di Diana Argenio, Avvocato del Foro di Bologna
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1 La disapplicazione dell atto amministrativo in sede penale: una ricognizione giurisprudenziale in tema di di Diana Argenio, Avvocato del Foro di Bologna 1. (PREMESSA: L ISTITUTO DELLA DISAPPLICAZIONE DEI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI ILLEGITTIMI). La disapplicabilità o meno di un atto amministrativo (illegittimo) da parte dell autorità giudiziaria ordinaria è questione già affrontata dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) (1). Per quanto, dunque, a livello di diritto sostanziale sussista una generale previsione dell istituto della disapplicazione, pur tuttavia sono sorti non pochi dubbi circa la legittimità del suo uso in sede penale. Nel presente articolo verranno appunto prese in considerazioni le riflessioni scaturite sul tema in dottrina e giurisprudenza e, una volta vagliate le sentenze più significative del giudice di legittimità e della Corte costituzionale, verrà chiarita l esatta portata del potere sindacatorio del giudice penale rispetto ad un atto amministrativo illegittimo. 2. (IL DIBATTITO NEGLI ANNI SETTANTA). Nel corso degli anni 70, la giurisprudenza pretorile ricondusse l ipotesi di lavori eseguiti sulla base di una concessione illegittima al classico caso di carenza di concessione edilizia. In siffatte ipotesi, si diceva, il giudice penale avvalendosi proprio di quei poteri che il succitato art. 5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo riconosceva all autorità giudiziaria ordinaria ben poteva compiere una valutazione del titolo abilitativo e verificarne la legalità. Qualora, poi, fossero stati riscontrati vizi di legittimità, il giudice poteva tranquillamente procedere in sede penale alla disapplicazione dell atto amministrativo rivelatosi illegittimo e considerare i lavori edilizi eseguiti in forza di esso come ad ogni effetto operati in assenza di titolo abilitante e dunque penalmente illeciti. La tesi della disapplicazione così formulata fu tuttavia fortemente osteggiata dalla dottrina dell epoca, la quale basava le proprie confutazioni su due assunti. Innanzitutto, si sottolineava come l art. 5 della l. 2248/1865 non potesse spiegare efficacia alcuna nell ambito del processo penale, un processo che, come noto, è per antonomasia rivolto non già alla tutela di diritti soggettivi, ma all accertamento della corrispondenza di un fatto concreto alla fattispecie astratta descritta nella norma incriminatrice. In secondo luogo, si evidenziava come la disapplicazione potesse rappresentare una violazione dei più elementari principi del diritto penale: consentendo al giudice penale di disapplicare un atto amministrativo illegittimo, si finiva, infatti, col qualificare ex post come illecita una condotta che comunque era stata a suo tempo posta in essere in conformità ad un titolo legittimante, un titolo, cioè, assistito da quella presunzione di legittimità degli atti amministrativi che si considerava essere principio generale dell ordinamento giuridico. In altri termini, la disapplicazione, ove effettivamente operata, avrebbe finito con il risolversi agli effetti penali in una sorta di ingiustificata retroattività in malam partem. A fronte dell evidente contrasto tra dottrina e giustizia pretorile, la stessa Cassazione non 1 / 5
2 assunse un orientamento conforme. Talune decisioni affermarono che l illegittimità della concessione edilizia fosse assimilabile all assenza della medesima; talaltre distinsero tra concessione illegittima e concessione illecita, escludendo, nel primo caso, la sussistenza di un presupposto essenziale del reato; altre ancora ravvisarono nell ipotesi di concessione illegittima la violazione dell art. 17, lett. a) della legge n. 10/1977 e non già quella più grave di cui alla lett. b). 3. (IL CASO GIORDANO E LA MACROSCOPICA ILLEGITTIMITÀ DELL ATTO AMMINISTRATIVO CASS., SS.UU., SENT. N. 3/1987). Il contrasto giurisprudenziale sopra descritto rese opportuno l intervento delle Sezioni Unite e queste con la sentenza 17 febbraio 1987, n. 3, meglio nota come sentenza Giordano statuirono che il potere del giudice penale di conoscere della illegittimità della concessione edilizia non è riconducibile al potere di disapplicazione dell atto amministrativo illegittimo riconosciutogli dagli artt. 4 e 5 della legge n del 1865, all. E), ma deve trovare fondamento o giustificazione o in esplicita previsione legislativa ovvero nell ambito della interpretazione ermeneutica della norma penale, qualora l illegittimità dell atto amministrativo si presenti, essa stessa, come elemento essenziale della fattispecie (2). Dunque, riassumendo la citata affermazione, si può constatare come proprio partendo dalla ricostruzione del combinato disposto degli artt. 4 e 5 la sentenza Giordano abbia voluto chiarire i limiti del sindacato penale sull attività amministrativa. Innanzitutto, si è precisato che il giudice penale può sì