Metodi Matematici della Meccanica Quantistica

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1 Note del corso di Metodi Matematici della Meccanica Quantistica Chi dice di aver capito qualcosa della meccanica quantistica in realtà non ha capito nulla R. Feynman 1 Novembre, 2014

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3 Bibliografia essenziale - L.Landau e Lifsitz: Meccanica Quantistica non relativistica; - M.Reed e B.Simon: Methods of Mathematical Physics I. Functional Analysis(Academic Press, 1980); - J.G.Taylor: Quantum Mechanics: an introduction (1970); - G.Teschl: Mathematical Methods in Quantum Mechanics, with applications to Schrödinger operators (American Mathematical Society, 2009). Citazioni serie... - I think I can safely say that nobody understands quantum mechanics ; Richard Feynman, Nobel Laureate. - Anyone who is not shocked by quantum theory has not understood a single word ; Niels Bohr, Nobel Laureate. - I do not like it (Quantum Mechanics), and I am sorry I ever had anything to do with it e Had I known that we were not going to get rid of this damned quantum jumping, I never would have involved myself in this business! ; Erwin Schrödinger, Nobel Laureate. - God does not play dice with the cosmos ; Albert Einstein (Nobel Laureate). Do not presume to tell God what to do ; Niels Bohr (Nobel Laureate), in risposta ad Albert Einstein. - If that (Quantum Mechanics) turns out to be true, I ll quit physics ; Max von Laue, Nobel Laureate 1914, parlando a riguardo della tesi ondulatoria di de Broglie. - A philosopher once said, It is necessary for the very existence of science that the same conditions always produce the same results. Well, they don t! ; Richard P. Feynman, Nobel Laureate.... e meno serie... - Very interesting theory - it makes no sense at all ; Groucho Marx (attore comico di Hollywood). - You think quantum physics has the answer? I mean, you know, what purpose does it serve for me that time and space are exactly the same thing? I mean I ask a guy what time it is, he tells me 6 miles? What the hell is that? ; Woody Allen tratto dal film Anything else

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5 Indice degli argomenti ragionato 1. Le difficoltà della Meccanica Classica e la nascita della Meccanica Quantistica 2. Equazione di Schrödinger indipendente dal tempo unidimensionale: proprietà generali ed esempi notevoli 3. Spazi di Hilbert: definizione e proprietà fondamentali, concetto di sistema ortonormale, completezza, esempi notevoli di spazi di Hilbert e di sistemi ortonormale completi, teorema di proiezione. 4. Funzionale lineare e teorema di rappresentazione di Riesz. 5. Operatori lineari limitati su uno spazio di Hilbert: definizione e norma dell operatore; aggiunto di un operatore lineare limitato. 6. Convergenza forte e debole di vettori. 7. Convergenza di operatori: convergenza forte e debole; convergenza in norma di operatori limitati; estensione di un operatore limitato e densamente definito. 8. Struttura assiomatica della Meccanica Quantistica. 9. Operatore auto-aggiunto: definizione di operatore simmetrico, di operatore aggiunto e di operatore auto-aggiunto; dominio di un operatore; operatori simmetrici e forme quadratiche a valori reali; criterio di autogiunzione. 10. Esempi notevoli di operatori simmetrici e loro estensione (operatore di moltiplicazione e operatore differenziale). 11. Chiusura di un operatore: definizione e proprietà principali; operatore essenzialmente auto-aggiunto e criterio di essenziale autogiunzione; Teorema del grafico chiuso. 12. Forme quadratiche ed estensione di Friedrichs: operatori simmetrici non-negativi e limitati dal basso; spazio dell energia, Teorema di estensione di Friedrichs; forma quadratica e dominio di forma; esempio notevole (operatore laplaciano unidimensionale). 13. Risolvente e spettro: operatore risolvente ed insieme risolvente; spettro di un operatore; prima formula del risolvente e sue conseguenze; esempio (risolvente dell operatore differenziale); successione di Weyl. 14. Spettro di operatori auto-aggiunti ed unitari: proprietà fondamentali e stima dell operatore risolvente per operatori auto-aggiunti. 15. Teorema spettrale: definizione di p.v.m. e proprietà fondamentali; risoluzione dell identità P(λ); teorema spettrale e sue conseguenze; decomposizione spettrale per operatori auto-aggiunti (spettro puramente puntuale, assolutamente continuo e singolare continuo) e per operatori qualunque (spettro discreto ed essenziale); formula di Stone.

6 VIII 16. Operatori relativamente limitati e Teorema di Kato-Rellich: definizione di operatore relativamente limitato e proprietà principali; Teorema di Kato-Rellich; seconda formula del risolvente. 17. Operatori di rango finito e compatti: definizione di operatore di rango finito; definizione di operatore compatto e proprietà fondamentale; operatore relativamente compatto; operatori di Hilbert-Schmidt. 18. Teorema di Weyl: Criterio di Weyl; Teorema di Weyl. 19. Convergenza del risolvente: definizione e proprietà fondamentali; criterio per la convergenza del risolvente; Teorema di stabilità dello spettro. 20. Principio di min-max. 21. Teorema di Stone: operatore di evoluzione; generatore di un operatore di evoluzione; Teorema di Stone. 22. Teorema RAGE: Teorema di Wiener e media secondo Cesàro; Teorema RAGE. 23. Operatore di Schrödinger libero: dominio di autogiunzione e spettro; operatore di evoluzione temporale; forma esplicita dell operatore risolvente.

7 Sommario 1 Introduzione Le difficoltà della Meccanica Classica La stabilità della materia Spettro di emissione Radiazione di un corpo nero L effetto fotoelettrico ed il fotone Introduzione del quanto d azione Crash course in Quantum Mechanics for beginners Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica Funzione d onda di una particella Principio di sovrapposizione Misure di una grandezza fisica Equazioni di Schrödinger e limite classico Stati stazionari ed equazione di Schrödinger indipendente dal tempo Proprietà fondamentali dell operatore H e delle soluzioni dell equazione di Schrödinger indipendente dal tempo Equazione di Schrödinger in dimensione 1- Applicazioni elementari Proprietà generali Esempi notevoli Operazioni elementari sugli spazi di Hilbert Spazio di Hilbert Base ortonormale Il teorema di proiezione Distribuzioni Spazio delle funzioni test Definizione di distribuzione Operazioni sulle distribuzioni Funzionale lineare e Teorema di rappresentazione di Riesz Operatore aggiunto Convergenza forte e debole di vettori Convergenza di operatori... 48

8 X Sommario 4 Operatori auto-aggiunti e spettro di operatori Struttura assiomatica della Meccanica Quantistica Operatori auto-aggiunti Indice di difetto di un operatore simmetrico Chiusura di un operatore Forme quadratiche ed estensione di Friedrichs Risolvente e spettro di un operatore lineare Spettro di Operatori auto-aggiunti Somma ortogonale di operatori Teoria perturbativa per operatori auto-aggiunti Il Teorema spettrale Decomposizione spettrale Operatori relativamente limitati e teorema di Kato-Rellich Operatori di rango finito e operatori compatti Operatori di Hilbert-Schmidt ed operatori di classe traccia Operatori relativamente compatti e Teorema di Weyl Convergenza del risolvente in norma e forte Il principio min-max Dinamica di un sistema quantistico Il Teorema di Stone Il Teorema Wiener Il Teorema RAGE Esempi notevoli L operatore di Schrödinger libero Evoluzione temporale per il problema libero Il risolvente e la funzione di Green δ uni-dimensionale A La trasformata di Fourier

