UNA NUOVA VISIONE DELLA COSMOLOGIA DANTESCA

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1 Vincenzo Pappalardo UNA NUOVA VISIONE DELLA COSMOLOGIA DANTESCA parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude

2 Vincenzo Pappalardo UNA NUOVA VISIONE DELLA COSMOLOGIA DANTESCA Copyright 2012 di Vincenzo Pappalardo Tutti i diritti sono riservati Prima edizione gennaio 2012 Il presente testo Una nuova visione della cosmologia dantesca può essere copiato, fotocopiato, a patto che il presente avviso non venga alterato, e che la proprietà del documento rimanga di Vincenzo Pappalardo. Il presente documento è pubblicato sul sito: 2

3 INDICE 4 Introduzione 5 La cosmologia medievale 8 La cosmologia dantesca tradizionale 12 Le geometrie non euclidee 14 La nuova cosmologia dantesca 20 Considerazioni finali 22 Bibliografia 3

4 1. Introduzione Probabilmente dovremo abbandonare la visione classica del Paradiso dantesco, alla luce degli ultimi studi sulla sua struttura geometrica: parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude, a poco a poco al mio veder si stinse (Par. XXX, 10-13). La tesi emergente è che la struttura dei cieli del Paradiso non segue la geometria euclidea tridimensionale, per intenderci quella che usiamo nella vita di tutti i giorni, ma quella non euclidea che anticipa di secoli la visione di uno spazio curvo quadrimensionale adottata poi da Einstein per descrivere l universo nel quale viviamo. Come ha potuto Dante anticipare Einstein di sei secoli? Innanzitutto l immaginazione spaziale di Dante, nel tardo medioevo, non era ancora ingabbiata nel rigido immaginario newtoniano per il quale lo spazio fisico è euclideo, infinito ed assoluto. Per Dante, come per Aristotele, lo spazio è solo la struttura della relazione tra le cose, e una tale struttura può avere forme peculiari. In secondo luogo, Dante è uomo non solo di grandissima cultura, ma anche di straordinaria intelligenza, anche matematico scientifica. Poesia e Scienza sono entrambe creazioni dello spirito che creano nuovi modi di pensare il mondo, per farcelo meglio capire. La grande Scienza e la grande Poesia sono entrambe visionarie, e talvolta possono arrivare alle stesse intuizioni, per cui la straordinaria immaginazione ed intuizione di Dante hanno saputo trovare una soluzione consistente all'antico problema di conciliare l'idea di un mondo finito con l'idea dell'assenza del "bordo del Mondo". 4

5 2. La cosmologia medievale Le stelle e l universo in generale sono un argomento ricorrente nelle opere di Dante, ma, se leggiamo con attenzione un passo del Paradiso, ci accorgeremmo che egli ha spinto il suo sguardo ancora più addentro nelle profondità del cosmo: Come distinta da minori e maggi lumi biancheggia tra' poli del mondo Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi; sì costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo. (Par. XIV, ) La protagonista di questi versi è la Via Lattea, che ai tempi di Dante era considerata la "Galassia" per antonomasia (e l'unica conosciuta). I "ben saggi" cui Dante accenna sono Aristotele, Alberto Magno ed altri. Dante espone nel Convivio (II, XIV, 5-8) alcune delle loro opinioni, e, sorprendentemente, anticipa con grande acutezza proprio ciò che noi impariamo fin da bambini, e cioè che la Via Lattea altro non è se non un immenso agglomerato di stelle, troppo dense e lontane per essere risolte una per una. Inizialmente questo biancore venne interpretato in senso mitologico: due in proposito sono le principali interpretazioni della Galassia secondo i poeti e i mitografi greci. Esiodo racconta che Zeus, figlio di Crono e di Rea, nacque a Creta, dove fu nascosto in una grotta sul monte Ida, per nasconderlo al padre, che divorava tutti i suoi figli dopo che un Oracolo gli aveva predetto che uno di essi lo avrebbe detronizzato. Infatti Dante registra questo mito con i seguenti versi, messi in bocca a Virgilio: "In mezzo mar siede un paese guasto", diss'elli allora, "che s'appella Creta, sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto. Una montagna v'è che già fu lieta d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida; or è diserta come cosa vieta. Rëa la scelse già per cuna fida del suo figliuolo, e per celarlo meglio, quando piangea, vi facea far le grida." (Inf. XIV, ) Rea aveva dato ordine ai Coribanti, un popolo dell'isola di Creta, di mettersi a cantare a squarciagola e di fare musica a più non posso ogni volta che il piccolo Zeus si metteva a piangere, così da impedire che il padre udisse i suoi vagiti. Zeus era nutrito dalla capra Amaltea. Un giorno però una poppata di latte gli scappò dalla bocca e finì in cielo, e da qui sarebbe nata la Via Lattea. 5

