I rapporti tra l industria di prima trasformazione e la distribuzione moderna

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1 PANEL AGROALIMENTARE ISMEA I rapporti tra l industria di prima trasformazione e la distribuzione moderna Indagine monografica sulle imprese di macellazione e trasformazione e sulle imprese della GDA Introduzione Con l indagine del Panel agroalimentare viene somministrato periodicamente un questionario ad un campione di 620 imprese dell industria agroalimentare, prevalentemente impegnate nella prima trasformazione, e di 150 imprese della grande distribuzione, ottenendo una serie di valutazioni di carattere qualitativo, ex-post ed ex-ante, sull evoluzione del settore. L indagine permette di raccogliere informazioni sulla dinamica delle principali variabili economiche (vendite, prezzi, costi di produzione, addetti) e sui comportamenti delle imprese riguardo alle politiche commerciali e di approvvigionamento. In particolare, due volte l anno sono rilevate le valutazioni degli operatori sull evoluzione congiunturale del settore, con periodo di osservazione semestrale. Altre due rilevazioni annuali sono destinate all approfondimento di particolari tematiche, di carattere generale e di carattere settoriale, specifiche per ogni comparto. In questa nota sono riportati i risultati dell indagine monografica a carattere settoriale effettuata presso le imp rese dell industria di macellazione e di trasformazione nel luglio In particolare, per il comparto della carne, la flessione dei consumi provocata dalla seconda crisi Bse, avvenuta in misura consistente nella prima metà del 2001, ha determinato l alterazione degli equilibri commerciali preesistenti in tutte le diverse fasi di scambio. Infatti, la crisi di fiducia del consumatore nei confronti della carne bovina non solo ha portato ad uno spostamento della domanda verso prodotti succedanei, interni ed esterni al settore delle carni, ma ha anche reso più stringente la necessità di un sistema di tracciabilità ed etichettatura in grado di controllare tutti i flussi di approvvigionamento/distribuzione e, soprattutto, di ricostruire un feeling tra il prodotto e l acquirente. Dopo aver osservato, attraverso le indagini condotte da Ismea sul consumatore, come questo rapporto, sul versante della domanda, si è ricostruito nei mesi successivi alla crisi, pur in modo differente per intensità ed affezione, è altresì interessante esaminare anche il mutato scenario sul fronte opposto della produzione. Proprio allo scopo di analizzare la struttura dei rapporti di filiera, successiva ai cambiamenti strutturali indotti dalla Bse, l Ismea ha condotto un indagine presso le imprese dell industria di macellazione e di trasformazione e della GDO per comprendere gli assetti determinati dal nuovo equilibrio di mercato. Sono stati approfonditi, così, gli aspetti riguardanti i rapporti esistenti tra i diversi operatori della filiera, cercando di individuare le relazioni consolidate e quelle potenzialmente suscettibili di miglioramento. L indagine è stata condotta attraverso il panel Ismea di aziende di prima trasformazione, composto da un campione di 120 aziende appartenenti al segmento della macellazione e della trasformazione delle carni per il comparto bovino, suino e avicunicolo (individuate attraverso un'indagine strutturale a livello regionale); si tratta di un campione rappresentativo per distribuzione territoriale e per dimensione, espressa per classe sia di fatturato delle imprese sia di impiego di manodopera. Con specifico riferimento al comparto bovino, oltre alle 40 aziende appartenenti al panel Ismea (panel A ), l indagine ha interessato anche 41 aziende associate ad Assocarni (Associazione nazionale industria e commercio carni e bestiame) non incluse nel precedente panel (panel "B"), per un totale di 81 aziende (panel A + panel B). L elaborazione dei dati è stata realizzata operando la stratificazione delle aziende per aree, classi di fatturato e di numero di addetti. L'indagine è stata svolta nei mesi di luglio e agosto 2002 tramite la somministrazione di un apposito questionario. Contemporaneamente, un analoga indagine è stata realizzata presso la GDO, selezionando un campione ragionato di insegne, costituito da 16 aziende tra le più diffuse in ambito nazionale, operanti con una rete di vendita pluriregionale o nazionale. Di tali aziende sono stati contattati i direttori commerciali o i buyer di acquisto responsabili per il settore, a cui è stato somministrato un questionario, speculare a quello precedente. 1

2 Successivamente ad una prima analisi specifica per l industria e per la distribuzione, sono stati esaminati congiuntamente gli aspetti riguardanti l'approvvigionamento e la commercializzazione nelle due fasi della filiera, nel tentativo di individuare le criticità esistenti nel rapporto tra i vari operatori. RISULTATI DELL INDAGINE L'industria di lavorazione delle carni Le caratteristiche principali delle imprese del campione Le aziende del panel operanti nella macellazione e trasformazione della carne bovina presentano una marcata localizzazione nell'italia settentrionale (77%). In particolare, con riferimento alle aree Nielsen, la metà delle aziende del panel "B" è collocata nell area 1; diversamente, la maggior parte di quelle del panel "A" risulta situata nell area 2. In base alle dimensioni aziendali, misurate in termini di numero di addetti, quelle più piccole (da 1 a 14) risultano maggiormente numerose (60%), mentre quelle più grandi (oltre 50 addetti) rappresentano il 16% del totale. Il peso delle aziende di piccole dimensioni è notevolmente superiore nell area 4 (87%) rispetto alle altre zone, dove l incidenza risulta più bassa, pari a circa il 50-60% (fig. 10.1). Diversamente, l incidenza delle aziende di grandi dimensioni, assenti nel Centro-Sud, appare più elevata in area 2 (21%) seguita dall area 1 (18%). Fig Distribuzione delle aziende di macellazione e lavorazione delle carni bovine per area e numero di addetti (numero di aziende) Area 1 Area 2 Area 3 Area oltre 50 addetti Relativamente alla stratificazione delle imprese per classe di fatturato, circa la metà evidenzia un livello di entrate piuttosto modesto (inferiore a 5 milioni di Euro); queste aziende si concentrano per i 2/3 nel Nord e per l 88% nella fascia di aziende di limitate dimensioni per numero di addetti. Al contrario, le imprese che sviluppano un fatturato elevato (superiore a 50 milioni di Euro) rappresentano circa il e si concentrano esclusivamente al Nord (63% in area 2) e tra le aziende con un numero elevato di addetti. Un analisi più approfondita consente di individuare alcune differenze, sia in termini di unità lavorative impiegate che di fatturato, tra i due gruppi di aziende analizzati. In particolare, nel panel A il peso delle aziende di grandi dimensioni è analogo a quello delle medie (20%) e comunque superiore rispetto al panel B, in cui invece trovano più spazio le aziende di medie dimensioni. 2

