Cancro dell'ovaio. Percorso diagnostico del cancro dell'ovaio. Terapia del cancro dell'ovaio. [ Maurizio Pianezza Tutti i diritti riservati]
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- Uberto Grilli
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1 [ Maurizio Pianezza Tutti i diritti riservati] Cancro dell'ovaio Il mio comportamento Percorso diagnostico del cancro dell'ovaio - Visita ginecologica ed esplorazione rettale - Ecografia addominale - Ecografia trans-vaginale - Risonanza magnetica (RMN) dell'addome e pelvi con mezzo di contrasto - Tc torace ad alta risoluzione senza o con mezzo di contrasto - Tc cranica con mezzo di contrasto/risonanza magnetica cranica con mezzo di contrasto - Tc-PET con 18 F-Fluoro-desossi-glucosio per tipizzazione morfo-funzionale - Dosaggio sierico del Ca125 e HE4 - Studio anatomopatologico ed immunoistochimico per EGFR (ErbB1)-ErbB2-Er-PgR-IGFR- CgA per la quota cellulare somatica, VEGFR-PDGFR-sst per la quota neo-angiogenetica Terapia del cancro dell'ovaio La chirurgia resta la terapia di prima scelta e rimane ancora quella più efficace: Negli stadi I e II può essere risolutiva - negli stadi III e IV può con un debulkin il più radicale possibile favorire l'effetto, intermini di sopravvivenza, delle terapie mediche. La chemioterapia di prima linea con derivati del platino e taxani può portare a stabile remissione di malattia, valutazione a cinque anni, nello stadio II in una percentuale intorno al 50%, la percentuale di risposta si abbassa drasticamente negli stadi III e IV. La chemioterapia ipertermica intraperitoneale andrebbe praticata nel primo atto chirurgico specie se radicale garantendo per quanto possibile un azzeramento o un minor rischio di malattia a livello peritoneale. Dopo il trattamento chemioterapico di prima linea trattamento con farmaci a bersaglio molecolare ai fini di ottenere un mantenimento della citoriduzione ottenuta ovvero una ulteriore citoriduzione quando questa è risultata non completa nelle valutazioni cliniche. Non bisogna terminati i trattamenti di prima linea limitarsi ai controlli clinici attendendo l'eventuale comparsa di malattia in quanto questa risulta frequente specie negli stadi più avanzati ma impostare un trattamento che intervenga sui meccanismi molecolari patologici delle cellularità residue che secondo il mio punto di vista sono staminali o ctac. 1 / 7
2 Che cos'è il Cancro ovarico Il cancro dell'ovaio rappresenta la seconda neoplasia ginecologica per incidenza ma la prima in termini di mortalità. Nei paesi industrializzati l'incidenza è di 18 donne su con una mortalità di 12 donne su donne per anno, registrando costanti incrementi. La maggior incidenza è tra i 55 anni ed i 65 anni. Nella maggior parte dei casi (60%) esordisce clinicamente in fase avanzata in quanto non manifesta sintomi precoci e se presenti altamente aspecifici. Il cancro ovarico trae origine principalmente dall'epitelio calomatico, germinale è invece l'origine in età giovane. Il cancro ovarico trova nella famigliarità (fattori genetici) una delle sue cause aumentando in questo caso il rischio di malattia di più di tre volte. Classica è la sincronia tra cancro della mammella e cancro ovarico per mutazioni a carico dei geni soppressori BCRA1 (q17) e BCRA2 (q13), la breast-ovarian cancer syndrome. Altre sindromi legate alla famigliarità sono la site specific ovarian cancer syndrome sempre per mutazioni a carico dei geni soppressori BCRA1 e BCRA2, la sindrome di Lynch (HNPCC) che include l''associazione con il cancro del colon-retto non collegato a poliposi, il cancro endometriale ed il cancro mammario, la sindrome di Cowden legata alla mutazione del gene PTEN (Phosphatase and Tensin Homolog) che vede il cancro ovarico sincrono a neoplasie cerebrali, la sindrome di Gorlin, legata alla mutazione PTC, che vede il cancro ovarico sincrono a nevi cutanei multipli. I fattori endocrini che entrano in gioco nella eziologia del cancro ovarico sono la nulliparità ed il non allattamento al seno per assenza dell'assetto endocrinologico protettivo del periodo gravidico. Si ritiene che l'assunzione di contraccettivo, di terapia ormonale sostitutiva o il sottoporsi a FIVET non