L immunoterapia nel NSCLC: evoluzione delle conoscenze e dei progressi clinici

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1 186 Rassegna Recenti Prog Med 2016; 107: L immunoterapia nel NSCLC: evoluzione delle conoscenze e dei progressi clinici alessia pochesci 1,2, antonio passaro 1, chiara catania 1, cristina noberasco 1, ester del signore 1, gianluca spitaleri 1, filippo de marinis 1 1 Divisione di Oncologia Toracica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano; 2 Divisione di Oncologia Medica, Sapienza Università di Roma. Pervenuto su invito il 1 dicembre Riassunto. I tumori del polmone rappresentano la principale causa di morte cancro-relata nel mondo. Sebbene la chemioterapia e le terapie target abbiano migliorato la sopravvivenza dei pazienti, la prognosi della malattia metastatica rimane infausta. Docetaxel è ancora oggi il trattamento di scelta per la seconda linea, sebbene sia associato a un profilo di tossicità sfavorevole. I recenti progressi nella comprensione delle modalità con cui i tumori sfuggono al controllo immunitario hanno portato allo sviluppo di nuovi agenti in grado di ristabilire la risposta immunitaria dei pazienti nei confronti delle cellule tumorali. A differenza dei vaccini, gli inibitori dei checkpoint immunitari hanno mostrato risultati promettenti nei pazienti con tumori del polmone non a piccole cellule (NSCLC). In particolare, nivolumab e pembrolizumab, anticorpi monoclonali anti-pd-1, hanno portato nei pazienti refrattari alla chemioterapia a risposte obiettive del 15-25%, la maggior parte delle quali insorte rapidamente e persistenti anche oltre 1 anno dopo l inizio della terapia. Inoltre, il loro profilo di tossicità differisce molto da quello della chemioterapia tradizionale, risultando di gran lunga migliore. L espressione di PD-L1 rappresenta un bio-marcatore promettente per la selezione e la stratificazione dei pazienti, sebbene il suo ruolo prognostico e predittivo rimanga da definire. Numerosi studi clinici sono attualmente in corso con l obiettivo di definire il ruolo degli inibitori dei checkpoint immunitari nel trattamento dei tumori polmonari, la loro combinazione con la chemioterapia tradizionale o con le terapie target e l efficacia e la sicurezza del blocco combinato di PD-1/PD-L1 e CTLA4. Riportiamo una rassegna basata sulla ricerca, attraverso MEDLINE/PubMed, di studi randomizzati di fase II e III che considerano i dati di efficacia, in termini di sopravvivenza globale (OS), sopravvivenza libera da progressione (PFS) e tasso di risposte globali (ORR), degli inibitori dei checkpoint immunitari nei pazienti con NSCLC. Parole chiave. CTLA4, immunoterapia, inibitori dei checkpoint immunitari, PD-1, PD-L1, tumori del polmone non a piccole cellule. Immunotherapy in non-small cell lung cancer: evolution of knowledge and clinical advances. Summary. Lung cancer represent the leading cause of cancer related-death worldwide. Although cytotoxic chemotherapy and targeted agents improved survival, the median overall survival for patients with metastatic disease remains poor. Docetaxel is still the corner stone of the second-line treatment, although associated with an unfavourable safety profile. Recent advances in the understanding of cancer immune escape system lead to the development of novel immunotherapies agent that can restore patient s immune response to cancer cells. Unlike vaccines, immune checkpoints inhibitors have shown promising results in non-small cell lung cancer patients. Especially, nivolumab and pembrolizumab, monoclonal antibodies against PD-1, provides as single agent therapy in chemotherapy refractory patients objective response rates ranging from 15%-25%, the majority of which arose