B I B L I O T E C A D I E P I S T E M E. Cronistoria della fisica. Da GALILEO ad EINSTEIN. A cura di S T E F A N O C O S T A.

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1 B I B L I O T E C A D I E P I S T E M E Cronistoria della fisica Da GALILEO ad EINSTEIN A cura di S T E F A N O C O S T A

2 GALILEO giocò un ruolo importante nell'aiutare la scienza a porre le sue basi su un fondamento sperimentale e osservativo, liberandola al tempo stesso da oziose speculazioni filosofiche. stabilì i fondamenti scientifici della cinematica. Galileo fu il secondo grande scienziato, dopo Keplero, che si rese conto dell'importanza della matematica nello sviluppo dei principi e delle leggi di natura. Qualunque fenomeno coinvolgente quantità misurabili poteva essere formulato matematicamente; non solo: sostenne che la formulazione matematica di un problema permetteva di dedurre risultati non osservabili direttamente nei fenomeni stessi. volle scoprire in che modo l'attrazione di gravità modifica il moto di un corpo e se il movimento di tutti i corpi viene influenzato nello stesso modo. osservò che, mentre una sfera rotola lungo un piano inclinato, la sua velocità aumenta della stessa quantità in eguali intervalli di tempo, ma che una volta che lascia il piano inclinato, la sua velocità rimane costante. Potè così smentire sperimentalmente la concezione aristotelica in base alla quale una forza deve agire su un corpo per mantenerlo in movimento a velocità costante. l'accelerazione lungo il piano inclinato è uguale per tutte le sfere, indipendentemente dalle differenze di peso o dimensione. il motivo per cui le sfere sulla superficie orizzontale alla fine si fermano è a causa del fatto che la superficie non è perfettamente liscia. Quindi concluse che se la superficie fosse perfettamente liscia, la sfera proseguirebbe all'infinito (concetto di inerzia). solo l'altezza da terra determina la velocità della sfera alla fine del piano.

3 NEWTON stabilisce la meccanica come scienza esatta tempo e spazio come elementi indefinibili. Le operazioni di misura sostituiscono la definizione. la geometria dello spazio è di tipo euclideo. Lo spazio è assoluto (le distanze fra gli eventi sono le stesse per tutti gli osservatori) e di estensione infinita. il tempo è assoluto, fluisce uniformemente e continuamente da un passato infinito a un futuro infinito. leggi del moto: stabiliscono la relazione tra il moto di un corpo e la forza agente su di esso. Non viene specificata la natura delle forze (ad es. leggi del moto di N.). leggi che descrivono le forze della natura (ad es. legge di gravitazione universale). Una legge di questo tipo generalmente contiene due proprietà indipendenti tra loro: 1. la prima è geometrica, in quanto descrive la dipendenza della forza (in intensità e direzione) dalla relazione geometrica esistente tra i due corpi interagenti. 2. la seconda caratteristica è intrinseca ai due corpi interagenti, in quanto fornisce la dipendenza dell'intensità della forza da qualche proprietà posseduta da ciascun corpo. Una forza tra due corpi interagenti può anche dipendere dal loro stato di moto, ma ciò non avviene nel caso della gravitazione.

4 LE LEGGI NEWTONIANE DEL MOTO Prima legge di Newton. Ogni corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto uniforme lungo una linea, se non è costretto a mutarlo per effetto di forze a esso applicate. Seconda legge di Newton. La variazione della quantità di moto è proporzionale alla forza motrice applicata ed avviene nella direzione della linea retta nella quale la forza motrice è applicata. Terza legge di Newton. A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria o, ciò che è la stessa cosa, le azioni reciprocamente esercitate da un corpo su un altro sono uguali e hanno direzione opposta.

5 SISTEMI DI RIFERIMENTO INERZIALI La legge fondamentale della meccanica classica è la seconda legge del moto di Newton: F d dt p dove F è la forza e p = Mv è la quantità di moto. Questa legge è valida per un osservatore fermo in un sistema di riferimento non accelerato o inerziale (o Galileiano). Il metodo galileiano per determinare tale sistema parte dall'ipotesi che vi sia un mezzo indipendente per sapere se in esso non agiscono forze; ma in realtà non è così in quanto il nostro criterio per dire che non ci sono forze è di stabilire che non ci sono accelerazioni e ciò richiede un certo sistema di riferimento rispetto a cui misurare queste ultime; siamo così in un circolo vizioso. le forze che agiscono tra due corpi diminuiscono abbastanza velocemente al crescere della distanza fra essi. l'esistenza di un sistema di riferimento inerziale suggerisce una questione difficile e a tutt'oggi non risolta: quale effetto ha, su un esperimento eseguito in un laboratorio terrestre, la presenza di tutta l'altra materia contenuta nell'universo? Secchio di Newton. Principio di Mach.