9 1 Introduzione 1.1 Le difficoltà della Meccanica Classica É ben noto che lo scopo della meccanica classica è determinato il moto di un dato sistema fisico riducendosi allo studio di un numero finito, anche se grande, di parametri lagrangiani q h (t) e determinandone il loro comportamento in funzione del tempo. Questo problema viene affrontato partendo dalle leggi di Newton e la posizione e velocità iniziale del sistema determina lo stato del sistema ad ogni istante successivo. Questa descrizioe classica di ogni sistema fisico in realtá è stata dimostrata non più adeguata verso la fine dell 800; infatti certi fenomeni riguardanti sistemi di dimensioni dell ordine di 10 6 metri non potevano essere spiegati classicamente. Per spiegare questi fenomeni recalcitranti una nuova meccanica venne introdotta per sostituire la meccanica classica, questa meccanica venne chiamata Meccanica Quantistica e riuscí nell intento di spiegare questi fenomeni, oltre che essere in accordo con la meccanica classica dove questa era corretta. La Meccanica Quantistica ha avuto sostanzialmente 2 periodi di sviluppo distinti. - Il primo periodo inizia con l introduzione del concetto di quanto d azione nel 1900 dovuto a Planck (o più correttamente nel 1905 con il lavoro di Einstein). In questo periodo la nuova meccanica era sostianzalmente una miscela di concetti classici e non-classici, e non era considerata completamente soddisfacente. - Il secondo periodo, che inizia nel 1925, è sostanzalmente frutto dei progressi, ottenuti indipendentemente ma alla fine equivalenti, di Heisenberg e Schrödinger. Le difficoltà della precedente versione della Meccanica Quantistica sono ora completamente risolte ed è a questa versione che viene dato il nome di Meccanica Quantistica. L approccio di Schrödinger si basa sullo studio dell equazione di Schrödinger ed è quello che noi adotteremo nel corso; l approccio di Heisenberg, detto anche metodo delle matrici, non viene da noi trattato. Comunque entrambi gli aprocci sono equivalenti. In realtà la Meccanica Quantistica, nella sua versione definitiva, descrive il comportamento di particelle quali atomi, elettroni, nuclei, molecole, fotoni, etc.. La descrizione delle particelle sub-atomiche richiede un ulteriore sviluppo della Meccanica Quantistica che prende il nome di Quantum Field Theory e che inizia sostanzialmente attorno al Riassumendo:

10 2 1 Introduzione - Meccanica Classica. Valida per oggetti di dimensione maggiore di 10 6 metri. - (Vecchia) Meccanica Quantistica. Nasce nel 1900/05 e fino al 1925 viene utilizzata per descrivere la dinamica di oggetti di dimensione minore di 10 6 metri. - (Nuova) Meccanica Quantistica. Nasce nel 1925 viene utilizzata per descrivere la dinamica di oggetti di dimensione minore di 10 6 metri, ma comunque di scala atomica (atomi, elettroni, etc.). - Teoria dei campi quantistica. Nasce attorno al 1947 per descrivere la dinamica di oggetti di dimensione sub-atomica (quark, muoni, neutrini, etc.). Per meglio comprendere lo sviluppo della Meccanica Quantistica sarà di aiuto soffermarsi brevemente sui fenomeni recalcitranti che non potevano spiegarsi classicamente, seguendo la loro scansione temporale. Di fatto questi fenomeni recalcitranti nascono quando alle usuali legge della Meccanica Classica si accostano le leggi dell elettromagnetismo o della termodinamica La stabilità della materia La materia è fatta di molecole, che a sua volta sono fatte di atomi. Gli atomi non sono mai in equilibrio, infatti essi sono costituiti di particelle cariche con diverse positività tenuti insieme dalla legge di Coulomb. Seguendo l approccio della Meccanica Classica l elettrone, come un satellite attratto da un pianeta, non cade sul nucleo solo se è in moto lungo un orbita. D altra parte la teoria di Maxwell afferma che particelle cariche accelerate devono emettere radiazione elettromagnetica, quindi l elettrone attorno al nucleo dovrebbe emettere radiazione e quindi perdere energia e rapidamente colassare sul nucleo stesso nell ordine di secondi. É evidente che un tale collasso avrebbe conseguenze catastrofiche e tutta la chimica non potrebbe funzionare; il fatto che i sistemi non collassino dopo secondi significa che l elettrone in orbita non emette radiazione (che infatti non viene misurata) e quindi la spiegazione classica è lei a colassare! Spettro di emissione Quando riscaldiamo un elemento (ad esempio una barra di metallo) o la sottomettiamo ad una forte scarica elettrica (come nel caso dei gas) esso emette una radiazione elettromagnetica (luce). Questa radiazione è formata solamente da un certo numero di frequenze. La descizione classica stabilisce che queste frequenze devono essere le stesse (o loro combinazione lineare) delle frequenze normali dei moti periodici delle particelle cariche negli atomi. Più precisamente, se ω j sono le frequenze elementari allora noi ci aspettiamo (classicamente) di osservare frequenze della forma ω = n j ω j dove n j sono numeri interi positivi. In realtà, quello che sperimentalmente si osserva è che le frequenza dell emissione elettromagnetica sono della forma ω = ω n ω m dove ω n sono un fissato insieme di frequenze Radiazione di un corpo nero Consideriamo la radiazione elettromagnetica all interno di un dominio racchiuso che sia in equilibrio con l ambiente; questa radiazione à anche storicamente detta radiazione di un

