I vaccini anti-papillomavirus. Consensus Conference dell area pediatrica. Aggiornamento Partecipanti:

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1 I vaccini anti-papillomavirus Consensus Conference dell area pediatrica Aggiornamento 2008 Partecipanti: Bartolozzi G (Firenze), Bona G (Novara), Ciofi M (Roma), Conforti G (Genova), de Martino M (Firenze), Di Pietro P (Genova), Duse M (Roma), Esposito S (Milano), Mariani L (Roma), Marostica G (Torino), Paravati F (Crotone), Plebani A (Brescia), Principi N (Milano), Ugazio A (Roma), Zotti C (Torino), Zuccotti GV (Milano), Tovo PA (Torino), 1

2 INDICE 1. Introduzione 2. Il papillomavirus umano (HPV) 2.1. Il virus 2.2. Epidemiologia 2.3. Evoluzione e stadi dell infezione 2.4. HPV e cancro 2.5. Lesioni benigne da HPV 2.6. Terapia delle lesioni 2.7. Prevenzione secondaria del cancro del collo dell utero: il Pap test 2.8. Frequenza del cancro della cervice uterina 3. I vaccini contro i papillomavirus 3.1. Sicurezza dei vaccini 3.2. Immunogenicità dei vaccini 3.3. Efficacia dei vaccini 3.4. Durata della protezione 3.5 Protezione crociata verso altri tipi di HPV 3.6. Quando e chi vaccinare 3.7. Efficacia nei maschi 3.8. Vaccinazione HPV e Pap test 3.9. Adesione alla vaccinazione e ruolo del pediatra nella strategia vaccinale Prospettive nei paesi in via di sviluppo 3.11 Prospettive future: altri vaccini in studio 4. Conclusioni 5. Bibliografia 2

3 1. Introduzione Il tumore della cervice uterina è la seconda causa di morte per cancro nelle donne in tutto il mondo, dopo il cancro del seno (1). La peculiarità di questa neoplasia è di avere come elemento indispensabile per il suo sviluppo l infezione, acquisita prevalentemente per via sessuale, da papillomavirus umano (Human Papillomavirus, HPV) (2,3), che è considerato il cancerogeno più potente della nostra specie. Ne deriva la possibilità di impedire la comparsa del tumore tramite la prevenzione primaria dell infezione con l impiego di vaccini. La recente sperimentazione nell uomo ha portato allo sviluppo di vaccini dimostratisi ben tollerati, altamente immunogeni ed efficaci nel prevenire le infezioni e le lesioni intraepiteliali causate dai tipi di HPV in essi contenuti. Le infezioni da papillomavirus sono responsabili anche di altre neoplasie della sfera ano-genitale, oltre che dei condilomi acuminati (4), lesioni benigne che richiedono un trattamento doloroso, costoso e hanno frequenti recidive. Poiché la popolazione a cui primariamente sono destinati i vaccini contro l HPV è rappresentata da bambine pre-puberi o adolescenti non ancora contagiate attraverso rapporti sessuali, ai pediatri è spesso richiesta un opinione in proposito o di effettuare la vaccinazione. Vengono qui riassunte le informazioni più rilevanti sul tema e le osservazioni emerse dalla discussione fra un pannello di esperti onde fornire, attraverso una revisione critica della letteratura, elementi utili per pediatri o altri operatori sanitari a formulare un parere razionale sui vaccini disponibili anche in Italia. 3

4 2. Il papillomavirus umano (HPV) 2.1. Il virus L HPV è un virus a DNA in grado di infettare la cute e le mucose. Il DNA è costituito da circa coppie di basi e si trova all interno di un capside, formato principalmente da proteine, una delle quali (L1) usata per la preparazione degli attuali vaccini (Figura n 1). Sono stati identificati oltre 120 tipi di HPV, di cui 40 possono causare infezioni genitali. Fra questi, 15 sono considerati ad alto rischio oncogeno e virtualmente responsabili di tutti i tumori del collo dell utero e delle lesioni precancerose connesse (5,6). Il virus, penetrato attraverso le mucose o alterazioni della cute, raggiunge le cellule basali degli strati più profondi dell epitelio ove si replica lentamente; giunto agli strati superficiali si diffonde più attivamente e, in seguito allo sfaldamento delle cellule epiteliali, passa nell ambiente e contagia, per contatto diretto, altre persone. Alcuni genotipi virali (high risk = HR) sono maggiormente associati all insorgenza di tumori (vedi Figura 2) (7): i genotipi HPV 16 e HPV 18 sono quelli più importanti per la carcinogenesi cervicale, poiché identificati nel 70% dei tumori squamosi (nel 60% l HPV 16 e nel 10% l HPV 18) senza grandi differenze geografiche (2,5,8). L adenocarcinoma, forma più rara e di difficile identificazione perché spesso endocervicale, è in crescita in alcuni paesi industrializzati (9,10) e le percentuali vedono un aumento relativo del tipo 18 (coinvolto in circa il 30% dei casi) rispetto al 16 (circa il 40%) (11). 4

5 I genotipi virali a basso rischio oncogeno (low risk = LR), fra cui HPV 6, 11, 40, 42, 43, 44, 54, 61, 70, 72, 81, causano, invece, lesioni benigne come i condilomi anogenitali e il papilloma laringeo (12) Epidemiologia L HPV è di solito trasmesso in seguito a rapporti sessuali, talora anche non completi (13-15), per tale motivo l uso del profilattico non garantisce la protezione (16). E ritenuta l infezione a trasmissione sessuale più frequente al mondo. La prevalenza è correlata all età della donna ed è direttamente proporzionale al numero di partner sessuali (7,17,18). Circa la metà delle infezioni avviene fra i 15 e 25 anni (19-21) e l 80% delle donne sessualmente attive è contagiato entro i 50 anni (22). La prevalenza dell HPV in donne senza alterazioni citologiche varia dal 9% in Europa al 24% in Africa (23); inoltre, la frequenza dell infezione risente degli stili di vita e dei comportamenti (24). Un indagine negli Stati Uniti (25) mette in rilievo che un quarto delle donne fra i 14 e 59 anni risulta positivo per l HPV, anche se la prevalenza dei ceppi contenuti nei vaccini è relativamente bassa. Va sottolineato che gli studi epidemiologici sottostimano la frequenza dell infezione da HPV, poiché questa può non essere diagnosticata in quanto di durata relativamente breve e non necessariamente associata ad una risposta anticorpale. E possibile, anche se avviene di rado (4,3/ ) (26), la trasmissione madre-bambino durante il passaggio attraverso il canale del parto ed è stata ipotizzata (ma non dimostrata) la trasmissione indiretta attraverso oggetti. 5

