UNIVERSITA DEGLI STUDI DELL AQUILA. Corso: Impianti biochimici industriali e ambientali Prima Lezione

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DELL AQUILA Corso: Impianti biochimici industriali e ambientali Prima Lezione 1) Descrizione impianto di depurazione Marina di Pietrasanta in località Pollino del Comune di Pietrasanta. L impianto di Marina di Pietrasanta è un tipico impianto a servizio di un abitato costiero, soggetto ad oscillazione stagionale del carico in ingresso, che può essere, sinteticamente, riassunta nei seguenti termini: Carico estivo : A.E., portata media giornaliera: mc/g; Carico invernale : A.E., portata media giornaliera mc/g La configurazione finale dell'impianto, è il risultato di una serie successiva d'interventi che gli hanno conferito una configurazione complessiva piuttosto articolata e complessa. Tale configurazione dell impianto, prima dell intervento di ottimizzazione di cui si dirà nel seguito, è stata riassunta nelle due tavole allegate: una planimetria ed uno schema di processo quantificato, dal quale è possibile rilevare tutte le caratteristiche essenziali di ciascuna delle cinque linee di trattamento biologico dei liquami. Sinteticamente la situazione della linea liquami, prima dell intervento era la seguente: 1) Pretrattamenti, unica per tutti i liquami in ingresso, costituita dalle eseguenti unità: a) Sollevamento di testa; b) Stacciatura fine e dissabbiatura a pista ; c) Vasca di accumulo ed equalizzazione da mc A valle della dissabbiatura il trattamento biologico dei liquami è ripartito su due linee: 2) Trattamenti secondari a) Linea Passavant, inutilizzata da lungo tempo; b) Linea Panelli, a sua volta suddivisa su quattro linee di trattamento, precedute da un'unica vasca di denitrificazione, suddivisa in due comparti paralleli, ciascuno da mc.. Infine, la disinfezione finale viene realizzata in una unica vasca alla quale confluiscono tutte le diverse linee di trattamento dei liquami. Recentemente, l impianto è stato dotato di una linea di trattamento terziario per il riutilizzo industriale delle acque depurate. A valle dell unica vasca di pre-denitrificazione, le caratteristiche delle quattro linee di trattamento biologico erano le seguenti: 1

2 Linee 1 e 2, aventi eguale potenzialità, ciascuna costituita da una ossidazione da 700 mc ed una sedimentazione da 130 mq di superficie e 300 mc di volume. In ciascuna unità d'ossidazione l'ossigeno era fornito da : una turbina superficiale fissa, da 23 kw,. Linea 3, costituita da tre vasche di ossidazione (ognuna avente una cubatura di 500 mc e dotata di una turbina di superficiale fissa da 18 kw) ed un unico sedimentatore secondario, avente una superficie di 200 mq ed una cubatura di 400 mc. Linea 4, di più recente costruzione, costituita da una vasca di ossidazione da 1400 mc, dotata di un sistema d'insufflazione aria a bolle fini, alimentato da due soffianti volumetriche da 2200 mc/h 2) Inconvenienti riscontrati L impianto, anche nella situazione di carico invernale, presentava i seguenti inconvenienti: a) Sporadiche perdite di fango biologico nella canaletta di gronda del decantatore secondario della linea 4; b) Difficoltà di nitrificazione; c) Nelle prime ore del mattino (alla ripresa delle lavorazioni) alcuni dei quattro sedimentatori secondari presentavano il livello idrico al di sotto della quota del ciglio di sfioro, situazione che, poi, tendevano a recuperare nel corso della giornata; d) Deficit di ossigeno sulle linee 1e 2, nelle ore di punta delle giornate di massimo carico (le due settimane a cavallo di ferragosto). 3) Provvedimenti assunti La problematica più difficile da risolvere è stata quella delle sporadiche fuoriuscite di fango dalla vasca di sedimentazione della linea 4 e sono stati necessari diversi tentativi prima di trovare la soluzione finale. La sedimentazione secondaria è la fase più delicata di ogni impianto di depurazione biologica fanghi attivi: Se il fango attivo non sedimenta non può esserci accumulo di biomassa nel sistema e il reattore biologico non può funzionare. Inoltre, anche piccole fuoriuscite di fango, non in grado di compromettere l accumulo delle quantità necessarie al processo biologico, peggiorano immediatamente la qualità dell effluente trattato. Spesso il problema non è dovuto alla potenzialità teorica del sedimentatore e, tuttavia, non ostante tutti gli usuali criteri di dimensionamento risultino verificati, il fango attivo sfiora nella canaletta di gronda del sedimentatore secondario. Per quanto riguarda il dimensionamento del sedimentatore secondario, di solito, si fa riferimento alla teoria del flusso solido, che fornisce un criterio per il dimensionamento della sola superficie del decantatore, ritenendo ininfluente l altezza dello stesso. 2