11 1.1 Le difficoltà della Meccanica Classica 3 corpo neroperché se pensiamo idealmente di fare un piccolo foro nell involucro, per permettere alla radiazione di uscire ed essere misurata, allora la radiazione che dall esterno entra non ha praticamente possibilità di uscire e quindi il piccolo buco assorbe la radiazione, e quindi appare come nero. La spiegazione classica porta a concludere che il numero (in realtà la funzione densità) n(ω) di onde elettromagnetiche con frequenza tra ω e ω +dω è dato da n(ω)dω = 8πω2 c 3 dω dove c è la velocità della luce. In termini di energia sia ha che l energia per unità di volume d onda ha densità E(ω)dω = 8πω2 c 3 ktdω dove T è la temperatura del corpo e k è la costante di Boltzmann. Quest ultima prende il nome di formula di Rayleigh-Jeans ed è in buon accordo con gli esperimenti solo per basse frequenze; per alte frequenze essa non vale e ciò non sorprende, infatti se vogliamo calcolare l energia totale essa risulta essere 0 E(ω)dω é un integrale divergente. Questo paradosso venne risolto da Planck nel 1900 per mezzo di una proposta radicale. Egli suggerí che la radiazione di una data frequenza ω può solo scambiare energia con la materia in pacchetti discreti di quanti, ognuno di energia hω, dove h è una costante, ora detta costante di Planck, che ha un valore fissato e che ha le dimensioni di una energia per un tempo. Con questo approccio segue che la legge di distribuzione dell energia ha la forma E(ω)dω = 8πhω3 1 dω (1.1) c 3 e hω/kt 1 nota come legge di Planck. Osserviamo che per ω piccolo (o per T grande) ritroviamo la legge di Rayleigh-Jeans. La legge di Planck descrive correttamente gli esperimenti per ogni frequenza e l energia totale emessa vale E(ω)dω = 4σ c T4 dove 0 σ = 2π5 k 4 15h 3 c 2 è nota come costant di Stefan. Poiché c è noto e poiché l energia totale si misura sperimentalmente allora si trova che il valore della costante di Planck vale: h = joule per secondo L effetto fotoelettrico ed il fotone Quando una luce ultra-violetta colpisce una superficie metallica si osserva sperimentalmente che si genera una corrente di elettroni, anche quando un potenziale ritardante è

12 4 1 Introduzione presente purché questo non sia troppo grande. Se il potenziale ritardante è abbastanza grande allora non si osserva nessuna emissione di elettroni. Il più grande potenziale rtardanteperilqualesiosservaemissionedielettronivienedenominatov s edèdettostopping potential, ed é proporzionale alla massima energia di elettroni emessa dalla superficie irradiata. Sulla base del formalismo classico ci si aspetta che l energia degli elettroni aumenta con l intensità della luce ultra-violetta e quindi, se l energia della luce ultra-violetta aumenta, dovrebbe aumentare anche lo stopping potential. D altra parte sperimentalmente è stato trovato che lo stopping potential era indipendente dall intensità della luce, ma aumentava linearmente con la frequenza della luce. Questo fatto non trova spiegazione classica, infatti cambiare la frequenza non dovrebbe avere nessun effetto sullo stopping potential. L estensione logica dell ipotesi quantistica di Planck fu fatta nel 1905 da A. Einstein per spiegare l effetto fotoelettrico. Egli suggerí non solo che lo scambio di energia tra radiazione e materia avviene attraverso pacchetti di quanti, ma che la radiazione effettivamente consiste solamente di quanti discreti di energia detti fotoni, ognuno di energia hω (dove ω è la frequenze della luce). Sulla base di questa ipotesi trova spiegazione l effetto fotoelettrico; infatti se il fotone che colpisce la superficie metallica ha energia hω superiore al lavoro W necessario per strappare l elettrone all atomo allora l elettrone emergerà con energia hω W e quindi lo stopping potential sarà questa differenza. Quindi V s sarà linearmente proporzionale a ω e la costante di proporzionalità è la costante h. É rimarchevole sottolineare che tale costante di proporzionalità può essere sperimentale misurata e coincide, con buon accordo, alla costante trovata nella radiazione del corpo nero. Più precisamente, i dati sperimentali in possesso di Einstein nel 1905 gli permisero solo di stabilire che entrambe le costanti avevano valori compatibili; successivamente Millikan arrivò ad una misura più precisa trovando che nell effetto fotoelettrico h = joule per secondo. in sostanziale accordo con ilrisultato precedente. Le moderne misurazioni di h danno il valore h = (33) joule per secondo. 1.2 Introduzione del quanto d azione La Meccanica Quantistica nasce con il concetto di quanto d azione. Anche se è indiscussa la parternità del quanto a Max Karl Ernst Ludwig Planck non è inutile vedere come questo concetto è stato introdotto nel Planck naque nel 1858 e venne nominato professore di Fisica presso l Università di Berlino nel 1889; la sua tesi di dottorato presso l Università di Monaco riguardava la seconda legge della termodinamica, argomento che fu soggetto di ricerca prevalente fino al Lo studio della radiazione del corpo nero ebbe inizio nel 1859 con i lavori di Robert Kirchoff, precedessore di Planck a Berlino. La prima legge empirica riguardante la radiazione fu introdotta da Wien e derivata rigorosamente successivamente da Planck. Questa

13 1.2 Introduzione del quanto d azione 5 legge, inizialmente in accordo con gli esperimenti, venne messa rapidamente in discussione a causa di esperimenti realizzati a Berlino che mostravano che essa non descriveva correttamente lo spettro. Planck riprese le sue ricerche e arrivò finalmente alla legge (1.1) in accordo con gli esperimenti, questa legge venne presentata alla riunione della Società Fisica della Germania il 19 Ottobre Nel Novembre 1900 Plack realizzò che la derivazione della formula (1.1) non era basata su una derivazione rigorosa e cercò tenacemente di colmare questa lacuna; questo risultato arrivò solamente il 14 Dicembre 1900 a seguito di un atto di disperazione (come Planck stesso commentò il suo lavoro as an act of despair... I was ready to sacrifice any of my previous convictions about physics ): egli ammise, senza nessuna motivazione fisica ma solo come artificio matematico, che l energia E sia di divisa in porzioni attraverso un processo di quantizzazione. Se il 14 Dicembre 1900 avvenne una rivoluzione non se ne accorse nessuno, nemmeno Plack. Di fatto la sua legge enunciata il 19 Ottobre 1900 fu immediatamente accettata, ma la novità relativa all introduzione dei quanti fu sostanzialmente ignorata. Uno delle poche persone che prese sul serio l idea di Planck fu un impiegato dell ufficio brevetti di Zurigo: Albert Einstein, che nel 1905 pose l idea dei quanti a base della spiegazione dell effetto fotoelettrico; a questo lavoro ne seguirono altri che posero le basi della Meccanica Quantistica. Possiamo concludere che l introduzione del quanto d azione è avvenuto nel 1900 per opera di Planck, ma che la nascita della Meccanica Quantistica vede la luce nel 1905 con il lavoro di Albert Einstein. The Nobel Prize in Physics 1918 was awarded to Max Planck in recognition of the services he rendered to the advancement of Physics by his discovery of energy quanta. The Nobel Prize in Physics 1921 was awarded to Albert Einstein for his services to Theoretical Physics, and especially for his discovery of the law of the photoelectric effect.