diminuisca o aumenti il rischio. Queste valutazioni sono comunque ancora controverse. Nella eziologia del cancro ovarico giocano un ruolo i fattori ambientali, all'esposizione al talco ed all'amianto viene dato un ruolo certo mentre l'abuso di acool, la dieta ricca di grassi e l'obesità sembrano giocare solo un ruolo favorente infine fumo di sigaretta e caffeina sembra non giochino alcun ruolo. La diagnosi pone la necessità dell'individuazione del cancro ovarico in fase precoce. L'iter diagnostico iniziale deve comprendere oltre ai dati clinico-anamnestici la visita ginecologica, l'esplorazione rettale, l'ecografia addominale e l'ecografia trans-vaginale. I dati hanno mostrato che lo screening annuale mediante ecografia trans-vaginale è associato ad una diminuzione 2 / 7
3 dello stadio di malattia, ma non hanno dimostrato che sia efficace nella identificazione di tumori ovarici in donne con un volume ovarico nella norma. La determinazione nel sangue dello antigene Ca 125 non è sempre di aiuto nella diagnosi precoce perché valori elevati si riscontrano solo nei casi avanzati di malattia (80%). Nella malattia allo stadio I questa percentuale scende purtroppo fino ad un valore massimo del 20%.Esiste un nuovo parametro di valutazione clinica del cancro ovarico l'he4 che consente una stratificazione del rischio con l'abbinamento CA125 + HE4. La combinazione CA125 + HE4 infatti è predittiva del rischio di cancro ovarico. Sono stati esaminati a questo scopo altri marcatori ma la combinazione CA125 + HE4 è risultato il più attendibile per patologia ovarica oncologica rispetto ad ogni altro singolo marcatore. Il singolo marcatore tumorale serico CA125 ha una sensibilità del 43% ed una specificità del 95%. La combinazione di CA125 e HE4 possiede la più alta sensibilità aumentando del 33% la sensibilità del CA125 e del 4% quella dell'he4 rispetto al singolo dato con una sensibilità media del 76,5%. HE4 è il marcatore con la più alta sensibilità nella individuazione della patologia oncologica ovarica con una sensibilità media del 73%. La proteomica offre oggi qualche arma in più nella diagnosi precoce del cancro ovarico. Analizzando il siero, come campione biologico di scelta, sono state messe a punto alcune metodiche come la "enzyme-linked immunosorbent assay-based quantitative" che può misurare una o più proteine e relative isoforme contemporaneamente, altra metodica è basata sull uso della spettroscopia di massa (SELDI-TOF e MALDI-TOF) accoppiata ad un programma estremamente sofisticato che consente di identificare dei profili proteici, tra le proteine a basso peso molecolare del siero, associati alla presenza di neoplasie dell ovaio. Altre ricerche in questo senso sono state effettuate con dei patter spettrali ottenuti da prelievi serici di pazienti con cancro ovarico e da gruppi di controllo creando uno specifico algoritmo euristico allenato a riconoscere profili serici riconducibili al cancro ovarico. Altra metodica messa a punto è quella che utilizza la cromatografia liquida accoppiata ad uno spettrometro massa-massa che consente lo studio di singoli peptidi e proteine sia dal punto di vista della sequenza aminoacidica sia delle modifiche post-traduzionali che può avvenire per più di mille proteine e peptidi preventivamente individuati ed indicanti la presenza di cancro ovarico e lo stadio di malattia. La sensibilità di questi test può raggiungere anche il 100% di sensibilità e di specificità ma rappresentano ancora test applicabili in corso di studi clinici e non nella pratica clinica. Se il sospetto clinico è confermato dai dati preliminari si deve eseguire una Tc con mezzo di contrasto dell'addome ed una radiografia del torace. 3 / 7