quickly and were ongoing 1 year after starting treatment. Furthermore, the toxicity profile differs from that of cytotoxic chemotherapy and is much better tolerated. PD-L1 expression is a promising biomarker for selection and stratification of patients, although its prognostic and predictive role remains to be defined. Several trials are currently ongoing to define the role of immune checkpoint inhibitors in the treatment of patients with non-small cell lung cancer, their combination with cytotoxic chemotherapy or targeted agents and the efficacy and safety of double blockage of PD-1/PD-L1 and CTLA4. We report a review based on a MEDLINE/PubMed, searched for randomized phase II or III trials evaluating immune checkpoint inhibitors and NSCLC, considering the measured outcomes as progression free survival (PFS), overall survival (OS), and the overall response rate (ORR). Key words. CTLA4, immune checkpoint inhibitors, immunotherapy, non-small cell lung cancer, PD-1, PD-L1. Introduzione I tumori del polmone non a piccole cellule (NSCLC) rappresentano la principale causa di morte tumorerelata negli USA e in Europa. In più della metà dei casi, questi tumori sono diagnosticati in stadio localmente avanzato o già metastatico, con sopravvivenze a 5 anni di circa il 5% 1. Sebbene la sopravvivenza e la qualità della vita (QoL) dei pazienti esprimenti alterazioni molecolari target siano migliorate con l impiego di inibitori tirosin-chinasici (TKI) del recettore del fattore di crescita dell epidermide (EGFR) 2-6 e di inibitori di ALK 7-9, altrettanto non è avvenuto per i pazienti definiti wild type, per i quali la chemioterapia continua a rimanere lo standard di trattamento. Per i pazienti con istotipo non squamoso e stato mutazionale wild type, che siano progrediti dopo una prima di linea di chemioterapia platino-basata, il trattamento di seconda linea riconosciuto a livello mondiale è attualmente rappresentato da docetaxel, pemetrexed ed erlotinib 10. Men-

2 A. Pochesci et al.: L immunoterapia nel NSCLC: evoluzione delle conoscenze e dei progressi clinici 187 tre per il trattamento di seconda linea per i pazienti con istotipo squamoso, docetaxel è il solo farmaco approvato. Negli ultimi anni, la combinazione di docetaxel con nuovi agenti anti-angiogenetici come nintedanib o ramucirumab ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza rispetto alla mono-chemioterapia, accompagnandosi a un incremento delle tossicità. I risultati ottenuti dagli inibitori dei checkpoint immunitari aprono, pertanto, un nuovo scenario nell ottica di un cambiamento radicale dell algoritmo terapeutico di questa categoria di pazienti Le ultime evidenze relative alla biologia dei tumori mostrano che l interazione tra PD-1 e PD-L1 gioca un ruolo chiave nella regolazione dell omeostasi tumorale e della risposta immunitaria. PD-1 è normalmente espresso sulle cellule T attivate, e il suo legame con il ligando (PD-L1) determina la soppressione della risposta immunitaria. Attraverso la regolazione di questi checkpoint, coinvolti nei meccanismi di regolazione della tolleranza immunitaria, il tumore evade la sorveglianza immunitaria dell ospite 14,15. I checkpoint immunitari maggiormente oggetto di studio negli ultimi anni sono l antigene 4 dei linfociti T- attivati (CTLA-4) e il sistema costituito da PD-1 e PD-L1 16. La formazione del microambiente tumorale immunosoppressivo e l attivazione della risposta immunitaria sono regolati dall interazione tra PD-1 e PD-L1, che presentano differenti caratteristiche necessarie alla regolazione della risposta immune cancro-relata. In particolare, PD-L1 è espresso in differenti tipi tumorali, incluso NSCLC, e gioca un ruolo importante nel bloccare la risposta