disapplicare gli atti amministrativi illegittimi, ma che può farlo solo se essi comportano lesione di diritti soggettivi. Di contro, egli non potrà disapplicare né gli atti amministrativi autorizzatori (cioè, quelli che rimuovono un ostacolo all esercizio di un diritto preesistente) né gli atti amministrativi concessori (cioè, quelli che costituiscono ex novo un diritto prima non sussistente in capo al privato), a meno che la disapplicazione non sia giustificata o da una esplicita previsione legislativa (basti pensare all art. 650 c.p.) ovvero dal generale potere del giudice di interpretare la norma penale allorché l illegittimità costituisca elemento essenziale del reato. Sulla base di tali principi e con diretto riferimento ai reati edilizi, la predetta sentenza dichiarò sussistente il reato di costruzione abusiva solo quando non vi fosse stata alcuna concessione e non anche quando essa fosse stata rilasciata illegittimamente. Tuttavia, per il caso de quo, ritenne che la macroscopica illegittimità di una concessione fosse equiparabile al difetto della medesima e che, di conseguenza, fosse altrettanto idonea a configurare il reato di costruzione abusiva. In particolare, si affermò che si verte ( ) in ipotesi di assenza dell atto non solo quando l atto in questione sia stato emesso da organo assolutamente privo del potere di provvedere, ma anche qualora il provvedimento sia frutto di attività criminosa del soggetto pubblico che lo rilascia e del soggetto privato che lo consegue e, quindi, non sia riferibile oggettivamente alla sfera del lecito giuridico, oltre la quale non è dato operare ai pubblici poteri (3). La Corte costituzionale confermò l orientamento espresso nella sentenza Giordano, secondo il quale il giudice penale non può disapplicare il provvedimento amministrativo, salvo i casi di lesione di diritti soggettivi o di illiceità penale. Il Giudice delle leggi aggiunse però che l illiceità penale di una concessione non deriva soltanto dalla collusione (tra richiedente ed autorità amministrativa), ma da qualsiasi violazione della legge penale che abbia a viziare il momento formativo della volontà della pubblica amministrazione (4). 2 / 5
3 4. (IL CASO BORGIA SS.UU. SENT. N /1993 E SUCCESSIVA GIURISPRUDENZA CONFORMATIVA). A partire da quanto sancito nel 1987, sono state effettuate ulteriori precisazioni circa i poteri del giudice penale a fronte di un atto amministrativo illegittimo, con il chiaro intento di escludere la configurabilità di un suo potere di disapplicazione ex art. 5 della legge n. 2248/1865 all. E). In particolare, le Sezioni Unite con la sentenza 21 dicembre 1993, n. 1165, Borgia hanno affermato chiaramente che al giudice penale non è affidato in definitiva alcun sindacato sull atto amministrativo. Il suo non è dunque un potere sindacatorio autonomo, né tanto meno una facoltà di disapplicazione dell atto amministrativo. Come ulteriormente enunciato nella sentenza Borgia, il giudice penale è solo ed esclusivamente investito del compito di verificare la sussistenza di tutti gli elementi tipici del reato e, più esattamente, è tenuto ad accertare la conformità tra ipotesi di fatto (opera eseguendo o eseguita) e fattispecie legale, in vista dell interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale suddetti convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo. Il concetto largamente ripreso da giurisprudenza successiva trova una più chiara definizione nei seguenti testi: Il giudice penale ha il potere di sindacare l illegittimità di un atto amministrativo la quale si atteggi essa stessa nell ambito della condotta, quale elemento della fattispecie criminosa. In tale ipotesi il sindacato di legittimità devoluto al giudice non rientra nello schema della disapplicazione dell atto amministrativo, di cui all art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. e), in quanto non vengono in rilievo gli effetti tipici, ma la valenza criminosa di tale atto (5) ; L esame del giudice penale deve riguardare non l esistenza ontologica del provvedimento stesso, ma l integrazione o no della fattispecie penale in vista dell interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale convergono organicamente assumendo una valenza descrittiva (6) ; Il giudice penale, nei casi in cui nella fattispecie penale di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l autorizzazione del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l esistenza ontologica dell atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l integrazione o meno della fattispecie penale. ( ) Quando il giudice, dunque, ravvisa l esistenza (ovvero il fumus come nel caso in esame) di un ipotesi di lottizzazione abusiva pur in presenza di un autorizzazione rilasciata non opera alcuna disapplicazione del provvedimento amministrativo, ma si limita ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta descrittiva del reato (7) ; Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, procede ad un identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna disapplicazione riconducibile all enunciato della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5 (8). Accertato, dunque, che il giudice penale è chiamato a valutare la legittimità di un provvedimento amministrativo allo scopo non già di procedere ad una sua disapplicazione ma di verificare la sussistenza degli elementi costitutivi del fatto-reato, occorre comunque segnalare, a completamento, un ulteriore precisazione in ordine ai limiti in cui incorre il giudice penale 3 / 5