4 Dal punto di vista anatomo-patologico i tumori ovarici sono un gruppo eterogeneo di neoplasie con differenti istogenesi. I tumori che derivano dall'epitelio celomatico che riveste l'ovaio sono oltre il 75% di tutte le neoplasie ovariche ed il 90% di tutte le neoplasie maligne. Le altre neoplasie prendono origine dallo stroma gonadico, dal tessuto mesenchimale e dalle cellule germinali. Le neoplasie di derivazione dall'epitelio celomatico si dividono in: sieroso che è l'istotipo più frequente, con localizzazione spesso bilaterale indifferenziato che è un istotipo che si presenta nel 20% dei casi, localizzazione a volte bilaterale mucinoso che è un istotipo che si presenta nel 10% dei casi ed è sempre monolaterale endometrioide che è un istotipo tipico dell'età avanzata, unilaterale può insorgere su endometriosi a cellule chiare che è un istotipo raro, tipico dell'età avanzata di Brenner che è un tipo istologico molto raro, tipico dell'età avanzata, fibroepiteliale misti che sono istotipi riscontrabili nel 15% dei casi. I tumori derivati dallo stroma gonadico si dividono in: derivati dalle cellule della granulosa - tesomi - fibromi - androblastomi I tumori derivati dal tessuto mesenchimale si dividono in: fibromi - linfomi - sarcomi I tumori derivati dalle cellule germinali si dividono in: disgerminoma - carcinoma embrionale - tumori del seno endodermico - coriocarcinoma - teratoma Per quanto riguarda il carcinoma ovarico epiteliale anche ai fini di un adeguato trattamento terapeutico bisogna fare riferimento alla classificazione istologica FIGO (Federation Inetrnational de Ginecologie et Obstetrie): Stadio I: (Tumore limitato alle ovaie): IA-tumore limitato ad un ovaia-assenza di ascite-assenza di tumore sulla superficie esterna-capsula intatta - IB-tumore limitato ad entrambe le ovaie-assenza di ascite-assenza di tumore sulla superficie esterna-capsula intatta - IC-tumore IA o IB ma con tessuto patologico sulla superficie di una o di entrambe le ovaie-o con rottura della capsula-o con presenza di ascite positiva per cellule tumorali maligne-o con lavaggio peritoneale positivo. Stadio II: (Tumore esteso ad una o entrambe le ovaie-diffusione pelvica): IIA-estensione e/o metastasi all utero e/o alle tube - IIB-estensione ad altri tessuti pelvici - IIC-tumore IIA o IIB ma 4 / 7
5 con tessuto patologico sulla superficie di una o di entrambe le ovaie-o con rottura della capsula-o con presenza di ascite positiva per cellule tumorali maligne o con lavaggio peritoneale positivo. Stadio III: (Tumore di una o entrambe le ovaie con diffusione peritoneale esterna alla pelvi e/o linfonodi retro peritoneali positivi. Metastasi alla superficie epatica. Il tumore è limitato alla pelvi, ma con diffusione neoplastica istologicamente documentate al piccolo intestino o all omento): IIIA-tumore limitato alla pelvi con linfonodi negativi ma diffusione miscroscopica alle superfici addominali peritoneali istologicamente confermata - IIIB-tumore di una o entrambe le ovaie con impianti alle superfici addominali peritoneali istologicamente confermati non superiori ai 2 cm di diametro. Linfonodi negativi - IIIC-impianti addominali > 2 cm di diametro e/o linfonodi retro peritoneali o inguinali positivi. Stadio IV: (Tumore di una o entrambe le ovaie con metastasi a distanza-versamento pleurico con esame citologico positivo-presenza di metastasi epatiche intra-parenchimali). Fattori prognostici: la sopravvivenza globale a cinque anni delle pazienti affette da cancro ovarico epiteliale è circa il 50%. Per lo stadio I la sopravvivenza a cinque anni è del 70%-90%, per lo stadio II 50%-60%, per lo stadio III 20%-40%, per lo stadio IV 10%. Terapia del cancro dell'ovaio La terapia chirurgica del cancro ovarico rappresenta la parte centrale del trattamento. La chirurgia rappresenta una modalità diagnostica, stadiativa e curativa. L'atto chirurgico prevede la istero-salpingo ovariectomia bilaterale, l'omentectomia, biopsia del peritoneo pelvico ed addominale, biopsie diaframmatiche, linfoadenectomia pelvica e para-aortica, biopsia nelle altre sedi se sospette. Negli stadi I può essere presa in considerazione la sola annessiectomia monolaterale per desiderio della paziente a rimanere fertile. La riduzione chirurgica macroscopicamente radicale ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza versus riduzioni con residuo di malattia. La citoriduzione chirurgica secondaria o second look oltre a garantire tempi di sopravvivenza più lunghi, laddove applicabile, consente una diagnosi di presenza o meno di malattia quando gli esami di follow up possono risultare negativi. Alla chirurgia può essere abbinata la chemioterapia ipertermica intraperitoneale, procedura questa al momento riservata nelle ricadute di malattia dopo chemioterapia sistemica. La chemioterapia sistemica raccomandata è composta da carboplatino paclitaxel e non possiede una rilevanza significativa iniziare i trattamento chemioterapico superato il mese dall'intervento chirurgico. L'aggiunta di un terzo farmaco antraciclinico all'associazione platino/taxani non ha dimostrato di aumentare l'efficacia clinica. Sono in corso di studio 5 / 7