immunitaria antitumorale attraverso il suo legame con PD-1. PD-1 è un recettore appartenente alla famiglia delle immunoglobuline B7-CD28 ed è normalmente espresso su linfociti dell infiltrato tumorale (TIL), cellule natural killer, cellule mononucleate e cellule dendritiche. Di recente, molti trial clinici hanno indagato l impiego degli inibitori di PD-1 e PD-L1, mostrando un vantaggio in termini di sopravvivenza e tasso di risposte nei pazienti con tumore del polmone 15, Attualmente, numerosi nuovi inibitori dei checkpoint immunitari (anti-pd1 e PD-L1) sono oggetto di studi clinici in differenti setting e per i differenti istotipi di tumori del polmone, dimostrando un crescente interesse in questo campo, i cui risultati stanno portando a una modifica dei nostri algoritmi terapeutici Inibitori di PD-1 Nivolumab Nivolumab è un anticorpo monoclonale umano IgG4, la cui attività nei tumori solidi in stadio avanzato è stata indagata per la prima volta in uno studio di fase I. Nello studio, nivolumab ha mostrato di essere ben tollerato, mentre i dati relativi alla coorte di pazienti affetti da NSCLC ne hanno confermato l efficacia 23. Nel successivo studio di fase Ib, volto a valutare l incremento di dose di nivolumab nei differenti tumori solidi, sono stati arruolati 129 pazienti fortemente pretrattati affetti da NSCLC 24. Il tasso di risposte globali (ORR) è stato del 17% con una durata mediana della risposta di 74 settimane (range 6,1-133,9 settimane). Nel 57% dei pazienti è stata osservata una persistenza della risposta oltre le 24 settimane, mentre 2 dei pazienti trattati hanno mostrato una durata della risposta superiore a 1 anno. La risposta al nivolumab è stata superiore nei pazienti con istotipo squamoso (33%) rispetto a quello non squamoso (12%). In 5 pazienti con istotipo non squamoso con stabilità di malattia, questa è stata mantenuta oltre le 24 settimane. Nella coorte di pazienti trattati con nivolumab alla dose di 3 mg/kg, la mediana di sopravvivenza globale (mos) è stata di 14,9 mesi, con tassi di sopravvivenza a 1 anno del 56% e a 2 anni del 45% 25,26. Recentemente sono stati resi noti i risultati degli studi di fase III in linee successive alla prima negli istotipi squamoso e non squamoso. Lo studio CheckMate 017, studio di fase III randomizzato riguardante i pazienti affetti da NSCLC con istotipo squamoso, ha testato l efficacia e la tollerabilità del nivolumab rispetto al docetaxel nei pazienti in progressione durante o dopo una prima linea di chemioterapia platino-basata. Nello studio, 272 pazienti sono stati randomizzati a ricevere nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane o docetaxel 75 mg/mq ogni 3 settimane. L obiettivo primario era la sopravvivenza globale (OS), mentre obiettivi secondari erano il tasso di risposte obiettive (ORR; RECIST 1,1), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), il profilo di tossicità e la correlazione con l espressione di PD-L1. In particolare, l espressione di PD-L1 è stata valutata retrospettivamente, con immunoistochimica, sul tessuto recente o di archivio ottenuto prima del trattamento. Circa l 83% dei pazienti arruolati era valutabile per l espressione di PD-L1. Considerando i livelli di espressione pre-specificati ( 1%, 5% e 10%) (tabella 1), l espressione di PD-L1non ha mostrato di avere valore prognostico o predittivo per nessuno degli obiettivi di efficacia. Nella popolazione in studio, nivolumab ha dimostrato un incremento statisticamente significativo della OS (mos 9,2 vs 6,0 mesi; HR 0,59; p<,001). La superiorità di nivolumab rispetto a docetaxel è stata confermata anche negli obiettivi secondari: PFS è stata di 3,5 vs 2,8 mesi (HR 0,62; p<,001) e ORR è stato del 20% rispetto al 