6 VELOCITÀ ASSOLUTA E VELOCITÀ RELATIVA ha qualche senso fisico parlare di velocità assoluta? Alla luce di tutti gli esperimenti finora eseguiti la risposta è no; di conseguenza siamo condotti a formulare una ipotesi fondamentale, l'ipotesi dell'invarianza galileiana. Le leggi fondamentali della fisica sono identiche in tutti i sistemi di riferimento che si muovono di moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro. Indichiamo con S un particolare sistema inerziale, e con S' un altro sistema inerziale che si muova con velocità V rispetto al primo; in entrambi scegliamo un riferimento cartesiano tale che gli assi x', y', z' di S' siano paralleli agli assi x, y, z di S e la velocità V abbia direzione e verso delle x positive. Si vogliono confrontare le misure di spazio e tempo di un osservatore posto in S', con quelle di un osservatore fermo rispetto a S. orologi identici in entrambi i sistemi, si suppone infinita la velocità della luce. Si ha: t = t', L = L'. possiamo riassumere questi risultati in una trasformazione che mette in relazione le coordinate x', y', z', e t' misurati in S' con le corrispondenti coordinate e tempo in S. Questa trasformazione è detta galileiana. se si combina questa trasformazione con il postulato dell'invarianza galileiana, si arriva a stabilire quanto segue: le leggi fondamentali della fisica hanno la stessa forma in due sistemi di riferimento collegati da una trasformazione galileiana. Concludiamo che, se per definire la forza si usa la relazione F = Ma, gli osservatori in tutti i sistemi inerziali saranno d'accordo sul modulo, sulla direzione e sul verso della forza F, indipendentemente dalle velocità relative dei sistemi stessi.

7 PRINCIPI ESTREMALI i principi estremali o di minimo si riferiscono a quantità scalari e hanno pertanto la notevole proprietà di essere automaticamente validi in qualsiasi sistema di riferimento se si rivelano validi per uno solo di essi. Fermat: la luce si propaga lungo una traiettoria che essa percorre nel più breve tempo possibile. Maupertuis: impone una condizione non sul tempo di transito, ma su una grandezza chiamata azione. "principio di economia (o di minima azione)": una particella sceglie di percorrere, con il suo moto, quella traiettoria che rende minimo l'aumento dell'azione. azione = mv s questa asserzione ha eliminato l'intricato concetto di azione a distanza (caratteristico della legge di gravitazione universale e criticato dallo stesso Newton), trasferendo il nucleo essenziale della legge di Newton dal modo in cui i corpi si influenzano a distanza al modo in cui rispondono a qualche proprietà (l'azione) della propria traiettoria o dello spazio circostante. conseguenza derivante dal concetto di azione se su di esso viene imposta la condizione di variare di quantità piccole ma finite.

8 HAMILTON per ottenere un semplice principio di minima azione, che potesse descrivere sia i fenomeni ottici che quelli meccanici, considerò il principio di Fermat e mostrò che esso poteva venire sostituito da un altro, molto simile al principio di Maupertuis di minima azione. Ciò fu possibile sostituendo il tempo, che compare nel principio di Fermat, con la lunghezza della traiettoria che il raggio di luce percorre tra due punti in un mezzo, divisa per la velocità del raggio in quel mezzo. Ciò equivale a moltiplicare la distanza percorsa dal raggio, supposto in movimento nel vuoto, per l'indice di rifrazione del mezzo, in ciascun punto della traiettoria. il principio di Fermat del tempo minimo è formalmente analogo al principio di minima azione. sintesi delle leggi dell'ottica e delle leggi del moto di Newton. L'indice di rifrazione in un dato punto in un dato mezzo determina la velocità della luce in quel punto, così che esso si comporta nei confronti della luce proprio come un campo di forze si comporta nei confronti di una particella che l'attraversa. il comportamento delle particelle poteva essere descritto da una sorta di meccanica ondulatoria. In particolare, le traiettorie delle particelle aventi la stessa energia totale sono identiche alle traiettorie dei raggi di luce che attraversano un mezzo di appropriato indice di rifrazione. In altre parole, è possibile trovare un indice di rifrazione tale che la traiettoria di qualsiasi particella possa essere descritta dal cammino di un raggio di luce che attraversi il mezzo avente il dato indice di rifrazione. Tuttavia, dato che i raggi sono solo una approssimazione della corretta descrizione ondulatoria, ne deriva che le traiettorie newtoniane sono solo l'approssimazione di una descrizione ondulatoria del moto della particelle. Così come in ottica i raggi di luce sono ortogonali ai fronti d'onda (superfici di ugual fase), così in meccanica le traiettorie delle particelle sono ortogonali a un altro tipo di fronte d'onda (le superfici di uguale azione).