3 In generale, poi, si denota una correlazione positiva tra la dimensione e il fatturato aziendale. Ciò è particolarmente evidente nel panel "A" in cui la frequenza delle piccole aziende (da 1 a 14 addetti) con il fatturato più basso (inferiore a 5 milioni di Euro) sfiora il 90% a fronte di poco meno del 60% nel gruppo "B". Le aziende di medie dimensioni (da 15 a 49 addetti) presentano una maggiore diversificazione del loro fatturato che oscilla in un range molto ampio (da 10 a 50 milioni di Euro), mentre le grandi aziende, con almeno 50 addetti, si collocano nella fascia elevata di fatturato (oltre 50 milioni di Euro). Considerevole risulta il peso delle aziende monoprodotto. Relativamente all incidenza del prodotto sul fatturato complessivo dell azienda, infatti, si rileva che il 43% delle aziende ottiene dalla sola carne bovina oltre il 95% del totale delle proprie entrate ed un ulteriore quota (16%) denota un peso consistente della carne bovina (tra l 80% ed il 95%). Relativamente più basso è il numero delle aziende che legano meno i propri risultati operativi alla carne bovina: per il 30% delle imprese l incidenza è compresa tra il 50% e l 80%, mentre per il restante è inferiore al 50%. La specializzazione più spinta (con incidenza superiore all 80%) si riscontra nel Nord e tra le aziende di medio-grandi dimensioni. Tra le altre carni, quelle suine sono le più rappresentate. In generale, la principale attività svolta è la macellazione, indicata dal 78% delle aziende intervistate, mentre solo il 17% si dedica alla lavorazione successiva e il 4% alla trasformazione. La gran parte delle aziende di macellazione è concentrata nell'area settentrionale della penisola, mentre le imprese che svolgono principalmente la lavorazione e la trasformazione delle carni assumono un'importanza rilevante nel mezzogiorno, rappresentando quasi la metà delle aziende intervistate. Le aziende di seconda lavorazione sono costituite per lo più da quelle di dimensioni più contenute. Tra i due panel, la sola attività di macellazione assume una maggiore importanza in quello "B" (93%), mentre nel panel "A" solo il 62% delle aziende svolge tale attività in modo prevalente. Il 21% delle aziende opera esclusivamente in conto proprio (l azienda svolge l attività fatturando al cliente la carne macellata) e il 14% interamente in conto terzi (l'azienda svolge l'attività fatturando il solo servizio di macellazione e non la carne, poiché l'animale vivo è fornito dal cliente/committente) (fig. 10.2). Le prime si localizzano prevalentemente al Nord e si identificano con le aziende medio-grandi, mentre le seconde, presenti soprattutto nell area 1, sono rappresentate da aziende di modeste dimensioni. La maggior parte delle altre imprese del campione (circa il 40%), però, svolge un'attività prevalentemente in conto proprio. In base al modo in cui è condotta l'attività di macellazione si osserva una sostanziale differenza tra i due panel, la quota di aziende che operano esclusivamente in conto proprio è più elevata nel panel "A" rispetto al "B". Le aziende che operano esclusivamente in conto terzi sono minori in "A" rispetto a "B"; in quest'ultimo caso si tratta sempre di aziende con dimensioni medio -piccole. Comunque, l'attività in conto terzi non costituisce un dato strutturale, poiché un'azienda può, secondo i periodi e le richieste, attivare o cessare, ampliare o limitare tale modalità di conduzione dell'attività di macellazione. Fig Ripartizione delle aziende di macellazione del comparto bovino in base alle attività solo contro proprio 21% più conto proprio 38% 30% solo contro terzi 14% più conto terzi 3

