EPATOCARCINOMA. Fattori di rischio

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1 EPATOCARCINOMA I tumori primitivi del fegato costituiscono un importante problema sanitario nei paesi in via di sviluppo, dove si conta più dell'80 per cento dei casi mondiali totali. I tassi d'incidenza più alti si registrano in Cina (55 per cento del totale mondiale) e Giappone, nel Sudest asiatico e nell Africa subsahariana. Circa l'80% di tutti i tumori epatici primitivi sono epatocarcinomi (HCC): questo termine indica un tumore che origina dagli epatociti, che sono le principali cellule del fegato. L'HCC, anche noto come carcinoma epatocellulare, non è molto diffuso in Europa, dove rappresenta il 2 per cento di tutti i tipi di tumore. Negli ultimi 20 anni, però, si sta registrando un continuo aumento dei casi. Nel 2000 sono stati stimati circa nuovi casi in tutta Europa. Il 7 per cento dei pazienti con tumore del fegato ha età superiore ai 65 anni. Fattori di rischio Nei paesi in via di sviluppo, dove l'incidenza e la letalità dell'hcc sono elevate e dove il tumore insorge in età precoce (intorno ai anni), i principali fattori di rischio sono due: L'infezione da parte del virus dell'epatite B (HBV) La contaminazione delle derrate alimentari con Aspergillus flavus, una muffa che cresce su noccioline e granaglie mal conservate e che produce un cancerogeno naturale chiamato aflatossina B1. Nei paesi occidentali, invece, l'hcc insorge in età più avanzata (intorno ai 50 anni) ed è spesso associato a cirrosi, una condizione caratterizzata da degenerazione e rigenerazione nodulare del tessuto epatico. Nei paesi sviluppati la cirrosi è associata allo sviluppo di HCC nell'80% dei casi. Soprattutto la cirrosi micronodulare, dovuta spesso ad abuso di alcol, si associa al rischio di sviluppare un HCC. Altre cause di cirrosi sono le infezioni dei virus dell'epatite B (HBV) e C (HCV) e, anche se più raramente, alcune malattie ereditarie del metabolismo, che comportano una degenerazione precoce del fegato e l'insorgenza di HCC intorno ai anni. Tra queste malattie ci sono: l'emocromatosi, che provoca un accumulo di ferro nel fegato, la tirosinemia, il deficit di alfa-1 tripsina, l'ipercitrullinemia, la glicogenosi e il morbo di Wilson, che produce accumuli epatici di rame. Tutte queste condizioni giocano comunque un ruolo marginale nello sviluppo del carcinoma epatico. I principali fattori di rischio riconosciuti per il tumore primitivo del fegato sono: L'epatite virale B. L'infezione da HBV è la causa principale di tumore epatico; ad essa, infatti, è riconducibile più dell'80 per cento dei casi di HCC. Coloro che hanno un'infezione cronica da HBV presentano un rischio relativo di sviluppare un tumore epatico 100 volte superiore rispetto ai soggetti non portatori; questo rischio diminuisce nei casi in cui l'infezione sia contratta in età adulta. Di solito, però, l'epatite B è il risultato di un'infezione acquisita alla nascita o durante l'infanzia e interessa individui di età inferiore ai 40 anni.

