Corte costituzionale, sentenza 26 giugno 2018 n. 135 Pres. Lattanzi, Red. Morelli

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1 La Corte costituzionale dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal T.a.r. per la Liguria, sugli obblighi procedurali imposti al creditore e sul termine dilatorio, previsti dalla riforma della l. 24 marzo 2001, n. 89, c.d. legge Pinto, al fine di ottenere la somma dovuta a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo. Corte costituzionale, sentenza 26 giugno 2018 n. 135 Pres. Lattanzi, Red. Morelli Giustizia amministrativa Ottemperanza Indennizzo per lesione del diritto alla ragionevole durata del processo Adempimenti procedurali Questione infondata di incostituzionalità Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell art. 5-sexies, commi 1, 4, 5, 7 e 11, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell articolo 375 del codice di procedura civile), introdotto dall art. 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», in riferimento agli artt. 3, 24, 111, primo e secondo comma, 113, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (1). (1) I. - Con la sentenza in rassegna la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal T.a.r. per la Liguria con riferimento all art. 5-sexies, commi 1, 4, 5, 7 e 11, della l. 24 marzo 2001, n. 89, c.d. legge Pinto, introdotti dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, mediante i quali sono stati previsti obblighi procedurali a carico del creditore e la decorrenza di un termine dilatorio come condizioni per poter ottenere il pagamento della somma dovuta a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo. II. Le ordinanze di rimessione. Con 15 ordinanze del 17 ottobre 2016 e una del 15 novembre 2016, numeri da 1007 (in Foro amm., 2016, 2479, nonché oggetto della News US, in data 20 ottobre 2016, cui si rinvia per approfondimenti) a 1021 e 1120 il T.a.r. per la Liguria, sez. II, ha ritenuto non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24, commi 1 e 2, 111, commi 1 e 2, 113, comma 2, e 117, comma 1, Cost. la questione di legittimità costituzionale dell art. 5-sexies,

2 commi 1, 4, 5, 7 e 11, della l. 24 marzo 2001, n. 89, nella parte in cui preclude al creditore della somma liquidata a titolo di indennizzo per irragionevole durata del processo, che non abbia adempiuto agli obblighi dichiarativi di cui al comma 1 della medesima disposizione, di agire in via esecutiva per ottenere il soddisfacimento del proprio credito ovvero di proporre ricorso per l ottemperanza del decreto liquidatorio, imponendo altresì un ulteriore termine dilatorio semestrale e cumulabile. Il collegio ha, tra l altro, osservato che: a) il legislatore ha introdotto un nuovo procedimento necessario per ottenere il pagamento delle somme dovute a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo, prevedendo: a1) a carico del creditore, l obbligo di rilasciare una dichiarazione di autocertificazione e sostitutiva di notorietà, attestante la non avvenuta riscossione di quanto dovuto (primo comma); a2) un termine dilatorio semestrale, decorrente dalla data in cui sono assolti gli obblighi comunicativi del primo comma, entro il quale l amministrazione debitrice può effettuare il pagamento (quinto comma) e prima del quale il creditore non può procedere all esecuzione forzata, alla notifica dell atto di precetto o alla proposizione di un ricorso per l ottemperanza del provvedimento liquidatorio (comma 7); b) il termine dilatorio previsto dal settimo comma dell art. 5-sexies si cumula al termine di centoventi giorni già previsto in via generale dall art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, per tutti i crediti vantati nei confronti di un amministrazione dello Stato; c) il dato normativo rivela diversi profili di incostituzionalità e, in particolare: c1) la violazione dell art. 3 Cost., in quanto le norme hanno creato un regime procedimentale ingiustificatamente favorevole all amministrazione debitrice di somme ai sensi della l. n. 89 del 2001, anche in violazione del principio della par condicio creditorum; c2) la violazione del diritto di difesa di cui agli artt. 24, primo e secondo comma, e 113, secondo comma, Cost., in quanto la previsione di un termine semestrale comporta l impossibilità per il cittadino di agire in via immediata e diretta per il soddisfacimento del proprio credito, pur essendo in possesso di un titolo esecutivo perfetto; c3) la violazione del principio del giusto processo, specie nella parte in cui richiede che le modalità procedurali dei ricorsi non debbano rendere impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritti conferiti dall ordinamento giuridico dell Unione. III. - La decisione della Corte costituzionale.

3 Con la decisione in rassegna la Corte costituzionale, nel dichiarare infondate le q.l.c. sollevate, osserva che: d) l art. 5-sexies della l. n. 89 del 2001, introdotto nel 2015, si applica a tutte le procedure di esecuzione che siano state instaurate successivamente al 1 gennaio 2016, indipendentemente dalla data di formazione del titolo esecutivo; e) il dato normativo non consente di ricavare la cumulabilità del termine semestrale con quello di centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo previsto dall art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, in quanto: e1) la disciplina contenuta nella disposizione (in particolare nel settimo comma dell art. 5-sexies) fa riferimento al solo termine semestrale; e2) si tratta di un regime speciale dichiaratamente riferito alle peculiarità e alle attuali dimensioni del debito dell amministrazione da irragionevole durata del processo e delle procedure attivate per la sua esecuzione, che hanno finito con l ingenerare una sorta di contenzioso parallelo a quello delle liti presupposte ; f) non sussiste la violazione dell art. 3 Cost., in quanto: f1) la non coincidenza del termine dilatorio con quello previsto dall art. 14 del d.l. n. 669 del 1996 si giustifica alla luce della specificità della procedura liquidatoria degli indennizzi per equa riparazione della non ragionevole durata del processo rispetto alle procedure di pagamento degli altri debiti della pubblica amministrazione; f2) gli oneri dichiarativi non aggravano la posizione del creditore in quanto attuano un ragionevole bilanciamento dell interesse del creditore a realizzare il suo diritto con l interesse dell amministrazione ad approntare un sistema di risposta, organico e ordinato, con cui far fronte al flusso abnorme delle procedure relative ai crediti fondati sulla c.d. legge Pinto; g) non sussiste la violazione dell art. 24 Cost. né quello dei parametri costituzionali ed europei in tema di giusto processo in quanto: g1) la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale non implica necessariamente una relazione di immediatezza tra il sorgere del diritto e tale tutela, essendo consentito al legislatore di imporre l adempimento di oneri che, condizionando la proponibilità dell azione ne comportino il differimento, purché siano giustificati da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia; g2) nel caso di specie, il legislatore ha introdotto un onere, per i creditori, di collaborazione con l amministrazione che non impedisce la

