioterapia degli ospedali; disponibilità di una apparecchiatura versatile, di dimensioni contenute e facilmente rimovibile; possibilità di realizzare diversi tipi di moderatore per fornire fasci di neutroni termici, epitermici o misti, in funzione delle esigenze mediche; richieste mediche soddisfatte (ad esempio condizioni asettiche); possibilità di disporre di tutto il necessario per assistenza, degenza, terapie congiunte e situazioni di emergenza; miglior impatto sull opinione pubblica rispetto all utilizzo di un reattore nucleare. Un ulteriore vantaggio sarebbe poi rappresentato dalla possibilità immediata di effettuare trattamenti radioterapici tramite BNCT in tutti quei paesi (tra cui anche l Italia) in cui non è possibile accedere a questa terapia poichè non esistono reattori adibiti a tale scopo. 4.1 Produzione da (γ,n), risonanza gigante di dipolo Un normale acceleratore Linac da radioterapia produce un fascio collimato di elettroni monoenergetici da 18 MeV o 25 MeV (a seconda del Linac utilizzato) che, incidendo su un target, solitamente composto di tungsteno, generano fotoni di bremsstrahlung di energia massima di 18 MeV o 25 MeV. I γ prodotti possono indurre il rilascio di un neutrone da un nucleo se l energia del γ stesso è superiore all energia di legame di separazione di un neutrone. Al di sopra di questa soglia, la sezione d urto per produzione di neutroni cresce con l energia dei fotoni E γ, raggiunge un valore massimo, quindi decresce al successivo aumentare di E γ ; il massimo della sezione d urto viene detto risonanza gigante di dipolo [23] [24]. Nella figura 4.1 è riportato l andamento della sezione d urto per la reazione 208 Pb(γ,n) 207 Pb in funzione dell energia del γ; come si può vedere la risonanza gigante di dipolo si presenta attorno ai 14 MeV. 62

68 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura 4.1. Sezioni d urto per la reazione 208 Pb(γ,n) 207 Pb in funzione dell energia del γ La risonanza gigante è attribuita all acquisizione di un momento di dipolo elettrico indotto ad alta frequenza da parte del nucleo; questo dipolo è generato dal fotoassorbimento di γ con energie comprese tra 10 e 30 MeV che induce uno spostamento relativo dei protoni e dei neutroni confinati nel nucleo stesso. Per nuclei pesanti la risonanza gigante decade prevalentemente con emissione di un neutrone; ad energie più elevate dei γ incidenti è possibile anche l emissione di due neutroni. L emissione di particelle cariche quali protoni (sempre nel caso di nuclei pesanti) è invece fortemente inibita dalla barriera coulombiana il cui valore è maggiore dell energia di soglia della risonanza gigante. Per nuclei a basso Z, invece, si hanno con la stessa probabilità le reazioni (γ,p) e (γ,n); questo è dovuto alla compensazione tra riduzione della barriera coulombiana ed aumento parziale dell energia di separazione dei neutroni. La soglia di reazione (γ,n) dipende debolmente dal numero atomico del materiale considerato (è circa 8 MeV per gli elementi ad alto numero atomico (W,Pb) e MeV per elementi a basso numero atomico (O,C)) [25]. Anche la risonanza gigante di dipolo si presenta nei nuclei pesanti ad energie più basse (13-15 Mev per nuclei pesanti, MeV per nuclei leggeri) ed il valore della sezione d urto corrispondente è, per gli elementi ad alto Z, circa 63

69 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) 50 volte superiore rispetto a quello per i materiali a basso Z. Nella tabella 4.1 sono confrontati i valori di soglia per alcuni materiali a basso Z e altri ad alto Z [26] mentre nella figura 4.2 si può vedere il confronto tra la sezione d urto per reazioni (γ,n) del tungsteno e del carbonio. Come si può vedere per il tungsteno il massimo della sezione d urto è di circa 550 mb mentre per il carbonio è di circa 8 mb. Materiale ad alto Z Energia di soglia Materiale a basso Z Energia di soglia (MeV) (MeV) Fe 11,20 C 18,72 Cu 10,85 O 15,66 W 7,41 P 12,3 Pb 6,74 Ca 15,64 Tabella 4.1. Energia di soglia per la reazione (γ,n) per alcuni materiali Figura 4.2. Confronto tra sezioni d urto (γ,n) di tungsteno e carbonio Nella figura 4.3 si può invece vedere il numero di neutroni prodotti per potenza disponibile in elettroni in funzione dell energia degli elettroni stessi per diversi materiali [25] [23]. I materiali con la miglior resa sono Pb, W e U, per i quali attorno a 15 MeV di energia degli elettroni entranti, usati per produrre γ, l eccitazione della risonanza gigante fornisce già circa n kw 1 di potenza disponibile in elettroni, mentre alla saturazione, raggiunta a circa 30 MeV, il numero di neutroni prodotti è doppio. Per energie superiori la produzione di neutroni è semplicemente proporzionale alla corrente media di elettroni e alla loro energia (o al potenziale accelerante MV). 64

70 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura 4.3. confronto del numero di neutroni prodotti in funzione dell energia degli elettroni per diversi materiali Da questo primo confronto, è evidente che per convertire il più possibile la radiazione γ in neutroni, risulta vantaggioso utilizzare materiali ad alto Z. Tuttavia è importante sottolineare che all interno della testata del Linac è presente del tungsteno, pertanto all uscita dall acceleratore lineare sono già presenti, oltre alla radiazione γ, dei neutroni. Nel grafico 4.4 possiamo osservare lo spettro dei neutroni in uscita dall acceleratore VARIAN CD da 18 MeV dell Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (IRCC) simulato con il codice MCNP-GN. Come si può vedere dalla figura 4.4 la maggior parte dei neutroni prodotti sono neutroni veloci. Fino ad adesso abbiamo analizzato i materiali in funzione della loro capacità di produrre il maggior numero possibile di neutroni, senza preoccuparci in alcun modo dell energia dei neutroni prodotti. I neutroni generati per risonanza gigante hanno però energie tipiche dei loro legami nucleari; quindi per elementi quali Pb, W e U, sono distribuiti nella regione fino a circa 8 MeV con un valore medio a quasi 2 MeV. Non ci deve quindi stupire il fatto che i neutroni prodotti dalla testata del Linac di Candiolo, dove i collimatori sono composti di tungsteno, siano neutroni veloci. Tali neutroni, come quelli che verranno prodotti dal fotoconvertitore, per essere terapeuticamente utilizzabili, devono quindi essere moderati e la loro energia deve essere inferiore ai 10 kev, eventualmente fino ad energie termiche. Il fotoconvertitore deve quindi anche possedere una parte adatta 65