6 2.3 Evoluzione e stadi dell infezione L infezione da HPV è di solito autolimitante: viene in genere superata nel corso di 4 mesi per i tipi a basso-rischio e di 8-12 mesi per quelli ad alto-rischio; di fatto, entro 2 anni il 90% delle donne supera l infezione (6). Se non eliminato il virus può replicarsi oppure rimanere silente all interno delle cellule basali dell epitelio cervicale per un periodo variabile da un minimo di 8 mesi ad un massimo di 10 anni. In tal caso è presente all interno della cellula come episoma, non si replica e l epitelio rimane normale (Figura 2). Esso può, però, riattivarsi e la fase produttiva può condurre ad alterazioni dell epitelio cervicale (low-grade squamous intraepithelial lesion = LSIL, high-grade squamous intraepithelial lesion = HSIL) a seconda del genotipo virale (alto o basso-rischio) (27-29). Dal 20 al 30% delle infezioni del collo dell utero sono dovute a più di un tipo di HPV, indipendentemente dalle alterazioni indotte sull epitelio (8,30) HPV e cancro Il modello di carcinogenesi cervicale segue un percorso plurifasico multifattoriale. La causa necessaria (ma non sufficiente) è l infezione persistente da HPV, specialmente HPV 16 e 18 (Figura 3). Anche se la distinzione fra ceppi di HPV LR ed HR non è assoluta, l infezione con genotipi LR può dar luogo ad una lesione clinicamente rilevabile, LSIL, definita anche come CIN 1 (cervical intraepithelial neoplasia 1) o displasia lieve (Figura 2). Questa categoria, che corrisponde a una lesione displastica limitata al terzo inferiore dello strato epiteliale squamoso, comprende anche il condiloma cervicale. La percentuale di regressione spontanea dell LSIL è molto elevata (90%), specie nelle donne giovani (< 30 anni). In termini oncologici l infezione 6

7 da HPV a basso-rischio non ha, quindi, risvolti significativi. Anche l infezione da genotipi HR può dar luogo a LSIL ma con il persistere dell infezione questa può progredire verso HSIL. Si tratta di lesioni displastiche estese ai due terzi (CIN 2) o all intero strato epiteliale squamoso (CIN 3). Le lesioni di alto grado sono i precursori del cancro del collo dell utero. Si stima che il tempo medio fra infezione ed insorgenza di HSIL sia di 7-12 anni e quello per il tumore invasivo di 20 anni o più. Pur se raramente, è anche possibile un evoluzione rapida delle lesioni, che in 1-2 anni evolvono in HSIL e successivamente in carcinoma, senza la tappa intermedia dell LSIL (31). Alcune di queste lesioni a rapido sviluppo sono responsabili dei carcinomi scoperti dopo pochi mesi da un Pap-test negativo. Non tutte le infezioni persistenti da genotipi ad alto rischio evolvono in lesioni precancerose e di queste solo una frazione (1-12%) progredisce verso il tumore (32,33). Sono segnalate regressioni spontanee di lesioni CIN 2 in un terzo dei casi. (32,34). D altro canto, quanto più a lungo l infezione persiste tanto meno facilmente sarà eliminata (35). E stato notato che l infezione persitente da HPV 16 evolve più spesso verso una lesione invasiva rispetto ad altri genotipi virali (32,34). Poiché non tutte le donne infettate da virus oncogeni sviluppano il tumore, debbono esistere altri cofattori, fra cui quelli genetici legati alla risposta immune. Un aumentato rischio di tumore è associato all uso a lungo termine di contraccettivi orali, a gravidanze ripetute, alla presenza di altre infezioni a trasmissione sessuale, al fumo di sigaretta e all immunosoppressione, come quella indotta da HIV (12, 36,37). Va sottolineato che l HPV è associato, in proporzioni variabili, anche ad altri tumori (38); in particolare al 60% dei carcinomi vaginali (39), al 40-60% di quelli 7

8 vulvari (40), al 45-95% di quelli anali (12,36,41), al 30% dei tumori della testa e del collo (42,43), oltre a quelli dell uretra (44) e al 77% di quelli del pene (45). La progressione da HSIL a carcinoma è modulata da una cascata di eventi biologici (46-48); in primo luogo, dall integrazione del genoma virale ad alto-rischio con quello dell ospite. Ciò conduce ad iperespressione dei geni virali E6-E7. Le proteine codificate da questi geni alterano la capacità di replicazione della cellula ed esercitano un azione di blocco nei confronti di molecole ad azione anti-oncogena (ad es. p53 e prb). La cellula diventa incapace di riparare o eliminare i cromosomi con DNA danneggiato; ne deriva una proliferazione incontrollata con perdita dei processi di apoptosi e conseguente immortalizzazione cellulare. E indubbia la compartecipazione di eventi epigenetici e di altri cofattori Lesioni benigne da HPV I tipi di HPV 6 e 11 vennero inizialmente isolati da condilomi genitali (dette anche verruche ano-genitali o condilomi acuminati) in entrambi i sessi e dai papillomi laringei del bambino. Gli HPV 6 e 11 sono responsabili del 90% di tali verruche (49,50), particolarmente frequenti fra i giovani adulti. La contagiosità è molto elevata (65% di trasmissione ai partner sessuali). Il periodo d incubazione varia da 3 settimane a 8 mesi. Con il passar del tempo le lesioni possono diventare più numerose ed estese, anche se in circa un quarto dei casi regrediscono spontaneamente dopo 4 mesi. Le verruche vengono vissute come un elemento deturpante, si accompagnano a un senso di vergogna e hanno un elevato costo economico (51). 8

9 Il papilloma laringeo, pur essendo una malattia rara ( / bambini negli USA), è l infezione da HPV più frequente nel bambino: si manifesta prevalentemente nelle prime epoche di vita e l età mediana alla diagnosi è di 4 anni (52,53). E dovuto a trasmissione per contatto in epoca peri- o post-natale (26,54,55). La presenza di un condiloma genitale materno aumenta di 200 volte il rischio di infezione per il nascituro (51). A fronte dei molti bambini esposti al contagio solo 4/ sviluppano la malattia (56) e la modalità del parto non interferisce sul tasso di trasmissione (57,58). L evoluzione clinica è variabile, ma spesso è caratterizzata da ripetute recidive. Sono spesso necessari interventi chirurgici ripetuti per mantenere pervie le vie aeree e rimuovere le verruche che provocano sintomatologia ostruttiva (59,60). In rarissime circostanze il papilloma può evolvere verso forme carcinomatose (61,62). Altra infezione da HPV nel bambino è quella anogenitale la cui incidenza non è ben nota. Si manifesta in genere entro i 6 anni ed è dovuta solitamente ad autoinoculazione, abuso sessuale da parte di adulti infetti (3-35%) o a trasmissione non sessuale da condilomi cutanei di adulti (soprattutto sierotipo 1 e 2) (53) Terapia delle lesioni Gli interventi terapeutici variano a seconda del tipo di lesione. Nel caso di LSIL in donne di età <20-25 anni è possibile la semplice osservazione nel tempo in virtù dell elevata autorisoluzione della lesione. Nelle donne di età superiore si può decidere tra terapia chirurgica escissionale o distruttiva. Questa può essere praticata anche nel caso di HSIL, con istologia deponente per CIN 2, soprattutto se la lesione è completamente visibile. Nel caso di CIN 2 e lesione parzialmente visibile oppure di 9