2 Questa situazione può essere prevenuta attraverso la vaccinazione, che in Italia è obbligatoria per tutti i bambini. L'epatite virale C. L'epatite C è causata dall'infezione da HCV ed è la principale causa di epatocarcinoma nei paesi occidentali. Tuttavia, poiché l'epatite C cronica è una malattia a evoluzione lenta, esiste una certa variabilità nei tempi di trasformazione maligna e sviluppo del tumore del fegato. Il passaggio obbligato tra epatite C ed epatocarcinoma è lo sviluppo di cirrosi. I fattori che possono accelerare questa degenerazione maligna sono rappresentati da: abuso di alcol, coinfezione da HBV, età al momento dell'infezione, sesso maschile. A oggi non è disponibile alcun vaccino contro HCV; si cerca di prevenire la trasmissione del virus aumentando i controlli sulle sacche di sangue per le trasfusioni e minimizzando le infezioni ospedaliere e quelle relative alla popolazione a rischio; L'assunzione massiccia (> g al giorno) e persistente di alcol, che comporta cirrosi ed epatite alcolica, incrementa il rischio di tumore epatico primitivo. Nei forti bevitori, il rischio di sviluppare cirrosi e HCC può essere ulteriormente aumentato in presenza di diabete o epatite B o C croniche; Il fumo di sigaretta. Questo fattore sembra essere implicato nelle alterazioni del sistema di difesa dell'organismo (sistema immunitario), che rappresentano un fattore promovente i tumori del fegato. L'effetto del tabacco non è identico in tutti gli individui, ma dipende da: età d'inzio, numero di anni complessivi di fumo, numero di sigarette fumate e predisposizione genetica a eliminare più o meno lentamente i cancerogeni associati al fumo; La sindrome da resistenza insulinica, una condizione che si manifesta con obesità e diabete, si sta attestando come fattore di rischio per l'hcc, soprattutto negli Stati Uniti; L'uso di steroidi contraccettivi e di androgeni anabolizzanti è un fattore di rischio minore per l'hcc. Segni I segni sono l'evidenza oggettiva della malattia e possono essere individuati dal medico durante la visita; i sintomi, invece, sono i disturbi percepiti dal paziente e comunicati da questo al medico. Il tumore del fegato non ha una sintomatologia specifica: tutti i segni e i sintomi sono riconducibili a un quadro generico d'insufficienza epatica. Nelle fasi iniziali, il tumore del fegato è una malattia silente, in quanto non dà alcun segno di sé; infatti, i primi sintomi si manifestano quando c'è già una grave compromissione del tessuto epatico. Inoltre, a causa della mancanza di sensori per il dolore in sede epatica, raramente il paziente sente uno stimolo dolorifico; solo quando vi è un aumento significativo delle dimensioni dell'organo, e quindi una distensione della capsula che lo riveste, il paziente può lamentare un dolore localizzato nella porzione inferiore destra del costato. I segni più frequenti che indicano una grave malattia del fegato sono i seguenti: Ittero, cioè la caratteristica colorazione giallastra della pelle e della parte bianca degli occhi: è dovuto al riversarsi della bile nel sangue anziché nell'intestino; Prurito Diminuzione della massa muscolare Urine di colore scuro Feci poco colorate, del colore della creta Confusione mentale, sonnolenza, coma: questi sintomi sono anche noti con il nome di encefalopatia epatica

3 Ascite, cioè presenza di liquido nell'addome Sindrome epatico-renale: compromissione della funzione del rene come effetto secondario dell'insufficienza epatica. Questo comporta alterazioni degli elettroliti (sodio, potassio, eccetera) presenti nel sangue e formazione di edemi, cioè rigonfiamenti dovuti ad accumulo di liquidi nei vari tessuti Tendenza a vomitare sangue, dovuta alla presenza di varici gastroesofagee, ossia dilatazioni delle vene dello stomaco e dell'esofago Tendenza al sanguinamento Indebolimento generale e diminuzione delle forze (astenia). Diagnosi L'esame principale per la diagnosi del tumore del fegato è la biopsia: si preleva un campione di tessuto epatico con un ago sottile introdotto sotto guida ecografica o Tac e lo si analizza al microscopio per accertare la presenza di cellule tumorali. Questo esame istologico, è molto importante non solo per la diagnosi, ma anche perché consente di determinare le caratteristiche biologiche del tumore, che possono condizionare la scelta delle terapie. Gli esami strumentali e di laboratorio utili per effettuare la diagnosi e per determinare il grado di estensione della malattia sono diversi: Determinazione della concentrazione di alfafetoproteina (AFP) nel sangue: livelli di AFP superiori alla norma (> ng/ml) possono far sospettare un tumore del fegato in un individuo apparentemente sano, ma non rappresentano un indizio sufficiente per emettere una diagnosi. Nei pazienti con epatite virale cronica e/o cirrosi, un lieve rialzo di AFP è normale e dipende dal grado d'infiammazione del fegato. In questi pazienti livelli sospetti per l'epatocarcinoma sono in genere superiori a 500 ng/ml Ecografia epatica: è l'esame più efficace in quanto a rapporto tra benefici e costi. Consente il prelievo mirato di campioni di tessuto epatico (biopsia) ed è privo di rischi. E' utile per definire l'estensione del tumore (dimensione e numero di noduli), ma anche per scoprire l'eventuale presenza di trombi (coaguli di sangue che occludono i vasi) nei rami della vena porta. L'ecografia consente anche di rilevare la presenza di liquido nell'addome (ascite) o d'ipertensione della vena porta, importanti per definire la prognosi della malattia; Tomografia computerizzata (TC): è una tecnica radiografica, basata sull'uso dei raggi X, che fotografa parti interne del corpo e le rielabora attraverso un computer. A volte, al posto della TC convenzionale, il medico può prescrivere una TC ad alta risoluzione, che consente di ottenere immagini più accurate. La diversa densità dei noduli epatici e l'assunzione del mezzo di contrasto da parte del tessuto tumorale favoriscono la determinazione delle caratteristiche dell'hcc. Risonanza magnetica (RM): sfrutta variazioni di campi magnetici per costruire immagini di organi interni al corpo. Rispetto alla Tac convenzionale consente una migliore definizione dei tessuti molli. La RM è però più costosa, richiede più tempo e non può essere eseguita sui pazienti che soffrono di claustrofobia e sui portatori di metalli che interferiscono con il magnete Angiografia: è un esame radiologico che si avvale dell'amplificazione dell'immagine data da un mezzo di contrasto iniettato nell'arteria epatica; consente di visualizzare i vasi che irrorano il fegato ed eventuali tumori che vi si annidano. Questa tecnica è stata soppiantata quasi totalmente dalla Tac e dalla RM. Attualmente l'angiografia ha un ruolo più terapeutico

