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1 Scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio: non sono sinonimi. La Massima Si ha mutatio libelli quando si propone una domanda obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su differenti situazioni giuridiche; si ha invece una semplice emendatio, quando si incida sulla causa petendi, risultando modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto soddisfacimento della pretesa fatta valere. Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 marzo 7 giugno 2012, n Svolgimento del processo Con ricorso ritualmente notificato, B.P. chiedeva pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con P.E.P., da cui non erano nati figli, senza provvidenze economiche a suo carico. Costituitosi il contraddittorio,la P. eccepiva l'inammissibilità della domanda, posto che tra le parti era stato celebrato matrimonio civile. Alla prima udienza davanti all'istruttore, il ricorrente modificava la propria domanda in quella di scioglimento del matrimonio. Con sentenza non definitiva in data 25 marzo 2010, il Tribunale di Pistoia pronunciava lo scioglimento del matrimonio. Avverso tale sentenza proponeva appello la P. Costituitosi il contraddittorio, l'appellato ne chiedeva il rigetto. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 1-13/10/2010 rigettava l'appello. Ricorre per cassazione la P.. Non svolge attività difensiva il B. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione dell'art. 183 c.p.c., avendo il B. proposto domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio che invece era stato celebrato civilmente, a nulla rilevando che, successivamente in corso di causa, il ricorrente avesse modificato la domanda. Secondo giurisprudenza consolidata di questa corte, si ha mutatio libelli quando si propone una domanda obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su differenti situazioni giuridiche; si ha invece una semplice emendatio, quando si incida sulla causa petendi, risultando modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto soddisfacimento della pretesa fatta valere (così, tra le altre Cass. N del 2007). Nella specie, come ha chiarito il giudice a quo, la richiesta di scioglimento del matrimonio, formulata dal ricorrente alla prima udienza di comparizione, è da considerarsi mera specificazione dell'originaria domanda, non risultando modificati né il petitum sostanziale né la causa petendi (senza violazione alcuna dei diritti di difesa). Come è noto, la L. n. 898/1970 non usa il termine divorzio (che è peraltro entrato nel linguaggio comune) ma parla di scioglimento del matrimonio contratto a norma del Codice Civile (art. 1), e di cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito

2 religioso e debitamente trascritto (art. 2). Si tratta di distinzione meramente terminologica (probabilmente dettata dall'esigenza di non offendere il sentimento dei cittadini di religione cattolica circa l'indissolubilità del matrimonio canonico sul quale evidentemente non può intervenire il divorzio) in quanto la regolamentazione delle due forme è assolutamente identica nei presupposti e negli effetti. L'unica differenza (che ormai ha valore soltanto storico) riguardava le questioni di legittimità costituzionale prospettate. Si sosteneva che, riguardo ai matrimoni concordatari, la legge del divorzio si poneva in contrasto con l'art. 7 Cost. che aveva costituzionalizzato" i Patti lateranensi (attraverso i quali lo Stato Italiano aveva riconosciuto al sacramento del matrimonio, come disciplinato dal diritto canonico - e quindi caratterizzato dall'indissolubilità del vincolo effetti civili.) Al contrario, la Corte Costituzionale (Corte Cost. 8 luglio 1971 n. 169) chiarì che con i Patti Lateranensi lo Stato non aveva affatto assunto l'obbligo di escludere il divorzio dal nostro ordinamento, né effettuato una recezione della disciplina canonica, limitandosi ad assumere il matrimonio canonico, purché regolarmente trascritto, quale presupposto cui venivano ricollegati effetti identici a quelli del matrimonio civile (riservando comunque la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, ma esclusivamente per le cause di nullità matrimoniale). Dalla separazione dei due ordinamenti derivava che per lo Stato Italiano il vincolo matrimoniale dissolubile o indissolubile, trovava la sua fonte esclusiva nella legge civile e da questa era regolata. Dunque - va ribadito - vi è piena identità di disciplina tra scioglimento e cessazione degli effetti civili, né rileva che la domanda di divorzio sia presentata come scioglimento di matrimonio concordatario o magari come cessazione del matrimonio civile, dovendo evidentemente il giudice far riferimento al petitum e alla causa petendi sostanziali ed effettivi; né sarebbe legittimo il rifiuto da parte dell'ufficiale dello Stato civile della prescritta annotazione sull'atto di matrimonio se erroneamente nella sentenza si parlasse di scioglimento in caso di cessazione degli effetti civili o viceversa. Va pertanto rigettato l'unico motivo di ricorso, in quanto infondato. Nulla sulle spese, non essendosi costituito l'intimato. La Corte rigetta il ricorso. P.Q.M. La Nota La fattispecie oggetto della sentenza in esame, offre un percorso interpretativo che deve necessariamente partire dall inquadramento del concetto di petitum e di casusa petendi, per poi passare attraverso la differenza che intercorre tra mutatio libelli ed emendatio libelli, per soffermarsi, infine, sulla differenza tra scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio, distinzione che, come si vedrà, esiste solo da un punto di vista terminologico. Cominciamo con la differenza tra petitum e causa petendi, che è presupposto imprescindibile per capire la differenza tra mutatio libelli ed emendatio libelli. Ai fini dell individuazione della domanda sotto il punto di vista oggettivo, occorre fare riferimento ai due elementi di cui innanzi. Il petitum è l oggetto della domanda, identifica cioè quello che si chiede con essa, ed è possibile distinguere tra il petitum immediato da quello mediato.