6 abbinamenti di un terzo farmaco citotossico come gemcitabina, topotecan, doxorubicina liposomiale. Uno studio ha dimostrato che applicare, dopo chemioterapia di prima linea, dodici cicli di paclitaxel nella malattia avanzata può aumentare il tempo di sopravvivenza. Questo studio non ha trovato ulteriori conferme per cui ad oggi si è dimostrato che sei cicli chemioterapici con derivati del platino e taxani rappresenta il gold standard terapeutico. Nella ricaduta di malattia il trattamento citostatico ha una valenza palliativa e va praticato nelle pazienti sintomatiche, un trattamento precoce, nelle pazienti asintomatiche, non ha dimostrato un significativo vantaggio, analogamente un tardivo inizio di terapia ha dimostrato una minor efficacia in termini di sopravvivenza. Vi sono studi finalizzati ad individuare terapia dl mantenimento del risultato clinico ottenuto con la chemioterapia di prima linea raggiunta una guarigione clinica. Per guarigione clinica si deve intendere la negatività degli indicatori di malattia disponibili e cioè la Tc o RMN addome negativa, il marcatore biologico Ca 125 nella norma ed una Tc-PET, quando viene effettuata, negativa. Per guarigione biologica, quella vera per la patologia neoplastica, si deve invece intendere la non ricomparsa di malattia che attualmente viene valutata a cinque anni dalla diagnosi. Purtroppo l'evento della ricaduta di malattia, specie negli stadi più avanzati, è frequente dando ragione alla tesi che vede nelle staminali cancerose le cellularità tumorigeniche, notoriamente chemioresistenti che rappresentando in questa patologia una quota fortemente minoritaria non consentono con le tecniche di immagine la loro identificazione e non esprimendo sulla loro membrana cellulare il marker Ca 125 possono consentire anche una normalizzazione di questo parametro. Quindi dopo il trattamento chirurgico, praticata una chemioterapia sistemica con derivati del platino e del taxolo come da protocollo, anche se ritengo che sarebbe meglio se applicata con tecnica metronomica, si pone il problema di evitare la recidiva. In questa direzione esiste un vuoto terapeutico in quanto ci si limita ai controlli clinici. Ritengo invece che questo sia il momento più delicato e sul quale si deve intervenire. Come intervenire terapeuticamente nel cancro dell'ovaio? Per poter praticare una terapia potenzialmente efficace occorre una valutazione immunoistochimica del tessuto che evidenzi i recettori proliferativi. La immunoistochimica può evidenziare recettorialità, derivate dalla lettura di un esone (sequenza specifica di DNA), per la quale può non verificarsi l'effetto terapeutico della relativa 6 / 7
7 molecola farmacologica, ma questo evento meno evidente in clinica (la risposta è maggiore rispetto alle aspettative) non ne mina il principio e spinge ad aumentare le verifiche di potenziali molecole farmacologiche applicabili. Ottenuta una stabile remissione clinica di malattia (statisticamente intorno ai 18 mesi in cui ci si deve curare con l'adeguato algoritmo) si devono applicare, limitatamente alle attuali conoscenze, farmaci che possano condizionare la biologia della cellula staminale cancerosa progenitrice. I farmaci potenzialmente attivi sulla staminale cancerosa dell'ovaio sono gli inibitori del CD 117/c-kit (imatinib-sunitinib), gli attivatori del follistatin (inibitori della prolattina) ed il tamoxifene che inibiscono la via trasduttiva BMP/TGF ed il gefitinib che agisce sulla trasduzione del recettore Notch. Una azione terapeutica la si può anche ottenere con l'attivazione trascrizionale dei recettori RAR/XRX e VDR con acidi retinoici e vitamina D3 per una traduzione proteica proapoptotica. 7 / 7
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