71 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura 4.4. Spettro di neutroni in uscita dall acceleratore VARIAN CD da 18 MeV dell Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (IRCC) [14] alla moderazione dei neutroni prodotti. 4.2 Moderazione di neutroni I neutroni possono interagire con la materia attraverso diverse reazioni di scattering: urti elastici (n,n) cattura radiativa (n,γ) urti anelastici (n,n ) (n,2n) urti non elastici (n,p) (n,α) Ulteriori fenomeni di scattering possono essere la spallazione e la fissione: la prima avviene solo per energie superiori ai 20 MeV, la seconda solo per urti contro determinati materiali di grande numero atomico. Entrambe possono essere trascurate in questa trattazione. L interazione di un neutrone con un nucleo A, porta quest ultimo in uno stato eccitato A* che decade secondo uno dei processi appena elencati. La probabiltà che avvenga uno di questi processi è determinata dall energia del neutrone incidente e dalle caratteristiche del nucleo che viene colpito. Appare evidente già da un analisi dei prodotti delle varie reazioni di scattering come la reazione maggiormente utile per la moderazione di un 66

72 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) fascio di neutroni sia lo scattering elastico. Infatti in tutte le altre reazioni vengono prodotte nuove particelle che andrebbero ad aumentare la dose indesiderata. Anche nel caso di urti anelastici le particelle emesse sono neutroni ma il nucleo bersaglio rimane solitamente in uno stato eccitato che decade con l emissione di un fotone, che porta nuovamente ad un aumento di dose indesiderata. La reazione di scattering maggiormente favorevole rimane quindi quella elastica. Nell urto elastico il neutrone viene deflesso e perde parte della sua energia a favore del nucleo bersaglio, che rincula. L energia del neutrone dopo l urto può essere scritta come [19]: E = E (M A 2 + M n + 2M A M n cos ϑ) (M A + M n ) 2 (4.1) dove E è l energia del neutrone dopo l urto, E quella prima dell urto, M A la massa del nucleo bersaglio, M n la massa del neutrone e ϑ l angolo di scattering nel sistema del centro di massa. Dalla 4.1 si può quindi ricavare l energia trasferita in un singolo urto elastico: E trasferita = 2M AM n E(1 cos ϑ) (M A + M n ) 2 (4.2) Come si può vedere l energia trasferita in un singolo urto dipende dalla massa del nucleo colpito come M 1 A risultando quindi maggiore per urti contro nuclei leggeri. Una quantità adatta a rappresentare la capacità moderante di un elemento è il decremento logaritmico dell energia, ξ, definito come il valor medio di log(e/e ) dopo ogni singola collisione: ξ =< log E E > (4.3) Nella tabella 4.2 sono presentati i valori di ξ di alcuni elementi [19]. Nucleo ξ 1 H 1 2 H 0,725 4 He 0, C 0, U 0,0084 Tabella 4.2. Decremento logaritmico ξ dell energia del neutrone per urti con nuclei differenti Come si può vedere dalla tabella anche i valori di decremento logaritmico mostrano come per la moderazione dei neutroni sia quindi importante 67

73 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) l utilizzo di materiali a basso numero atomico. In particolar modo l elemento maggiormente efficace sembra essere l idrogeno in considerazione anche dell elevata sezione d urto elastica [28] (figura 4.5). Per questo motivo per la moderazione di neutroni vengono impiegati per lo più materiali idrogenati quali paraffina, polietilene e acqua. Figura 4.5. Sezione d urto per urto con neutroni dell idrogeno e del deuteronio Dalla figura 4.5 è evidente che ad energie più basse diventa importante la cattura radiativa con conseguente produzione γ. Per questo motivo è preferibile l utilizzo di materiali contenenti deuterio e non idrogeno in quanto esso risulta ancora un buon elemento moderante senza presentare alcun problema dovuto a fotoni di cattura; solitamente quindi l acqua pesante (D 2 O) è da preferire all acqua. Nella scelta del materiale moderante giocano un ruolo importante altri due fattori: 1. lo slowing down length (L s ); 2. la capture length (L). Lo slowing down length, L s, rappresenta la media quadratica della distanza tra il punto di emissione di un neutrone veloce ed il punto in cui la sua energia è scesa al limite inferiore della regione epitermica (punto in cui diventa termico). La capture length, L, rappresenta invece la distanza percorsa da un neutrone termico prima di essere catturato. Un buon moderatore, quindi, dovrà presentare un basso valore di slowing down length ed un alto valore di capture length. In tabella 4.3 si possono vedere i valori di L s ed L dei materiali utilizzati come moderanti all interno del progetto PhoNeS. 68

74 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) polietilene plexigas acqua pesante grafite C 2H4 C 5O 2H 8 D 2O C Slowing down length L s(cm) Capture length L(cm) Tabella 4.3. Proprietá di alcuni materiali moderanti per neutroni [9] 4.3 Tappe del progetto Il progetto INFN PhoNeS parte nel 2005; con questo si intende l approvazione del progetto stesso e i primi tentativi sperimentali. In realtà PhoNeS nasce ben prima tramite un lavoro di studio e di ricerca atto a definire la fattibiltà del progetto stesso. Come prima tappa del progetto PhoNeS bisogna quindi considerare tale lavoro di ricerca. In particolar modo ci si è concentrati sullo studio dei materiali più opportuni per la costruzione del fotoconvertitore tramite l analisi delle sezioni d urto di interesse e simulazioni atte a verificare la risposta dei materiali a flussi di γ o di neutroni. La seconda tappa del progetto si traduce nella progettazione e simulazione di un fotoconvertitore in grado di permettere trattamenti BNCT. Le simulazioni sono state effettuate con il codice Monte Carlo MCNP-GN dal dott. Oscar Borla all interno del suo progetto di tesi [27]. In particolare il dott. Borla ha sviluppato il progetto di un fotoconvertitore per un Linac dedicato esclusivamnete a trattamenti BNCT. Egli ha studiato quattro configurazioni ottenendo i migliori risultati con la quarta di esse (figura 4.6). Figura 4.6. Fotoconvertitore per Linac dedicato: quarta configuarzione studiata [27]. Nella tabella 4.4 sono visualizzate, e confrontate con quelle di alcuni reattori utilizzati per prove cliniche, le figure di merito della sorgente simulata 69

