CONDOMINIO- La legittimazione a impugnare la delibera condominiale
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- Vito Fiore
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1 CONDOMINIO- La legittimazione a impugnare la delibera condominiale Alle ipotesi codicistiche originarie del condomino assente o dissenziente la legge di riforma del condominio ha aggiunto la legittimazione a impugnare le delibere condominali anche per il condomino astenuto e la Cassazione aggiunge ancora, in caso di delibera nulla, il condomino che ha votato a favore. Da una parte si ampliano così le possibilità di impugnazione delle delibere condominiali, ma dall altra parte si riduce l ambito della autoresponsabilità dei condomini, aumentando le occasioni di contenzioso giudiziario. Secondo la formulazione originaria dell art cod. civ. le delibere condominali possono essere impugnate dal condomino assente o dissenziente. A partire dal mese di giugno 2013, è diventata operativa anche la nuova previsione secondo cui pure il condomino astenuto è legittimato a impugnare una delibera. Nell applicazione giurisprudenziale la Cassazione ha stabilito inoltre che, qualora si tratti di impugnazione per nullità della delibera, la legittimazione a impugnarla compete perfino al condomino che ha espresso voto favorevole a essa (Cass. n del 27 luglio 2006 e n del 14 giugno 2013). Risulta allora evidente che in tale modo vengono ampliate le possibilità di impugnazione delle delibere condominiali, ma allo tempo viene pure sacrificato per assicurare la massima tutela in capo ai condomini l autoresponsabilità dei condomini. Bisogna allora verificare se questo si giustifica davvero, dal momento che in tal modo aumentano anche le occasioni di contenzioso giudiziario. Le ipotesi codicistiche tradizionali di impugnazione La principale disposizione di riferimento per quanto riguarda l impugnazione delle delibere dell assemblea condominiale è costituita dall art cod. civ. che, nella sua formulazione originaria, attribuiva a ogni condomino dissenziente la possibilità di far ricorso all autorità giudiziaria contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, indicando un termine di decadenza di trenta giorni per la proposizione del ricorso, decorrente dalla data della deliberazione per il dissenziente e dalla data di comunicazione per il condomino assente. La disposizione limitava così ai soli condomini assenti o dissenzienti la legittimazione a impugnare le delibere e la sottoponeva al breve termine di decadenza di trenta giorni (operante tuttavia solo per le delibere annullabili, in quanto per le ipotesi di nullità non è invece mai stato ritenuto sussistere alcun termine di decadenza, in analogia alla disciplina prevista per i contratti nulli; e questo regime ha determinato per lungo tempo numerose ipotesi concrete di impossibilità dell azione per le delibere nulle, fino a quando la Cassazione non ha individuato principi idonei a contenere le ipotesi di nullità delle delibere condominiali entro i limitati casi di gravità maggiore, dapprima con la sent. n. 31 del 5 gennaio 2000 e poi con tutte quelle successive, autorevolmente confermate dalle Sez. Unite con la dec. n del 7 marzo 2005). Mentre quella dei condomini assenti costituisce una ipotesi evidente, la ulteriore espressa previsione dei condomini dissenzienti è invece meno scontata di quanto potrebbe sembrare, dal momento che 1
2 comunque essa postula una specifica assunzione di responsabilità da parte dei condomini in questione. Infatti, il condomino assente è legittimato a impugnare la delibera perché non ha avuto modo di esprimersi in alcun modo, né a favore, né contro la decisione assembleare. Invece il condomino dissenziente, che ha votato contro la deliberazione, è ammesso a impugnarla perché, giusta o sbagliata che fosse, ha comunque espresso una propria valutazione (in senso contrario), seppure quest ultima non abbia prodotto alcuna efficacia concreta perché superata dal voto, di tenore opposto, della maggioranza dei condomini. In altre parole il condomino dissenziente nella fase assembleare in cui si esprime in senso contrario alla deliberazione approvata dalla maggioranza dell assemblea, dissente offrendo degli argomenti (è, infatti, raro che una deliberazione approvata non dalla unanimità, ma dalla sola maggioranza non sia preceduta da una effettiva discussione durante la quale vengono manifestate