Struttura della materia. Materiali

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1 Materiali Richiami sulla struttura cristallina dei solidi Le soluzioni solide e le fasi intermedie I difetti puntiformi nei solidi I difetti lineari nei solidi Politecnico di Torino 1

2 Obiettivi (1/2) Questa unità ha come obiettivo la promozione della comprensione della struttura cristallina regolare dei materiali sia a composizione fissa (elementi e composti) sia a composizione variabile (soluzioni solide) e la correlazione tra microstruttura e proprietà. 3 Obiettivi (2/2) L unità ha inoltre come obiettivo l illustrazione della microstruttura dei materiali policristallini reali che contengono difetti puntiformi, lineari, di superficie e di volume e i riflessi di tale difettosità sulle proprietà dei materiali. Per questa unità è disponibile un testo cartaceo che corrisponde a quanto presente sul sito web Politecnico di Torino 2

3 Richiami sulla struttura cristallina dei solidi Concetti di base Celle e reticoli cristallini Piani e direzioni cristallografiche Politecnico di Torino 3

4 Richiami sulla struttura cristallina dei solidi Definizioni (1/4) La materia allo stato solido è caratterizzata da una forma e da un volume proprio ed è sostanzialmente incomprimibile. I solidi possono essere divisi in due categorie. Alla prima appartengono quelli nei quali le particelle costituenti, atomi, ioni, molecole, sono disposti in modo disordinato; le loro proprietà non dipendono dalla direzione lungo la quale vengono misurate e vengono, per questo motivo, detti isotropi Politecnico di Torino 4

5 Definizioni (2/4) Alla seconda categoria appartengono i cristalli; in essi le particelle costituenti sono disposte in modo ordinato. Le loro proprietà dipendono dalla direzione lungo la quale vengono misurate e sono, per questo motivo, detti anisotropi. I materiali allo stato cristallino possono essere talvolta allo stato di monocristallo ed allora è agevole trarre profitto dalla loro anisotropia. 9 Definizioni (3/4) Frequentemente i materiali cristallini sono policristallini, sono cioè costituiti da una miriade di cristalli (grani cristallini) di piccole dimensioni (~ 1 µm) orientati casualmente; ciascun microcristallo è anisotropo, ma l insieme dei microcristalli conferisce al materiale proprietà isotrope Politecnico di Torino 5

6 Definizioni (4/4) Un materiale policristallino isotropo può essere trasformato in un materiale anisotropo orientando nella stessa direzione i microcristalli, per esempio attraverso un processo di laminazione. Sarà allora nuovamente possibile trarre vantaggio dalla anisotropia risultante. 11 Richiami sulla struttura cristallina dei solidi 2005 Politecnico di Torino 6

7 Celle elementari (1/13) Esistono diversi modi secondo i quali i costituenti di un cristallo possono disporsi ordinatamente nello spazio occupandolo completamente. Nonostante l elevatissimo numero di materiali cristallini i costituenti si distribuiscono secondo sette tipologie. 13 Celle elementari (2/13) Queste sette tipologie sono rappresentate dalla più piccola porzione di materia che contiene tutti gli elementi sufficienti per individuarle in modo univoco. Questa porzione viene chiamata cella elementare Politecnico di Torino 7

8 Celle elementari (3/13) Una cella elementare può essere descritta, con riferimento a un reticolo tridimensionale, precisando le lunghezze a, b, c dei lati della cella e gli angoli α, β e γ fra gli assi x, y e z. Fissata l origine degli assi x, y e z in qualunque punto della cella è possibile definire la posizione di ogni altro punto attraverso una terna di numeri che corrispondono alle sue coordinate. 15 Celle elementari (4/13) Ad esempio, il punto indicato con A sulla figura è il punto di coordinate 1, 1, 0 e quello indicato con B è il punto ½, 1, ½ Politecnico di Torino 8

9 Celle elementari (5/13) Le celle elementari sono 7. In esse sono presenti solo costituenti situati ai vertici delle celle. Una rappresentazione più vicina alla realtà richiederebbe di indicare i costituenti come sfere a contatto, a scapito però della chiarezza. 17 Celle elementari (6/13) Politecnico di Torino 9

10 Celle elementari (7/13) 19 Celle elementari (8/13) Accanto alle sette celle elementari primitive ne esistono altre sette che contengono i costituenti anche al centro delle celle o al centro delle facce. In totale i reticoli di riferimento sono dunque quattordici (7+7) e sono detti reticoli di Bravais Politecnico di Torino 10

11 Celle elementari (9/13) Accanto alle sette celle elementari primitive ne esistono altre sette che contengono i costituenti anche al centro delle celle o al centro delle facce. In totale i reticoli di riferimento sono dunque quattordici (7+7) e sono detti reticoli di Bravais. 21 Celle elementari (10/13) Accanto alle sette celle elementari primitive ne esistono altre sette che contengono i costituenti anche al centro delle celle o al centro delle facce. In totale i reticoli di riferimento sono dunque quattordici (7+7) e sono detti reticoli di Bravais Politecnico di Torino 11