4 Le fonti di approvvigionamento Lo studio dei canali di approvvigionamento delle aziende di macellazione mostra, così come già osservato in precedenti analisi 1, che i principali fornitori di animali vivi sono i singoli allevatori (56%), e le cooperative di allevatori (12%) (fig. 10.3). Gli allevamenti di proprietà e le soccide assumono un importanza non trascurabile, poiché sono utilizzate quali fonti di approvvigionamento dal 19% delle aziende di macellazione. Tale forma di integrazione a monte appare più diffusa nell Italia settentrionale, dove interessa soprattutto le imprese di medie dimensioni, mentre assume un importanza decisamente minore nel Sud e risulta completamente assente nelle regioni centrali. In quest' ultima area prevalgono nettamente gli acquisti dagli allevatori singoli e dalle cooperative. Soprattutto nel panel "B" si riscontra un elevata incidenza di allevamenti in proprietà o soccide (21%), appartenenti ad aziende di medio-piccole dimensioni, mentre nel gruppo "A" tale forma di approvvigionamento risulta nettamente inferiore e la dimensione aziendale non sembra essere un parametro discriminante. Fig Principali categorie di fornitori di animali vivi delle aziende di macellazione del campione allevatori singoli 56% cooperative di allevatori 12% allevamenti di proprietà/ soccide grossisti/ intermediari 19% 6% importatori 3% altri macelli 3% Le forniture effettuate dai grossisti e dagli intermediari rivestono un ruolo secondario (6%); appaiono meno importanti nelle grandi aziende del Nord e, al contrario, risultano di una certa rilevanza in quelle medio-piccole del Centro-Sud. Un peso limitato, invece, assumono i rifornimenti degli importatori, in particolare al Centro-Nord, utilizzati allo scopo di completare la gamma o di raggiungere determinati volumi di lavorazione. L esame del numero dei fornitori, tra i macelli che non si riforniscono esclusivamente da allevamenti in proprietà o attraverso soccide, evidenzia l elevata frammentazione della parte apicale della filiera, nonché la scarsa integrazione esistente (fig. 10.4). Poco meno della metà di tali aziende, infatti, indica un numero estremamente elevato di fornitori (oltre 50), mentre circa un quarto delle aziende ha un numero di fornitori comunque rilevante (da 20 a 50); solamente il 6% dichiara di avere meno di 10 fornitori. In generale, tale frammentazione appare più spinta nell area 2 rispetto all area 1 e cresce, ovviamente, all aumentare delle dimensioni del macello. 1 ISMEA, Analisi della competitività delle imprese di prima trasformazione del settore delle carni, Quaderni di filiera n 1. Roma, marzo

5 Fig Numero di fornitori di animali vivi delle aziende di macellazione del campione (% di aziende) 50% 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 5% 0% da 1 a 3 fornitori da 4 a 10 fornitori da 11 a 20 fornitori da 21 a 50 fornitori oltre 50 fornitori non so/nr Tale situazione è riconducibile all'elevata incidenza che assumono gli allevatori singoli rispetto alle altre forme di approvvigionamento, quali cooperative, grossisti, intermediari e importatori, caratterizzate da una maggiore concentrazione dell'offerta di materia prima. Conseguentemente alla frammentazione degli acquisti, la quota dei primi tre fornitori sul fatturato complessivo aziendale non supera il 50% per la maggior parte delle aziende intervistate (circa 60%). Approfondendo lo studio della contrattualistica che regola l approvvigionamento degli animali vivi, si rileva che poco più delle metà delle aziende di macellazione acquista il bestiame a peso vivo, anche se sono abbastanza diffuse le modalità a peso morto (17%) e a vista (17%). In particolare, l'acquisto a vista assume importanza rilevante nel panel "A" (27%), mentre nel "B" la quota è nettamente inferiore (11%). In quest' ultimo gruppo l'acquisto è principalmente eseguito a peso morto, a fronte di un incidenza trascurabile nel gruppo "A", in cui si evidenziano soprattutto le altre modalità. L analisi dei canali di approvvigionamento delle aziende che svolgono quale principale attività quella di lavorazione delle carni fresche e/o la successiva trasformazione, evidenzia che una quota rilevante di acquisti (57%) è effettuata presso gli impianti di prima lavorazione (macelli) e, in misura minore, presso i grossisti e intermediari (27%), mentre gli importatori assumono un importanza limitata (16%). Le aziende di grandi dimensioni si riforniscono esclusivamente dai macelli e dagli importatori, saltando l intermediazione dei grossisti. Contrariamente a quanto avviene nel segmento della macellazione, il numero di fornitori è decisamente limitato (inferiore a 10) per una quota elevata delle aziende (77%). Sono infatti i macelli ad attuare una significativa forma di concentrazione dell offerta, poiché partendo da un elevato numero di fornitori (allevatori) sono in grado di soddisfare la maggior parte dei fabbisogni delle industrie di lavorazione e trasformazione delle carni. L'acquisto da parte di queste aziende riguarda quasi esclusivamente la carne in osso (88%). Ciò suggerisce una propensione delle aziende di lavorazione e trasformazione a seguire direttamente le fasi tecnologiche a partire dalla carcassa. In generale, esaminando il peso dei primi 3 fornitori di animali e/o carni sugli acquisti complessivi, si rileva che solo in un quarto dei casi è superiore al 50%, mentre per un altro quarto degli intervistati è addirittura inferiore al 25%, denotando un elevata frammentazione degli acquisti anche in termini di volumi. La concentrazione degli acquisti risulta inversamente proporzionale alla numerosità dei fornitori e, rispetto alla media, lievemente superiore solo in area 2. Circa la localizzazione dei fornitori (fig. 10.5), si osserva che una gran parte dei flussi di approvvigionamento è circoscritta ad un ambito territoriale ristretto, quale la provincia (19%) o la regione (38%). Variazioni rispetto a ciò si registrano per le grandi imprese, che mostrano una delocalizzazione maggiore degli approvvigionamenti, e, su base geografica, per il Centro ed il Sud. In particolare, nell'italia meridionale predomina l'approvvigionamento dai paesi comunitari, in quanto, come già riferito, è in questa area che si registra un acquisto rilevante di merce dagli importatori. L'approvvigionamento da fornitori locali, collocati nella stessa provincia, assume un importanza non trascurabile, e risulta piuttosto elevato nell'italia centrale. L'acquisto di merce dai paesi extra comunitari, sebbene molto limitata, si osserva unicamente nell'area 1, per le piccole aziende, e nell area 4, per quelle più grandi. 5