9 MAXWELL la teoria predice l'esistenza di onde elettromagnetiche. tre equazioni descrivono il modo in cui le variazioni nel tempo delle componenti del campo elettrico determinano le variazioni del campo magnetico nello spazio; le altre tre descrivono il modo in cui le variazioni nel tempo delle tre componenti spaziali del campo magnetico determinano come varia il campo elettrico punto per punto. Da queste equazioni di campo Maxwell derivò matematicamente una semplice equazione per le componenti del campo elettrico e una analoga per le componenti del campo magnetico. sono dette "equazioni d'onda" perché mostrano che il campo elettrico e il campo magnetico si propagano assieme sotto forma di oscillazioni periodiche perpendicolari tra loro e perpendicolari alla direzione di propagazione delle onde. Inoltre, le oscillazioni sono sfasate tra di loro di 90 (un quarto di ciclo); vale a dire quando il campo elettrico è al massimo il campo magnetico è nullo e viceversa. questo tipo di fenomeno è noto come onda trasversale. l'importanza della teoria di Maxwell fu pienamente compresa quando ci si rese conto che la velocità delle onde elettromagnetiche risultava essere la stessa delle onde luminose. la presenza della velocità della luce nelle equazioni di Maxwell è notevole per il fatto che, in queste equazioni, il suo valore non dipende dal sistema di riferimento dell'osservatore, essendo dato dal rapporto tra i due differenti insiemi di unità, elettrostatico e elettromagnetico, in cui può essere espressa la carica elettrica. Questa indipendenza è sorprendente, dato che, nella meccanica newtoniana, la velocità osservata di un oggetto dipende sempre dal moto dell'osservatore.

10 IL PROBLEMA DELL'ETERE Per i fisici del tempo sembrava naturale cercare di comprendere l'elettromagnetismo per mezzo di un modello meccanico e considerare le onde elettromagnetiche qualcosa di analogo alle onde elastiche in un solido. Il mezzo, "conduttore di luce" (luminifero), attraverso cui le onde luminose si propagano nel vuoto, veniva chiamato etere. oggigiorno l'etere è sinonimo di vuoto, ma Maxwell e con lui molti altri non si figuravano un campo come qualcosa capace di autosostenersi e di propagarsi nel vuoto. Maxwell ragionava così: "Ma in tutte queste teorie sorge in maniera spontanea il problema: -Se qualche cosa viene trasmesso a distanza, da una particella a un'altra, qual è la sua condizione dopo aver lasciato la prima particella e prima di aver raggiunto la seconda? Se questo qualche cosa è l'energia potenziale delle due particelle, come nella teoria di Neumann, in che modo dobbiamo pensare che essa sia presente in un punto dello spazio che non coincide né con la posizione di una particella nè con quella dell'altra? Infatti, quando viene trasmessa energia, in un certo tempo, da un corpo a un altro, deve esserci un mezzo o una sostanza che contiene l'energia dopo che essa ha lasciato il primo corpo e prima che abbia raggiunto il secondo, giacché l'energia, come osservò Torricelli, - è una quintessenza di natura così sottile che non può essere trattenuta in nessun recipiente, a eccezione della sostanza più intima delle cose materiali. - Quindi tutte le teorie portano a concepire l'esistenza di un mezzo in cui ha luogo la propagazione; e se si ammette, come ipotesi, l'esistenza di un tale mezzo, io credo che esso debba occupare un posto preminente nelle nostre ricerche, e che dovremmo sforzarci di costruire una rappresentazione mentale completa della sua azione: questo è stato lo scopo che mi ha guidato costantemente nello scrivere questo trattato."

11 se l'etere ha proprietà affini a quelle di un solido o di un fluido ordinario, ci si aspetta di certo che esista un sistema inerziale rispetto al quale l'etere sia in quiete, almeno localmente. D'altra parte, ogni esperimento importante sembra indicare che non esiste alcun metodo per determinare uno stato assoluto di moto rispetto all'etere: tutti i sistemi inerziali sono affatto equivalenti fra loro. Naturalmente, quest'ultima asserzione è una delle pietre angolari della teoria della relatività ristretta: se è realmente vera, come si crede fermamente, significa che l'etere in moto ha le stesse caratteristiche fisiche dell'etere in quiete, e questa è di certo una proprietà estranea a ogni solido o fluido ordinario. Tenendo conto di questa fondamentale proprietà non-meccanica dell'etere, sembra privo di senso assegnare a esso altre proprietà meccaniche. oggi si parla con ostentazione del vuoto, indicando con questo termine la mancanza di interesse per il mezzo in cui si propagano le onde. Quando si studiano le onde elettromagnetiche o di de Broglie, non ci si chiede più che cos'è che oscilla in realtà; ciò che si vuole è formulare equazioni d'onda per queste onde, per mezzo delle quali si possano predire fenomeni osservabili sperimentalmente.