3 Il primo consiste nel provvedimento richiesto al giudice, ovvero la condanna, il mero accertamento ecc., identifica, quindi, il tipo di tutela giurisdizionale invocata. Il petitum mediato, invece, è il bene della vita che il soggetto che propone la domanda vuole conseguire nei confronti dell altra parte, come ad esempio: una somma di denaro, l adempimento di una prestazione derivante da un obbligazione contrattuale ecc. Un discorso più articolato, invece, va svolto per quanto riguarda il secondo requisito oggettivo della domanda. Invero, ancora oggi, come in passato, continuano a sussistere forti incertezze interpretative in relazione alla causa petendi. Etimologicamente tale locuzione significa ragione del domandare, titolo giuridico sul quale si fonda la domanda, che comprende i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, ex art. 163 n. 4 c.p.c. Ma, questa definizione, per la sua evidente genericità, è inidonea a descrivere, anche in combinazione con il petitum, la realtà sostanziale che sta a base della domanda introduttiva ed, in particolare, ad individuare modalità ed eventuali limiti, dentro i quali il diritto o il rapporto giuridico sostanziale affermato entrano a far parte della domanda, concorrendo, per ciò stesso, ad identificarla. Per meglio fissare il significato ed i riflessi della causa petendi, occorre muovere dagli artt. 24 Cost., 2907 c.c. e 99 c.p.c., che indicano chiaramente che l oggetto del processo non è costituito mai dai fatti o da atti, ma sempre e solo da diritti, e, segnatamente, dal diritto fatto valere con la domanda, con la quale l attore è chiamato ad indicare i fatti costitutivi ed identificativi del diritto affermato. A tal proposito, la dottrina dominante, suole distinguere tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati. I primi sono quelli che non possono sussistere simultaneamente, con lo stesso contenuto, tra gli stessi soggetti: sono, cioè, i diritti che si individuano sulla base della sola indicazione del loro contenuto, come il diritto di proprietà, gli altri diritti assoluti, nonché i diritti reali di godimento. I secondi, invece, possono sussistere simultaneamente, con identico contenuto e tra gli stessi soggetti, come i diritti relativi ed anche i diritti reali di garanzia (pegno e ipoteca). Ciò che è importante sottolineare è che per i diritti autodeterminati, il mutamento del fatto costitutivo non comporta il mutamento della causa petendi, mentre per i diritti eterodeterminati avviene l esatto contrario, avendo, così, le parti la possibilità di modificare le domande e di delimitare in tal modo il thema decidendum. La giurisprudenza e la dottrina hanno chiarito che la modifica può avvenire nel senso di una emendatio libelli e non di una mutatio libelli. Ciò che è più difficile è, tuttavia, stabilire quando, nel caso concreto, si verte nell ipotesi di emendatio e quando, invece, in quella di mutatio libelli. Occorre, quindi, individuare i criteri distintivi fra l una e l altra ipotesi e, a tal proposito, è stata fondamentale l attività interpretativa dei giudici di Piazza Cavour. Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che la modifica della causa petendi comporta sempre una mutatio libelli, in quanto la modifica che attiene al fatto costitutivo del diritto fatto valere introduce nel processo un nuovo tema di indagine.