10 CIN 3 o CIS (carcinoma in situ) si procede più spesso con escissione (ansa diatermica) o, infine, conizzazione (63). Alcuni di questi interventi terapeutici possono incrementare il rischio di complicanze al momento del parto (PROM e nascita pre-termine) (64). Deve quindi essere posta attenzione, in caso di LSIL in donne in età fertile, ad intervenire il più possibile conservativamente e senza alterare le capacità riproduttive della donna. Nel caso del condiloma ano-genitale si procede a trattamento distruttivo (laservaporizzazione). Dopo l intervento, i condilomi tendono a recidivare entro 3 mesi in un quarto dei casi (4,65). Il trattamento farmacologico viene attuato solo per lesioni esterne Prevenzione secondaria del cancro del collo dell utero: il Pap test. La miglior strategia per la prevenzione secondaria del cancro della cervice rimane ad oggi lo screening colpo-citologico con Pap test (66-68). Di fatto, il Pap test ha ridotto sensibilmente l incidenza e la mortalità per cancro della cervice nei paesi occidentali. La sua efficacia deriva dal fatto che le lesioni precancerose sono citologicamente riconoscibili, evolvono di solito lentamente e possono essere eliminate con interventi mirati. Il test va ripetuto regolarmente (viene consigliato almeno ogni 3 anni in donne dai 25 ai 65 anni); la sua sensibilità, riproducibilità e specificità non sono ottimali per cui può fornire risultati dubbi (66,69,70). La ricerca dell HPV DNA è un test più sensibile, raccomandabile come integrazione al Pap test in donne che abbiano superato i 30 anni (71,72). L adesione allo screening istituzionale è modesta nel nostro Paese (la media è del 47%) e varia sensibilmente secondo le aree geografiche, con un adesione del 50% al 10

11 Nord e del 20% al Sud-isole (73,74); bisogna tener conto che questi dati non includono alcune regioni ove lo screening organizzato non è stato attivato. E peraltro presente un altissimo ricorso allo screening spontaneo (privato), di difficile quantificazione e valutazione per il beneficio connesso. E ovvio che lo screening di massa non va assolutamente sospeso a fronte di una campagna vaccinale. Andrà piuttosto con questa integrato per valutare i benefici della vaccinazione a lungo termine sull intera popolazione in base anche ai diversi fattori di rischio Frequenza ed evoluzione del cancro della cervice uterina L incidenza annuale di cancro della cervice nel mondo è stimata in nuovi casi, con morti (38,75). L 80% dei tumori si manifesta oggi nei paesi in via di sviluppo, ove si raggiungono tassi di incidenza di 50 casi per donne, proprio perché la carenza di informazione e risorse non ha permesso l istituzione dello screening di massa (38,76). In Italia l incidenza della malattia è passata da 15/ del 1955 a 11/ degli anni 90, a 6,14/ degli ultimi rilievi (75); ogni anno vengono diagnosticati circa 3500 nuovi casi e muoiono per tale patologia circa 1000 donne (Ministero della Salute- Strategia per l offerta attiva del vaccino verso HPV in Italia, 20/12/2007). Esso rappresenta il 2% dei tumori femminili, è all ottavo posto per frequenza e colpisce prevalentemente donne in età fertile. La forma prevalente, in Italia come in tutti gli altri Paesi, è quella a cellule squamose (73). La sopravvivenza è del 55% con una più alta percentuale nei Paesi occidentali: 73% a 5 anni negli USA (77), 63% in Europa (73) e 30,5% nei Paesi in via di sviluppo (38,76). Essendo colpite donne relativamente giovani, il cancro della cervice costituisce 11

12 un importante causa di perdita di anni di vita, specie nei paesi in via di sviluppo ove è il più comune dei tumori fra le donne (78). In Europa e negli USA muoiono comunque ancor oggi circa donne ogni anno per cancro della cervice (79). 12

13 3. I vaccini contro i papillomavirus La finalità della vaccinazione anti HPV è prioritariamente quella di prevenire il tumore del collo uterino, ma anche di ridurre l incidenza di altri tumori associati al virus e le lesioni benigne causate dallo stesso. La scoperta cruciale per lo sviluppo di vaccini anti HPV fu l osservazione che proteine del capside virale (L1 da sola o L1 + L2), espresse in certi microrganismi, possono assemblarsi in particelle simil-virali (virus-like particles, VLP) che mantengono epitopi in grado di innescare nell uomo la produzione di anticorpi neutralizzanti dopo iniezione parenterale. Teoricamente possono essere prodotte VLP derivanti da tutti i tipi di HPV, con possibilità di evocare una risposta anticorpale specifica per ciascun genotipo virale. Sono stati sviluppati due vaccini in grado di prevenire l infezione da HPV e le lesioni precancerose associate con effetti persistenti per più anni. Entrambi i vaccini sono costituiti da proteine capsidiche L1 prodotte con tecniche di DNA ricombinante; non contenendo DNA virale non possono causare infezioni né integrarsi con il DNA della cellula ospite e risultare oncogeni (80). Vaccino quadrivalente (Gardasil, Sanofi Pasteur MSD) Le proteine L1 vengono espresse in Saccaromyces cerevisiae e generano VLP che mimano il capside di HPV 16, 18, 6 e 11 (81). Le particelle purificate sono adsorbite su alluminio idrossi-fosfato-solfato amorfo (AAHS) che agisce da adiuvante. Il vaccino è senza conservanti e contiene 20 μg di particelle simil virali L1 HPV 6 e 18 e 40 μg di particelle simil virali L1 HPV 11 e 16. I protocolli impiegati si basano su tre 13