6 Un'altra versione ricollega la Via Lattea al mito di Fetonte, figlio del Sole e della ninfa Climene. Questi ottenne dal padre il permesso di guidare per una volta il carro del sole attraverso il cielo, ma, a causa della sua inesperienza, non riuscì a trattenere la foga dei cavalli ( il temo / che mal guidò Fetonte Par. XXXI, ) e, uscendo dal cammino consueto, rischiò di incendiare tutta la natura, tanto che la Madre Terra dovette pregare Zeus di intervenire, e il Padre degli Dei non poté far altro che fulminare l'incauto auriga: Quel del Sol che, svïando, fu combusto per l'orazion de la Terra devota, quando fu Giove arcanamente giusto. (Purg. XXIX, ) Ora, il carro del Sole, uscito dalla sua via diurna ( la strada / che mal non seppe carreggiar Fetòn... Purg. IV, 71-72), lasciò anche una bruciatura nel cielo, come riporta lo stesso Dante: Maggior paura non credo che fosse quando Fetonte abbandonò li freni, per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse (Inf. XVII, ) La Via Lattea, visibile ancor oggi a tutti noi, mostrerebbe chiaramente la cicatrice di quella millenaria bruciatura. Al giorno d'oggi inoltre sappiamo che la Galassia ha una forma a spirale, o a spirale barrata, con un diametro di circa anni luce e uno spessore di circa 1000 anni luce. Il Sole si trova a anni luce dal centro galattico, nel cosiddetto Braccio di Orione, e rappresenta una delle miliardi di stelle che formano la Via Lattea, che, a sua volta, è una delle miliardi di galassie che formano il nostro universo, che, probabilmente, a sua volta, è uno dei miliardi di possibili universi. Questa introduzione sulle galassie ci porta direttamente a discutere della struttura dell'universo secondo Dante, cioè della cosmologia dantesca. Ma attenzione, non stiamo parlando del sistema geocentrico aristotelico-tolemaico che rappresenta la struttura del Sistema Solare, ma dell'idea stessa di spazio che aveva Dante. Cominciamo, innanzitutto, a descrivere la struttura del cosmo medievale. La cultura medievale fa suo il modello di universo dell'antica Grecia, il modello geocentrico aristotelico. L universo fisico, è, secondo Aristotele, unico, chiuso su stesso, limitato nello spazio ed illimitato nel tempo (Aristotele giustamente sottolineò che era una contraddizione logica immaginare, come aveva fatto Platone, che il mondo potesse essere creato ed eterno; deve invece o essere creato e destinato alla distruzione e, come credeva, essere sempre esistito ed eterno) ed è diviso in due regioni obbedienti a leggi fisiche diverse: i cieli formati dall etere, inalterabili e incorruttibili, soggetti al moto circolare, il più perfetto dei moti, e dove la causa della regolarità e dell eternità del moto degli astri va ricercata nel primo motore immobile che imprime il moto a tutte le sfere in cui sono incastonati gli astri e dove il Sole, le stelle, i pianeti, composti della quintessenza, splendono perché il moto delle loro sfere produce attrito con l aria, quindi luce e calore; il mondo sublunare, il mondo del divenire, formato dai quattro elementi, nel quale le cose nascono, si corrompono e periscono e dove il moto degli oggetti è rettilineo o violento. Tra la zona sublunare e la zona celeste la cesura è di carattere temporale quanto ontologico. Poiché nessuna cosa reale può essere infinita perché ogni cosa esiste in uno spazio, e ogni spazio ha un centro, un basso, un alto e un limite estremo e quindi nessuna realtà fisica è realmente infinita, la sfera delle stelle fisse segna i limiti dell universo, limiti al di là dei quali non c è spazio, per cui non possono esistere altri mondi al di là del nostro. L universo aristotelico è un meccanismo ingegnosamente costruito. Esso è costituito da 6

7 una serie di sfere concentriche, con la Terra al centro, con le sfere che portano i vari pianeti, e naturalmente il Sole, la Luna e le stelle fisse, a distanze via via superiori. La sfera più esterna, il primo mobile, è fissa, mentre le sfere interne sono mosse dal primo mobile, salvo quelle vicino al centro, che sono di nuovo immobili. Al modello geocentrico aristotelico fornì definitiva sistemazione Tolomeo. Nonostante la complicata architettura, il modello tolemaico-aristotelico rendeva conto abbastanza bene di ciò che accadeva nei cieli, in particolare il moto dei pianeti. Possiamo così sintetizzare le caratteristiche più importanti di questo modello cosmico: Moto delle sfere celesti: circolare uniforme; Materia dei corpi celesti: perfetta ed incorruttibile; Sistema complesso: 52 sfere; equanti; epicicli Buona capacità di riprodurre le osservazioni del moto delle stelle e dei pianeti Questo modello viene ripreso dai Padri della Chiesa, che devono però adattarlo ai principi della creazione biblica. Per la verità alcuni punti stridenti non poterono essere evitati. Quello di Aristotele era infatti un dio integrato col mondo, che poteva essere definito in modo impersonale, quale pensiero di pensiero, o primo motore immobile. E evidente la differenza nei confronti del Dio cristiano, un Dio personale, trascendente rispetto al mondo. Nello stesso modo nell ottica cristiana il mondo non è eterno, ha avuto un suo inizio e avrà una sua fine. Era insomma necessario conciliare l Universo aristotelico con la presenza di un Dio ubiquo e attivo, pieno d amore, contemporaneamente centro della creazione e ad essa trascendente. Dunque, il mondo cristiano doveva avere due cesure in più: tra cose visibili e cose invisibili (corporeo e incorporeo) e tra creato e increato (creatura e Creatore). Ebbene, oltre il Primo Mobile, che Aristotele aveva posto come origine del tempo e del movimento, la cultura cristiana medievale aveva aggiunto un cielo ulteriore, un cielo spirituale, non fisico, l Empireo (dal greco infuocato ), rappresentato geometricamente da un'ultima sfera che circonda tutto l'universo. Dio è l'orizzonte ultimo di tutta la realtà, abbraccia tutto il cosmo. L'Empireo era concepito infinito ed illimitato, anzi privo affatto di dimensioni fisiche, e non costituito da materia, neppure dalla purissima quintessenza, come si credeva fossero gli altri cieli: era una realtà di puro spirito, fuori dal tempo e dallo spazio, e mentre i nove cieli erano in perpetuo movimento, come una sorta di orologio cosmico, l'empireo era eternamente immobile ed immutabile. Dunque abbiamo nel Medio Evo questa eredità dell'antica Grecia, di un modello geocentrico che però, a differenza di quanto accadeva per i greci, nel Medio Evo viene identificato, viene percepito, viene sentito, viene accolto come una creatura che è la creazione di Dio. 7

8 3. La cosmologia dantesca tradizionale Se al di là del Primo Mobile vi era qualcosa, e questo qualcosa era l Empireo, il più alto dei cieli, luogo della presenza fisica di Dio, dove risiedevano gli angeli e le anime beate, allora questo luogo spirituale non poteva che coincidere con il Paradiso. La sua origine va ricercata nella Bibbia, dove è usata l'espressione semitica "Cieli dei Cieli" per indicare il più alto degli spazi, dove risiede il Signore Dio in persona: O regni della terra, cantate a Dio, salmeggiate al Signore, a Colui che cavalca sui cieli dei cieli eterni! Ecco, egli fa risuonare la sua voce, la sua voce potente» (Salmo 68, 32-33) «Lodatelo, cieli dei cieli, e voi acque al di sopra dei cieli! (Salmo 148, 4) Dante viaggia attraverso il Paradiso negli ultimi quattro canti della Divina Commedia, e quando vi entra Beatrice così glielo descrive: Noi siamo usciti fore del maggior corpo al ciel ch'è pura luce: luce intellettüal, piena d'amore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogne dolzore. Qui vederai l'una e l'altra milizia di paradiso, e l'una in quelli aspetti che tu vedrai a l'ultima giustizia. (Paradiso XXX, 38-45) Ma andiamo per ordine. In cima alla montagna del Purgatorio si trova il Paradiso terrestre, che non è più sottomesso alla fisica sublunare. Dopo che Dante è stato purificato dalle acque dei due fiumi santi: il Lete e l Eunoè, può ascendere al Paradiso Celeste, immerso nella luce sfavillante di un eterno meriggio. E così che Dante supera la prima grande cesura dell Universo, quella che separa la zona sublunare da quella celeste, in cui il tempo è il tempo dell eternità. Siamo ancora nella zona delle cose visibili e corporee, ma non più sottoposte all alterazione del tempo. I cieli che si susseguono a questo punto sono disposti secondo la visione già tolemaica, concentrici e tutti di raggio maggiore, l ultimo comprendente tutti quelli sottostanti con al centro la Terra. L ultimo cielo viene così descritto: Ciel velocissimo, trasparente. Se nell ottavo cielo Dante si trovava in un punto 8