9% (p=,008). Il profilo di tossicità è stato favorevole al nivolumab. L incidenza di eventi avversi di qualsiasi grado è stata 58% e 86% rispettivamente per nivolumab e docetaxel, mentre l incidenza di eventi avversi di grado 3/4 è stata del 6,9% per nivolumab e del 55% per docetaxel. Non sono state invece riportate morti correlate al trattamento nei pazienti che hanno ricevuto nivolumab. Solo il 3,1% dei pazienti che hanno ricevuto nivolumab ha dovuto interrompere il trattamento come conseguenza di eventi avversi rispetto al 10,1% riportato per il docetaxel. Tra gli eventi avversi riportati come

3 188 Recenti Progressi in Medicina, 107 (4), aprile 2016 Tabella 1. CheckMate 017: OS e ORR in accordo con l espressione di PD-L1 nell istotipo squamoso. Livelli di espressione di PD-L1 <1 1 <5 5 <10 10 Sopravvivenza globale (OS) Hazard Ratio (HR) (95% CI) HR=0,58 (95% CI, 0,37-0,92) HR=0,69 (95% CI, 0,45-1,05) HR=0,70 (95% CI, 0,47-1,02) HR=0,53 (95% CI, 0, ) HR=0,70 (95% CI, 0,48-1,01) HR=0,50 (95% CI, 0,28-0,89) Tasso di risposte globali (ORR) Nivolumab % Docetaxel % P-value ,94 0,29 0,64 correlati ai trattamenti, i più frequenti ( 3% dei pazienti trattati) sono stati l ipotiroidismo (4% nel braccio nivolumab rispetto a 0% nel braccio docetaxel), la diarrea (8% vs 20%) e le polmoniti (5% vs 0%) 22. Sulla base di questi risultati, il nivolumab può essere considerato la nuova pietra miliare del trattamento di II linea dell istotipo squamoso, avendo dimostrato maggiore efficacia e minore tossicità rispetto al docetaxel. In aggiunta ai dati relativi l uso del nivolumab nell istotipo squamoso, sono stati recentemente presentati all ASCO 2015 da Paz-Ares i dati relativi al suo impiego nell istotipo non squamoso. Come per lo studio gemello condotto per l istotipo squamoso, nel CheckMate 057, studio di fase III randomizzato in pazienti con progressione dopo una prima linea di chemioterapia platino-basata, i 582 pazienti arruolati sono stati randomizzati a ricevere nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane o docetaxel 75 mg/mq ogni 3 settimane fino a progressione. L obiettivo primario era la OS, mentre obiettivi secondari erano il tasso di risposte obiettive (ORR; RECIST 1,1), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la QoL, il profilo di tossicità e la correlazione degli obiettivi di efficacia con l espressione di PD-L1. La mos è stata significativamente più alta nel gruppo di pazienti che ha ricevuto nivolumab: 12,2 mesi vs 9,4 mesi di docetaxel. La sopravvivenza a 1 anno è stata del 51% per nivolumab rispetto al 39% di docetaxel. Il beneficio in sopravvivenza è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti, fatta eccezione per coloro con documentata mutazione del gene EGFR. ORR è stato anch esso significativamente maggiore nei pazienti che hanno ricevuto nivolumab: 19% vs 12% (p=0,0246). Non sono state invece riportate differenze statisticamente significative in termini di PFS. Il 78% dei pazienti randomizzati (455/582) è risultato valutabile per l espressione di PD-L (63%) dei 292 pazienti randomizzati nel braccio sperimentale con nivolumab hanno mostrato una positività per l espressione di PD-L1 ( 1, 5% e 10%), mentre i restanti 108 pazienti (37%) sono risultati negativi. Prendendo in considerazione solo i pazienti con espressione del PD-L1 1%, 5% e 10%, i dati mostrano un incremento della mos rispettivamente di 17,2 mesi, 18,2 mesi e 19,4 mesi per nivolumab rispetto a 9 mesi, 8,1 mesi e 8 mesi di docetaxel. Invece, per i pazienti con espressione di PD-L1 inferiore al 1%, inferiore al 5% e inferiore al 10%, la mos è stata simile per nivolumab (range 9,7-10,4 mesi) e docetaxel (range 10,1-10,3 mesi) (tabella 2). Eventi avversi di ogni grado sono