3 Fig. 1 Schematizzazione del funzionamento di un decantatore secondo la teoria del flusso solido Effettivo campo idrodinamico di un decantatore secondario : In realtà, tale risultato scaturisce da una drastica semplificazione del modello idrodinamico utilizzato dalla teoria del flusso solido, che è tanto più lontano dal vero quanto più è alto il rapporto superficie/altezza del decantatore. Per decantatori di diametro superiore ai mt, non è più possibile trascurare la componente orizzontale del campo idrodinamico ed occorre, a parità di flusso solido, adottare altezze del decantatore che aumentano con l aumento del diametro. Nel seguito è riportata una tabella per il dimensionamento dell altezza del decantatore, ripresa dal manuale di progettazione redatto, congiuntamente, dalla Water Pollution Control Federation e dall American Society Civil Engineering. Secondo tale tabella l altezza del decantatore deve andare da 3

4 un minimo di tre metri fino ad un massimo di 4.5 metri, per decantatori con diametro variabile nel campo, rispettivamente, da 12 mt a 42 mt. Dal manuale di progettazione WPCF / ASCE : Nel caso in esame, il decantatore della linea 4 era sottoposto agli stessi carichi dei decantatori delle altre linee che, invece, funzionavano molto bene e, quindi, senza neanche fare nessuna verifica, era evidente che non poteva essere un problema di dimensionamento. Per altro, il carico superficiale medio era molto basso : 0.4 mc/h per mq e quello di punta non molto più alto, data la disponibilità di una vasca di accumulo ed equalizzazione di testa. Sgomberato il campo da problemi di dimensionamento ( in termini di superficie e cubatura del sedimentatore), il corretto funzionamento di un sedimentatore secondario dipende da una serie di fattori che possiamo però raggruppare in due categorie : Fattori che riguardano il processo biochimico di depurazione; Fattori che riguardano la tecnologia sia dell ossidazione che del sedimentatore secondario. Spesso ambedue tali categorie di fattori contribuiscono a determinare il cattivo funzionamento di un sedimentatore secondario, anche se, bisogna osservare che se il fango è di ottime caratteristiche di sedimentabilità (SVI sotto i 100 cc/gr ), per quanto cattiva possa essere la tecnologia del sedimentatore ( e spesso lo è) il processo di sedimentazione secondaria si svolge abbastanza regolarmente. Per quanto riguarda il primo ordine di fattori, le condizioni di processo più significative sono: 1. Concentrazione dell ossigeno disciolto nel reattore biologico (concentrazioni inferiori a 1.0, favoriscono la formazione dei filamentosi); 2. Tipo del reattore biologico : total mixed liquor o plug flow( il primo tipo favorisce la formazione dei filamentosi ); 3. Concentrazione di nitrati nel MLSS in uscita dalla denitro ed in ingresso alla fase ossidata (una concentrazione superiore a 1.0 ppn di azoto nitrico favorisce la formazione dei filamentosi) i ; 4. Disponibilità di nutrienti (azoto e fosforo) ; 5. Eccesso di nitrati (sopra i 15 ppm nella stagione invernale, sopra i 10 ppm nella stagione estiva) con conseguente denitrificazione spontanea e formazione di bollicine di azoto nella sedimentazione secondaria (rising del fango). 4