4 che diagnostico: è essenziale prima di programmare un'asportazione chirurgica di una parte del fegato o per effettuare una chemioembolizzazione, cioè una tecnica di somministrazione localizzata dei farmaci. Stadiazione Nel caso dell'epatocarcinoma, il sistema internazionale di stadiazione più utilizzato è il TNM. Esso prende in considerazione le categorie: T (tumore primitivo), N (linfonodi regionali) e M (metastasi a distanza). Nel sistema TNM, la classificazione dei tumori si basa quindi sui seguenti criteri: Sede del tumore; Dimensioni della massa tumorale e numero di noduli neoplastici; Invasione vascolare, cioè diffusione del tumore nei vasi sanguigni; Diffusione delle cellule tumorali nei linfonodi regionali (localizzati cioè nella stessa area del tumore primitivo); Presenza di metastasi. Un limite del sistema TNM è, però, la mancanza d'informazioni sulla funzionalità epatica. Il sistema di stadiazione TNM è il seguente: Tumore primitivo (T) TX: Tumore primitivo non definibile T0: Tumore primitivo non evidenziabile T1: Tumore unico senza invasione vascolare T2: Tumore unico con invasione vascolare o tumori multipli con diametro = 5 cm T3: Tumori multipli con diametro > 5 cm o tumore con interessamento di un ramo principale della vena porta o delle vene epatiche T4: Tumore unico o tumori multipli che invadono organi adiacenti oltre che la cistifellea Linfonodi regionali (N) NX: Linfonodi regionali non valutabili N0: Linfonodi regionali liberi da metastasi N1: Metastasi nei linfonodi regionali Metastasi a distanza (M)M) M0: Metastasi a distanza assenti M1: Metastasi a distanza presenti Trattamento

5 Esistono diversi tipi di terapie per la cura del tumore del fegato. Alcune sono standard, cioè di efficacia riconosciuta e d'impiego comune; altre, invece, sono sperimentali e devono essere validate attraverso studi clinici. La scelta della terapia (o della combinazione di terapie) più appropriata dipende da diversi fattori: Sede del tumore (se si trova in regioni accessibili o non accessibili del fegato) Stadio (estensione all'interno del fegato ed eventuale diffusione a organi più o meno vicini) Funzionalità epatica residua Velocità di crescita del tumore, Condizioni di salute generale del paziente Trattamenti eseguiti in precedenza. L'unico trattamento che si può definire curativo è la resezione epatica parziale, che consiste nell'asportazione chirurgica di una parte del fegato. Questa tecnica, però, può essere applicata ai soli pazienti con tumore in fegato sano, che rappresentano il 10 per cento del totale. Infatti, la maggior parte dei pazienti presenta un fegato con cirrosi, ha una scarsa riserva funzionale epatica (75 per cento dei casi), o un tumore che si estende in entrambi i lobi del fegato (malattia bilobare) o fuori dal fegato (malattia extraepatica o metastasi). D'altra parte, anche nei pazienti sottoposti a resezione chirurgica il rischio di ricomparsa della malattia (recidiva) a 5 anni dall'intervento è piuttosto alto. Per tutti i pazienti con malattia non resecabile o con recidiva, il trattamento ha scopo esclusivamente palliativo. Chirurgia Nei casi operabili, la chirurgia è il solo trattamento che offre speranza di guarigione completa. Può essere utilizzata solo quando il tumore è localizzato e la funzionalità del tessuto epatico circostante non è compromessa. Trova indicazione nei casi di epatocarcinoma monofocale di dimensioni inferiori a 5 cm, soprattutto per la variante istologica fibrolamellare, e in casi selezionati di carcinoma plurifocale. Nella scelta del tipo di resezione si possono utilizzare tecniche come la TC e l'angiografia. A seconda della situazione si può asportare solo la parte del fegato che contiene la massa tumorale (resezione segmentaria), oppure si può arrivare a rimuovere una parte più cospicua del fegato (emiepatectomia) o un intero lobo (lobectomia), perché la parte restante può essere sufficiente a svolgere le normali funzioni. Trapianto di fegato Ove disponibile, il trapianto di fegato può essere impiegato, con risultati soddisfacenti, in pazienti con HCC di dimensioni inferiori a 5 cm e con meno di tre noduli. Il trapianto può essere eseguito anche in pazienti cirrotici con compromissione della funzionalità epatica. I pazienti vengono inseriti nelle liste d'attesa in base a un punteggio che dipende dalle caratteristiche del tumore: i candidati favoriti sono quelli con HCC solitario di piccole dimensioni (< 2 cm) e quelli con HCC di 2-5 cm o tre noduli ciascuno di non più di 3 cm. Se l'attesa prevista per il trapianto è superiore ai 6 mesi, per evitare il rischio di progressione possono essere utili terapie preoperatorie, oppure il trapianto da donatore vivente. Quest'ultimo può rappresentare una modalità valida per ovviare al numero limitato