stati riportati nel 69% dei pazienti che hanno ricevuto nivolumab e nell 88% di quelli che hanno ricevuto docetaxel, mentre eventi avversi di grado 3-5 sono stati descritti nel 10% dei pazienti del braccio nivolumab e nel 54% di quelli del braccio docetaxel, confermando il profilo di tossicità favorevole già riportato nel CheckMate Sono attualmente in corso ulteriori studi clinici, come lo studio di fase III in cui nivolumab viene confrontato in prima linea con la chemioterapia standard nei pazienti con positività per l espressione di PD-L1 (NCT ) e lo studio di fase I (CheckMate 012; NCT ) che valuta le diverse combinazioni di nivolumab con la chemioterapia, le terapie biologiche, come bevacizumab ed erlotinib, e con l ipilimumab, un anticorpo monoclonale anti-ctla-4. Sebbene sia necessario attendere i risultati definitivi, i dati preliminari si sono mostrati incoraggianti con un profilo di tossicità accettabile Pembrolizumab Pembrolizumab è un anticorpo monoclonale IgG4 completamente umano, già registrato in Italia per il

4 A. Pochesci et al.: L immunoterapia nel NSCLC: evoluzione delle conoscenze e dei progressi clinici 189 Tabella 2. CheckMate 057: OS e ORR in accordo con l espressione di PD-L1 nell istotipo non squamoso. Livelli di espressione di PD-L1 <1 1 <5 5 <10 10 Sopravvivenza globale (OS) Hazard Ratio (HR) HR=0,90 (95% CI, 0,66-1,24) HR=0,59 (95% CI, 0,43-0,82) HR=1,01 (95% CI, 0,77-1,34) HR=0,43 (95% CI, 0,30-0,63) HR=1,00 (95% CI, 0,76-1,31) HR=0,40 (95% CI, 0,26-0,59) Tasso di risposte globali (ORR) Nivolumab % Docetaxel % P-value ,0019 0,0020 0,0021 trattamento del melanoma avanzato. Nello studio KEYNOTE-001, 495 pazienti affetti da NSCLC, sia in prima linea sia in linee successive, sono stati trattati con pembrolizumab alla dose di 2 mg/kg ogni 3 settimane o 10 mg/kg ogni 2 o 3 settimane. Gli obiettivi primari dello studio erano la valutazione della safety e del profilo di tossicità, nonché l attività antitumorale di pembrolizumab. La tossicità di grado 3-4 è stata riportata nel 9,5% dei casi ed è stata rappresentata prevalentemente da prurito e polmoniti (G 3 1,8% dei casi). L ORR in tutti i pazienti trattati è stata del 19,4%, e in particolare, nei 101 pazienti che hanno ricevuto il farmaco in prima linea, l ORR è stata pari a 24,8% mentre nei 394 pazienti pretrattati è stato del 18%. La durata mediana della risposta è stata di 12,5 mesi (10,4 mesi nei pazienti pretrattati; 23,3 mesi nei pazienti in prima linea). La PFS mediana è stata di 3,7 mesi in tutti i pazienti trattati e di 6 mesi nei pazienti che avevano ricevuto il farmaco in I linea, mentre la OS mediana è stata di 12 mesi in tutti i pazienti e 16,2 mesi nei pazienti che hanno ricevuto il pembrolizumab in I linea. A differenza di quanto osservato per il nivolumab, nello studio KEYNOTE-001, una stretta correlazione è stata individuata fra i risultati del trattamento con pembrolizumab e l espressione di PD-L1 50%. Infatti, l ORR dei pazienti con score di PD-L1 50% è stato del 45,2%, significativamente più elevato rispetto ai pazienti con score PD-L1 1-49% (p<0,0001) e 1% (p=0,01). Anche la PFS mediana è stata significativamente più lunga, pari a 12,5 mesi, mentre l OS mediana non è ancora stata raggiunta 21. All ASCO 2015 sono stati resi disponibili i dati preliminari dello studio KEYNOTE-201, ancora in corso, relativi alla coorte A, C e D. Nella coorte A e C, pembrolizumab alla dose di 2 o 10 mg/kg è stato associato in I linea con la combinazione di carboplatino e paclitaxel per tutte le istologie, o carboplatino e pemetrexed per il NSCLC non squamoso. Nei 20 e 24 pazienti arruolati rispettivamente nella coorte A e C la ORR è stata del 30% e del 58%. Le tossicità di grado 3-4 sono state