75 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) nella sua quarta configurazione. Essa mostra come queste siano confrontabili con quelle dei reattori presi in considerazione e come siano molto vicine (all interno nel caso del flusso utile) ai limiti stabiliti dalla IAEA. Figure di merito sorgente Flusso φ D veloce /φ D γ/φ n cm 2 s 1 Gy cm 2 Gy cm 2 HFR (Petten) BMRR (Brookhaven) MITR-II (Massachusetts) Phones IAEA > Tabella 4.4. Confronto tra le figure di merito della sorgente PhoNeS simulata e alcuni reattori attualmente utilizzati per prove cliniche (le figure di merito dei vari reattori sono state trovate sui siti ufficiali degli istituti ospitanti gli stessi) Tale studio ha accertato la fattibilità del progetto, inoltre la configurazione studiata ha costituito la base per lo sviluppo dei fotoconvertitori successivamente sviluppati per le prime misure sperimentali. La terza tappa del progetto porta alla costruzione del primo prototipo di fotoconvertitore. In particolare si è cercato di progettare un prototipo facile da costruire e da trasportare in modo da poterlo testare tramite diversi acceleratori. Per quanto riguarda la caratterizzazione di questo primo prototipo molto si deve al lavoro compiuto da Riccardo Bevilacqua all interno del suo progetto di tesi [9]. In questa prima configurazione il convertitore era composto da: una struttura esterna in grafite con al suo interno una cavità cubica di lato 30 cm; uno schermo di tungsteno adito alla produzione di neutroni. Questo è stato utilizzato solamente nel primo tentativo di caratterizzazione ed è poi stato sostituito da uno schermo in piombo per evitare problemi dovuti all attivazione del tungsteno; uno schermo di piombo sempre per la produzione di neutroni e la cattura dei γ ; una latra di plexigas per la moderazione dei neutroni. Anch essa come il tungsteno è poi stata sotituita da una lastra di polietilene; un contenitore di plexigas riempito di acqua pesante che definisce le dimensioni della cavità di trattamento (20x20x10 cm 3 ) 70

76 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Nella figura 4.7 possiamo vedere la struttura esterna in grafite e una sezione del convertitore dove si possono notare le varie componenti del fotoconvertitore. Figura 4.7. Struttura esterna in grafite e sezione del convertitore in cui si possono osservare i vari strati di piombo, polietilene e il contenitore in plexigas per l acqua pesante Il convertitore era stato progettato per eventuali trattamenti BNCT e quindi la sua cavità dovrebbe essere in grado di contenere l organo da irraggiare; per questo motivo tale prototipo è poi stato modificato nella geometria ma non nelle componenti e si è ottenuta una diversa configurazione con una cavità di dimensione 60x20x10 cm 3. Questi primi prototipi sono stati testati su Linac da 18 MeV. Successivamente sono state apportate alcune modifiche che hanno portato alla realizzazione del prototipo PhoNeS bianco che costituisce la quarta tappa del progetto phones e la cui caratterizzazione è oggetto di questa tesi. La caratterizzazione del prototipo è avvenuta tramite simulazioni MCNP- GN e misure sperimentali effettuate presso l Ospedale Molinette di Torino su Linac da 25 MeV. 4.4 Prototipo PhoNeS bianco per misure su campioni biologici Il prototipo PhoNeS bianco, caratterizzato durante il lavoro di tesi, è stato studiato in tre configurazioni, differenti tra loro per gli spessori dei materiali utilizzati. Inoltre la terza configurazione prevede la costruzione di una cavità di irraggiamento chiusa studiata espressamente per misure su campioni biologici. A questo proposito si deve ottenere un flusso di neutroni termici, preferibilmente superiore a 10 7 cm 2 s 1 ed una bassa contaminazione da neutroni veloci. In particolar modo il mio lavoro si propone di caratterizzare ed ottimizzare la cavità del prototipo: massimizzando il flusso neutronico termico; 71

77 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) minimizzando il flusso di neutroni veloci; ottenendo l uniformità della dose termica all interno della cavità. Il prototipo in questione è costituito da una struttura modulare integrata; ha dimensioni paragonabili a quelle della testata di un Linac e va posto davanti alla testata stessa all uscita del fascio γ. La sua funzione è di: convertire il flusso γ in neutroni moderare i neutroni prodotti fino alle energie terapeuticamente utili. In questo caso si vuole moderare i neutroni fino alle energie termiche; minimizzare il fondo γ. Il fotoconvertitore PhoNeS Bianco ha forma totale di parallelepipedo con dimensioni: altezza 60 cm, larghezza 60 cm, profondità 60 cm; le dimensioni della cavità variano a seconda della configurazione studiata. Il convertitore è composto, dall esterno verso l interno, da: una struttura esterna che contiene tutte le altre componenti composta da: lastra di polietilene, lastra composta al 50% da carburo di boro e 50% resina epossidica e lastra di piombo; una struttura in grafite di dimensioni 60x60x30 cm 3 con al suo interno una cavità cubica di lato 30 cm; uno schermo in piombo per la fotoproduzione dei neutroni; una parte moderante posta subito dopo lo schermo in piombo composta da strati di acqua pesante e polietilene. La struttura esterna e la struttura in grafite sono comuni a tutte e tre le configurazioni. Lo schermo in piombo e la parte moderante, variano nelle tre configurazioni studiate, solamente nelle dimensioni e non nei materiali utilizzati Descrizione delle componenti modulari Struttura esterna La struttura esterna del fotoconvertitore è composta da tre strati differenti (figura 4.8): 1. una lastra di polietilene di spessore 1 cm 2. uno schermo di spessore 2 mm composto al 50% da carburo di boro e al 50% da resina epossidica 3. uno schermo in piombo di spessore 1 mm 72

78 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura 4.8. Struttura esterna in polietilene e posizionamento degli schermi di carburo di boro-resina epissodica (viola) e piombo (arancione) nella simulazione MCNP-GN (la struttura di polietilene e in grigio). La lastra di polietilene ha funzione puramente estetica rendendo il fotonvertitore maggiormente adatto al suo utilizzo in un reparto ospedaliero. Gli schermi di piombo e carburo di boro - resina epossidica hanno invece la funzione di diminuire le radiazioni fuori dalla cavita. Esse infatti vengono poste su tutti i lati della struttura in polietilene tranne che su quello rivolto verso la testata del Linac (vedi figura 4.9). La lastra di piombo serve per catturare i γ che altrimenti uscirebbero dal fotoconvertitore. I γ che giungono a questo schermo di piombo non hanno piu energia sufficiente per dare luogo a produzione di neutroni e vengono quindi catturati senza produzione di particelle. La lastra composta di carburo di boro - resina epossidica serve per catturare i neutroni residui che giungono moderati dalla struttura in grafite e quindi si sfrutta l elevata sezione d urto di cattura neutronica del boro per neutroni termici. Struttura in grafite La struttura in grafite utilizzata in questo prototipo (figura 4.9) e rimasta invariata rispetto ai prototipi studiati nelle tappe precedenti del progetto PhoNeS (vedi prima foto di figura 4.7). Essa e composta da quattro blocchi di grafite estrusa, densita 1.75 g cm 3 ; i due blocchi maggiori hanno dimensione 15x30x60 cm3, gli altri due hanno dimensione 15x30x30 cm3 ; i blocchi sono disposti in modo da lasciare al loro interno una cavita cubica di lato 30 cm. La grafite ha lo scopo di moderare i neutroni veloci prodotti per risonanza 73