6 di donatori. Chiaramente è una procedura rischiosa, complessa e attuabile solo in pochi centri. Sono in corso analisi accurate dei fattori prognostici nei pazienti candidabili a trapianto di fegato, con l'intento di selezionare i soggetti che possono trarre il maggior beneficio da questa procedura terapeutica. Chemioembolizzazione (TACE) Se il tumore non può essere asportato chirurgicamente o non c'è possibilità di trapianto, il trattamento d'elezione è la chemioembolizzazione. Questa tecnica consiste nell'infusione di farmaci chemioterapici (che uccidono le cellule tumorali), legati a sferette di materiale inerte, nell'arteria epatica. Infatti, i tumori del fegato sono irrorati dai rami dell'arteria epatica, mentre il tessuto epatico sano è nutrito da un altro vaso, la vena porta. Proprio per questo, l'iniezione selettiva dei farmaci nei rami dell'arteria epatica può determinare la formazione di un embolo o di un'occlusione nei soli vasi che irrorano il tumore, limitando la tossicità per il tessuto sano. I risultati ottenuti con la chemioembolizzazione sono buoni: si è osservata una riduzione significativa della massa tumorale nel per cento dei casi; inoltre la metà dei pazienti trattati sopravvive più di un anno dal trattamento. Buoni candidati per la chemioembolizzazione sono pazienti non operabili e non resecabili, con malattia confinata al fegato (HCC a noduli multipli o a nodulo singolo di dimensioni superiori a 5 cm), in buone condizioni generali e con funzionalità epatica non compromessa; sono esclusi i tumori classificati come grado C secondo il sistema di Child. Alcolizzazione percutanea e la termoablazione Quando il tumore può essere asportato ma il paziente non è operabile, si possono usare due tecniche alternative: l'alcolizzazione percutanea e la termoablazione. Queste tecniche prevedono la distruzione del tumore mediante iniezione di alcol o calore, portati dentro al fegato con aghi o sonde introdotte attraverso la parete addominale sotto guida ecografica. L'alcol diffonde selettivamente nel tumore, causando la morte delle cellule cancerose per denaturazione; il calore, prodotto da una radiazione con lunghezza d'onda di poco inferiore a quella degli infrarossi (radiofrequenza), produce un effetto simile. Pazienti candidabili all'alcolizzazione percutanea sono quelli con una lesione inferiore a 5 cm (preferibilmente < 3 cm), non operabili, con adeguata funzione epatica (gradi A e B di Child) e senza metastasi. La termoablazione può essere applicata in caso di tumore non resecabile e può essere effettuata oltre che per via percutanea anche chirurgicamente. Per i tumori di dimensioni inferiori a 2 cm, l'alcolizzazione e la termoablazione sono ugualmente efficaci, mentre per tumori di dimensioni superiori è preferibile la termoablazione. Il vantaggio principale della termoablazione è che può essere eseguita in un'unica seduta. D'altra parte la sua applicazione è limitata dalle difficoltà tecniche di raggiungere sedi anatomiche difficili o molto distanti. Radioterapia La radioterapia utilizza le radiazioni dei raggi X o di altre fonti radianti, per uccidere le cellule tumorali. Essa può essere somministrata dall'esterno del corpo, attraverso una macchina, oppure dall'interno, mediante infusione di particelle marcate con isotopi