4 quando esercita siffatto potere accertativo. Come più volte ribadito dalla sezione III della Cassazione penale (molto attenta a questo specifico profilo), il potere del giudice penale di accertare la conformità alla legge ed agli strumenti urbanistici di una costruzione edilizia, e conseguentemente di valutare la legittimità di eventuali provvedimenti amministrativi concessori o autorizzatori, trova un limite nei provvedimenti giurisdizionali del giudice amministrativo passati in giudicato che abbiano espressamente affermato la legittimità della concessione o dell autorizzazione edilizia ed il conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell opera ( 9). 5. (RIFLESSIONI CONCLUSIVE). Nel precipuo ambito dei reati edilizi e nonostante le delucidazioni fornite dalla copiosa giurisprudenza sul punto, ancora oggi non è raro imbattersi, nella pratica giudiziaria, in richieste d applicazione del sequestro preventivo di opere edificatorie formulate dalla pubblica accusa sulla scorta di un incongrua possibilità per l Autorità Giudiziaria ordinaria di disapplicare il provvedimento amministrativo con conseguente configurabilità del reato. Ed ancor più spesso, a fronte di siffatte inidonee formulazioni, il giudice penale adito si trova costretto a dover confermare, già all interno di un decreto ex art. 321 c.p.p., l inapplicabilità in sede penale dell art. 5 della legge n. 2248/1865, all. E). Infatti, dal 1987 ad oggi, le Sezioni Unite (e, conformemente, le singole sezioni) della Cassazione penale hanno sempre ribadito la circostanza che ove l illegittimità di un atto amministrativo costituisca il presupposto per la configurabilità di un reato (cioè, secondo definizione scolastica, rappresenti un cd. elemento descrittivo extrapenale della fattispecie criminosa) il giudice penale ha sì il potere di sindacare la legittimità del provvedimento amministrativo, ma non anche quello di procedere alla sua disapplicazione. In altri termini, negata l esistenza di una presunzione di legittimità degli atti amministrativi, il giudice penale può autonomamente valutare la legittimità o meno dell atto, perché è suo potere/dovere verificare che il fatto concreto sia conforme a tutti gli elementi costitutivi del fatto tipico (ivi compresi quelli di natura extrapenale), così come essi risultano descritti nella norma incriminatrice. Tale valutazione è normalmente compiuta in sede di giudizio di merito, ma sempre più spesso viene anticipata ad una fase procedimentale o processuale antecedente. Per esempio, la richiesta d applicazione di una misura cautelare formulata dal PM prima della chiusura delle indagini preliminari indurrà necessariamente il GIP a constatare l illegittimità dell atto amministrativo già in sede cautelare, essendo imprescindibile una sua verifica in ordine all effettiva sussistenza del fumus commissi delicti. Preme ricordare ancora una volta che l unico limite a siffatto potere sindacatorio è dato dalla presenza di un provvedimento giurisdizionale del giudice amministrativo passato in giudicato: il giudice penale (e l autorità giudiziaria ordinaria in genere) non potrà rinnovare un proprio giudizio sull atto, laddove esso sia risultato legittimo a seguito di specifica ed intangibile verifica da parte del giudice amministrativo. NOTE (1) In particolare, l art. 4 dispone che Quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell atto stesso in relazione all oggetto dedotto in giudizio. L atto amministrativo non potrà 4 / 5
5 essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso. L art. 5, poi, conclude affermando che In questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi. (2) Così anche in Cass. pen., sez. III, sentenza 9 gennaio 1989 che riporta il testo della sentenza Giordano con l intento, però, di contrastare l orientamento delle Sezioni Uniti. (3) Cass., SS.UU., sentenza 17 febbraio 1987, n. 3. (4) Corte costituzionale, ordinanza 11/14 giugno 1990, n (5) cfr. Cass. pen., sez. VI, sentenza 23 agosto 1994, n (6) cfr. Cass. pen., sez. VI, sentenza18 marzo 1998, n (7) cfr. Cass., SS. UU., sentenza 28 novembre 2001, cd. sentenza Solvini. (8) cfr. Cass. pen., sez. III, sentenza 21 giugno 2006, n ; con identico testo, anche Cass. pen., sez. III, sentenza 12 dicembre 2006, n (9) cfr. Cass. pen., sez. III, sentenza 21 ottobre 2003, n nonché Cass. pen., sez. III, sentenza 3 aprile 1996, n / 5
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