dai condomini le rispettive diverse opinioni con le relative argomentazioni), che possono essere condivisibili o meno, ma conservano comunque una rilevanza, tanto è vero che, quando risulta che la delibera sia stata assunta in contrasto con la legge o col regolamento condominiale, il giudice la annulla proprio per effetto dell impugnazione proposta dal condomino dissenziente. Si vuole insomma qui evidenziare che la posizione espressa dal condomino dissenziente mantiene la sua utilità pure quando viene respinta, perché ritenuta non convincente per i più disparati motivi, dalla maggioranza degli altri condomini, dal momento che in ogni caso offre spunti di riflessione che altrimenti mancherebbero e che costituiscono l elemento centrale della discussione, mentre la deliberazione ne è soltanto il risultato finale. In questa procedura deliberativa opera (seppure in modo implicito) il canone dell autoresponsabilità che rappresenta una conseguenza del principio generale della autonomia privata che ricade sui condomini sia che votino a favore, sia che votino contro la deliberazione, perché in entrambi i casi ciascuno di loro si assume una precisa responsabilità col voto che esprime; non è per nulla scontato, infatti, che la maggioranza che approva la delibera abbia, solo perché sussiste appunto tale maggioranza, sia dalla parte della ragione (mentre l opportunità o meno della deliberazione adottata non può essere oggetto di ulteriore valutazione e quindi questo aspetto si sottrae del tutto all esame del giudice, al quale non è consentito verificare l opportunità di una scelta discrezionale dell assemblea) e l inosservanza delle regole del procedimento deliberativo e delle disposizioni di legge o regolamentari può comportare l annullamento della delibera impugnata, con ovvie conseguenze non solo sul piano gestionale, ma anche del pagamento delle spese del giudizio di impugnazione. L autoresponsabilità che costituisce l altra faccia dell autonomia privata, grazie alla quale i soggetti possono regolamentare come meglio desiderano le situazioni che li riguardano, purché nel rispetto delle disposizioni giuridiche vigenti viene così a costituire, per quanto riguarda le deliberazioni 2
3 condominiali, l elemento di bilanciamento del diritto dei condomini a impugnare, al fine di evitare nella maniera maggiore possibile azioni giudiziarie infondate o addirittura pretestuose. Il condomino astenuto Alle due ipotesi tradizionali (condomino assente o dissenziente) già previste dalla versione originaria dell art cod. civ., la legge di riforma (art. 15 della legge 220 dell 11 dicembre 2012) ha aggiunto una terza specifica ipotesi, ammettendo adesso l impugnazione anche da parte del condomino astenuto. Stabilisce, infatti, il nuovo art cod. civ. che contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l autorità giudiziaria chiedendone l annullamento nel termine perentorio di 30 giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. Va subito osservato che in realtà la nuova disposizione non ha fatto altro che recepire, come del resto è avvenuto per tanti altri aspetti della disciplina condominiale riformata, un orientamento giurisprudenziale presente da tempo, che già riconosceva anche al condomino astenuto il diritto di impugnare una delibera condominiale. La più recente espressione di questo orientamento è data da Cass., sent. n del 10 ottobre 2007, che ha stabilito che in tema di impugnazione di delibere di assemblea di condominio annullabili, la legittimazione a impugnare va riconosciuta anche al condomino presente che si sia astenuto dal voto. Nella motivazione della decisione della Suprema Corte si ricorda che detto principio è stato affermato più volte nel tempo (Cass., sent. n del 9 dicembre 1988, secondo cui nel condominio degli edifici tutti i condomini che non hanno votato in maniera conforme alla deliberazione assembleare sono legittimati a impugnarla, siano stati presenti alla seduta oppure assenti, con una unica differenza relativa al giorno da cui decorre il termine per proporre l opposizione, compresi gli astenuti, i quali sostanzialmente non hanno approvato la delibera, a nulla rilevando che questi, al momento del voto, abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta; e sent. n. 12 del 1 febbraio 1999) ammettendo la legittimazione pure del condomino astenuto a impugnare una deliberazione annullabile. Nella giurisprudenza di