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15 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners 2.1 Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica Funzione d onda di una particella Denotiamo con q M = R N l insieme delle coordinate di un sistema quantistico (nel caso di una sola particella allora N = 3 in generale, nel caso di M particelle allora N = 3M), denotiamo poi con dq il prodotto dei differenziali di queste coordinate, cioé l elemento di volume nello spazio delle configurazioni. Nel seguito, per semplicità, supponiamo di considerare una sola particella. La meccanica quantistica nella interpretazione di Copenaghen si basa sulla proposizione che lo stato di un sistema ad ogni istante t può essere descritto da una funzione detta funzione d onda a valori complessi ψ(q, t) delle coordinate e del tempo. Più precisamente il quadrato del modulo di questa funzione definisce la distribuzione delle probabilità dei valori delle coordinate: sia A M un qualunque insieme dello spazio delle fasi misurabile, allora P t (A) = ψ(q,t) 2 dq A è la probabilità di trovare la particella in A all istante t. La funzione ψ prende il nome di funzione d onda. Poiché la somma delle probabilità di tutti i valori possibili delle coordinate del sistema deve, per definizione di probabilità, essere uguale a 1 allora segue che la funzione d onda deve soddisfare alla seguente condizione di normalizzazione ψ(q,t) 2 dq = 1, t. (2.1) M Quindi la funzione d onda deve essere quadrato sommabile su tutto lo spazio delle configurazioni e l ambito naturale in cui lavorare in meccanica quantistica è lo spazio di Hilbert H = L 2 (M) sul quale è definito il prodotto scalare f,g = f(q)g(q)dq. La condizione di normalizzazione (2.1) si traduce quindi nella richiesta M

16 8 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners ψ(,t) = 1 dove f = f,f. Poiché le grandezze fisiche dipendono dalla funzione d onda attraverso il suo modulo segue che la funzione d onda è sempre definita a meno di un fattore di fase del tipo e iα, dove α è una costante reale. Ovvero la funzione d onda ψ e la funzione d onda ψe iα definiscono lo stesso stato quantistico. Questa assenza di univocità non può essere eliminata, tuttavia essa non è essenziale perché non influisce sulla descrizione del sistema quantistico. Inoltre osserviamo che Nota 2.1: Se una funzione d onda ψ viene moltiplicata per un numero complesso c non nullo, allora la nuova funzione d onda cψ corrisponderà allo stesso stato quantistico poiché, una volta normalizzata, ha la stessa funzione di distribuzione Principio di sovrapposizione Il principio di sovrapposizione degli stati costituisce una delle tesi fondamentali della meccanica quantistica. In forma elementare il principio di sovrapposizione degli stati si può esprimere nelle seguenti due proposizioni. Ipotesi 1. Se un sistema si può trovare in stati descritti dalle funzioni d onda ψ 1 e ψ 2, allora esso può trovarsi anche in stati descritti da una funzione d onda ψ = a 1 ψ 1 +a 2 ψ 2 ottenuta mediante una combinazione lineare di ψ 1 e ψ 2 ; dove a 1 e a 2 sono dei numeri complessi qualsiasi indipendenti dal tempo. Questa proposizione costituisce il principio fondamentale della meccanica quantistica e da esse segue necessariamente che tutte le equazioni cui soddisfano le funzioni d onda devono necessariamente essere lineari rispetto alla funzione d onda ψ Misure di una grandezza fisica Consideriamo una data grandezza fisica f a valori reale detta anche osservabile (ad es. posizione, momento, energia, etc.) e i valori che questa può assumere. In meccanica classica tipicamente può assumere una distribuzione continua di valori. In meccanica quantistica la situazione è diversa: i valori che l osservabile può assumere in meccanica quantistica non sono, in generale, distribuiti con continuità e i valori ammessi sono detti autovalori, e si parla del loro insieme come spettro puntuale. In meccanica quantistica esistono ugualmente fisiche (ad esempio le coordinate) i cui valori ammettono una distribuzione continua, in tal caso si parla di spettro continuo. L unione insiemistica dello spettro puntuale e dello spettro continuo prende il nome di spettro. Dire che f n è l autovalore associato all osservabile f corrispondente all autovettore ψ n vuole dire chequandolo stato è rappresentatodalla funzione d ondaψ n allora l osservabile f ha valore f n. Supponiamo, al momento, che lo spettro sia puramente puntuale e indichiamo con f n, n = 0,1,2,..., l insieme dei suoi autovalori; indichiamo con ψ n le funzioni d onda corrispondentiallostatoquantisticodienergiaf n,questefunzionisonodenotateautovettori o autofunzioni e sono convenzionalmente assunte normalizzate, cioé

17 M 2.1 Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica 9 ψ n (q) 2 dq = 1, n. In virtù del principio di sovrapposizione consideriamo una funzione d onda combinazione lineare delle singole funzione d onda ψ(q) = n a n ψ n, (2.2) dove le costanti complesse a n saranno scelte in modo da rendere questa somma convergente, nello spazio di Hilbert H assegnato. La nuova funzione d onda normalizzata ψ(q) rappresenta un nuovo stato quantistico. Osserviamo che se l insieme degli autovettori è un sistema ortonormale allora deve necessariamente essere a n = ψ n,ψ = ψ n (q)ψ(q)dq e inoltre M a n 2 = 1. (2.3) n Il viceversa non è sempre possibile, più precisamente un qualunque stato quantistico può essere rappresentato da una funzione d onda (2.2) se il sistema degli vettori ψ n è un sistema (ortonormale) completo per lo spazio di Hilbert H. Nel caso in cui lo spettro sia (almeno in parte) continuo allora questi concetti possono essere generalizzati considerando, in alternativa alla (2.2), lo sviluppo ψ(q) = a f ψ f (q)df σ c dove σ c denota lo spettro continuo, ψ f (q) la autofunzione associata al valore f dell osservabile e a f denota una densità che deve essere normalizzata: σ c a f 2 df = 1. Sia dato uno stato quantistico avente rappresentazione data dalle funzioni d onda ψ decompostesugliautovettoriψ n dalla(2.2). Introduciamoorailconcettodivalore medio (o valore atteso) f di un osservabile f in un dato stato ψ definito dalla (2.2): f = n f n a n 2 (2.4) dove f n sono i valori ammessi dal osservabile f e dove abbiamo supposto lo spettro puramente discreto. Introduciamo l operatore integrale F formalmente definito su un vettore test φ H nel seguente modo: (Fφ)(q) = K(q,q )φ(q )dq avente nucleo K definito come M

18 10 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners K(q,q ) = n f n ψn (q )ψ n (q) Per definizione segue formalmente che l operatore agisce sul vettore ψ definito dalla (2.2) nel seguente modo (Fψ)(q) = f n ψn (q )ψ n (q)ψ(q )dq e quindi = n M n f n ψ n (q) M ψ n (q )ψ(q )dq = n f = ψ,fψ a n f n ψ n (q) Ovvero, l operatore lineare F è l operatore formalmente associato all osservabile f, ed il valore attteso f è definito dall azione dell operatore F associato sulla funzione d onda dello stato quantistico. Occorre osservare che questa procedura è al momento solo una procedura formale e non ben definita da un punto di vista matematico. Come risultato si osserva che è possibile associare, mediante una opportuna operazione detta quantizzazione di un osservabile, un operatore lineare auto-aggiunto su uno spazio di Hilbert H = L 2 (M): Osservabile f Operatore lineare F. È immediato osservare che se la funzione ψ è una delle autofunzioni ψ n (in modo che a n = δ n n ) allora Fψ n = f n ψ n (2.5) cioé i valori f n coincidono con gli autovalori dell operatore lineare F e ψ n ne sono gli autovettori associati. Nota 2.2: Poiché gli autovalori f n ed il valore medio f di una grandezza fisica a valori reali sono numeri reali allora l operatore F deve essere un operatore simmetrico: ψ,fφ = Fψ,φ, ψ,φ H (2.6) perché i suoi autovalori devono essere numeri reali. Infatti, ψ,fφ = a n ψ n,f b n ψ n n n = n,n ā n b n ψ n,fψ n = n,n ā n b n ψ n,f n ψ n = n,n ā n b n f n ψ n,ψ n = n,n ā n b n f n δ n n = n ā n b n f n dalla relazione (2.5). Similmente segue che