14 somministrazioni i.m. di 0,5 ml (a 0, 2 e 6 mesi) (82). Il vaccino è stato approvato dalla FDA, dall EMEA e dall AIFA, ed è disponibile in Italia (approvato dai 9 ai 26 anni). Vaccino bivalente (Cervarix, GlaxoSmithKline) Per ottenere l espressione di L1 VLP di HPV 16 e 18 viene utilizzato un vettore baculovirus ricombinante. 20 μg di ciascun genotipo sono addizionati a un adiuvante costituito da idrossido di alluminio più un agente lipidico (liposoma = 3-O-desacyl-4 - monofosforyl lipide = ASO4). Anche per questo vaccino il protocollo utilizzato prevede tre somministrazioni i.m. di 0,5 ml (a 0, 1 e 6 mesi). Il vaccino è stato approvato dall EMEA e dall AIFA, ed è disponibile in Italia (approvato dai 10 ai 25 anni) (83) Sicurezza dei vaccini Durante gli studi randomizzati di fase II entrambi i vaccini oggi in commercio non hanno evidenziato significativi effetti collaterali. Nello studio con vaccino quadrivalente furono notate reazioni avverse locali al punto d iniezione nell 86% dei vaccinati rispetto al 77% dei controlli (78). Va sottolineato che fra le reazioni locali rientravano dolore, gonfiore ed eritema nella sede di iniezione. Le reazioni sistemiche (febbre, cefalea e nausea) furono simili nei due gruppi, con temperature > 37,8 nell 11,4% dei vaccinati e nel 9,6% dei controlli (52). Cinque donne vaccinate svilupparono manifestazioni gravi (senza apparente correlazione con il vaccino); due fra i controlli. Non sono stati effettuati studi mirati sul vaccino in gravidanza. Durante il programma pre-registrativo relativo al vaccino quadrivalente, donne (vaccino = 1.115, placebo = 1.151) hanno presentato almeno una gravidanza. Nel complesso, le 14

15 gravidanze con esito negativo sono state sovrapponibili nei due gruppi (52,84). Fra le 56 donne che divennero gravide entro 30 giorni dal vaccino, 5 ebbero bambini con anomalie congenite rispetto a nessuna fra le 58 che ricevettero il placebo; le anomalie, di vario tipo e senza correlazione fra di loro (stenosi ipertrofica del piloro, megacolon congenito, idronefronesi, displasia delle anche, piedi vari equini supinati), furono giudicate non legate al vaccino (85). Per le gravidanze iniziate dopo i 30 giorni dalla vaccinazione sono stati osservati 8 casi di anomalie congenite nel gruppo delle vaccinate rispetto a 12 nel gruppo placebo. In generale, il tipo di anomalie osservate è sovrapponibile a quelle che viene solitamente evidenziato in gravide di anni (84). I dati sulla somministrazione del vaccino quadrivalente in gravidanza non hanno al momento fornito risultati sufficienti per la sua raccomandazione, che deve, pertanto, essere rimandata a dopo il parto (84). Un totale di 995 madri in allattamento ha ricevuto il vaccino quadrivalente o il placebo senza differenza di reazioni avverse fra i due gruppi. L immunogenicità è risultata paragonabile fra le donne che allattavano o non allattavano, per cui la vaccinazione può essere effettuata in nutrici (84). Anche gli studi in fase III (tabella n 1) non hanno evidenziato particolari effetti collaterali (86,87) della vaccinazione. In pochi soggetti (0,1%) gli eventi avversi hanno causato l interruzione del ciclo vaccinale. I più comuni effetti collaterali sono stati quelli locali e la febbre. Le manifestazioni avverse gravi (indipendentemente dal loro rapporto con la vaccinazione), sono risultate molto rare e sovrapponibili nei vaccinati (1,8%) e nei controlli (1,7%). Non si sono infine notati eventi avversi in seguito a vaccinazione di donne già infettate da tipi di HPV contenuti nei vaccini. 15

16 Per il vaccino bivalente negli studi di fase II (88,89) la grande maggioranza degli effetti collaterali furono di entità lieve o moderata. Le reazioni locali furono del 94% fra i vaccinati e dell 88% fra i controlli, con reazioni sistemiche sovrapponibili (4%). Il 16,6% dei vaccinati ed il 13,6% dei controlli ebbe temperatura > 37,4. Anche l analisi dello studio di fase III non ha evidenziato particolari effetti collaterali nel gruppo di donne vaccinate rispetto al gruppo di controllo (90). La maggior parte delle reazioni avverse sono state di lieve entità e localizzate al sito di iniezione (tabella n 1). Le reazioni gravi, indipendentemente dalla loro correlazione con la vaccinazione, si sono verificate nel 3,5% delle donne in entrambi i gruppi. In totale sono stati osservati 5 decessi, nessuno dei quali associato alla vaccinazione. Un ulteriore analisi fu effettuata sulle donne diventate gravide durante il periodo di studio (665 nel gruppo vaccinate, 685 nel gruppo placebo). Complessivamente la proporzione di donne in gravidanza che hanno riferito un esito specifico era simile fra i due gruppi (nascita di bambino sano: 41% gruppo vaccino vs. 39% gruppo controllo; aborto: 10% vs 7% rispettivamente; anomalie congenite 1% in entrambi i gruppi). Gli studi sugli animali non hanno evidenziato effetti dannosi, diretti o indiretti, sulla fertilità, gravidanza, lo sviluppo embrionale/fetale, il parto o lo sviluppo post-natale. Questi dati sono comunque insufficienti per raccomandare l utilizzo del vaccino bivalente in gravidanza; questo deve pertanto essere posticipato sino a dopo il parto. Non è stato valutato l effetto del vaccino bivalente sui bambini allattati al seno in seguito a vaccinazione delle madri nutrici. Dopo l immissione in commercio, i dati di farmacovigilanza statunitensi (VAERS), riguardanti oltre 5 milioni di dosi distribuite, non hanno ad oggi mostrato segnali di allarme. La maggioranza degli effetti collaterali ha riguardato reazioni nella sede di 16