12 I CALORI SPECIFICI DEI GAS nel 1858 Maxwell aveva già mostrato che la sua teoria cinetica dei gas portava a una seria discrepanza tra i valori calcolati e i valori misurati dei calori specifici dei gas. la teoria cinetica, nella forma introdotta da Maxwell, considera un gas come un insieme di particelle in moto casuale, governato dalle leggi del moto di Newton. Maxwell dimostrò che la temperatura assoluta di un gas è proporzionale alla energia cinetica media delle sue molecole; il contenuto di energia totale di un gas è allora dato da questa energia cinetica media moltiplicata per il numero di molecole presenti. dalla teoria cinetica si ottiene che, all'aumentare della temperatura, anche l'energia cinetica media di una molecola deve essere aumentata. La quantità di calore richiesta per aumentare la temperatura in una certa misura dovrebbe, secondo la teoria cinetica, essere la stessa per tutte le temperature. Ma questa conclusione è contraria alle osservazioni, che mostrano che il calore specifico decresce quando il gas diviene più freddo. la validità della legge del moto di Newton fu allora messa in dubbio, dato che la teoria cinetica è una diretta conseguenza delle leggi del moto.

13 IL CORPO NERO studio della proprietà della radiazione emessa da corpi caldi: la radiazione dipende non solo dalla natura del corpo, ma anche dalla sua temperatura. dato che la materia a livello microscopico è elettricamente neutra, come può essa generare, emettere e assorbire radiazione elettromagnetica? perchè la radiazione emessa da un gas incandescente è così diversa da quella emessa da un corpo solido caldo, e qual è la relazione tra le proprietà della radiazione di un corpo solido caldo e la sua temperatura? si chiama radiazione termica quella radiazione le cui caratteristiche dipendono solo dalla temperatura della sostanza che emette. Qualunque corpo, a qualunque temperatura, emette una radiazione termica. se si ha un corpo a una temperatura T nel vuoto, esso irradia una certa potenza P sotto forma elettromagnetica. La potenza irradiata è proporzionale alla superficie del corpo, dipende dalla sua natura e dalla temperatura. Per unità di superficie la potenza è quindi una funzione della temperatura; questa potenza inoltre viene emessa sotto forma di onde elettromagnetiche di diversa frequenza, per cui in ogni intervallo fra ν e dν si irradia una potenza dp che dipende anche da ν: dp = e(, T ) d la funzione e(, T ) prende il nome di potere emissivo. l energia raggiante che colpisce la superficie di un corpo può essere divisa in tre parti: una parte è riflessa, una parte penetra nel corpo e viene assorbita da questo trasformandosi in altre forme di energia (calore, energia chimica, eccetera), il resto attraversa il corpo e ne esce.

14 la frazione r dell energia incidente, per unità di tempo e di superficie, che viene riflessa, si chiama potere riflettente, la frazione a che viene assorbita si chiama potere assorbente e la frazione rimanente t è la trasparenza. Per ogni corpo: r + a + t = 1 il potere assorbente a è anche esso una funzione della frequenza della radiazione incidente e della temperatura T del corpo e della natura del corpo stesso. Con considerazioni termodinamiche Kirchoff è arrivato alla legge che porta il suo nome: il rapporto tra il potere emissivo e(,t) ed il potere assorbente a(,t) è indipendente dalla natura particoalre del corpo considerato ed è, per tutti i corpi, una funzione universale della frequenza e della temperatura: e(, T ) a(, T ) = E(, T ) dove la funzione E è la stessa per tutti i corpi. segue in particolare dalla legge di Kirchoff che un corpo può emettere solo quelle radiazioni che è capace di assorbire; inoltre il massimo potere emissivo si ha per i corpi che hanno il massimo potere assorbente. risulta dalla sua stessa definizione che il massimo valore che può avere il potere assorbente è 1; precisamente ha potere assorbente 1 un corpo che assorbe tutte le radiazioni che cadono su di esso. Un tale corpo si dice perfettamente nero; per esso si ha dunque a = 1. Dalla formula precedente risulta allora che il potere emissivo del corpo nero non è altro che la funzione universale E(ν,T). Da queste considerazioni nasce l importanza della determinazione della radiazione emessa da un corpo nero a una data temperatura. a partire dalle leggi fondamentali della fisica note a quel tempo (termodinamica e elettromagnetismo), qual è la formula che fornisce correttamente l'intensità di lunghezza d'onda della radiazione totale emessa in ogni secondo dall'unità di superficie a una data temperatura.

15 LA CATASTROFE ULTRAVIOLETTA radiazione di corpo nero in equilibrio con le pareti della cavità, cosicchè l'intensità di radiazione ad una certa lunghezza d'onda in ogni unità di volume è costante. la radiazione è presente entro la cavità sotto forma di onde stazionarie. La lunghezza d'onda in una direzione è data da 2L/N (L è la distanza fra le pareti). Il numero di modi è dunque infinito e favorisce le piccole lunghezze d'onda. considerando che ognuna di queste onde stazionarie rappresenta un oscillatore armonico, ad ognuno di essi viene assegnata una quantità di energia stabilita dal teorema di equipartizione e pari al prodotto della costante di Boltzmann per la temperatura assoluta della cavità. allora, l'intensità della radiazione emessa a una data temperatura dovrebbe aumentare con la frequenza della radiazione emessa, in quanto l'intensità che si ottiene è proporzionale al quadrato della frequenza. Perciò se noi immettiamo nella cavità luce rossa, questa comincerà a trasformarsi, attraverso assorbimenti e riemissioni, in luce UV, in raggi X,... l'errore si trova nel teorema classico dell'equipartizione, che stabilisce che in un insieme di sistemi dinamici a una data temperatura, ogni grado di libertà deve possedere in media una quantità di energia pari a E = kt.