6 Fig Localizzazione dei fornitori di animali e carni delle imprese di macellazione del campione provincia 19% regione 38% 25% altre regioni UE 16% extra UE 2% Le modalità di acquisto La modalità di acquisto della materia prima più frequente non prevede un contratto scritto (76%), ed è utilizzata con maggiore intensità nel meridione (87%) e dalle imprese di dimensioni ridotte (85%). La diffusione dei contratti scritti è inversamente proporzionale alla durata del contratto stesso, risultando molto limitata per quelli pluriennali (3%) e leggermente più estesa per quelli annuali (8%) e di durata inferiore all anno (12%). La presenza di contratti scritti di fornitura di durata almeno annuale risulta correlata positivamente alle maggiori dimensioni aziendali dell acquirente (32%) e territorialmente, alla collocazione dell azienda nell area 1 (18%) e nell area 2 (11%). Ne deriva, inoltre, che nei rapporti con i fornitori, il segmento della macellazione e trasformazione non sembra sensibile all'utilizzo dei disciplinari di produzione, ossia a dei documenti, eventualmente previsti dal management aziendale, dove vengono indicati i requisiti minimi (merceologici, sanitari, qualitativi, ecc.. ) ai quali devono corrispondere le forniture acquisite dall'azienda. Infatti, la maggior parte delle aziende intervistate non se ne avvale e, in alcuni casi, tale situazione è comune a tutte le aziende contattate (area 3). Le aziende che fanno uso di specifici disciplinari di produzione rappresentano una quota maggiore se appartenenti al panel "A" (59%), rispetto al panel "B" (32%). Per il non elevato numero di aziende che si avvalgono di disciplinari di acquisto, gli aspetti più importanti riguardano le caratteristiche merceologiche (24%) e il rispetto degli standard igienico sanitari (22%) e, con minore incidenza, l'alimentazione (18%) e il sistema di allevamento (17%) (fig. 10.6). In generale, i primi due aspetti sembrano interessare meno le aziende di grandi dimensioni che accordano, però, maggiore importanza agli altri due aspetti considerati. Elementi interessanti derivano dall esame della modesta rilevanza assunta dalle certificazioni (di processo, di prodotto, ambientale ed etica) all interno dei disciplinari. L 8% degli interessati che dichiara di farvi ricorso, infatti, è localizzato esclusivamente al Nord con punte massime in area 1 (14%) ed appartiene alle classi dimensionali più grandi o più piccole, attente per motivi diversi a tali aspetti. 6

7 Fig Aspetti ritenuti più importanti nei disciplinari delle aziende di macellazione e di lavorazione del campione Caratteristiche merceologiche Standard igienico sanitari Alimentazione Sistema di allevamento Etichettatura volontaria Certificazione ambientale Altro Certificazione etica Certificazione del prodotto Certificazione del processo 0% 5% 15% 20% 25% 30% (% di risposte) nota: la base degli intervistati è rappresentata dalle aziende che applicano un disciplinare (45%), a cui è stata data la possibilità di indicare i 5 aspetti ritenuti più importanti Quando le aziende ricorrono ai disciplinari, però, cercano di utilizzarli per una quota consistente dei propri acquisti, nonostante entrino in contatto con numerosi fornitori. Oltre la metà delle aziende che ne fa uso, infatti, impone vincoli di fornitura su una quota elevata della materia prima complessivamente acquistata (oltre il 75%). Altro aspetto importante nella fornitura di materia prima risulta la definizione del prezzo di acquisto. La maggioranza delle aziende intervistate utilizza, quale riferimento, le quotazioni del mercato nazionale più rappresentativo (53%). Ricorrono alle quotazioni del mercato locale circa un terzo delle aziende del panel, ma tale modalità ha un elevata incidenza in aziende di medie dimensioni e nell area 2, dove, peraltro, si localizzano alcuni dei mercati più rappresentativi a livello nazionale per il comparto bovino. Differenze di un certo rilievo circa l importanza accordata alle quotazioni del mercato locale si osservano tra le aziende del panel "B" (37%) e quelle del panel "A" (22%). La commercializzazione e la logistica Oltre alle tematiche strettamente connesse all approvvigionamento, è stata indagata anche la fase successiva di commercializzazione dei prodotti dell industria di prima e di seconda lavorazione delle carni. Il primo elemento esaminato è stato l incidenza sul fatturato delle diverse lavorazioni (fig. 10.7). La quasi totalità delle industrie intervistate (94%) realizza prime lavorazioni (prodotti freschi con osso) che, nel complesso, rappresentano il 49% dell offerta complessiva. Risulta più ristretto (68%) il numero di aziende che offrono seconde lavorazioni (tagli freschi disossati), il cui peso sul fatturato delle aziende è pari al 35%. Diversamente, il numero di aziende impegnate nelle terze lavorazioni (elaborati crudi: hamburger) risulta molto più contenuto (19%), così come l incidenza di questi prodotti sulle vendite finali (). L importanza delle lavorazioni successive (elaborati cotti/panati o piatti pronti) appare estremamente limitata, sia in termini di aziende impegnate (12%), sia di fatturato (6%). Per quanto riguarda la distribuzione geografica, si osserva che gli elaborati (le terze, quarte e quinte lavorazioni) sono appannaggio esclusivo di piccole e di grandi aziende dell area 1 e 2. 7