12 Celle elementari (11/13) Le dimensioni delle celle sono dell ordine dell ångström, Å ; 1Å = 10-8 cm. All interno del più piccolo dei cristalli è presente un numero molto rilevante di celle elementari. 23 Celle elementari (12/13) Esempio nel αfe con struttura cubica a corpo centrato, la costante reticolare è: a = 2,87 Å = 2, mm; ciò significa che in 1 mm sono allineate: 1 : 2, = x : 1; x = 3, celle elementari Politecnico di Torino 12

13 Celle elementari (13/13) Gli atomi (o ioni o molecole) afferenti a una cella elementare appartengono solo alla cella se sono al suo interno; sono condivisi con una cella adiacente se sono al centro di una faccia; sono condivisi con altre otto celle se si trovano su uno dei vertici. 25 Esempio (1/2) Nella struttura cubica a corpo centrato è presente un atomo centrale che conta per 1 e 8 atomi su ciascuno degli 8 vertici che contano per 1/8; in totale ci sono in media: /8 = 2 atomi per cella Politecnico di Torino 13

14 Esempio (2/2) Nella struttura cubica a facce centrate sono presenti 6 atomi al centro delle 6 facce ciascuno dei quali conta per ½ e 8 atomi ai vertici ciascuno dei quali conta per 1/8; in totale: 6 ½ + 8 1/8 = 4 atomi per cella. 27 Richiami sulla struttura cristallina dei solidi 2005 Politecnico di Torino 14

15 Direzioni cristallografiche (1/3) In ogni cristallo è facile individuare filari di atomi lungo i quali gli atomi si susseguono con regolarità. Lo stesso atomo fa parte di più filari lungo i quali si ritrova distanziato in modo diverso dagli altri atomi. 29 Direzioni cristallografiche (2/3) Ad esempio in una struttura cubica a corpo centrato gli atomi si susseguono a una distanza a lungo gli spigoli del cubo; a una distanza a 2 lungo le diagonali delle facce; a una distanza a 3/2 lungo le diagonali della cella. Lungo quest ultima direzione gli atomi sono a contatto; essa è dunque una direzione compatta Politecnico di Torino 15

16 Direzioni cristallografiche (3/3) Questa situazione di anisotropia delle direzioni rende necessario definire un criterio per descrivere le direzioni cristallografiche. Questo criterio è detto indicizzazione delle direzioni cristallografiche. 31 Indicizzazione direzioni cristallografiche Una direzione cristallografica si indicizza considerando una linea passante per l origine degli assi cristallografici, stimando quali sono le coordinate di un atomo qualunque toccato da tale linea e trasformando, se del caso, i valori delle coordinate nei tre più piccoli numeri interi Politecnico di Torino 16

17 Indici cristallografici (1/2) Gli indici sono genericamente indicati con le lettere u, v, w e scritti tra parentesi quadre. Esempio partendo dall origine delle coordinate, lungo la direzione evidenziata si incontra il punto di coordinate 1, 1, 1. La direzione ha la seguente indicizzazione: [111]. 33 Indici cristallografici (2/2) Esempio la direzione evidenziata incontra il punto di coordinate ½, 1, ½; trasformando le tre coordinate nella più piccola terna di numeri interi si hanno i valori 1, 2, 1. La direzione ha indici [121] Politecnico di Torino 17

18 Direzioni equivalenti (1/2) Nell ambito di un cristallo vi sono delle direzioni equivalenti, nel senso che lungo di esse gli atomi si susseguono alla stessa distanza. Sono esempi di questo tipo le tre direzioni degli assi cristallografici [100], [010] e [001] e le tre a queste opposte [ 100][010][001] con gli indici negativi soprassegnati. 35 Direzioni equivalenti (2/2) Queste sei direzioni cristallograficamente equivalenti costituiscono una famiglia di direzioni che viene complessivamente indicizzata come <100> Politecnico di Torino 18

19 Direzioni compatte In ogni cristallo è facile individuare piani cristallografici caratterizzati da un differente addensarsi degli atomi. 37 Esempio (1/2) Esempio in una struttura cubica a facce centrate la distribuzione degli atomi sul piano corrispondente a una faccia (a destra) è meno compatta di quella del piano che interseca gli assi cristallografici a una distanza unitaria (a sinistra); in entrambe sono per altro presenti direzioni compatte Politecnico di Torino 19

20 Esempio (2/2) 39 Indicizzazione piani cristallografici (1/2) Questa situazione di anisotropia dei piani rende necessario definire un criterio per descrivere i piani cristallografici. Questo criterio è detto indicizzazione dei piani cristallografici Politecnico di Torino 20

21 Indicizzazione piani cristallografici (2/2) Un piano cristallografico si indicizza attribuendogli degli indici, genericamente indicati con le lettere h, k, l, ottenuti valutando le intersezioni dei piani con gli assi cristallografici, effettuando il reciproco dei tre numeri trovati e trasformando, se del caso, i tre numeri nella più piccola terna di numeri interi. 41 Esempio (1/2) Esempio le intersezioni fra il piano segnato e gli assi x, y, z sono rispettivamente 1, 3, 2; i loro reciproci valgono 1/1, 1/3, 1/2; passando alla terna di numeri interi si hanno i valori 6, 2, 3. Il piano ha quindi come indici i numeri 6, 2 e 3. Essi vengono scritti tra parentesi tonde: (623) Politecnico di Torino 21