4 Se Tizio propone una domanda di risarcimento danni fondata su un contratto per inadempimento contrattuale non può modificare tale domanda ponendo a base di essa un fatto illecito extracontrattuale, risultando, in tal caso, modificati il tema di indagine e i presupposti del fatto posto a fondamento della domanda. Sicuramente, quindi, la modifica della causa petendi comporta una mutatio libelli, non consentita e, perciò, inammissibile. La giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che le modificazioni consentite in corso di causa e fino all udienza ex art. 183 c.p.c. sono quelle che, ferma restando la causa petendi, non aggiungono o sostituiscono al bene della vita controverso, specificato con la domanda iniziale, un diverso oggetto della pretesa. Sono, pertanto, consentite le variazioni puramente quantitative del petitum che non alterano i termini sostanziali della controversia. E così, ad esempio non costituisce mutatio libelli, ma semplice emendatio, la richiesta di somme maggiori di quelle indicate nell atto introduttivo del giudizio, allorché tale ampliamento non comporti modifica dei fatti giuridici posti a fondamento dell azione e non introduca un tema di indagine completamente nuovo, concernente presupposti diversi da quelli prospettati, ma attenga alle stesse causali dedotte. La giurisprudenza di merito ha ritenuto, poi, integrare mera emendatio, ammissibile, la deduzione in corso di causa di ulteriori voci di danno rispetto a quelle indicate in citazione, trattandosi di ampliamento del petitum. Ergo, nella giurisprudenza di legittimità è ormai consolidato il principio di diritto secondo il quale la mutatio libelli si verifica solo se il tema di indagine viene mutato con il mutamento dei presupposti del fatto posto a fondamento della domanda. In tal senso, giova richiamare, su tutte, la sentenza n del 2007, nella quale i giudici del Supremo Consesso si sono così espressi: Si ha mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, sicché risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere. Nella fattispecie oggetto della sentenza in esame, la richiesta di scioglimento del matrimonio avanzata dal ricorrente alla prima udienza di comparizione delle parti, integra, alla luce di quanto innanzi esposto, una mera specificazione dell originaria domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio che era stata proposta dal ricorrente, in quanto non risultano modificati né il petitum sostanziale né tantomeno la causa petendi. A tal proposito, qualche parola va spesa sulla differenza, prettamente terminologica, tra scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili del matrimonio.

5 La legge che disciplina tale materia è la n. 898 del 1970, nella quale non si parla mai di divorzio, termine oramai entrato a far parte del linguaggio comune, ma dei casi in cui si verifica lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili dello stesso. Infatti, all art. 1 della richiamata legge si legge: Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3. Mentre nell art. 2 il legislatore si è così espresso: Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio. La ragione della differenza è evidente, poiché il matrimonio religioso non può essere sciolto dalla giurisdizione italiana che può, invece, intervenire sugli effetti civili. In altre parole mentre il matrimonio come atto è di competenza, se religioso, della sola giurisdizione ecclesiastica, il matrimonio inteso come rapporto è di competenza della sola giurisdizione civile. In tutti e due i casi lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili sono pronunciate dal giudice quando, dopo l'esperimento del tentativo di conciliazione, si accerta che non può essere mantenuta o ricostituita la comunione spirituale e materiale tra i coniugi. La differenza di tipo terminologico, come innanzi accennato, è dettata solo dall esigenza di non offendere il sentimento dei cittadini di religione cattolica, circa l indissolubilità del vincolo matrimoniale sul quale non può intervenire il divorzio ma solo l annullamento da parte del Tribunale ecclesiastico. Nessuna differenza, invece, è rilevabile dal punto di vista della procedura e degli effetti, in quanto la disciplina relativa allo scioglimento e alla cessazione degli effetti civili del matrimonio è la stessa tanto che, sia l art. 3 che l art. 4 della legge 898 del 1970, che disciplinano, rispettivamente i casi e le modalità di presentazione della domanda, parlano indifferentemente di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Pertanto, a nulla rilevava se B.P. aveva chiesto pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con P.E.P., invece di proporre domanda di scioglimento del matrimonio avendo gli stessi contratto matrimonio civile, ciò in quanto la domanda di divorzio può essere presentata da uno dei due coniugi, o da entrambi, sia come scioglimento sia come cessazione degli effetti civili del matrimonio, non sussistendo alcuna differenza dal punto di vista procedurale e dal punto di vista degli effetti. Bibliografia Arieta, De Santis, Montesano - Corso base di diritto processuale civile - Cedam 2008 Cass. Civile n del 5/7/2001 Cass. Civile n /2006 Cass. Civile n del 27/3 20/4/2007

6 Cass. Civile n. 837 del 17/1/2008 Cass. Civile n. 7579/2007 Cass. Civile sez. III n del 2/2/2007 Lucania Nicola Comite p.avv. del Foro di Vallo della

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