8 (% del fatturato) 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 0% Fig Peso delle diverse lavorazioni sul fatturato delle aziende di macellazione e di lavorazione del campione 1a (freschi c/osso) 2a (freschi s/osso) 3a (elaborati crudi) altro oltre 50 addetti Per quanto riguarda la tecnica di conservazione delle carni fresche, tra le aziende del panel "A" si riscontra una limitatissima incidenza nell'utilizzo dell'atmosfera modificata, impiegata da alcuni grandi impianti del Nord per la totalità del prodotto. Tra le aziende del panel "B" l incidenza dell'uso dell'atmosfera modificata appare piuttosto elevata (62%) -limitatamente all area 1 -, così come quello della carne congelata (38%). La tecnica del congelamento, peraltro, è usata da un numero di aziende limitato, equivalente tra i due panel, ma solamente per un'azienda il contributo della vendita di carne congelata sul fatturato complessivo risulta notevole. E interessante, poi, esaminare l incidenza di alcuni costi sul fatturato di vendita 2. Il costo della materia prima risulta piuttosto elevato. Tale onere, per la maggior parte delle aziende (60%), supera il 70% del fatturato e, per un quarto del campione, è maggiore dell 85%. Si osserva, inoltre, che l incidenza dei costi per la materia prima superiore al 70% del fatturato si riscontra con più frequenza nell'italia centrale e settentrionale, tra le aziende di dimensioni medio-grandi. Il costo del lavoro evidenzia una distribuzione più uniforme delle aziende, con raggruppamenti di simile numerosità tra le diverse classi di costo (inferiore al 5%, tra il 6% ed il 15%, al di sopra del 15%). Un esame più approfondito evidenzia che nelle aziende di dimensioni medio-piccole l incidenza del costo del lavoro è frequentemente più elevata rispetto a quelle grandi. Questo denota un andamento opposto dell'incidenza del costo del lavoro e delle materie prime rispetto alle dimensioni aziendali, in conseguenza di economie di scala che si realizzano solo al crescere dell attività aziendale (fig. 10.8). Il costo del confezionamento, incide per una quota estremamente limitata (inferiore a 3%) sul fatturato di una gran parte delle azienda (62%) soprattutto se di dimensioni medio-grandi -, risultando più pesante (tra il 9% ed il 20%) solo per un numero limitato di impianti (11%). 2 Alle domande relative all incidenza dei costi sul fatturato, la percentuale di non risposte è risultata compresa tra il 9% ed il 17% del totale. 8

9 Fig Incidenza % dei costi sul fatturato nelle aziende di macellazione e di lavorazione del campione (peso % nella classe di aziende ) 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 0% oltre 50 addetti materia prima (oltre il 70%) costo del lavoro (oltre il 15%) Fonte Ismea Spostando l indagine all attività di commercializzazione, sono stati esaminati i principali mercati di sbocco della produzione. I canali di vendita maggiormente utilizzati (fig. 10.9) sono rappresentati dalle macellerie tradizionali (33%) e dalla grande distribuzione (33%). In particolare, il canale del dettaglio tradizionale è utilizzato in misura considerevole dalle aziende di piccole dimensioni dell area 3 e dell area 4 (50%). Al contrario, i flussi di vendita verso la GDO mostrano, anche se in misura meno evidente, una maggiore incidenza nelle aree del Nord; il rapporto con la distribuzione moderna, però, appare correlato soprattutto con le dimensioni aziendali, crescendo dal 23% dei piccoli macelli sino al 50% delle grandi aziende. Fig Principali categorie di clienti delle aziende di macellazione e di lavorazione del campione distribuzione moderna 33% dettaglio tradizionale 33% ristorazione collettiva 5% grossisti/ intermediari 21% altre industrie 4% 9

10 Un altra categoria di clientela importante, poi, risulta quella rappresentata dai grossisti/intermediari (21%), che svolgono ancora un ruolo importante nell aggregare l offerta dei piccoli e medi impianti industriali; tale canale è ben rappresentata nell'area 3, dove la sua incidenza è pari a quella della GDO. Il flusso di prodotto avviato alla ristorazione collettiva, invece, è piuttosto limitato (5%) e completamente assente nell'italia centrale e meridionale. Tale canale risulta ugualmente importante per le piccole aziende che ne soddisfano la domanda in ambito locale e, contemporaneamente, per le grandi aziende che risultano integrate o che sfruttano contratti di fornitura a livello nazionale con le principali imprese di catering. Alcune differenze si registrano tra i due panel. Alla categoria dei grossisti fanno più frequentemente ricorso le imprese del panel "B" (32%) rispetto a quello "A" (15%), mentre la vendita alla ristorazione collettiva e commerciale assume per il gruppo "A" un imp ortanza non trascurabile (12%) se confrontata con il gruppo "B". La numerosità della clientela, a causa della forte incidenza delle macellerie tradizionali quale canale di vendita, risulta piuttosto elevata (fig ). Infatti, per la maggior parte delle aziende del campione (59%) il numero di clienti è compreso tra 51 e 500 e per una parte importante di esse (15%) è addirittura superiore a tale numero; diversamente, solo per il 6% delle aziende il numero dei clienti è inferiore a 20. Fig Numero di clienti nelle aziende di macellazione e di lavorazione del campione 45% 40% 35% (% di aziende) 30% 25% 20% 15% 5% 0% oltre 2000 (n di clienti) Fonte Ismea Conseguentemente, la quota dei primi tre clienti sul fatturato è, in molti casi, limitata: per il 37% delle aziende è inferiore 25% - ciò è ancora più evidente nel gruppo "A" (48%) e per il 35% di esse è compreso tra il 25% ed il 50%; all opposto, solo per il 2% delle aziende i primi tre clienti rappresentano più del 75% del mercato finale delle imprese di lavorazione e trasformazione delle carni bovine incluse nel campione. Esaminando i principali aspetti della logistica, si osserva che la quasi totalità delle aziende prese in esame (98%) consegna la merce direttamente dal luogo di produzione e solamente il 2% di esse si avvale di piattaforme gestite da terzi; si tratta, in questo caso, di aziende di grandi dimensioni, collocate esclusivamente nel nord Italia, che, probabilmente, in conseguenza dei grandi quantitativi di prodotto offerto, devono ricorrere a depositi supplementari. Non sono mai utilizzati, invece, depositi periferici. Nel complesso, tale gestione del prodotto in fase di post lavorazione deriva dagli alti costi connessi alla catena del freddo, ma anche da una scarsa integrazione a valle con le grandi catene della GDO. L'indagine, poi, si è posta anche l'obiettivo di indagare sulle iniziative di carattere commerciale raggruppabili in 4 tipologie di azioni (logistica/distribuzione, prodotto/presentazione, servizi alla vendita, promozione/pubblicità) - adottate dalle aziende e, successivamente, su quelle di carattere strutturale, sia in atto sia in fase di prossima realizzazione, in grado di consentire loro una più forte presenza sul mercato (fig ). 10