9 ancora ben definito, la costellazione dei Gemelli, ora lo spazio è tanto omogeneo e uniforme da non poter più trovare nessun punto di riferimento spaziale per orientarsi. E in effetti, come spiega immediatamente Beatrice, questo cielo non ha altro dove che la mente divina. E nel Cielo Cristallino che hanno origine il movimento e il tempo. Tutti i movimenti infatti son mensurati da questo, sì come diece da mezzo e da quinto. Più interessante a questi fini è però l immagine del Tempo: un albero, metaforicamente, che affonda le sue radici nel cristallino e sviluppa le proprie fronde negli altri Cieli. Un albero, dunque, capovolto. Pare che ci stiamo apprestando a un nuovo cambiamento di prospettiva, a un nuovo centro gravitazionale dell universo. Ma nel canto XXVII Beatrice ci dà anche un altra importante indicazione riguardo a ciò che aspetta Dante oltre il nono cielo: l Empireo: Luce ed amor d un cerchio lui comprende sì come questo li altri (Par. XXVII ). L Empireo, ovvero, cinge il Cristallino così come il Cristallino cinge gli altri cieli. L Empireo è compreso solo dalla mente divina ed è il luogo della seconda cesura dell Universo dantesco, quella che separa le cose corporee e visibili da quelle incorporee e invisibili. La terza cesura, tra creatura e creatore, non potrà essere attraversata razionalmente dalla vista di Dante, che dovrà affidarsi al folgore, all illuminazione della grazia divina. Nell'Empireo insomma Dante vedrà entrambe le schiere del Paradiso, quella degli Angeli e quella dei Santi, e quest'ultima ha modo di vederla come essa apparirà nel giorno del Giudizio Finale, quando ogni anima ripiglierà sua carne e sua figura (Inf. VI, 98). Le tribune su cui siedono i Beati appaiono a Dante disposte lungo una "candida rosa". Nell'Empireo inoltre il nostro poeta ha modo di contemplare le gerarchie degli angeli, disposte su nove cerchi concentrici, ad immagine dei nove cieli; e al centro di questi nove cerchi, un punto luminosissimo che rappresenta la Divinità, in cui Dante arriva a scorgere i misteri della Trinità e dell'incarnazione. In pratica, quando Dante comprende me sormontar di sopr'a mia virtute (Par. XXX, 57), cioè che le sue facoltà percettive sono accresciute più di quanto egli stesso non credeva possibile, si rende conto che sta guardando una sorta di secondo universo, simmetrico rispetto al primo, costituito dal mondo sensibile! Quest'ultimo infatti è composto da nove cieli materiali che circondano la Terra; l'empireo a sua volta è formato da nove cieli, stavolta spirituali, che convergono loro pure in un punto. Ma a complicare la questione della cosmologia dantesca viene il fatto che in alcuni passaggi, per esempio quando Beatrice si rivolge a Dante dicendo: Luce ed amor d un cerchio lui comprende sì come questo li altri, l'empireo sembra circondare il Primo Mobile e quindi il mondo sensibile. Cioè: il cerchio di luce e d'amore che è l'empireo contiene il Primo Mobile, così come quest'ultimo comprende tutti i cieli precedenti; e solo Colui che lo avvolge, cioé Dio, intende cosa sia e in che modo operi. Appena un canto dopo, invece, l'empireo sembra piuttosto "richiudersi su se stesso", come se esso non fosse lo spazio esterno ad una sfera (il Primo Mobile), ma piuttosto lo spazio interno ad essa! Distante intorno al punto un cerchio d'igne si girava sì ratto, ch'avria vinto quel moto che più tosto il mondo cigne; e questo era d'un altro circumcinto, e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto, dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto. Sopra seguiva il settimo sì sparto già di larghezza, che 'l messo di Iuno intero a contenerlo sarebbe arto. Così l'ottavo e 'l nono; e chiascheduno più tardo si movea, secondo ch'era 9

10 in numero distante più da l'uno; e quello avea la fiamma più sincera cui men distava la favilla pura, credo, però che più di lei s'invera. La donna mia, che mi vedëa in cura forte sospeso, disse: "Da quel punto depende il cielo e tutta la natura." (Par. XXVIII, 25-42) Dante sta osservando il punto luminosissimo nel quale riconoscerà l'unità e Trinità di Dio, e vicino ad esso vede girare un cerchio di fuoco ("d'igne"), tanto veloce da superare anche il moto di quel cielo (il Primo Mobile) che più rapidamente si volge intorno alla Terra. Questo primo alone è circondato da un secondo, e questo da un terzo, e via seguitando. Il settimo è così esteso che persino "il messo di Iuno", cioè l'arcobaleno, se anche fosse un circolo intero e non un arco, quale noi lo vediamo sarebbe troppo stretto per contenerlo. Ed ognuno si muove con velocità decrescente, in proporzione del numero d'ordine di ciascuno in rapporto all'unità: il secondo ha velocità angolare pari alla metà del primo, il terzo la ha pari a un terzo del primo, e così via, proprio come il Cielo della Luna è più veloce di quello di Mercurio, questo di quello di Venere, e così via, potenziando la simmetria tra mondo materiale ed Empireo. E risplende più limpida la fiamma di quel cerchio che ruota più vicino alla "favilla pura", cioè a Dio, perchè, essendo più prossimo alla perfetta Verità che Egli è, maggiormente si compenetra in essa. Il commento di Beatrice ("Da quel punto / depende il cielo e tutta la natura") riflette quasi letteralmente la formula aristotelica Ex tali igitur principio dependet coelum et natura (Metafisica XII, 7), ripresa da San Tommaso nella Summa Theologica; ma Dante sostituisce all'astratto "principio" il concetto di "punto geometrico" (del quale riparleremo in seguito). Se dunque nel Canto XXVII il Primo Mobile appariva come un cielo la cui struttura fisica non è dissimile da quella degli altri cieli, cioè una sfera esterna e concentrica a quelle planetarie e stellari, immersa nell'infinità dell'empireo, che delimita l'intero Universo visibile, appena un centinaio di versi dopo lo stesso Empireo viene raffigurato come un'altra serie di sfere concentriche, costituite dai vari ordini di angeli che ruotano a loro volta attorno ad un punto centrale che è Dio stesso. Guardando dal Primo Mobile verso l'esterno, cioè verso l'empireo, è come se ci trovassimo a contemplare un... secondo universo, simmetrico rispetto al mondo sensibile, con nove cieli intorno a un fulcro di rotazione che resta immobile! Nessuno ha rappresentato artisticamente questa situazione meglio di Botticelli ( ), cui Lorenzo il Magnifico nel 1490 commissionò le illustrazioni per una nuova edizione della Divina Commedia. Curiosamente, Dante si sofferma a sottolineare con forza come non vi sia alcuna indicazione che si debba scegliere un punto particolare sul Primo Mobile per avere questa 10