22 Esempio (2/2) Ad esempio nella figura le intersezioni del piano segnato e gli assi x, y, z sono rispettivamente 1,, ; i reciproci valgono: 1/1, 1/, 1/ ovvero 1, 0, 0; il piano ha dunque indicizzazione (100). 43 Piani equivalenti Nell ambito di un cristallo vi sono dei piani equivalenti, ad esempio quelli corrispondenti alle facce di una struttura cubica dove gli atomi hanno lo stesso addensamento. I loro indici sono (100), (010), (001), ( 100), (010), (001). Questi sei piani cristallograficamente equivalenti costituiscono una famiglia di piani che viene complessivamente indicizzata come {100} Politecnico di Torino 22

23 Numero di coordinazione Gli atomi (ioni, molecole) non sono addensati allo stesso modo in tutti i reticoli cristallini. Si definisce numero di coordinazione il numero di atomi a contatto con un atomo preso come riferimento. 45 Esempio Esempio nella struttura cubica a corpo centrato l atomo centrale (come tutti gli altri) è a contatto con gli otto atomi che si trovano sui vertici; il numero di coordinazione vale pertanto Politecnico di Torino 23

24 Fattore di compattazione atomica Nella struttura cubica a corpo centrato (ccc) che contiene due atomi di raggio r per cella di costante reticolare a si definisce un fattore di compattazione atomica (FCA) dato dal rapporto tra il volume degli atomi nella cella elementare, pari a 2 4/3π r 3, e il volume della cella elementare a Esempio (1/4) Nella cella ccc gli atomi sono a contatto lungo la diagonale del cubo che è costituita da 4 raggi atomi; è cioè 4r = a 3, ovvero a = 4r / 3; sostituendo si ha: FCA = 2 4/3 π r 3 /( 4r / 3 ) 3 = 0,68. Il 68% del volume della cella è occupato dagli atomi e il 32 % da siti vuoti Politecnico di Torino 24

25 Esempio (2/4) Esempio nella struttura cubica a facce centrate (cfc) che contiene 4 atomi di raggio r per cella di costante reticolare a il FCA si ricava osservando che la diagonale di una faccia del cubo è costituita da 4 raggi atomici; è cioè 4r = a 2, ovvero a = 4r / 2; sostituendo si ha: FCA = 4 4/3 π r 3 / (4r / 2) 3 = 0,74. Il 74% della cella è occupato dagli atomi e il 26% da siti vuoti. 49 Esempio (3/4) E questo il massimo addensarsi degli atomi possibile al quale corrisponde un numero di coordinazione pari a 12. Lo stesso numero di coordinazione viene presentato dalle strutture esagonali compatte Politecnico di Torino 25

26 Esempio (4/4) E questo il massimo addensarsi degli atomi possibile al quale corrisponde un numero di coordinazione pari a 12. Lo stesso numero di coordinazione viene presentato dalle strutture esagonali compatte. 51 Densità Dalla conoscenza della tipologia della cella elementare, dei valori delle costanti reticolari e del peso atomico (o molecolare) è possibile calcolare la densità dei solidi cristallini Politecnico di Torino 26

27 Esempio Esempio il rame, Cu, ha peso atomico 63,54 e cristallizza nel sistema cfc con 4 atomi per cella elementare e la costante reticolare vale 3,615 Å. La massa della cella elementare vale: 4 63,54 / 6, = 42, g Il volume della cella elementare vale: (3, ) 3 = 47, cm 3 La densità o massa volumica vale: 42, /47, = 8,94 g/cm Allotropia Alcuni elementi possono presentare strutture cristalline differenti a diverse temperature; il fenomeno si chiama allotropia o polimorfismo (se riguarda non gli elementi, ma i composti) Politecnico di Torino 27

28 Esempio Esempio il ferro è stabile nella forma ccc, αfe, fino a 911 C allorché si trasforma nella forma cfc, γfe, per poi ritrasformarsi a 1395 C nelle forma ccc di alta temperatura, δfe Politecnico di Torino 28

29 Soluzioni solide e fasi intermedie Concetti di base Soluzioni solide interstiziali Soluzioni solide sostituzionali Complete Parziali Ordinate Fasi intermedie 57 Soluzioni solide e fasi intermedie 2005 Politecnico di Torino 29

30 Definizioni (1/2) Un materiale cristallino può essere formato da un unica fase costituita, ad esempio, da tutti atomi di rame o di ferro oppure da ioni Mg ++ e da ioni O -- nei cristalli di MgO. 59 Definizioni (2/2) E inoltre possibile ottenere sistemi monofasici sostituendo, ad esempio, una parte degli atomi di rame con atomi di nichel, oppure introducendo atomi di C nel ferro oppure sostituendo nel MgO una parte degli ioni Mg ++ con ioni Fe ++. In tutti questi casi si è ottenuta una soluzione solida Politecnico di Torino 30