11 Fig Iniziative per il consolidamento del mercato attuale delle aziende di macellazione (% di risposta) 20% 16% 12% 8% 4% 0% 18% 5% 11% 19% 7% 8% 1% 11% miglio/potenz. rete di... automazione magazzino organizz. logistico dist... miglior. standard igie... miglior. caratt. organol... ampliamento gamma calibratura confezionamento assistenza tecnica miglior. puntualità co... 2% 5% 1% 2% 2% condizioni di pagamen.. promozione sul punto... pubblicità nota: alle aziende è stata data la possibilità di indicare 4 iniziative ritenute più importanti Le azioni commerciali ritenute più importanti, per espandere o consolidare la propria presenza sul mercato, appaiono quelle riguardanti il prodotto e la sua presentazione (46%) e la logistica e la distribuzione del prodotto (33%). Al contrario, risultano meno utilizzate le leve rappresentate dai servizi alla vendita (7%) e della promozione/pubblicita (3%). Tale approccio trova una spiegazione nella scarsa integrazione di filiera esistente a valle e nella relativa lontananza dal consumatore finale che, contemporaneamente, inducono l industria a puntare i propri sforzi sul prodotto, attribuendo ai servizi offerti una importanza relativa. Ne deriva così che le azioni intraprese con più frequenza sul prodotto riguardano il miglioramento degli standard igienico-sanitari (19%) e delle caratteristiche organolettiche (7%), il confezionamento (11%) e l ampliamento della gamma (8%). La prima iniziativa assume maggiore importanza nel centro Italia rispetto alla altre zone. Il confezionamento riveste una certa importanza nell Italia Nord-occidentale e meridionale, e per le aziende di medie e di grandi dimensioni. Appaiono anche importanti le azioni mirate a migliorare e a potenziare la rete di vendita (18%), l organizzazione logistica e distributiva del prodotto in uscita (11%) e l automazione del magazzino (5%). Pur evidenziandosi in qualche caso una maggiore attenzione nel Centro-Sud, dove le criticità sono sicuramente maggiori, e nelle grandi imprese sempre più interessate all aspetto logistica, tali temi sembrano interessare con analoga intensità le diverse realtà. Da sottolineare, infine, che circa l 11% delle aziende non intraprende alcuna azione per migliorare la propria presenza sul mercato; tali aziende sono dislocate nel Nord e sono caratterizzate da una dimensione piccola e media. Per quanto riguarda le azioni di tipo strutturale, oltre la metà delle aziende intervistate, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, dichiara di non avere in corso nessun investimento. La ristrutturazione degli impianti esistenti risulta l azione più ricorrente, interessando circa un quarto del panel, senza differenze sostanziali tra i diversi gruppi dimensionali. L'acquisizione di impianti, che indica una tendenza alla concentrazione dell'offerta, è effettuata dal 9% delle aziende ed è intrapresa soprattutto da quelle collocate nel nord della penisola, di piccole e medie dimensioni che, probabilmente, aspirano a raggiungere un maggior peso sul mercato. Diversamente, l ampliamento delle linee di lavorazione (12%) interessa soprattutto le grandi aziende che sembrano così tendere ad un miglioramento dell efficienza interna. Circa i programmi di investimento a medio termine, poco meno della metà delle aziende con punte maggiori nel caso di quelle più grandi (64%) - non sembra mostrare alcun interesse. L attenzione si concentra, invece, sull ampliamento delle linee di lavorazione esistenti (17%) e sull acquisizione di nuove linee (15%). La ristrutturazione di impianti già esistenti (14%) e l acquisizione di nuovi (11%) interessa soprattutto le realtà medio-piccole. 11

12 Le aziende della grande distribuzione Le principali catene distributive della GDO intervistate, si collocano nell Italia centro-settentrionale. Tuttavia, occorre rilevare che la ripartizione territoriale assume scarsa importanza se si considera che molte delle aziende intervistate operano con una rete di vendita pluriregionale ed in alcuni casi nazionale. In ques to aggregato, inoltre, sono presenti aziende distributive che operano prevalentemente con punti vendita di proprietà ma non trascurabili sono quelle che operano con una rete di punti vendita non di proprietà o con entrambe le tipologie. Tale elemento comporta una differente gestione del settore carni; infatti, le aziende con punti vendita di proprietà sono impegnate in tutta la catena di lavorazione, mentre quelle con punti vendita non di proprietà effettuano, generalmente, prima (carne fresca con osso) e seconda (tagli freschi disossati) lavorazione. Dall'analisi dei dati raccolti, emerge che tutte le aziende contattate trattano carne bovina, suina e avicola. Con riguardo alla sola carne bovina, si osserva che la sua quota sul fatturato complessivo del settore carni viene indicata, dalla maggior parte delle aziende, compresa tra 31 e 40%. Le fonti di approvvigionamento L analisi dei canali di approvvigionamento mostra che le aziende della distribuzione si riforniscono soprattutto dai grossisti e intermediari (24%) e direttamente dai produttori singoli (12%) o in forma associata (24%). Solo in misura minore la GDO dispone di una fonte di acquisto costituita da produttori integrati ad essa (), così come limitato è il rifornimento diretto dall industria () ed assai scarso è l'acquisto presso gli importatori (fig ). Poiché i principali canali di acquisto sono costituiti da intermediari e cooperative, in grado di concentrare l offerta, il numero complessivo di fornitori per ciascuna azienda è relativamente basso. In particolare, per il 44% del campione considerato il numero è inferiore a 3 e per la metà degli intervistati è compreso tra 4 e 10 (fig ). In accordo con quanto appena visto, anche le forniture di prodotto appaiono concentrate; la maggior parte delle aziende (63%), infatti, acquista dai primi tre fornitori una quota superiore al 75% della carne bovina venduta, il 13% una quantità compresa tra il 50% ed il 75% del totale e la parte restante delle aziende di distribuzione una quota comp resa tra il 25% ed il 50%. Fig Principali categorie di fornitori di carne bovina delle aziende della GD-DO del campione allevatori singoli 12% cooperative di allevatori 24% allevamenti integrati grossisti/ intermediari 24% importatori 2% industria 12