19 2.1 Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica 11 Fψ,φ = n ā n b n fn dove le due sommatorie coincidono poiché f n = f n. Gli operatori lineari che soddisfano alla condizione (2.6) prendono il nome di operatori hermitiani o operatori simmetrici; quindi gli operatori che sono di interesse nell apparato matematico della meccanica quantistica, corrispondenti a grandezze fisiche reali, devono essere hermitiani. Esiste la seguente corrispondenza tra osservabili classiche e operatori lineari: dove coordinata spaziale x x momento p x i h x Energia E = 1 2m p2 +V(x 1,...,x N ) H = h2 +V(x 2m 1,...,x N ) = N 2 j=1 x 2 j e dove h è una costante introdotta da M. Planck nel 1900 (più esattamente Planck introdusse la costante h = 2π h) che vale h = erg s. Consideriamo ora due osservabili classiche f e g e i due operatori associati F e G. Se le osservabili f e g possono essere simultaneamente misurabili allora entrambe insistono sugli stessi autovettori ψ n (con autovalori f n e g n non necessariamente coincidenti). Di conseguenza il prodotto dei due operatori ha come risultato FGψ = FG n a n ψ n = f n g n a n ψ n e similmente GFψ = GF n a n ψ n = g n f n a n ψ n. Di conseguenza possiamo affermare che i due operatori commutano: [F,G] = FG GF = 0. Poiché vale il viceversa possiamo affermare che date due osservabili f e g e dati gli operatori associati F e G allora le due osservabili sono misurabili simultaneamente se, e solo se, i due operatori associati commutano tra loro. Esempio 2.1: Le osservabili x e p x non sono misurabili simultaneamente. Infatti e quindi x x e p x i h x

20 12 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners [ ] x, i h x = i h 0. Invece x e p y sono misurabili simultaneamente, infatti [ ] x, i h y = 0. Nota 2.3: Come conseguenza del fatto che [ x, i h ] = i h e x [ x, i h ] = 0 y vale la seguente disuguaglianza(detto principio di indeterminazione di Heisemberg) x p x 1 2 h e x p y 0 in cui x l errore sulla posizione e p x (risp. p y ) quello sulla quantit di moto rispetto alla direzione x (risp. y) Equazioni di Schrödinger e limite classico Nella meccanica quantistica la funzione d onda ψ determina, ad ogni istante, in modo completo lo stato di un sistema fisico. Di conseguenza la sua variazione temporale ψ t deve essere determinata a partire dalla funzione stessa: ψ t = H(ψ) per una dato operatore H. D altra parte, per il principio di sovrapposizione necessariamente segue che la dipendenza di H da ψ deve essere lineare e quindi tale equazione prende la forma i h ψ t = Hψ, ψ = ψ(q,t), (2.7) dove H è un operatore lineare, dove il fattore i è legato alla conservazione della norma di ψ e dove h è la costante di Plack. Nota 2.4: L operatore H deve essere hermitiano, ciò segue dalla conservazione della norma: se ψ(,t) = 1 allora 0 = d ψ dt ψ(,t),ψ(,t) = t (,t),ψ(,t) + ψ(,t), ψ t (,t) = 1 h [ ihψ(,t),ψ(,t) + ψ(,t), ihψ(,t) ] = ī h [ Hψ(,t),ψ(,t) ψ(,t),hψ(,t) ]

21 2.1 Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica 13 Come operatore H viene scelto l operatore associato all osservabile energia: H = h2 +V (2.8) 2m in tale modo l equazione di Schrödinger dipendente dal tempo prende la forma i h ψ ] [ t = h2 2m +V ψ, ψ = ψ(q,t). (2.9) Tal scelta è l unica compatibile con il principio di corrispondenza formulato da N. Bohr nel 1920 Ipotesi 2. Le grandezze fisiche quantistiche devono tendere alle corrispondenti classiche nel limite macroscopico. Con limite macroscopico si intende una scala fisica nella quale l azione classica S = L[q(t), q(t)]dt è molto più grande della costante di Planck h. In questo limite si può sostanzialmente affermare che h è trascurabile e che gli effetti quantistici sono molto piccoli. Per questa ragione il limite macroscopico si chiama anche limite semiclassico e si denota, in modo improprio, h 0; questo limite non deve essere ovviamente preso alla lettera, infatti h è una costante (molto piccola) che non può variare e comunque porre h = 0 nell equazione (2.9) darebbe luogo ad un limite singolare. Per rendersi conto del limite classico andiamo a considerare l equazione (2.9) dove cerchiamo la soluzione ψ(q, t) nella seguente forma (detta trasformazione di Madelung) ψ(q,t) = a(q,t)e is(q,t)/ h dove a ed S sono due funzioni incognite a valori reali. Sostituendo e separando tra loro la parte reale ed immaginaria si trova che queste devono soddisfare al seguente sistema di equazioni { S + 1 t 2m ( S)2 +V h2 a = 0 2ma a + a S + 1 S a = 0 t 2m m Trascurando nella prima di queste equazioni il termine contenente h 2 (limite semiclassico) si ottiene che la funzione S soddisfa all equazione S t + 1 2m ( S)2 +V = 0 (2.10) che risulta essere l equazione classica di Hamilton-Jacobi per l azione S della particella. Dalla seconda equazione si ottiene invece la seguente relazione a 2 ( t +div a 2 S ) = 0 m A questa equazione possiamo attribuire un significato fisico importante: ricordando che

22 14 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners ρ := a 2 = ψ 2 rappresentala densitàdiprobabilitàechedalla (2.10) S classica della particella allora l equazione m = p m = v rappresentala velocità ρ+div(ρv) = 0 rappresenta l equazione di continuità per la densità ρ che esprime il fatto che la densità di probabilità ρ si evolve nel tempo spostandosi secondo le leggi della meccanica classica attraverso la velocità v Stati stazionari ed equazione di Schrödinger indipendente dal tempo La legge di conservazione dell energia in meccanica classica implica che l energia di un dato stato quantistico si conserva nel tempo. Infatti, sia H l operatore associato all energia E e sia f una qualunque altra osservabile associata ad un operatore F, è immediato osservare che ponendo f = ψ,fψ d f dt = d ψ,fψ dove ψ = ψ(q,t) dt = ψ,fψ + ψ, Fψ + ψ, ψf = ψ, Fψ + 1 h [ ihψ,fψ + ψ, ifhψ ] = ψ, Fψ + ī h ψ,[h,f]ψ, = t f + ī h ψ,[h,f]ψ In particolare, se F = H e se lo stato ψ corrisponde ad una autofunzione ψ n di autovalore E n segue che de n dt = d E dt = t E + ī h ψ n,[h,h]ψ n = 0 poiche E non dipende esplicitamente dal tempo e [H,H] = 0 Gli stati di un sistema in cui l energia ha valori determinati E n sono detti stati stazionari; la funzione d onda ψ n associata ha una forma ben definita, infatti l equazione (2.7) prende la forma che ha soluzione elementare i h ψ n t = Hψ n = E n ψ n ψ n (q,t) = e ient/ h ψ n (q) (2.11) dove E n e ψ n (q) sono la soluzione del seguente problema agli autovalori ] [ h2 2m +V ψ = Eψ (2.12)