79 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura 4.9. Struttura esterna in polietilene e posizionamento degli schermi di carburo di boro-resina epissodica (viola) e piombo (arancione) nella simulazione MCNP-GN (la struttura di polietilene e in grigio. gigante di dipolo dai fotoni incidenti sullo schermo in piombo. Si utilizza la grafite per le sue proprieta di moderante viste nella tabella 4.3 unite al fatto che nell urto con il carbonio vi e una certa probabilita che il neutrone venga deflesso in direzione della cavita terapeutica andando ad aumentare il flusso neutronico utilizzabile. Schermo in piombo Figura Posizionamento degli schermi in piombo All intermo della cavita 30x30x30 cm3 ricavata dalla struttura in grafite 74

80 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) viene posto, adiacente al lato in polietilene, rivolto verso la testata dell acceleratore, uno schermo di piombo con la funzione di produrre neutroni per risonanza gigante (figura 4.10). Sono disponibili 3 lastre di piombo di spessore 5 cm. In questo modo si è potuto variare lo spessore dello strato di piombo semplicemente rimuovendo una delle lastre. Si sono studiate configurazioni con spessori di 10 cm e 15 cm di piombo. Struttura moderante La struttura moderante che viene posta accanto allo schermo in piombo è composta da strati di acqua pesante più, nell ultima configurazione, un piccolo strato di polietilene. L acqua pesante è contenuta in scatole di fibra di carbonio. Le lastre in fibra di carbonio hanno uno spessore di 3 mm e le scatole hanno dimensioni esterne differenti: box 1 e 2: 5x30x15 cm 3 ; box 3 e 4: 5x20x15 cm 3 ; box 5 e 6: 5x20x20 cm 3 ; box 7 e 8: 5x30x30 cm 3. La densità media di tali scatole è di 2.06 g cm 3. La scatola 7 viene posta adiacente allo schermo di piombo, le scatole 1 e 2 vengono poste lungo il lato superiore ed inferiore della cavità e le scatole 3 e 4 vengono poste lungo il lato destro e sinistro della cavità. La scatola 5 viene sistemata all interno della cavità; la scatola 6 viene invece utilizzata nella terza configurazione per chiudere la cavità. Le scatole poste lateralmente, inferiormente e superiormente sporgono di 5 cm dalla cavità cubica ricavata nella struttura in grafite. Variando il numero di scatole adiacenti allo schermo di piombo (aggiungendo quindi la scatola 8 alla 7) si può variare lo spessore di acqua pesante utilizzato. L eventuale aumento dello spessore di acqua pesante contribuisce a moderare i neutroni e non crea problemi di diminuzione di flusso in quanto come si può vedere dalla tabella 4.3 il valore della capture length è molto elevato: 102 cm. 75

81 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Visione laterale del prototipo dopo il posizionamento delle scatole di acqua pesante. Posizionamento prototipo Il prototipo di fotoconvertitore descritto nei paragrafi precedenti si presenta quindi come una struttura compatta di colore bianco con una cavita centrale (figura 4.12). Esso viene posizionato il piu possibile adiacente alla finestra di uscita del fascio γ del Linac utilizzato. Il centro del blocco fotoconvertitore viene posto in corrispondenza del centro del campo di radiazione del Linac; il corretto posizionamento avviene attraverso l utilizzo di opportune luci laser presenti nel bunker (stanza dove e posizionato il Linac), utilizzate per determinare la corretta posizione del paziente rispetto al campo fotonico in sede radioterapica (figura 4.12). Figura prototipo PhoNeS Bianco montato correttamente. 76

82 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Configurazioni studiate Il prototipo finora descritto è stato studiato in tre configurazioni differenti per gli spessori di piombo usati e per la struttura moderante in acqua pesante. In particolar modo la terza configurazione porta alla formazione di una cavità chiusa tramite un ulteriore scatola di acqua pesante. Nella figura 4.13 si possono vedere le tre configurazioni studiate. Figura Geometria delle configurazioni implementata nelle simulazioni MCNP-GN. La prima configurazione risulta essere costituita da: 15 cm di piombo 10 cm di acqua pesante dimensioni cavità 20x20x10 cm 3 Nella seconda configurazione uno strato di piombo viene sostituito con una scatola d acqua pesante ed è quindi costituita da: 10 cm di piombo 15 cm di acqua pesante dimensioni cavità 20x20x10 cm 3 La terza configurazione detta anche a cavità chiusa è simile alla seconda con l aggiunta di: uno strato di polietilene spesso 3 cm adiacente all ultima scatola di acqua pesante; una scatola di acqua pesante che chiude la cavità. Essa risulta quindi costituita da: 77

83 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) 10 cm di piombo 15 cm di acqua pesante 3 cm di polietilene 5 cm di acqua pesante a chiudere la cavità dimensioni cavità 20x20x5 cm Misure Le tre configurazioni presentate nel paragrafo precedente sono state caratterizzate tramite simulazioni Monte Carlo (codice MCNP-GN) e misure sperimentali. Le misure sperimentali sono state effettuate presso l ospedale Molinette di Torino all interno del reparto di Radioterapia. L acceleratore utilizzato è un ELEKTA SLIT SL25, che presenta un energia nominale di 25 MeV, un dose rate di irraggiamento tra i 100 e i 400 UM/min e produce un campo di dimensioni massime pari a 40x40 cm 2. I dati sperimentali sono stati ottenuti con un campo di radiazione 10x10 cm 2 sulla superficie del lettino (SSD), posizionato a 100 cm dal target, definito da un apertura 10x10cm 2 dei jaws e 40x40cm 2 del multileaf collimator; durante le misure è stato impostato un dose rate di 100 UM/min. Per ognuna delle tre configurazioni la caratterizzazione è avvenuta tramite: analisi dello spettro simulato dal codice Monte-Carlo; mappatura della cavità. Sono stati utilizzati i rivelatori integrali termici (BDT) e veloci (BD-PND) e una parte dello spettrometro (i cinque dosimetri di soglia 10 kev). Sono stati posti quattro BDT, quindi cinque BD-PND ed infine i cinque dosimetri di soglia 10 kev in posizioni differenti della cavità (uno lungo il lato superiore, uno lungo il lato inferiore, uno lungo il lato destro e uno lungo il lato sinistro; il quinto BD-PND/BDS è stato posto in centro) misurando così le dosi integrali termiche (E < 0.4 ev) e veloci (E > 10 kev) rilasciate. È stata così verificata l uniformità delle dosi. I risultati ottenuti sperimentalmente sono stati confrontati con i risultati delle simulazioni MCNP-GN; Analisi dello spettro dei neutroni veloci, elaborato dal Codice BUN- TO a partire dalle dosi dello spettrometro BDS e confronto con lo spettro veloce ottenuto con la simulazione MCNP-GN. Le dosi dello spettrometro BDS sono state ottenute utilizzando cinque dosimetri dello spettrometro di soglie differenti( kev), e ponendoli molto vicini tra di loro. 78