13 Fig Numero dei fornitori di carne bovina delle aziende della GD-DO del campione 60% 50% 44% 50% (% di aziende) 40% 30% 20% 0% 6% da 1 a 3 da 4 a 10 da 11 a 20 La valenza multiregionale della GDO traspare anche dall ubicazione dei fornitori rispetto alla sede (fig ). Emerge, infatti, che a fronte di un gruppo ristretto di fornitori presenti nella stessa provincia (15%) o regione (27%), la maggior parte dei fornitori si localizza sul resto del territorio nazionale (49%) e, in misura minore, comunitario (). La distribuzione geografica dell approvvigionamento riflette, in parte, la distribuzione delle aziende di prima trasformazione, infatti, è in area 2 che sono maggiormente rappresentati, quali fornitori, le cooperative e gli allevatori singoli delle stesse regioni, mentre in area 1 e in area 3 ci si avvale principalmente di grossisti e intermediari. E di particolare interesse segnalare la mancanza assoluta di fornitori ubicati in paesi extra comunitari e la limitata importanza di fornitori ubicati in altri paesi Ue. Ciò è riconducibile al fatto che le aziende di commercializzazione soddisfano il proprio fabbisogno di prodotto estero principalmente attraverso gli intermediari e solo in limitata misura si avvalgono direttamente degli importatori. Fig Localizzazione dei fornitori di carni bovine delle aziende della GD-DO del campione provincia 15% regione 27% 49% altre regioni UE extra UE 0% 13

14 Dall esame della contrattualistica di acquisto emerge che nel 60% dei casi le aziende di distribuzione prediligono acquistare la carne bovina mediante contratti annuali, ma estremamente elevata è l'incidenza di acquisti senza alcun contratto scritto (23%), che vanno ad influenzare la costanza del rifornimento (anche in termini qualitativi) e i prezzi pagati. Quest'ultima modalità di acquisto è prevalente in area 3 e 4. Inoltre, per le carni bovine (e suine) le aziende che acquistano con contratto annuale stilano una specie di disciplinare di acquisto con il fornitore nel quale, però, non è fatto riferimento alcuno al volume ed al prezzo di acquisto. Questi elementi sono gestiti settimanalmente e non esiste alcun obbligo da parte della catena di acquistare da quel fornitore. Nel rapporto con i fornitori, inoltre, la GDO sembra accordare una particolare preferenza (oltre la metà degli intervistati) ai fornitori che garantiscono, quale certificazione volontaria, quella di processo (Iso 9001) e, in misura minore (26%), a coloro in possesso della certificazione ambientale (33%). Gli altri tipi di garanzie, come la certificazione del prodotto (Bio, Dop, Igp), a cui i consumatori finali sembrano particolarmente sensibili negli ultimi anni, non riscuotono alcuna preferenza; analoga situazione si verifica per la certificazione etica, peraltro di minore impatto sui consumatori. Al contrario, però, le aziende della distribuzione risultano estremamente favorevoli a rapporti con fornitori che si avvalgono di un sistema di etichettatura volontaria: oltre l 80% esprime una preferenza in tal senso. Per quanto concerne la determinazione del prezzo di acquisto, infine, oltre il 70% degli intervistati, assume come riferimento per la liquidazione dei fornitori le quotazioni del mercato nazionale più rappresentativo, e solamente il 12% si avvale del mercato locale (modalità più citata nel Sud Italia ). Un non trascurabile numero di aziende (poco meno del 20%), soprattutto operanti nell Italia centrale, per la definizione del prezzo di acquisto ricorre anche a premi o penalizzazioni sulla base di parametri qualitativi. La commercializzazione e la logistica Di particolare interesse, poi, appare l esame degli aspetti inerenti la commercializzazione del prodotto da parte della GDO. La maggior parte delle aziende di distribuzione tendono a commercializzare carne bovina fresca con osso (1 a lavorazione) e senza osso (2 a lavorazione) nella misura, rispettivamente, del 30% e 33%. Gli elaborati crudi (terze lavorazioni) sono venduti da un numero inferiore di operatori (21%) e, in misura ancora più limitata, le lavorazioni successive. Le prime lavorazioni rappresentano, per la metà delle aziende di distribuzione che se ne occupano, oltre il 90% del fatturato. Le seconde lavorazioni costituiscono una quota inferiore al 50% del fatturato per la maggior parte delle aziende che le trattano. Le lavorazioni successive, diversamente, contribuiscono a fornire non oltre un terzo del fatturato. Nell analisi dell incidenza dei costi sul fatturato, in generale, sono state rilevate alcune difficoltà ad ottenere informazioni, a causa del rifiuto di alcune aziende a rispondere. Con specifico riferimento all incidenza del costo della materia prima sul fatturato, circa un quarto delle aziende della GDO indica un peso decisamente elevato (86-90%), un ulteriore 25% segnala un peso lievemente inferiore (tra il 75% e l 85%), mentre il 19% indica un'incidenza decisamente più contenuta (meno del 75%). Nessuna azienda ha indicato, comunque, un costo superiore al 90% del fatturato, ma circa 1/3 non ha risposto. L incidenza del costo del lavoro sul fatturato (oltre 1/3 non risponde) sembra distribuirsi uniformante attorno alla modalità più frequente che indica un peso medio del 10-15%. Per gran parte delle aziende (44%) il costo dei materiali di confezionamento incide per una quota estremamente limitata del fatturato complessivo del settore carne (inferiore al 3%). Concentrando l attenzione sugli aspetti più importanti della logistica, l indagine evidenzia che, per la movimentazione della carne, la maggior parte delle aziende (56%) si avvale di depositi periferici gestiti direttamente, mentre una parte considerevole del panel (37%) preferisce consegnare la merce direttamente dal luogo di produzione. Praticamente trascurabile è l'utilizzo di piattaforme gestite da terzi. Sul fronte delle vendite l incidenza della marca commerciale sul fatturato appare piuttosto limitata per la carne bovina; infatti, per il 60% delle aziende le private label sono totalmente assenti, mentre per un quarto delle aziende il loro peso è superiore al 50% del fatturato complessivo. Dall'indagine, infine, emerge che le principali azioni che le aziende di distribuzione intendono intraprendere nel breve e medio periodo per sostenere le vendite di carne bovina, riguardano soprattutto le promozioni della marca commerciale (33%), le promozioni 3x2 (17%) e la vendita assistita al banco (17%). Altre iniziative, quali la comunicazione della garanzia di provenienza o il contenimento dei prezzi, assumono un importanza minore. 14