31 Soluzioni solide e fasi intermedie Soluzioni solide interstiziali (1/2) Le soluzioni solide per intrusione o interstiziali si hanno quando gli atomi di una specie si inseriscono nei siti esistenti tra gli atomi della specie originaria Politecnico di Torino 31

32 Soluzioni solide interstiziali (2/2) Poiché i siti interstiziali hanno dimensioni ridotte vi sarà difficoltà a ospitarvi atomi interstiziali. La solubilità di soluti interstiziali sarà pertanto ridotta e in pratica limitata a soluti di modeste dimensioni. 63 Esempio Appartengono a questi soluti: H (raggio atomico = 0,30 Å) O = 0,66 Å N = 0,71 Å C = 0,77 Å B = 0,87 Å Le soluzioni solide interstiziali sono complessivamente poco numerose; quelle del C e dell N nel ferro rivestono però un grande interesse Politecnico di Torino 32

33 Soluzioni solide e fasi intermedie Soluzioni solide sostituzionali (1/2) Le soluzioni solide per sostituzione si hanno quando gli atomi o gli ioni di una specie sostituiscono quelli della specie originaria Politecnico di Torino 33

34 Soluzioni solide sostituzionali (2/2) Le soluzioni solide sostituzionali sono molto più frequenti. In esse la struttura cristallina del solvente A non viene modificata dalla sostituzione di atomi A con atomi del soluto B. 67 Soluzioni solide sostituzionali Complete Parziali Ordinate Politecnico di Torino 34

35 Soluzioni solide complete Le soluzioni solide possono essere complete quando A e B puri hanno la stessa struttura cristallina, dimensioni atomiche molto simili, configurazioni elettroniche dello stesso tipo. In queste soluzioni solide si passa con continuità da 100% di A a 100 % di B. 69 Soluzioni solide parziali In altri casi la sostituzione può solo avvenire parzialmente; si parla allora di soluzione solida parziale, o a estensione limitata, e si individua la composizione cui corrisponde la massima sostituzione di atomi A con atomi B che viene chiamata soluzione solida limite Politecnico di Torino 35

36 Soluzioni solide primarie In genere, se il soluto B è capace di sostituire atomi del solvente A si riscontra che, seppure in misura differente, il soluto A può sostituire atomi del solvente B. Le due soluzioni solide di B in A e di A in B si chiamano soluzioni solide primarie e ciascuna ha una propria soluzione solida limite. 71 Soluzioni solide Nell intervallo di composizione fra le due soluzioni solide limite queste coesistono in proporzioni che dipendono dalla composizione complessiva. L estensione delle soluzioni solide dipende dalla temperatura, spesso aumentando con essa in misura significativa Politecnico di Torino 36

37 Concentrazione elettronica In un numero significativo di casi le soluzioni solide limite mostrano, a temperatura ambiente, una concentrazione elettronica molto simile, con quest ultima che è definita dal rapporto tra gli elettroni di valenza e il numero di atomi presenti nella soluzione solida limite. 73 Esempio (1/2) Esempi la solubilità massima nel rame degli elementi che lo seguono nella classificazione periodica è la seguente: elemento Zn (II) Ga(III) Ge(IV) As(V) solubilità (% at.) nel Cu(I) n elettroni valenza/n atomi Politecnico di Torino 37

38 Esempio (2/2) Nel caso della soluzione solida Cu Zn ogni 100 atomi ve ne sono 62 di Cu e 38 di Zn; gli elettroni di valenza sono: = 138 per 100 atomi (=1,38). Nel caso della soluzione solida Cu Ga ogni 100 atomi ve ne sono 80 di Cu e 20 di Ga; gli elettroni di valenza sono: = 140 per 100 atomi (= 1,40). Queste soluzioni solide primarie che hanno un concentrazione elettronica che vale circa 1,4 vengono di solito indicate con la lettera α. 75 Soluzioni solide sostituzionali ordinate (1/2) In molte soluzioni solide sostituzionali gli atomi di soluto sono disposti disordinatamente in alcune sono invece disposti in modo ordinato; si tratta delle soluzioni solide per sostituzione ordinate Politecnico di Torino 38

39 Soluzioni solide sostituzionali ordinate (2/2) La soluzione ordinata si osserva solo se gli atomi dei due costituenti sono in un determinato rapporto stechiometrico, se i legami interatomici fra atomi diversi sono più forti di quelli fra atomi uguali, se la temperatura è inferiore a un valore critico T c. Al di sopra di tale temperatura il sistema ordinato si trasforma in una soluzione solida disordinata. 77 Esempio (1/3) Una soluzione solida ordinata si può avere nel sistema Au Cu per una composizione equiatomica (formula AuCu ) quando gli atomi si aggregano in strati alternati di atomi di Cu e di Au Politecnico di Torino 39

40 Esempio (2/3) Un altra soluzione solida ordinata nel sistema Au Cu si può avere quando il rapporto tra atomi di Au e atomi di Cu è di 1 a 3. La disposizione degli atomi nella soluzione solida ordinata rappresentabile con la formula AuCu 3 è mostrata in figura. 79 Esempio (3/3) Una soluzione solida ordinata nel sistema Cu Zn per una composizione equiatomica (formula CuZn ) si può avere quando gli atomi si aggregano in strati alterni di atomi di Cu e di Zn Politecnico di Torino 40