17 iniezione. Per quanto attiene le reazioni sistemiche sono stati segnalati 13 casi di Sindrome di Guillain Barrè. In quattro soggetti si sono osservati decessi in associazione temporale con la vaccinazione, senza però evidenza di rapporto causale: l exitus è stato imputato a embolia polmonare, miocardite, disturbo della coagulazione e infezione da influenza B complicata da stafilococcia (91). Da sottolineare che sono stati segnalati dei casi di svenimento dopo vaccinazione (92,93), motivo per cui le norme di buona pratica vaccinale prevedono la permanenza per almeno 15 minuti nell ambulatorio dopo l esecuzione della vaccinazione (94) Immunogenicità dei vaccini La misurazione degli anticorpi anti-l1 VLP è stato il principale parametro per valutare le risposte immuni indotte dai vaccini negli studi clinici. Gli anticorpi sono tipo-specifici (95), anche se esistono omologie fra alcuni HPV che condividono uno o più epitopi (ad es. HPV 6/11, 31/33, 18/45 e 16/31) (Figura n 4) Va sottolineato che durante l infezione naturale molte donne non sviluppano anticorpi dosabili: nel caso dell HPV 16 i test evidenziano sieroconversione solo in circa il 60% dei casi (96,97). Nelle infezioni la presenza di anticorpi verso un determinato tipo di HPV viene ritenuta conferire protezione (98), manca però una dimostrazione specifica e in un lavoro viene segnalata che la protezione non è assoluta (99). I vari studi documentano, invece, sieroconversione verso tutti i tipi di HPV contenuti nel vaccino in più del 98% dei casi. Inoltre, i soggetti immunizzati presentano risposte anticorpali sostanzialmente maggiori (almeno di 1-3 logaritmi) di quelle riscontrate in seguito a infezione naturale. Ciò è verosimilmente imputabile al fatto che i 17

18 vaccini L1 VLP, somministrati per via intramuscolare, raggiungono facilmente le cellule presentanti l antigene nei linfonodi e danno luogo ad una risposta umorale sistemica (100). Entrambi i vaccini contengono un adiuvante che migliora la risposta immune. E stato sottolineato che l uso dell adiuvante lipidico (ASO4) usato nel vaccino bivalente induce titoli di anticorpi neutralizzanti più elevati rispetto al semplice idrossido di alluminio (101). Anche con l adiuvante utilizzato nel vaccino quadrivalente (AAHS) sono stati segnalati titoli anticorpali più elevati rispetto all idrossido di alluminio (102). Va rilevato che il significato clinico di una maggior risposta umorale al vaccino rimane da verificare; non è infatti stato ancora identificato il livello minimo di anticorpi che inequivocabilmente indichi protezione (correlato di protezione) e non esistono test anticorpali standardizzati: ogni produttore ha infatti sviluppato un proprio test che viene quindi a quantificare anticorpi non necessariamente sovrapponibili. Il picco anticorpale viene raggiunto dopo un mese dalla terza dose, poi si abbassa lentamente fino al 18 /24 mese. In generale, i titoli anticorpali si riducono di 10 volte nei primi 2 anni e si stabilizzano a 3-5 anni, mantenendosi a livelli di oltre 10 volte superiori a quelli indotti dall infezione (88,89,103). Non potendosi valutare l efficacia clinica dei vaccini in soggetti sessualmente naïve, è stata paragonata l immunogenicità del vaccino quadrivalente in ragazzi e ragazze di 9-15 anni rispetto a donne di anni in cui l efficacia clinica è dimostrata. I titoli anticorpali sono risultati più elevati fra gli adolescenti (104). Da notare che i due vaccini non sono sovrapponibili, ma vanno tenuti ben distinti e, in mancanza di dati specifici, si consiglia di iniziare e terminare il ciclo vaccinale con lo stesso vaccino senza interscambio. 18

19 3.3. Efficacia dei vaccini Poiché è eccezionale che il cancro del collo dell utero compaia in donne in età inferiore ai 30 anni, sarebbero necessari almeno anni per quantificare gli effetti favorevoli della vaccinazione anti-hpv sullo sviluppo della(e) neoplasia(e). A parte i tempi richiesti, vista la possibilità di eseguire la prevenzione secondaria, non sarebbe etico aspettare lo sviluppo di tumori in soggetti vaccinati e non. La verifica dell efficacia dei vaccini si è pertanto basata sul confronto della comparsa di lesioni precancerose nei vaccinati e nei controlli. Sei pubblicazioni hanno riportato i risultati di indagini randomizzate in fase II. Due studi riguardano un vaccino monovalente con HPV 16 (105,106); due il vaccino quadrivalente (78,107) e due il vaccino bivalente (88,89) (i dati più recenti relativi ai vaccini in commercio sono riportati in tabella n 2). Le indagini con vaccino quadrivalente hanno fornito risultati di sicurezza, immunogenicità ed efficacia tali da ottenere l approvazione del vaccino da parte della FDA, EMEA ed AIFA per la prevenzione, in donne dai 9 ai 26 anni, del tumore o della displasia del collo uterino, della displasia vulvare e dei condilomi acuminati associati ai tipi di HPV contenuti nel vaccino (84). L efficacia tipo specifica contro CIN 2/CIN 3 è risultata del 100%; la protezione verso i condilomi del 99%. Nelle donne precedentemente infettate da altri tipi di HPV, il vaccino quadrivalente si è dimostrato efficace nel prevenire lesioni precancerose del collo dell utero dovute ai tipi di HPV in esso contenuti (108). Efficacia sovrapponibile per la prevenzione di displasie del collo dell utero è emersa in studi di fase II anche con il vaccino bivalente (88,89), che è stato approvato dall EMEA ed AIFA. 19

20 Sono stati recentemente pubblicati studi di fase III, sia per il vaccino quadrivalente che bivalente, altri termineranno nei prossimi anni. Lo studio FUTURE I (86) riporta l efficacia del vaccino quadrivalente nel prevenire lo sviluppo di condilomi, di lesioni precancerose vulvari, vaginali, cervicali e di adenocarcinomi in situ associati ai ceppi vaccinali in donne tra i 16 e i 24 anni. I risultati sono riportati in dettaglio nella tabella n 3. Lo studio FUTURE II (87) ha invece valutato l efficacia dello stesso vaccino nel prevenire l insorgenza di lesioni cervicali di alto grado (CIN2/3) e di adenocarcinoma in situ associati ad HPV 16 o 18. Come riportato nella nella tabella n 3, è stato osservato lo sviluppo di una lesione displastica (CIN 3) in una sola paziente vaccinata, in cui però era presente sin dall inizio un altro HPV oncogeno. Due analisi combinate degli studi randomizzati in doppio cieco relativi al vaccino quadrivalente (109,110) hanno valutato l impatto della vaccinazione su un numero maggiore di donne ( e rispettivamente), confermando la riduzione di lesioni vulvari, vaginali, cervicali e di adenocarcinomi in situ emersi nei singoli studi. L analisi ad interim dello studio di fase III PATRICIA (90) valuta l efficacia del vaccino bivalente nel prevenire, a 15 mesi dall inizio della vaccinazione, la comparsa di lesioni precancerose causate da HPV 16 e 18 in donne tra i 15 e i 25 anni e la possibile cross-protezione nei confronti di altri ceppi virali oncogeni. I risultati sono riportati in dettaglio nella tabella n 4. E stata sottolineata una riduzione del numero di infezioni persistenti da ceppi di HPV 45 e 31, seppur in termini non statisticamente significativi; in proposito sono stati anche sollevati dubbi sulle modalità di analisi dei dati (111). Da sottolineare che l ottima efficacia dei vaccini emerge quando vengono valutate solo le donne risultate negative per i tipi di HPV contenuti nel vaccino (naive) sia all inizio dello studio che dopo le tre dosi (o almeno una dose per lo studio 20