23 2.1 Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica 15 L equazione (2.12) prende il nome di equazione di Schrödinger indipendente dal tempo e gioca un ruolo molto importante. Supponiamo, per un momento, che il problema agli autovalori Hψ = Eψ ammetta soluzioni ψ n ed E n con ψ n H = L 2 (M), cioé quadrato sommabili; supponiamo inoltre che la famiglia delle autofunzioni {ψ n } n costituisca un sistema (ortonormale) completo. Di conseguenza, in virtù del metodo di separazione delle variabli e assumendo che lo spettro di H sia puramente puntuale, la soluzione generale del problema (2.9) prende la forma ψ(q,t) = n a n e ient/ h ψ n (q) (2.13) dove i coefficienti a n sono determinati dalla funzione d onda in un dato istante iniziale ψ 0 (q) = ψ(q,0) attraverso la relazione a n = ψ n,ψ 0 edoveiquadrati a n 2 rappresentanofisicamenteleprobabilitàdeidiversivaloridell energia del sistema. Se lo spettro non è puramente puntuale, ma è ammesso anche una parte di spettro continuo σ c, allora per E σ c la corrispondente soluzione ψ E (q) dell equazione (2.12) non sarà quadrato sommabile (ma solamente limitata) e il contributo della spettro continuo alla soluzione generale sarà dato da ψ(q,t) = a E e iet/ h ψ E (q)de σ c Di qui in seguito assumiamo che lo spettro sia puramente puntuale e enunciamo (ed in parte dimostriamo) alcune proprietà fondamentali degli autovettori. Premettiamo che lo stato stazionario con valore dell energia minimo tra tutti quelli possibili si chiama stato fondamentale, o anche ground state, del sistema Proprietà fondamentali dell operatore H e delle soluzioni dell equazione di Schrödinger indipendente dal tempo Anzitutto osserviamo che l operatore H = h2 +V, definito su H = 2m L2 (M) nell ipotesi in cui M = R N e V(x) è a valori reali, è simmetrico. Infatti, siano dati due vettori test ϕ,ψ C0 (R N ) e osserviamo che (per fissare le idee poniamo N = 1) Hψ,ϕ = 1 2m R = lim R + = lim R + + [( i h ) ( i h ) ] ψ(q) ϕ(q)dq + x x R V(q) ψ(q)ϕ(q)dq [( 1 i h ) ( i h ) ] ψ(q) ϕ(q)dq + 2m q R x x R V(q) ψ(q)ϕ(q)dq [( 1 i h ψ(q) ) ] R ( ϕ(q) i h ψ(q) )( i h ϕ(q) ) dq + 2m x R q R x x R V(q) ψ(q)ϕ(q)dq

24 16 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners [ ( 1 = lim i h ψ(q) )( i h ϕ(q) ) ] dq + R + 2m q R x x R V(q) ψ(q)ϕ(q)dq [ ( 1 = lim ψ(q) i h ϕ(q) )] R [( + ψ(q) i h )( i h ) ] ϕ(q) dq + R + 2m x R q R x x + R V(q) ψ(q)ϕ(q)dq [( 1 = lim ψ(q) i h )( i h ) ] ϕ(q) dq + R + 2m q R x x R V(q) ψ(q)ϕ(q)dq = ψ,hϕ Poiché lo spazio C 0 è denso in L 2 la proprietà vale. Proprietà 1 Stati stazionari ψ n e ψ m corrispondenti a diversi livelli E n E m dell energia sono ortogonali tra loro: E n ψ n,ψ m = E n ψ n,ψ m = Hψ n,ψ m = ψ n,hψ m = ψ n,e m ψ m = E m ψ n,ψ m poiché H è simmetrico, da cui segue che (E n E m ) ψ n,ψ m = 0. Osserviamo che stati stazionari degeneri, ovvero corrispondenti ad uno stesso livello energetico, non sono necessariamente ortogonali tra loro; è comunque sempre possibile, mediante una opportuna scelta, determinare stati stazionari ortonormali. Proprietà 2 Poiché in uno stato stazionario (discreto) la norma ψ 2 = 1 è finita segue che la funzione d onda deve decrescere rapidamente all infinito e quindi il sistema si muove in una regione finita, si trova cioé in uno stato legato. Diverso è il caso dello spettro continuo in cui la norma ψ 2 non è finita. Proprietà 3 Se l energia potenziale V(q) è una funzione continua a tratti allora la funzione d onda, soluzione dell equazione (2.12), è continua insieme alla sua derivata prima; solo nel caso in cui l energia potenziale sia singolare sono presenti discontinuità nella funzione d onda. In particolare se l energia potenziale V assume il valore in una regione allora su questa regione la funzione d onda deve annullarsi identicamente. Proprietà 4 Sia V min = min q M V(q)

25 2.1 Concetti fondamentali della Meccanica Quantistica 17 Allora i valori dell energia E n in corrispondenza agli stati stazionari soddisfano alla seguente proprietà E n > V min. (2.14) Infatti, sia ψ n l autovettore associato, esso ovviamente non può essere identicamente costante e inoltre soddisfa alla relazione (2.12); di conseguenza, moltiplicandola scalarmente per ψ n, si ottiene la seguente reazione Poiché h 2 2m ψ n,(i ) 2 ψ n + ψ n,vψ n = E n ψ n,vψ n ψ n,v min ψ n = V min e allora segue la disuguaglianza (2.14). ψ n,(i ) 2 ψ n = i ψ n,i ψ n > 0 Proprietà 5 Sia V = liminf q V(q) allora le soluzioni E < V del problema (2.12) corrispondono a stati legati, cioé i corrispondenti autovettori sono quadrato sommabili. D altra parte, le soluzioni E V del problema (2.12) corrispondono a stati non legati, cioé i corrispondenti autovettori non sono quadrato sommabili. Ovvero, se denotiamo con σ p lo spettro puntuale e con σ c lo spettro continuo segue che σ p (V min,v ) e σ c [V,+ ). Proprietà 6 Sia E un autovalore non degenere soluzione dell equazione (2.12) con autofunzione associata ψ, allora ψ può sempre essere scelta a valori reali. Infatti, se ψ è soluzione dell equazione (2.12) allora, prendendone il complesso coniugato, segue che anche ψ ne è soluzione (assumendo che V è a valori reali), e di conseguenza anche la loro combinazione lineare 1 2 (ψ + ψ) ne è soluzione. Osserviamo inoltre che se una funzione d onda ψ è soluzione dell equazione (2.9) allora l equazione ottenuta a partire dalla (2.9) invertendo l asse dei tempi t t ammette soluzione ψ.