5 Nella linea 4, tutti tali parametri erano gli stessi di quelli delle altre linee e, quindi, era chiaro che non poteva trattarsi di una questione di processo. In particolare, tutti i reattori biologici erano del tipo total mixed liquor e non dotati di un selettore anaerobico. Ma tali circostanze, anche se non sono le migliori per la crescita delle specie batteriche ottimali per la sedimentazione, non impedivano il corretto funzionamento degli altri decantatori. L attenzione si è quindi concentrata sulle differenze per quanto riguardava la tecnologia adottata nella linea 4 rispetto alle altre tre linee di trattamento secondario. Dal punto di vista della tecnologia dell ossidazione, appariva evidente la differenza fra la linea 4 e le altre tre linee. Infatti la linea 4 era l unica dotata di un moderno sistema d insufflazione aria a bolle fini, in una vasca di discreta profondità: 5.0 mt. Tutte le altre linee, invece, erano dotate di aeratori meccanici di superficie. Per tutte le linee, inoltre, la comunicazione fra ossidazione e rispettivo sedimentatore secondaria era diretta, senza alcuna vasca di disconnessione di apprezzabile cubatura. I queste circostanze è evidente che, quanto più si ottimizza il sistema di ossigenazione (bolle fini a discreta profondità) tanto più è difficile che le bollicine di aria lascino completamente libera da gas la massa liquida prima dell arrivo alla sedimentazione secondaria. In tali casi, si può osservare, allora, un ribollire del cilindro centrale di alimentazione del sedimentatore secondario, che funziona come un vero e proprio flottatore che porta in superficie le particelle di fango più leggere. Occorre infatti considerare che il fango è ben lungi dall essere una massa omogenea costituita da particelle di eguali caratteristiche, ma è, piuttosto, un miscuglio di particelle con caratteristiche molto diverse tra loro. Il cilindro centrale, in questi casi, fa l esatto opposto di quello che sarebbe necessario: opera una immediata classificazione del fango, separando le particelle più leggere da quelle più pesanti. Non di rado, il crostone di fango che si forma nel cilindro centrale, sovrappassa il bordo emerso del cilindro stesso e copre l intera superficie del sedimentatore. Ovviamente, l inconveniente è tanto maggiore quanto maggiore è la presenza di particelle leggere nel fango, ma questo dipende dalla biochimica del processo e non da problemi di tecnologia. Per scongiurare tale inconveniente occorrerebbe disporre di vasche di degassazione fra l ossidazione e la relativa sedimentazione secondaria. Si tratta di un accorgimento sempre molto opportuno ma che non è facile adottare su un impianto già operativo. Nel caso degli impianti con reattore biologico plug flow, da un lato, è molto favorita la formazione dei batteri bastoncellari, dall altra, è possibile fornire pochissima aria nel settore terminale del reattore e sarebbe anche opportuno fornirla a bolle grosse, in modo che il gas si liberi facilmente dalla massa liquida prima dell arrivo alla sedimentazione sceondaria. Nel caso in esame, in una prima fase, si è migliorata la qualità del fango attivo mediante la riossigenazione del fango di ricircolo, utilizzando una vasca in disuso della linea 3. La riossigenazione del fango di ricircolo, per un periodo di tempo di primi, è un accorgimento ampiamente adottato sugli impianti industriali, ove è più temuto il problema del bulking. Adottando tale accorgimento, è migliorata la qualità del fango e risolto il problema di funzionalità, ma la soluzione non lasciava completamente soddisfatti, dato che comportava un doppio pompaggio del fango attivo di ricircolo e l impegno di una unità di ossidazione che poteva invece essere necessaria nei momenti di punta estiva. L attenzione si è quindi concentrata su cosa si potesse fare per migliorare le performance del sedimentatore secondario. 5