4 tutela giurisdizionale, ma la differisce per un tempo non eccessivo e la rende eventuale, in coerenza con gli obiettivi generali di razionalizzazione e semplificazione dell attività amministrativa. IV. - Per completezza, si segnala quanto segue: h) sui rapporti fra c.d. legge Pinto e processo amministrativo: h1) Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2018, n. 63, in Foro it., 2018, I, 483, secondo cui l indennizzo spettante per l eccessiva durata del processo amministrativo è dovuto anche nel caso di avvenuta dichiarazione di perenzione; h2) Cass. civ., 18 marzo 2010, n. 6619, in Foro it., Rep., 2010, voce Diritti politici e civili, n. 263, aveva affermato che la mancata presentazione dell istanza di fissazione di udienza, richiesta dall art. 9 della l. 21 luglio 2000, n. 205 per evitare la perenzione del ricorso, costituisse sintomo di una progressiva diminuzione nel tempo dell interesse alla decisione, tale da giustificare una corrispondente decrescente valutazione del danno e del relativo risarcimento; h3) Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2018, n. 64, in Foro it., 2018, I, 482, secondo cui l indennizzo spettante per l eccessiva durata del processo amministrativo va commisurato all intera durata di questo fin dal suo inizio e non al solo periodo successivo alla presentazione dell istanza di prelievo ; h4) il legislatore, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., 15 febbraio 2013, n. 3740, in Dir. e pratica amm., 2013, fasc. 4, 72 (m), con nota di CONTESSA), pertanto, condiziona la spettanza dell indennizzo alla previa presentazione dell istanza di prelievo, ma non lo limita al solo periodo successivo, sicché il suo ammontare va commisurato all intera durata del processo fin dalla data del suo inizio; i) l art. 54, secondo comma, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 2008, n. 133, ha condizionato la proponibilità della domanda di equa riparazione alla presentazione dell istanza di prelievo, il cui effetto è stato altresì limitato al solo periodo di ulteriore pendenza del giudizio amministrativo dall art. 3, 23 comma, dell allegato 4 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, e dall art. 1, 3 comma, d.lg. 15 novembre 2011, n. 195; sul punto, si segnala: i1) Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2017, n , in Foro it., 2018, I, 205, con nota di richiami di BUCCIANTE (alla quale si rinvia per ulteriori approfondimenti giurisprudenziali), secondo cui in tema di

5 irragionevole durata del processo amministrativo, è rilevante e non manifestamente infondata, e va pertanto rimessa alla corte costituzionale, la questione di legittimità costituzionale dell art. 54, 2 comma, d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. dalla l. n. 133 del 2008, come modificato dall art. 3, 23 comma, dell all. 4 al d.leg. n. 104 del 2010 e dall art. 1, 3 comma, lett. a), n. 6), d.leg. n. 195 del 2011, per contrasto con l art. 117, 1 comma, cost. in relazione agli art. 6 e 46 Cedu, nella parte in cui, relativamente ai giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 e per la loro intera durata, subordina la proponibilità della domanda di equa riparazione alla previa presentazione dell istanza di prelievo ; i2) Cass. civ., 3 febbraio 2017, n. 2995, ha ritenuto legittima la liquidazione di un indennizzo inferiore alla soglia minima di 500 euro per anno, in considerazione, tra l altro, della presentazione dell istanza di prelievo a distanza di molti anni dalla instaurazione del giudizio amministrativo; i3) Cass. civ., 4 gennaio 2011, n. 115, in Foro it., Rep., 2011, voce Diritti politici e civili, n. 221, in conformità con il prevalente orientamento giurisprudenziale, ha affermato la non retroattività della norma sopravvenuta e, quindi, la sua inapplicabilità ai processi amministrativi presupposti già pendenti al 25 giugno 2008, data della sua entrata in vigore; i4) in tema di rapporti tra istanza di prelievo e giudizio di equa riparazione, tra le altre, Cass. civ., 4 dicembre 2006, n , in Foro it., 2007, I, 2109, con nota di RODOLFO MASERA, che, anteriormente all entrata in vigore dell art. 54 d.l. n. 112 del 2008, aveva escluso che la presentazione dell istanza di prelievo (o dell analogo strumento sollecitatorio invalso nella prassi dei giudizi contabili) condizionasse il diritto all equa riparazione, salva tuttavia l eventualità che la sua mancanza fosse apprezzabile, per il periodo precedente, come causa o concausa del danno da eccessiva durata del processo (da computare comunque dalla data del suo promovimento), con conseguente riduzione del relativo indennizzo.

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