11 visione; anzi, Dante ci ha già avvisati che il Primo Mobile è così omogeneo ed isotropo (cioè sempre uguale a se stesso in ogni punto e in ogni direzione) che non riesce a stabilire con certezza neppure da che parte vi è entrato: Le parti sue vivissime ed eccelse sì uniforme son, ch'i' non so dire qual Bëatrice per loco mi scelse. (Par. XXVII, ) Con questa terzina, l Alighieri vuole dirci che avremmo la stessa visione dell'interno dell'empireo guardando "fuori" da qualsiasi punto del Primo Mobile. In altri termini l'empireo è un Cielo che circonda l'universo sensibile, e allo stesso tempo è a sua volta richiuso a mo' di sfera intorno ad un punto. E allora? Allora questo spazio geometrico descritto da Dante è impossibile rappresentarlo attraverso la geometria euclidea utilizzata per descrivere l Inferno ed il Purgatorio. Dobbiamo, pertanto, rappresentarci lo spazio dantesco in altro modo, basato su una geometria non euclidea, come proposto nel 1925 dal matematico tedesco Andreas Speiser ( ). Ma per fare questo è necessario discutere, seppur in maniera sintetica, delle geometrie non euclidee. 11

12 4. Le geometrie non euclidee La geometria euclidea è la geometria che si basa sui cinque postulati di Euclide e in particolar modo sul postulato delle parallele: Data una qualsiasi retta r ed un punto P non appartenente ad essa, è possibile tracciare per P una ed una sola retta parallela alla retta r data. Non tutti i matematici, nei secoli a venire, accettarono l'indimostrabilità di questo postulato, e cercarono di dedurlo dai primi quattro. La conseguenza di questi tentativi fu non la dimostrabilità del teorema, ma bensì la scoperta di nuove geometrie. Le geometrie che si basano su postulati diversi da quelli elencati da Euclide sono dette geometrie non euclidee. A giungere per primi ad una geometria non euclidea compiuta, indipendentemente l'uno dall'altro, furono il russo Nikolaj Lobacevskij ( ) nel 1829 e l'ungherese Janos Bolyai ( ) nel Essi fondarono il lavoro su un postulato completamente diverso dal Quinto di Euclide: Per un punto fuori di una retta passano infinite rette parallele ad una retta data. Come realizzare in pratica questa strana geometria? Basta chiamare "piano" quello che per Euclide è un cerchio, e "retta" ogni corda dello stesso cerchio (estremi esclusi). È facile verificare che i primi quattro postulati di Euclide valgono anche in questa geometria. Tuttavia, non vale più il famoso Quinto Postulato se definisco "rette parallele" due corde del cerchio che non si intersecano mai. Si consideri infatti la figura: il punto P non appartiene alla "retta" AB, ma come si vede ci sono infinite "rette" passanti per P (ad esempio r1, r2, r3) che non intersecano AB, e quindi ad esse "parallele". Questa nuova geometria viene chiamata iperbolica. Si può dimostrare che in essa valgono ancora molti teoremi della geometria euclidea, ma non è più vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a 180 (questo infatti è uno degli enunciati alternativi del Quinto Postulato): è invece sempre minore di 180. Successivamente, sempre negando il Quinto Postulato, Bernhard Riemann ( ) nel 1854 costruì un'altra geometria non euclidea, stavolta detta ellittica, in cui vale il seguente postulato alternativo: Per un punto fuori di una retta non si può condurre alcuna retta ad essa parallela. Come riuscire in questa impresa? Basta chiamare "piano" quella che per Euclide è la superficie di una sfera S, e "rette" i suoi cerchi massimi, ad esempio T1 e T2, mentre "punti" sono le coppie di punti euclidei antipodi sulla sfera, come ad esempio E ed F nella figura: 12

13 come si vede, nessun cerchio massimo può evitare di intersecarne un altro, e dunque le rette parallele non esistono più, in accordo con il "nuovo" postulato di Riemann! In questa geometria la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre maggiore di 180. Infatti si consideri la superficie terrestre e si prendano il suo equatore e due meridiani separati da 90 di longitudine. Come si vede, il triangolo ABN formato dall'intersezione di questi tre cerchi ha ben tre angoli retti, e quindi la somma dei suoi angoli interni è pari a 270! La geometria costruita sulla superficie di una sfera è una geometria non euclidea! Come si vede, mentre la geometria iperbolica di Lobacevskij e Bolyai sfrutta pur sempre figure piane come il cerchio che si sostituiscono al piano, invece la geometria ellittica di Riemann abbandona il piano, costruendo la sua geometria su di una superficie curva. In questo caso si tratta in effetti della superficie tridimensionale di una sfera, ma il tutto può essere generalizzato ad una "superficie ad n dimensioni". Viene introdotto in tale modo il concetto di curvatura dello spazio, giacché la varietà di Riemann è manifestamente una superficie curva. In particolare, la sfera viene chiamata una "varietà di Riemann a curvatura positiva", in quanto la somma degli angoli interni di un triangolo risulta maggiore di un angolo piatto. Allora la geometria euclidea, che è costruita dentro un piano, è una geometria a curvatura nulla, mentre la geometria iperbolica prima descritta è una "varietà di Riemann a curvatura negativa", in quanto la somma degli angoli interni di un triangolo risulta minore di un angolo piatto. In pratica, la geometria costruita su una superficie sferica è sicuramente ellittica, mentre quella costruita su di un piano è inevitabilmente euclidea, e quella realizzata su di una superficie "a sella" è certamente iperbolica. 13