21 PATRICIA), somministrate senza violazioni significative del protocollo. Nel caso del vaccino quadrivalente è stata condotta anche un analisi intention to treat, in cui sono state considerate tutte le donne arruolate, purché avessero ricevuto almeno una dose di vaccino o placebo, indipendentemente quindi dall aderenza o meno al protocollo e soprattutto dal fatto che fossero inizialmente già infette con i tipi di HPV contenuti nel vaccino. Con questo tipo di analisi l efficacia vaccinale verso le lesioni pre-neoplastiche ovviamente si riduce e gli intervalli di confidenza al 95% scendono frequentemente sotto lo zero, risultando quindi non significativi (tabella n 3). E importante tenere presente che in nessuno degli studi è stata valutata l efficacia clinica in soggetti di età inferiore ai anni. I risultati degli studi di fase III possono comunque essere assunti come validi anche per le dodicenni, che dovrebbero rappresentare una popolazione naive, anche se non è possibile prevedere i risultati reali. Una preoccupazione teorica riguarda la possibilità che la vaccinazione verso alcuni genotipi di HPV possa favorire la diffusione di altri ceppi, sia carcinogenici che non. Ciò appare concettualmente poco probabile, ma tale fenomeno è attualmente sotto osservazione attraverso alcuni studi che potranno chiarire in futuro il dubbio (112,113) Durata della protezione Fra i quesiti ancora aperti relativi ai vaccini anti-hpv uno dei più rilevanti riguarda la durata dell effetto protettivo. Una protezione transitoria necessiterebbe, infatti, di richiamo(i) e ciò verrebbe ad incidere sul rapporto costo/beneficio. La maggioranza dei dati disponibili sull efficacia dei vaccini si riferisce ad un follow-up medio di pochi anni con un massimo di cinque dal termine del ciclo 21

22 vaccinale. Non è pertanto possibile prevedere se sarà necessaria, a distanza di anni, una dose di richiamo. Al momento i risultati documentano una risposta elevata e prolungata (103). E stata inoltre dimostrata una pronta risposta anamnestica dopo somministrazione di una dose di vaccino quadrivalente a distanza di 5 anni dal ciclo vaccinale, inclusi soggetti nel frattempo sieronegativizzatisi, ad indicare la persistenza di memoria immunologica (115). Questi dati suggeriscono una protezione di lunga durata anche in soggetti con caduta degli anticorpi specifici a livelli non dosabili, supportata dall assenza di infezioni da ceppi vaccinali nei 60 mesi di follow-up. Sono in corso studi di fase III e IV volti a valutare gli effetti protettivi a lungo termine; i risultati saranno disponibili tra il 2015 e il 2020 (116) Protezione crociata verso altri tipi di HPV Il 30% dei carcinomi e delle lesioni HR della cervice sono causati da varianti di HPV non contenute negli attuali vaccini. La possibilità che anticorpi neutralizzanti indotti dai vaccini possano cross reagire verso altri ceppi di virus e fornire così una protezione crociata sarebbe indubbiamente vantaggiosa. Con il vaccino bivalente è stata segnalata (89,90) una cross-reattività immunologica fra i ceppi vaccinali e altri tipi di HPV filogeneticamente vicini (figura n 4), in particolare fra HPV 16 e 31 e HPV 18 e 45. I titoli degli anticorpi neutralizzanti verso genotipi non presenti nella miscela vaccinale sono però più bassi di quelli specifici e, come detto, non ci sono al momento evidenze significative a sostegno della protezione verso lesioni precancerose sostenute da genotipi diversi da quelli contenuti nel vaccino per nessuno dei due prodotti in commercio. 22

23 3.6. Quando e chi vaccinare L infezione da HPV viene acquisita nel tempo dopo l inizio dell attività sessuale. Gli attuali vaccini non sono in grado di far regredire le lesioni in atto. Ne deriva che per ottimizzarne l efficacia dovrebbero essere vaccinate le ragazze pre-puberi o nel primo periodo adolescenziale, così come le donne che non abbiano ancora avuto rapporti sessuali (da ricordare che la trasmissione avviene anche per rapporti non completi). D altra parte anche donne che hanno una vita sessualmente attiva potrebbero giovarsi della vaccinazione, nel caso non fossero ancora state contagiate da uno o più dei tipi di virus contenuti nel vaccino (117). Il rapporto costo-beneficio pare tuttavia inversamente correlato all età della donna, ricordando l incidenza rapidamente cumulativa delle infezioni genitali da HPV in giovani donne ( ). L Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) raccomanda l uso routinario del vaccino in ragazze di anni (età minima 9 anni) e catch-up vaccination nelle donne di anni, indipendentemente dal fatto che siano sessualmente attive. Inoltre, viene indicata la possibilità di vaccinare, a discrezione del medico curante, bambine di 9-10 anni sulla base del contesto sociale in cui vivono (52). Secondo l American Cancer Society (85) anche le coorti delle donne di anni andrebbero vaccinate, per recuperare quelle non vaccinate in precedenza o completare i cicli incompleti. Tali raccomandazioni vengono riprese dall American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) che raccomanda, inoltre, la prima visita ginecologica all età di anni. In alcuni stati Americani è stato proposto di rendere obbligatoria la vaccinazione per HPV per l ingresso alle scuole medie, ciò ha però suscitato molte perplessità (121). 23