16 PLANCK Planck si concentrò sulla relazione tra l'entropia della radiazione e la sua energia invece che la sua temperatura, poichè rappresentò la radiazione come se fosse in equilibrio con oscillatori armonici reali di frequenze diverse, posti sulle pareti. La sua idea era che questi oscillatori assorbono la radiazione di una data frequenza e poi la riemettono su un intervallo completo di frequenze, in modo da mantenere il carattere di corpo nero della radiazione. per fare ciò, doveva avere qualche idea sull'energia media di un oscillatore e suppose di poter calcolare questa valore con la usuale procedura utilizzata per calcolare la media: bisognava sommare le energie di tutti gli oscillatori, ciascuna con il proprio peso (cioè la probabilità che l'oscillatore possedesse quell'energia). L'entropia entra in questa procedura perchè, come mostrato da Boltzmann, la probabilità che un oscillatore abbia una data energia dipende in modo esponenziale dall'entropia. Dato che energia e entropia sono collegate tramite la temperatura, Planck si convinse di poter ottenere la corretta formula della radiazione attraverso la termodinamica. per fare questo, aveva bisogno di una formula per l'energia dell'oscillatore armonico di una data frequenza, che si ottiene in modo diretto dalla dinamica newtoniana ed è data dalla frequenza dell'oscillatore moltiplicata per l'azione associata ad una singola oscillazione: E = hν. Con questa equazione e con la formula probabilistica di Boltzmann, calcolò allora l'energia media di un oscillatore, che è diversa dall'espressione classica deducibile dal teorema di equipartizione. il teorema di equipartizione classico stabilisce che l'energia media di un oscillatore, in un insieme di oscillatori alla temperatura T, non dipende dalla frequenza dell'oscillatore, ma varia direttamente con la temperatura, il che conduce ai risultati di Rayleigh. Il valore medio dell'energia di un oscillatore di Planck dipende in modo complesso dalla frequenza e dalla temperatura finchè h è diverso da zero.

17 il disagio di Planck era originato dalla percezione del conflitto esistente tra la quantizzazione dell'azione e la teoria elettromagnetica di Maxwell, poichè la prima implicava che la radiazione è corpuscolare e non ondulatoria. Suggerì che la radiazione del corpo nero fosse emessa in blocchi discreti (quanti), che immediatamente si trasformavano in onde. in uno dei suoi articoli sulla radiazione, Einstein osservò la profonda differenza esistente tra le leggi che governano i corpi materiali e quelle che governano la radiazione; questa differenza è chiaramente delineata dalla possibilità di localizzare le particelle (con la posizione e l'impulso) e l'impossibilità di localizzare le onde. questa differenza non può essere così definitiva e netta come sembra e certi fenomeni di radiazione possono essere spiegati solo se si ammette che la teoria ondulatoria fornisce una rappresentazione parziale delle proprietà della radiazione. Einstein considerò la radiazione racchiusa in un contenitore con pareti perfettamente riflettenti e mostrò che, se la distribuzione spettrale è data dalla relazione di Planck, allora la radiazione si comporta da tutti i punti di vista (per esempio per ciò che riguarda pressione ed entropia) come un gas consistente di corpuscoli (quanti) ognuno di energia hν. proseguendo nella sua analisi, mostrò che la fluttuazione dell'energia della radiazione in un piccolo volume del contenitore è una somma di due termini, uno dei quali può essere dedotto dalla teoria ondulatoria di Maxwell (e costituisce il risultato classico standard), mentre l'altro è puramente quantistico e trae origine dalla teoria dei quanti. nè l'aspetto ondulatorio, nè l'aspetto corpuscolare possono essere trascurati.