26 18 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners Proprietà 7 Il calcolo degli autovalori del problema (2.12) può essere affrontato in modo variazionale. Introduciamo il funzionale energia F : H = L 2 (M) R definito nel seguente modo (su un dominio appropriato) F(ψ) = ψ,hψ = h2 2m ψ,(i )2 ψ + ψ,vψ = h2 h2 i ψ,i ψ + ψ,vψ = 2m 2m i ψ 2 + ψ,vψ Da qui appare che il dominio del funzionale è lo spazio di Sobolev H 1, con condizioni di normalizzazione ψ = 1. Premesso ciò segue che gli autovettori di H sono tutti e soli i punti di stazionarietà per F. In particolare il minimo del funzionale sarà il ground state dell operatore H: min F(ψ) = E 0. ψ H 1, ψ =1 Il punto ψ 0 di stazionarietà in corrispondenza al quale si determina in minimo del funzionale F(ψ 0 ) = E 0 sarà quindi l autovettore (in senso debole) di H associato a E 0. In virtù di teoremi del calcolo variazionale si può sempre dimostrare che ψ 0 non si annulla mai in alcun punto. Per determinare il secondo autovalore E 1 andreamo a cercare il minimo del funzionale F sul sottospazio ortogonale a ψ 0 : e di seguito gli altri autovalori. Proprietà 8 E 1 = min F(ψ) ψ H 1, ψ =1, ψ,ψ 0 =0 Il livello energetico corrispondente al ground state è sempre non degenere. Infatti, se esso fosse degenere allora esistono almeno due diverse autofunzioni ψ 0 e ψ 0 corrispondeti ade 0,edancheunalorocombinazionelinearec ψ 0+c ψ 0 è associata allo stesso autovalore E 0. D altra parte quest ultima funzione si può annullare in un qualunque punto prefissato per una opportuna scelta delle costanti c e c in contraddizione con il fatto che la funzione d onda associata al ground state non si annulla mai. 2.2 Equazione di Schrödinger in dimensione 1- Applicazioni elementari Proprietà generali Consideriamo il caso particolare in cui la dimensione dello spazio si riduce a 1. In questo caso l equazione indipendente dal tempo prende la forma

27 2.2 Equazione di Schrödinger in dimensione 1- Applicazioni elementari 19 d 2 ψ dx + 2m [ ] 1/2 2 h 2 [E V(x)]ψ = 0, ψ = R ψ(x) 2 dx = 1 (2.15) Anzitutto osserviamo che se V(x) è una funzione di classe C r allora la soluzione ψ(x) del problema agli autovettori (2.15) deve essere di classe C r+2. Una prima proprietà caratteristica dei sistemi unidimensionali è la seguente. Teorema 2.1. I livelli energetici dello spettro puntuale sono non degeneri. Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che ad un dato valore E corrispondono due autofunzioni ψ 1 e ψ 2 linearmente indipendenti. Poiché sono soluzioni della stessa equazione deve essere ovvero ψ 1 = 2m ψ 1 h 2 [E V(x)] = ψ 2 ψ 1ψ 2 ψ 2ψ 1 = 0. Integrando ambo i membri segue che deve essere ψ 2 ψ 1(x)ψ 2 (x) ψ 2(x)ψ 1 (x) = C dove C è una costante. Poiché questa relazione vale per ogni x, e quindi vale anche nel limitex ±,epoichélefunzioniψ 1,2 (x)sonoquadratosommabiliequindisiannullano all infinito segue che deve essere C = 0. Di conseguenze da cui segue ψ 1(x)ψ 2 (x) ψ 2(x)ψ 1 (x) = 0 ψ 1 ψ 1 = ψ 2 ψ 2. Integrando una seconda volta segue che deve essere ψ 2 = cψ 1, cioé le due funzioni sono linearmente indipendenti, cadendo in assurdo. Un secondo risultato, del quale omettiamo la dimostrazione, è il seguente. Teorema 2.2. Consideriamo gli autovalori E n dello spettro puntuale, ordinati in ordine crescente, e siano ψ n gli autovettori associati, n = 0,1,2,... Il numero degli zeri reali di ψ n (x), contandone la molteplicità, è esattamente uguale a n. Se il potenziale è soggetto a proprietà di simmetria allora queste si riflettono anche sulle soluzioni. Teorema 2.3. Se V(x) è una funzione pari, ovvero V( x) = V(x), allora le autofunzioni ψ n (x) sono funzioni pari se n = 0,2,4,..., sono invece funzioni dispari se n = 1,3,5,...

28 20 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners Dimostrazione. Infatti, se V( x) = V(x) allora l equazione(2.15) con soluzione reale ψ(x) resta invariata se scambiamo x x e di conseguenza ψ( x) è anch esso soluzione. Per la condizione di non degenerazione deve essere ψ( x) = cψ(x) per una qualche costante c e, dalla condizione di normalizzazione, deve essere c = ±1. Quindi le soluzioni ψ(x) sono funzioni pari o dispari. D altra parte se n è pari allora l autofunzione ammette un numero pari di zeri, e quindi non può che essere una funzione pari; se invece n è dispari allora l autofunzione ammette un numero dispari di zeri, e quindi non può che essere una funzione dispari Esempi notevoli Particella in dimensione 1 in una scatola Come prima applicazione consideriamo un modello molto semplice: una particella in dimensione 1 mobile tra due barriere di potenziale in x = 0 ed x = a, a > 0. Il potenziale V(x) si scrive come V(x) = { + se x < 0 o x > a 0 se 0 x a. Quindi, per 0 x a, la particella è libera ed essa non può penetrare le due barriere infinite; ovvero ψ(x) 0 per x 0 e per x a, gli estremi sono inclusi per continuità della funzione d onda in x = 0 ed in x = a. Come primo passo studiamo l equazione di Schrödinger indipendente dal tempo all interno dell intervallo [0, a] con condizioni al contorno d 2 h2 2mdx2ψ(x) = Eψ(x) (2.16) ψ(0) = ψ(a) = 0 e con condizione di normalizzazione a ψ(x) 2 dx = 1 0 È immediato riconoscere che l equazione (2.16) non ha soluzioni compatibili con le condizioni al contorno per E 0, per determinare le soluzioni corrispondenti a E > 0 poniamo 2mE k = h e la soluzione generale dell equazione d2 dx 2 ψ(x) = k 2 ψ(x) ha la forma ψ(x) = Csin(kx+ϕ). Dalla condizione ψ(0) = 0 immediatamente segue che ϕ = 0, dalla seconda condizione ψ(a) = 0 segue invece che il parametro k non può essere arbitrario ma deve soddisfare