41 Trasformazione ordine-disordine (1/7) La trasformazione ordine disordine alla temperatura T c è reversibile. Nella figura è mostrata la variazione del grado di ordine ζ al variare della temperatura. A una temperatura di poco inferiore a T c la trasformazione è completa e avviene rapidamente poiché la temperatura è elevata. 81 Trasformazione ordine-disordine (2/7) Le trasformazioni ordine disordine sono accompagnate da cambiamenti nelle proprietà dei materiali Politecnico di Torino 41

42 Trasformazione ordine-disordine (3/7) La capacità termica in funzione della temperatura ha un picco endotermico a T c collegato all energia aggiuntiva necessaria per rompere l assetto ordinato della struttura. 83 Trasformazione ordine-disordine (4/7) La densità in funzione della temperatura diminuisce a T c poiché si passa da un assetto ordinato compatto a uno disordinato meno compatto Politecnico di Torino 42

43 Trasformazione ordine-disordine (5/7) La resistività elettrica in funzione della temperatura aumenta a T c poiché il fluire degli elettroni è più difficile in una struttura disordinata. 85 Trasformazione ordine-disordine (6/7) Alcune proprietà resistenziali (modulo elastico, carico di snervamento, carico a rottura, durezza, ecc.) in funzione della temperatura diminuiscono a T c. Ciò vuol dire che i materiali sono più facilmente lavorabili allo stato disordinato e devono poi essere trattati a temperature di poco inferiori a T c per acquisire rapidamente lo stato ordinato altoresistenziale Politecnico di Torino 43

44 Trasformazione ordine-disordine (7/7) In alcuni casi il passaggio disordine ordine è accompagnato dal passaggio da una condizione paramagnetica a una ferromagnetica. 87 Soluzioni solide e fasi intermedie 2005 Politecnico di Torino 44

45 Fasi intermedie (1/3) Due sostanze che non formano una soluzione solida completa possono dar luogo, oltre che a soluzioni solide primarie sostituzionali o interstiziali, anche a fasi intermedie con struttura cristallina differente. 89 Fasi intermedie (2/3) Queste fasi intermedie possono essere soluzioni solide intermedie, quando presentano latitudine di composizione oppure composti intermedi quando hanno composizione fissa e i costituenti disposti in modo ordinato Politecnico di Torino 45

46 Fasi intermedie (3/3) Se i due costituenti sono metallici si hanno fasi o composti intermetallici. Se uno è un non metallo allora si parla di composti semimetallici (es. NiAs, ZnS, Mg 2 Si). Talvolta le fasi intermedie sono costituite da composti interstiziali Politecnico di Torino 46

47 Difetti puntiformi nei solidi Concetti di base Vacanze Autointerstiziali 93 Difetti puntiformi nei solidi 2005 Politecnico di Torino 47

48 Difetti elettronici I difetti cristallini puntiformi sono classificabili in difetti elettronici e atomici. Quelli elettronici riguardano la presenza di elettroni che non occupano il livello energetico di competenza e sono fondamentali nell ambito dei semiconduttori. 95 Difetti atomici I difetti atomici possono essere costituiti da impurezze sostituzionali o interstiziali e rientrano nel campo delle soluzioni solide. Più interessanti sono altri due difetti atomici: le vacanze e gli autointerstiziali Politecnico di Torino 48

49 Difetti puntiformi nei solidi Vacanze (1/3) Una vacanza costituisce una posizione reticolare non occupata, una sede vacante. Le vacanze si formano a seguito di fenomeni di agitazione termica, di incrudimento, di irradiazione e sono difetti di equilibrio Politecnico di Torino 49

50 Vacanze (2/3) Le vacanze si formano in prossimità delle superfici dei cristalli dove si trovano atomi meno vincolati rispetto a quelli interni e che possono abbandonare la loro posizione per portarsi verso l esterno lasciando al loro posto una vacanza. 99 Vacanze (3/3) Quanto più alta è la temperatura tanto più elevato è il numero di vacanze che si formano. Esiste una concentrazione di equilibrio delle vacanze espressa dalla relazione: n v /n o = e Q f/rt dove: n v = numero delle vacanze, n o = numero delle posizioni reticolari, Q f = energia di attivazione necessaria per creare una mole di vacanze, R = costante dei gas, T = temperatura assoluta Politecnico di Torino 50

51 Esempio Nel rame l energia di attivazione è di J. La concentrazione delle vacanze è uguale 0 a 0 K; 4, a 300 K; a 1350 K (la temperatura di fusione del Cu è di 1356 K). Ciò vuol dire che a 1350 K due vacanze distano tra di loro di circa 10 posizioni reticolari e che a 300 K distano di circa posizioni reticolari. 101 Mobilità Gli atomi che si trovano adiacenti a una vacanza possono occuparla lasciando al loro posto una vacanza; è come se la vacanza si fosse spostata. Il numero di spostamenti nell unità di tempo di una vacanza dipende dall energia necessaria e dalla compattezza della struttura e aumenta con la temperatura Politecnico di Torino 51