14 La nuova cosmologia dantesca Il punto ultimo, dove si trova Dio, che prima era effettivamente un punto, è ora diventato un'ultima sfera che circonda tutto l'universo. La situazione pare paradossale: teologicamente il paradosso è quello della divinità che è sia centro assoluto che contenitore assoluto della creazione. Apparentemente siamo davanti ad una contraddizione, che comunque nello spazio della geometria euclidea è impossibile da spiegare. Inoltre, se esaminiamo la cosmologia dantesca nel suo insieme, dall Inferno al Paradiso, le perplessità aumentano ancora di più. Infatti, dall immagine tradizionale cosa osserviamo: al centro si vedono la Terra e il percorso dantesco dall imbuto infernale al monte del Purgatorio, intorno alla Terra, quali sfere concentriche, si susseguono correttamente i nove cieli materiali. Fino a qui la rappresentazione è fuori discussione. Bisogna però ammettere che il completamento dell Universo dantesco, vale a dire la rappresentazione dei nove cori angelici concentrici che racchiudono Dio, lascia più di un dubbio. Come abbiamo potuto vedere Dante ha descritto con mirabile attenzione un Universo perfettamente ordinato e simmetrico, fatto di parallelismi ed inversioni. Le stesse due zone (quella sensibile e quella angelica) sono simmetriche per il numero delle sfere, in stretta corrispondenza. In tutte le rappresentazioni dell Universo dantesco tuttavia, per utilizzare le parole colorite di Patapievici, i cori angelici e lo stesso Dio risultano una sorta di escrescenza asimmetrica, goffamente aggiunta al corpo simmetrico e bello del cosmo greco. I due nuclei di sfere concentriche risultano separati e dislocati casualmente in uno spazio male definito, un modello cosmologico quanto meno improbabile, che fa a pugni con la tensione alla bellezza e all armonia della descrizione dantesca. Dante, dunque, invece di descrivere uno spazio piatto, incompatibile con le geometria euclidea e quindi con le rappresentazioni tradizionali del Paradiso, ha immaginato uno spazio curvo. Sarebbe come dire che l universo dantesco è fatto da sfere concentriche, sempre più grandi via via che ci allontaniamo dalla Terra, le quali però oltrepassato un certo limite (il Primo Mobile) incominciano a diventare sempre più piccole fino a convergere intorno a un altro punto, che non è la Terra. 14

15 Nello spazio tridimensionale tutto ciò pare impossibile, ma come ci renderemo conto in seguito, in uno spazio pluri-dimensionale questa struttura è geometricamente non solo esistente, ma di perfetta armonia come la sfera nella nostra concezione. Un'indiscutibile conferma di questa straordinaria visione quadridimensionale dell'universo ci è offerta dallo stesso Dante quando, appena entrato nell'empireo oltrepassando il Primo Mobile, l'ultima frontiera dell'universo materiale, afferma: Non altrimenti il trïunfo che lude sempre dintorno al punto che mi vinse, parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude, a poco a poco al mio veder si stinse (Par. XXX, 10-13) Il punto di luce e le sfere di angeli circondano l'universo sensibile, e insieme sono circondati dall'universo stesso! Per la maggior parte dei lettori, l'immagine di due insiemi di sfere concentriche ciascuno dei quali "inchiude" l'altro è solo un'oscura immagine poetica. I libri sulla Divina Commedia disegnano il punto di luce e le sfere di angeli semplicemente fuori dall'universo aristotelico. Ma per un matematico o un cosmologo di oggi, la descrizione della forma dell'universo data da Dante è perfettamente trasparente, e l'oggetto descritto da Dante è inconfondibile. Si tratta di una ipersfera (tre-sfera), la forma che nel 1917 Albert Einstein ( ) ha ipotizzato essere la forma del nostro universo, e che oggi resta compatibile con le più recenti misure cosmologiche. L'ipotesi non è così fantasiosa come potrebbe sembrare a prima vista, dato che Dante aveva probabilmente più familiarità con la geometria sferica, legata alle osservazioni astronomiche, che con la geometria euclidea: forse fu questo a favorire la sua arditissima intuizione di una geometria "diversa". La grande intuizione di Speiser è stata proprio questa: l'universo di Dante non è uno spazio euclideo, bensì una varietà di Riemann. Ecco come si esprime egli stesso: Dante possiede una chiara visione globale della complessa struttura spaziale nella sua totalità. Per le nove sfere del cielo, Dante recupera la rappresentazione di Aristotele, apportando un cambiamento fondamentale che riguarda la fine dello spazio: come può essere che la sfera più distante, che appare la più grande, abbia in realtà le più piccole dimensioni? [...] Lo spazio di Dante è una varietà di Riemann con una fonte di energia che imprime ad esso la metrica. Se la forma dell'universo di Dante è un ipersfera, allora di quale forma geometrica stiamo parlando? L ipersfera è una sfera avente più di tre dimensioni: nel nostro caso quattro. È una struttura matematica, una figura geometrica, che non è facilissima da concepire. La difficoltà sta nel fatto che non la si può disegnare dentro lo spazio a cui siamo abituati, per lo stesso motivo per cui la superficie della Terra non può essere disegnata fedelmente su una carta geografica piana. Per capire, consideriamo il seguente problema: se camminiamo sulla Terra sempre nella stessa direzione, dove arriviamo? Incontriamo il bordo della Terra? No. Arriviamo in paesi sempre nuovi all'infinito? Neppure. Come ben sappiamo, dopo avere fatto il giro della Terra, torniamo al punto di partenza. Questo perché la Terra è una sfera, precisamente è una due-sfera ("due", perché sulla Terra si può camminare in due direzioni principali: nord-sud, o est-ovest). Poniamo la stessa domanda per l'universo in cui siamo: immaginiamo di poter viaggiare su un astronave velocissima sempre nella stessa direzione. Dove arriviamo? Incontreremo il bordo dell'universo? No. Troveremo spazi sempre nuovi all'infinito? No. E allora? Allora 15