15 Conclusioni L analisi congiunta delle indagine eseguite presso l industria e la distribuzione moderna, consente di estrapolare alcune elementi interessanti che forniscono delle utili indicazioni circa i rapporti esistenti tra gli operatori che si posizionano più a valle lungo la filiera della carne bovina. Un primo elemento che rende squilibrato il rapporto tra industria e GDO può essere individuato nell eccessiva frammentazione della clientela, oltre che dei fornitori, da parte dell industria che, spesso, non riesce a raggiungere una massa critica in grado di soddisfare le richieste della distribuzione moderna. Questa, diversamente, tende a relazionarsi con un numero estremamente ridotto di fornitori, finendo così con il ricorrere a figure intermedie quali grossisti ed intermediari che, pur allungando il canale di acquisto, riescono a svolgere un importante funzione di aggregazione dell offerta. Allo stesso tempo, la contrazione dei canali è assicurata dai rapporti diretti con allevatori, spesso integrati attraverso disciplinari produttivi, che consentono la garanzia della costanza delle forniture quanti-qualitative. Inoltre, nei rapporti con la clientela, il segmento della macellazione e prima trasformazione si mantiene fortemente legato al piccolo dettaglio; la vendita verso le macellerie tradizionali, infatti, interessa ancora la metà delle aziende. Conseguentemente gli acquirenti sono in numero eccessivamente elevato ed i primi tre in ordine di importanza non riescono a rappresentare più di un quarto dell intero fatturato aziendale. Sul fronte contrattuale, costituisce un elemento di sicura sorpresa l elevata frequenza con cui l industria si approvvigiona senza alcun contratto scritto, cosa che determina l impossibilità di omogeneizzare la propria offerta almeno sotto il profilo qualitativo. Gli aspetti legati all etichettatura volontaria, infatti, così come la presenza di certificazioni di processo, risultano sicuramente meno importanti rispetto alla GDO. La maggiore distanza dai produttori di base e la contemporanea vicinanza al consumatore finale, rendono la distribuzione moderna molto più sensibile ad iniziative in grado di consentire anche la tracciabilità e l etichettatura di elementi non espressamente richiesti dalla norma. Le difficoltà recenti, però, rendono una parte dell industria di macellazione e di trasformazione molto attenta ad iniziative che consentano di consolidare il proprio peso sul mercato. In primo luogo gli sforzi sono orientati al miglioramento degli standard igienici, cui il consumatore, a seguito delle recenti crisi si è mostrato particolarmente sensibile. Secondariamente l obiettivo dichiarato risulta quello di potenziare la rete di vendita, il confezionamento e l ampliamento della gamma di prodotti offerti, cioè un insieme di servizi che possano consentire di rafforzarsi anche rispetto agli operatori a valle. Sugli interventi strutturali, diversamente, questo segmento della filiera non sembra porre la stessa attenzione. Circa la metà delle aziende, infatti, si dichiara disinteressata a qualsiasi iniziativa anche a medio termine, forse anche a causa dei recenti sforzi richiesti agli operatori per l adeguamento degli impianti alla normativa in materia di produzione ed immissione dei prodotti sul mercato delle carni fresche. Gli investimenti principali, quando sono in atto o in fase di realizzazione, riguardano sostanzialmente l ammodernamento degli impianti o l ampliamento delle linee di lavorazione, mentre più limitata è l acquisizione di impianti che, tra l altro, potrebbe consentire una migliore integrazione con la grande distribuzione. DIREZIONE ANALISI MERCATI E IMPRESE UNITÀ OPERATIVA PANEL, OSSERVATORI E INDAGINI Redazione: Claudio Federici, Simona Pistoni (c.federici@ismea.it; s.pistoni@ismea.it) Responsabile Indagini Panel: Barbara Matteucci (b.matteucci@ismea.it) 15

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