29 2.2 Equazione di Schrödinger in dimensione 1- Applicazioni elementari 21 alla condizione ka = nπ, n N. Quindi abbiamo una famiglia di soluzioni {ψ n } + n=1 date da ψ n (x) = C n sin(k n x), k n = nπ a, (2.17) corrispondenti al valore dell energia E n = π2 h 2 n 2. La costante C 2ma 2 n di normalizzazione è semplicemente C n = 2/a. In conclusione, gli autovalori e le autofunzioni associate sono date da ( ) 2 nπ ψ n (x) = a sin a x, E n = π2 h 2, n = 1,2,.... (2.18) 2ma 2n2 Nota 2.5: Si osserva che la densità dei livelli energetici E n aumenta al crescere di a e di m; questo fatto implica che quando m ed a sono grandi (come nel caso dei corpi macroscopici) allora i livelli quantistici diventano approssimativamente continui. Similmente per h molto piccolo. Nota 2.6: Dalla teoria delle serie di Fourier si può osservare che l insieme delle autofunzioni è una base per lo spazio di Banach X delle funzioni continue in [0,a] con condizione nulle agli estremi. Se denotiamo con H lo spazio di Hilbert delle funzioni quadrato sommabili su [0,a] con condizione nulle agli estremi e se osserviamo che X H ed è denso in H con la norma L 2 allora possiamo affermare che ogni ψ H può essere decomposta come somma di una serie di Fourier convergente il H: ψ(x) = + n=1 c n ψ n (x), c n = ψ n,ψ = a 0 ψ n (x)ψ(x)dx. Poiché {ψ n } n costituisce una base per lo spazio H siamo ora in grado di determinare la soluzione ψ(x, t) dell equazione di Schrödinger dipendente dal tempo 2 i h t ψ = h2 2m x2ψ, x [0,a], ψ(0) = ψ(a) = 0, a partire da una configurazione iniziale ψ(x,0) = ψ 0 (x) H. Ponendo ψ 0 (x) = + n=1 segue che la soluzione ψ(x,t) ha la forma ψ(x,t) = + n=1 c n ψ n (x)e ient/ h = c n ψ n (x), c n = ψ n,ψ 0, 2 a + n=1 ( ) π2 h i nπ c n e 2ma 2n2t sin a x. (2.19) Esercizio 2.1: Poniamo a = 1, m = 1 e h = 1 e scegliamo le condizioni iniziali ψ 0 (x) = cx(x 1)e ivx, v R dove c è una costante di normalizzazione. Determinare c e la soluzione ψ(x, t) dell equazione di Schrödinger dipendente dal tempo mediante la serie (2.19). Calcolare poi per diversi valori di v x = ψ(,t), ψ(,t) = a 0 x ψ(x,t) 2 dx.

30 22 2 Crash course in Quantum Mechanics for beginners Buca di potenziale finita Consideriamo ora un modello più complesso: il potenziale esterno è una buca quadrata di profondità finita: V(x) = { V0 se x < 0 o x > a 0 se 0 x a, dove V 0 > 0 è un valore fissato. Distinguiamo l asse reale in tre regioni (I) x < 0 (II) 0 x a (III) a < x e cerchiamo le soluzioni dell equazione di Schrödinger indipendente dal tempo per valori dell energia E (0,V 0 ). Nelle regioni (I) e (III) questa equazione prende la forma (imponendo fin d ora che ψ L 2 ) d 2 dx 2ψ = h2 ψ, dove h = Nella regione (II) l equazione prende la forma d 2 dx 2ψ = k2 ψ, dove k = 2m(V 0 E) h 2mE. h Osserviamo che per E = 0 segue che k = k min = 0 e per E = V 0 allora k = k max = 2mV 0. h La soluzione generale prende quindi la forma ψ I (x) = c I e hx, x < 0 ψ II (x) = c II sin(kx+ϕ), 0 x a (2.20) ψ III (x) = c III e hx, x > a dove dobbiamo imporre la condizione di continuità della funzione d onda ψ e della sua derivata prima in corrispondenza di x = 0 e x = a (matching conditions): ψ I (0) = ψ II (0) c I = c II sin(ϕ) ψ I(0) = ψ II(0) c I h = c II kcos(ϕ) ψ II (a) = ψ III (a) c II sin(ka+ϕ) = c III e ψ II(a) = ψ III(a) ha (2.21) c II kcos(ka+ϕ) = c III he ha Da quest ultimo sistema si perviene alla seguente condizione ovvero deve valere la seguente condizione tan(ϕ) = k h e tan(ka+ϕ) = k h, nπ ka = 2arctan. ( ) k, n = 1,2,..., (2.22) h

31 2.2 Equazione di Schrödinger in dimensione 1- Applicazioni elementari 23 dove la funzione arctan prende valori nell intervallo [0, π/2]. Tornando all espressione iniziale di h e k in funione di E si perviene all equazione ( ) 2a2 me E f(e) = g(e) dove f(e) := nπ, g(e) := 2arctan (2.23) h V 0 E È immediato osservare che f(e) è una funzione monotona decrescente tale che 2a2 mv 0 f(0) = nπ > 0 e f(v 0 ) = nπ ; h inoltre g(e) è una funzione monotona crescente e tale che g(0) = 0 e g(v 0 ) = π. Quindi,per ogni fissato n l equazione f(e) = g(e) ammette una sola soluzione E n = h 2 kn/2m 2 a condizione che il parametro n sia tale che 2a2 mv 0 g(v 0 ) > f(v 0 ) > (n 1)π. (2.24) h Le rimanenti equazioni del sistema (2.21) e la condizione di normalizzazione 1 = + ψ(x) 2 dx = 0 ψ I (x) 2 dx+ a 0 ψ II (x) 2 dx+ + a ψ III (x) 2 dx permettono di determinare i valori dei restanti parametri c I, c II e c III e della fase ϕ. Nota 2.7:NonèpossibiledeterminareinformaesplicitagliautovaloriE n eleautofunzioni associate, ma solo in forma approssimata. Nota 2.8: A differenza dell esempio in questo caso noi otteniamo un numero finito N di autovalori, dove N è tale che 2a2 mv 0 N < 1+. hπ Quindi il sistema degli autovettori {ψ n } N n=1 non fornisce una base per lo spazio L 2 (R). Nota 2.9: In questo modello osserviamo un fenomeno tipico della meccanica quantistica che non trova il corrispondente in meccanica classica. La funzione d onda non è identicamete nulla al di fuori dell intervallo [0, a], anzi è possibile calcolare la probabilità P di trovare la particella al di fuori di questo intervallo attraverso gli integrali P = 0 ψ I (x) 2 dx+ + a ψ III (x) 2 dx. Questo fenomeno, denominato effetto tunnel, è un effetto puramente quantistico che non ha controparte classica; infatti in meccanica classica la regione in cui E < V(x) è completamente interdetta al moto delle particelle. Nota 2.10: Per E > V 0 l equazione di Schrödinger indipendente dal tempo non ha soluzioni quadrato sommabili, ma solo limitate, coerentemente con il fatto che lo spettro discreto sia un sottoinsieme di (0,V 0 ), mentre lo spettro continuo σ c = [V 0,+ ).

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