16 c'è la terza possibilità: dopo avere fatto il giro intero dell'universo, ritorneremo al punto di partenza, sulla Terra. Questo è ciò che avviene se l'universo è una tre-sfera. Ma come possiamo rappresentarci una ipersfera. Il nostro cervello è incapace di figurarsi oggetti con più di tre dimensioni, ma possiamo avere un'idea se procediamo per analogia con quanto avviene nello spazio euclideo ordinario. Se consideriamo una comune sfera tridimensionale, la quale secondo i matematici ha la topologia di una duesfera (perché sulla sua superficie si può camminare in due direzioni, nord-sud ed estovest), partendo dal polo sud verso l'equatore notiamo che i paralleli su di essa si allargano sempre più fino all'equatore; poi, man mano che procediamo verso il polo nord, rimpiccioliscono di nuovo fino a ridursi ad un punto. Tutti i paralleli presi globalmente costituiscono la due-sfera. Analogamente, se a partire da un punto prendiamo una serie di sfere di raggio crescente, fino ad arrivare ad un valore massimo dopo il quale esse cominciano a ridursi sino a ridursi nuovamente un punto, potremo dire che tutte queste sfere hanno costruito una tre-sfera, cioè una sfera quadridimensionale con una superficie a tre dimensioni, di cui il punto iniziale rappresenta il polo sud, il punto finale rappresenta il polo nord, e la sfera di raggio massimo rappresenta l'equatore. Ci accorgiamo così di avere fra le mani una bizzarra sfera quadridimensionale, la cui superficie è costituita da una successione di infinite sfere tridimensionali. Il punto da cui partiamo è la Terra (anzi, il centro della Terra); le sfere di dimensione crescente sono le sfere dei quattro elementi e poi le sfere celesti fatte di etere, cioè il mondo sensibile; l'equatore della tre-sfera è costituita dal Primo Mobile; le successive sfere decrescenti sono i cori angelici, puramente spirituali, che costituiscono l'empireo; il punto di arrivo è Dio. Dante coglie per un attimo l'accecante visione di Dio circondato dai cori angelici, usando gli occhi di Beatrice come uno specchio. Ma l'immagine allo specchio è simile a quella reale, solo che è invertita. Il mondo invisibile diventa allora un calco rovesciato del mondo visibile : l'empireo è Teocentrico mentre il nostro Universo è Geocentrico; i cori angelici orbitano intorno a Dio a velocità sempre più alta via via che ci si avvicina a Dio, mentre i cieli accelerano via via che ci si allontana dalla Terra; l'invisibile obbedisce a norme opposte rispetto al visibile. Dalla circonferenza massima di una sfera è possibile vedere ogni suo punto, sia in direzione del polo nord che del polo sud; analogamente, dalla sfera del Primo Mobile è possibile vedere tutti i cieli planetari e la Terra guardando da una parte, tutti i cori angelici e la Trinità Divina guardando dall'altra! Ricorriamo ad un'altra immagine per rappresentarci l ipersfera. Una tecnica ben nota per disegnare la Terra su una carta geografica, consiste nel disegnare due dischi: uno con i continenti dell'emisfero nord e il polo nord al centro, e l'altro analogo per l'emisfero sud. L'equatore è disegnato due volte, come il bordo di entrambi i dischi. Se partiamo dal polo sud e camminiamo verso nord, a un certo punto attraversiamo l'equatore: nella nostra rappresentazione in due dischi, "saltiamo" da un disco all'altro. Ovviamente nella realtà non facciamo nessun salto, perché nella realtà l'emisfero nord, visto da chi viene dal polo sud, "circonda" l'emisfero nord, così come l'emisfero sud "circonda" l'emisfero nord, per chi guarda da nord. La tre-sfera può essere rappresentata in maniera del tutto analoga, disegnando due "palle". Una palla è "l'emisfero nord" della tre-sfera, l'altra è l'emisfero sud. La sfera "equatoriale" che separa e connette i due emisferi è disegnata due volte: come il bordo delle due palle. Un viaggiatore che partisse dal centro della prima palla e salisse "di sfera in sfera", come Dante, fino a questo equatore, vedrebbe sotto di sé un insieme di sfere concentriche, che si richiuderebbero intorno a un punto. Quest altro emisfero, allo stesso tempo circonderebbe e sarebbe circondato dalla prima palla. E, se non è ancora chiaro, descriviamo la tre-sfera attraverso il seguente dialogo tra un matematico M e uno studente S: 16

17 M: La sfera è una figura bidimensionale. S: Tridimensionale, vorrai dire. M: No, ha due dimensioni. S: Ma come? Mica puoi metterla su un piano, no? Una sfera sta nello spazio. M: Esatto: una sfera è una superficie, e quindi ha due dimensioni, ma è immersa nello spazio tridimensionale. Dato che è curva, abbiamo bisogno di una terza dimensione per contenerla. Però ci bastano due coordinate per descrivere la posizione di un punto su una sfera, e questo significa che le dimensioni sono solo due. S: Queste due coordinate potrebbero essere latitudine e longitudine, se ci trovassimo sulla terra, per esempio?. M: Esatto, bene. Devi pensare alla sfera come alla buccia, senza considerare la parte interna, che è vuota. È per questo che si chiama anche 2-sfera: il 2 sta proprio a significare che è una superficie. S: Bene, ci sono. M: Ora cerchiamo un modo per visualizzare la sfera in due dimensioni. S: Perché?. M: Perché altrimenti quando passiamo alla 3-sfera abbiamo bisogno di 4 dimensioni per visualizzarla, e sono un po' troppe per il nostro cervello abituato alla geometria euclidea. S: Quindi useremo lo stesso metodo di visualizzazione anche quando parleremo di 3- sfera?. M: Proprio così. Per capire come funziona, è meglio applicarlo a un oggetto che già conosciamo e maneggiamo meglio, la 2-sfera. Eccola qua, te la disegno con un taglio che la divide in due parti. S: Perché la tagli?. M: Perché adesso stacco le due parti. Disegno qualche freccia per segnare i punti corrispondenti. S: Però queste due semisfere sono sempre curve, non ci stanno su un piano. M: Giusto, ma ora le appiattisco. Se schiaccio le due calotte nella direzione indicata dalle frecce cosa ottengo?. S: Due cerchi?. M: Sì, due dischi pieni, non due circonferenze. Due dischi pieni con il bordo in corrispondenza uno con l'altro. Il bordo è un artificio che utilizziamo per rappresentare la sfera su un piano, ma in realtà la sfera non ha bordo. S: Mi riesce difficile da immaginare. M: Devi pensare a un omino bidimensionale che si muove sul disco. Nel momento in cui tocca il bordo viene immediatamente trasportato sul bordo dell'altro disco: lui non si accorge di niente e continua a muoversi. S: Prima o poi arriverà di nuovo al bordo, però. M. Certo. E se ci arriva, viene immediatamente teletrasportato sul bordo del primo disco. L'omino non si accorge di niente, continua a camminare come se niente fosse. S: E se torna al punto di partenza?. M: Niente, si accorgerà che la superficie della sfera è finita, tutto qua. S: Credo di aver capito. Passiamo alla 3-sfera?. M: Ok. Ora però non posso disegnartela, perché la 3-sfera è una figura immersa nello spazio a 4 dimensioni, e facciamo un po' fatica a disegnarla, dato che il nostro spazio di dimensioni ne ha solo 3. Però posso utilizzare il metodo usato per la 2-sfera. Così come la 2-sfera può essere immaginata come 2 dischi (cioè 17