84 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Per quanto riguarda la mappatura della cavità per neutroni veloci i valori sperimentali misurati con i dosimetri BDS di soglia 10 kev, appartenenti allo spettrometro, e quelli simulati sembrano in buon accordo fra di loro. Sono invece risultati abbastanza differenti i valori misurati tramite dosimetri integrali BD-PND. Questo è dovuto al fatto che tali dosimetri misurano la dose rilasciata da neutroni di energia compresa tra 100 kev e MeV mentre sia la dose simulata che quella misurata tramite BDS di soglia 10 kev prendono in considerazione i neutroni di energia compresa tra 10 kev e MeV. Inoltre i dosimetri BD-PND sono tarati considerando un fattore di conversione flusso-dose medio all interno dell intervallo di energia misurato (100 kev - 15/20 MeV) portando così a un errore sistematico dovuto alle grandi variazioni di tale fattore di conversione in quel range energetico. Per questo motivo nei paragrafi successivi non verrano riportati i valori ottenuti con i dosimetri integrali BD-PND Prima configurazione 10 cm Pb + 15 cm D 2 O Figura Geometria della prima configurazione implementata nelle simulazioni MCNP-GN. Analisi spettro simulato La figura 4.15 mostra lo spettro ottenuto con la simulazione MCNP-GN per la prima configurazione. Lo spettro neutronico ottenuto è composto maggiomente da neutroni termici (35% del totale). Questo significa che le componenti studiate svolgono il proprio compito, infatti tale configurazione è stata in grado di shiftare il picco di produzione neutronica di un acceleratore Linac (figura 4.4) dalla regione veloce alla regione termica. D altra parte si può comunque notare come la componente veloce non sia per nulla trascurabile: essa rappresenta ancora il 20% del flusso totale. Questa prima analisi mostra come questa configurazione debba essere migliorata per cercare di ridurre il flusso di neutroni veloci e quindi la dose indesiderata. 79

85 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Spettro neutronico della prima configurazione simulato dal codice Monte Carlo MCNP-GN. Per neutroni termici si intendono i neutroni con energia < di 0.4 ev, per neutroni veloci i neutroni con energia > di 10 kev. Mappatura Cavità per neutroni termici Nella figura 4.16 si può vedere il posizionamento dei dosimetri e le dosi misurate mentre nella tabella 4.5 e in figura 4.17 vengono confrontate le dosi termiche ottenute con la simulazione MCNP-GN con le misure sperimentali. Figura Mappatura della cavità della prima configurazione per neutroni termici. 80

86 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) posizione nella dose simulata dose sperimentale BDT cavità E<0.4eV (µsv/s) E<0.4eV (µsv/s) basso 26,1 ± 0,6 26 ± 5 alto 24,4 ± 0,6 20 ± 4 sinistra 26,2 ± 0,7 29 ± 6 destra 24,9 ± 0,6 27 ± 5 Tabella 4.5. Confronto tra dosi termiche misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. Figura Confronto tra dosi termiche misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. Le dosi termiche nelle quattro posizioni sono confrontabili all interno degli errori stimati sia per le misure sperimentali che per quelle simulate; quindi la dose termica può, in prima approssimazione, essere considerata uniforme. Inoltre i valori sperimentali e quelli simulati sono anch essi confrontabili all interno degli errori stimati. Mappatura Cavità per neutroni veloci Con medesima procedura è stata effettuata la mappatura della cavità per neutroni veloci. Le misure qui riportate sono state effettuate con una parte dello spettrometro BDS: i cinque dosimetri BDS a soglia 10 kev. L incertezza delle dosi misurate tramite BDS è stato assunto del 20% nonostante la casa produttrice indichi il 10%; questo a causa della difficoltà nel conteggio delle bolle. Così sarà fatto nell analisi dei dati di tutte tre le configurazioni. Nella figura 4.18 si può vedere il posizionamento dei dosimetri e le dosi misurate mentre nella tabella 4.6 e in figura 4.19 viene mostrato il confronto 81

87 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) tra le dosi veloci ottenute con la simulazione MCNP-GN e quelle misurate sperimentalmente. Le dosi veloci nelle quattro posizioni sono confrontabili all interno degli errori stimati sia per le misure sperimentali che per quelle simulate e quindi la dose veloce può in prima approssimazione essere considerata uniforme. Inoltre i valori sperimentali misurati con i dosimetri BDS di soglia 10 kev e quelli simulati sembrano in buon accordo fra di loro. Figura Mappatura della cavità per neutroni veloci. posizione nella dose simulata dose sperimentale cavità E>10keV (µsv/s) E>10keV (µsv/s) centro 79 ± 3 67 ± 13 basso 67 ± 2 71 ± 14 alto 71 ± 2 66 ± 14 sinistra 66 ± 2 73 ± 15 destra 73 ± 3 70 ± 14 Tabella 4.6. Confronto tra dosi veloci misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. 82

88 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra dosi veloci misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. Analisi delle spettro dei neutroni veloci Lo spettro dei neutroni veloci è stato ottenuto tramite l unfolging BUNTO delle dosi misurate con i dosimetri componenti lo spettrometro. Nella tabella 4.7 sono riportate le misure ottenute tramite lo spettrometro BDS mentre nella figura 4.20 è mostrato il confronto tra lo spettro veloce ottenuto tramite unfolding e lo spettro simulato con MCNP-GN. Lo spettro sperimentale risulta essere confrontabile con spettro simulato considerando le incertezze sulle misure e, cosa più importante, le dosi integrali stimate sono confrontabili all interno degli errori stimati. Soglia BDS (kev) dose equivalente (mrem/um) 10 6, , , , ,90 Tabella 4.7. Misura della dose equivalente neutronica tramite lo spettrometro BDS. 83

89 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra lo spettro dei neutroni veloci simulato e ottenuto con l unfolding delle dosi misurate con lo spettrometro BDS Seconda configurazione 15 cm Pb + 10 cm D 2 O Per cercare di aumentare la percentuale di neutroni termici e diminuire quella di neutroni veloci è stato sostituito uno spessore di 5 cm di piombo con uno di 5 cm di acqua pesante. Figura Geometria della seconda configurazione implementata nelle simulazioni MCNP-GN. 84