52 Esempio Nel rame a 0 K non si ha nessun spostamento di vacanze. A 300 K una vacanza compie un salto ogni circa 10 6 secondi, ovvero ogni 11 giorni. A 1350 K compie però spostamenti al secondo. 103 Diffusione e vacanze Vi sono fenomeni di diffusione fra fasi solide che sono legati alla presenza e alla mobilità delle vacanze e che possono venire accelerati dalle alte temperature che mettono a disposizione molte vacanze dotate di grande mobilità Politecnico di Torino 52

53 Difetti puntiformi nei solidi Autointerstiziali Un altro difetto puntiforme è costituito da un atomo del reticolo di base collocato in posizione interstiziale e perciò detto autointerstiziale. E un difetto molto meno frequente rispetto alle vacanze perché richiede un energia di formazione 4 volte superiore dovendosi forzare in un reticolo in posizione interstiziale un atomo di dimensioni rilevanti rispetto a quelle del sito ospitante Politecnico di Torino 53

54 Difetti di Frenkel Si possono formare molti atomi autointerstiziali unitamente a un ugual numero di vacanze (difetti di Frenkel) bombardando un materiale con radiazioni ad alto contenuto energetico (neutroni veloci); a ogni urto un neutrone può provocare difetti di Frenkel Politecnico di Torino 54

55 Difetti lineari nei solidi Dislocazioni A spigolo A vite Complesse Carico critico di taglio Dislocazioni e rafforzamento dei materiali Dislocazioni e bordi di grano Dislocazioni e atomi di soluto Dislocazioni e seconde fasi 109 Difetti lineari nei solidi 2005 Politecnico di Torino 55

56 Introduzione (1/2) Se si sottopone a una sollecitazione a trazione un monocristallo opportunamente orientato si possono osservare i seguenti effetti: Il cristallo si deforma permanentemente suddividendosi in porzioni non deformate spostate l una rispetto all altra. 111 Introduzione (2/2) La deformazione avviene per sollecitazioni che sono di quattro ordini di grandezza inferiori a quelle calcolabili sulla base dei legami da rompere. I piani e le direzioni lungo le quali è avvenuto lo scorrimento relativo delle porzioni del monocristallo sono piani e direzioni compatte Politecnico di Torino 56

57 Dislocazioni (1/7) Per spiegare queste osservazioni si è prima ipotizzato, e poi verificato con l aiuto del microscopio elettronico, che all interno del cristallo fossero presenti dei difetti. Questi difetti vennero chiamati dislocazioni. 113 Dislocazione (2/7) Per descrivere una dislocazione si supponga di sottoporre un reticolo regolare a un carico di taglio di intensità sufficiente a provocare lo scorrimento di una parte del reticolo sovrastante il piano di scorrimento la cui traccia corrisponde alla retta MN Politecnico di Torino 57

58 Dislocazioni (3/7) Compare, sopra il piano di scorrimento, la traccia di un mezzo piano ab; il reticolo è fortemente distorto all intersezione del mezzo piano ab con il piano di scorrimento MN. La stessa situazione è mostrata tridimensionalmente in figura. La linea marcata è una linea di dislocazione a spigolo positivo ( ). 115 Dislocazioni (4/7) Continuando ad applicare la sollecitazione la dislocazione si sposta da destra verso sinistra finché fuoriesce; a questo punto il reticolo risulta deformato irreversibilmente con la parte superiore spostata di una unità rispetto a quella inferiore; il reticolo non è più distorto Politecnico di Torino 58

59 Dislocazioni (5/7) Una dislocazione a spigolo positiva può anche essere rappresentata tridimensionalmente. 117 Dislocazioni (6/7) La deformazione non ha richiesto la rottura contemporanea di tutti i legami fra gli atomi che si trovavano sopra e sotto al piano di scorrimento, ma solo la rottura successiva di pochi legami vicini alla dislocazione; ciò spiega perché il carico di snervamento sia molto inferiore al carico teorico di deformazione Politecnico di Torino 59

60 Dislocazioni (7/7) Molte dislocazioni possono muoversi insieme lungo il piano di scorrimento sommando i propri effetti e producendo sulla superficie del cristallo una linea di scorrimento visibile. 119 Dislocazioni a spigolo Rispetto allo stesso piano di scorrimento possono esistere anche dislocazioni a spigolo negative ( ); il loro spostamento rispetto al piano di scorrimento per effetto di un carico di taglio produce la stessa deformazione di una dislocazione a spigolo positiva Politecnico di Torino 60

61 Dislocazioni a vite Accanto alle dislocazioni a spigolo esistono anche dislocazioni a vite; queste, in presenza di un carico di taglio si muovono non da destra a sinistra ( ) o da sinistra a destra ( ) come le dislocazioni a spigolo, ma dal davanti al dietro (dislocazione a vite levogira) o dal dietro al davanti (dislocazione a vite destrogira). 121 Dislocazioni a vite Anche le dislocazioni a vite, in presenza di un adeguato carico di taglio, concorrono alla deformazione Politecnico di Torino 61