18 due circonferenze piene) con i bordi in corrispondenza, la 3-sfera può essere immaginata come 2 bocce (cioè due sfere piene) con i bordi in corrispondenza. S: Questa volta l'omino si muove dentro alle sfere, vero?. M: Sì. L'omino non è più bidimensionale, come prima: questa volta ha tre dimensioni e si muove nello spazio (cioè dentro a una delle due sfere). Quando arriva al bordo, viene teletrasportato sul bordo della seconda boccia e continua a muoversi. S: Anche qui il bordo è un artificio?. M: Certo. Serve a noi per poter vedere, ma non esiste: l'omino può continuare a camminare tranquillamente e, eventualmente, può tornare al punto di partenza camminando sempre nella stessa direzione. S: Bello! E dici che Dante ha usato questa 3-sfera?. M: Sì, pare proprio che Dante abbia usato la 3-sfera come modello del suo universo (e i fisici, oggi, si stanno ancora chiedendo se davvero il nostro universo sia finito, come la 3- sfera, oppure no). E tu come ricordi l universo dantesco?. S: Al centro c'è la terra. M: Diciamo che centro non è proprio la parola adatta, comunque immaginiamo questo punto, che tu chiami centro, come il centro di una sfera. S: Ah, una delle due sfere del tuo disegno?. M. Esatto. M: Ma ricordi cosa c'è al centro della terra?. S: C'è Satana. M: Esatto. S: E Dante così lo descrive: è un gigante, immerso nel ghiaccio dal petto in giù, e la sua testa ha tre facce. M: Perfetto, ricordati delle tre facce che fra un po' ne riparliamo. Ora allontaniamoci dal centro di questa prima sfera: ricordi come fa Dante ad andare verso l'alto?. S: Risale per un cammino ascoso e attraverso un pertugio tondo vede il cielo, e le stelle. M: Benissimo. Poi però Dante sale ancora. S: Sì, la caduta di Satana ha formato la voragine dell'inferno, e dall'altra parte il monte del Purgatorio. M: Bene. S: Poi comincia la scalata al monte del Purgatorio fino a che Dante e Virgilio non arrivano al paradiso terrestre. Poi Virgilio se ne va e Dante incontra finalmente Beatrice e va verso il Paradiso, puro e disposto a salire a le stelle. M: Com'è fatto il Paradiso?. S: Ricordo che è formato da tanti cieli concentrici, precisamente nove cieli: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, le stelle fisse e, infine, il Primo mobile. M: Giusto: sono tutti in movimento, man mano che si va verso l'esterno la velocità aumenta. Il Primo mobile si chiama così perché imprime il movimento a tutti i cieli al di sotto. Durante la salita al Primo mobile, Beatrice chiede a Dante di voltarsi indietro, a osservare le sfere sotto di lui. Nel farlo, Dante nota la perfetta simmetria sferica del cielo. Sembra che questo Primo mobile sia importante, per Dante. Hai ancora presente l'immagine della 3-sfera come due sfere con il bordo in corrispondenza?. S: Sì, certo. M: Bene: il Primo mobile è proprio il bordo comune alle due sfere. S: Ah! Capisco! E cosa c'è, allora, nella seconda sfera?. M: All'inizio del canto 28, Dante vede, riflesso negli occhi di Beatrice, un punto luminoso. Si volta per osservarlo meglio, e lo vede, circondato da nove cerchi in movimento, che si muovono più lenti man mano che si allargano. 18

19 S: Cioè, i cerchi esterni sono più lenti di quelli interni? Il contrario di quello che succede con la terra e i cieli che la circondano. M: In un certo senso è il contrario, ma se noi guardiamo tutta la struttura avendo in mente la 3-sfera, non è così. Dante si trova sul bordo della prima sfera, il quale è anche bordo della seconda sfera. Questo bordo è fittizio: lo sguardo di Dante continua a salire, dirigendosi verso il centro della seconda sfera. Da questo punto di vista, la velocità delle varie sfere concentriche aumenta sempre. E riguardo al centro della seconda sfera, Beatrice afferma: La donna mia, che mi vedëa in cura forte sospeso, disse: «Da quel punto depende il cielo e tutta la natura. S: Il centro della seconda sfera è Dio. M: Esattamente, in perfetta corrispondenza con il centro della prima sfera, Satana. S: E così come nella prima sfera ci sono nove sfere concentriche, anche nella seconda ce ne sono nove. M: Sì, la seconda sfera è l'empireo, che contiene i cori angelici: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli e Angeli. S: E infine, la Trinità. M: Sì. Anche qui in perfetta corrispondenza con i tre volti di Satana. Ma come faremmo ad accorgerci se un ipersfera apparisse nel nostro universo tridimensionale? Immaginiamo un universo abitato da esseri bidimensionali, per esempio quadrati. Ebbene, tali esseri avrebbero la facoltà di percepire solo ciò che è alla propria destra o sinistra, mentre per loro non avrebbero senso l alto o il basso. Una sfera, abitante nello spazio tridimensionale, che attraversasse questo piano abitato da quadrati come verrebbe percepita? Verrebbe percepita come un punto che si allarga piano piano fino a diventare un cerchio, il quale poi si restringe fino a diventare di nuovo un punto per poi sparire (immaginate un piano che interseca una sfera: l intersezione è un cerchio). Adesso consideriamo il nostro spazio tridimensionale che venga attraversato da una ipersfera che vive nello spazio quadridimensionale. L ipersfera come verrebbe percepita? Per analogia con gli esseri quadrati, verrebbe percepita come una sfera che appare prima come un punto, che si gonfia fino ad un raggio massimo per poi rimpicciolirsi di nuovo fino ad un punto per poi sparire (per analogia con il caso precedente adesso lo spazio intersecato con l ipersfera da origine alla sfera). 19