90 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Analisi spettro simulato La figura 4.22 mostra lo spettro ottenuto con la simulazione MCNP-GN per la seconda configurazione. Figura Spettro neutronico della seconda configurazione simulato con il codice Monte Carlo MCNP-GN.Per neutroni termici si intendono i neutroni con energia < di 0.4 ev, per neutroni veloci i neutroni con energia > di 10 kev. La componente termica stimata tramite simulazione MCNP-GN è aumentata, rispetto alla prima configurazione, passando dal 35% al 47% mentre quella veloce è diminuita passando dal 20% al 13%. Da questa prima analisi questa configurazione sembra essere maggiormente adatta allo scopo prefissato. D altra parte ancora la componente veloce non è per nulla trascurabile rappresentando il 13% del flusso totale. Anche questa configurazione deve quindi essere migliorata per cercare di ottenere un minor flusso di neutroni veloci e quindi una minor dose indesiderata. Mappatura Cavità per neutroni termici In figura 4.23 si può vedere il posizionamento dei dosimetri e le dosi misurate mentre nella tabella 4.8 e in figura 4.24 vengono confrontate le dosi termiche ottenute con la simulazione MCNP-GN con quelle misurate sperimentalmente. 85

91 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Mappatura della cavità della seconda configurazione per neutroni termici. posizione nella dose simulata dose sperimentale BDT cavità E<0.4eV (µsv/s) E<0.4eV (µsv/s) basso 28,7 ± 0,5 29 ± 6 alto 30,3 ± 0,6 27 ± 5 sinistra 29,7 ± 0,7 41 ± 8 destra 30,1 ± 0,7 32 ± 6 Tabella 4.8. Confronto tra dosi termiche misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. Figura Confronto tra dosi termiche misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. I valori sperimentali e quelli simulati delle dosi termiche nelle quattro 86

92 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) posizioni sono confrontabili fra di loro all interno degli errori stimati ad eccetto del valore sperimentale misurato dal dosimetro posto sul lato sinistro della cavità; tale dato andrebbe verificato con un ulteriore misura. I risultati della simulazione stimano inoltre dosi termiche uniformi all interno della cavità mentre i valori sperimentali oscillano maggiormente. Per un eventuale utilizzo di tale cavità per misure su campioni biologici sarebbe necessario testare nuovamente l uniformità della dose termica tramite ulteriori misure sperimentali. Mappatura Cavità per neutroni veloci La mappatura della cavità per neutroni veloci è stata effettuata come per la prima configurazione utilizzando i dosimetri BDS a soglia 10 kev. Nella figura 4.25 si può vedere il posizionamento dei dosimetri e le dosi misurate mentre nella tabella 4.9 e figura 4.26 vengono confrontate le dosi veloci ottenute con la simulazione MCNP-GN con quelle misurate sperimentalmente. Figura Mappatura della cavità per neutroni veloci. posizione nella dose simulata dose sperimentale cavità E>10keV (µsv/s) E>10keV (µsv/s) centro 49 ± 1 49 ± 10 basso 50 ± 3 50 ± 10 alto 45 ± 1 45 ± 9 sinistra 45 ± 2 46 ± 9 destra 46 ± 2 43 ± 9 Tabella 4.9. Confronto tra dosi veloci misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. 87

93 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra dosi veloci misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. Anche nella seconda configurazione le dosi veloci nelle quattro posizioni sono confrontabili all interno degli errori stimati sia per le misure sperimentali che per quelle simulate, quindi la dose veloce può, in prima approssimazione essere considerata uniforme; inoltre i valori sperimentali misurati con i dosimetri BDS di soglia 10 kev e quelli simulati sembrano in buon accordo fra di loro. Analisi delle spettro dei neutroni veloci Nella tabella 4.10 sono riportate le misure ottenute tramite lo spettrometro BDS mentre nella figura 4.27 è mostrato il confronto tra lo spettro veloce ottenuto tramite unfolding e lo spettro simulato con MCNP-GN. Soglia BDS (kev) dose equivalente (mrem/um) 10 5, , , , ,03 Tabella Misura della dose equivalente neutronica tramite lo spettrometro BDS. 88

94 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra lo spettro dei neutroni veloci simulato e quello ottenuto con l unfolding delle dosi misurate con lo spettrometro BDS. Come si può vedere, anche in questo caso, lo spettro sperimentale risulta essere simile allo spettro simulato e, cosa più importante, le dosi integrali stimate sono confrontabili all interno degli errori stimati Terza configurazione: cavità chiusa 15 cm Pb + 10 cm D 2 O + 3 cm polietilene + 5 cm D 2 O a chiudere la cavità Figura Geometria della terza configurazione implementata nelle simulazioni MCNP-GN. Per cercare di aumentare ancora la percentuale di neutroni termici e diminuire quella di neutroni veloci è stato inserito uno spessore di 3 cm di 89

95 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) polietilene adiacente ai 15 cm di acqua pesante. Inoltre è stata posta una scatola di acqua pesante a chiudere la cavità per cercare di aumentare il flusso di neutroni termici sfruttando il backscattering. Analisi spettro simulato La figura 4.29 mostra lo spettro ottenuto con la simulazione MCNP-GN per la terza configurazione. Figura Spettro neutronico della terza configurazione simulato dal codice Monte Carlo MCNP-GN. La figura mostra come la componente termica stimata tramite simulazione MCNP-GN sia ancora aumentata, rispetto alla seconda configurazione, passando dal 47% al 73% mentre quella veloce è diminuita passando dal 13% al 6%. La percentuale di neutroni veloci stimata è molto bassa. L analisi dello spettro simulato sembra quindi indicare che tale configurazione è maggiormente adatta allo studio di campioni biologici. Mappatura Cavità per neutroni termici Nella figura 4.30 si può vedere il posizionamento dei dosimetri e le dosi misurate mentre nella tabella 4.11 e in figura 4.31 vengono confrontate le dosi termiche ottenute con la simulazione MCNP-GN con quelle misurate sperimentalmente. 90

96 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Mappatura della cavità della terza configurazione per neutroni termici. posizione nella dose simulata dose sperimentale BDT cavità E<0.4eV(µSv/s) E<0.4eV (µsv/s) basso 56,3 ± 0,8 49 ± 10 alto 56,1 ± 0,8 50 ± 10 sinistra 55,4 ± 0,6 48 ± 9 destra 57,1 ± 0,9 47 ± 9 Tabella Confronto tra dosi termiche misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. Figura Confronto tra dosi termiche misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. 91