del 27% 32. Mentre nella coorte D, pembrolizumab alla dose di 2 o 10 mg/kg è stato somministrato in associazione a ipilimumab alla dose di 1 o 3 mg/kg in pazienti pretrattati con almeno una prima linea di chemioterapia. Nei 17 pazienti trattati, l ORR è stata del 55%. La tossicità di grado 3, rappresentata dal rash, è stata riportata solo in 2 dei pazienti trattati 33. Nello studio KEYNOTE-010, studio randomizzato di fase II-III rivolto a pazienti affetti da NSCLC e con espressione di PD-L1 1% progrediti dopo almeno una linea di trattamento chemioterapico, 1034 pazienti sono stati randomizzati a ricevere pembrolizumab al dosaggio di 2 mg/kg, pembrolizumab al dosaggio di 10 mg/kg o docetaxel alla dose di 75 mg/ mq ogni 3 settimane. Gli obiettivi primari dello studio erano rappresentati dalla OS e dalla PFS in tutta la popolazione in studio e nei pazienti con espressione di PD-L1 50. La mos è stata di 10,4 mesi nei pazienti trattati con pembrolizumab 2 mg/kg, 12,7 mesi per quelli che avevano ricevuto pembrolizumab 10 mg/kg e 8,5 mesi per i pazienti trattati con docetaxel, con un vantaggio statisticamente significativo per il pembrolizumab alla dose di 2 mg/kg e 10 mg/kg rispetto al docetaxel (HR 0,71, 95% CI 0,58-0,88, p=0,0008; HR 0,61, 95% CI 0,49-0,75, p<0,0001, rispettivamente). Non sono state invece evidenziate differenze statisticamente significative per la PFS nella popolazione globale tra i tre bracci di trattamento. Considerando unicamente i pazienti con espressione di PD-L1 50, pembrolizumab 2 mg/kg e 10 mg/kg ha mostrato un incremento statisticamente significativo rispetto a docetaxel sia in termini di OS (HR 0,54, 95% CI 0,38-0,77, p=0,0002;

5 190 Recenti Progressi in Medicina, 107 (4), aprile 2016 HR 0,50, 95% CI 0,36-0,70, p<0,0001, rispettivamente) sia di PFS (HR 0,59, 95% CI 0,44-0,78, p=0,0001; HR 0,59, 95% CI 0,45-0,78, p<0,0001, rispettivamente). Il profilo di tossicità riportato sia per pembrolizumab sia per docetaxel non è stato dissimile da quanto riportato in precedenti studi clinici. Gli eventi di grado 3-5 sono stati più frequenti nei pazienti trattati con docetaxel (35%) rispetto ai pazienti trattati con pembrolizumab (13% e 16% rispettivamente). In particolare, gli eventi avversi immunorelati, verificatisi in circa il 20% dei pazienti che hanno ricevuto pembrolizumab, sono stati disfunzioni tiroidee (ipotiroidismo o ipertiroidismo) e polmoniti; queste ultime rappresentano un evento avverso di particolare interesse essendo stato riportato un grado 3-5 con una frequenza 1% dei pazienti 34. Inibitori di PD-L1 Atezolizumab Atezolizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 completamente umano anti-pd-l1, la cui attività antitumorale è stata indagata nell ambito di uno studio di fase I. Negli 88 pazienti affetti da NSCLC avanzato e pesantemente pretrattati, l ORR è stata del 21% con una PFS a 24 settimane del 42% e la OS a 1 anno dell 82%, a fronte di un profilo di tossicità accettabile. In questo studio, l espressione di PD-L1 è stata valutata sia sulle cellule immunitarie infiltranti il tumore (IC) che sulle cellule tumorali (TC), mostrando una stretta correlazione con l attività di atezolizumab. Infatti, nei 20 pazienti con massima espressione di PD- L1, l ORR è stata del 45%, con PFS a 24 settimane del 45% e OS a 1 anno dell 89% 35. Nello studio di fase II randomizzato, POPLAR, atezolizumab alla dose di 1200 mg è stato confrontato con docetaxel 75 mg/mq, ogni 3 settimane, in pazienti pretrattati affetti da NSCLC avanzato. L obiettivo primario dello studio era l OS, mentre obiettivi secondari erano la PFS, l ORR e la correlazione con l espressione di PD-L1. L OS è stata di 12,6 mesi per atezolizumab e di 9,7 mesi per docetaxel (HR 