merito, invece, si possono menzionare le eseguenti decisioni: - Trib. Milano, 22 marzo 1990, secondo cui è legittimato a impugnare una delibera assembleare il condomino che su di essa abbia espresso voto di astensione, dato che in tal modo sussiste una rinuncia a esprimere una volontà attuale con riserva di esprimerla in un momento successivo; - (in senso opposto) Trib. Bergamo, 1 marzo 1987, secondo cui nel condominio è privo di legittimazione a impugnare la deliberazione dell assemblea del condominio contraria alla legge o al regolamento condominiale il condomino che, partecipando all assemblea stessa, si sia astenuto nella votazione o si sia astenuto dal partecipare al voto senza far risultare esplicitamente a verbale il proprio dissenso; 3
4 - Trib. Napoli, 3 marzo 1969, secondo cui il diritto all impugnativa della deliberazione assembleare nei casi e termini previsti dall art cod. civ. va riconosciuto non solo al condomino assente o dissenziente, ma anche al condomino che, pur essendo presente alla riunione assembleare, si è astenuto dal votare: perché il dissenso può, infatti, risultare anche da un semplice comportamento negativo come quello di chi si limita a non manifestare, espressamente o tacitamente, una volontà diretta a consentire e devono invece considerarsi giuridicamente irrilevanti i motivi che hanno determinato l astensione dal voto; per questa ragione il diritto di impugnativa della deliberazione assembleare è precluso unicamente al condomino che abbia concorso con il suo voto all approvazione della deliberazione o abbia a questa prestato posteriormente acquiescenza mediante atti incompatibili con una successiva opposizione. Adesso, come si è già detto, la legge di riforma ha accolto nel codice civile all interno dell art riformulato il principio secondo cui pure l astenuto può impugnare la delibera e così non possono sorgere più dubbi in proposito. Ma la mera astensione con esclusione del caso in cui venga determinata da situazioni particolari (come, per esempio, quella della sussistenza di un conflitto di interessi) in realtà denota la mancata assunzione di una posizione univoca e netta, consentendo al condomino che non ha manifestato alcuna posizione e si è così astenuto la stessa possibilità, preclusa (di regola) invece ai condomini che si sono espressi in senso favorevole, di impugnare la deliberazione, che dovrebbe essere riservata ai condomini dissenzienti (oltre che agli assenti). In questa situazione resta allora eluso il canone della autoresponsabilità, che è conseguenza (di norma necessaria) del concetto generale della autonomia privata in generale e della autonomia contrattuale (art cod. civ.) in particolare e che richiede consapevolezza e serietà in capo a chi assume una qualsiasi decisione, comprese quelle di interesse condominiale. In questa maniera se, da una parte, risulta certamente assicurata ai condomini una maggior tutela giuridica (consentendo l impugnazione, oltre agli assenti e ai dissenzienti, agli astenuti e ampliando così la possibilità di ricorrere al giudice), dall altra parte aumentano però anche le possibilità di contenziosi giudiziari determinati dalla arbitrarietà e mancando la necessità della tempestiva esternazione, da parte dell astenuto, delle ragioni di contrarietà alla delibera rimane il dubbio se si giustifichi una simile scelta operativa, che lascia alla volontà dell astenuto il potere di impugnare la delibera anche per ragioni, oltre che (legittimamente) egoistiche, dettate da mero calcolo o opportunismo. L impugnazione del condomino favorevole Nella giurisprudenza attuale si ammette ancora una ulteriore ipotesi di legittimazione a impugnare la delibera condominiale, non prevista specificamente dall art cod. civ. Si tratta del diritto di impugnazione riconosciuto al condomino che si è espresso col suo voto favorevole alla delibera stessa che successivamente decide di impugnare; è però opportuno evidenziare immediatamente che 4