24 In Italia è prevista la vaccinazione attiva e gratuita della coorte di ragazze dodicenni (ossia dopo il compimento degli 11 anni) ed il vaccino rientra fra i livelli essenziali di assistenza (LEA), mentre l organizzazione pratica della vaccinazione attraverso le strutture del sistema sanitario compete alle singole Regioni. A maggio 2008 tutte le Regioni risultano aver stabilito i calendari per la somministrazione dei vaccini verso i virus HPV (122). In alcune regioni, il programma di intervento prevede che i vaccini vengano messi a disposizione attivamente non solo per le ragazze nel corso del dodicesimo anno di vita, ma anche per altre coorti. Va segnalato che nel nostro paese al compimento del 12 anno il 96,8% delle bambine ha già manifestato i primi segni di sviluppo puberale e che l età media del menarca è di 12,4 anni (123). D altra parte, è indubbio che la vaccinazione conferisce una protezione massima se eseguita prima dell inizio dell attività sessuale. Un lavoro italiano (124) riportava l inizio dell attività sessuale nel 25% dei giovani tra i 13 e 15 anni e nel 55% di quelli tra i 16 e 18 anni. Un indagine recente segnala che l 1% dei ragazzi ha rapporti sessuali entro i 12 anni ed un terzo entro i 17 anni (125). Alcuni adolescenti tendono ha iniziare precocemente l attività sessuale (126) (tabella n 5); in questi soggetti, come in certi gruppi di immigrati le cui tradizioni culturali potrebbero favorire rapporti sessuali precoci, dovrà quindi essere valutata l opportunità di una vaccinazione anticipata. Il rischio di tumori associati ad HPV, nonché di forme diffuse di condilomi, è particolarmente elevato nei soggetti immunodepressi, come quelli con infezione da HIV o sottoposti a trapianti (127). Rimane da verificare l immunogenicità, l efficacia e la sicurezza dei vaccini verso HPV in questi gruppi di pazienti. 24

25 3.7. Vaccinazione nei maschi Nei maschi la vaccinazione potrebbe proteggere dai tumori del pene e da quelli anali o della testa e del collo, nonché dai condilomi acuminati causati dai tipi di HPV presenti nel vaccino quadrivalente. In uno studio su 463 maschi tra i 18 e i 40 anni senza storia di lesioni ano-genitali è stato evidenziato che il 65.4% era positivo per almeno un tipo di HPV, il 29,2% per un tipo di HPV oncogeno e il 36,3% per un HPV a basso rischio (128). Ciò evidenzia l alta prevalenza di infezione da HPV in uomini asintomatici, che possono così contribuire alla diffusione dei vari virus ai partner. Anche se le risposte anticorpali al vaccino sono sovrapponibili nei maschi e nelle femmine (104), non vi sono studi che documentino l efficacia dei vaccini in maschi, in cui oltretutto la maggioranza delle infezioni genitali da HPV non sono mucose ma cutanee; nelle donne il vaccino quadrivalente si è comunque dimostrato protettivo anche nei confronti delle lesioni cutanee. In conclusione, al momento non esistono indicazioni per la vaccinare i maschi. Alcune nazioni, come Messico ed Australia, hanno tuttavia raccomandato il vaccino per HPV in entrambi i sessi anche in assenza di trial clinici specifici Vaccinazione HPV e Pap test Dal momento che le lesioni cancerose, correlate a tipi di HPV diversi da quelli presenti nei vaccini, si possono presentare anche in donne vaccinate, è importante che tali lesioni siano identificate da un adeguato screening. Il Pap test deve essere pertanto mantenuto anche nella popolazione vaccinata secondo le attuali indicazioni. Lo screening può essere, inoltre, utile per verificare gli effetti nel tempo del vaccino fra soggetti con fattori di rischio diversi (129,130). E quindi fondamentale spiegare alle 25

26 donne la necessità di continuare la sorveglianza per il carcinoma della cervice anche dopo la vaccinazione (131). Vi è concordanza sul fatto che l utilizzo di metodi per identificare l HPV DNA aumenti la sensibilità dello screening basato solo sulla citologia ( ) Adesione alla vaccinazione e ruolo del Pediatra nella strategia vaccinale Perché la vaccinazione verso HPV abbia successo sono necessari più fattori: un adeguata informazione della popolazione e degli operatori sanitari, una chiara volontà politica, le risorse ed una strategia per la sua implementazione (incluse l identificazione e la distribuzione del vaccino ai servizi) e una precisa programmazione dell intervento in maniera sequenziale. Infine, è necessaria un alta copertura con sorveglianza nel tempo. L adesione alla vaccinazione passa necessariamente attraverso una corretta informazione degli operatori. Onde uniformare il più possibile il loro comportamento ed integrarsi nelle specifiche competenze, questi potranno avvalersi delle raccomandazioni emanate dalle Società Scientifiche delle professionalità coinvolte, rafforzando in tal modo la campagna di informazione programmata dalle Regioni e dal Ministero (135). Per quanto riguarda i pediatri, un indagine condotta in Italia (136) ha confermato l utilità che la campagna vaccinale sia preceduta da un loro aggiornamento sull argomento. In particolare, sebbene i pediatri coinvolti nello studio abbiano in generale dimostrato una propensione a consigliare la vaccinazione ai propri assistiti, è emersa la mancanza di alcune conoscenze mirate sull infezione da HPV e la sua prevenzione, oltre alla necessità di ampliare e approfondire ulteriormente la discussione sulle tematiche sessuali. Le difficoltà peculiari di questa vaccinazione, legate ai suoi 26

27 aspetti psico-sociali ed all età della popolazione di riferimento (ragazzine), possono essere più facilmente affrontate e superate nella realtà assistenziale italiana, che prevede la figura del pediatra di famiglia da cui vengono assistite oltre l 80% delle dodicenni. Il pediatra è scelto sulla base di un rapporto di fiducia che decorre spesso fin dalla nascita ed i genitori attribuiscono grande importanza alla sua opinione per l esecuzione di qualsiasi tipo di vaccinazione. Quella verso HPV ha indubbiamente aspetti più complessi ed articolati rispetto ad altre. Inchieste in diversi paesi hanno messo in rilievo che molte madri di bambine di 8-14 anni sapevano pochissimo di HPV e cancro del collo dell utero ( ) ed è ragionevole che ciò rispecchi anche la realtà italiana. Trattandosi di un infezione sessualmente trasmessa i genitori avevano inoltre molte perplessità sull epoca ideale in cui somministrare il vaccino, per il timore che in bambine troppo giovani la vaccinazione potesse portare ad un eccesso di sicurezza con comportamenti sessuali più aperti e a rischio (134, ). La continuità del rapporto di fiducia del Pediatra con la famiglia e la ragazza gli consente di affrontare adeguatamente nel corso degli anni i temi legati a corretti stili di vita, evidenze propedeutiche alla tutela della salute anche in età adulta, ed in questo ambito si inseriscono l informazione riguardante il vaccino anti-hpv e le problematiche sessuali connesse. Le visite programmate (bilanci di salute) prevedono un controllo proprio in età pre-adolescenziale. In tale occasione il Pediatra avrà modo di promuovere e rafforzare l invito alla vaccinazione fatto dal centro di Sanità Pubblica. Ove sussistano le condizioni potrà egli stesso procedere a vaccinare attivamente, contribuendo così in modo sostanziale al raggiungimento dell auspicata copertura vaccinale. 27