97 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Le dosi termiche nelle quattro posizioni sono confrontabili all interno degli errori stimati sia per le misure sperimentali che per quelle simulate e quindi la dose termica può in prima approssimazione essere considerata uniforme. Inoltre i valori sperimentali e quelli simulati sembrano confrontabili all interno dgli errori stimati. Mappatura Cavità per neutroni veloci La mappatura della cavità per neutroni veloci è stata effettuata come per la prima configurazione utilizzando i dosimetri BDS a soglia 10 kev. A causa del limitato tempo in cui il Linac è stato messo a nostra disposizione sono stati posti soltanto due dosimetri all interno della cavità, uno sul lato destro e uno sul lato sinistro. Tutto ciò per poter ancora effettuare la misura di spettro neutronico tramite spettrometro BDS che implica obbligatoriamente l utilizzo di cinque dosimetri e quindi un tempo di conteggio (delle bolle) maggiore. Nella figura 4.32 si può vedere il posizionamento dei dosimetri e le dosi misurate mentre nella tabella 4.12 e nalla figura 4.33 vengono confrontate le dosi veloci ottenute con la simulazione MCNP-GN con quelle misurate sperimentalmente. Figura Mappatura della cavità per neutroni veloci. posizione nella dose simulata dose sperimentale cavità E>10keV (µsv/s) E>10keV (µsv/s) sinistra 32 ± 4 24 ± 5 destra 27 ± 3 22 ± 4 Tabella Confronto tra dosi veloci misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. 92

98 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra dosi veloci misurate e simulate in posizioni differenti all interno della cavità. La mappatura della cavità per neutroni veloci della terza configurazione mostra, come le altre configurazioni, dosi simulate e misurate tramite BDS confrontabili. Analisi delle spettro dei neutroni veloci Nella tabella 4.13 sono riportate le misure ottenute tramite lo spettrometro BDS mentre nella figura 4.34 è mostrato il confronto tra lo spettro veloce ottenuto tramite unfolding e lo spettro simulato con MCNP-GN. Anche in questo caso, lo spettro sperimentale risulta confrontabile con lo spettro simulato (tenendo conto delle incertezze nelle misure) e, cosa più importante, le dosi integrali stimate sono confrontabili all interno degli errori stimati. Ciò si è verificato in tutte tre le configurazioni a conferma della bontà del nostro metodo di spettrometria. Soglia BDS (kev) dose equivalente (mrem/um) 10 2, , , , ,98 Tabella Misura della dose equivalente neutronica tramite lo spettrometro BDS. 93

99 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra lo spettro dei neutroni veloci simulato e quello ottenuto con l unfolding delle dosi misurate con lo spettrometro BDS. 94

100 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) 4.6 Confronto Configurazioni In questo paragrafo vengono confrontati i risultati ottenuti nelle differenti configurazioni in modo da poter individuare la configurazione maggiormente adatta ai nostri scopi. Nella figura 4.35 vengono confrontati gli spettri neutronici ottenuti tramite simulazione MCNP-GN e nella tabella 4.14 sono confrontati le componenti percentuali nelle tre configurazioni. Figura Confronto tra gli spettri neutronici delle tre configurazioni ottenuti tramite simulazione MCNP-GN. Termici Epitermici Veloci E < 0.4 ev 0.4 ev < E < 10 kev E > 10 kev Prima configurazione 35% 45% 20% Seconda configurazione 47% 40% 13% Terza configurazione 73% 21% 6% Tabella Componenti in percentuale degli spettri simulati con codica MCNP-GN. La figura e la tabella mostrano come la componente termica sia sempre migliorata passando da un 35% nella prima configurazione a un 73% ottenuto nella terza configurazione; parallelamente la componente veloce è diminuita variando da un valore iniziale del 20% a un valore finale ottenuto con la 95

101 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) cavità chiusa del 6%. La terza configurazione sembra quindi massimizzare il flusso termico e minimizzare il flusso veloce. La diminuzione del flusso veloce è meglio visualizzata nella figura 4.36 dove vengono mostrate solo le componenti veloci dei vari flussi. Figura Confronto tra gli spettri neutronici veloci delle tre configurazioni ottenuti tramite simulazione MCNP-GN. L ingrandimento sottolinea la diminuzione di flusso integrale; inoltre il valore di dose integrale rilasciata e quindi di dose indesiderata si dimezza quasi rispetto alla seconda configurazione, e diventa 2,5 volte più piccolo rispetto alla prima configurazione. Le figure che seguono 4.37, 4.38, 4.39, 4.40 mostrano in modo ancora più esaustivo l aumento di flusso termico e quindi dose termica e la diminuzione di flusso e dose veloce. In tabella 4.15 vengono riassunti i valori fin qui presentati. 96

102 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra i valori integrali di flusso, simulati e sperimentali, della componente termica nelle tre configurazioni Figura Confronto tra i valori integrali di flusso, simulati e sperimentali, della componente veloce nelle tre configurazioni Figura Confronto tra i valori integrali di dose, simulati e sperimentali, della componente termica nelle tre configurazioni 97

103 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Confronto tra i valori integrali di dose, simulati e sperimentali, della componente veloce nelle tre configurazioni valori Prima Seconda Terza medi configurazione configurazione configurazione Φ % termico 35% 47% 73% Φ % veloce 20% 13% 6% Φ termico simulato (cm 2 s 1 ) 2, , , Φ termico sperimentale (cm 2 s 1 ) 2, , , Φ veloce simulato (cm 2 s 1 ) 1, , , Φ veloce sperimentale (cm 2 s 1 ) 1, , , dose termica simulata (µsv/s) 25,40 29,70 56,23 dose termica sperimentale (µsv/s) 24,82 32,17 48,35 dose veloce simulata (µsv/s) 71,17 46,92 29,89 dose veloce sperimentale (µsv/s) 69,40 46,60 23,22 Tabella Tabella riassuntiva confronto configurazioni. Ivalori riportati sono ottenuti con un dose - rate di 100 UM/min. Impostando il dose rate massimo di 400 UM/min essi dovrebbero quadruplicare. Verificato quindi che la terza configurazione ha massimizzato il flusso di neutroni termici e minimizzato quello di neutroni veloci non rimane che verificare l uniformità della dose termica. A tale proposito nella figura 4.41 sono stati riportati in un grafico tridimensionale i valori ottenuti dai quattro dosimetri integrali, utilizzati nella mappatura della cavità per neutroni termici, per tutte tre le configurazioni. Anche per quanto riguarda l uniformità della dose termica la terza configurazione appare come la migliore delle tre. Essa mostra dosi in posizioni differenti quasi uguali fra di loro. 98

104 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) Figura Verifica dell eventuale uniformità della dose integrale termica sperimentale nelle tre configurazioni Analisi dello spettro γ La configurazione a cavità chiusa ha mostrato per ora migliori caratteristiche rispetto alle altre configurazioni e si presta quindi ad essere utilizzata per misure biologiche. Per questo motivo si è studiato tramite simulazione Monte Carlo MCNP-GN lo spettro dei γ per poter valutare la dose indesiderata dovuta a questo tipo di radiazione. Figura Flusso γ all interno della cavità simulato con codice MCNP- GN. 99