0,73, p=0,04). La PFS è stata di 2,7 e 3 mesi rispettivamente (HR 0,94), con ORR del 15% in entrambi i bracci. In presenza di un espressione di IC3 e TC3, l OS è stata di 15,5 e 11,1 mesi rispettivamente (HR 0,49; p=0,068) 36. Nello studio di fase II BIRCH, 659 pazienti affetti da NSCLC avanzato PD-L1 positivi, in qualsiasi linea di trattamento, hanno ricevuto atezolizumab alla dose di 1200 mg ogni 3 settimane. L obiettivo primario era l ORR, mentre gli obiettivi secondari erano la durata della risposta e la PFS. L ORR è stata del 26%, 24% e 27% rispettivamente per i pazienti in I linea, II linea e III linea. La durata mediana della risposta è stata per tutti i pazienti di 4,2 mesi. La PFS a 6 mesi è stata rispettivamente del 48%, 34% e 39%. La tossicità di grado 3-4 è stata riportata nell 11% dei casi ed è stata rappresentata prevalentemente da astenia, nausea e polmoniti 37. Nell ambito di uno studio di fase Ib, atezolizumab, alla dose di 15 mg/kg, è stato somministrato in combinazione con la chemioterapia con carboplatino e paclitaxel o nab-paclitaxel oppure pemetrexed. L ORR dei 41 pazienti trattati è stato del 63,4%, in assenza di un peggioramento del profilo di tossicità, facendo ipotizzare un potenziale effetto sinergico tra atezolizumab e chemioterapia 38. È attualmente in corso lo studio di fase III OAK (NCT ), nel quale i pazienti con NSCLC avanzato al fallimento di una prima linea a base di sale di platino, indipendentemente dall espressione di PD-L1, vengono randomizzati a ricevere atezolizumab 1200 mg o docetaxel 75 mg/mq, ogni 3 settimane. L obiettivo primario dello studio è l OS, mentre i principali obiettivi secondari sono rappresentati da ORR e PFS. Durvalumab Durvalumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato con alta affinità per PD-L1. Il profilo di tossicità e l attività antitumorale di durvalumab sono stati valutati nell ambito di uno studio di fase I/II, nel quale 198 pazienti affetti da NSCLC avanzato già pretrattati hanno ricevuto durvalumab alla dose di 10 mg/kg ogni 2 settimane. L obiettivo primario dello studio era l ORR che è stato, nei 149 pazienti valutabili, del 14%. Maggiore attività è stata riportata per l istotipo squamoso rispetto all istologia non squamosa, con ORR rispettivamente del 20% e del 10%, e per i pazienti PD-L1 positivi, con ORR del 23%. La tossicità di grado 3-4 è stata riportata nel 6% dei casi ed è stata rappresentata principalmente da astenia e nausea 39. Recentemente sono stati resi noti i dati della fase di dose escalation di uno studio di fase Ib di combinazione di durvalumab con tremelimumab, anticorpo monoclonale anti-ctla4. Lo studio prevedeva una prima fase di dose escalation in cui 102 pazienti con NSCLC avanzato o metastatico sono stati assegnati a ricevere durvalumab alla dose di 3 mg/kg, 10 mg/kg, 15 mg/kg, 20 mg/kg ogni 4 settimane oppure 10 mg/ kg ogni 2 settimane con tremelimumab alla dose di 1 mg/kg, 3 mg/kg o 10 mg/kg ogni 4 settimane per 6 cicli e successivamente ogni 12 settimane per ulteriori 3 cicli. L obiettivo primario di questa fase era rappresentato dalla valutazione del profilo di sicurezza della combinazione. La dose massima tollerata identificata per la combinazione e che rappresenterà la dose impiegata nei successivi studi di fase III è rappresentata da durvalumab 20 mg/kg ogni 4 settimane e tremelimumab 1 mg/kg. La tossicità dose-limitante riscontrata in 2 dei pazienti che hanno ricevuto tale trattamento è stata un incremento di grado 3 dell aspartato aminotransferasi e dell alanina aminotransferasi e un incremento di grado 4 della lipasi. Le principali tossicità di grado 3-4 riportate sono state rappresentate da eventi gastrointestinali (diarrea 11%, e coliti 9%) e l aumento dei valori della lipasi (8%). Le risposte obiettive sono state riportate sia nei pazienti con