18 IL FOTONE la radiazione emessa da una sorgente luminosa può essere considerata costituita da pacchetti di radiazione discreti, chiamati fotoni. la propagazione di ciascun fotone nello spazio è descritta in maniera corretta dalle equazioni di Maxwell. Ai fini di questa descrizione ciscun fotone può essere considerato come un treno d onde classico definito dai due campi vettoriali E(r,t) e B(r,t). In particolare, i fotoni sono diffratti da ostacoli e le onde diffratte possono essere descritte nell ambito della teoria classica. Un onda che incide su uno schermo con due fenditure si divide invero in due onde, e queste due onde possono interferire tra loro come è previsto dalla teoria classica. non è corretto considerare che la somma dei quadrati delle ampiezze E e B rappresenti la densità energetica nello spazio associata al fotone: questa idea classica è sbagliata. Invece, ogni grandezza che dipende dal quadrato dell ampiezza dell onda dev essere considerata proporzionale a una probabilità che qualcosa accada. se un fotone viene rivelato in qualche punto dello spazio, l energia trasmessa al rivelatore è sempre uguale ad hν. poichè la probabilità di rivelare il fotone è proporzionale alla somma dei quadrati delle ampiezze di E e B, si può concludere che la densità energetica classica, integrata su una certa regione, è uguale al prodotto della energia trasportata da un fotone per la probabilità di trovare il fotone nella regione. Perciò, se la sorgente luminosa è mantenuta costante per un lungo tempo, tale che venga emesso un grande numero di fotoni, allora l energia media che può essere osservata in una regione è uguale all energia presente in questa regione, calcolata in base alla teoria classica. la nuova idea introdotta è l interpretazione probabilistica di tutte le grandezze che dipendono dal quadato delle ampiezze del campo elettromagnetico.

19 DE BROGLIE riflettendo sul fatto che secondo la teoria della relatività la materia è equivalente all'energia e l'energia, secondo Planck, è una costante moltiplicata per una frequenza, De Broglie concluse che la materia, come l'energia, è associata a una frequenza e ha perciò proprietà ondulatorie. questo significa che una particella come l'elettrone è associata a un'onda e quindi possiede una lunghezza d'onda. per trovare la lunghezza d'onda di una particella, De Broglie partì dall'affermazione di Einstein che un fotone possiede una certa quantità di moto e congetturò che la stessa formula che associa la lunghezza d'onda di un fotone alla sua quantità di moto può essere usata per associare la quantità di moto di una particella alla sua lunghezza d'onda. partendo dalla teoria della relatività ristretta, Einstein mostrò che la quantità di moto di un fotone è pari a p = E/c = h_/c = h/_. Ragionando per analogia, De Broglie propose l'ipotesi rivoluzionaria che la quantità di moto di una particella fosse pari alla costante di Planck divisa per la lunghezza d'onda della particella, cioè: p = h/_, da cui si ricava la lunghezza d'onda della particella: _ = h/p.

20 HEISENBERG sostenne che era necessaria una nuova meccanica quantistica, dotata di regole autoconsistenti e di leggi che dovevano fare riferimento alla meccanica classica solo per i concetti più generali. la meccanica quantistica avrebbe dovuto occuparsi solo delle quantità osservabili e concetti come quello relativo alle orbite di Bohr, che non possono essere osservati, avrebbero dovuto esse banditi dalla fisica atomica. l'elettrone non è più localizzato in un punto, ma "sparpagliato" in tutte le orbite di Bohr: un tale insieme di numeri è una matrice. Anche il concetto newtoniano di quantità di moto fu sostituito con una matrice contenente tutti i possibili valori della quantità di moto classica della particella. Questo lavoro fu l'inizio della meccanica delle matrici, in seguito sviluppata da Born, Heisenberg e Jordan in un insieme di proposizioni matematiche adatte alla risoluzione dei problemi atomici. Heisenberg mostrò che la non commutatività della moltiplicazione nell'algebra delle matrici implica che le quantità moltiplicate sono soggette a un principio di indeterminazione (di Heisenberg): i due termini del prodotto non possono essere misurati entrambi con accuratezza infinita. interpretazione fisica del principio di indeterminazione. il principio di indeterminazione, usato all'inizio per la posizione e la quantità di moto, si applica ad altre coppie di grandezze misurabili, dette variabili coniugate, le quali giocano un ruolo importante in meccanica quantistica, poichè pongono dei limiti al determinismo della fisica quantistica. si può rendere più comprensibile il principio di indeterminazione deducendolo dall'esistenza del quanto di azione h.

21 SCHRÖDINGER si ispirò alle proprietà ondulatorie delle particelle rivelata da De Broglie. si allontanò dalla teoria atomica di Bohr, non credendo al concetto di orbite discrete e di salti elettronici da un'orbita all'altra. Cercò perciò di tornare a una qualche forma di descrizione classica continua, trattando lo spettro atomico come soluzione di un problema agli autovalori. Il suo ragionamento consistette nel fatto che se i modi discreti di vibrazione di un sistema classico come una corda di violino potevano essere ottenuti come un problema di autovalori, così poteva essere anche per le orbite atomiche di Bohr. Pensò che in questo modo si sarebbe potuta eliminare l'idea dei salti quantici rimpiazzandola con il concetto di transizione da un modo di vibrazione (autovalore) a un altro. vide nella teoria ondulatoria di De Broglie un modo per rimpiazzare il modello discontinuo di Bohr e la meccanica delle matrici con un'unica equazione d'onda per l'elettrone, da cui avrebbero potuto essere dedotte tutte le caratteristiche del modello di Bohr e della meccanica matriciale. descrisse classicamente un elettrone che si muove in un campo elettrostatico. Osservò che rimpiazzando la quantità di moto e l'energia con opportuni operatori si poteva ottenere la desiderata equazione d'onda. qual è la natura dell'onda associata all'elettrone? Infatti l'onda di Schrödinger non è un'onda reale (contiene i, l'unità immaginaria) e così la sua intensità non può essere misurata. interpretazione di Max Born: misura della probabilità di trovare l'elettrone in una data regione dello spazio (si moltiplica la funzione d'onda per la sua complessa coniugata, ottenedone il modulo). difficolta: l'equazione d'onda era strutturata in modo tale da trattare differentemente il tempo e lo spazio, in contrasto con i dettami della relatività.