20 5. Considerazioni finali Se la cosmologia medievale è teocentrica (ma Dante non è uomo del medioevo nel senso limitato del termine), allora Dante non poteva collocare Dio in una dimensione geometrica umana come quella euclidea. Allora diamo uno sguardo ancora una volta alla geometria dell Inferno e del Paradiso dal punto di vista tradizionale. Secondo la concezione geografica dantesca, basata su varie fonti euro-mediterranee (di origine cristiana, ebraica e islamica), il mondo è diviso in due distinti emisferi: l'uno interamente formato dalle terre emerse e l'altro completamente coperto dalle acque. In base al sistema tolemaico, la Terra si trova al centro dell'universo ed il Sole e gli altri pianeti ruotano intorno ad essa. Quando, all'inizio dei tempi, Lucifero si ribellò a Dio, egli lo fece precipitare sulla Terra dal Paradiso che si trova in cielo oltre il sistema di rotazione geocentrico. Nel punto in cui cadde, il terreno presente, si ritrasse per il terrore del contatto con il demonio, creando così l'enorme cavità ad imbuto che forma l'inferno. La porzione di terra ritratta, riemerse nell'emisfero coperto dalle acque e formò la Montagna del Purgatorio che si erge in mezzo all'immenso mare dell'emisfero opposto. Lucifero è quindi conficcato al centro della Terra, nel punto più lontano da Dio, immerso fino al busto nel lago sotterraneo Cocito, il quale è perennemente congelato a causa del vento freddo prodotto dal continuo movimento delle sue sei ali. Dal centro della Terra, a partire dai piedi di Lucifero, inizia un lungo corridoio, detto Burella (o natural burella), che conduce all'altro emisfero, direttamente alla Montagna del Purgatorio. L'Inferno è, dunque, una profonda struttura ad imbuto che raggiunge il centro della Terra. È composta da nove cerchi. Dante e Virgilio infatti percorrono il loro cammino girando lungo i cerchi che pian piano si spingono a spirale giù in profondità. Man mano che si scende, i cerchi si restringono; infatti minore è il numero dei peccatori puniti nei cerchi che via via sono più lontani dalla superficie. I cerchi più grandi si trovano più in alto perché più diffuso è il peccato che ivi è punito e maggiore è il numero dei peccatori condannati. Più si scende, più si è lontani da Dio e maggiore è la gravità del peccato. Ebbene, questa è la descrizione di un mondo umano, corruttibile, nel senso non solo morale ma anche fisico, è il mondo del divenire. In sostanza è un mondo fisico collocato in uno spazio geometrico che può essere indagato dall uomo. Mentre l'inferno, così come il Purgatorio, sono luoghi presenti sulla terra o comunque soggetti alla fisica sublunare, il Paradiso è un mondo immateriale, etereo, diviso in nove cieli: i primi sette prendono il nome dai corpi celesti del sistema del sistema solare (nell ordine Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), gli ultimi due sono costituiti dalla sfera delle stelle fisse e dal Primo mobile. Il tutto è contenuto nell'empireo. Dante attraversa tutti i cieli con Beatrice (la Luna, i pianeti fino a quello delle stelle fisse) fino al Primo Mobile, al confine dell'universo, quel paradossale confine. Ma 20

21 Dante supera con Beatrice quel confine: lo supera e parla di quel confine del Primo Mobile dicendo: "Le parti sue vivissime ed eccelse sì uniforme son, ch'i non so dire qual Beatrice per loco mi scelse". L'ultimo cielo è totalmente uniforme, non c'è un punto particolare attraverso il quale lui insieme a Beatrice passa: ogni punto è uguale a qualunque altro. Ebbene, passano dall'altra parte e che cosa vedono? Il XXVIII canto ci descrive un altro universo, un universo allo specchio, un universo fatto dalle sfere, dai cerchi angelici che convergono nel punto divino: "Da quel punto depende il cielo e tutta la natura". A questo punto sono necessarie alcune considerazioni e logiche domande: Come è possibile che il Paradiso, luogo soprannaturale fatto di una sostanza immateriale e incorruttibile, viene collocato in uno spazio fisico e geometrico descritto con gli stessi strumenti con i quali è stato descritto l Inferno ed il Purgatorio? Dante e Beatrice attraversano il Primo Mobile da un punto qualunque e vedono Dio, come una stella luminosissima e infinitesima, intorno alla quale ci sono i cerchi, ancora figure euclidee, che corrispondono a uno a uno coi cerchi dell'universo visibile. Invece, se questo passaggio deve rappresentare la porta del cielo per eccellenza, perché Dante non lo rappresenta attraverso una porta imponente, dorata, magnifica, essendo la porta che conduce verso Dio? Invece Dante si premura di dire Le parti sue vivissime ed eccelse sì uniforme son. In termini fisici diremmo che il Primo Mobile è omogeneo ed isotropo (cioè sempre uguale a se stesso in ogni punto e in ogni direzione)allora la naturale conclusione che possiamo trarre è: Dante, uomo di grande genialità, non poteva collocare il Paradiso, e quindi Dio, in uno spazio geometrico consueto, per intenderci quello euclideo, che l uomo usa quotidianamente per collocare le cose del mondo fisico. Se il Paradiso è il luogo oltre il tempo e lo spazio, doveva essere collocato in una dimensione ultraterrena, una dimensione oltre lo spazio euclideo, e questa dimensione per essere descritta aveva bisogno di un altra geometria, quella che abbiamo cercato di raccontare, la geometria non euclidea nella forma dell ipersfera, una struttura geometrica che non è possibile rappresentarci attraverso la geometria euclidea, ma soprattutto, non è possibile rappresentarla visivamente nel nostro consueto spazio geometrico umano. Ma Dante, attraverso il potente potere visionario della poesia, è riuscito non solo a cogliere, almeno intuitivamente, questa nuova dimensione dello spazio, ma l ha descritta in maniera affascinante e sublime al punto di trascinare noi stessi in un viaggio oltre il tempo e lo spazio, un viaggio in un altro universo, in un altra dimensione. 21

22 Bibliografia Piergiorgio Odifreddi Le scienze ottobre 2011 Articolo La Stampa del 29/10/2010 Dante e Einstein nella tre-sfera di Carlo Rovelli Il sole 24 ore del 20/10/ Vincenzo Pappalardo Storia della fisica e del pensiero scientifico Horia-Roman Patapievici Gli occhi di Beatrice Bruno Mondadori 22

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