6 A. Pochesci et al.: L immunoterapia nel NSCLC: evoluzione delle conoscenze e dei progressi clinici 191 espressione di PD-L1 sia nei pazienti con PD-L1 negativo, suggerendo una efficacia della combinazione indipendentemente dall espressione di PD-L1 40. La successiva fase di dose-expansion dello studio è invece a oggi ancora in corso (NCT ). Conclusioni I tumori polmonari, storicamente considerati una malattia non immunogenica, sono da poco entrati nel panorama delle neoplasie trattate con immunoterapia. A differenza dei vaccini, gli inibitori dei checkpoint immunitari, in particolar modo gli anticorpi monoclonali diretti contro PD-1/PD-L1, hanno dimostrato la loro efficacia nel trattamento del NSCLC avanzato e rappresentano attualmente un nuovo traguardo terapeutico per queste neoplasie. Nel trattamento di seconda e terza linea, i risultati dell immunoterapia sono sicuramente più consistenti rispetto a quelli riportati per la terapia di prima linea, derivanti principalmente da piccoli studi o da dati retrospettivi di sottogruppi di pazienti e che pertanto necessitano di conferme dagli studi di fase III attualmente in corso. Questi dati hanno portato recentemente alla registrazione di nivolumab, per il trattamento del NSCLC a istotipo squamoso dopo il fallimento di almeno una prima linea chemioterapica basata sul platino indipendentemente dall espressione di PD-L1, e pembrolizumab, per il trattamento di seconda linea del NSCLC indipendentemente dall istotipo e dall espressione di mutazioni geniche di EGFR o traslocazione di ALK, ma con espressione di PD-L1 50%. In questo momento scientifico, è difficile poter considerare l applicazione routinaria della valutazione di PD-L1 come biomarker predittivo di risposta, in tutti i sottotipi istologici. Gli studi randomizzati di fase III che hanno valutato l efficacia di nivolumab e pembrolizumab, vs il trattamento chemioterapico standard con docetaxel, hanno utilizzato metodi differenti per quanto riguarda l analisi dell espressione di PD-L1. Le diverse valutazioni non permettono oggi una diretta comparazione, considerando che al momento attuale, con l avvento dell immunoterapia, risulta complessa una valutazione cost-effectiveness dei farmaci immunoterapici attualmente utilizzabili in seconda linea. Il costo iniziale dei farmaci risulta alto, ma sulla base delle premesse precedenti, è difficile valutare il valore/costo del trattamento non essendo chiaro il target di popolazione e l eventuale possibilità di utilizzare un bio-marcatore per la valutazione del campione da studiare e trattare. Sulla base dei dati di letteratura attualmente disponibili, sarà possibile in un prossimo futuro valutare un rapporto di cost-effectiveness per i pazienti che potranno beneficiare del trattamento con pembrolizumab (PD-L1 positivo 50%), ma nessuna valutazione è possibile al momento considerando la possibilità di utilizzare nivolumab nello stesso setting, in assenza di un bio-marcatore predittivo di risposta 41. Sono attualmente in corso numerosi studi di fase III il cui obiettivo sarà quello di definire il ruolo predittivo e/o prognostico di PD-L1, a oggi ancora non chiaro anche in ragione delle non standardizzate metodologie impiegate per la sua determinazione, e di stabilirne il cut-off più opportuno nonché di indagare l eventuale combinazione con chemioterapici o con altre terapie immunologiche, in particolar modo gli anticorpi monoclonali anti-ctla4. Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l assenza di conflitto di interessi. Bibliografia 1. Siegel RL, Miller KD, Jemal A. 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