22 ciò nasce perchè l'equazione d'onda deriva dalla relazione newtoniana tra l'energia e la quantità di moto della particella, invece cha dalla relazione di Einstein. Sostituendo allora con gli appropriati operatori, ottenne un'equazione relativisticamente corretta. le soluzioni dell'equazione (funzioni d'onda) davano probabilità per gli eventi sia positive che negative.

23 DIRAC vide che la difficoltà nell'equazione relativistica di Schrödinger sorgeva dalla relazione di Einstein tra energia e quantità di moto, da cui bisogna partire, che mette in relazione i loro quadrati anzichè energia e quantità di moto direttamente come invece richiede la meccanica ondulatoria nella costruzione dell'equazione d'onda. Dirac dovette perciò considerare la radice quadrata della relazione di Einstein ed ottenne ciò che voleva, pagando però un certo prezzo: l'equazione d'onda non relativistica di Schrödinger per l'elettrone veniva a essere sostituita da quattro equazioni distinte. il suo lavoro venne accettato solo quando le soluzioni delle quattro equazioni dettero risultati di dinamica atomica (righe spettrali e altro) considerevolmente superiori a quelli ottenuti dall'equazione non relativistica, assegnando inoltre uno spin all'elettrone, il che non avviene per l'equazione di Schrödinger. prediceva inoltre l'esistenza di elettroni con energia negativa. Ma se esistono stati a energia negativa, l'elettrone vi salterebbe dentro allo scopo di riempirli, e tutta la materia sparirebbe così con una grande esplosione lasciando un universo pieno di radiazione. poichè ciò non avviene, deve esserci qualche meccanismo che lo impedisce e Dirac propose questa spiegazione: avanzò l'ipotesi che ogni stato di energia negativa nel vuoto possiede già un elettrone (di energia negativa) cosicchè, per il principio di esclusione di Pauli, non può contenere nessun altro elettrone. Dirac mostrò che se un fotone di sufficiente energia (equivalente ad almeno due volte la massa dell'elettrone a riposo) viene assorbito da un elettrone a energia negativa, l'elettrone acquisterebbe un'energia positiva e lascerebbe al suo osto una lacuna nel vuoto. Questa lacuna, costituita dall'assenza di carica ed energia negative, si comporterbbe come un elettrone con carica ed energia positive (positone, scoperto da Carl Anderson nel 1931 nei raggi cosmici).

24 si è dimostrato, dopo l'apparizione dell'articolo originale di Dirac, che non è necessario, in pratica, suppore l'esistenza di oceani infinitamente densi di elettroni di massa negativa e che i positoni possono essere considerati dal punto di vista pratico come buchi in uno spazio assolutamente vuoto.

25 TEORIA DELLA RELATIVITÀ RISTRETTA Lo spazio assoluto, per sua natura, resta sempre tale e invariabile senza alcuna relazione con l'esterno. Il tempo assoluto, vero e matematico, per sua natura scorre allo stesso modo, senza alcuna relazione con l'esterno (Newton, Principia). la definizione di spazio e tempo di Newton implica l'esistenza di un sistema di riferimento assoluto. Einstein partì ipotizzando l'unità delle leggi della natura. Questo implica che le leggi dei corpi in movimento e dell'ottica devono essere governati dallo stesso insieme di principi generali. le leggi dell'ottica non possono rivelare il moto uniforme più di quanto possano farlo le leggi della meccanica. le equazioni di Maxwell non possono dipendere dal moto dell'osservatore, in quanto contengono la velocità della luce. Questa velocità non può dipendere dal moto dell'osservatore, perchè se così fosse i fenomeni ottici potrebbero essere usati per determinare un moto assoluto nello spazio. Einstein si rese conto che la velocità della luce nel vuoto deve essere indipendente dal moto della sorgente luminosa e dal moto dell'osservatore. la teoria della relatività ristretta è basata su questi due principi euristici: costanza della velocità della luce e invarianza delle leggi di natura. tutte le leggi relativistiche contengono c, le leggi classiche no. Se c è assente da una legge, questa è incompleta. principio di invarianza: qualunque affermazione riguardante gli eventi naturali che rimane inalterata quando è espressa in diversi sistemi di riferimento, è una verità intrinseca della natura e quindi una legge.