7 radioattivi (per esempio l'ittrio 90). Una forma alternativa di radioterapia è la cosiddetta radioimmunoterapia: essa consiste nell'iniezione di anticorpi marcati con isotopi radioattivi, che vanno a concentrarsi nel fegato (per esempio anticorpi contro la ferritina marcati con iodio 131). In generale, però, la radioterapia è poco utilizzata per il trattamento degli epatocarcinomi. Chemioterapia Purtroppo i risultati della chemioterapia nella cura dell'epatocarcinoma sono deludenti, poiché in genere l'hcc è un tumore chemioresistente. La chemioterapia si basa sull'uso di farmaci che uccidono le cellule tumorali, i chemioterapici; questi possono essere somministrati localmente, per via endoarteriosa, quando il tumore non è operabile ma confinato nel fegato, oppure per via sistemica, cioè nella circolazione sanguigna di tutto il corpo. I chemioterapici possono essere somministrati singolarmente (monochemioterapia) oppure in combinazione (polichemioterapia). Vari agenti somministrati singolarmente (antracicline, mitoxantrone, mitomicina C, cisplatino, etoposide) riducono la massa tumorale solo in una piccola quota di pazienti (circa il 20 per cento) e per brevi periodi di tempo, senza garantire una remissione duratura della malattia. Per quanto riguarda le combinazioni di farmaci, la maggior parte delle linee di polichemioterapia includono doxorubicina e cisplatino. Non ci sono prove convincenti di una maggiore efficacia della polichemioterapia rispetto alla monochemioterapia. Le varie combinazioni di farmaci non hanno incrementato in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti con HCC non operabile o in ripresa dopo asportazione chirurgica o termoablazione. Oggi, grazie al controllo delle infezioni, è particolarmente diffusa l'infusione di chemioterapici per via endoarteriosa, che consente di limitare gli effetti collaterali e di utilizzare dosaggi più alti. I farmaci maggiormente impiegati sono le fluoropirimidine (5-fluorouracile e FudR). La chemioterapia sistemica non può essere raccomandata come terapia standard al di fuori di uno studio clinico e può essere considerata appropriata solo per i pazienti con malattia avanzata. Prognosi. La prognosi, dipende da diversi fattori, che possono variare da paziente a paziente. Nel caso dell'epatocarcinoma la prognosi è influenzata da quattro fattori: Caratteristiche del tumore: stadio, aggressività, velocità di crescita; Condizioni generali del paziente; Funzionalità epatica residua; Terapia specifica, indicata a sua volta sulla base dei fattori precedenti. Purtroppo, la maggior parte dei pazienti affetti da tumore epatico ha una prognosi sfavorevole. Nonostante il miglioramento delle tecniche diagnostiche e i progressi nella ricerca di nuovi farmaci, la sopravvivenza dei pazienti con epatocarcinoma non è migliorata negli ultimi 30 anni: meno di un terzo dei pazienti sopravvive a un anno dalla diagnosi e meno del 10 per cento sopravvive dopo 5 anni. Ciò dipende sia dall'alta percentuale di individui con malattia avanzata al momento della diagnosi, sia dalle limitata disponibilità di terapie. Comunque, è bene ricordare che la prognosi non dipende solo dalle caratteristiche della malattia (estensione, velocità di crescita della massa tumorale, risposta ai trattamenti), ma anche dal grado di insufficienza epatica, che varia da paziente a paziente.

8 Follow-up Dopo aver completato tutti i trattamenti, lo specialista pianificherà una serie di controlli periodici, per valutare gli effetti delle terapie e accertarsi che il tumore non si riformi. La frequenza e il tipo di controlli dipendono dal numero di fattori di rischio per la ricomparsa del tumore (recidiva). Lo scopo del follow up è quello di rilevare recidive del tumore che siano ancora singole e di piccole dimensioni, in modo da poterle aggredire con terapie locali, come la resezione chirurgica o la chemioembolizzazione. Il follow up consigliato ai pazienti sottoposti a intervento chirurgico o ad altra terapia locale consiste nell'eseguire una TC ogni 3-4 mesi per i primi 2 anni dopo l'intervento. Successivamente la frequenza dei controlli può essere ridotta a 6 e a 12 mesi. Per i pazienti con valori elevati di alfafetoproteina la TC dev'essere accompagnata dalla determinazione dei livelli di questa proteina.

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