6 In un sedimentatore secondario tradizionale con ad alimentazione centrale tramite un semplice cilindro di calma, si verifica una sensibile sottoutilizzzazione dei volumi disponibili per corto circuiti idraulici, ed una maggiore facilità che si verifichino fenomeni di correnti di densità talmente intensi, da mettere fuori funzionamento del tutto il decantatore. Infatti, al di la della verifica del flusso solido (condizione necessaria ma non sufficiente per il corretto funzionamento di un sedimentatore secondario), il meccanismo più frequente attraverso il quale il sedimentatore tradizionale va fuori funzionamento, con massiccio sfioro di fango nella canaletta di gronda, è il seguente: La miscela aerata immessa attraverso il cilindro centrale, in funzione dell intensità del campo idrodinamico e delle caratteristiche di sedimentabilità del fango, scorre sul cuscino di fango ispessito presente sul fondo, senza mescolarsi a questo, e risale lungo la parete verticale periferica fino a sfiorare nella canaletta di gronda. Per impedire tale fenomeno sono stati studiati vari tipo di baffle sia per impedire la ripesa della miscela aerata, appena immessa in vasca, dal circuito di pompaggio fanghi secondari, direttamene dal cilindro di alimentazione al sedimentatore secondario, sia disposti a protezione dallo sfioro della canaletta di gronda. Per quanto riguarda il primo di tali fenomeni, i cilindri centrali sono stati chiusi da un disco inferiore che impedisce il flusso verticale della miscela aerata appena introdotta in sedimentazione secondaria, obbligandola ad alimentare il sedimentatore vero e proprio su direttrici orizzontali radiali. Per quanto riguarda il secondo il sistema più adottato è lo Stamford baffle, così detto perché adottato per la prima volta sull impianto della città di Stamford. Nella figura riportata nel seguito vengono schematizzate le correnti di densità ed il funzionamento sia del cilindro centrale di alimentazione, dotato di disco di chiusura inferiore, sia dello o Stamford baffle. E da notare che, di norma, la canaletta di gronda periferica di un decantatore secondario viene costruita a sbalzo dalla parete cilindrica verticale e riportata verso l interno de decantatore stesso. In questi casi, il fondo della canaletta di gronda, finisce con il costituire una sorta di Stamford Baffle, che, tutto sommato, ha una qualche efficacia nell impedire lo sfioro di fanghi leggeri in canaletta. Ma quando invece la canaletta di gronda è riportata a sbalzo verso l esterno, o è sostituita da una canaletta metallica che lascia del tutto libera la parete cilindrica verticale del decantatore ( e questo era il caso della linea 4), non c è più alcuna protezione dello sfioro tipo Stamford Baffle. Avendo osservato che il decantatore della linea 4 era l unico che non offriva alcuna protezione tipo Stamford Baffle ( le altre linee avevano canalette di gronda a sbalzo riportate verso l interno), alla prima occasione (manutenzione straordinaria della linea 4) si è intervenuti su tale sedimentatore adottando ambedue gli accorgimenti di cui sopra: chiusura inferiore del cilindro centrale con un disco che imponeva l alimentazione del decantatore su direttrici orizzontali, installazione di uno Stamford Baffle. I risultati sono stati molto positivi, tanto che si è potuto sospendere la pratica della riossigenazione del fango di ricircolo. In allegato sono riportate le fotografie dello Stamford Baffle applicato sul sedimentatore della linea 4 e in altro decantatore di nuova costruzione. Molto più semplice è stata l eliminazione degli altri inconvenienti sopra elencati. Da un rapido controllo di processo, è apparso subito evidente che la difficoltà di nitrificazione non poteva essere ricercata né nella insufficienza delle volumetrie disponibili ne nella carenza d ossigeno. Invece, appariva molto elevata la volumetria complessiva delle vasche di 6

7 equalizzazione (non aerata) e denitrificazione (alla quale rilanciavano, tutti i ricircoli fanghi attivi e ricircoli nitrati delle quattro linee di trattamento biologico) nelle quali il tempo di residenza, calcolato sulla sola portata entrante, era superiore alle 24 ore. E noto che una eccessiva permanenza del liquame in condizioni di anossia, nel caso i cui si raggiungano valori del potenziale redox molto basi (inferiori a -200, -300 ), può creare difficoltà per lo sviluppo della flora autotrofa nitrificante nella successiva fase di nitrificazione. Anche per questo motivo, nel caso di reti di fognature molto estese ( Come per la città de Il Cairo) si effettua un pretrattamento di pre-aerazione prima dei processi biologici. Inoltre, la vasca di nitrificazione unica per le quattro linee trattamento presentava una serie d inconvenienti funzionali. Infatti : Tale vasca era dotata di un sol pozzetto di carico di testa, alimentato dai ricircoli fanghi attivi e nitrati delle quattro line di trattamento biologico, e da un solo pozzetto in uscita che presentava, a sua volta, quattro stramazzi d uscita dotati di paratoia di difficile regolazione, per il carico alle quattro linee di trattamento biologico. In assenza ( o quasi ) di portata di liquami nelle ore notturne, non c era alcuna garanzia che la portata di ricircolo estratta da ciascuna delle quattro linee biologiche ( fanghi e nitrati di ricircolo), fosse esattamente pari alla portata di miscela aerata che veniva alimentata alla stessa linea dal pozzetto d uscita dalla denitro. Ecco perché, nelle ore notturne, alcune linee tendevano a svuotarsi sovraccaricando le altre. Ed era difficilissimo regolarsi con le sole paratoie di carico alle quattro linee di trattamento biologico, perché bastava che una delle pompe di ricircolo pompasse un po di più o di meno, perché il sistema risultava di nuovo squilibrato. Per altro, il crostone di fango galleggiante che si formava in denitrificazione altera il funzionamento degli stramazzi d uscita. Infine, la vasca di denitro era attrezzata con N 8 mixer ad albero verticale, ciascuno da 20 kw, che davano continui problemi di rotture meccaniche. Ciò premesso, effettuate le dovute verifiche di processo, si è deciso d intervenire nel seguente modo: a) E stata esclusa del tutto dal circuito liquami la vasca di denitrificazione, prolungando le tubazioni di rilancio liquami dalla vasca di equalizzazione in modo tale che, tali tubazioni, invece di caricare il pozzetto di testa della vasca di denitro, andavano ad alimentare direttamente il pozzetto d uscita dalla stessa vasca; b) La tubazione di rilancio fanghi di ricircolo dal sedimentatore secondario è stata deviata direttamente sull adiacente vasca di ossidazione; c) Le pompe di ricircolo nitrati sono state semplicemente spente; d) Si sono montati dei temporizzatori sulle macchine di aerazione di ciascuna linea biologica, in modo da realizzare il processo di aerazione alternata : fasi alterne di nitrificazione e denitrificazione all interno della stesso reattore biologico. Senza voler entrare nei dettagli della verifica di processo del reattore biologico, in questa sede si vuol solo suggerire una regola pratica che si è sempre dimostrata valida in diverse impianti di trattamento di liquami civili: Sia che si ricorra al tradizionale processo predenitro/nitro ( Più scientificamente Modified Ludzak- Ettinger, MLE) o che si ricorra al processo di aerazione alternata, il volume complessivo del reattore biologico (nitro + denitro) deve essere pari ad, almeno, 100 lt per A.E. servito, alle temperature estive ( MLSS superiore a 25 C) e ad almeno lt per utente servito alle temperature invernali. In queste condizioni, ed avendo a disposizione ossigeno a sufficienza, è 7