105 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) dose γ (Gy cm 2 s 1 ) configurazione a cavità chiusa normale trattamento radioterapico (fuori campo) ± ± Tabella Confronto tra la dose γ indesiderata ottenuta con la simulazione MCNP-GN e quella simulata per un normale trattamento radioterapico fuori campo [29]. La figura 4.42 mostra lo spettro γ ottenuto mentre la tabella 4.16 confronta la dose indesiderata γ ottenuta nella simulazione della configurazione a cavità chiusa con quella simulata fuori campo in un normale trattamento radioterapico [29]. Lo spettro γ presenta un picco ad un energia di circa 0.1 MeV e un secondo picco tra 1 e 10 MeV; il primo è dovuto ai γ prodotti dalla testata dell acceleratore Linac, il secondo è dovuto ai γ che si vengono a creare per urti di neutroni termici su carbonio (di energia circa 1.5, 3.5 e 5 MeV) e deuterio (di energia 6.2 MeV). La tabella mostra invece come la dose indesiderata γ ottenuta nel nostro caso è 5 volte più bassa della dose simulata fuori campo (e quindi indesiderata) in un normale trattamento radioterapico. Anche dal punto di vista della dose γ indesiderata la configurazione a cavità chiusa si presta quindi a misure su campioni biologici. 4.7 Considerazioni finali L analisi dei dati sperimentali e simulati ha dimostrato come la configurazione a cavità chiusa risulti essere quella maggiormente adatta ai nostri scopi. Essa rispetto alle altre configurazioni ha fornito: un flusso termico massimo di circa cm 2 s 1. In particolare si è ottenuto un flusso termico + epitermico (flusso utile) di circa cm 2 s 1 con la macchina impostata con un dose rate di 100 UM/min. Impostando il dose rate massimo di 400 UM/min ci si attende quindi di ottenere un flusso utile dell ordine di n cm 2 s 1 ; un flusso veloce minimo di circa cm 2 s 1 ; l uniformità della dose termica all interno della cavità; una componente γ cinque volte inferiore a quella rilasciata in un normale trattamento radioterapico all esterno dalla zona di trattamento. Poichè avevamo indicato un flusso di circa 10 7 cm 2 s 1 come flusso utile per sperimentazioni su campioni biologici, la configurazione a cavità chiusa risulta quindi essere adatta per lo scopo prefissato; non risulta ancora 100

106 4 Progetto PhoNeS (Photo Neutron Source) utilizzabile per eventuali trattamenti BNCT poiché il flusso termico è ancora troppo basso, ma rappresenta una ottima base su cui lavorare. Tale risultato non è per nulla trascurabile infatti, per quanto riguarda la possibilità di studiare la risposta di campioni biologici in vitro (cellule) o ex vivo, esposti a fasci di neutroni termici e/o epitermici, i dati disponibili sono limitati dalla scarsità di sorgenti neutroniche disponibili e dalla difficoltà di utilizzo di quelle esistenti, ad oggi rappresentate quasi esclusivamente da reattori nucleari. Per lo stesso motivo, è ancora molto limitata la ricerca su carrier diversi dalla già citata borofenilalanina adatti al trasporto del 10 B. La messa a punto di una sorgente ospedaliera adatta a studi di BNCT dà la possibilità di ampliare notevolmente il campo di studio. Il prototipo ottimizzato può essere applicato a qualunque tipo di Linac senza problemi di radioprotezione; inoltre la sua struttura modulare permette di variare e migliorare le caratteristiche del fascio, a seconda dell utilizzo che se ne vuole fare, variando la geometria e i materiali componenti. I risultati qui ottenuti hanno inoltre provacato grande interesse, sfociato nella progettazione di un acceleratore dedicato da parte dell INFOETECH. Un tale acceleratore, in prospettiva, dovrebbe permettere trattamenti clinici. 101

107 Capitolo 5 Utilizzo della cavità PhoNeS per lo studio di campioni biologici La possibilità di sviluppare una sorgente ospedaliera per BNCT ha suscitato un notevole interesse nella componente medica interna al progetto PhoNeS e, in particolare, il gruppo facente capo all Ospedale S. Luigi di Orbassano si è dimostrata disponibile all avvio di una collaborazione che porti all utilizzo della sorgente ospedaliera per prove di trattamenti BNCT su campioni di polmone umano. L obiettivo dell attività di ricerca proposta consiste nei seguenti punti: 1. caratterizzazione dettagliata, con le tecniche fisiche già sperimentate, del campo di neutroni termici prodotti dalla sorgente di neutroni PhoNeS Bianco; 2. Scelta delle patologie tumorali da investigare e preparazione di colture cellulari e campioni biologici per studi in vitro ed ex vivo; 3. utilizzo della sorgente su cellule e campioni biologici perfusi con 10 B trasportato da borofenilalanina e carrier diversi; valutazione dell efficacia di questi ultimi attraverso misure di concentrazione di 10 B con tecniche diverse messe a punto dall Unità di Trieste; 4. verifica dell efficacia del trattamento BNCT su diverse patologie tumorali; In accordo con la componente medica si è deciso di studiare la distribuzione di carrier diversi di 10 B all interno di tessuto polmonare affetto da neoplasia polmonare (carcinomi e/o tumori neuroendocrini). 102

108 5 Utilizzo della cavità PhoNeS per lo studio di campioni biologici 5.1 Studio dei tumori polmonari La scelta del tumore del polmone come primo caso da trattare non è per nulla casuale. Esso attualmente risulta essere, per l uomo, il tumore con il maggior tasso sia di incidenza che di mortalità. Per quanto riguarda la donna esso si posiziona al secondo posto per il tasso di incidenza ma rappresenta comunque il tumore con il maggior tasso di mortalità [30]. Ci si aspetta comunque che tale tumore aumenti ancora la sua incidenza nella donna. Infatti il principale fattore cancerogeno risulta essere il fumo (figura 5.1); storicamente sembra essere provato che il vizio del fumo si sia insinuato nei soggetti femminili alcune decine di anni dopo rispetto all uomo, per cui si prevede un aumento di incidenza nella donna nei prossimi anni. Inoltre si prevede, sia nella donna che nell uomo, che nei prossimi decenni il mesotelioma polmonare (tumore della pleura polmonare) diventi uno dei tumori con il più alto tasso di incidenza. Figura 5.1. Confronto tra il numero medio di sigarette per uomo e il numero di morti per tumore al polmone. L andamento delle due curve risulta essere molto simile; ciò sembra dimostrare l effetto cancerogeno del fumo. Inoltre sembra anche mostrare come l aumento di persone che fumano provaca un aumento di morti per tumore del polmone con un ritardo di circa 20 anni L elevato tasso di mortalità riscontrato è dovuto principalmente alla mancanza di trattamenti clinici di grande efficacia e alla grande frequenza di casi scoperti in stati avanzati. Negli ultimi 30 anni la prognosi generale è rimasta immutata e il trattamento maggiormente efficace sembra essere la resezione chirurgica radicale [31]. L applicabilità di tale trattamento dipende però da parecchi fattori tra cui il tipo di tumore da trattare e le condizioni 103

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