62 Dislocazioni complesse Esistono anche dislocazioni complesse. Nella figura è mostrata una dislocazione in parte a spigolo e in parte a vite (o a elica) che, nella zona di raccordo curvilinea, è costituita da piccoli tratti di dislocazione a vite e a spigolo. 123 Densità di dislocazioni Si definisce densità di dislocazioni la lunghezza complessiva di tutte le linee di dislocazione presenti nell unità di volume. Le sue dimensioni sono pertanto cm/cm 3 = cm -2. La densità delle dislocazioni può aumentare di alcuni ordini di grandezza nei materiali fortemente deformati Politecnico di Torino 62

63 Effetto delle dislocazioni Attorno alle dislocazioni il reticolo è deformato; ogni dislocazione aumenta l energia interna del cristallo di una quantità che dipende dal tipo di dislocazione (a spigolo o a vite), dalla lunghezza della dislocazione, dal modulo elastico di taglio e dalla distanza interatomica lungo la direzione di scorrimento. 125 Moltiplicazione delle dislocazioni (1/3) Un meccanismo di moltiplicazione delle dislocazioni è rappresentato nella figura. La dislocazione 2 che si muove nel piano di scorrimento tratteggiato incontra le dislocazioni 1 e 3 che si possono muovere solo nel loro piano di scorrimento che è perpendicolare a quello della dislocazione Politecnico di Torino 63

64 Moltiplicazione delle dislocazioni (2/3) La dislocazione 2 è bloccata nei punti dove interseca le dislocazioni 1 e 3; se il carico è sufficiente la dislocazione si incurva e si espande finché interseca se stessa; a questo punto si divide in una dislocazione curvilinea che si allontana e in un segmento che rioccupa la posizione iniziale per avviare un nuovo ciclo e produrre un altro anello di dislocazione. 127 Moltiplicazione delle dislocazioni (3/3) Il fenomeno può essere generalizzato nel senso che un meccanismo analogo viene attivato tutte le volte che una dislocazione incontra degli ostacoli. Questi ostacoli possono anche essere altre dislocazioni. Un carico applicato può provocare un aumento delle dislocazioni che nel loro movimento per generare deformazioni vengono ostacolate da altre dislocazioni, ovvero richiedono che aumenti il carico applicato per proseguire nella deformazione Politecnico di Torino 64

65 Incrudimento Il fenomeno per cui occorre aumentare il carico per proseguire nella deformazione prende il nome di incrudimento. Un materiale incrudito ha un alta densità di dislocazioni ed è più resistente. 129 Difetti lineari nei solidi 2005 Politecnico di Torino 65

66 Carico critico di taglio (1/2) Affinché una dislocazione si possa muovere occorre che il carico applicato abbia sul piano di scorrimento e nella direzione di scorrimento una componente di taglio superiore a un valore denominato carico critico di taglio. 131 Carico critico di taglio (2/2) Il carico critico di taglio dipende dal tipo di sollecitazione applicata (a trazione, a compressione, a flessione, a torsione); esso aumenta in presenza di impurezze e diminuisce all aumentare della temperatura Politecnico di Torino 66

67 Piani compatti Si è osservato che i piani di scorrimento e le direzioni di scorrimento delle dislocazioni sono quelli più compatti. Nel sistema cubico a facce centrate che ha n di coordinazione 12 esistono 4 piani compatti della famiglia {111} in ciascuno dei quali sono presenti 3 direzioni compatte [110]; i sistemi equivalenti compatti di scorrimento sono pertanto 4 3 = Deformabilità In un materiale policristallino con struttura cubica a facce centrate ci saranno molti cristalli che presenteranno uno dei 12 sistemi di scorrimento favorevolmente orientato nel senso che sarà sufficiente un carico modesto con componente di taglio sufficiente per promuovere il movimento delle dislocazioni e la conseguente deformazione. I materiali con struttura cubica a facce centrate saranno pertanto facilmente deformabili (laminazione, trafilatura, estrusione, forgiatura, ecc.) Politecnico di Torino 67

68 Ricottura (1/2) Quando un materiale è stato molto deformato e la concentrazione delle dislocazioni ha raggiunto valori dell ordine di cm -2 non è più possibile deformarlo ulteriormente nel senso che occorrerebbe applicare un carico superiore a quello di rottura. Se occorre deformarlo ulteriormente bisogna prima ridurre la concentrazione delle dislocazioni. Questo risultato viene conseguito sottoponendo il materiale a una ricottura. 135 Ricottura (2/2) Durante la ricottura, sotto la spinta dell energia di deformazione immagazzinata, viene nucleata e poi cresce una struttura ricristallizzata priva dell eccesso di dislocazioni introdotto con la deformazione; il materiale ricristallizzato è ora addolcito e può essere sottoposto a un nuovo ciclo di deformazione con conseguente nuovo incrudimento Politecnico di Torino 68

69 Difetti lineari nei solidi Dislocazioni e rafforzamento dei materiali Dislocazioni e bordi di grano Dislocazioni e atomi di soluto Dislocazioni e seconde fasi Politecnico di Torino 69