8 possibile garantire azoto totale in uscita al di sotto dei 15 ppm ( limite per le aree sensibili per impianti al di sotto dei A.E.). Nel nostro caso, il volume delle sole vasche di aerazione (esclusa la denitro ) era pari a mc e, quindi, con la regola pratica di cui sopra, alle temperature estive si poteva garantire un corretto processo di aerazione alternata, con un efficace abbattimento dei composti azotati) per un carico equivalente fino, ad almeno, A.E. In effetti, su alcuni impianti, alle temperature estive è stato possibile ottenere un soddisfacente abbattimento dei composti azotati, anche con soli 80 lt di reattore biologico per A.E. servito. Ma si tratta di carichi massimi, ai quali nulla può essere veramente garantito a priori. Infine per quanto riguarda il deficit di ossigeno sulle linee 1 e 2 si è provveduto installando due flow jet in ciascuna delle due vasche di ossidazione. Inoltre, sulla tubazione di aspirazione aria di ciascuna di tali macchine è stato portato un tubicino per l alimentazione dell ossigeno puro, dal serbatoio di stoccaggio di cui era già dotato l impianto. Quando l ossimetro leggeva concentrazioni di ossigeno disciolto inferiori al set point, si apriva l elettrovalvola installata sull alimentazione dell ossigeno, e l aria aspirata dal flow jet si arricchiva di ossigeno. Si tratta di un espediente che garantisce rese in ossigeno non superiori al 50%, ma di facile realizzazione e, pertanto, molto utili nel caso si debba intervenire con urgenza e, soprattutto, per un periodo di tempo molto limitato: nel caso in esame, non più di giorni all anno, per non più di qualche ora al giorno. 8

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11 Stamford Baffle applicato alla linea 4 del Pollino. Si noti la canaletta di gronda metallica, a rientrare che lasciava del tutto libera la parete verticale cilindrica. 11

12 Stamford Baffle e cilindro centrale di distribuzione in un decantatore di nuova costruzione 12

13 Bibliografia: 1) Secondary settling tanks : Theory modelling, design and operation Aut. G.A. Ekama ed altri, IAWQ, Scientific snd technical report N 6, anno 1997; 2) Assessment of secondary clarification design conceppts Aut. Denny S. Parker, Journal Water Pollution Control Federation, Aprile 1983; 3) Flocculator clarifier performance Aut. Denny S. Parker, Journal Water Pollution Control Federation, Marzo, 1986; 4) Use of flocculation concepts to improve secondary clarifier performance, Aut. Denny S. Parker. Brown and Caldwell archives; 5) Design and operations experience with flocculator-clarifiers in large plants Aut. Denny Parker et Alter; Proceedings Large Wastwater Treatment Plant Group Vienna Workshop, August 28 September ), La regolazione dei processi biologici a fanghi attivi, manuale operativo e guida alla diagnosi Autori : Renato Vismara, Paola Budelli, Paola Comolli, Quaderno N 13 di Ingegneria Ambientale, Inquinamento e Depurazione settembre 1991, 7) State of the art clarifier modelling technology, Aut. Hydrosims, Proceedings Weftec )The activated sludge technology book Autore : Prof. Kennet Lindrea, (Biotechnology Research Center, Latrobe University). 13

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