28 3.10. Prospettive nei paesi in via di sviluppo Non si può dimenticare che l 80% dei tumori del collo dell utero si riscontra nei paesi in via di sviluppo (1), dove i problemi di tipo economico ed organizzativo sono rilevanti. Ciascun paese dovrà valutare l importanza della vaccinazione anti-hpv nel contesto locale del rapporto costo/beneficio e rispetto ad altre priorità del sistema sanitario nazionale (130). Tuttavia, i vaccini in genere si sono rivelati efficaci strumenti di salute pubblica anche in paesi con risorse limitate ed è in corso un sforzo congiunto delle ditte produttrici e delle agenzie internazionali per la distribuzione ed il finanziamento dei vaccini sì da rendere disponibili, ad un prezzo accessibile, quelli verso l HPV in tutto il mondo. Questi possono, quindi, rappresentare uno straordinario mezzo di profilassi primaria in grado di ridurre significativamente il tumore cervicale anche nelle zone geografiche più svantaggiate o fra la popolazione meno abbiente Prospettive future: altri vaccini in studio Sono stati recentemente pubblicati vari studi relativi a nuovi vaccini anti-hpv con scopi sia preventivi che terapeutici ( ). Fra questi, un vaccino sperimentato sull animale e sull uomo, è costituito da particelle simil-virali chimeriche (L1 + E7) (151). Tale vaccino si è dimostrato efficace nel generare una risposta immune specifica umorale e cellulare. Non si sono invece evidenziati effetti significativi per quel che concerne l aspetto terapeutico nell uomo, anche se la popolazione in studio era troppo limitata per trarre conclusioni definitive. Un altro vaccino, sperimentato sul topo, è costituito da DNA virale codificante per una proteina di fusione rappresentata dalla proteina umana calreticulina associata alle proteine precoci E6-E7 e dalla proteina tardiva L2 (152). Tale vaccino si è dimostrato in grado di generare non solo una risposta 28

29 cellulare specifica nei topi sani vaccinati, ma anche un significativo effetto antitumorale in topi malati. Lo sviluppo di nuovi vaccini potrebbe, in un futuro non così remoto, avere effetti non solo sull incidenza e la distribuzione del cancro uterino, ma anche contribuire ad una sua miglior terapia. 29

30 4. Conclusioni Sono oggi disponibili in commercio due vaccini anti-hpv. Le loro caratteristiche vanno mantenute distinte, anche se entrambi hanno dimostrato ottima immunogenicità e sicurezza. Gli studi di efficacia di fase II e III coprono un arco di tempo ancora limitato, ma la vaccinazione di ragazze e donne non infette dai tipi vaccinali si è dimostrata in grado di prevenire in modo significativo la comparsa di lesioni precancerose del collo dell utero, nonché, nel caso del vaccino quadrivalente, di lesioni precancerose della vulva e di condilomi acuminati. La vaccinazione va offerta prioritariamente a soggetti di sesso femminile prima dell inizio dell attività sessuale. La scelta nel nostro Paese è di offrirla a tutte le ragazze nel 12 anno di vita. I vaccini possono rivelarsi utili anche in ragazze e donne di età maggiore, specie se ancora non sessualmente attive. Al momento non vi sono i presupposti per una raccomandazione nei maschi. L implementazione della vaccinazione non deve ridurre la prevenzione secondaria del cancro della cervice attraverso lo screening di massa con Pap test. Gli attuali vaccini proteggono, infatti, solo nei confronti dei tipi di virus in essi contenuti e non possono, quindi, eradicare il carcinoma cervicale. Per avere successo la vaccinazione non richiede solo l impegno della classe medica, ma deve essere preceduta ed accompagnata da una chiara volontà politica, dalla disponibilità delle risorse necessarie, da una implementazione razionale e da una campagna d informazione mirata che renda accettabile e condivisa la vaccinazione alla popolazione generale. Le attuali conoscenze sulle malattie associate all infezione da HPV ed in particolare al suo ruolo cardine nel cancro del collo dell utero sono, infatti, 30

31 molto frammentarie. E importante che venga sottolineato che la vaccinazione non protegge dalle altre numerose malattie sessualmente trasmesse. Il fatto che i vaccini si propongano di prevenire patologie di cui il pediatra non ha esperienza diretta e che si manifesteranno a distanza di molti anni si inserisce in quella strategia preventiva con cui il pediatra sempre più si trova ad operare per impedire o ridurre l insorgenza di malattie nell adulto. Poiché si tratta di le infezioni da HPV vengono trasmesse per via sessuale, oltre ad un conoscenza approfondita della tematica, si rendono necessari attenzione e sensibilità nel dialogo con le ragazze ed i genitori, teso a chiarire gli obiettivi della vaccinazione anche vincendo una certa reticenza che talora emerge da indagini specifiche. 31

32 5. BIBLIOGRAFIA 1. Pagliusi S. World Health Organization. Human papillomavirus infection and cervical cancer. Accessed October 26, Bosch FX, Manos MM, Munoz N, et al. Prevalence of human papillomavirus in cervical cancer: a worldwide perspective. International biological study on cervical cancer (IBSCC) Study Group. J Natl Cancer Inst 1995;87: Walboomers JM, Jacobs MV, Manos MM, et al. Human papillomavirus is a necessary cause of invasive cervical cancer worldwide. J Pathol 1999;189: von Krogh G. Management of anogenital warts (condylomata acuminata). Eur J Dermatol 2001;11: Munoz N, Bosch FX, de Sanjose S, et al. Epidemiologic classification of human papillomavirus types associated with cervical cancer. N Engl J Med 2003;348: Trottier H, Franco EL. The epidemiology of genital human papillomavirus infection. Vaccine 2006;24 Suppl 1:S Clifford GM, Francschini S, Diaz M et al. HPV type-distribution in women with and without cervical neoplastic disease. Vaccine 2006;24 Supp l3:s Cuschieri KS, Cubie HA, Whitley MW, et al. Multiple high risk HPV infections are common in cervical neoplasia and young women in a cervical screening population. J Clin Pathol 2004;57: Bray F, Carstensen B, Moller H, et al. Incidence trends of adenocarcinoma of the cervix in 13 European countries. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2005;14: Sherman ME, Wang SS, Carreon J, Devesa SS. Mortality trends for cervical squamous and adenocarcinoma in the United States. Relation to incidence and survival. Cancer 2005;103:

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