26 occorre uno schema matematico con cui tradurre le osservazioni da un sistema di riferimento all'altro. nella relatività le equazioni di trasformazione si applicano sia allo spazio che al tempo. Esistono tuttavia grandezze invarianti, date da una combinazione di spazio e tempo (d r c t 2 ). Tutte le importanti conseguenze della teoria della relatività (contrazione dei regoli, dilatazione dei tempi, aumento della massa di un corpo in movimento e equivalenza tra massa e energia) si possono dedurre dalla costanza dell'intervallo spazio-temporale. per passare dalla fisica newtoniana alla fisica relativistica si devono sostituire le leggi classiche che coinvolgono le relazioni tra vettori tridimensionali con leggi che coinvolgono vettori quadridimensionali. Nella fisica classica, l'impulso di una particella e la sua energia sono conservati separatamente, così come la massa. Secondo la relatività ciò non può avvenire, perchè l'impulso è tridimensionale, l'energia e la massa unidimensionali. Impulso ed energia combinati insieme forniscono un vettore quadridimensionale, cosicchè i tre principi di conservazione prima separati, sono ora fusi insieme in un unico principio di conservazione energia-impulso-massa. la relatività ristretta opera con la geometria euclidea. gli orologi sincronizzati in un sistema di riferimento non appariranno tali in un altro sistema in moto uniforme rispetto ad esso e viceversa. in altre parole: due eventi simultanei verificatisi in due punti diversi di un sistema non appariranno tali se osservati da un altro sistema in moto rispetto ad esso. lo spazio è, almeno parzialmente, intercambiabile col tempo e una semplice distanza spaziale di due eventi in un sistema conduce a una certa differenza di tempo fra loro, quando vengano osservati da un altro sistema di riferimento.

27 vale a dire: eventi che si verificano per un sistema nello stesso luogo, ma in ostanti successivi, si verificano in luoghi diversi per un sistema in movimento rispetto al primo. sostituendo la parola "luogo" con "istante" e viceversa, otteniamo: eventi contemporanei accaduti in luoghi diversi per un sistema, si verificano in istanti successivi quando osservati da un sistema in movimento rispetto al primo. se un intervallo di tempo di durata nulla diventa maggiore di zero quando osservato da un sistema in movimento, allora anche una differenza di tempo finita fra due eventi deve aumentare se viene osservata dallo stesso sistema: questa è la dilatazione dei tempi o rallentamento degli orologi.

28 TEORIA DELLA RELATIVITÀ GENERALE Einstein è convinto che tutti i sistemi di coordinate sono naturalmente equivalenti, sia che si trovino in uno stato di moto uniforme che accelerato. partì dall'osservazione, fatta da Galileo, che tutti i corpi che cadono liberamente dalla stessa altezza nel campo gravitazionale terrestre si muovono con la stessa accelerazione, indipendentemente dalle loro masse. notò anche che tutti i corpi in un sistema di riferimento accelerato rispondono all'accelerazione esattamente allo stesso modo, indipendentemente dalle loro masse. principio di equivalenza: le forze inerziali non possono essere distinte dalle forze gravitazionali. questo principio è la base della teoria della relatività, perchè nega la possibilità di determinare il proprio stato di moto (cioè se il sistema è accelerato o meno) osservando o rivelando le forze inerziali. esperimento ideale dell'ascensore accelerazione e riposo sono indistinguibili; questa conclusione vale sia che si osservi il moto dei corpi che la propagazione della luce. per l'osservatore nell'ascensore non esiste alcuna forza gravitazionale, che esiste invece per l'osservatore esterno. Per risolvere questo paradosso Einstein elimina il concetto di forza gravitazionale, in quanto varia da un sistema di riferimento all'altro e non ha alcun significato assoluto, e rielabora le leggi del moto di Newton. reinterpreta la prima legge per i corpi che si muovono in un campo gravitazionale, affermando che si muovono sempre in linea retta, sia in presenza che in assenza di campo gravitazionale.

29 è la geometria spazio-temporale a determinare il tipo di linea retta. Nel caso dell'assenza di massa si ha la geometria euclidea, la sua presenza rende la geometria non euclidea. Secondo Einstein, il concetto di forza gravitazionale va sostituito, se le masse sono presenti, con lo spazio tempo curvo (non euclideo). la gravità diventa così geometria e i corpi si muovono nel loro modo caratteristico nel campo gravitazionale perchè seguono la curvatura dello spazio-tempo esistente nelle loro vicinanze. curvatura di un fascio di luce. precessione del perielio del pianeta: l'orbita di un pianeta attorno al Sole ruota a sua volta nella direzione del moto del pianeta. red-shift gravitazionale della luce. contrazione delle lunghezze e rallentamento del tempo. le masse oscillanti emettono onde gravitazionali.

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