5 questa possibilità non viene riconosciuta dalla giurisprudenza per qualsiasi tipo di delibera, ma solo per quelle nulle. L ultima decisione emessa in proposito è la recente sent. n del 14 giugno 2013, che, con riferimento a un caso di delibera dell assemblea condominiale relativa alla modifica, senza il consenso di tutti i condomini, dei criteri legali e di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell interesse comune, ha affermato il principio ricordato dopo avere esaminato il quesito di diritto relativo alla ipotesi di una deliberazione condominiale, anche se ricognitiva di una precedente deliberazione assembleare, che possa essere dichiarata valida oppure debba essere dichiarata nulla, qualora il suo contenuto non sia conforme alle tabelle millesimali esistenti oppure violi il disposto dell art cod. civ. sulla ripartizione delle spese dei condomini, in mancanza del consenso unanime di tutti i condomini e, ciò anche quando il condomino abbia partecipato all assemblea, mediante proprio delegato, esprimendo oltretutto il voto favorevole. La vicenda a cui si riferisce la sentenza della Cassazione riguardava un condomino che aveva impugnato una delibera relativamente alla quale aveva conferito la delega di partecipazione ad altro condomino, l ex amministratore, e si riferiva al fatto che il condominio, nel deliberare su uno dei punti inseriti all Odg, aveva aumentato le quote millesimali relative agli immobili adibiti a ufficio, come quello di cui l impugnante era titolare, con contestuale diminuzione delle quote di tutti gli altri appartamenti dell edificio. Dalla lettura del caso risulta evidente che la sent. n del 14 giugno 2013 trova la sua principale motivazione nella particolare fattispecie da cui ha avuto origine. La Cassazione in proposito ha affermato che deve ritenersi affetta da nullità (che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all assemblea ancorché abbia nella stessa espresso voto favorevole) e quindi è sottratta al termine di impugnazione di trenta giorni previsto dall art cod. civ., la deliberazione dell assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali previsti dall art cod. civ. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese per la prestazione di servizi nell interesse comune; e ciò perché eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca, come già affermato da varie decisioni (Cass., sent del 27 luglio 2006, secondo cui è affetta da nullità che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all assemblea pure quando abbia espresso voto favorevole e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall art cod. civ. la delibera dell assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali indicati dall art cod. civ. o dal regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell interesse comune, perché eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli 5
6 aderisca; Cass., sent. n del 10 marzo 2010, secondo cui in tema di condominio, sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall art cod. civ. o dal regolamento condominiale contrattuale, perché è necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine indicato dall art cod. civ., le delibere con cui l assemblea, nell esercizio delle attribuzioni previste dall art. 1135, n. 2 e n. 3, cod. civ., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri previsti dall art. 1123). Nella sua motivazione la Suprema Corte ha avuto anche modo di precisare che ai sensi dell art cod. civ. le azioni di nullità relative alle delibere condominiali possono essere proposte da chiunque vi abbia interesse e pure dal condomino che abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera nulla, purché alleghi e dimostri di avervi interesse perché dalla deliberazione assembleare deriva un apprezzabile pregiudizio a suo carico non operando nel diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere (Cass., sent. n del 1 ottobre 1997). Sul punto può essere ricordata anche Cass., sent. n del 6 ottobre 2000 secondo cui in tema di condominio, la legittimazione a impugnare una deliberazione assembleare compete individualmente e separatamente agli assenti e ai dissenzienti (nonché ai presenti e consenzienti, senza limiti di tempo, quando si verte in tema di nullità) e ognuno può esercitare l azione verso il condominio rappresentato dall amministratore, senza necessità di chiamare in causa gli altri. In definitiva l orientamento giurisprudenziale espresso dalla sent. n del 14 giugno 2013 riveste il pregio di perseguire lo scopo di estendere, piuttosto che di restringere, l ambito di tutela giudiziaria del singolo condomino per quanto riguarda l impugnazione delle delibere, ma pure in questo caso a costo di sacrificare ancora una volta il canone della autoresponsabilità a cui si è accennato prima. 6
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