70 Dislocazioni e bordi di grano (1/2) Nelle strutture policristalline i bordi di grano vengono messi in evidenza con un reagente chimico che attacca il materiale nelle zone più energetiche rese tali dalla presenza di dislocazioni che introducono energia di deformazione. 139 Dislocazioni e bordi di grano (2/2) Secondo lo schema della figura il bordo di grano tra i due cristalli è rappresentabile come un susseguirsi di dislocazioni a spigolo positive; la loro concentrazione è tanto più alta quanto più i due cristalli sono disallineati Politecnico di Torino 70

71 Rafforzamento (1/3) Un altro aspetto delle interazioni tra dislocazioni e bordi di grano concerne il meccanismo di rafforzamento per affinamento del grano. I bordi di grano costituiscono un ostacolo al movimento delle dislocazioni e quindi alla deformazione. Se si vuole avere un materiale molto resistente è perciò necessario fare in modo che abbia una struttura fine ovvero che sia costituito da cristalli di piccole dimensioni. 141 Rafforzamento (2/3) La dipendenza del carico di snervamento R s dalla dimensione d dei grani cristallini, espressa come d -1/2, è mostrata nella figura. Si rileva la validità della relazione di Petch: R s = R so + K d -1/ Politecnico di Torino 71

72 Rafforzamento (3/3) R so = resistenza del reticolo; K = pendenza della retta; d -1/2 = contributo al rafforzamento legato alle dimensioni dei grani cristallini. 143 Dislocazioni e atomi estranei (1/3) Una dislocazione a spigolo positiva è come un semipiano forzato sopra il piano di scorrimento che mette il reticolo in compressione; sotto il piano di scorrimento vi è invece uno stato di trazione. Il reticolo è in ogni caso deformato Politecnico di Torino 72

73 Dislocazioni e atomi estranei (2/3) Un atomo estraneo, impurezza o soluto, provoca anch esso una certa deformazione del reticolo perchè le sue dimensioni sono diverse da quelle degli atomi del reticolo di base o più grandi di quelle dei siti interstiziali. 145 Dislocazioni e atomi estranei (3/3) Poiché i sistemi tendono a minimizzare il loro contenuto energetico, e quindi anche le energie di deformazione, le dislocazioni attrarranno i soluti e li indirizzeranno sopra il piano di scorrimento se le loro dimensioni sono più piccole o sotto il piano di scorrimento se sono più grandi. Se i soluti sono di tipo interstiziale le dislocazioni li indirizzeranno al di sotto della linea di dislocazione Politecnico di Torino 73

74 Atmosfere di Cottrell (1/3) In ogni caso si formeranno attorno alle dislocazioni concentrazioni elevate di soluti che prendono il nome di atmosfere di Cottrell; la mobilità dei soluti aumenta con la temperatura. 147 Atmosfere di Cottrell (2/3) Non è però opportuno innalzare troppo la temperatura per accelerare il processo perché ad alte temperature prevale l effetto disordinatore dell agitazione termica che dissolve le atmosfere di Cottrell Politecnico di Torino 74

75 Atmosfere di Cottrell (3/3) Quando una dislocazione si muove tende a trascinare con sé la propria atmosfera di Cottrell e il suo spostamento risulta più difficoltoso, ovvero richiede un aumento del carico applicato. 149 Rafforzamento da soluzione solida Il materiale ha subito cioè un rafforzamento da soluzione solida che è tanto maggiore quanto più alta è la concentrazione del soluto e, a parità di numero di atomi di soluto, quanto maggiore è la differenza di dimensioni tra soluto e solvente Politecnico di Torino 75

76 Dislocazioni e seconde fasi (1/5) Talvolta la concentrazione dei soluti nelle atmosfere di Cottrell può diventare così elevata che si supera il prodotto di solubilità di un costituente che precipita sotto forma di cristalli di una seconda fase. Talvolta le seconde fasi sono già presenti nel materiale. 151 Dislocazioni e seconde fasi (2/5) Le particelle delle seconde fasi possono essere coerenti con la fase principale nella quale inducono deformazioni elastiche che rendono più difficoltoso il movimento delle dislocazioni; talvolta le dislocazioni riescono ad attraversare le particelle consumando però energia per deformarle Politecnico di Torino 76

77 Dislocazioni e seconde fasi (3/5) Nel caso invece che le particelle siano incoerenti o indeformabili costringeranno le dislocazioni in movimento ad aggirarle secondo lo schema proposto da Orowan. 153 Dislocazioni e seconde fasi (4/5) La dislocazione si piega curvandosi fortemente attorno alla particella per poi ricomporsi al di la della particella dopo aver lasciato attorno a essa un anello di dislocazione che ostacolerà il passaggio della dislocazione successiva Politecnico di Torino 77

78 Dislocazioni e seconde fasi (5/5) Si tratta di un meccanismo di rafforzamento da seconda fase che è tanto più efficace quanto più, a parità di frazione volumetrica di seconda fase, questa è sotto forma di particelle di piccole dimensioni Politecnico di Torino 78

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